Lo
schema con cui i media mainstream seguono alcune vicende
internazionali si ripete con inesorabile monotonia. Inizialmente i
mezzi di “informazione” sostengono -con grande dispiego di mezzi-
la versione politically
correct voluta
dai cosiddetti poteri forti, successivamente, se le cose non vanno
nel senso sperato da questi ultimi, fanno calare un silenzio tombale
sull'argomento. E' quanto si è verificato anche per la tragedia
siriana: a partire da marzo 2011 la realtà presentata dai media è
stata quella di un popolo che lottava (inizialmente con mezzi
pacifici e poi, per pura necessità, con le armi) contro un tiranno
sanguinario, il Presidente Assad, i cui giorni erano però, si
assicurava, contati. Qualche mese ed un piccolo aiuto delle potenze
occidentali ed anche il “tiranno” di Damasco avrebbe fatto la
fine di Gheddafi e di Saddam Hussein. Le cose però non sono andate
così: in primo luogo l'esercito siriano, contrariamente ai
desiderata di certe potenze occidentali, non si è dissolto
dividendosi per linee confessionali, ma ha continuato a difendere
compatto il Paese, per cui il sogno di una marcia trionfale su
Damasco, che sembrava a portata di mano nel 2012, non si è
realizzato. In secondo luogo i cosiddetti “ribelli” anti Assad si
sono lasciati andare ad un tal numero di efferatezze, di stragi, di
atti di pura barbarie che è diventato difficile, anche per una
stampa mediamente priva di dignità come la nostra, continuare a
presentarli come degli indomiti combattenti per la libertà e la
democrazia. Infine la Russia si è messa di traverso ad un eventuale
intervento delle potenze occidentali e non in senso metaforico, ma
materiale, schierando le proprie navi tra le coste della Siria e le
flotte dei paesi Nato nel momento in cui sembrava certo l'inizio dei
bombardamenti.
La
reazione dei media a queste “sfavorevoli circostanze” è stata
quella consueta: far calare il silenzio sulla tragedia siriana.
Alcuni
rovesci subiti dall'esercito di Damasco nelle ultime settimane hanno
però risvegliato la speranza di una rapida caduta del “tiranno”
ed ecco allora nuovamente i media occuparsi della vicenda, salvo
ovviamente ignorare o deformare l'orrendo episodio dei missili su
Aleppo nel giorno della Pasqua ortodossa.
Ma cosa sta
succedendo veramente in Siria?, l'esercito regolare ed i suoi alleati
(Hezbollah libanesi e milizie locali) sono realmente a rischio di
essere travolti?, l'ISIL è effettivamente alle porte di Damasco?
Per
poter tentare di dare una risposta è necessario sapere che,
attualmente, in Siria sono attivi ben ottantadue fronti di guerra
distribuiti praticamente su tutto il territorio siriano. Nei primi
mesi del 2015, su molti di questi fronti l'iniziativa militare è
stata nelle mani dell'esercito regolare che ha conseguito alcuni
significativi anche se limitati successi. In particolare l'esercito
siriano ha continuato il repulisti di tutta la regione frontaliera
con il Libano (purtroppo creando problemi a quest'ultimo perchè gli
islamisti in difficoltà in Siria passano il confine e vanno ad
ingrossare le file di quelli libanesi). In questo settore è proprio
di questi giorni la riconquista quasi totale della strategica area di
Zabadani. Progressi sono stati registrati anche sul fronte di Deir
Ezzor dove i paracadutisti del Generale druso Issam Zahreddine,
aiutati da alcune milizie tribali sunnite, sono riusciti a
riconquistare un'isola al centro della città ed alcuni villaggi del
circondario, Al Kahanamat e Al Mahala, allontanando per ora la
minaccia sull'aeroporto. Anche nei dintorni della città orientale di
Hasaka diversi villaggi sono stati abbandonati dall'ISIL sotto la
pressione delle truppe regolari siriane appoggiate, in questa zona,
da milizie cristiane assire.
La
situazione è invece molto delicata sul fronte nord, lungo il confine
con la Turchia. Qui le varie sigle della galassia islamista possono
contare su due fattori strategici a loro favore. In primo luogo
l'appoggio logistico di ampi settori della sicurezza e delle forze
armate turche che permettono il continuo passaggio di rinforzi e
rifornimenti per le organizzazioni guerrigliere e che, secondo alcune
fonti, talvolta intervengono direttamente negli scontri. In secondo
luogo il fatto che nella regione le organizzazioni islamiste godono
di diffuse simpatie presso alcuni settori della comunità sunnita. In
altri termini in questa zona possono contare su un relativo appoggio
popolare che manca loro, per fare un esempio, nella città di
Damasco. A febbraio vi è stata comunque un'offensiva dell'esercito
siriano anche a nord di Aleppo con la riconquista di numerose
posizioni e la “quasi” liberazione di due villaggi sciiti
assediati da due anni. Nelle settimane successive però, grazie a
massicci aiuti arrivati attraverso il confine turco, le milizie
islamiste sono riuscite a recuperare le posizioni perdute.
Complessa
anche la situazione nel fronte sud, al confine con la Giordania e
Israele. Anche in questo settore gli aiuti che arrivano da
oltreconfine, permettono ai guerriglieri di resistere alle azioni
dell'esercito regolare e di passare sovente al contrattacco.
Tre
avvenimenti recenti sono stati indicati come significativi delle
difficoltà in cui si troverebbe attualmente l'esercito di Damasco:la
caduta delle città di Idleb al confine con la Turchia e di Boshra
sul fronte sud e la conquista del campo profughi palestinese di
Yarmuk, alle porte di Damasco, da parte dell'ISIL.
Come valutare
queste sconfitte? Devo premettere che, secondo me, l'esercito siriano
non potrà mai sconfiggere completamente le milizie islamiste nè
conseguire il controllo di tutto il territorio. Lo impediscono due
fattori: la natura delle forze armate di Damasco, concepite più per
grandi battaglie campali che per una azione di controguerriglia che
richiede autonomia di decisione anche nei piccoli reparti e rapidità
di azione, ma soprattutto il massiccio afflusso di aiuti e rinforzi
che arriva ai guerriglieri attraverso i confini turco e giordano. Una
guerriglia che dispone di “santuari” così importanti nei paesi
confinanti e che viene dagli stessi continuamente alimentata non è
eliminabile. Basti pensare che, dall'inizio della guerra ad oggi, si
calcolano in molte decine di migliaia i guerriglieri eliminati, senza
che questo abbia influito più di tanto sulla capacità operativa
delle milizie islamiste. Segno che queste ricevono dall'estero un
continuo flusso di nuovi combattenti, volontari o mercenari che
siano.
Questo
però non vuole dire che l'esercito siriano sia sul punto di crollare
e che quindi agli islamisti stiano per spalancarsi le porte per
l'agognata cavalcata su Damasco. Le strutture militari sono tuttora
ben salde ed ancora recentemente l'ambasciatore di Russia in Siria ha
assicurato che il suo paese fornirà a Damasco le armi di cui ha necessità per la sua difesa. Anche l'appoggio popolare al regime di
Assad è ancora consistente. Damasco è una città di tre milioni di
abitanti, in stragrande maggioranza favorevoli al regime baathista.
Analogo discorso per Latakia e la regione costiera. Difficile credere
che queste realtà siano disponibili a consegnarsi a persone che
hanno dimostrato di trattare i loro nemici (o presunti tali) con
spaventosa crudeltà. Le immagine di persone torturate, bruciate
vive, decapitate, crocefisse sono ben presenti a tutti quei siriani
che, in qualche modo, per appartenenza politica o credo religioso,
ritengono di poter essere nel mirino degli islamisti. Anche i recenti
vantati successi della guerriglia non sembrano poi essere così
decisivi: Idleb è stata abbandonata dall'esercito a causa della sua
inferiorità numerica al momento dell'attacco nemico. Attualmente
però le forze armate di Damasco, dopo aver ricevuto rinforzi, sono
attestate tutto intorno alla città e stanno cercando di tagliare le
linee di approvvigionamento dei guerriglieri con la Turchia anche se,
per il momento, non sembrano intenzionate a tentare la riconquista
del centro urbano. Yarmuk era già, da almeno due anni, quasi
interamente controllato da fazioni palestinesi legate ad Hamas e
contrarie ad Assad. La novità consiste solo nel fatto che queste
fazioni hanno stretto un'alleanza con l'ISIL che ha potuto così
entrare nel campo dove, peraltro, non sono presenti truppe siriane.
Boshra infine è una cittadina la cui perdita – peraltro non
confermata – starebbe solo a dimostrare l'incapacità dell'esercito
siriano a controllare contemporaneamente tutto il territorio
coinvolto dalle operazioni belliche.
E
quindi? Se la guerriglia -così massicciamente appoggiata
dall'esterno- non può essere definitivamente sconfitta, ma il
governo baathista ha ancora sufficienti forze per resistere quale
potrà essere il futuro prossimo della Siria? Purtroppo solo la
prosecuzione della guerra, con nuovi lutti, nuove distruzioni, nuovi
sanguinari atti di crudeltà e fanatismo, nuove sofferenze. Spegnere
questo incendio, le cui fiamme già hanno avvolto il vicino Iraq e
stanno lambendo il Libano, è una decisione che potrebbe essere presa
solo dalla comunità internazionale. Duecentocinquantamila morti e la
quasi totale distruzione del Paese non sono state sufficienti a
spingere verso questa scelta. Evidentemente qualcuno, da qualche
parte, ha deciso che, per l'umanità è giunta l'ora di spalancare le
porte del Caos...
M. Villani per 'Appunti'