La guerra in Siria e la tragedia delle sanzioni
Piccole Note, 3 febbraio 2016
Da
Tibhirine ad Azeir. Questo l’itinerario spirituale che ha portato
alcune suore trappiste in Siria,
come lo racconta suor Marta, la superiora del monastero Vergine Fonte
della Pace di Azeir. Ce lo racconta in una sua breve visita romana,
durante la quale la incontriamo – al Santuario delle Tre Fontane –
per avere notizie su quella tragedia siriana nella quale lei e
le sue sorelle sono coinvolte da ormai cinque anni.
Quando
avvenne il massacro dei monaci trappisti in Algeria, un eccidio
controverso, attribuito gli islamisti ma sul quale si deve
ancora fare luce, l’ordine cistercense si fece interpellare
dall’accaduto. Fu allora che diversi fratelli e sorelle si
offrirono per seguirne le orme, chiedendo di andare in Algeria.
Non una sfida da raccogliere, come racconta oggi suor Marta, o una
bandiera da rialzare dopo esser stata ammainata da feroci
assassini. Semplicemente si trattava di seguire un
itinerario cristiano avvincente che aveva fatto breccia nei cuori di
tanti monaci e monache: quello di costituire una presenza cristiana
nel mondo arabo, minoritaria e aperta al dialogo.
Una
presenza di preghiera, ché questa è la caratteristica dei
“trappisti”, abitata dalla speranza e dalla carità
cristiana verso tutti. Ma le condizioni non erano favorevoli per
l’Algeria, così, dopo aver scartato altre opzioni, alcune di
quelle suore approdarono in Siria, in un paesino a due
passi dalla frontiera con il Libano.
«Quando
siamo arrivate, dieci anni fa», spiega suor Marta, «era tutto
diverso: la convivenza tra islamici e cristiani era normale, un
qualcosa di quotidiano che passava dalle minime cose piuttosto
che un astratto dialogo culturale. Certo, il
regime aveva le sue rigidità e i suoi limiti, ma grazie ad esso
era possibile tale convivenza tra diversi e si viveva
tranquillamente.
Si
poteva ad esempio girare a qualsiasi ora senza nessun timore. C’era
un profondo rispetto, aiuto reciproco, fondato sul fatto che si era
tutti davanti a Dio nonostante le diversità del proprio credo.
Ricordo che quando giravo per strada, per andare a fare la spesa o
altro, gli autobus si fermavano a tirarti su anche al di fuori delle
fermate ordinarie. Insistevano, dovevi salire per forza: “Per
una benedizione”».
Un
piccolo ricordo tra i tanti, che fa intravedere una stagione altra,
ormai passata. Perché poi tutto è precipitato.
«Sulla
Siria si è abbattuta questa immane tragedia», riprende suor
Marta, «che ha fatto scorrere moltissimo sangue e che ci ha
fatto scoprire un mondo nuovo, quello della disinformazione. Quando
leggevo i giornali o vedevo in Tv i servizi dei media
occidentali su quanto avveniva in Siria mi sentivo impotente: tutto
veniva manipolato! La foto di una manifestazione pro-Assad veniva
presentata come una contestazione del regime, le stragi chimiche
fatte dai ribelli come eccidi delle forze governative…
che, certo, avevano le loro responsabilità, ma in tutt’altra
prospettiva di quella raccontata dai media.. se non fossi stata
qui, non avessi visto e ascoltato da così vicino, non avrei
mai immaginato si potesse arrivare a tanto».
Azeir
e il suo circondario non hanno subito gli orrori del conflitto,
se non in alcune circostanze e in piccola parte.
Nondimeno
le strette di quanto sta avvenendo nel resto del Paese si
sentono. «Non sappiamo come e quando finirà questa
guerra. Quel che è certo è che la comunità internazionale non
sta aiutando, anzi. Se all’inizio c’erano davvero alcuni ribelli
siriani, da subito nella guerra ad Assad si sono infiltrate
le milizie straniere che hanno portato il terrore. Provengono
da moltissime nazioni, cosa che ripetono le autorità e che
colpisce la gente comune: hanno la consapevolezza di trovarsi
nell’epicentro di una sorta di guerra mondiale, e che
stanno resistendo a una pressione che proviene da mezzo mondo.
“Più di centosettantasei Paesi contro di noi”, ripetono.
Un’esagerazione, forse, ma non troppo».
Non
che non ci sia un’opposizione siriana tra i tanti movimenti armati
che circolano nel Paese, aggiunge suor Marta, ma i moderati ormai
sono una presenza residuale. E la gente percepisce Assad come
l’unica alternativa al caos e alla dissoluzione violenta della
Siria. «Assad è un freno oggettivo al dilagare del terrore, questo
è il sentimento comune basato su un fatto semplice: il Paese è
talmente pieno di armi e mercenari, che un vuoto di potere di
mezz’ora comporterebbe stragi e faide a non finire», spiega suor
Marta.
«In
questi anni si sono fatti alcuni tentativi di riconciliazione
sponsorizzati dalla comunità internazionale. –
aggiunge – Però sono state cose calate dall’alto: i
cittadini siriani non avevano alcuna fiducia nelle figure che gli
Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali immaginavano come nuovi
dirigenti del Paese: è gente che vive all’estero,
dicevano tutti, mentre qui ci ammazzano. “Fantocci”, era il
termine con il quale venivano indicati. Oggi c’è una nuova
possibilità, ci sono nuovi negoziati… preghiamo, speriamo, che
altro possiamo fare?».
Già,
la speranza. Nel luglio scorso, il suo monastero si era fatto
portatore di un appello accorato perché fossero abrogate
le sanzioni contro
la Siria. Una esile voce ripresa, alcuni giorni fa dall’Avvenire,
ovviamente senza alcun seguito. «Le sanzioni non servono a
niente. Anzi. Il governo di Damasco non ne ha alcun danno,
mentre stanno fiaccando la povera gente.
L’Occidente
si commuove per la sorte dei profughi siriani o quando vede immagini
di siriani denutriti a causa dell’assedio di alcune località,
ed è giusto.
Eppure nessuno parla del fatto che tutti i siriani si
trovano da cinque anni sotto assedio da parte della comunità
internazionale a causa delle sanzioni: soffrono la fame, la
malattia a causa di queste. Gli adulti e i bambini muoiono per
mancanza di medicine… che civiltà è quella che fa questo?».
«La
speranza non si uccide solo con il fucile, ma anche con
le sanzioni», continua suor Marta. «La nostra gente non solo
è stata privata dei propri beni; non solo ha visto
uccidere familiari e amici, ma viene depredata anche del
suo futuro. Le sanzioni hanno spinto alle stelle i prezzi
di tutti i beni. Senza energia, senza combustibile,
privati del necessario, per la gente è impossibile
intraprendere una qualsiasi attività lavorativa, tentare una
pur piccola ripresa.
E va tenuto presente che, ad aggravare
la situazione, ci sono i tanti rifugiati che hanno trovato riparo
all’interno del Paese: persone che hanno perso tutto e non possono
far nulla per ricominciare».
«Le sanzioni
non colpiscono chi è al potere», conclude suor Marta, «ma
stanno abbattendo un intero popolo. O forse si vuole proprio questo:
creare disperazione tra la gente per fiaccarne la resistenza e
costringerla ad accettare un cambio di regime imposto dall’esterno,
senza rispettare l’autodeterminazione, uno dei pilastri della
democrazia».