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venerdì 16 novembre 2012

Disgrazie e miracoli ad Aleppo

Aleppo, 12 novembre 2012
 
Carissimi, con questa nuova lettera vogliamo ringraziare per esservi presi cura di noi e per le preghiere che avete fatto per noi e per la Siria. Abbiamo molto da raccontarvi, delle cose molto belle e delle cose molto tristi! Questo è ciò che si vede in guerra: disgrazie e miracoli.
La situazione qui continua ad essere allarmante. Qualcuno assicurava che ciò che stava succedendo ad Aleppo sarebbe durato pochi giorni, invece siamo di fronte ad un cruento ed interminabile conflitto che dura già da più di tre mesi e di cui ancora non si può vedere la via d’uscita. Le conseguenze sono angosciose. Chi in precedenza aveva avuto l’occasione di visitare questa leggendaria città, oggi non la riconoscerebbe; prima della guerra Aleppo era caratterizzata da due cose in particolare, che le davano un prestigio anche maggiore della capitale Damasco:  il movimento commerciale che occupava gli imprenditori per il business, e  la classe media e bassa come fonte di lavoro, e la sua animata vita sociale che copiava dall’Occidente. Allo stesso tempo si distingueva per essere una città tranquilla, sicura, pittoresca e ordinata.
Però ora è cambiato tutto.
Soprattutto nella parte antica e in qualche zona del centro lo spettacolo è terribile: quartieri bombardati, edifici distrutti, cadaveri accatastati nelle strade. Le autombulanze attraversano la città a tutta velocità sparando in aria per aprirsi la strada. I carri armati girano nelle strade e trema tutto per le deflagrazioni. Ci sono trincee sparse in tutti gli angoli delle strade e nelle vie importanti; i cecchini sono appostati sui tetti e sparano al minimo movimento. Le armi dei ribelli difficilmente hanno un obiettivo determinato e molte volte colpiscono edifici civili.

Le scuole e la città universitaria sono piene di profughi che hanno perso la loro casa e purtroppo questi edifici non bastano più per tutti. Gli spazi verdi della città ed i viali sono stracolmi di intere famiglie che dormono, sotto le intemperie, coperte con cartoni. Si calcola che un milione di persone sono rimaste senza un tetto! Solo nei giardini della città universitaria ci sono settemila rifugiati che dormono all’aria aperta. Qualche settimana fa le condizioni metereologiche erano buone, però adesso fa più freddo e piove, quindi ci si domanda: dove andrà tutta questa gente? Nessuno ha una risposta, gli ospedali non sono sufficienti, oltre ai feriti si aggiungono i malati per il freddo e per la mancanza di alimenti.
Il caos è generale ed ha condizionato la vita della città e di tutti i suoi dintorni. I servizi pubblici della luce, del telefono, dell’acqua e Internet si interrompono spesso ed in alcuni quartieri anche per settimane. L’aria che si respira puzza per l’odore delle esplosioni e per la mondezza che nessuno porta via. L’insicurezza domina le strade, non c’è polizia stradale, non c’è nessuno che rappresenti la giustizia. Giorno dopo giorno aumentano sempre di più i sequestri e le minacce in cambio di denaro per comprare le armi. Queste non sono notizie riferite per "sentito dire", perchè le hanno sofferte i nostri stessi  fedeli.
La morte passeggia per le strade e continua a portarsi via vittime: è guerra aperta in piena città. Gli attentati fanno centinaia di vittime. Centinaia di persone muoiono in pochi minuti. Chi avrebbe mai immaginato che Aleppo si sarebbe trasformata in uno scenario di crudeli uccisioni?

La gente di Aleppo è cambiata. La differenza, in confronto ai primi mesi del conflitto, è che ora gli aleppini tentano di continuare la vita quotidiana. Le famiglie devono mangiare e non potranno sopravvivere se continueranno a rimanere chiuse in casa. Per questo motivo, nonostante il caos e il pericolo, la gente va nelle strade con il rischio di non tornare più a casa…”Torneremo la prossima settimana” disse uno dei nostri giovani, ed aggiunse con un volto triste: “se sopravviveremo”.
Tutti i giorni ci sono molte vittime tra i civili. Anche nelle zone meno bombardate ci sono morti a causa dei proiettili vaganti. L’altro giorno un bambino di 10 anni ci diceva: ”Prima raccoglievamo le foglie degli alberi per la strada, adesso raccogliamo proiettili”.
"Le sparatorie e le esplosioni sono ormai familiari per noi”, dicono tutti, però hanno causato molta tensione e nervosismo: "è da settimane che non dormiamo”. Si sentono tutti i giorni promesse di speranza: “Ci hanno detto che in due giorni tutto finisce e torneremo a vivere, però questi due giorni non arrivano mai".
C’è stato un tentativo di tornare alla normalità, alcune università hanno aperto le porte, però non ci sono professori sufficienti, nè sufficiente è il numero di alunni per fare delle lezioni regolari. Alcune scuole hanno cominciato a funzionare solo per poche ore e per qualche giorno a settimana, utilizzando edifici prestati, ma questo non era molto adeguato perchè si trovavano fuori città dove c’è molto pericolo, o erano colmi di rifugiati.
Una delle adolescenti che viene a Messa tutti i giorni ci diceva contenta: ” Finalmente cominciamo le lezioni!; l’unico problema però è che il frastuono delle sparatorie è permanente e con difficoltà sentiamo quello che ci dice il professore”.
La zona industriale nelle periferie della città è distrutta. Le fabbriche e le imprese sono state incendiate, bombardate e saccheggiate; erano fonte di lavoro per migliaia di persone…
Non è una cosa strana che una donna pianga; però il problema è come aiutare ora, nel vedere questi uomini, padri di famiglia, presi dalla disperazione ed impotenza, singhiozzare in silenzio, sconsolati per la preoccupazione del futuro dei propri figli?
Per questo la nostra presenza qui come missionari è di questi tempi così tanto necessaria. Molti sono coloro che hanno già lasciato il Paese, famiglie intere, anche i fedeli della nostra cattedrale; ce ne sono alcuni che hanno sufficiente possibilità economica di sopravvivere all’estero, pur senza ancora una casa, nè un lavoro . Però la maggioranza della gente rimane qui perchè non può affrontare la partenza o perchè preferisce continuare a vivere nella propria terra. Molte persone ci domandano: ” E voi che avete la possibilità di scappare, perchè rimanete qui?”... Che razza di pastore sarebbe quello che nel momento di maggior pericolo fuggisse per stare tranquillo, mentre le proprie pecore rimangono in balia del nemico?
Certamente noi missionari non possiamo salvarvi dalle pallottole, non possiamo impedire che un proiettile cada sulle vostre case e che si porti via tutta una famiglia, non possiamo far sì che questo non accada...  è molto grande l’impotenza che sperimentiamo. Però possiamo sostenervi e darvi coraggio, consolarvi e accompagnarvi, e se arriva il momento di offrire le proprie vite, quel giorno possiate trovarvi preparati e sereni. Che migliore occasione di questa, per prepararvi ad andare in Paradiso? Per questo motivo rimaniamo, restiamo qui al servizio di coloro che rimangono qui.
In questo senso, si spiega cosa significa che "vediamo giorno per giorno nuovi miracoli”. Miracoli di conversione di persone che mai pregavano ed ora non smettono di pregare il Rosario tutti i giorni. Persone che erano lontane dall' essere cristiane praticanti, ed ora assistono con sincera devozione alla Messa quotidiana. Giovani che, anche in mezzo a tutta questa incertezza e desolazione, sentono la chiamata di Dio e decidono di abbracciare la vita religiosa. Possiamo assistere ad opere di carità eroica, persone che da molti anni non si confessavano, riconciliazioni che da anni sembravano impossili.
Icona di Saydnaya
 Ci sono stati miracoli della Vergine Maria che ha protetto le famiglie cristiane. Più di una volta abbiamo sentito che è caduto un missile in una certa casa e non è scoppiato; oppure ci sono state esplosioni molto grandi che hanno distrutto un piano intero però gli abitanti sono rimasti illesi! Queste persone dicono con piena convinzione: “La Madonna ci ha protetti, perchè preghiamo il Santo Rosario in famiglia”.
Anche nell’apostolato, Dio ci sta permettendo di fare cose impressionanti. È stata organizzata una catena continua del Santo Rosario, 24 ore, ed i nostri fedeli si sono prenotati con tanta voglia, sicuri che la preghiera del Santo Rosario porterà la pace su questa terra benedetta. I giovani continuano a venire e se ne sono aggiunti dei nuovi. Per loro desiderio abbiamo cominciato un corso di studio della Dottrina Cristiana, al quale partecipano alcuni adulti del nostro gruppo di fedeli; con i giovani facciamo settimanalmente dello sport, anche per scaricare la forte tensione che stanno soffrendo. È divertente vederli giocare, la loro allegria contagia quando festeggiano ogni gol, mentre si ascoltano in sottofondo i bombardamenti. Esistono solo pochi momenti nei quali possono “dimenticare” che stanno vivendo nel mezzo della guerra.
Abbiamo predicato due serie di Esercizi Spirituali ai quali hanno partecipato 20 giovani. Purtroppo non hanno potuto avere l’ambiente al quale siamo abituati: la natura, il silenzio e la tranquillità. Hanno fatto gli Esercizi praticamente rinchiusi, raccomandando a Dio il destino delle proprie famiglie e meditando sotto il frastuono delle esplosioni.
Non è eroismo ciò che hanno fatto questi giovani?

Disgrazie e Miracoli, in questo modo si sta costruendo la storia della Siria, come quella di tanti altri paesi del mondo distrutti dalla guerra. Questa è anche la storia della nostra vita contrassegnata da allegrie e tristezze, da conquiste e da prove. Questa è anche la storia della Chiesa che: ” avanza nel suo pellegrinaggio attraverso le persecuzioni del mondo e delle consolazioni di Dio” (Sant’Agostino, De Civitate Dei 18, 5; cf. LG 8).

Viva la missione!!!

Sacerdoti e Suore missionari ad Aleppo
http://soscristianiinsiria.wordpress.com/2012/11/15/42/

giovedì 15 novembre 2012

IL JOKER

"A Doha le diverse formazioni dell'opposizione in Siria hanno firmato un accordo per la creazione di una "Coalizione nazionale" mirata a unire le forze e rovesciare il regime di Bashar al Assad, dopo quattro giorni di riunioni sotto gli auspici del Qatar e della Lega Araba. Ecco i punti principali:

- Le parti firmatarie convengono di operare per la caduta del regime e di tutti i suoi simboli e pilastri, per lo smantellamento dei suoi organi di sicurezza, perseguendo tutti coloro che sono implicati nei crimini contro i siriani.
- La Coalizione si impegna a non portare avanti alcun dialogo o negoziati con il regime.
- Sostiene l'unificazione dei consigli militari rivoluzionari sotto la supervisione del Consiglio militare supremo.
- Si dota di una commissione giuridica nazionale e di commissioni tecniche e specializzate.
- Procedera', dopo aver ottenuto un riconoscimento internazionale, alla formazione di un governo provvisorio.
- Convoca un congresso generale nazionale dal momento della caduta del regime.
- La Coalizione e il governo provvisorio saranno dissolti, su decisione della Coalizione, dopo la tenuta del Congresso generale nazionale e la formazione di un governo di transizione.
- Questo accordo entrera' in vigore dopo essere stato approvato dalle istanze di riferimento di ciascuna delle parti contraenti."
http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=171374

 
15 novembre 2012, Sant’Alberto Magno

Era un passaggio de “Il cavaliere oscuro”, secondo film della trilogia di Batman di Cristopher Nolan.

Non ricordo la frase, ma ne ricordo il senso “Se tu dai via libera al Joker, che ti aspetti dopo, se non il Joker?”.

 

E’ una cosa tanto ovvia. Se, per i tuoi scopi, ti servi di terroristi, finita la storia cosa pensi che accada? Che i terroristi si pongano come mammolette a servizio del proceduralismo democratico?

Se dai via libera ai terroristi, avrai il terrore. L’avrai durante la guerra civile e l’avrai dopo. L’avrai soprattutto contro i buoni e gli innocenti, quelli che per loro formazione interiore non sono idonei a difendersi sparando.

Tutto questo non è ragionamento, è realtà. Girate la testa dalla Siria alla Libia e vedrete il ripetersi di un film. Anche l’ambasciatore Stevens pensò di poter gestire il Joker: “usiamo un po’ di Al Qaeda per abbattere Gheddafi, poi riprendiamo il controllo”. Ma il controllo lo prenderanno altri, perché Stevens ci ha già lasciato le penne in questa sporca vicenda.

 

Doha sta in Qatar. A Doha le opposizioni siriane si sono “unificate” per abbattere il regime. Dopo di che un proconsole del Qatar si installerà a gestire la Siria.

“Il Qatar è una monarchia assoluta, retta dalla famiglia reale Al Thani, alla quale appartiene circa il 40% della popolazione autoctona. Secondo la costituzione del 1970, il potere esecutivo viene esercitato dal Consiglio dei ministri (Shura), i cui membri vengono nominati dal capo di stato, l'emiro, che svolge anche le funzioni di capo del governo. Il sistema giudiziario è composto da corti civili e penali; le corti, amministrate secondo la legge islamica della Shari'a, sono dotate di giurisdizione limitata. Per le spese militari viene stanziato circa un quarto del bilancio dello Stato.” (Wikipedia)

 

A gente di questo tipo noi affidiamo il proceduralismo democratico della Siria: non si può nemmeno chiamare “sonno della ragione”, perché questa è ormai lucida follia.

 

“Le parti firmatarie convengono di operare per la caduta del regime e di tutti i suoi simboli e pilastri, per lo smantellamento dei suoi organi di sicurezza, perseguendo tutti coloro che sono implicati nei crimini contro i siriani”. 

Detto in parole semplici, si chiama “epurazione”. E verrà gestita da una giustizia in stile “nuova Libia”.

 

“Che la situazione della giustizia in Libia sia lungi dall’essere ‘normale’ lo dimostra la vicenda dell’avvocato di Saif [Gheddafi] e di altri tre funzionari della Cpi [Corte Penale Internazionale], arrestati in giugno per 26 giorni subito dopo la visita al detenuto. […] Mentre le autorità di Tripoli si sforzano di rassicurare i giudici internazionali delle loro competenze e capacità, le organizzazioni per la difesa dei diritti umani non smettono di puntare il dito contro i maltrattamenti cui i vincitori sottopongono i fedeli del regime abbattuto, e non solo. Torture, processi sommari senza garanzia per la difesa, detenzioni in condizioni disumane sono all’ordine del giorno”. (Luciano Ardesi, Nigrizia, novembre 2012)

 

Buffo che anche qui mi venga in mente Batman, la corte penale del terzo Batman “Il cavaliere oscuro – il ritorno”: terroristi a gestire la giustizia.

 

E non sarà la foglia di fico di George Sabra, ex comunista nato da una famiglia cristiana, a cambiare la sostanza della coalizione anti Assad.

Con buona pace di padre Dall’Oglio, del nunzio Zenari, di Pierferdinando Casini che invitò Sabra in settembre per prendere parte all'Internazionale Democratica di Centro, affermo che la pianificazione della caduta di Assad è stata affidata al Joker.

 

E quando comanda il Joker sono dolori inenarrabili. Per la Siria, per la minoranza cristiana in Siria, e per la salute mentale dell’occidente cosiddetto “democratico”.

Giovanni Lazzaretti

Aleppo: Morto d'infarto il Direttore delle Pontificie Opere Missionarie.

"Che la sua morte sia un’offerta per la pace e per la riconciliazione in Siria, per l’avvenire della comunità cristiana in Siria, per il trionfo della carità in Siria e in Medio Oriente”.


Aleppo 15/11/2012 (Agenzia Fides) – E’ deceduto ieri a mezzogiorno, in seguito a un improvviso attacco cardiaco, P. Jules Baghdassarian, 55 anni, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria, incarico che ricopriva dal 2003. P Jules era un sacerdote greco cattolico (melkita) e risiedeva ad Aleppo. I funerali saranno celebrati sabato prossimo nella chiesa di San Giorgio di Aleppo, da Sua Ecc. Mons. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo greco cattolico della città.
P. Jules aveva sofferto molto per la tragica situazione del conflitto siriano, giunto fino al cuore di Aleppo. Negli ultimi mesi, data la grave situazione umanitaria di migliaia di rifugiati nella città, si era dedicato anima e corpo alle attività caritative, all’assistenza, alla sistemazione di famiglie sfollate, all’organizzazione degli aiuti, alla risoluzione dei tanti problemi che sorgevano in quest’opera. Probabilmente – riferiscono a Fides dall’Ufficio delle POM ad Aleppo – le preoccupazioni, la situazione di stress psico-fisico, l’ansia e la fatica gli sono state fatali.
Il Patriarca greco cattolico S. B. Gregorios III Laham, esprimendo all’Agenzia Fides il suo cordoglio alla famiglia di p. Baghdassarian e alla comunità greco cattolica di Aleppo, lo ricorda con queste parole: “Era un grande amico dei poveri, era animato da grande zelo per la carità. I suoi verbi erano amare e servire”. “Speriamo – aggiunge – che la sua morte sia un’offerta per la pace e per la riconciliazione in Siria, per l’avvenire della comunità cristiana in Siria, per il trionfo della carità in Siria e in Medio Oriente”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40327&lan=ita

Le parole di Padre Baghdassarian

" La gente non vuole la guerra e la violenza: il mondo ci aiuti a ritrovare la pace!”: è l’accorata testimonianza rilasciata all’Agenzia Fides da p. Jules Baghdassarian, sacerdote greco-cattolico di Aleppo e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Siria.
Il Direttore dice a Fides: “I combattenti dell’Esercito Libero Siriano vogliono prendere il cuore di Aleppo e nel cuore ci sono le chiese e le case dei cristiani. Le bande armate rivoluzionarie sono in prevalenza islamiste, abbiamo testimoni oculari di ciò, e i cristiani hanno paura di subire violenze. La gente di Aleppo non vuole la rivoluzione, ama la pace. Famiglie cristiane e musulmane sono stanche della violenza, perché la vita è diventata molto dura nell’ultimo anno”.

Pensiamo che la politica debba fare qualcosa per la pace e la riconciliazione. Come cristiani, la nostra speranza è la riconciliazione. Chiediamo alla comunità internazionale e all’Unione Europea di aiutarci a ritrovare la pace, non di fomentare la guerra!”
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39594&lan=ita

martedì 13 novembre 2012

"Nessun negoziato, vogliamo più armi!"

Con il Papa, speravamo che le parti in conflitto si impegnassero a "non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto"...

 George Sabra, cristiano, nominato  nuovo presidente del Consiglio nazionale siriano e la nuova "Coalizione Nazionale delle Forze di Opposizione" rispondono: "nessun negoziato, vogliamo più armi!"





La riconosciuta Coalizione nazionale siriana: "non abbiamo bisogno solo di pane, ma di armi"

 AsiaNews - 13/11/2012
 La Lega Araba riconosce la Coalizione nazionale siriana di opposizione contro il regime di Bashar al- Assad. Essa sarà l'unica realtà a rappresentare la voce del popolo siriano. La nuova entità è stata creata ieri a Doha (Qatar) al termine di una lunga riunione delle varie componenti dell'opposizione siriana. A capo della Coalizione vi sarà Ahmad al-Khatib Moaz, musulmano sunnita e figlio dell'ex imam della grande moschea di Damasco. Insieme al cristiano George Sabra, nominato di recente leader del Consiglio nazionale siriano (Cns) principale partito di opposizione, Moaz guiderà i partiti e movimenti autori della rivolta contro Assad iniziata nel marzo 2011. I primi a riconoscere la nuova entità sono stati i Paesi del Golfo persico, seguiti dal resto degli Stati arabi. Nelle prossime ore anche i Paesi occidentali dovrebbero dare la propria adesione.
Nonostante gli sforzi politici per coalizzare il panorama dell'opposizione, nulla o poco è stato fatto per creare un'agenda politica in grado di fermare le violenze e imporre un cessate il fuoco. La temuta "discesa agli inferi" annunciata in giugno da mons. Mario Zenari, nunzio a Damasco, in un'intervista ad AsiaNews, è un dato di fatto aggravato dall'abbandono della strada diplomatica a favore delle armi.
Entrambi i nuovi leader dell'opposizione siriana hanno sottolineato che l'unica via per sconfiggere Assad e aiutare il popolo siriano è la lotta armata. Secondo Moaz, deve essere la comunità internazionale ad intervenire, come accaduto per la Libia di Gheddafi e l'Iraq di Saddam Hussein. Sabra preme invece per finanziare con armi e denaro i ribelli: "non abbiamo bisogno di solo pane - ha affermato - ma di armi".
http://www.asianews.it/notizie-it/La-riconosciuta-Coalizione-nazionale-siriana:-non-abbiamo-bisogno-solo-si-pane,-ma-di-armi-26345.html


 Dal racconto dell'inviato in Libano cardinale Sarah:

2012-11-13 Radio Vaticana
D. - Eminenza, lei ha quindi incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro Paese?
R. - I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.
D. – Anche perché il conflitto non sembra risolversi in tempi brevi?
R. – Non sembra, non sembra, perché sia il governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così, non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire per discutere e portare la pace in questo Paese.
D. – Lei crede che questa unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?
R. – Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra. Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo siriano.
D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Io penso che se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria. Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo. Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante, non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.

Lega Araba e Ue riconoscono la nuova opposizione unificata. Si aggrava l’emergenza umanitaria

Radio Vaticana 13/11/2012
Sulle possibili vie di pacificazione in Siria, Giancarlo La Vella ha intervistato don Renato Sacco, di Pax Christi
R. - Se vogliamo evitare il peggio, se davvero la guerra è una avventura senza ritorno, bisogna mettere in campo tutto quello che può favorire un’uscita dal conflitto e non un acuirsi dello scontro, cercando di essere dalla parte delle vittime, cercando di dialogare con tutte le parti in conflitto. Credo che anche la Siria, nella attuale confusione, non debba essere letta soltanto in chiave bellica, nel senso di dire unicamente “appoggiamo gli insorti o appoggiamo il regime, armiamo l’uno o armiamo l’altro”; dobbiamo, invece, cercare strade diverse, che non parlino solo di armi.
D. - Secondo lei, servirebbe a qualcosa se il presidente Assad facesse un passo indietro, ovvero accettasse un’uscita incruenta dallo scenario politico siriano?
R. - Senza dubbio servirebbe, ma forse dovremmo metterlo nelle condizioni di operare una scelta del genere, facendo tutti un passo indietro dalla logica di guerra e indicando anche altri percorsi e altre strade.
D. - Purtroppo sembra rimanere in secondo piano, nel dibattito internazionale, quello che è il crescente dramma umanitario…
R. - Sì. Credo che, come credente, sia doveroso dire: “Mettiamo in evidenza il dramma delle vittime, dei profughi” e da lì leggiamo la situazione. Proprio da lì la dobbiamo partire, non dalle stanze dei potenti.

NOME NUOVO PER “VECCHIA OPPOSIZIONE”, UNA VOCE FUORI DAL CORO

MISNA, 13/11/2012
Un “maquillage”, un nome nuovo “perché con il vecchio non era più possibile andare avanti”, un “teatrino promozionale allestito in Qatar” ma restano la stessa struttura di comando e le stesse parole d’ordine “prive di reale senso politico” ovvero “no al negoziato, sì all’intervento armato”: Haitham Manna, voce storica dell’opposizione siriana e dirigente del Comitato nazionale di coordinamento per il cambiamento democratico della Siria, non ha parole tenere per la neonata Coalizione nazionale siriana (Cns, ma per esteso il suo nome è Coalizione nazionale dei poteri siriani della rivoluzione e dell’opposizione). Formata nel fine settimana in Qatar, la Coalizione si propone come legittimo rappresentante della Siria delle opposizioni, e ieri ha anche ottenuto primi riconoscimenti da Consiglio di cooperazione del Golfo e Lega Araba. Alla MISNA, che lo raggiunge telefonicamente, Manna dice però che la Coalizione “altro non è che una riedizione del vecchio Consiglio nazionale siriano, con gli stessi uomini in plancia di comando, le stesse idee, e gli stessi sostenitori”.
Per il dirigente dell’opposizione sentito dalla MISNA, nulla è cambiato negli equilibri interni alle opposizioni, “e la strada indicata dalla Coalizione non è quella che può portare a una soluzione politica del conflitto” né prepara a quella “necessaria pianificazione politica” se veramente si volesse ricorrere a un intervento armato che “porterebbe il paese alla completa rovina”.
Manna è per i negoziati, per coinvolgere l’intera comunità internazionale e andare oltre gli Stati e gli interessi di parte: “Con la Russia – aggiunge – si deve arrivare a un compromesso
storico che possa aprire la strada della pace. Se la comunità internazionale dovesse veramente sostenere la Coalizione, andrebbe in chiara contraddizione con l’operato dell’inviato in Siria di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi, che sta invece cercando soluzioni praticabili sul piano politico”.
Eppure ieri, proprio i ministri degli Esteri della Lega Araba riuniti al Cairo hanno dato il benvenuto alla nuova formazione e “invitato gli altri gruppi dell’opposizione a farvi parte”. Più deciso e scontato il sostegno del Consiglio di cooperazione del Golfo che ha invece legittimato il gruppo come rappresentante del popolo siriano.
“Non vedo soluzioni seguendo la strada indicata dalla Coalizione” conclude Manna. “I soldi del Qatar non bastano, senza il coinvolgimento della comunità internazionale nel suo insieme e senza negoziati non si arriverà ad alcun risultato”.

domenica 11 novembre 2012

"Questa cara gioia sopra la quale ogni virtù si fonda, onde ti venne?" (Par. 24)

Lettera da Aleppo 

Cari famigliari,

ciao!!! Sia lodato Gesù Cristo!!! È già molto tardi e non posso dormire, per questo mi sono messa a scrivere… Mi giravo e rigiravo nel letto pregando il Rosario però non c’è stato verso. Gli scoppi delle bombe sono ogni volta più vicini e continui. Non è che io abbia paura, per niente!! Solo che non posso smettere di pensare alla povera gente che sta soffrendo. I padri di famiglia, le povere madri disperate per proteggere i propri figli, i giovani soldati che sono lontani dalle loro famiglie, che non sanno se passerano vivi la notte! Che fare…non mi resta che raccomandarli alla Nostra Madre del Cielo affinchè interceda davanti a Dio ed abbia misericordia di tutti noi. E da un’altra parte non posso non continuare a ringraziare Dio per tutto ciò che ci dà ogni giorno, anche in mezzo a tanta confusione.
Come tutti saprete, è già da oltre un anno e mezzo che cominciarono gli scontri nel Paese e fino ad oggi non si sa quello che succederà. Tutto è cominciato con delle manifestazioni in diverse parti del paese; poi l’opposizione si è organizzata e hanno conquistato delle città importanti ed oggi ormai si parla di guerra civile. La situazione è sempre più caotica. Ora ci tagliano sempre di più la luce e l’acqua.
Non c’è combustibile, così piano piano si sta fermando il lavoro. Il gas è carissimo…Fino a pochi mesi fa costava 300 LS la bombola ed ora costa 3.500 LS la bombola. Affinchè possiate avere un’idea, lo stipendio di un impiegato è di circa 8.000 LS al mese, ora una bombola di gas costa quasi la metà dello stipendio ! Tutto è caro, il cibo, la carne, la frutta, è diventato difficile anche trovare il pane. La gente ha molta paura ed è triste, senza speranza. Ci sono molti cristiani che hanno lasciato il paese e i pochi che sono rimasti stanno pensando come fare per andarsene.
Noi continuiamo qui, con la nostra presenza e aiutando in ciò che possiamo. L’altro giorno mi domandavano se aveva un senso continuare questa missione, data la situazione, dopo di che  sono rimasta a riflettere e ho rivolto la stessa domanda a Dio. Lui non mi ha fatto aspettare molto per darmi la risposta. All’improvviso arrivò una signora piangendo, molto preoccupata, chiedendo solo di essere ascoltata e parlando un arabo un pò dialettale (come quello che noi parliamo) chiese un piccolo consiglio, una parola di consolazione, una stretta di mano.
 Dopo di questo, i giovani della Chiesa ci chiesero se potevano venire a stare nella nostra casa qualche giorno per poter fare qualcosa di diverso. Gli abbiamo detto di sì e abbiamo fatto 3 giorni di accampamento. Anche se non sembra, è moltissimo ciò che si può fare con la sola presenza, la gente le dà molto valore e per loro è un esempio. Gli stessi giovani poi ci hanno chiesto di fare qualche giorno di Esercizi Spirituali. Così, c’è anche questa iniziativa per poter fare un bene e affinchè possano conoscere la verità e scoprire in definitiva Cristo, l’unico che merita di essere servito, per il quale vale la pena perdere tutto!!!
Io sto bene, sto molto bene!! Ho tranquillità e pace nella mia anima. Sento la stessa felicità che sentivo il giorno che feci i miei voti perpetui, il giorno che decisi di dare la mia vita per sempre a Dio. E credo che è per questo che sto tanto bene, perchè è ora che Lui mi chiede che gli faccia vedere il mio vero amore.
L’unica cosa di cui ero preoccupata erano i miei genitori, soprattutto mia madre e la sua precaria salute. Ho pensato molte volte a lasciare la missione per non farli soffrire, affinchè io non sia la causa di un eventuale peggioramento della salute di mia madre e nonostante questo quando ho parlato con lei le ho raccontato la verità su ciò che stavamo passando e lei mi disse: “Figlia, stai tranquilla che io sto molto bene. Non voglio che tu lasci niente per causa mia e non dimenticare che la cosa più importante è la carità verso gli altri. Non dubitare mai di dare un piatto di cibo a colui che ha bisogno, a costo di levarti il mangiare dalla bocca. Abbiate cura di voi e siate prudenti. Dio vi protegge e Lui non lascerà che vi succeda niente.”
Realmente le parole di mia madre mi hanno invaso il cuore e mi hanno dato coraggio per andare avanti, per dare tutto (come lei stessa mi disse e mi insegnò sempre!!!). Mi sentii orgogliosa di essere sua figlia. Per questo non posso smettere di ringraziare Dio per i genitori che mi ha regalato. Il mondo potrebbe pensare: che razza di madre è quella che preferisce avere la sua figlia lontano, in un paese in guerra, sapendo che in qualsiasi momento le possa succedere qualcosa?
Questo è il vero amore di una madre, un amore senza interessi, che dà tutto senza sperare niente in cambio!!! Sono più che sicura che lei in questo momento morirebbe per avermi vicino a lei, però capisce la mia missione, sa che è Dio che mi ha mandato in questo posto e per cosa è, sa che non siamo stati creati per questo mondo, qui siamo solo di passaggio. Però la cosa più importante di tutto questo è che anche lei sa che c’è un premio che riceveremo tutte e due se siamo fedeli alla volontà di Dio… Per questo non ho nessun dubbio che questo che ci sta succedendo sfocerà in un bene molto grande. So che le sue preghiere, dolori e sofferenze fanno sì che io stia bene qui dove sto. So anche molto bene che le mie preghiere e sacrifici fanno si che lei sia forte e stia bene nonostante la sua malattia. Dio mai ci lascia!!! Non ha meno merito tutto ciò che fa mio padre: anche se in maniera silenziosa e senza esprimerlo soffre lo stesso e mi aiuta. Che Dio possa regalare il Cielo a tutti e due perchè se lo meritano!
E neppure posso tralasciare di ringraziare l’altra mia famiglia, la mia Famiglia Religiosa. È molto importante l’appoggio che mi danno i miei superiori e la preoccupazione che hanno per noi; così ringrazio anche i miei compagni di missione che mi sostengono con il loro esempio e la voglia di continuare qui, dentro tutto ciò che sta accadendo.

Bene, sto per congedarmi. Però prima voglio chiedervi due cose:
1. Non smettete di pregare per noi, per la nostra missione, per tutta la gente che sta soffrendo, per la pace non solo in Siria ma anche in tutto il mondo.
2. Siate sempre riconoscenti con Dio per tutto ciò che ci dà. Non perdete tempo nelle piccolezze e stupidaggini del mondo, in ciò che è materiale, in ciò che non nutre l’anima. Quando avete un qualsiasi problema o difficoltà, sappiate che c’è un’altra persona che la sta passando peggio di voi, che c’è qualcun altro che ha dolori più grandi, che ci sono persone che soffrono molto di più. Offrite ogni cosa, di giorno in giorno per coloro che hanno più bisogno. Abbiate cura della vostra anima, perchè tutto il resto passa….Come ha detto tanto magnificamente Sant’Agostino: “Ci hai creato per te Signore e il nostro cuore è inquieto fino a che non riposi in Te”.
Sappiate che vi amo molto e che mi mancate tutti tantissimo, però non vi preoccupate perchè sono unita a voi per mezzo della preghiera. “Nel frattempo famiglia mia, affinchè non ci separiamo, portatemi nel vostro cuore, che nel mio cuore io vi porto”.
Dio vi benedica e Maria vi protegga sempre…
Un forte abbraccio fino all’eternità!!!
Celina


"Voi non ci abbandonerete, non è vero?"
Vogliamo aiutare tutti, però in maniera speciale cominceremo con i cristiani più bisognosi, affinchè non si vedano obbligati a lasciare il Paese provocando così l’assenza della testimonianza cristiana in questa nobile nazione, per non abbandonare così la propria terra, le proprie radici, i propri defunti… Per questo il nostro aiuto vuole dirigersi alle famiglie cristiane del quartiere “El Midán”, che è una delle zone più colpite ed inoltre è il quartiere dove l’IVE (Istituto del Verbo Encarnado) lavora pastoralmente in una chiesa che si chiama “Cappella dell’Assunzione” già da tre anni.  Questa zona è una delle più povere di Aleppo, e come ho detto prima, una delle più colpite dagli scontri tra le fazioni in combattimento; la ragione di tutto questo è perchè questo quartiere si trova in una parte strategica che circonda il centro della capitale. Per questo motivo gli scontri sono permanenti. Particolarmente in pericolo è l’edificio dove si trova la Chiesa, perchè è vicino ad un palazzo dove si trova la polizia nazionale; per questa vicinanza, le suore e tutti gli abitanti della zona hanno dovuto evacuare il quartiere.
Perciò ora non hanno casa, non hanno lavoro, molti sono rimasti senza proprietà a causa dei saccheggi e a tutto questo si aggiunge che i centri di accoglienza per i rifugiati sono soprattutto per mussulmani. Anche se, in generale, la convivenza tra la gente è buona, ciò non toglie il pericolo dei fondamentalisti mussulmani che approfittando della situazione, si manifestano come una minaccia per le minoranze, ed è per questo che molti cristiani per timore di queste difficoltà non vanno nei centri di accoglienza profughi.
Nel “Midan” in questo momento possiamo concretizzare l’aiuto per 60 famiglie. Sono casi di estrema urgenza o di necessità incombente, sia perchè non hanno lavoro, nè alimenti o perchè hanno bambini piccoli o malati con infermità mentale o fisica; ci sono altri malati a cui non si può dare la dovuta assistenza a causa del fattore economico o semplicemente perchè gli ospedali non riescono a coprire tutte le necessità…..quindi noi dobbiamo fare qualcosa per aiutarli. Noi chiediamo l’aiuto di tutti coloro che avendo compassione per la situazione in Siria vogliono aiutarci ad aiutare…condividendo così tutti insieme l’unica missione d’amore di Cristo in favore dei più bisognosi, tutti i mezzi dell’opera di Dio in favore del suo popolo.
Per questo chiediamo: aiutaci ad aiutare!
“Caritas Dei urge nos!”.
Padre David Fernandéz, IVE (Missionario ad Aleppo-Siria).

per donazioni:
http://soscristianiinsiria.wordpress.com/

sabato 10 novembre 2012

Dalla parte dei profughi siriani

OSSERVATORE ROMANO 11 NOVEMBRE 2012
 Intervista al cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, di ritorno dalla missione in Libano.

 
«Sono profondamente colpito dalla grande dignità di queste persone, uomini e donne, profughi in un Paese straniero, rifugiati, costretti a lasciare le proprie case, il proprio villaggio, la loro amata madre Patria, la Siria, dopo un pericoloso viaggio di centinaia di chilometri». Risponde così in un’intervista al nostro giornale il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, parlando delle sue prime  impressioni al termine della delicata missione in Libano, che gli è stata affidata da Benedetto XVI.

 
 Eminenza, quali sono state le ragioni e le finalità di questo viaggio?

In primo luogo vi è la grande attenzione del Santo Padre, ribadita lo scorso 7 novembre, per le vittime del terribile conflitto siriano. Le sue preghiere, i suoi richiami, la sua esplicita richiesta, mi hanno condotto in Libano.
Benedetto XVI in persona ha visitato questo Paese in settembre e già allora non ha mancato di esprimere tutta la sua vicinanza alle popolazioni e la sua preoccupazione per gli sviluppi della crisi siriana che rischia di compromettere tutto il delicato equilibrio mediorientale. La Siria, il Libano e tutta questa regione stanno nel cuore del Santo Padre. In secondo luogo vi è stata l’iniziativa dei padri sinodali, che nel pieno delle riflessioni sull’oggi dell’evangelizzazione, hanno cercato di organizzare un viaggio di solidarietà direttamente in Siria, viaggio che per diverse cause non si è potuto realizzare.
La mia visita ha voluto esprimere questa solidarietà, questa vicinanza di Papa Benedetto e dei padri sinodali. Quale presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, con il segretario monsignor Giampietro Dal Toso, abbiamo ritenuto di darci anche l’obiettivo concreto di incontrare gli organismi caritativi cattolici impegnati nell’accoglienza e nell’aiuto operativo alle persone bisognose, agli sfollati in Siria e ai rifugiati nei Paesi limitrofi, per rilanciare e coordinare al meglio gli interventi. La prospettiva più probabile è, infatti, quella di un lavoro di lungo periodo, di un’emergenza che si protrarrà nel tempo e forse si estenderà ulteriormente, richiedendo un lavoro sempre più capillare e intenso sul territorio, da parte di tutti. Mi sembra comunque molto importante la volontà di tutte le organizzazioni di lavorare in comunione e di testimoniare insieme l’amore e la prossimità di Dio verso chi è sofferente.

Quali sono stati i momenti salienti della visita?
Ho avuto incontri con il patriarca maronita e il Sinodo dei vescovi maroniti in Libano e con il patriarca armeno-cattolico. Il presidente della Repubblica del Libano mi ha fatto l’onore di ricevermi; va da sé che il ricordo è andato alla recente visita apostolica di Sua Santità in Libano, che è stata di importanza eccezionale per tutta la regione. Mi ha commosso l’incontro con il patriarca greco-ortodosso di Damasco, Ignazio IV, che ha voluto vedermi, anche se in quei giorni era ricoverato in ospedale; egli ha insistito sulla comune, necessaria testimonianza di fraternità. La giornata di giovedì 8 è stata dedicata alla visita ai rifugiati e sono giunto fino ai confini con la Siria. Purtroppo ho visto sofferenze inaudite: una madre voleva affidarmi il figlio di 4 mesi, perché ha lasciato il marito in Siria e non sa quando lo vedrà; alcuni rifugiati cristiani mi hanno chiesto di pregare il Papa di aiutarli a tornare a casa. 

L’impegno della Chiesa per queste persone attraverso i suoi organismi è encomiabile, anche se le risorse sono limitate rispetto ai bisogni: garantire la sopravvivenza e i servizi di base, la scolarizzazione, un tetto. A tutte queste problematiche è stata dedicata la riunione di venerdì 9, con i rappresentanti di Chiese locali e di 26 organismi di carità, insieme ai nunzi apostolici in Libano e in Siria. La riunione è stata molto utile per la conoscenza degli interventi e lo studio per una maggiore incidenza degli aiuti stessi.

Concretamente cosa può fare la Chiesa in queste situazioni?

I vari incontri che ho svolto mi hanno confermato quanto siano importanti le preghiere, le parole e le azioni. Gli appelli alla pace e alla riconciliazione, rivolti dal Santo Padre alle parti in guerra, a tutti gli attori di questo violento conflitto, alla comunità internazionale perché si attivi quanto prima, La sua continua preghiera, la sua vicinanza spirituale, unita alle iniziative di concreta e operosa solidarietà che si stanno attuando da mesi, dal primo momento in cui il conflitto ha cominciato a mietere vittime innocenti: questi tre approcci sono tutti fondamentali. In qualche modo traducono in concreto la triplice missione della Chiesa. Mi ha molto colpito il fatto che durante la nostra riunione di coordinamento più voci abbiano sottolineato il ruolo determinante della Chiesa per favorire la riconciliazione. Ogni conflitto lascia dietro di sé ferite profonde; se queste non guariscono, la pace resta solo una
pace di facciata. Dobbiamo portare il nostro messaggio di perdono e di riconciliazione. È un servizio spirituale che forse solo la Chiesa, attraverso vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, può svolgere.

LE SUORINE DI ALEPPO

Come si può realizzare questa missione, in un contesto in cui la Chiesa è minoranza, soprattutto in Siria e in altri Paesi di questa complessa regione del
mondo?


Da Papa Benedetto alle organizzazioni caritative cattoliche impegnate sul terreno, insieme, siamo uniti in questo grande sforzo umanitario. Tutto quello che adesso possiamo fare per loro concretamente, dobbiamo farlo. Sia per il loro bene materiale, sia per il loro bene spirituale. Un aiuto aperto a tutti, senza distinzione e senza secondi fini. In tal senso attraverso la visita si è cercato di favorire la cooperazione e uno spirito di comunione tra i vari attori, Individuando anche le sfide e le difficoltà, in particolare il continuo aumentare dei problemi e dei bisogni. In molti contesti la Chiesa cattolica è una comunità debole e fragile, piccola e vulnerabile, un’esigua minoranza, ma capace di grandi gesti di carità. Adesso è il momento per vivere concretamente quella comunione e quella testimonianza, alla quale il Sinodo per il Medio Oriente ha chiamato. Vediamo questo momento difficile come una grande opportunità che il Signore ci dà per mostrare il vero volto di una Chiesa umile, debole, povera, ma che si sente realmente al servizio della redenzione del mondo e che si apre nella carità a tutti coloro che hanno bisogno. Una Chiesa che in questa regione del mondo, complessivamente è certamente una minoranza, ma che è solidale con tutti, secondo le indicazioni del Vangelo, con un prossimo che ha fame, sete, che è forestiero, che può avere ogni tipo di bisogno, anche se appartiene ad altre religioni, ma nondimeno resta il nostro prossimo. E qui vorrei ringraziare Caritas Libano, vescovi e comunità cristiane che fanno di tutto per accogliere in nome di Cristo tutti questi rifugiati.

Vi è anche un’attenzione interreligiosa?

Come ci insegna Papa Benedetto, nell’enciclica Deus caritas est, l’amore del prossimo si estende alle persone che neppure conosciamo e questo può realizzarsi solo a partire dal nostro intimo incontro con Dio. Allora imparo a guardare quest’altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. È certo che non si può confondere il doveroso dialogo interreligioso caratterizzato da dinamiche complesse e articolate, con l’azione caritativa, di per sé pratica, concreta; ma è altrettanto certo che un gesto di carità aperto a tutti, senza distinzione di sorta, tantomeno di religione, costituisca una sorta di dialogo silenzioso, un ossimoro, fatto di fatti, di azioni che rispondono a bisogni reali, soprattutto dei più poveri, un gesto di comunione. Tali azioni di fatto ben dispongono a un dialogo tra persone che, dentro l’azione di carità, si riconoscono come fratelli, si riconoscono da un gesto, da uno sguardo, da una carezza.
PADRE GEORGES, MARISTI DI ALEPPO
La carità, come dicevo, è via per la pace, e la pace è preparata dal dialogo e dalla comunione. Come Cor Unum riteniamo e speriamo che dentro una teologia della carità, dentro un Vangelo della carità, annunciato e vissuto, vi siano anche
questi buoni frutti.


L'Osservatore Romano, 11 novembre 2012.




http://ilsismografo.blogspot.it/2012/11/vaticano-intervista-al-cardinale-robert.html

venerdì 9 novembre 2012

FERMARE LA BARBARIE !

Distrutta con esplosivo la storica chiesa evangelica di Aleppo

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40281&lan=ita


La piaga dei sequestri, oltre 1.700, nel conflitto siriano: appello per un reporter americano

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40279&lan=ita


Gli sforzi della Chiesa per liberare i cristiani sequestrati e per assistere gli sfollati

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40266&lan=ita



Il villaggio cristiano di Ras el-Ain invaso da 1500 mercenari armati.


Venerdì, 9 novembre 2012 - Apprendiamo ora, da persone attualmente in fuga, che il villaggio cristiano di Ras Al-Ain (22.000 ha.), situato alla frontiera turca, è stato occupato questa  mattina da 1500 mercenari armati di obbedienza wahabbita.

Alcune famiglie cristiane sono riuscite a fuggire verso Hassakeh, ma altre sono state prelevate. La Chiesa Siriaco-ortodossa del villaggio è stata saccheggiata e distrutta.

Inoltre ci giunge notizia che nel villaggio cristiano di Ghassanieh, a una  decina di chilometri da Jisr-el-Chougour, le case sono state evacuate a forza e sono ormai occupate dalle bande degli integralisti
http://www.leveilleurdeninive.com/p/special-syrie.html#raselainenvahi
 
 
 Des détails sur le détournement de la liaison par bus Beyrouth-Alep

La bande armée qui a procédé à l'enlèvement visait manifestement les chrétiens ; des éléments de cette bande ont déclaré à notre frère chrétien de rite grec catholique, que "le tour des chrétiens est arrivé ; on va assassiné les prêtres, les moines, violer les religieuses et détruire les églises".
Nous rapportons ces paroles qui ont été clairement exprimées; il ne s'agit pas d'une manipulation ou d'une volonté de semer haine et discorde.
http://www.leveilleurdeninive.com/


Il card. Sarah "un padre" per i profughi siriani musulmani e cristiani

Asia News 09/11/2012

Il presidente del Pontificio consiglio Cor Unum ha visitato ieri i campi profughi della valle della Bekaa. P. Simon Faddoul presidente di Caritas Libano racconta ad AsiaNews la commozione dei rifugiati, in maggioranza musulmani. Una madre con un figlio di quattro mesi ha chiesto al cardinale di adottare il bambino per salvarlo da questa situazione terribile. Nelle tendopoli mancano acqua, elettricità cibo. L'appello agli occidentali :  "Aprite i vostri occhi, le vostre orecchie e il vostro cuore alla sofferenza dei vostri fratelli siriani".

http://www.asianews.it/notizie-it/Il-card.-Sarah-un-padre-per-i-profughi-siriani-musulmani-e-cristiani-26309.html






Aleppo: il dramma della popolazione, vittima del conflitto fra esercito e ribelli

Asia News 09/11/2012
 
AsiaNews presenta una testimonianza sulla situazione nella città siriana.
Scossa dal 20 luglio scorso da combattimenti violenti e intensi fra le forze del regime siriano e le fazioni del Free Syrian Army (Fsa), Aleppo è in una condizione di estrema criticità. Questa guerra ha causato in pochi mesi la morte di molti civili e procurato danni ingenti, minando in modo particolare il notevole patrimonio storico e artistico classificato dall'Unesco.

A oggi la città è divisa in due: da una parte, i quartieri passati sotto il controllo dei ribelli (tra il 55 e il 60% concentrato nelle zone a est, a sud e a nord) e dall'altra, quelli rimasti fedeli al regime di Assad (tra il 45 e il 50%, raggruppati nelle aree a ovest di Aleppo e nel centro). Accedere al cuore della città diventa sempre più difficile: molte strade sono interrotte; i militari siriani e le truppe ribelli hanno creato delle barriere artificiali lungo i percorsi; controlli sempre più serrati regolano il transito, in ingresso e in uscita, fra i due settori "nemici".

L'aeroporto di Aleppo è ancora nelle mani delle forze governative, ma non si può raggiungere la città senza dover fare un lungo giro per evitare le zone teatro di combattimenti. Il rischio è maggiore o minore a seconda che si transiti di giorno o durante la notte, e varia pure in base all'intensità dei combattimenti al momento del passaggio. La zona sotto il controllo dell'Fsa è accessibile attraverso la Turchia e le aree "liberate" nel nord della Siria. Le zone controllate dal regime sono invece accessibili da ovest, attraverso la via di Damasco.

In prima linea, dove infuriano i combattimenti, le condutture idriche e le infrastrutture che forniscono energia elettrica sono andate completamente distrutte. La maggior parte degli edifici è deserta, i danni materiali sembrano assai significativi, anche se non è possibile valutare l'estensione dell'area, essendo ancora molto pericolosa e di conseguenza impraticabile.

Senza riflettere alcuna affiliazione politica pro o contro il regime siriano, la popolazione civile che abitava quelle zone è fuggita spontaneamente nelle zone controllate dall'esercito ribelle o nel settore controllato dai soldati fedeli a Damasco, entrambi considerati "relativamente" più sicuri. Il passaggio da un settore all'altro è molto pericoloso. Qualunque civile cerchi di varcare la linea di confine è subito oggetto di pesanti sospetti: per i ribelli, egli viene considerato subito un funzionario pubblico o un militare in abiti borghesi; dal regime, esso viene bollato come un membro o un sostenitore dell'opposizione.

giovedì 8 novembre 2012

Cosa farà Obama?

Siria - Obama : Gli interrogativi e le  aspettative del mondo cattolico


SIR  8/11:

Conflitto israelo-palestinese, Siria, Iran, primavera araba, tanto per citarne alcuni, in che modo vedranno Obama impegnato in questo secondo mandato presidenziale? Daniele Rocchi, per il Sir, lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Cipmo (Centro italiano per la pace in Medio Oriente).
...Medio Oriente è anche Iran, la sua politica nucleare, la Siria in fiamme, la primavera araba…  “Riguardo all’Iran penso che Obama riconfermerà il tentativo negoziale. C’è stato, di recente, il segnale iraniano di sospendere le sue attività per l’arricchimento dell’uranio al 20%. Occorrerà vedere se la sua situazione interna consentirà all’Iran di aprire un po’ di più il tavolo negoziale e consentire una ripartenza del dialogo. Ricordo anche che il presidente Usa ha impedito a Israele, almeno fino a questo momento, di fare blitz unilaterali e credo continuerà su questa linea. Va sottolineato, poi, che l’insediamento di Obama coincide con la data delle elezioni in Israele, 22 gennaio 2013, in cui Netanyahu si presenta insieme al leader di destra Avigdor Lieberman, e questo non è molto rassicurante”.

Sulla Siria quale potrebbe essere l’impegno Usa?
“Credo che Obama non abbia nessuna intenzione d’impelagarsi direttamente nella crisi del Paese, al di là di un sostegno generico d’informazioni e di un po’ di armi ai ribelli. In Siria non c’è la lotta d’insurrezione di un popolo contro il tiranno ma una guerra civile tra componenti diverse della società. In una situazione simile si esce non con la vittoria di una parte sull’altra ma con una soluzione concordata di fuoriuscita”.

Altro file aperto sul tavolo di Obama è quello della primavera araba, ovvero della transizione in atto nel mondo arabo. Anche qui non mancano motivi di preoccupazione…
“È un dossier prioritario. La transizione, infatti, vede il consolidamento del controllo della componente sunnita dei Fratelli musulmani in tutta l’area, a partire dall’Egitto, passando per Marocco, Libia, Tunisia e Turchia. Obama ha appoggiato la fuoriuscita dei regimi autoritari ma il punto di approdo adesso è incerto e ciò rende difficile l’instaurazione di un rapporto con questa nuova e complessa realtà. Un’alleanza col fronte sunnita potrebbe essere il jolly per fronteggiare l’espansionismo sciita, ma a pesare ancora una volta è la mancata soluzione della questione palestinese che rientra in ambito sunnita così come Hamas, che sta registrando una crescente legittimazione, e i rapporti con l’Egitto che con Hamas ha un rapporto chiaro”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=249663&rifi=guest&rifp=guest



MISNA 8/11

PRESIDENTE ASSAD, “VIVRÒ E MORIRÒ IN SIRIA”

“Sono siriano, vivrò e morirò in questo paese”: pesano come pietre le parole pronunciate dal presidente siriano Bashar al Assad, sui tentativi dell’inviato Lakhdar Brahimi di intavolare un negoziato che preveda l’avvio di una transizione politica, mentre l’opposizione pone come condizione al dialogo la deposizione del presidente.
“Non sono una marionetta. Non sono stato fabbricato in Occidente per finire in Occidente o in un altro paese che non sia il mio” ha dichiarato il presidente all’emittente russa in lingua araba Roussiya al youm dopo che ieri il primo ministro inglese David Cameron aveva aperto alla possibilità di garantire un salvacondotto ad Assad e alla sua famiglia se questo potesse mettere fine alle violenze.
“Di certo non gli offro la possibilità di venire in Gran Bretagna – aveva detto Cameron – ma se vuole, potrebbe lasciare il paese, la cosa si potrebbe organizzare”.
Presentando la Siria come l’ultimo “bastione della laicità, della stabilità e della coesistenza” nella regione, Assad ha aggiunto che il costo di un’invasione straniera nel paese “sarebbe così alto che nessuno al mondo potrebbe sostenerlo”.
Una visione condivisa dal quotidiano al Baath, voce del partito al potere a Damasco, che esprime la previsione che l’amministrazione americana possa considerare una soluzione politica alla crisi dopo la rielezione del presidente Barack Obama.
“Per quanto riguarda la Siria, si prevede che l’amministrazione degli Stati Uniti sotto il secondo mandato di Obama potrebbe prendere in considerazione una soluzione politica in generale e in particolare la Convenzione di Ginevra” sottolinea il quotidiano in un editoriale dal titolo “Che succede dopo la vittoria di Obama”.
L’autore dell’articolo motiva la sua ipotesi con una serie di fattori, e principalmente “il rifiuto di Obama di spingere il suo paese in una nuova guerra dopo quello che ha lasciato intendere nel suo discorso della vittoria quando ha detto che ‘ci stiamo lasciando alle spalle un decennio di guerra”.
“Dopo aver tirato un sospiro di sollievo quando le sue truppe hanno lasciato l’Iraq – sostiene il quotidiano – Obama non può pensare a una nuova avventura militare che minaccia di infiammare l’intera regione”.
 
 
 
 
AsiaNews

Brahimi: la Siria sta diventando una nuova Somalia


"La Siria potrebbe divenire una nuova Somalia". È quanto afferma Lakhar Brahimi, inviato speciale di Onu e Lega Araba in Siria in un'intervista rilasciata al quotidiano al-Hayat. Secondo il diplomatico, il conflitto si sta trasformando in una guerra di usura dove milizie paramilitari e signori della guerra potrebbero avere la meglio in caso di un collasso del regime. Le dichiarazioni di Brahimi giungono a pochi giorni dal fallimento del cessate il fuoco proposto da Onu e comunità internazionale in occasione della festa islamica dell'Eid al-Adha. L'inviato speciale sottolinea che "si teme la divisione del Paese vari Stati basati sull'etnie e l'appartenenza religiosa, ma io non voglio che ciò accada".

La "somalizzazione" della Siria potrebbe destabilizzare tutta la regione e costringere a un intervento internazionale per prevenire un conflitto su larga scala. Oggi, James Cameron, Premier britannico in visita negli Emirati Arabi per sottoscrivere contratti militari, ha dichiarato di voler concedere ad Assad un salvacondotto e un processo equo davanti a una corte internazionale se si dimetterà e porrà fine alle violenze contro i civili.

In questi giorni, i bombardamenti dell'esercito regolare e gli attentati dinamitardi dei guerriglieri ribelli hanno colpito le principali città del Paese, facendo più di duecento morti fra i civili. Ieri, nella capitale un'autobomba è esplosa nel quartiere di Mezzah Jana, uccidendo 11 persone fra cui molte donne e bambini, Gli scontri fra ribelli e regime si sono spinti fino alle alture del Golan, pattugliate senza sosta dall'esercito dello Stato di Israele. Ieri sera una jeep dei militari israeliani è stata colpita da proiettili vaganti, facendo salire ancora di più la tensione fra i Paesi confinanti

Intanto, si accende il dibattito futuro del Paese, in guerra dal marzo 2011. Domani si concluderà l'Asseblea Generale del Consiglio nazionale Siriano, (Cns), principale piattaforma degli oppositori in esilio. Ieri sera, alla vigilia dell'incontro Abdel Basset Sayda, capo dell'Snc ha dichiarato "che partecipa con gioia all'incontro. Ma vorremmo sottolineare fin dall'inizio la necessità di mantenere il SNC, come la pietra angolare dell' opposizione siriana", La riunione è iniziata ieri a Doha (Qatar) e terminerà domani. Il gruppo dei ribelli, rappresentando in gran parte dall'Snc, rifiuta qualsiasi soluzione che vede Assad ancora seduto in posto di potere. A tutt'oggi gli unici che ancora difendono Assad sono: Russia, Cina e Iran. In visita in Giordania, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha ribadito oggi la pericolosità di uno Stato nelle mani di ribelli armati, che continuano ad essere finanziati da Qatar e Arabia Saudita. Secondo il diplomatico i ribelli del Free Siryan Army avrebbero ottenuto dall'estero ben 50 missili Stinger da lanciare contro i jet dell'esercito e colmare in tal modo lo svantaggio strategico di non disporre di aerei ed elicotteri, forniti invece dalla stessa Russia, che ha legami con il Paese dai tempi dell'Unione Sovietica.
 
 
 
 
IL SUSSIDIARIO 8/11
 

Farouq: il doppio gioco di Obama ha distrutto la credibilità  dell’Occidente

 Intervista di Pietro Vernizzi
....
Professor Farouq, sbaglio o la vittoria di Obama non l’ha affatto entusiasmata?
In realtà sia Obama sia Romney purtroppo seguono la stessa politica di compromesso nei confronti del Medio Oriente. Il principale problema della politica estera degli Stati Uniti è il fatto di essere pragmatica e non morale.
La Casa Bianca in Egitto si è limitata a salire sul carro del vincitore, senza badare di chi si trattasse. Il bene del popolo egiziano per Washington è un aspetto secondario, come pure la libertà e la democrazia. Ciò che conta sono solo i benefici e gli interessi degli Stati Uniti. La moralità è quanto di più abusato vi sia in politica estera, e Obama non farà certo la differenza, come non l’avrebbe fatta Romney del resto.

Al pragmatismo di Obama avrebbe preferito la moralità di Bush, che ha scatenato una guerra contro Saddam Hussein?
 Non sono affatto d’accordo con chi afferma che l’intervento americano in Iraq
sia stato dettato da motivazioni ideali. Nessuna guerra è morale, come all’epoca
ricordò giustamente il Santo Padre Giovanni Paolo II.

In pochi nel mondo arabo si ricordano di quella presa di posizione di Wojtyla …
l problema dell’Occidente è la manifesta immoralità della sua politica estera
in Medio Oriente. E’ questo a fare sì che la testimonianza delle civiltà occidentali e del cristianesimo non sia accettata dalle popolazioni musulmane. I peggiori pregiudizi contro i cristiani nascono dal fatto di vedere il dualismo e la duplicità della politica estera dei Paesi occidentali.

Può spiegare meglio in che cosa consiste questo dualismo americano?
 Innanzitutto, non sono gli Stati Uniti a essere immorali, bensì la politica estera verso il Medio Oriente di quanti si sono succeduti alla Casa Bianca negli ultimi 20 anni. In questo lungo periodo sono salite al potere diverse amministrazioni, democratiche e repubblicane, senza che cambiasse alcunché nella loro politica estera verso i Paesi arabi.

Eppure non capisco: è giusto o sbagliato che gli Usa abbiano preso posizione
contro dittatori come Saddam Hussein o Assad?

Il problema sono i due pesi e le due misure di Washington. Saddam ovviamente era un dittatore, ma il Re dell’Arabia Saudita Abdullah non è da meno. Mentre parliamo è in corso una rivoluzione in Kuwait, il 15/20% della popolazione è scesa in strada a protestare ma nessuno ha nemmeno dato la notizia. Arabia Saudita, Kuwait e Qatar sono la fonte di tutti i mali nel mondo islamico. Sono loro per esempio a finanziare gli imam più fondamentalisti in tutti i Paesi, inclusa l’Italia. Eppure in Occidente nessuno condanna il comportamento di questi tre governi che sono in prima linea nella lotta contro i diritti umani.

Difficile operare una distinzione tra l’Islam e l’Arabia Saudita, il Paese
musulmano per antonomasia …

Europa e Stati Uniti continuano a ripetere: “Non possiamo interferire in questi Paesi, perché l’Islam è ovunque così”. Invece non è vero, esistono tanti musulmani moderati ma in Occidente nessuno fa nulla per aiutarli perché questo andrebbe contro gli interessi americani in Medio Oriente.

Quale dovrebbe essere invece il ruolo dell’Occidente in Medio Oriente?
 Vorrei che fosse chiaro che sono contrario a qualsiasi intervento americano in
Egitto, sia che esso avvenga per buone o per cattive ragioni. E ritengo che sia
la stessa posizione della maggior parte degli egiziani. Ciò che abbiamo bisogno
dall’Occidente è che testimoni i suoi valori e il suo grado di civilizzazione
nelle sue relazioni con il Medio Oriente, e che smetta di reagire agli eventi
secondo i loro interessi in continuo cambiamento. Il vero e più importante
interesse per le persone occidentali dovrebbe essere quello di fare sì che
questi valori siano vissuti, perché è l’unico modo affinché le nostre differenze
arricchiscano la nostra umanità senza bisogno di inutili compromessi.

E quindi?
 Il punto è la differenza tra “reazione” e “risposta”. La reazione significa che
sei prigioniero di qualsiasi evento indipendente dalla tua morale, cultura e
civilizzazione. Mentre la risposta significa che sei in grado di formulare un
giudizio, in modo che gli eventi diventino parte della tua pratica per i tuoi
valori e la tua cultura. E’ un esempio che abbiamo bisogno di vedere, e quindi
ciò che speriamo realmente di vedere è che la politica americana passi dalla
“reazione” alla “risposta”.
 http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/11/8/EGITTO-Farouq-il-doppio-gioco-di-Obama-ha-distrutto-la-credibilita-dell-Occidente/335795/
 

 
 
La Perfetta Letizia
 

Davanti al dramma della Siria è ora di fare i conti con i volti delle vittime 

La popolazione civile sta pagando il prezzo più alto e la diplomazia langue
 
di Patrizio Ricci
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Il giornale britannico Guardian riferisce che nei loro recenti dibattiti Romney e Obama, d’accordo su pochissime cose, concordano invece che “le sanzioni devono essere aumentate, e deve aumentare il sostegno per l'opposizione armata , mentre le armi devono andare solo ai in moderati”. Non vi è alcuna menzione di un cessate il fuoco, né delle iniziative dell'ONU, né della mediazione di Brahimi, né di una soluzione politica. Questa posizione rispecchia purtroppo quella della comunità internazionale, almeno di quella che conta. La linea decisa da Europa, Stati Uniti e paesi del Golfo dopo i ripetuti veti russo e cinese ad un intervento militare diretto ‘stile Libia’ non ha privilegiato la diplomazia. Anziché sostenere l’opposizione moderata che ha rifiutato la lotta armata, sono stati espulsi gli ambasciatori siriani e sono falliti sul nascere tutti i tentativi riconciliazione e di mediazione. Sono state invece adottate iniziative parallele che hanno discreditato l’ONU e che hanno galvanizzato la guerriglia, sicura di un intervento NATO imminente. Quest’atteggiamento si è tradotto sin dall’inizio in azioni concrete di supporto politico, finanziario e militare. Tenendo conto invece della fallimentare esperienza irachena, si sarebbe dovuta considerare la pericolosità di incoraggiare e mettere in atto processi di cui è difficile prevede gli esiti, ma così non è stato.
Le conseguenze sono terribili: i campi profughi in Libano, Giordania, Iraq e Turchia s’infoltiscono di giorno in giorno di gente che fugge, mentre il numero delle vittime cresce. I generi di prima necessità, già scarsi per il conflitto, con l’embargo sono diventati introvabili e quelli ancora reperibili hanno prezzi vertiginosi che li rendono inaccessibili per la maggior parte della popolazione.
Dire queste cose oggi è impopolare e criticare non le motivazioni della protesta ma la sua attuazione pratica è quasi proibito. Chi suggerire la ragionevolezza e la riconciliazione secondo gli accordi di Ginevra rischia di essere tacciato come pro-Assad. Ognuno insomma considera la parte rivale una malattia da distruggere, ma non si accorge che, accanendosi sulla malattia, il corpo, quello che dovrebbe essere l’oggetto delle cure, è moribondo. Finora ha prevalso l’insensatezza, ma l’unica vera via d’uscita resta una soluzione politica che preveda una transizione democratica, magari succedanea ad una riforma delle istituzioni statali; deve essere quindi avviato un processo politico in cui tutte le componenti sociali siano rappresentate. Se così non fosse le conseguenze materiali si farebbero sentire a lungo, la concordia tra le componenti della variegata società siriana sarebbe sempre più una chimera e la libertà e la democrazia occasioni perdute.
 
 

 

mercoledì 7 novembre 2012

Il Papa lancia un nuovo appello “a fare tutto il possibile per la Siria”

“Mentre elevo la mia preghiera a Dio, rinnovo l’invito alle parti in conflitto e a quanti hanno a cuore il bene della Siria a non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Dobbiamo fare tutto il possibile perché un giorno potrebbe essere troppo tardi!".

"Continuo a seguire con particolare apprensione la tragica situazione di violenza in Siria, dove non cessa il rumore delle armi e aumenta ogni giorno il numero delle vittime e l’immane sofferenza della popolazione, in particolare di quanti hanno dovuto lasciare le loro case. Per manifestare la mia solidarietà e quella di tutta la Chiesa alla popolazione in Siria e la vicinanza spirituale alle comunità cristiane del Paese, era mio desiderio inviare una Delegazione di Padri Sinodali a Damasco. Purtroppo, diverse circostanze e sviluppi non hanno reso possibile l’iniziativa nelle modalità auspicate, e perciò ho deciso di affidare una missione speciale all’Em.mo Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Da oggi fino al 10 novembre corrente egli si trova in Libano, dove incontrerà Pastori e Fedeli delle Chiese che sono presenti in Siria; visiterà alcuni rifugiati provenienti da tale Paese e presiederà una riunione di coordinamento delle istituzioni caritative cattoliche, alle quali la Santa Sede ha chiesto un particolare impegno in favore della popolazione siriana, sia dentro che fuori del Paese."

Le parole del Santo Padre  in diretta da Radio Vaticana: http://media01.radiovaticana.va/audiomp3/00342400.MP3



Padre Lombardi: donazione del Papa e del Sinodo in favore della popolazione siriana

Il Papa invia in Siria un milione di dollari

...Manifestare la sentita partecipazione della Santa Sede e di tutta la Chiesa al processo di pacificazione, esprimere la vicinanza della Chiesa universale alle popolazioni duramente provate e rafforzare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella regione”: queste, ha ricordato padre Lombardi, le finalità principali della “missione speciale” del card. Sarah in Libano.
“Dall’inizio della crisi siriana - ha ricordato il direttore della sala stampa vaticana - la Santa Sede è intervenuta più volte per una soluzione pacifica del conflitto”, e il Papa “ha chiesto ripetutamente che si interrompesse la spirale della violenza e si promuovesse la strada del dialogo e della riconciliazione”.

 Nota del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:
http://it.radiovaticana.va/news/2012/11/07/padre_lombardi:_donazione_del_papa_e_del_sinodo_in_favore_della_popola/it1-636564

Non ci lascia soli


Quali sono state le reazioni all’appello del Papa delle Chiese locali di Siria? Daniele Rocchi, per il SIR, lo ha chiesto ad alcuni parroci di Damasco, Aleppo e Lattakia.
Aleppo. “Un appello che abbiamo accolto con gioia. Aspettavamo con ansia la delegazione dei padri sinodali qui in Siria, ma ora questo appello, con la notizia dell’arrivo a Beirut del card. Robert Sarah, di Cor Unum, ci riempie di speranza” spiega da Aleppo, città tra le più colpite dal conflitto interno, padre Giorgio Abuhkazan, della parrocchia di san Francesco. “Ringraziamo di cuore il profondo interesse con cui il Santo Padre segue le tristi vicende del nostro Paese che mai come ora ha bisogno di parole di pace e di riconciliazione. Speriamo che siano ascoltate da chi può veramente mettere la parola fine alla violenza. Quella di Benedetto XVI - prosegue il parroco - è l’unica voce che parla di pace per la Siria. Le grandi potenze, che tutto hanno in mano, ascoltino questo invito e si diano da fare per promuovere il dialogo e la soluzione pacifica”. L’appello, fa notare padre Abuhkazan, “giunge nel giorno della rielezione di Barack Obama a presidente degli Usa. Che possa essere proprio lui il primo ad ascoltare Benedetto XVI. Ma ricordo anche che in questi giorni le opposizioni siriane sono in Qatar per loro consultazioni. Spero trovino un accordo per aprire un canale di dialogo con il governo di Assad”. Dal parroco arriva il punto sulla situazione in città: “Drammatica… Quasi tutti hanno perso il lavoro e le condizioni di vita si sono fatte molto dure. Siamo spettatori inermi della sistematica distruzione della città da parte di bande armate, integraliste, composte in buona parte da stranieri. Moltissime fabbriche, vanto di Aleppo, sono state distrutte o rese inutilizzabili. Le strade non sono sicure, si registrano rapimenti, violenze, la popolazione esce lo stretto indispensabile. Cerchiamo di dare aiuto materiale per quello che possiamo a feriti, sfollati, famiglie, ma non è facile. Spero che questo appello risvegli le coscienze di tanti anche per quello che riguarda solidarietà”.

Damasco. Soddisfazione anche a Damasco, la capitale, dove dalla parrocchia di sant’Antonio da Padova, si leva la voce di padre Giuseppe Costantin, siriano con origini della città di Antiochia. “Siamo felici per le parole del Papa. Lo ringraziamo per la sua vicinanza spirituale e il suo sostegno materiale. Non ci ha mai lasciati soli. Abbiamo apprezzato molto la sua visita in Libano e siamo adesso speranzosi che l’arrivo a Beirut della missione Cor Unum possa portare un miglioramento delle condizioni di vita di sfollati, rifugiati, famiglie e persone colpite dal conflitto”. Rispetto ad Aleppo la situazione a Damasco, appare migliore: “In città la vita sembra andare avanti normalmente, ma si sentono spari nelle zone più periferiche ed esterne dove grandi sono le difficoltà. Sappiamo che nel quartiere di Damasco di Bab-Touma, dove il 22 ottobre è stata perpetrata una strage (13 morti, ndr), la parrocchia locale cerca di dare sostegno alla popolazione colpita”. E da Bab-Touma giungono le parole di padre Raimondo Gerges, che invita alla preghiera “affinché ci sia qualcuno che possa ascoltare il Santo Padre. Il suo appello ci dona speranza per il futuro. Preghiamo perché non possiamo fare altro”.

Lattakia. “Un appello importante che mi auguro trovi i cuori dei potenti, e delle parti in lotta, pronti ad ascoltarlo”, dichiara dalla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Lattakia, padre Maroun Younan. “Qui in città e in tutta la zona costiera viviamo lontano dai fatti drammatici e violenti che colpiscono invece le zone interne del Paese e città come Homs, Aleppo, Damasco”. L’assenza di conflitto ha richiamato in questa zona migliaia di sfollati e rifugiati ai quali, spiega il parroco, “cerchiamo di dare assistenza, ma è difficile anche per la scarsità degli aiuti. Diamo quello che abbiamo. L’incontro a Beirut con il card. Sarah spero serva a migliorare l’organizzazione e a raggiungere più persone bisognose. Ascoltiamo le loro lamentele, parlano di promesse di aiuti non mantenute da parte della comunità internazionale”. Fiaccati nel fisico, ma non nel morale, sfollati e rifugiati, dice padre Younan, “accolgono appelli come quelli di Benedetto XVI con speranza. In loro c’è sempre la convinzione che ricostruire la Siria è possibile anche se sul futuro gravano incognite non di poco conto specialmente per quel che riguarda lo Stato. Le bande armate fondamentaliste che imperversano nel Paese minano, infatti, il futuro politico siriano e incutono timore”.