di Gianandrea Gaiani
L’ambiguità
dilaga nella guerra, sempre più da barzelletta, della Coalizione
internazionale contro lo Stato Islamico. A dieci giorni
dall’intervento militare turco contro lo Stato Islamico ma
soprattutto contro i curdi che dei jihadisti sono acerrimi nemici,
anche gli Stati Uniti avviano una nuova campagna aerea che non può
non suscitare perplessità.
Dopo
i reiterati attacchi condotti dai miliziani qaedisti
del Fronte al-Nusra (un tempo rivali dell’Isis ma che oggi
collaborano in diverse zone del fronte con gli uomini del Califfo)
contro i miliziani siriani “moderati” del movimento “Nuova
Siria” addestrati dai consiglieri militari americani in
Turchia, il Pentagono ha minacciato di attaccare i qaedisti ma pure i
reparti governativi siriani che combattono accanitamente contro
al-Nusra e le altre milizie islamiste. Il 31 luglio sarebbe stata
lanciata quella che il portavoce Bill Urban ha definito “la
prima di una serie di incursioni” contro i qaedisti.
L’amministrazione Obama ha annunciato “misure addizionali” per
difendere le forze filo-americane sul terreno e ha lanciato un monito
al regime di Assad affinché “non interferisca”.
Di
recente gli Stati Uniti hanno addestrato ed equipaggiato un
gruppo di poche decine di miliziani (dovevano essere 3/5mila
quest’anno ma non hanno trovato molti volontari) per combattere le
milizie jihadiste dello Stato islamico ma pure il governo del
presidente Bashar al Assad. Come le residue forze laiche rimaste nel
conflitto civile siriano, anche la “Nuova Siria” non ha alcun
peso militare né nelle operazioni contro l’Isis né in quelle
contro Damasco. Del resto è difficile comprendere come poche decine
di uomini appena addestrasti possano combattere al tempo stesso
contro l’Isis
e contro i suoi nemici. Paradossale poi che ad attaccare i miliziani
“moderati” non siano le forze dello Stato Islamico ma i qaedisti
di al-Nusra ormai “sdoganati” nell’alleanza Esercito della
Conquista che riunisce anche salafiti e fratelli musulmani.
Movimento molto forte nell’area settentrionale di Idlib che gode
dell’appoggio finanziario e militare di Arabia Saudita, Qatar e
Turchia, cioè degli alleati degli USA.
Una
conferma ulteriore di come l’ampio fronte di movimenti che
combatte Assad sia composto ormai esclusivamente da milizie jihadiste
che non tollerano la presenza di forze laiche. E se oggi l’Esercito
della Conquista non si mischia con l’ISIS è solo per una questione
di opportunità anche se l’intesa con il Califfato contro il regime
di Damasco sembra essere ben oliata. Il 2 agosto il Fronte al-Nusra
ha pubblicato un video in cui appaiono alcuni membri delle milizie
ribelli siriane addestrati dagli Stati Uniti catturati nei pressi di
Aleppo. Nel filmato, pubblicato ieri su Youtube, il gruppo terrorista
che rappresenta al Qaeda in Siria, ha precisato che i guerriglieri
sono stati catturati per la loro collaborazione con le forze della
coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato
islamico responsabile di diversi attacchi anche contro il Fronte al
Nusra.
Vale
la pena ricordare infatti che all’avvio delle operazioni
aeree della
Coalizione in Siria, il 23 settembre scorso, i primi raid aerei
statunitensi presero di mira anche il Fronte al-Nusra uccidendo, a
quanto risultò all’epoca, una cinquantina di miliziani inclusi
alcuni comandanti. Nel video compaiono cinque uomini in piedi con la
mani dietro la testa e sorvegliati da due uomini armati. Uno dei
prigionieri afferma di essere stato arruolato dagli Stati Uniti e di
essere stato addestrato in Turchia. Uno degli uomini di al-Nusra
dichiara nel video che la cattura dei guerriglieri è un modo “per
indebolire la mano dell’Occidente e degli Stati Uniti in Siria”,
sottolineando la loro provata cooperazione con le forze della
coalizione per individuare le posizioni e movimenti del Fronte al
Nusra.
L’Osservatorio
siriano per i diritti umani, aveva
diffuso il 30 luglio un comunicato secondo cui il Fronte al Nusra
aveva sequestrato nella campagna a nord di Aleppo il colonnello Nadimal Hassan, leader del “Gruppo 30” dell’esercito libero, a capo
della prima unità di combattenti addestrati ed equipaggiati dagli
Stati Uniti composta da appena 54 uomini. Il Pentagono ha dapprima
negato la cattura di elementi ribelli addestrati in Turchia ma ieri
al Nusra ha annunciato la cattura di altri cinque guerriglieri
siriani addestrati dagli Stati Uniti. Secondo l’osservatorio
siriano per i diritti umani (Ong vicina ai ribelli e con sede a
Londra) negli scontri tra “Nuova Siria” e al Nusra i
filo-americani avrebbero registrato almeno un caduto (dieci secondo
altre fonti) mentre i prigionieri in mano ai qaedisti sarebbero 13,
in parte catturati nel campo profughi di Qah, a ridosso del confine
turco dove i filo-americani si sarebbero rifugiati.
Di
fatto solo i raid aerei Usa hanno impedito che il “Gruppo 30”
venisse annientato
dai qaedisti, valutazione che da sola dovrebbe sconsigliare
Washington dall’allargare la minaccia di attacchi alle forze di
Damasco, le uniche in grado di sconfiggere al-Nusra e le altre
milizie jihadiste. Lunedì infatti le forze speciali di Assad hanno
riconquistato la località strategica di Tal Hamki, situata a
nord-est della pianura di al-Ghaab, vicino al governatorato nord
occidentale di Latakia sconfiggendo le forze di al-Nusra. Invece di
aiutare le truppe di Damasco, gli Stati Uniti minacciano di prenderle
di mira continuando a perseguire una strategia che sarebbe folle se
l’obiettivo fosse distruggere i jihadisti ma che al contrario
risulta ”lungimirante” se lo scopo reale è seminare caos e
destabilizzazione in tutta la regione. Non a caso la Russia, alleata
di Damasco, preme invece per allargare la Coalizione internazionale
anti-Isis anche al governo siriano con una proposta formale
presentata a sauditi e statunitensi che non sembrano però avere
nessuna intenzione di accoglierla, perseguendo l’assurdo principio
che lo Stato Islamico si sconfigge più facilmente se cade Bashar
Assad.
Secondo
il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov,
la nuova campagna aerea statunitense in appoggio ai ribelli
cosiddetti "moderati" finirà per "complicare ancora di più la lotta al terrorismo".
Del resto quale approccio
abbiano gli anglo-americani rispetto al conflitto mediorientale è
stato ben illustrato ieri dal ministro britannico della Difesa,
Michael Fallon, che in visita in Iraq ha dichiarato che gli attacchi
contro le milizie dell'Isis si protrarranno sino al 2017. Londra e
Washington vogliono quindi tirarla per le lunghe favorendo
l’allargamento del conflitto ma, ovviamente senza esporsi troppo.
Fallon infatti ha precisato che si tratterà solo di raid aerei
perché “non c'è bisogno dell'intervento delle forze di terra
britanniche".