Aleppo ha passato un giorno e una notte d'inferno ieri con un bombardamento continuo dei quartieri popolari dai gruppi armati di al Nusra. Bilancio: 33 morti tra cui 17 bambini, 159 feriti gravi |
Aleppo - 8 settembre 2015 -
Lettera n° 23
Se
non vi scriviamo con la solita frequenza le nostre lettere da Aleppo,
anche se voi, amici nostri, continuate a chiederci notizie, è perché
pensiamo che la ripetizione della denuncia dei crimini commessi e
delle sofferenze patite dai siriani, rischia di diventare una
banalità. Abbiamo paura che, a forza di leggere le atrocità che
vengono commesse in Siria, voi perdiate la capacità di indignarvi,
rassegnandovi ad accettare l'inaccettabile, e in questo modo noi
diventiamo un po’ responsabili della banalizzazione dell'orrore.
Tuttavia, non possiamo non raccontare e condividere con voi le
sofferenze del nostro popolo.
Aleppo manca di acqua e gli abitanti hanno sofferto molta sete e molto caldo quest’estate. Non era a causa della siccità o dell'abbassamento del livello dell'acqua nell'Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata distrutta. I depositi d’acqua sono pieni. L'acqua che vi si trova viene dispersa quotidianamente nella natura piuttosto che essere pompata nelle condotte d’acqua della città. Siamo stati lasciati alla mercé di bande armate che hanno deciso di lasciarci senza acqua (con 40 gradi all'ombra) durante molte settimane. Le file di attesa sono molto lunghe davanti ai rubinetti alimentati dai pozzi che normalmente si trovano nei giardini pubblici, le chiese e le moschee, per potere riempire bidoni, bottiglie e secchi. Per regolare questo problema, le autorità non hanno trovato altra soluzione che decidere di trivellare 80 pozzi che, assieme ai pozzi esistenti, avrebbero potuto fornire la quantità minima di acqua per una popolazione di 2 milioni di abitanti. Aleppo è diventata un gruviera per l’enorme quantità di pozzi e gli Aleppini cominciano a dimenticare che cos’è l'acqua corrente poiché devono andare ai pozzi per cercare l'acqua. Un anno fa, per questo crimine, molti di voi avevano protestato ed i vostri media ne avevano parlato. Oggi, con la ripetizione continua di questo crimine, nessuno ne parla più, non fa più notizia.
Aleppo manca di elettricità, non ci viene più fornita. Quando siamo fortunati l’abbiamo per un’ora al giorno. Due anni fa, quando l’avevamo per 4 ore al giorno, avevate protestato contro i gruppi armati alleati dei vostri governi che interrompevano intenzionalmente la fornitura dell’elettricità. Da allora le cose sono peggiorate, ma non se ne parla più, perché questo è diventato un tema banale ed ordinario.
Un anno fa, quando i barbari hanno cominciato a distruggere i siti archeologici in Iraq e in Siria, patrimonio dell'umanità e memoria della nostra storia, ci sono state delle proteste. Da allora “costoro” continuano a distruggere i tesori della Siria; i due principali templi di Palmira, gioielli del deserto siriano sono stati gli ultimi ad essere distrutti. “Questa gente” vuole eliminare tutto ciò che ricorda la storia multimillenaria del paese. Vuole che la Storia sia fatta solo da loro e nessuno osa dire niente. Anche questo è diventato banale.
Sgozzano degli esseri umani. Avete protestato un anno fa quando hanno sgozzato alcuni occidentali. Purtroppo non erano i primi! Centinaia di siriani erano già state vittime di questa barbarie. Molto altri hanno subito la stessa sorte; l'ultimo, in ordine di tempo, è stato il direttore archeologico della zona di Palmira, uno scienziato di 82 anni, ma le proteste sono state poche. Banalizzazione! Sgozzare un essere umano come si sgozza una pecora!
“Costoro” hanno rapito centinaia di cristiani e di Yezidis in Iraq. Questo è accaduto quasi un anno fa. Vi siete indignati ed i vostri dirigenti hanno protestato facendo delle dichiarazioni altisonanti è stata una bolla di sapone. In seguito “questa gente” ha rapito centinaia di cristiani assiri da Hassake e altri da Quariatayn al centro della Siria. Nessuno ha protestato. Questo è diventato normale, banale, non colpisce più; ed allora, direte, se dovessimo indignarci anche perché vendono le donne come schiave ecc, ecc le nostre lamentele non finirebbero più.
La Siria si svuota del suo popolo, soprattutto dei suoi cristiani. Sono diventati i “profughi” che vi danno tanto fastidio. Fareste bene ad ascoltarli mentre raccontano le loro sofferenze ed i pericoli che affrontano per passare clandestinamente in Europa. Ma, non hanno che da rimanere a casa loro, qualcuno dirà! Ma a casa loro c’è l'inferno, c’è il caos, c’è la morte. Non sono dei migranti come amate chiamarli per alleggerire la vostra coscienza, sono dei profughi; e poi, se i rifugiati vi disturbano così tanto, la prossima volta, prima di scatenare una guerra a casa loro, pensateci bene! Nel frattempo, fermate quella che avete scatenato in Siria e vedrete che il flusso dei profughi che vi disturba si prosciugherà perché le persone preferiscono restare a casa loro e conservare la loro dignità. Non dobbiamo dimenticare le migliaia di profughi che sono morti annegati o asfissiati. Vi siete indignati solamente quando i vostri media vi hanno mostrato l'immagine straziante del piccolo Aylan su una spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo dramma. Ma, morire in mare, questo è diventato talmente banale!
Davanti a tante miserie, sofferenze, morti, distruzioni e drammi, noi Maristi Blu, non potevamo restare a braccia conserte. Noi denunciamo, attiriamo l'attenzione, rifiutiamo ciò che non si può accettare, protestiamo, informiamo ed agiamo. Alcune delle famiglie profughe che aiutavamo e le famiglie di alcuni volontari sono fuggiti dalla Siria per l'Europa con mezzi illegali passando in maniera clandestina le frontiere o solcando il mediterraneo. Quando vengono a chiedere consiglio noi non abbiamo lezioni da dare né rimproveri da fare. È già un eroismo avere resistito durante quattro anni e mezzo in questa situazione. Tutt’al più, preghiamo affinché arrivino sani e salvi senza soffrire troppo.
Di fronte alla crisi dell'acqua, abbiamo lanciato un SOS sei settimane fa. Tre associazioni occidentali amiche hanno risposto generosamente alla nostra chiamata. Abbiamo potuto acquistare 3 camioncini che abbiamo attrezzato di serbatoi da 1000 a 2000 litri di acqua, di una pompa e di un piccolo generatore. Abbiamo acquistato anche dei serbatoi di 250 litri che abbiamo sistemato presso le famiglie rifugiate. Abbiamo iniziato così un nuovo programma “Ho Sete”. Noi riempiamo parecchie volte al giorno i serbatoi dei camioncini attingendo dai pozzi artesiani di una chiesa ed andiamo a riempire i depositi delle famiglie rifugiate o dei nostri volontari.
Il progetto “goccia di latte” che consiste nel distribuire a tutti i bambini con meno di 10 anni del latte in polvere o del latte per lattanti ha ormai 5 mesi di vita. I genitori sono molto riconoscenti per questa iniziativa e così i bambini possono crescere normalmente nonostante la guerra.
Continuiamo ad aiutare le famiglie dei profughi che non hanno nulla per sopravvivere, grazie ai “cesti alimentari” mensili che distribuiamo assieme ai vestiti. Aiutiamo anche le famiglie costrette a fuggire a trovare un alloggio. Partecipiamo alle spese delle operazioni chirurgiche o dei ricoveri in ospedale per coloro che non hanno i mezzi per farlo. Continuiamo a distribuire a mezzogiorno dei pasti caldi.
Il nostro programma dei “Feriti di Guerra” prosegue. Cura gratuitamente e salva della morte i feriti gravi colpiti dalle granate o dai proiettili e questo avviene nel miglior ospedale privato di Aleppo.
La fine dell'anno
scolastico non ha segnato l'arresto delle nostre attività
pedagogiche. Quest’estate, come ogni estate, abbiamo organizzato
parecchie “campi estivi” per i bambini dei nostri differenti
progetti, in particolare per quelli di “imparare a crescere” e
“voglio imparare”. “Magic Bus 1”, “Magic Bus 2” e “I
love Summer” hanno fatto la gioia dei bambini che hanno trascorso
alcune settimane di felicità e di gioia dimenticando la guerra e gli
stenti. “Skill School” ha proseguito le sue attività con gli
adolescenti che hanno approfittato delle vacanze scolastiche per
vivere dei momenti molto belli.
Il nostro “M.I.T” funziona bene e malgrado la guerra e soprattutto il caldo torrido di quest’estate, le domande di partecipazione sono state più del solito.
Il nostro “M.I.T” funziona bene e malgrado la guerra e soprattutto il caldo torrido di quest’estate, le domande di partecipazione sono state più del solito.
Oggi un giornalista canadese mi ha chiesto, durante un'intervista radiofonica, ciò che avrei desiderato dire ad un cittadino europeo o americano. Voglio condividere con voi la risposta che gli ho dato: “Innanzitutto non perdete la vostra capacità di sdegno davanti al dramma della Siria e le sofferenze del popolo siriano, denunciate gli atti barbarici, non abituatevi all'orrore, evitate che la ripetizione delle denunce faccia dimenticare i fatti. Dichiarate la vostra solidarietà con le persone che hanno fame e sete che sono malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi per vivere meglio. Siate generosi di cuore ed ospitali. Poi, informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi media, fate pressione sui vostri governanti ed i vostri responsabili affinché cambino la loro politica per arrivare ad una soluzione del dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato. Poi, e solamente poi, date generosamente per aiutare e soccorrere”.
Vi
lascio trasmettendovi i saluti ed i ringraziamenti di tutta l’equipe
dei “Maristi Blu”.
Nabil
Antaki , a nome dei Maristi Blu
Aleppo, settembre 2015
Aleppo, settembre 2015
Mons. Audo: "Interessi internazionali dietro la distruzione della Siria"
La drammatica testimonianza dell'arcivescovo caldeo di Aleppo, che accusa in particolare la Turchia di foraggiare i terroristi. E ai cristiani siriani dice: "Non abbandonate il Paese"
ZENIT,
“L’Europa non si può accontentare di fornire o di proclamare accoglienza ai profughi, perché la maggior parte di loro vuole rimanere nella propria terra”. Parole che Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, ha pronunciato stamattina aprendo la conferenza “Cristiani di Siria: aiutateci a rimanere”, organizzata da Acs presso l’Associazione Stampa Estera. Parole che sintetizzano il messaggio lanciato da mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, invitato a raccontare la situazione che si vive nel suo Paese devastato dalla guerra.
Era il 2011, quando i primi vagiti di questo devastante conflitto suggerivano ai cristiani siriani una sinistra premonizione: “Speriamo di non fare la fine dei cristiani dell’Iraq (fuggiti in massa dal proprio Paese dopo la guerra del 2003, ndr)”. Oggi, a quattro anni di distanza, quei pensieri sembrano aver trovato riscontro. Aleppo, che prima della guerra contava 150mila cristiani, oggi, anche se è impossibile raccogliere stime precise, ne ha circa 50mila.
Una situazione, quella di Aleppo, resa oltremodo difficile dai disagi che si registrano da qualche tempo. “Da più di un mese o due, siamo senza acqua e senza elettricità, in una città di 2milioni e mezzo di abitanti”. spiega mons. Audo. Che aggiunge: “Soprattutto con il grande caldo di quest’estate, capita giorno e notte di vedere nelle strade giovani e bambini con bottiglie vuote in mano, intenti a cercare un po’ d’acqua”.
Ancor peggio, quando i giovani vengono avvistati per la città con i mitra in mano. Di bande armate ne imperversano tante. L’arcivescovo caldeo spiega che Aleppo è oggi divisa in due parti: una in mano all’esercito regolare e l’altra, specie la parte vecchia, “sotto il dominio dei terroristi”. Questi ultimi sono di difficile identificazione ma, secondo mons. Audo, si tratta più probabilmente di al-Nusra che non dell’Isis.
Sono “almeno cinque i punti” della città da cui partono gli attacchi verso i cristiani, aggiunge l’arcivescovo. Che non lesina accuse precise nei confronti di Paesi stranieri. Egli individua il motivo della drammaticità che vive Aleppo nella vicinanza con il confine turco, poiché “tutti gli attacchi giungono dalla Turchia, che accoglie, addestra e rifornisce d’armi gruppi armati che stanno distruggendo la nostra regione”.
Gruppi armati che aderiscono a una jihad sul suolo siriano, ma che provengono da altrove. Del resto, ci tiene ad aggiungere mons. Audo, “nella tradizione profonda della Siria non c’è la persecuzione religiosa”, giacché da sempre il pluralismo confessionale è una peculiarità di questo “bel Paese in cui c’è tutto per vivere”. O almeno, in cui regnava la pace fin quando era interamente governato dal regime di Bashar al-Assad. Per i cristiani, quei tempi sono un rimpianto. “Non esistono due cristiani che possono affermare il contrario…”, chiosa l’arcivescovo.
Sollecitato da una domanda di ZENIT sul peso che su questa crisi ha l’embargo imposto al Governo siriano dai Paesi occidentali, mons. Audo afferma inoltre che “questa guerra ha lo scopo di distruggere e poi dividere la Siria per interessi regionali e internazionali”. Si tratta - precisa l’arcivescovo - “del commercio di armi e di interessi strategici”. Quegli stessi interessi strategici che hanno portato “alla distruzione dell’Iraq e della Libia in passato e dello Yemen in questi giorni”.
E per completare la rovina di un Paese, l’esodo di massa dei suoi abitanti diventa funzionale. È per questo che mons. Audo parla del suo impegno, come pastore, a convincere i cristiani a non abbandonare la Siria: “Come vescovo caldeo, conosco l’esperienza degli immigrati cristiani che dall’Iraq sono arrivati in Siria. È un’esperienza di morte, è un’esperienza di fine della presenza cristiana. Quindi oggi faccio di tutto per far rimanere la gente qui, ma capisco chi fugge perché non vede davanti a sé altra scelta…”. La mancanza di fiducia nel futuro - aggiunge il presule - è dovuta alle responsabilità della comunità internazionale, che da cinque anni abdica a una soluzione politica e dimostra invece - ribadisce mons. Audo - “determinazione” a continuare la guerra “fino alla distruzione della Siria”.
In questo scenario, giocano un ruolo importante i media. Lo ha ricordato, a conclusione della conferenza, Alfredo Mantovano, presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia: “Sembra, guardando i tg, che esista soltanto un problema al confine tra Serbia ed Ungheria. Ma c’è lì quel problema perché, a monte, solo con riferimento alla Siria, più di 10milioni di persone non hanno più la casa e sono state costrette a fuggire dal proprio Paese”. Le cause di questa diaspora, le ha spiegate mons. Audo.
http://www.zenit.org/it/articles/mons-audo-interessi-internazionali-dietro-la-distruzione-della-siria
da Radio Vaticana - Intervista a mons Audo
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D. – La Francia però ha annunciato incursioni aeree e bombardamenti. Come vi ponete di fronte a questo?
R. – Penso che questa non sarà la soluzione. Credo sia una strategia militare per guadagnare tempo e portare la violenza in tutta la regione, per generare divisioni e, forse, vendere armi e fare progetti economici.
D. – Restare è più importante che assicurarsi la sicurezza all’estero?
R. – Per me, come vescovo della chiesa cattolica caldea, è una questione di vita o di morte. Le chiese orientali devono fare tutto il possibile per assicurare la loro presenza, che è molto importante per la storia della Chiesa universale.
È fondamentale nel contesto arabo e musulmano una chiesa capace di dialogare, di vivere con gli altri con dignità e rispetto. Noi, come orientali, vogliamo vivere nel nostro Paese, che ha una bella storia e non abbiamo desiderio di andare in Occidente.
L'Occidente non è meglio della nostra terra, che noi lasciamo solo per ragioni di sicurezza e di povertà.
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da Radio Vaticana - Intervista a mons Audo
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D. – La Francia però ha annunciato incursioni aeree e bombardamenti. Come vi ponete di fronte a questo?
R. – Penso che questa non sarà la soluzione. Credo sia una strategia militare per guadagnare tempo e portare la violenza in tutta la regione, per generare divisioni e, forse, vendere armi e fare progetti economici.
D. – Restare è più importante che assicurarsi la sicurezza all’estero?
R. – Per me, come vescovo della chiesa cattolica caldea, è una questione di vita o di morte. Le chiese orientali devono fare tutto il possibile per assicurare la loro presenza, che è molto importante per la storia della Chiesa universale.
È fondamentale nel contesto arabo e musulmano una chiesa capace di dialogare, di vivere con gli altri con dignità e rispetto. Noi, come orientali, vogliamo vivere nel nostro Paese, che ha una bella storia e non abbiamo desiderio di andare in Occidente.
L'Occidente non è meglio della nostra terra, che noi lasciamo solo per ragioni di sicurezza e di povertà.
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