Lettera n° 46.
Di Nabil Antaki. Trad. Maria Antonietta Carta
Alle ore 04:17 di lunedì 6 febbraio 2023, sono bastati quarantacinque secondi per gettare in strada l'intera popolazione di Aleppo. Era buio, pioveva e faceva freddo, 2 gradi Celsius, quando la terra tremò. Gli edifici crollavano, altri si spostavano, soprattutto i piani superiori. I mobili ballavano, ninnoli e quadri cadevano a terra, i vetri si rompevano, i muri si crepavano, sassi, pezzi di cemento o intonaco cadevano dalle pareti o dai soffitti ferendo gli abitanti, bottiglie di olio, sciroppi, detersivi uscivano dai loro armadietti in cucina rovesciandosi sul pavimento e, soprattutto, il rumore assordante, un rumore terrificante, delle porte che sbattevano e delle finestre che si aprivano. Durò 45 secondi. Un'eternità.
L'Aleppo addormentata si svegliò di soprassalto: i bambini urlavano, gli adulti erano terrorizzati non sapendo cosa stesse accadendo. Finché non si resero conto che si trattava di un terremoto (Zelzal in arabo).
Il panico. La gente si mise a correre, a scendere le scale, a urtarsi; alcuni caddero e si spezzarono gli arti. E tutti, due milioni di persone, si ritrovarono per strada in pigiama o scalzi, sotto la pioggia e al freddo mentre crollavano gli edifici, crollavano i piani alti e piovevano pietre ferendo o uccidendo.
Un caos. Chi possedeva un'auto tentò di fuggire dal suo quartiere per parcheggiare in aree libere da edifici, ma gli ingorghi rallentavano la fuga. Gli altri cercarono rifugio nei parchi pubblici, nelle chiese o nelle moschee. I viali principali e la tangenziale si riempirono di auto parcheggiate lungo i marciapiedi con famiglie che trascorsero la notte in macchina.
Migliaia di famiglie hanno piantato tende in tutti gli spazi vuoti e vivono ancora lì dopo il terremoto. Gli stadi sportivi sono affollati da migliaia di persone e quasi tutta la popolazione ha trascorso giorni "per strada". Abbiamo appreso in seguito che il terremoto era di magnitudo 7,8 sulla scala Richter con epicentro in una città nel sud della Turchia a circa 100 km a nord di Aleppo.
Meno di mezz'ora dopo il terremoto, noi Maristi Blu abbiamo aperto le porte della nostra residenza per accogliere coloro che cercavano rifugio. Avevamo lanciato messaggi su diversi social network e risposto a decine di telefonate per dire “sei il benvenuto”. In poche ore sono arrivate più di mille persone di tutte le fedi, intirizzite dal freddo, inzuppate dalla pioggia, tremanti di paura, urlanti, piangenti. Rapidamente, i nostri volontari, subito accorsi, hanno distribuito una bevanda calda e le poche coperte e materassi che avevamo. Bisognava confortare, calmare, rassicurare, ascoltare e riscaldare le persone in tutte le stanze della residenza, compresa la cucina. Fortunatamente, i due cortili del convento sono coperti e chi non trovava posto dentro vi si rifugiò aspettando l'alba. Al mattino bisognava dare da mangiare a tutti, cucinare per mille persone, dare il latte ai bambini, sistemare coperte e materassi per tutti e fare posto a tutti per la notte successiva. A malapena le persone si calmarono dopo una seconda scossa di magnitudo 7,7 avvenuta alle 13:24. Aleppo non aveva subito un terremoto simile dal 1822.
Nelle settimane successive, si sono verificate ogni giorno piccole scosse che spaventarono la popolazione e il lunedì 20 febbraio alle 20:04 un terzo terremoto di magnitudo 6.3.
Il bilancio sale, nella sola Aleppo, a 458 morti, più di mille feriti, 60 edifici crollati e completamente distrutti, centinaia di edifici non riparabili da abbattere, migliaia di edifici gravemente danneggiati e inabitabili allo stato attuale e centinaia di migliaia di persone che non vivono più nelle loro case. Anche se dall'esterno sembrano intatti, molti edifici non sono abitabili perché le fondamenta o i vani scala o i muri portanti sono danneggiati. Oltre ad Aleppo, sono state colpite altre città siriane: in particolare Latakia, Hama e Jable dove sedici edifici dello stesso complesso sono crollati uccidendo 15 medici e 16 farmacisti.
Per più di 20 giorni, la nostra residenza ha continuato ad accogliere centinaia di persone. Riceverle, nutrirle, curarle, offrire la possibilità di un bagno caldo e di nuovi indumenti (perché arrivavano con solo gli abiti che avevano addosso), confortare, prendersi cura dei bambini, organizzare i dormitori erano i nostri compiti quotidiani. Molte famiglie restavano con noi perché avevano paura di tornare a casa in attesa di una quarta scossa; altri avevano le loro case gravemente danneggiate o completamente distrutte.
Abbiamo creato un comitato di ingegneri dei Maristi Blu per ispezionare gli appartamenti degli sfollati. Se le condizioni dell'appartamento sono accettabili, rassicuriamo le persone invitandole a tornare a casa. Se gli alloggi sono inabitabili, affittiamo loro un appartamento per un anno; il tempo di effettuare le necessarie riparazioni o restauri. Altre associazioni e chiese hanno fatto lo stesso. Per quattro settimane, abbiamo interrotto i nostri consueti progetti per alleviare le sofferenze e assistere gli sfollati, ma nell'ultima settimana abbiamo lentamente ripreso le attività nonostante la depressione dei nostri volontari e dei nostri beneficiari. Oltre al pesantissimo tributo umano e materiale, il trauma psicologico in tutte le fasce di età è molto pesante. Ora, 35 giorni dopo il terremoto, adulti e bambini sono ancora sotto shock, ansiosi, disperati, hanno incubi e pensano che il peggio debba ancora venire. La Mezzaluna Rossa e tante associazioni benefiche si sono mobilitate, come noi, per aiutare le centinaia di migliaia di sfollati ospitati nei centri di accoglienza; una mobilitazione come non ne abbiamo mai viste. La solidarietà e la generosità di altre città siriane nei nostri confronti così come quelle dei nostri vicini del Libano e Iraq sono state esemplari. I Siriani della diaspora hanno, dal primo giorno, organizzato raccolte di denaro e materiali e intrapreso iniziative per inviarci fondi. I nostri amici occidentali hanno fatto lo stesso con grande generosità. Senza dimenticare il ruolo importantissimo di tanti enti di beneficenza e associazioni di solidarietà internazionale, soprattutto cristiani, che hanno dedicato più tempo che mai a soddisfare i nostri bisogni primari. I Paesi amici hanno inviato squadre di soccorso e rimozione delle macerie o squadre mediche. All'aeroporto di Aleppo sono atterrati circa 100 aerei provenienti da Marocco, Tunisia, Algeria, Giordania, Egitto, Venezuela e persino dal Bangladesh, solo per citarne alcuni.
Poi, l'aeroporto di Aleppo, dove sono atterrati gli aerei che portavano assistenza, è stato bombardato dai nostri vicini a sud (Israele, n.d.t.), rendendolo impraticabile.
Mentre centinaia di aerei occidentali hanno portato soccorsi in Turchia, soltanto un aereo europeo è atterrato in Siria. Che peccato!
Intervento del dott Nabil Antaki all'incontro all'ONU di Ginevra sull'effetto delle sanzioni sulla Siria e sui terremoti
I governanti dei Paesi dei Diritti umani e della "democrazia" sono convinti che la popolazione colpita della Siria soffra meno di quella della Turchia perché vive in un Paese sotto sanzioni? Non potrebbero annullare le loro sanzioni per fornire assistenza umanitaria a una popolazione colpita da un disastro naturale? È scandaloso a dir poco. Avevano affermato per anni che gli aiuti umanitari e le attrezzature mediche erano esenti da sanzioni. In realtà, questa è una menzogna. Se fosse vero, perché hanno allentato le sanzioni per gli aiuti umanitari, durante 180 giorni, se già ne erano esenti? Fortunatamente, gli uomini e le donne di questi Paesi hanno reagito diversamente dai loro governanti e hanno mostrato solidarietà e generosità esemplari.
Le sanzioni, che i Paesi occidentali impongono alla Siria da oltre 10 anni, sono inefficaci e ingiuste. Esse hanno impoverito la popolazione, che sta soffrendo una gravissima crisi economica a causa della mancanza di investimenti esteri vietati appunto dalle sanzioni. Ci fanno patire mettendo un embargo che provoca anche la carenza di olio combustibile, benzina, pane ed elettricità. Le sanzioni uccidono. La maggior parte degli edifici crollati durante il terremoto, ma già gravemente danneggiati dalla guerra (e ce ne sono decine di migliaia), erano abitati da persone che non avevano altra scelta perché non potevano essere ricostruiti, in quanto la ricostruzione è vietata dalle sanzioni. Per non parlare delle decine di persone sepolte vive sotto le macerie e morte perché non soccorse in tempo, per mancanza di macchinari pesanti per lo sgombero.
Esattamente 12 anni fa, il 15 marzo 2011, iniziava la guerra. La popolazione siriana da allora ha sofferto abbastanza ed è stremata: la guerra, le sanzioni e la penuria, la crisi economica, il Covid-19, il colera e ora il terremoto. Quante disgrazie su un Paese che un tempo era bello, prospero, sicuro e sovrano.
Sono bastati quarantacinque secondi per mettere in strada l'intera popolazione di Aleppo; una popolazione già a terra dopo 12 anni di tragedie e disgrazie. Ma il popolo siriano è un popolo orgoglioso e dignitoso, anche nelle avversità e non chiede altro che poter vivere, di nuovo, normalmente, in pace. Aiutateci a far revocare le sanzioni.
Grazie per la vostra amicizia e solidarietà.
Dottor Nabil Antaki per i Maristi Blu, Aleppo il 15 marzo 2023