09/10/2015
Vescovo siriano:
L’ambigua politica Usa favorisce lo Stato islamico. Questa guerra di Daesh nasconde solo interessi economici ed è finalizzata a dividere il Paese, contro la volontà di un popolo.
Timori per i cristiani rapiti.
I raid aerei americani in Siria sono operazioni di facciata, che in realtà non colpiscono le milizie dello Stato islamico (SI) le quali sono libere di agire sul terreno; solo gli attacchi dei russi degli ultimi giorni si sono rivelati efficaci, costringendo i jihadisti a ripiegare verso il deserto irakeno.
È quanto racconta ad AsiaNews mons. Jacques Behnan Hindo, alla guida dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, che riferisce le testimonianze raccolte dalla gente che vive nelle aree teatro del conflitto. “L’intervento di Mosca si è rivelato positivo - spiega il prelato - perché stanno colpendo davvero Daesh e i miliziani cominciano a fuggire. In una zona sono scappati a bordo di 20 auto in tutta fretta in direzione dell’Iraq, lasciando altre 20 auto sul posto. Segno di una vera e propria ritirata”.
Il vescovo di Hassakè-Nisibi vive egli stesso sotto la minaccia dello SI: “Sono a meno di tre chilometri dalla città - racconta - un mese fa una loro offensiva è stata respinta e hanno ripiegato nei dintorni della città. Nelle ultime due settimane, grazie anche agli attacchi dei russi, hanno cominciato a ritirarsi”.
Di contro, mons. Hindo riserva invece parole durissime verso gli Stati Uniti, i quali starebbero bombardando non le postazioni delle milizie jihadiste ma reparti e mezzi dell’esercito governativo siriano. “Non è questione di essere pro o contro il governo - racconta - ma la gente non ha mai creduto agli attacchi americani. Solo i curdi hanno davvero combattuto sul terreno, ma per difendere le proprie posizioni” e non è plausibile che possano, essi soli, risolvere l’emergenza. Inoltre Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna parlano solo di “attaccare Daesh, ma non parlano di al Nusra e di altre milizie fondamentaliste legate ad al Qaeda. Anzi, vi sono gruppi estremisti che hanno cambiato nome per rifarsi una verginità, e questi non vengono nemmeno menzionati. Anche questo è un grosso problema”.
Il presule denuncia una “ambiguità di fondo” nell’atteggiamento di Washington; come emerge anche dal comportamento tenuto dagli americani durante il sequestro di centinaia di cristiani originari dei villaggi della valle del fiume Khabur. “La notte del 23 febbraio, quando Daesh ha attaccato, gli aerei americani hanno sorvolato a lungo la zona senza intervenire. Poi per tre giorni non si è più visto alcun caccia, lasciando campo libero ai miliziani. Questo ci fa pensare che in qualche modo sono stati aiutati dagli americani, che tengono un atteggiamento ambiguo”.
In queste ore i media dello Stato islamico hanno diffuso un video (clicca qui per vedere alcuni estratti diffusi dalla tv libanese Otv e rilanciati da Aina) che mostra l’esecuzione di tre degli oltre 200 cristiani assiri ancora nelle mani dei miliziani jihadisti.
“Ne hanno giustiziati tre - racconta mons. Hindo - e ne stanno preparando altri tre per una prossima esecuzione. In un primo momento hanno chiesto una somma enorme per la liberazione, quasi 120mila dollari per ciascuna delle 203 persone. Hanno respinto la proposta di un milione per il rilascio di tutti, ora è stata fatta una nuova proposta e stiamo aspettando una risposta”.
Il prelato spiega che è difficile trattare con i rapitori, i contatti “sono brevissimi” e “non lasciano molti margini di manovra”. “Rispondo sì o no - racconta - e poi agiscono di conseguenza. Ora è rientrato nella zona anche il vescovo assiro, che si trovava a Erbil [per l’elezione del nuovo patriarca], per proseguire nelle trattative e seguire la vicenda in prima persona”. Nei giorni scorsi hanno liberato un anziano di 89 anni per comunicare la notizia dell’avvenuta esecuzione, poi la diffusione del video che sarebbe stato girato attorno al 23 settembre, festa islamica del sacrificio. “Analizzando il video - spiega mons. Hindo - si vede che il sole era ancora forte, mentre negli ultimi 10 giorni è calato di intensità. Questo fa ritenere plausibile la data del 23 come momento dell’esecuzione anche se non ci sono riferimenti alle celebrazioni”.
Alla vicenda dei cristiani si associa anche il dramma vissuto dalla popolazione di Deir el-Zor, città di 250mila abitanti a est della Siria, da tempo assediata dalle milizie dello Stato islamico. “La gente muore di fame - denuncia il vescovo - mancano cibo e medicinali. Pensate che oggi un sacco di 50 kg di zucchero ha raggiunto il valore di una vettura o di una casa. La gente vende la macchina per comprarselo. Lo SI ha imposto un vero e proprio blocco, uomini, donne, anziani e bambini ridotti alla fame”. Per questo egli rilancia l’appello agli Stati Uniti, all’Arabia Saudita, al Qatar perché facciano “davvero qualcosa” per fronteggiare l’emergenza e salvare una popolazione civile allo stremo delle forze.
In realtà, accusa mons. Hindo, i governi occidentali “stanno lavorando per la sicurezza di Israele e per dividere la Siria e l’Iraq, per mettere così le mani sulle ricchezze di questi Paesi. E non si tratta solo di petrolio, perché al largo delle nostre coste è stato da poco scoperto un importante giacimento di gas naturale. E ancora, sono in ballo - aggiunge - gli oleodotti che dall’Arabia Saudita e dal Qatar dovrebbero arrivare in Occidente. Damasco non ha accettato il passaggio sul proprio territorio, e questa è la conseguenza”.
È una questione “molto complessa” , conclude mons. Hindo, dietro la quale “vi è l’economia; in Occidente si parla di religione, di sunniti e sciiti, di cristiani e musulmani ma questa guerra di Daesh e degli altri gruppi nasconde solo interessi economici ed è finalizzata a dividere il Paese”, contro la volontà di un popolo che in maggioranza “è unito e che vuole restare unito”.
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