Nel Concistoro i membri del Collegio Cardinalizio si confronteranno circa l’attuale situazione dei cristiani in Medio Oriente e l’impegno della Chiesa per la pace in quella regione con la presenza dei Patriarchi mediorientali.
Intervista al cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti:
Radio Vaticana , 19 Ottobre 2014R. – Siamo molto grati al Santo Padre per questa seconda iniziativa, dopo quella dell’incontro con i nunzi, per conoscere la realtà del Medio Oriente e, adesso, per il Concistoro. Vuol dire che il Papa ha una grande preoccupazione, e a giusto titolo, sia per il Medio Oriente come tale, e la pace, sia anche per la presenza cristiana, la quale vive momenti molto cruciali. E poi siamo anche grati che lui abbia invitato i Patriarchi a partecipare. Noi stiamo preparando un foglio, a nome dei Patriarchi, partendo da dove sono arrivati con l’incontro dei nunzi. Quindi faremo la nostra lettura sulle attese della Chiesa e della comunità internazionale. Io penso che rappresenti un grande conforto morale per i cristiani del Medio Oriente, ma anche per il Paese del Medio Oriente, che il Papa abbia questo interesse e questa preoccupazione, perché tutti hanno bisogno di un sostegno morale. E’ un vero sostegno morale, ma è anche un vero sostegno diplomatico, perché la Santa Sede ha anche un suo ruolo, una sua influenza importante a livello internazionale. Noi faremo quindi sentire la nostra voce e poi mostreremo che tutte queste Chiese del Medio Oriente, sia cattoliche sia ortodosse, formano una sola unità, una sola voce. Abbiamo anche sempre dei vertici con i capi musulmani, per parlare tutti insieme la stessa lingua. Questo lo diremo domani.
D. – Preoccupa sempre più l’avanzata del sedicente Stato islamico. Questo sicuramente sarà un tema cui sarà dedicata particolare attenzione...
R. – Quello che noi diciamo, abbiamo detto e diremo ai governi locali e alle comunità internazionali è di fermare l’azione dell’aggressore. Non è possibile che nel XXI secolo si torni alla legge preistorica, dove un’organizzazione arriva, ti sradica dalla tua casa e dalla tua terra, dice “tu sei fuori”, e la comunità internazionale guarda inerte e neutrale. Non è possibile. Noi denunciamo tutto questo e sollecitiamo il contributo, più che il contributo l’azione, della comunità internazionale. Bisogna fermare l’aggressore. Quello che ci duole, che ci dispiace, che notiamo, in questo periodo di guerra in Medio Oriente, è che molti Paesi di Oriente ed Occidente sostengono le organizzazioni fondamentaliste, terroriste per interessi propri - politici, economici - e sostengono queste organizzazioni terroriste con denaro, con armi e politicamente. Questo ci duole veramente molto. E noi lo denunciamo e lo abbiamo denunciato. Chiediamo quindi alla comunità internazionale di assumersi le sue responsabilità. E quando parliamo di comunità internazionale, non intendiamo qualcosa di anonimo, ma le Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza, il Tribunale internazionale penale. Questi devono agire, altrimenti dove andiamo? Le Nazioni Unite perdono la loro ragione di essere. Questa assemblea delle nazioni è stata creata per proteggere la pace nel mondo e la giustizia, no? Adesso, però, diventa uno strumento in mano alle grandi potenze. Non è possibile accettarlo.
D. – In Libano, com’è vissuta l’avanzata dello Stato islamico?
R. – C’è ora una parte, dove si sono infiltrati, nella Beka'a, e quindi l’esercito è in agguato. Ci dispiace, però, di alcune voci a favore. In questo periodo di guerra in Siria, infatti, i confini tra Siria e Libano sono aperti e tutte queste organizzazioni si trovano sui confini. Quindi, né il Libano né la Siria possono proteggersi. Riusciamo comunque ancora a resistere.
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IL PATRIARCA BECHARA RAI SU SINODO, MEDIO ORIENTE E LIBANO – di GIUSEPPE RUSCONI –
www.rossoporpora.org – 20 ottobre 2014
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E’ legittimo pensare che gli Stati Uniti e i loro alleati abbiano commesso ripetuti e gravi errori di strategia sia nei confronti dell’Iraq che della Siria? Se sì, gli Stati Uniti secondo Lei stanno cercando di porre riparo per quanto possibile a tali errori?
Penso di sì. Spero che vogliano rivedere la loro strategia, rendendola una strategia per la pace in tutto il Medio Oriente. Ciò significa tentare di risolvere in primo luogo il conflitto israelo-palestinese, impegnarsi in uno sforzo serio per porre fine alla guerra in Siria e in Iraq e bloccare le aggressioni delle organizzazioni terroristiche. Dovrebbero in ogni caso utilizzare la loro influenza per spingere i Paesi sunniti e sciiti a un dialogo costruttivo, così da eliminare i conflitti nella regione evitando altri disastri umanitari.
Non sarebbe più efficace se alcuni Stati cessassero di fornire armi e acquistare petrolio dall’ Isis e bloccassero i passaggi degli estremisti islamici attraverso le proprie frontiere ?
Certo: è questa la richiesta essenziale. Tutto il problema nasce dal fatto che ci sono Stati d’Oriente e d’Occidente che purtroppo - per interessi politici ed economici propri -sostengono le diverse organizzazioni fondamentaliste. Alcuni con armi e denaro, altri con l’acquisto illegittimo del petrolio, altri ancora offrendo ai terroristi e ai mercenari il libero passaggio delle frontiere. Non solo: c’è anche chi sostiene i terroristi politicamente. Bisogna assolutamente che le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza facciano cessare questo tipo di “delitto”.
Come definirebbe il conflitto in Siria?
E' una guerra civile, ma anche una guerra tra Stati sunniti e Stati sciiti per interessi propri. Perciò è ormai una guerra senza senso. Si tratta solo di distruggere di più, di assassinare di più, di accrescere gli odi e l’esodo di popolazioni intere. Dieci milioni di siriani sono ormai rifugiati in altri Paesi e regioni, sradicati dalle loro case distrutte o gravemente danneggiate.
Emergono in Libano divisioni tra i musulmani nel valutare quanto accade in Siria?
I musulmani libanesi sono adesso piuttosto divisi: i sunniti sostengono l’opposizione sunnita siriana e gli sciiti sostengono il regime alleato dell’Iran e dell’ Hezbollah libanese. E’ noto però che prima dell’assassinio nel 2005 del primo ministro sunnita Hariri, sunniti e sciiti sostenevano ambedue Assad.
Secondo Lei, dopo il prolungato attacco islamista di qualche settimana fa ad Arsal (quasi al confine con la Siria) e dopo gli scontri tra islamisti e Hezbollah, è concreto il pericolo che anche il Libano divenga terra di combattimento, con i cristiani a farne le spese maggiori? Peggio ancora: c’è il rischio che il Libano si dissolva?
Il pericolo per il Libano è reale, ma l’esercito libanese è ben preparato. Speriamo di non dover tornare a qualche anno fa, al conflitto interno: nessuna fazione vuole la guerra, pur essendo precaria, critica, la situazione della sicurezza. Tutti i libanesi aspirano e vogliono la stabilità. Il pericolo di dissoluzione è apparente: le buone volontà sono ancora più forti.
leggi tutta l'intervista qui: http://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-cardinali/428-il-patriarca-bechara-rai-su-sinodo-medio-oriente-e-libano.html
Caritas Libano: L'ondata di profughi mette a dura prova il nostro popolo
di Carlo GiorgiTerrasanta.net 4 ottobre 2014
«Noi libanesi non siamo un gregge che vaga in una terra di nessuno: siamo i proprietari della nostra terra, siamo arrivati qui prima di tutti gli altri, anche prima dei musulmani…; siamo esseri umani che hanno il diritto di vivere dignitosamente e la comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità nel garantire la nostra dignità. Un fatto è certo: non possiamo essere noi a venire cacciati via e a pagare così il prezzo di altri!». Padre Paul Karam, presidente di Caritas Libano, tuona durante l’incontro che ha riservato a Terrasanta.net. Le sue parole sono lo specchio dell’esasperazione di tutti i libanesi, costretti a fronteggiare praticamente da soli, una crisi senza precedenti.
A causa della guerra in Siria, infatti, negli ultimi quattro anni la pressione demografica esercitata in Libano dai profughi è cresciuta progressivamente: i profughi siriani registrati dall’Onu in Libano oggi sono un milione e 130 mila (cifra esplosiva se si pensa che è raddoppiata nel giro di un solo anno), riversandosi su uno Stato, il Libano, privo di spazio e risorse. I siriani che oggi affollano l’area metropolitana di Beirut sono oltre 310 mila. Mentre nella regione di confine della Bekaa – dove vivono 750 mila abitanti autoctoni – si sono affollati in campi profughi e rifugi di fortuna altri 420 mila siriani. Per provvedere ad una tale massa sconfinata di persone, secondo le Nazioni Unite sarebbero necessari almeno un miliardo e mezzo di dollari mentre oggi gli organismi internazionali possono contare solo su 600 mila dollari: meno della metà dei fondi necessari.
«Il Libano, che è un piccolo Paese, ha accolto molti più rifugiati di Paesi più grandi, come Giordania e Turchia – spiega padre Karam –. Sistemare queste persone, aiutarle per il cibo e i vestiti è un’impresa al di sopra delle nostre possibilità. Basti pensare al problema delle scuole: ci sono circa 600 mila studenti siriani che dovrebbero iniziare l’anno scolastico. Le nostre scuole non ne possono accogliere più di 350 mila, non c’è posto per tutti… E degli altri che cosa facciamo? Saranno educati ad essere jihadisti ? Moltissimi ragazzi rimangono fuori, ci sarebbe bisogno di insegnanti, educatori…».
Le risorse del Paese non bastano per tutti …E questo provoca tensione sociale; quando, ad esempio, la Caritas aiuta i profughi a livello sanitario, con le medicine e le cure psicologiche; e poi dice al libanese in difficoltà: con te non posso fare la stessa cosa che sto facendo gratuitamente con il siriano… la gente si arrabbia e l’odio cresce. A causa dell’aumento enorme di stranieri sul nostro territorio sono aumentati i furti, le occupazioni di appartamenti… Per non parlare di quello che è successo negli ultimi mesi ad Arsal, nella valle della Bekaa…
Si riferisce agli scontri tra l’esercito libanese e le milizie fondamentaliste?Due soldati dell’esercito libanese, uno sunnita ed uno sciita, sono stati decapitati dalle milizie dello Stato islamico; altri sono stati presi in ostaggio. Mi ha colpito il fatto che i media internazionali abbiano parlato dei tre giornalisti, due americani e uno inglese, che sono stati decapitati… mentre dei due soldati dell’esercito libanese nessuno ne ha parlato. Ho ancora negli occhi l’immagine dei loro corpi decapitati… Questo fatto ha toccato molto la popolazione libanese.
Che appello lancia alla comunità internazionale?
Il nostro popolo è stanco: ci sentiamo come il formaggio dentro un panino, morsicato da una parte e dall’altra. Abbiamo diritto di vivere in pace, vogliamo la pace. Ma che sia una pace con dignità e giustizia. Per questo dalla comunità internazionale attendiamo una pace giusta, non una pace tagliata a pezzi… Oggi siamo minacciati nella libertà e la tentazione, per molte famiglie cristiane, è quella di scappare. Ma d’altra parte, quando uno è minacciato nella sua libertà, soprattutto quella religiosa, che cosa dovrebbe fare?
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6905&wi_codseq= &language=it