Padre Jihad : distruggono monasteri non la nostra fede
Radio Vaticana intervista padre Youssef Jihad della comunità di Deir Mar Musa
R. – Dal 4 di agosto, quando è entrato il sedicente Stato islamico e ha preso possesso della città di Qaryatayn, noi non abbiamo nessuna notizia diretta dal monastero. Sappiamo che c’era un gruppo di laici che lavorava lì – musulmani e cristiani insieme – e quando è entrato l’Is li hanno mandati via. Hanno dato loro un’ora prima di uccidere tutti, quindi sono scappati. Le foto riportano la distruzione dell’area archeologica, della croce e del campanile, il piccolo campanile: è un’opera sistematica la loro. L’Is, che non sa niente di islam, secondo me, vuole eliminare la storia del Paese. La sua missione è quella di distruggere tutto quello che potrebbe essere buono e significativo. Tuttavia, non ci tolgono la fede, non ci tolgono la speranza. Loro possono distruggere il monasteri, le croci, ma innanzitutto distruggono e deformano il volto dell’islam, che noi amiamo e sosteniamo: cerchiamo di vivere insieme in pace, anche se in questi giorni queste mie parole potrebbero risuonare impossibili. Ma noi abbiamo creduto nella Risurrezione, che era impossibile…
D. – Il monastero distrutto era comunque un’oasi vera e propria di carità e di accoglienza, anche per tanti profughi... R. – Sì, soprattutto per i musulmani della zona, e poi c’erano circa 47-48 famiglie cristiane con oltre 100 bambini e noi, come monaci, organizzavamo programmi di intrattenimento per i piccoli…
D. – Era quindi un segno di speranza per tutta questa terra devastata? R. – Sì. E secondo me è per questo che è stato tolto di mezzo padre Jacques, perché rappresentava un pericolo per la mente che vuole un conflitto perenne tra sunniti e sciiti e tra musulmani e cristiani.
D.- Di padre Jacques non sapete più nulla? R.- Purtroppo, niente di sicuro...
D. – Padre Jacques mi riporta alla mente anche padre Dall’Oglio, del monastero da dove lei mi sta parlando, la comunità di Deir Mar Moussa. Lì, ora, quanti siete? E come si vive anche questa assenza di fratelli che sono scomparsi da tanti anni? R. – Siamo quattro monaci e due monache con un gruppo di due o tre operai, musulmani e cristiani che viene saltuariamente per dei lavori. Come viviamo? Viviamo con la speranza di ritrovarli e di riabbracciarli vivi un giorno, se non qui, sarà in Cielo.
D. – Ma non vi è rimasta anche un po’ di paura dopo questi episodi? R. – La paura fa parte della vita.Noi siamo umani e dunque abbiamo le nostre paure, ma la nostra speranza è più forte, il nostro desiderio di vivere in pace è più forte. Chiediamo certo al Signore di fortificarci nella fede, ma voglio dire che non stiamo cercando di fare i martiri, stando qui; non aspettiamo che l'Is venga a sgozzarci, senza senso. Non siamo aggrappati al nostro monastero a tutti i costi.Il monastero è la nostra vita, la nostra vocazione che potremo vivere in ogni parte del mondo dove ci sono cristiani e musulmani insieme, perchè è questo è il carisma che Dio ci ha dato: amare tutti, specie i fratelli musulmani. Quindi continuiamo a sperare che il dialogo e la convivenza siano possibili.
D. – Ma lei ha mai avuto a che fare direttamente con questo, che è considerato, oggi, il “nemico”, con l'Is? R. – Quando ero a Qaryqatayn, tre mesi fa, lì ho visto qualche faccia del gruppo dell’Is, però era gente locale. Poi, piano piano con il passare dei giorni, si sono rafforzati e hanno portato anche altri elementi da fuori e hanno ribaltato la situazione.
D. – Che cos’è, però, che li rende così… lei ha usato il termine “cattivi”? R. – Hanno una cattiva comprensione dell’islam e del nobile Corano e della vita del Profeta Maometto: loro vogliono un islam che controlli tutti, in primo luogo i musulmani stessi. Perciò, dico e sottolineo che le loro vittime più numerose e più dirette sono i musulmani stessi. Quando sono entrati in Palmira, hanno sgozzato tra 200 e 400 persone: tutti sunniti musulmani. Questo “nemico” è portato da una mente cattiva che non è necessariamente cristiana, nemmeno necessariamente orientale né araba: potrebbe essere anche internazionale, che vuole seminare terrore e odio e povertà in questa zona per ricontrollarla economicamente e politicamente. Poi, loro scavano sotto, trovano elementi adatti, gente che ha subito povertà, ignoranza e anche ingiustizia, allevati, educati all’odio verso gli altri e portano, creano, immaginano uno Stato islamico che non potrebbe mai stare in piedi.
D. – Ora lì, dove è lei, nella comunità di Deir Mar Musa, quali sono i segni di resurrezione, di fraternità, di amore? R. – L’amicizia e l’amore che vediamo negli occhi dei nostri parrocchiani cristiani e dei nostri amici musulmani che chiedono sempre la luce e la benedizione di Dio per quello che stiamo facendo. Però se la cosa rimane così, il Medio Oriente sarà svuotato piano piano dei cristiani, o saranno accantonati. Questo necessita di un grido, come fa il Santo Padre sempre. E io lo ringrazio personalmente, ma anche in nome di tutti i cristiani e di tutti i siriani. Bisogna però gridare al mondo ancora più forte e dire che chiedere ai cristiani di rimanere in questi Paesi, così, non ha senso. Per noi, il cristianesimo non è un’appartenenza vuota: il cristianesimo è una fede, un modo di vivere, è portare la croce, il sacrificio e l’amore per il prossimo, anche se è un nemico. Quindi, bisogna fare qualcosa di concreto per i cristiani che stanno in Medio Oriente: bisogna pensarci. Non basta dire a chi non può andar via, che rimanga. Bisogna renderlo capace di rimanere.
DICHIARAZIONE A L'OUVRE D'ORIENT DEL PATRIARCA SIRO-CATTOLICO YOUNAN CIRCA LA DISTRUZIONE DEL MONASTERO S.ELIAN E IL PRELEVAMENTO DI MOLTE DECINE DI CRISTIANI DA PARTE DI DAESH
Des horreurs à n’en plus finir..! comme les medias viennent de le rapporter e matin, les criminels de DAECH et compagnie, ont détruit notre monastère syriaque catholique de Mar Elian, Qaryatain, Syrie, vieux d’au moins 15 siècles. Le prêtre qui le desservait, le père Jacques Mourad est toujours enlevé depuis trois mois, sûrement par ces mêmes terroristes qui se réclament de la religion de la miséricorde et commettent toutes sortes d’absurdités, au nom de leur allah !
J’essaie de communiquer avec notre administrateur du diocèse de Homs, car nous craignons pour les dizaines de familles prises en otage, mais sans succès !
Jusqu’à quand le monde dit « civilisé » gardera-t-il un silence hypocrite,quand tout le monde est au courant des horreurs commises par ces barbares ? Comment un pays qui se dit défenseur des droits de l’homme ferme-t-il les yeux devant des aberrations telles que décapiter, confiner en esclavage et violer enfants et femmes ?.. Est-ce ça la démocratie ?
En somme, nous devons le crier à haute voix : nous craignons DAECH, parce que nous avons été abandonnés et nous n’avons pas les moyens de nous défendre comme c’est la cas au Liban.
En somme, nous devons le crier à haute voix : nous craignons DAECH, parce que nous avons été abandonnés et nous n’avons pas les moyens de nous défendre comme c’est la cas au Liban.
Patriarche Ignace Y. III Younan