La
democrazia era la scusa; la guerra, l'obiettivo.
|
Nel 2013, i poteri regionali e internazionali hanno iniziato la loro lotta per dominare sia il Paese che la regione e ridisegnare l'ordine mondiale che conoscevamo. |
di Alberto Rodrìguez
traduzione di Gb.P. per OraproSiria
Dire
che la guerra in Siria è iniziata perché il governo ha deciso di
ignorare e rispondere con pallottole alle richieste di riforme e
maggior democrazia da parte di un settore della popolazione,
semplicemente, è ripetere una bugia che non regge.
Le
proteste della "primavera siriana" acquisirono
immediatamente un carattere violento. Per fare un esempio, il terzo giorno di proteste i manifestanti hanno dato fuoco a Daraa al Palazzo
di Giustizia, alla sede di due compagnie telefoniche, al quartier
generale del partito Baath e a diversi altri edifici. Già
dall'inizio delle proteste lo Stato aveva perso il monopolio della
violenza. Il 6 giugno 2011, solo tre mesi dopo le prime proteste e
prima che scoppiasse la guerra, gli oppositori giustiziarono 120 soldati siriani. A quella data, c'erano già 400 membri delle forze di sicurezza uccisi e altri 1.300 feriti.
Non
fu neppure un'insurrezione popolare. Poco prima delle rivolte di
marzo conosciute come "la rivoluzione", nel febbraio 2011
fu fatto un tentativo di indire un "Giorno dell'ira". Fu un
fallimento. Anche allora, media come il New York Times affermarono
che l'opposizione non aveva una base sociale e che era legata ad
organizzazioni fondamentaliste.
Nel
2014 c'erano almeno 81 diverse nazionalità che combattevano nel
Paese dalla parte dei "ribelli". Avevano dichiarato una
jihad in cui l'unica democrazia valida per i "ribelli" era
la legge islamica instaurata attraverso la spada contro un governo
che definivano eretico.
Il
governo di Assad sapeva fin dall'inizio delle proteste del 2011 che
tra i manifestanti con richieste legittime c'erano oppositori
islamisti il cui obiettivo era porre fine al Baath. Per questo motivo
fece una serie di concessioni, tra cui porre fine allo stato di
emergenza e garantire una maggiore apertura politica, che miravano a
placare i moderati, soddisfare i conservatori sunniti e alleviare la
pressione internazionale. Dal settore più radicale
dell'opposizione queste riforme non furono ritenute sufficienti
poiché lo Stato restava laico e con un'economia fortemente
regolamentata, con i settori strategici nazionalizzati. All'esterno,
le potenze ostili non vedevano favorevolmente che la Siria restasse
con Iran e Hezbollah all'interno dell'Asse della Resistenza e che gli
investimenti e le importazioni straniere fossero ancora limitate per
rafforzare il proprio mercato interno, che, come quello bancario, era
controllato dallo Stato. Queste misure, nonostante democratizzassero
il quadro politico con l'emergere di nuove associazioni e partiti
come il Forum Culturale per i Diritti Umani, furono viste dagli
islamisti come una debolezza che ruppe la fragile stabilità della
Siria, un Paese che prima dei 30 anni del governo di Hafez al-Assad
aveva vissuto più di venti colpi di stato in vent'anni.
Abrogare
lo stato di emergenza, che vigeva da 48 anni, a tutti gli effetti fu
un punto di svolta che permise ai Fratelli Musulmani in esilio e a
intellettuali vicini al trotskismo di avvalersi dei meccanismi di
propaganda necessari per promuovere le proteste dall'estero e
chiedere l'intervento della Comunità internazionale che manteneva
forti sanzioni sul Paese. Diversi intellettuali legati
all'opposizione seppero utilizzare le tecnologie dell'informazione e
della comunicazione alle quali proprio Bashar al-Assad aveva voluto
dare impulso nel 2000, ma il loro discorso non fece breccia
all'interno della Siria, perché non corrispondeva alla realtà
vissuta dalla popolazione e perché nel 2012 Internet aveva ancora
una esigua penetrazione nel Paese.
Il
conflitto siriano non è mai stata una guerra puramente civile. È,
sin dal suo inizio, uno scontro internazionalizzato in cui si
affrontano combattenti di tutto il mondo sponsorizzati dalle
principali potenze economiche e militari. In effetti, avendo il
grosso dei ribelli un carattere fondamentalista, possiamo parlare,
piuttosto che di guerra civile, di jihad globale.
Se
fossero esistiti i 70.000 combattenti moderati che il primo ministro
britannico David Cameron ha detto di aver sostenuto nel 2015 - e che
giornalisti come Robert Fisk hanno messo in dubbio ribattendo che ce
ne fossero forse appena 700 o anche solo 70 – di sicuro questi non
rappresentavano una popolazione abbastanza grande per giustificare
una guerra; sono meno combattenti di quelli che hanno perso sia
l'esercito siriano che i ribelli separatamente tra il 2011 e la data
di annuncio del sostegno. Cameron dovette riconoscere poco dopo che
tra i 70.000 combattenti apparentemente moderati che il Regno Unito
avrebbe sostenuto, c'erano anche "fondamentalisti" che si
rivelarono essere la maggioranza.
Anche
il Military Operations Center (MOC) di Amman, composto da Stati
Uniti, Giordania, Regno Unito, Francia, Emirati Arabi Uniti e Arabia
Saudita, svolge un ruolo vitale nel conflitto siriano fornendo
supporto economico, militare e logistico ai ribelli e coordinando
operazioni congiunte dalla base militare di al-Tanf, situata al
valico di frontiera tra Siria e Giordania. Il sostegno economico e
militare fornito dal Centro operativo militare di Amman a quelli
considerati 'ribelli moderati dell'Esercito Siriano Libero (ESL)' ha
fatto sì che gruppi estremisti come la Brigata Osama Bin Laden
decidessero di unirsi a esso. Grazie al sostegno indiscriminato degli
Stati Uniti, dell'Arabia Saudita, del Qatar e della Giordania a
questi gruppi, poterono essere create forti milizie come il Fronte
Rivoluzionario Siriano, che fino alla loro sconfitta a Daraa rimasero
alleate dell'allora braccio di al-Qaeda in Siria, Jabhat al-Nusra, il
più forte gruppo di opposizione fino alla scissione dallo Stato
islamico.
Nel 2012
il
New York Times ha spiegato come la maggior parte delle armi
inviate ai ribelli finiva nelle mani di gruppi estremisti. Forti
strutture, maggiore organizzazione ed esperienza militare acquisite
su diversi fronti, hanno reso dominante Jabhat al-Nusra. Anche il
leader dell'Esercito Siriano Libero, Riyad al-Asaad, ha riconosciuto
che Al Nusra era diventata un'organizzazione di riferimento intorno
alla quale ruotava la maggioranza dei gruppi ribelli. Figure di
spicco dei ribelli, che apparivano come volto visibile della
rivoluzione sui mezzi di comunicazione, finirono col mostrare
simpatia per al-Qaeda e lo Stato islamico. Con Riyad al-Asaad, altre
figure di spicco dei ribelli mostrarono la loro simpatia per al-Qaeda
e lo Stato islamico. È il caso dell'ex calciatore siriano Abdul
Baset al-Sarout, che nel 2014 ha affermato che queste organizzazioni
islamiste condividevano gli stessi interessi e obiettivi dei ribelli.
Il
Fronte dei Rivoluzionari Siriani non è un'eccezione, poiché tra i
ribelli appoggiati dall'esterno, specialmente dalla Turchia, c'è
Ahrar al-Sham, una coalizione di islamisti che durante i primi anni
di guerra riuscì a imporsi su gruppi più piccoli. Grazie al
supporto turco e del Qatar, nei loro migliori anni hanno avuto 20.000
combattenti e hanno guidato il Fronte Islamico, una coalizione di
45.000 miliziani.
Fin
dal primo momento l'opposizione siriana si è organizzata all'estero.
Principalmente in Turchia, dove l'embrione dell'Esercito Siriano
Libero è stato creato nel 2011, dal momento che il governo di
Erdogan e il suo partito, l'AKP, sono legati ai Fratelli Musulmani,
che sono quelli che hanno alimentato la violenza nelle proteste sin
dall'inizio. Le autorità turche hanno facilitato i ribelli ad
attaccare la Siria dal loro territorio, potenziando notevolmente la
loro capacità di destabilizzare il Paese quando è arrivato a un
punto di non ritorno dopo che le proteste sono degenerate in
conflitti tribali con notevole spargimento di sangue.
I ribelli
non hanno beneficiato solo del sostegno del MOC e della Turchia.
L'organizzazione
"Amici della Siria", un gruppo estraneo al
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, patrocinato da Nicolas
Sarkozy, Stati Uniti, Turchia, Paesi europei (tra cui l'Italia
N.D.T.) e petromonarchie del Golfo,
ha finanziato organizzazioni islamiste affiliate all'ESL come Faylaq al-Sham ,
Tajamo Fastaqim, Jaysh al-Mujahideen e Jaysh al-Idlib, le quali sono
vicine al raggruppamento dei diversi gruppi jihadisti Ahrar al-Sham.
I leader e fondatori di Ahrar al-Sham erano stati rilasciati dalla
prigione di Sednaya nel 2011 a causa delle pressioni internazionali
in risposta alle richieste dei manifestanti di considerarli
prigionieri politici moderati, anche se già in quel momento
parlavano nei loro discorsi dell'uccisione dei "nusayríes"
e dei "rafida" (termini spregiativi con cui si riferiscono
a alawiti e sciiti).
I
Fratelli Musulmani, attraverso Mohammed Surur Zein al-Abidin,
scelsero di dare sostegno e finanziamento a gruppi meno conosciuti ma
anche importanti come Jabhat Tahrir Sūriyya
al-Islamiyya,
Battaglione Farouq,
Suqour al-Sham e la Brigata
Tawhid tra molti altri. Tuttavia, la principale scommessa
dei Fratelli era Jaysh
al-Islam, un gruppo salafita che si impose
come il più importante insieme a Ahrar al-Sham e Jabhat al-Nusra,
fino a quando il loro leader, Zahrar Alloush, morì in un
bombardamento russo, provocando una lotta interna per il potere da
cui non si ripresero più.
Nel
2014, gli Stati Uniti entrarono a sostegno dei Curdi dell'YPG (che
cercano di creare l'autonomia nei territori sotto il loro controllo
in Siria settentrionale e orientale) e di parte dell'Esercito Libero
(ESL) nella battaglia di Kobane contro lo Stato islamico. Quando
l'Esercito Siriano dovette ritirarsi dal nord della Siria per
mancanza di truppe, essendo distribuito su troppi fronti, i Curdi che
non vollero essere integrati nelle Forze di Difesa Nazionali presero
il controllo della città di frontiera con la Turchia sostenuti dai
ribelli dell'ESL che avevano affrontato l'esercito siriano (SAA).
L'anno seguente gli Stati Uniti crearono le Forze Democratiche Siriane (FDS) al fine di riunire in un unico gruppo i ribelli più
distanti da al-Qaeda e dall'YPG.
Nonostante
l'immagine di moderazione che le Forze Democratiche Siriane hanno
voluto mostrare in Occidente, ne fanno parte organizzazioni islamiste
come la
Brigata dei Rivoluzionari di Raqqa che prima del FDS erano
alleati di al-Qaeda in Siria, e Liwa Owais al-Qorani, che aveva
combattuto a fianco dello Stato Islamico a Tabqa. Nel gennaio 2018,
le Forze Democratiche Siriane (FDS) hanno liberato 400 membri dello
Stato Islamico che avevano catturato, di cui 120 sono stati integrati
nell'SDF di Deir Ezzor e Hasaka.
Oltre
alla sponsorizzazione degli Stati Uniti, le FDS hanno ricevuto 100
milioni di dollari sauditi per finanziare la guerra, ma anche per
assumere mercenari dalla società di sicurezza privata Castle
International.
Nel
2012 il Governo siriano non cadde e le parti in conflitto erano già
definite. In tale contesto, il 2013 sarebbe diventato l'anno in cui
i poteri regionali e internazionali iniziarono la loro lotta per
dominare sia la Siria che la regione e reinventare l'ordine mondiale
diversamente da come lo conoscevamo fino ad allora.
In
Siria c'è stata sempre un'opposizione moderata.
L'opposizione
è stata e continua ad essere una delle questioni più controverse
quando si tratta di parlare del conflitto siriano e del suo futuro
politico. Cercando di dare voce alle forze di opposizione al governo
siriano, l'Europa è riuscita solo a zittirle. Secondo l'Indice
Democratico del settimanale The Economist, la Siria è uno stato
autoritario, sebbene il suo sistema sia ispirato al modello
semipresidenziale francese con un parlamento multipartitico basato
sul principio del pluralismo dal 2012, dopo la riforma costituzionale
approvata insieme ad altre concessioni per cercare di evitare la
guerra - come le elezioni parlamentari dello stesso anno.
Attualmente
si possono distinguere due tipi di opposizione: quella ufficiale e
quella armata.
All'interno
dell'opposizione armata ci sono i ben noti ribelli siriani, che hanno
il sostegno dei paesi europei e degli Stati Uniti, e il cui massimo
organo di rappresentanza politica è il Consiglio Nazionale Siriano
(CNS). All'interno di questo blocco possiamo anche comprendere
l'opposizione dei Fratelli Musulmani in esilio, poiché sono la forza
di opposizione di questo blocco più organizzata e con una vasta rete
di contatti. Il Consiglio Nazionale Siriano, i Fratelli Musulmani e
le milizie armate in Siria puntano a rovesciare il Governo siriano
attraverso le armi e l'imposizione di una legge islamica, che è il
punto comune che unisce tutti questi gruppi.
Dall'altra
parte, e messa a tacere all'estero, c'è l'opposizione ufficiale. In
essa spicca il Comitato di Coordinamento Nazionale delle Forze del
Cambiamento, formato da diversi partiti che puntano sulla soluzione
pacifica e guidato dai nasseristi e dal Partito Nazionalsocialista
Siriano, in lizza fino all'agosto 2014.
Sebbene i membri
dell'opposizione ufficiale, come il leader del Partito Socialista
Nazionale Siriano (PSNS) Ali Haidar, si considerino avversari e
affermino che non si fermeranno fino a rovesciare il Baath, durante
la guerra hanno deciso di formare un governo di unità. Ciò che li
distingue dall'opposizione armata è che puntano sul modo pacifico
per ottenere i cambiamenti, sulla laicità dello Stato e sul rifiuto
di qualsiasi tipo di interferenza esterna per destabilizzare il
Paese. I partiti dell'opposizione ufficiale hanno il loro quartier
generale a Damasco e sono autorizzati a usare le proprie milizie per
combattere in guerra, come "Le aquile del turbine" del
PSNS, o la Resistenza Siriana, fondata dal comunista Mihrac Ural e
associata a gruppi delle forze armate turche come il Fronte di
Liberazione Popolare DHPC-C.
Il
business delle armi dei Balcani in Siria.
L'industria
delle armi non conosce la crisi. Secondo il Progetto di Denuncia
della Corruzione e della Criminalità Organizzata (OCCRP), gli Stati
Uniti hanno investito più di due miliardi di dollari in armi prodotte nei Balcani per i ribelli siriani (parte dei 12 miliardi
che gli Stati Uniti hanno investito nella guerra). Si tratta di
armamenti simili alle armi sovietiche e prodotte nei paesi balcanici
e nell'Europa orientale con munizioni prodotte in Kazakistan, Georgia
e Ucraina. Solo nel 2017, il Pentagono ha avuto un budget di 250 milioni di dollari per addestrare ed equipaggiare i ribelli, di cui
210 sono stati per le munizioni, l'equipaggiamento e le armi. La via
principale seguita da queste armi inizia in Bulgaria e Romania.
Attraverso il Mar Nero raggiungono le basi americane in Giordania e
Turchia; dal 2017 anche via aereo fino al Kuwait. E' allora quando il
Pentagono, attraverso il Comando delle Operazioni Speciali degli
Stati Uniti, e senza entrare nei dettagli, la CIA introduce armamenti
in Siria.
Mentre
il Comando delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti (SOCOM) provvede a consegnare ai ribelli principalmente armi leggere, il
principale fornitore di missili anti-carro BGM TOW ai ribelli è
stata la CIA. La sua azione indipendente ha generato molte
controversie con il Pentagono, il che ha portato Trump nel 2017 a
forzare la cessazione del programma segreto della CIA di supporto per i ribelli. Benché non si sappia che cosa ne sia stato dello stesso,
è probabile che gli Stati Uniti abbiano centralizzato la loro
campagna di supporto per i ribelli siriani e le FDS solamente
attraverso il SOCOM. Questa teoria è supportata dal fatto che il
bilancio del Pentagono per sostenere i ribelli è aumentato nel 2018
rispetto al 2017. Il problema di fornire armi ai ribelli senza il
successivo monitoraggio sulla effettiva destinazione è che gran
parte delle forniture finiscono nelle mani dello Stato Islamico o
alle milizie affiliate all'attuale braccio di al-Qaeda in Siria,
Hay'at Tahrir al-Sham (HTS) come già accade con altri tipi di aiuti
che forniscono.
Le
battaglie che hanno cambiato la guerra
La
guerra in Siria ha vissuto violente battaglie che aldilà dell'epica
bellica hanno rappresentato punti di svolta o, almeno, hanno
determinato i movimenti e le strategie dei diversi attori coinvolti
in essa:
L'offensiva
di al-Qusayr nel 2013. E' in questa battaglia che Hezbollah entrò
in guerra. I ribelli persero la possibilità di dominare Homs dopo la
sconfitta in al-Qusayr. Dopo questa battaglia, i pochi gruppi che
potevano essere considerati islamisti moderati videro che non avevano
la capacità di vincere la guerra, così finirono per unirsi ai più
radicali che erano la forza principale dell'opposizione armata,
grazie al sostegno economico e militare ricevuto dall'esterno oltre
che i combattenti importati dall'Afghanistan e dall'Iraq che avevano
già esperienza di combattimento. La vittoria di Qusayr è arrivata
dopo un anno di continue sconfitte da parte dell'Esercito siriano.
Battaglia
di Homs 2011-2014. I ribelli perdono "la capitale della
rivoluzione". La battaglia costò la vita a 50.000 persone da
entrambe le parti, ecatombe che non sarebbe finita se non fosse stato
attraverso la via diplomatica oltre che militare. I ribelli che non
presero parte ai Processi di Riconciliazione Nazionale furono
evacuati nella sacca di Rastan. In questo modo il governo puntò più
intensamente alla soluzione diplomatica volta a ridurre il numero dei
morti. Due anni dopo, Idlib sarebbe diventata la destinazione
preferita per i ribelli evacuati da diversi fronti, anche se
attualmente con l'ingresso della Turchia nel nord della Siria si
recano anche ad Afrin e Jarabulus per evitare scontri tra le diverse
fazioni di Idlib.
Battaglia
di Aleppo, 2012-2016. Aleppo, il motore economico della Siria, fu
diviso per quattro anni e divenne il grande mattatoio della guerra.
Ha mostrato che nessuna delle due parti era preparata per il
combattimento urbano strada per strada. La vittoria dell'Esercito
Arabo Siriano (SAA) con il sostegno dei suoi alleati nel 2016 ha
segnato una svolta e l'inizio delle vittorie di Damasco. Non sarebbe
sbagliato descriverla come la Stalingrado del governo siriano.
La
seconda battaglia di Idlib nel 2015. Ahrar al-Sham, al-Nusra e
alleati come il Partito Islamico del Turkmenistan (cinesi Uiguri) (*)
dominarono tutto il governatorato e lì instaurarono tutte le loro
istituzioni. L'Esercito Arabo Siriano crollò nel nord della Siria e
resistette a malapena ad Aleppo. È la vittoria più importante dei
ribelli.
Battaglia
di Kobanê nel 2015. Stante l'insufficienza militare dei Curdi,
rimasti soli dopo aver respinto le offerte ripetute di Damasco a
integrare le loro milizie YPG nelle Forze di Difesa Nazionale, gli
Stati Uniti vennero in loro aiuto entrando direttamente in guerra.
Nella battaglia di Kobane finì il mito che lo Stato Islamico era
invincibile.
Lo
Stato Islamico prende Palmyra nel 2015. Conquistare Tudmur, nei
pressi di Palmyra, affermò l'egemonia dello Stato Islamico nel
deserto tra Deir Ezzor e Homs. Inoltre, giustiziarono tra 200 e 450
persone, il che divenne un dramma nazionale. Moralmente e
militarmente, ISIS si stava imponendo. In breve tempo stavano facendo
enormi progressi nella loro campagna orientale. Questa sconfitta del
Governo siriano insieme a quella di Idlib, fu la ragione per cui la
Russia decise di entrare in guerra a fianco di Assad.
Offensiva
di Daraa tra giugno e luglio 2015, conosciuta come l'operazione
"South Storm". Fu un'offensiva su vasta scala condotta
congiuntamente dal Fronte Sud e da Jaysh al-Fatah contro l'Esercito
siriano e le Forze di Difesa Nazionali. L'offensiva fu un fallimento,
con 200 perdite contro meno di 40 dalla parte governativa, che segnò
l'inizio della fine del Fronte Sud e costrinse la Giordania a
ripensare le sue relazioni con Damasco e i ribelli dell'Esercito
Libero Siriano.
Battaglia
di Deir Ezzor 2014-2017. La rottura dell'assedio di Deir Ezzor è
stata una delle più grandi spinte morali per il Governo. La
resistenza della 137ª brigata della Guardia Repubblicana, una forza
d'élite, prima contro i ribelli e poi contro lo Stato Islamico, era
ritenuta impossibile, considerata la sua situazione di totale
isolamento. La rottura dell'assedio segnò un punto di svolta e la
fine dell'egemonia dello Stato Islamico nel deserto. La città era
rimasta circondata per più di tre anni a quasi 200 chilometri dalla
più vicina posizione dei governativi. L'unico aiuto che arrivava era
attraverso l'aviazione dell'esercito siriano e anche così era molto
scarso a causa del fuoco di contraerea dei ribelli e successivamente
dello Stato Islamico. Il 25 agosto
2017, il corpo d'élite dell'intelligence siriana, le Tiger Forces,
lanciò un'offensiva attraverso il deserto per rompere l'assedio di
Deir Ezzor. Ci riuscì in meno di due settimane, il 5 settembre 2017.
Battaglia
di Ghouta 2013-2018. Quando furono neutralizzati, i ribelli
finirono di avere capacità di fuoco di mortaio sulla città di
Damasco e sulle autostrade che collegano la città con il nord.
L'unica resistenza rimasta all'interno della capitale siriana era nel
campo profughi palestinese di Yarmouk, dove erano insediati numerosi
gruppi ribelli, militanti di Hamas e dello Stato islamico. Anche la
vittoria governativa di Ghouta pose fine alla resistenza degli
insorti di Yarmouk, che si arresero nel giro di poche settimane.
La
battaglia della base aerea di Menagh. Durante il luglio 2012 e
l'agosto 2013, l'Esercito Arabo Siriano ha resistito alle offensive
ribelli nonostante fosse isolato e senza supporto. Il governo siriano
ha usato questa resistenza in modo propagandistico perché lo ha
presentato come qualcosa di eroico. Tuttavia, a metà del 2013,
l'Esercito Libero Siriano, Jaysh al-Muhajireen e lo Stato Islamico
hanno lanciato un'offensiva congiunta su larga scala in cui hanno
usato armi anticarro e soprattutto SVBIED (gli automezzi SVBIED sono
caricati con esplosivi utilizzati per effettuare attacchi suicidi),
prevalendo rapidamente sulle difese dell'Esercito Siriano. Quella che
era stata una battaglia esemplare dalla parte del Governo, finì per
essere una catastrofe e un incoraggiamento morale per i ribelli. La
battaglia fu seguita da una serie di esecuzioni dei soldati che
difendevano Menagh e dalla prima grande produzione audiovisiva dello
Stato Islamico in inglese, Flames of War. Questa vittoria congiunta
con lo Stato Islamico, fu anche festeggiata e applaudita dalla
Coalizione Nazionale Siriana, l'organismo creato dall'esterno,
coacervo dell'opposizione apparentemente moderata.
(*)
A quel tempo tutti i gruppi erano integrati a Jaysh al-Fatah o
Esercito della conquista, che finì per dissolversi in scontri
all'interno della propria coalizione che ancora oggi persistono.