Sono giorni drammatici per gli abitanti di Aleppo, che con l'offensiva dei russi e dei governativi iniziavano a sperare la liberazione dai micidiali ordigni che per 4 anni hanno martoriato la città, riducendo il popolo alla disperazione, come ha testimoniato la giovane Rand Mittri alla GMG. Ci meraviglia che perfino nella informazione cattolica oggi si diffondano versioni menzognere su quanto sta accadendo.
Raccogliamo ancora una volta le attendibili testimonianze dei cristiani di Aleppo.
Su Avvenire oggi fra Ibrahim risponde:
«Quando l’esercito siriano avanza con forza accadono sempre ritorsioni di questa entità. La violenza di questi giorni è provocata da chi ancora non ha voluto cedere ». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano di Aleppo, racconta gli scontri che stanno facendo vivere alla “capitale del Nord” i giorni «più terribili dall’inizio del conflitto». Secondo alcune Ong locali, sono almeno 50 i ribelli morti dall’avvio della controffensiva lanciata da Assad assieme ai russi e sono decine i caduti tra le forze del regime. Quaranta morti – più della metà donne e bambini – il bilancio degli attacchi che nelle ultime 48 ore hanno colpito le aree sotto il controllo delle forze del regime. «Il presidente Assad ha concesso un’amnistia completa a quanti si arrendono e lasciano le armi e, stando alle notizie che ci arrivano, una buona parte dei ribelli lo ha già fatto. I corridoi umanitari creati sono stati battuti da diverse famiglie, poi accolte». Alcuni però resistono, e rispondono al fuoco con ostinazione. «A opporre maggiore resistenza sono soprattutto i combattenti stranieri. L’esercito siriano – continua il frate damasceno – sta avanzando con determinazione, e questi piccoli gruppi di jihadisti hanno reagito violentemente perché si sentono accerchiati».
Hanno cominciato a utilizzare armi chimiche, «gas nervini da cui è impossibile scappare». Alcuni colpi hanno raggiunto anche le altre succursali francescane di Aleppo, come l’ex collegio di Terra Santa. Un parrocchiano di 55 anni è morto sotto le bombe incessanti. «La gente ha paura, fatica a dormire. Nella succursale colpita di al-Ram, ieri, non abbiamo nemmeno potuto celebrare la festa della Porziuncola in chiesa. Era troppo pericoloso, ci siamo dovuti rifugiare in un seminterrato e lì abbiamo celebrato la Messa, con i pochi che avevano rischiato di uscire di casa».
È una ritorsione diversa dalle altre volte, e padre Ibrahim lo sa bene. Questa volta l’esercito è determinato a «farla finita con i terroristi che si trovano lì», come ha dichiarato l’ambasciatore di Damasco in Russia, Riad Haddad. «Sembra proprio che sia così. L’esercito ha ripreso zone sotto l’occupazione dei jihadisti, limitando i rifornimenti di armi, e gli attacchi sono diventati più violenti, più disperati ». Ultime cartucce di un’opposizione frammentaria, che tenta il tutto e per tutto per non perdere la città. «Una signora della parrocchia, sordomuta e madre di due piccoli, è stata colpita all’occhio dalla scheggia di una bomba. Se da una parte siamo convinti che questa guerra non continuerà ancora a lungo, di certo non sarà corta». Il parroco è consapevole che la crisi potrebbe durare ancora alcuni mesi, e «ho la netta sensazione che questo sia il momento peggiore. Assisto sempre più spesso a casi di febbre gialla ed esaurimenti nervosi. Il caldo è terribile e tanti soffrono di febbre notturna. Il vero dramma è che gli aleppini non sanno più dove trovare le medicine, perché anche l’emergenza sanitaria ha raggiunto picchi mai visti prima».
Secondo l’Unicef, «sono circa 1,5 milioni le persone, tra cui almeno 660mila bambini, che vivono in zone difficili da raggiungere tra il governatorato e la città di Aleppo: cifre impressionanti». «In questi giorni pieni di paura e di morte – conclude padre Ibrahim – andando per le strade vedevo uomini piangere come bambini. Seduti in strada, disperati. C’era un signore accovacciato sul ciglio di una strada che aveva già cambiato molte case, a causa degli scontri che mettevano in pericolo la sua famiglia. “Fino a quando?”, mi chiedeva, “Fino a quando dovremo vivere da profughi nel nostro Paese?”».
http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Aleppo-stretta-finale-I-giorni-pi-atroci-1.aspx
E, in replica a Médecins sans frontières e a l'Orient le Jour, il dottor Nabil Antaki dei Fratelli Maristi di Aleppo, risponde alla giornalista Silvia Cattori:
No, Aleppo non è assediata dall'Esercito siriano. Sono i gruppi armati che invasero alcuni quartieri orientali della città nel luglio del 2012.
Si, i terroristi assediavano Aleppo da quattro anni. L'offensiva dell'Esercito siriano doveva e deve liberarare la città. In parte, la missione è stata portata a termine giovedì 28 luglio, quando l'esercito ha finalmente cacciato i gruppi armati dal quartiere Bani Zeid. Questi gruppi hanno terrorizzato durante quattro anni gli abitanti di Aleppo, lanciando quotidianamente razzi e bombole di gas riempite di chiodi ed esplosivi che ogni giorno causavano decine di morti e feriti.
No, le strutture sanitarie non sono colpite deliberatamente dai bombardamenti aerei. Gli ospedali citati non esistevano prima della guerra e quindi, se fosse vero che esistono, questi luoghi di cura sono ospitati in edifici comuni. Inoltre, anche per ammissione di Médecins sans frontières (MSF), queste strutture sanitarie non sono state segnalate nè all'ONU, nè agli Stati Uniti, nè alla Russia. Bisogna sottolineare che gli edifici ospitanti strutture sanitarie sono anche impiegati dai terroristi per il loro sinistro lavoro: l'ospedale oftalmologico in Aleppo-est è inoltre il quartier generale di Al Nusra per la regione di Aleppo. E perché non si citano mai gli ospedali nelle zone controllate dallo Stato siriano [Ndlr], incendiati o distruttti dai terroristi sin dall'inizio del conflitto?
Si, i terroristi che occupano Aleppo-est fanno parte di Al Nusra, considerato gruppo terroristico da tutta la comunità internazionale (Europa et USA compresi). Dovrebbe essere neutralizzato come Daesh: la qual cosa gli aerei della coalizione internazionale a guida USA non fanno.
No, gli abitanti di Aleppo-est non temono di spostarsi nella parte della città controllata dallo Stato siriano, attraverso corridoi umanitari che le autorità hanno aperto perché il passaggio avvenga col minimo rischio di perdite civili, durante le incursioni o le battaglie. Al contrario, essi vorrebbero raggiungere gli altri 500.000 abitanti di Aleppo-est, già scappati dalle zone circostanti sotto controllo dei terroristi per rifugiarsi sotto la protezione dello Stato siriano. Sono i ribelli-terroristi che gli impediscono di allontanarsi e che li usano come scudi umani.
Si, gli abitanti di Aleppo hanno sofferto per quattro anni. Hanno subito numerosi blocchi imposti dai terroristi. Un milione e cinquecentomila abitanti hanno subito penurie gravissime e nessuno ne ha parlato, nessuno si è indignato, nessuno ha protestato.
No, lo Stato siriano e gli alleati russi non vogliono fare vittime civili durante i combattimenti, nè vogliono provocare danni collaterali come è accaduto durante i bombardamenti francesi sul villaggio di al Tokhar del 19 luglio scorso con 164 vittime civili, o con il bombardamento americano dell'ospedale di Kunduz
Si, smettetela di manipolare l’opinione pubblica con la disinformazione. Ogni volta che i terroristi sono sotto assedio in qualche parte della Siria, governi e media lanciano l'allarme con la giustificazione di voler evitare una pretesa catastrofe umanitaria, quando in realtà il vero scopo è di allentare la stretta dell'Esercito governativo sui terroristi. I terroristi non cessano di colpire. Com'è che riescono ad essere riforniti di munizioni ed armi, ma vogliono far credere che non arrivano derrate alimentari e carburanti e che i civili corrono gravi rischi?
Nabil Antaki, Aleppo, 29 luglio 2016
trad. Maria Antonietta Carta