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mercoledì 8 febbraio 2023

APPELLO PRESSANTE DALLE TRAPPISTE SIRIANE

 

Il sale delle sanzioni sulle ferite del terremoto. Adesso basta!


Basta parole a vuoto, ADESSO è il momento di togliere le sanzioni alla Siria..

Ci uniamo all’appello di P. Bahjat parroco di Aleppo, di tanti altri, ripetiamo le parole che spesso anche noi abbiamo pronunciato e scritto senza che nulla cambiasse : ORA SI DEVONO TOGLIERE LE SANZIONI ALLA SIRIA ! ADESSO!! SUBITO !

Le parole di conforto di tanti di voi che oggi sono vicini alla nostra gente, i gesti di aiuto con cui vi fate presenti, fanno bene al cuore..Riscaldano, nel freddo che domina in mezzo alle macerie. E la gente è grata del vostro aiuto. Grazie, grazie veramente. 

Ma le parole di cordoglio di tante istituzioni fanno reagire: dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame ? Certo, non solo le sanzioni hanno portato a questo..

Ma ANCHE le sanzioni, e pesantemente.

Certo, si muore sotto le macerie anche se si sta bene, anche se c’è il cibo in casa...  Ma se le condizioni generali della gente non fossero state così disperate, oggi ci sarebbero più mezzi per scavare nelle macerie, e salvare ancora qualcuno. Ci sarebbero ospedali più attrezzati, farmacie fornite di tutto il fabbisogno. Più case capaci di accogliere i rifugiati, ci sarebbero anche qui più persone con lavoro e risorse per aiutare i propri fratelli. 

Senza dimenticare che, sì, il terremoto è una tragedia immane, che colpisce i nostri cuori e la nostra mente...Ma anche nelle zone non troppo colpite c’è tanta gente che ha bisogno, che muore di fame, oggi come ieri, perché la fame, l’incapacità di far fronte alle malattie per il costo dei medicinali, e tutto il resto esistevano anche prima di questo 6 febbraio…

Ci voleva tutto questo per far aprire gli occhi sulla tragedia siriana, di cui nessuno parlava più da tempo? ... C’era già un terremoto, più silenzioso ma non meno devastante, che da anni scuoteva la vita e il futuro di questa gente. 

I morti sono morti, li affidiamo a Dio e alla sua Misericordia, che illumina anche ciò che noi non comprendiamo. Ma i vivi hanno bisogno di una speranza tangibile e concreta che la vita si possa ricostruire. La cosa che più colpisce in questo momento è lo sgomento che invade le persone, lo smarrimento davanti a tutto questo. Gli amici di Aleppo, di Lattakie, da cui abbiamo notizie per telefono, hanno tutti una nota pesante nella voce: hanno macerie non solo davanti agli occhi, ma nel cuore. Anche queste hanno bisogno di essere rimosse, sollevate in qualche modo. 

Per favore, alzate la vostra voce PERCHE’ SI TOLGANO SUBITO LE SANZIONI. 

Che almeno la tragedia e la sofferenza di tanti morti che ancora sono sotto le macerie serva ad aiutare la speranza dei vivi. 

E poi, sì, c’è la preghiera, c’è la fede. Pregate per il nostro popolo, pregate con la nostra gente.

Non potremmo dirlo noi, che a parte la paura grande siamo state risparmiate da questo terremoto; ma un amico di Aleppo, venuto a stare da noi perché la sua casa è inagibile, ci diceva ieri: “che almeno tutto questo serva a riavvicinare la gente a Dio ! Se la fede è debole, le persone si allontaneranno ancora di più dal vero bene. Ma se almeno tutto questo servisse a riportarci a Dio ! “.

Torniamo a Dio, e forse si illuminerà un po’ anche la nostra ragione, e il nostro agire..

E grazie a tutti coloro, e sono tanti, che in questo momento pregano e operano con il cuore in mano.

   Suor Marta e le Monache Trappiste di Azer- Syria


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Causale: Terremoto in Siria

 

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martedì 7 febbraio 2023

Siria, una tragedia senza fine

 

di Salima Karroum e Maria Antonietta Carta

Abbiamo assistito, da vicino nei primi mesi della guerra e poi soprattutto da lontano, allo svolgersi delle vicissitudini che ormai da oltre undici anni affliggono il popolo siriano. Un popolo fiero, coraggioso, paziente che, pur subendo una guerra iniqua e feroce, era riuscito a conservare la speranza. Ma durante queste ore tremende in cui oltre alla malvagità degli umani si trova ad affrontare le forze inesorabili della natura è smarrito, è disperato, è attonito.

6 febbraio. Abbiamo ascoltato voci e letto racconti che lasciano senza respiro.

Le parole più frequenti, ripetute con urgenza sono: ‘’kanat leila mur’ibah, è stata una notte terrificante’’. Con molte persone care non siamo ancora riuscite a parlare. Da altre riceviamo brevi messaggi in cui ci comunicano di aver dovuto abbandonare le loro abitazioni e quindi non hanno internet per rispondere alle telefonate. Altre ancora ci dicono del suolo che continua a tremare, anche mentre siamo al telefono, e delle decine di migliaia di abitanti allo scoperto nei parchi, nelle piazze e nelle strade.

Arrivano sui social le prime testimonianze.

Ad Aleppo poche ore prima del terremoto era caduto un po’ di nevischio, e verso la fine di una notte glaciale Pierre Le Corf scrive:  ‘’Aleppo di notte. Tutti fuori, tutte le famiglie per strada sotto la pioggia con detriti che cadono e palazzi che crollano. È spaventoso... Già segnalati oltre 250 morti, 25 edifici crollati e più di 700 feriti finora. Dopo 11 anni di guerra e sanzioni internazionali contro la popolazione ormai stremata.’’  https://www.facebook.com/pierrelecorf 

  Già! Le stramaledette sanzioni illegali di Usa e Ue. L’infame assedio di governi criminali. La piaga che, insieme alle bombe, ai terroristi prezzolati e alla razzia delle materie prime essenziali quali gas, petrolio e grano, condanna al freddo, all’inedia, all’impossibilità di curarsi per l’assenza di farmaci grazie al bombardamento delle industrie farmaceutiche nei primi anni del conflitto, e alla morte. Perciò, la solidarietà alla Siria deve iniziare con la cancellazione del "Caesar Act" e la levata dell’assedio.

- Salvato il vescovo di Aleppo Mr Jeanbart. Resta sotto le macerie dell'arcivescovado padre Imad Daher che purtroppo morirà ore dopo.

- Nel pomeriggio, il bilancio delle vittime del terremoto è di oltre 780 e di 2280 feriti. Alcune ore dopo, si contano oltre 800 vittime.

- Sempre a causa dell’embargo, gli ospedali sono ridotti al collasso e la protezione civile impegnata a sottrarre le persone intrappolate sotto le macerie opera senza equipaggiamenti.



Nella notte, Georges Sabe dei Fratelli Maristi di Aleppo scrive:

‘’Buona serata ad Aleppo, la nostra città. Tu sei devastata e la tua gente è affranta. Le sirene delle ambulanze continuano ad avvertire che c’è un'altra emergenza.  Sono trascorse 20 ore e sembra sia trascorsa un'eternità di tristezza, paura e dolore. Il cielo piange. La terra è triste per quanto ha freddo. Gli edifici hanno ballato con la morte e la morte li ha abbattuti.  La mia gente e i miei cari, i vostri occhi mentre entravate nel monastero mi hanno detto tanto. La vostra paura, il vostro panico, la ricerca di un posto sicuro vi hanno condotto qui.  E le parole mi hanno abbandonato.  Non oso ringraziare Dio per la mia salvezza.  Apro il mio cuore prima di aprire le porte del monastero ... ‘’ https://www.facebook.com/profile.php?id=589880634 


Il grande poeta e pittore siriano Nazìh Abu Afash, di Marmarita (Homs), a poche ore dal terremoto scrive:

"Il Siriano è niente e nessuno

Quando il Siriano è sopraffatto dalla tristezza, nessuno si addolora per la sua tristezza.

Quando il Siriano piange, non traspare neppure l’ombra di una lacrima nell'occhio di qualcuno. Quando il Siriano sanguina, neppure un sospiro di dolore esce dalla gola di qualcuno.

E quando il Siriano muore a nessuno interessa il suo cadavere. Nessuno fa caso al suo cadavere.

Lo lasciano disteso nel nulla cosmico per non riconoscerlo in quanto ‘’umano" e per non essere testimoni della morte di una persona. Una persona che hanno ucciso o della cui uccisione sono complici...’’  https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261 

Parole che estrinsecano perfettamente un sentimento di profondo abbandono perché più che mai in questi giorni i Siriani si sentono dolorosamente soli.


Ahmad Safi, un giovanissimo medico specializzando presso l’Ospedale Universitario Tishrin di Latakia, scrive:

‘’Tu hai sentito parlare della sconfitta degli uomini... Io l'ho vissuta in queste ore. Stanno arrivando decine di corpi. Cadaveri per cui non possiamo fare nulla ormai. Membri di famiglie morti insieme. Il pianto e lo sconforto di chi li accompagna. Il pallore dei medici che, traumatizzati, impietriti, impotenti, contano i morti. Cerco rifugio in te, Signore, dalla sconfitta degli uomini. Che i morti riposino in pace...” https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261




Oggi, 7 febbraio. Ci dicono che a Latakia e Jable sono numerosi i casi in cui membri della stessa famiglia sono morti sotto le macerie. Ai muri delle città, i necrologi con volti di genitori e dei loro bambini o giovani fratelli abbracciati e ancora numerosi medici, studenti, bimbi e persone di ogni età. Edifici crollati e un gran numero inagibili perché a rischio di crollo.

- Nonostante l’immensa pena, la generosità dei Siriani non viene meno. Abbiamo notizia di soccorritori che da Talkalakh e altre località, muniti di poveri mezzi quali le pale, si dirigono ad Aleppo per aiutare a salvare vite intrappolate sotto le macerie. 

- ‘’Alle 8 del mattino e alle ore 13, la terra e gli edifici hanno tremato ancora’’ ci sta raccontando al telefono in questo momento Aida (ore 14,30), una parente di Latakia che siamo riuscite a raggiungere solo ora. 

‘’I vetri cadono in frantumi. I muri si crepano. I negozi sono tutti chiusi. Latakia muore. Gli abitanti abbandonano le case, si riuniscono nelle chiese e nelle moschee, in altri luoghi pubblici, nei parchi o fuggono in campagna.’’

- Ad Aleppo, la situazione è ancora peggiore. E tutto il nord della Siria è in agonia.


Chi può, faccia qualcosa per alleviare le sofferenze inaudite di questi nostri fratelli. Non lasciamoli soli.    

lunedì 6 febbraio 2023

EMERGENZA TERREMOTO: come aiutare

 

Mentre si susseguono le drammatiche notizie sulle conseguenze del sisma che ha colpito questa notte alle 4 la regione nordovest di confine tra Turchia e Siria, rispondiamo anzitutto alla domanda che ci giunge con maggior insistenza: come aiutare? cosa possiamo fare?  Diamo qui sotto le coordinate di Associazioni di nostra piena fiducia per effettuare offerte online o bonifici. 

Ricordiamo ai nostri lettori che la Siria è soggetta a sanzioni USA e UE che impediscono l'invio di denaro e di beni materiali di alcun tipo, utili per la ricostruzione come per il soccorso alle persone: ci auguriamo e operiamo affinchè questa ingiustizia sia tolta almeno davanti all'evidenza del bisogno estremo in cui versa oggi la popolazione siriana già martoriata da 12 anni di guerra per procura.

Le Parrocchie della regione da Aleppo a Tartus hanno aperto i loro locali per tutti coloro che sono fuggiti dalle case pericolanti , visto che le scosse si susseguono e dureranno ancora molti giorni, e i paesi situati sulla costa mediterranea così come l'isola di Arwad sono a rischio tsunami: stanno offrendo da mangiare e riparo dal gelo, perchè le famiglie sono accampate all'aperto per il timore dei crolli .

Il Vescovado greco-cattolico di Aleppo è crollato, Monsignor Jeanbart è stato estratto vivo dalle macerie mentre il corpo di padre Imad Daher è stato recuperato senza vita.  Le amiche Monache Trappiste di Azeir stanno bene e senza danni ed hanno aperto i locali della foresteria per gli sfollati. Le amiche Suore di San Giuseppe dell'Apparizione dell'Ospedale Saint Louis di Aleppo hanno subito qualche danno alla struttura ma stanno bene, in piena attività per curare le frotte di feriti e morti che giungono al Pronto Soccorso.

Domani pubblicheremo un articolo con le notizie raccolte attraverso i nostri contatti locali, nel frattempo vi chiediamo di unirvi alla preghiera supplice di tutti gli amici della Siria. Grazie da Ora pro Siria.


Pro Terra Sancta: 

https://www.proterrasancta.org/it/campaign/aleppo-emergenza-terremoto/#dona

VID-20230206-WA0074

AVSI: 

https://www.avsi.org/cosa-puoi-fare-tu/progetti/terremoto-tra-siria-e-turchia-aiuti-immediati-ai-feriti-ad-aleppo


AGGIORNIAMO L'ELENCO DEGLI ENTI AFFIDABILI A CUI INVIARE :

FRATELLI MARISTI DI ALEPPO 

PER AIUTARE I MARISTI DI ALEPPO CHE HANNO ACCOLTO CENTINAIA DI SFOLLATI NELLA LORO CASA INVIA IL TUO CONTRIBUTO A:

Fondazione Marista per la Solidarietà Internazionale Onlus

Banca Etica

IBAN :

IT 81 S 0501 8032 0000 0017 082033

CAUSALE: Terremoto Maristi

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sabato 4 febbraio 2023

Letture: la leggenda siriana del pozzo miracoloso

pozzo del monastero di S.Tecla a Maaloula
 

Leggenda siriana sull'Epifania
Il miracolo del pozzo

Alla vigilia dell'Epifania, una donna e la figlia prepararono il pane azzimo per leggervi i pronostici del nuovo anno. (1)
Dopo aver impastato la farina con acqua e sale, fecero piccole pagnotte, vi incisero una croce, le disposero in un vassoio, accanto a ciascuna misero un biglietto con il nome di un familiare, le coprirono con un panno e le sistemarono vicino alla finestra aperta perché il cielo doveva vederle. Poi riempirono grossi bacili d'acqua profumata con petali di fiori per il bagno rituale del giorno dopo. (2) Finalmente, potevano andare a letto contente.
palazzo Al-Azm a Damasco

L'indomani, aprendo la porta che dava sul patio, alla ragazza si presentò uno spettacolo straordinario: l'acqua, dal fondo del pozzo, era salita fino al bordo e zampillava riversandosi tutt'intorno! Lei corse a bagnarsi. «Cosa ti è accaduto?!» le chiesero, vedendola tutta fradicia.
«Mi sono bagnata con l'acqua che è zampillata dal pozzo» rispose.
Anche sua madre e sua nonna andarono a bagnarsi in quell'acqua benedetta.
La notizia del prodigio si diffuse e arrivarono tanti curiosi, ma nel frattempo l'acqua era tornata in fondo al pozzo.
Nel quartiere abitava una donna sterile, che aveva sofferto molto per non poter avere figli.
Appena sentì parlare del pozzo miracoloso, le rinacque la speranza e andò dalle vicine.
«Fatemi entrare, forse Dio vorrà concedermi la grazia di un figlio» disse. E la sua fede fu così grande che l'acqua tornò a zampillare. Dopo nove mesi partorì un figlio maschio.
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Le storie prodigiose sui pozzi si trovano in tutte le tradizioni. Esse hanno sovente un carattere sacro esplicito (Il pozzo miracoloso) e sono comuni all'islam, al cristianesimo e all'ebraismo. Sin dai tempi remoti i pozzi hanno rappresentato la sintesi dei tre ordini cosmici: terra, cielo, acqua. Erano anche simbolo di sorgente di vita e abbondanza.
Note
1. È una credenza dei cristiani ortodossi: il giorno dell'Epifania, chi trova gonfio il pane azzimo confezionato alla vigilia ne trae l'augurio di un anno fausto.
2. Nel giorno dell'Epifania tutta l'acqua della terra è sacra. In Siria, chi può si reca al mare, ai fiumi, alle sorgenti per commemorare il battesimo di Gesù Cristo nel fiume Giordano.

Da "Fiabe Siriane" a cura di Maria Antonietta Carta. Ed. Mondadori, 1997.

lunedì 30 gennaio 2023

Dichiarazioni sul crescente ciclo di violenza in Terra Santa

Riprendiamo dal sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme le dichiarazioni dell'Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa che si susseguono da dicembre a questi ultimi giorni. E' molto grande la preoccupazione che unisce i responsabili delle comunità religiose, i fedeli che vivono in Terra Santa e noi tutti che amiamo la terra di Gesù. Preghiamo insieme a loro perchè la violenza, l'odio e la sopraffazione non prevalgano sulla giustizia, sul diritto  e sul dialogo possibile.  OpS


29 gennaio 2023

Noi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, invitiamo tutti alla moderazione. Abbiamo costantemente messo in guardia da un ciclo di violenza sempre più crescente e insensato che causerà per tutti solo dolore e sofferenza. Un tale stato di cose porterà quasi certamente ulteriore atti efferati, allontanandoci dalla tanto ricercata pace e stabilità che tutti noi cerchiamo.

Monitorando da vicino questa deplorevole situazione, abbiamo concluso che questa proliferazione di violenza, che ha portato alla morte ingiustificata di 32 palestinesi e 7 israeliani dall'inizio del nuovo anno, sembra auto-perpetuarsi. Sicuramente continuerà e si intensificherà, a meno che non venga intrapreso un intervento deciso da parte dei leader comunitari e politici di tutte le parti.

Tutti dobbiamo lavorare insieme per disinnescare le attuali tensioni e avviare un processo politico basato su principi di giustizia consolidati, che porti a una pace duratura e alla prosperità per tutti. In linea con ciò, in questi tempi così difficili, chiediamo a tutte le parti di rispettare la fede religiosa dell'altro e di mostrare rispetto per tutti i siti sacri e i luoghi di culto.

All'indomani di quest'ultima tragica ondata di violenza, preghiamo per le persone uccise e ferite e chiediamo che Dio resti vicino alle loro famiglie e ai loro cari. Preghiamo anche per la guarigione dei feriti e perché l'Onnipotente dia forza e perseveranza a coloro che si prendono cura di loro.

Infine, chiediamo che Dio conceda saggezza e prudenza ai leader politici e alle persone influenti di tutte le parti, guidandoli a individuare modi per aiutarci a superare la violenza, a mantenere sicure le nostre comunità e a lavorare instancabilmente per raggiungere una soluzione giusta e pacifica per la nostra amata Terra Santa.

https://www.lpj.org/it/posts/statement-on-the-increasing-cycle-of-violence-in-the-holy-land.html


Comunicato dell'Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa - 27 gennaio 2023

“Per amore di Gerusalemme non tacerò...” (Isaia 62, 1-2)

La scorsa notte, un folto gruppo di coloni israeliani, portando bandiere, canti e grida, è entrato dalla Porta Nuova. Alcuni turisti erano seduti in un ristorante, godendosi l'atmosfera tranquilla del quartiere, quando improvvisamente questo gruppo ha iniziato a molestarli ea distruggere sedie e tavoli dei negozi e dei ristoranti che vi si trovavano. Questa violenza non provocata ha instillato paura nei negozianti e nei residenti del quartiere cristiano, nonché nei visitatori. Non è finita fino a quando la polizia è arrivata, un'ora dopo, e ha portato via gli aggressori.

È solo l'ultimo di una serie di episodi di violenza religiosa che sta colpendo i simboli della comunità cristiana e non solo.

A nome dell'Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa, condanniamo tali attacchi ed esprimiamo la nostra preoccupazione per l'escalation della violenza nella Città Santa. Questo è avvenuto nella via che conduce al Santo Sepolcro, il luogo cristiano più sacro al mondo, e nel Quartiere Cristiano che ospita numerosi monasteri e chiese.

È prioritario che le autorità politiche e religiose operino secondo la propria responsabilità per riportare a maggiore serenità la vita civile e religiosa della città. Gerusalemme deve rimanere la patria dei credenti di tutte le fedi e non ostaggio di gruppi radicali.

https://www.lpj.org/archives/statement-of-the-assembly-of-the-catholic-ordinaries-of-the-holy-land.html

Considerazioni dell'ACOHL sui recenti sviluppi politici e sociali in Terra Santa - 12 dicembre 2022

In questo tempo di Avvento, che ci prepara al Natale, noi, come Pastori delle nostre comunità, sentiamo il bisogno di esprimere alcune preoccupazioni, sulla vita politica e sociale delle nostre comunità, che in questo momento occupano il nostro cuore.

In Israele si formerà un nuovo governo, che speriamo possa portare stabilità politica. Tuttavia, vogliamo esprimere la nostra preoccupazione per il contesto politico in cui si sta formando questo governo e per il progressivo deterioramento della situazione sociale e politica generale in Terra Santa.

Alcune dichiarazioni fatte da membri che fanno parte della coalizione governativa sono molto controverse nei confronti della comunità araba o comunque non ebraica. Sono contrari allo spirito di convivenza pacifica e costruttiva tra le varie comunità che compongono la nostra società. Tali dichiarazioni favoriscono coloro che in questo paese vogliono la divisione. Crea sfiducia e risentimento. Hanno gettato le basi per ulteriori violenze. La violenza nel linguaggio inevitabilmente, prima o poi, si trasforma anche in violenza fisica.

Auspichiamo che, sotto questo governo, l'attenzione delle autorità civili del Paese venga ricondotta con equità alle diverse comunità che compongono la società israeliana, evitando discriminazioni o preferenze.
Siamo preoccupati per la violenza e la mancanza di sicurezza all'interno della comunità araba in Israele, ferita da continui incidenti e criminalità diffusa. Questi rendono la vita delle famiglie sempre più fragile. È necessario prestare maggiore attenzione alle comunità arabe in Israele e prendersi più cura dello sviluppo delle città arabe.

L'istruzione, sia negli ambienti ebraici che in quelli arabi, richiede maggiore attenzione da parte delle autorità. Il futuro delle nostre comunità dipende da come investiamo ora nella formazione e nell'istruzione. Alla luce delle attuali tendenze di divisione e violenza, educare i nostri figli è il più urgente di tutti gli sforzi.

Le scuole cristiane in Israele sono, ancora una volta, sull'orlo di una crisi. I recenti tagli ai finanziamenti governativi mettono a repentaglio il futuro di parecchie delle nostre istituzioni educative, che svolgono ancora un ruolo importante nel campo dell'istruzione all'interno della nostra società.

I lavoratori stranieri, i richiedenti asilo ei loro figli fanno parte della vita della Chiesa. Siamo nuovamente chiamati a dare voce a tanti che vivono in una sorta di limbo giuridico, senza adeguate garanzie e senza chiare prospettive per il loro futuro.

Dobbiamo inoltre esprimere la nostra grande preoccupazione per quanto sta accadendo in Palestina e nei territori occupati.

Che la situazione si stia progressivamente e rapidamente deteriorando è evidente anche dai numeri: quest'anno abbiamo assistito a un'impennata della violenza, con il più alto numero di vittime palestinesi da oltre vent'anni. La violenza dei coloni negli insediamenti è sempre più in aumento. La superficie abitabile a disposizione della popolazione palestinese continua a ridursi, a causa della crescita sostenuta degli insediamenti. Stiamo anche assistendo ad attacchi alla popolazione ebraica.

La violenza non è mai giustificata e va sempre condannata, da qualunque parte provenga. Nessuno dovrebbe morire perché è ebreo o perché è arabo.

Dobbiamo anche criticare l'arresto e la detenzione di diversi minori palestinesi, soprattutto a Gerusalemme est. L'arresto e la detenzione di minori politicamente faziosi non dovrebbero mai essere una norma in un paese democratico. Tutti, specialmente i giovani, hanno il diritto di vivere in pace e sicurezza, di costruire un futuro migliore e di essere trattati con giustizia e dignità. La vita umana ei diritti umani dovrebbero essere rispettati.

L'assenza di un vero processo di pace, basato sul diritto internazionale, porterà a maggiori sofferenze.

La violenza è la conseguenza di una profonda sfiducia e forse anche odio, che si sta radicando nel cuore delle due popolazioni, israeliana e palestinese. È responsabilità comune di tutti, in particolare dei leader religiosi e politici di tutte le confessioni, promuovere il rispetto reciproco e non la divisione o sentimenti di odio.

Alziamo la nostra voce per i bisogni dei più poveri e dei più deboli: garantire che al popolo palestinese siano concesse dignità e libertà nella propria terra, che sia data una soluzione stabile e giustizia ai cinque milioni di palestinesi che vivono nei Territori Occupati, e che in Terra Santa tutte le comunità nazionali hanno pari diritti.

Di positivo c'è il ritorno dei pellegrini in Terra Santa. Riportano vita e movimento nelle strade e nei vicoli della Città Santa, di Betlemme, di Nazaret e degli altri luoghi di pellegrinaggio, e riportano così il sorriso a tante famiglie, non solo cristiane, che hanno potuto tornare al lavoro. Questo afflusso di pellegrini porta non solo prosperità materiale, ma anche maggiore consapevolezza e attenzione alla Terra Santa e ci fa sentire che non siamo dimenticati.

Dobbiamo anche sottolineare che non tutto in Terra Santa va male, e che ci sono anche segni di consolazione: molte persone, associazioni e movimenti locali, di diversa estrazione nazionale e religiosa, desiderano costruire l'amicizia e la solidarietà in questa divisione sociale e contesto politico del nostro. Il loro amore ci fa sperare e credere che ci siano ancora forti “anticorpi” nella nostra società, cioè coloro che vogliono ancora reagire alle sempre più forti tentazioni di chiusura e di rifiuto del dialogo e dell'incontro, con iniziative di incontro e di solidarietà aperte a tutti.

Facciamo nostre le parole di Papa Francesco, che di recente ha affermato:
Seguo con preoccupazione l'aumento delle violenze e degli scontri che si registrano da mesi nello Stato di Palestina e in Israele... La violenza uccide il futuro, sconvolgendo la vita di i giovani e le speranze di pace che si affievoliscono… Auspico che le autorità israeliane e palestinesi prendano più volentieri a cuore la ricerca del dialogo, costruendo la fiducia reciproca, senza la quale non ci sarà mai una soluzione pacifica in Terra Santa”.  (Angelus, 27 novembre 2022)

Invitiamo tutte le nostre comunità a pregare per la pace a Gerusalemme, in Terra Santa e in ogni luogo del mondo dove la violenza, l'odio e la divisione sono fonte di sofferenza.

mercoledì 25 gennaio 2023

Damasco, l’inverno peggiore

Le distruzioni della guerra, la perdita dei giacimenti petroliferi e le sanzioni occidentali influenzano tutti gli aspetti della vita di milioni di siriani. Reportage da una capitale fantasma.


PAUL KHALIFEH, DI RITORNO DA DAMASCO

traduzione di MARINELLA CORREGGIA


«Ali, domani andrai con tuo zio ad Harasta a raccogliere legna da ardere!». Rannicchiata sotto due spesse coperte in un angolo del soggiorno, Soumaya rimprovera il figlio con uno sguardo severo. «Non avresti dovuto aspettare che gli ultimi rami fossero consumati prima di andare», lo rimprovera Al centro della stanza coperta di tappeti, le ultime manciate di ghiande di quercia e gusci di pistacchio bruciano in una stufa a legna color ruggine. Il poco calore che emette non è sufficiente a migliorare davvero la temperatura. Dall’altra parte della stanza, un uomo anziano si strofina energicamente le mani. Al centro della stanza, quasi incollati alla stufa, due bambini condividono una pelle di montone. 

A Damasco, dove la temperatura è vicina allo zero, la lotta contro il freddo è la sfida principale per gli abitanti. «La mia unica preoccupazione è riscaldare la mia famiglia durante questo rigido inverno, dice Soumaya, vedova, che a 50 anni ne dimostra dieci di più. Tutto ciò che può essere bruciato va sul fuoco». «Il freddo è il peggior nemico», afferma il vecchio con voce roca.

Combustibili introvabili

Per la maggior parte dei siriani, il sistema di riscaldamento centrale a gasolio è un vecchio ricordo, un grande lusso che solo pochi fortunati possono ancora permettersi, vista la cronica carenza di carburante. La maggior parte delle famiglie è passata alle stufe a legna, che per essere installate richiedono di perforare le pareti o i soffitti per far passare i tubi..

Ma anche questo metodo di riscaldamento all’antica non è una passeggiata. Una tonnellata di legno viene venduta a oltre 2 milioni di lire siriane, l’equivalente di 320 dollari al tasso del mercato nero. Un prezzo inaccessibile in un paese in cui lo stipendio di un dipendente pubblico arriva al massimo a 100.000 lire siriane, ovvero meno di 17 dollari al mese.

Foreste spazzate via

«Il legno scarseggia, dice Khaled, un ex meccanico che si è dedicato al commercio della legna. Prima della guerra, la Ghouta orientale di Damasco era ricoperta di frutteti e boschi. I combattimenti e i tagli incontrollati incoraggiati dalla mancanza di sorveglianza non hanno lasciato nulla. In alcuni luoghi, come a Maliha, un tempo verdi e boscosi, non è rimasto in piedi nemmeno un albero».

li andrà quindi ad Harasta, una località situata a circa dieci chilometri a nord-est di Damasco, distrutta per il 60% dai combattimenti tra l’esercito siriano e i ribelli. «Lì i raccoglitori di macerie hanno smontato persiane, porte e tetti in legno per venderli. Dicono che sia molto più economico che abbattere alberi», spiega con calma.

Ma i problemi del giovane non sono finiti. La carenza di carburante ha colpito duramente il settore dei trasporti. Il gasolio e la benzina sono fortemente razionati e spesso non disponibili.

La maggior parte dei giacimenti petroliferi siriani si trova a Hassakeh, nel nord-est, e nella provincia orientale di Deir Ezzor, entrambe controllate dalle forze curde, sostenute dagli Stati uniti. L’esercito statunitense ha trasformato i campi petroliferi in basi militari. Il governo siriano non è quindi in grado di sfruttare le risorse energetiche del paese, che ora vengono utilizzate per finanziare l’amministrazione autonoma curda.

Le quantità di carburante disponibili sul mercato provengono dall’Iran e, più raramente, dalla Russia, i due alleati della Siria. La priorità nella distribuzione va alle forze armate. Ciò che rimane, cioè poco, è riservato alla popolazione.

Nelle ultime settimane, la penuria si è aggravata. «Con la mia tessera annonaria (rilasciata due anni fa dal governo a milioni di persone), normalmente ho diritto a 50 litri di gasolio due volte nell'inverno. Ho fatto la mia richiesta a metà settembre sulla piattaforma, ma non ho ancora ricevuto risposta», si lamenta Mustafa, insegnante cinquantenne di una scuola pubblica.

Il combustibile contrabbandato dalle aree controllate dai curdi viene venduto a 250.000 lire siriane per un bidone da da 20 litri, ovvero quasi 40 dollari. La benzina, che arriva di contrabbando dal vicino Libano, viene venduta quasi allo stesso prezzo. Solo una piccola minoranza può permettersi di acquistarla.

Damasco, una città fantasma

Gli effetti della carenza di carburante sono impressionanti. Damasco, solitamente molto trafficata e congestionata, sembra una città fantasma. Di giorno il traffico è scorrevole, di notte le strade sono quasi deserte di notte e i taxi sono rari. Al calar della notte, gli abitanti si rintanano nelle loro case fredde e buie, a causa del draconiano razionamento dell’elettricità. Ventuno ore di interruzione di corrente al giorno a Damasco, ventitré nelle zone rurali. «Da due mesi non vado all’università a causa dell’alto costo dei trasporti, si lamenta Salim, studente di medicina al secondo anno. Ho pensato di andare in bicicletta da Douma (10 km a est della capitale) a Damasco. Ma il viaggio di ritorno di notte attraverso queste strade buie e deserte mi ha dissuaso». Il giovane sostiene che un terzo degli studenti dell’Università di Damasco, la più grande del paese, non frequenta più regolarmente le lezioni.

Nessun settore è risparmiato dalla crisi. Alla fine della scorsa settimana, un gran numero di panifici statali non era più in grado di rifornire il mercato di pane a causa della mancanza di olio combustibile.

Le amministrazioni pubbliche, le scuole e le banche vanno al rallentatore. A differenza del Libano, dove i generatori privati di quartiere forniscono a caro prezzo l'elettricità alle abitazioni e alle imprese commerciali, in Siria non funziona nulla quando manca la corrente. «Per diversi giorni, ho aspettato ore per diversi giorni davanti al bancomat per prelevare il mio stipendio, ma la macchina non ha mai funzionato a causa della mancanza di elettricità, lamenta Ayman, un pensionato del Damascus Water Board. Ho chiesto che il mio reddito non venga più trasferito alla banca. Voglio essere pagato in contanti».

Anche il razionamento è in crisi

La tessera di razionamento, che per un certo periodo ha contribuito a organizzare la fornitura di generi alimentari di base e di carburante alla popolazione, non è più efficace. «In teoria, il riso, lo zucchero e l’olio sovvenzionati dallo Stato sono da tre a quattro volte più economici dei prezzi di mercato, dice Mustafa. Ma la distribuzione è irregolare da tre mesi. Facciamo le richieste ma non riceviamo più il messaggio che fissa la data di consegna».

Coloro che possono permetterselo sono costretti ad acquistare cibo a prezzi di mercato e, nei periodi di carenza, al mercato nero. «Il mio stipendio di 100.000 lire siriane mi permette di comprare 5 kg di zucchero e 3 litri di olio vegetale. Per tutto il resto devo arrangiarmi», dice l’insegnante.

Il peso delle sanzioni statunitensi

La situazione è più gestibile nel settore privato, dove gli stipendi sono da quattro a cinque volte superiori a quelli del settore pubblico. «Con il mio stipendio di 400.000 lire, sono una privilegiata, dice Ghada, segretaria in uno studio legale. Ma in realtà, per vivere decentemente servirebbe dieci volte tanto».

L’assistenza sanitaria è ancora teoricamente gratuita per tutti. Ma i tempi di attesa sono molto lunghi. «Un’operazione a cuore aperto costa 1,3 milioni di lire in un ospedale pubblico, con un tempo di attesa tipico di tre o quattro mesi. In un ospedale privato, l’operazione è immediata ma costa 55 milioni di lire. Quanti siriani possono permettersi di pagare questa cifra?», si chiede Atef, cardiologo dell’ospedale al-Bassel.

Le persone interpellate sono unanimi. Questo è il peggior inverno che la popolazione siriana abbia affrontato dall’inizio della guerra nel 2011. La distruzione di gran parte delle infrastrutture e l’impossibilità dello Stato di sfruttare le risorse energetiche e agricole del paese, situate in regioni fuori dal suo controllo, sono responsabili di questa situazione. Ma le sanzioni occidentali, in particolare il Caesar Act approvato dal Congresso degli Stati uniti nel 2020, hanno esacerbato la crisi. «Le sanzioni hanno reso molto difficili le importazioni, afferma un alto funzionario che ha chiesto l’anonimato. Nessuno osa effettuare transazioni finanziarie con i siriani per paura di essere bersagliato dalle sanzioni. Questa situazione ha spezzato le catene di approvvigionamento e ha sviluppato un enorme mercato nero nel quale i prezzi stanno esplodendo».

Riportati al Medioevo

Di fronte alla crisi, si sono sviluppate iniziative private di solidarietà. «Commercianti molto ricchi e uomini d'affari hanno contribuito a dotare una scuola di un generatore, un ospedale di letti o una strada di un sistema di illuminazione a energia solare. Ma tutto questo è limitato e insufficiente per far funzionare un paese», dice l’alto funzionario. 

«Non sono riusciti a rovesciare il governo, ma ce l’hanno fatta a riportare la Siria al Medioevo», osserva Soumaya, guardando un tavolino con i ritratti di due uomini. Suo marito e il loro figlio maggiore, uccisi durante la guerra.

https://lecourrier.ch/2023/01/19/damas-le-pire-des-hivers/

domenica 22 gennaio 2023

«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia»

 

Di fra John Luke Gregory ofm, da Rodi, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 


«Apri la bocca in favore del muto, in difesa di tutti gli sventurati. Apri la bocca e giudica con equità, rendi giustizia all’infelice e al povero» (Pr 31,8-9). È così chiara e incisiva questa indicazione del Libro dei Proverbi, che, dopo averla ascoltata, non si può restare indifferenti e inermi.

In obbedienza alla Parola di Dio e secondo lo stile francescano, abbiamo cercato di metterci in ascolto dei tanti poveri che hanno lambito le coste della nostra isola e bussato alle porte del convento francescano. Il grido che sgorgava dalle loro labbra e ancor più dalla loro condizione miserevole chiedeva giustizia e anelava alla pace. Pace e Giustizia non sono concetti astratti, ma condizioni concrete di vita. Giustizia e Pace non sono lontani miraggi ma valori imprescindibili per una condizione di vita dignitosa e veramente umana. Pace e Giustizia sono due beni inseparabili: l’uno non può esistere senza l’altro.

E così, per non accontentarci di fare buone e lodevoli riflessioni, abbiamo cercato di rendere concreti l’esercizio della giustizia e la costruzione della pace, mettendoci al servizio dei fratelli e sorelle dai bisogni più essenziali. Ci siamo sforzati di servire le tante persone distrutte e sfollate che arrivano da noi ogni giorno, in cerca di una vita migliore o semplicemente desiderose di trovare un po’ di pace e di giustizia per se stesse, ma soprattutto per i loro figli. Mettendo il poco che abbiamo e le piccole energie della nostra parrocchia di Rodi a disposizione di coloro che non hanno nulla e che le sofferenze della vita ha sfiancato, siamo stati costretti a maturare atteggiamenti fondamentali: l’ascolto, l’accoglienza e il servizio, nella gratuità, senza pregiudizi o giudizi, lasciandoci sorprendere dal colorito splendore della diversità.

La guerra in Siria ha posto le questioni di giustizia sociale alla ribalta della coscienza globale e la pandemia di coronavirus ha evidenziato (e aggravato) le disuguaglianze. Sembra che in questi ultimi tempi, sollecitati anche dall’insistente magistero papale, il mondo si stia accorgendo di alcuni drammi e di alcune questioni sociali (l’abuso delle donne, i diritti degli immigrati, dei rifugiati e delle popolazioni indigene, la discriminazione razziale) ma c’è bisogno di un cambiamento sostanziale.

Non basta, però, fare una dettagliata analisi sociologica dei mali che affliggono il mondo: è urgente agire in modo concreto ed efficace, ascoltando e abbracciando i fratelli e le sorelle bisognosi. La rotta di tale cambiamento è segnalata molto chiaramente da papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti: tutti figli e figlie dello stesso Padre celeste, siamo fratelli e sorelle! Lo stesso Padre si prende cura di tutti noi ed è attento al grido dei poveri, degli emarginati, di coloro che sono esclusi economicamente, socialmente e politicamente. Le sfide che sono davanti all’umanità sono enormi, come enorme era la quantità di miserie che si sono presentate al nostro sguardo in forma sempre crescente. Davvero sproporzionate, rispetto alle nostre povere possibilità. Da dove iniziare? Per noi è stato spontaneo iniziare il nostro servizio di carità e giustizia, piegando le ginocchia davanti al Santissimo Sacramento. Solo guardando Gesù, possiamo comprendere come servire veramente il fratello. Solo ascoltando Lui, possiamo conoscere la Verità e la Giustizia. Solo ricevendo da Lui la Grazia, abbiamo sorprendenti energie per affrontare sfide ardue e umanamente impossibili.

La nostra fraternità francescana è piccola e nascosta, la nostra parrocchia cattolica conta pochissimi fedeli, e le nostre bellissime isole sono per definizione “isolate” dai grandi circuiti. Eppure, la Provvidenza ci ha sorpresi. Grazie alla preziosa opera dei media della Custodia di Terra Santa e all’attenzione riservataci dagli amici dell’Osservatore Romano, in molti sono venuti a conoscenza delle nostre attività semplici, silenziose e nascoste. E così siamo stati beneficati da generose donazioni dalla Custodia stessa attraverso la nostra ong Pro Terra Sancta e dalla collaborazione di volontari che ci permettono di servire i fratelli che il Signore ci manda. Una notorietà che non abbiamo cercato, ma che ci consente di portare all’attenzione del mondo le sofferenze che incontriamo e, al tempo stesso, ci aiuta a mostrare ai poveri che, attraverso di noi, è la Chiesa stessa che si china su di loro nel nome di Gesù.

Seguendo l’insegnamento del nostro Santo Padre Francesco d’Assisi, questo desideriamo: quanti trovano conforto nella nostra carità e nelle nostre parole possano «vedere» Gesù stesso che si prende cura di loro. Nel nome di Gesù e con la Sua Grazia, sostenuti dal Magistero e dalla fraternità della Chiesa, cerchiamo di dare forma concreta alla giustizia e alla pace. Giustizia che si declina nella promozione della dignità di ogni persona che arriva sull’isola, ma anche dei poveri che vivono accanto a noi. Giustizia che scaturisce da un ascolto vero e non semplicemente emotivo: non ci accontentiamo di riempire delle pance vuote o di vestire dei corpi nudi e infreddoliti. Cerchiamo, invece, di incontrare persone, che sono affamate anche di uno sguardo fraterno e benevolo, che attendono il calore anche di un abbraccio e di una carezza. La fatica più grande è dare continuità quotidiana a questo servizio, ma anche questo è giustizia! Non ci si può limitare a offrire una coperta e un pezzo di pane: il fratello va accolto, ascoltato, accompagnato perché ritrovi fiducia nella vita, si adoperi per costruire un futuro e rialzi lo sguardo alla speranza.

https://www.terrasanta.net/2023/01/in-aiuto-di-tutti-i-poveri-figli-dello-stesso-padre/