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domenica 18 settembre 2016

Soldati siriani bombardati a Deir El Zor da aerei coalizione, le faide USA per sabotare la tregua

posizione geografica (e causa) dei luoghi contesi 
Gli Occhi della Guerra, 18 settembre 16

Alla fine la tregua è stata rotta. Non da un gruppo ribelle né dai qaidisti “riciclati” di Jabhat Fatah al-Sham, ovvero gli ex miliziani (ora diventati “jihadisti buoni”) di Al Nusra. A rompere la fragile tregua siriana sono stati i caccia della coalizione a guida Usa che hanno bombardato le postazioni dell’esercito siriano nei pressi di Deir el-Zor, uccidendo almeno 80 militari e ferendone più di cento. Soldati che si trovavano lì per fronteggiare i terroristi del sedicente Stato islamico che, dopo lo strike, si sono sentiti liberi di avanzare e che sono stati fermati dai militari siriani rimasti in piedi.
Ovviamente è partito subito il gran can can delle accuse: Russia e Siria hanno affermato che, per l’ennesima volta, gli Usa hanno aiutato i terroristi e Washington ha ribattuto che si è trattato di un semplice errore. Questa la cronaca, passata poi in secondo piano a causa della bomba esplosa a New York che ha provocato il ferimento di 29 persone.
Ma c’è un aspetto più interessante, che avevamo trattato la scorsa settimana, e che val la pena riprendere.L’accordo sulla Siria siglato da John Kerry e Sergej Lavrov non è andato giù ad Ashton Carter, segretario della Difesa degli Stati Uniti. Secondo la ricostruzione fornita dal New York Times, Carter avrebbe esercitato una forte pressione su Barack Obama affinché non appoggiasse i piani di pace di Kerry. Il presidente se ne sarebbe fregato delle voci del Pentagono, rendendo così possibile la pur fragile tregua che ha retto fino a ieri sera.

Da Washington hanno fatto sapere che il bombardamento contro l’esercito siriano è stato del tutto accidentale. Può essere. Del resto, la coalizione a guida Usa che combatte contro il sedicente Stato islamico in Siria non ha mai dato prova di grande precisione militare. Anzi, gli Usa hanno più volte paracadutato armi ai terroristi dell’Isis. Gli stessi caccia americani che hanno colpito i militari siriani non sono stati in grado di colpire i miliziani dell’Isis che scappavano da Mambij per dirigersi ad Al Bab oppure a Raqqa. Se li sono fatti passare sotto il naso.
Lo strike di ieri potrebbe essere un errore. Può darsi. Anche se tutto ciò contraddice la propaganda sulle bombe americane, le uniche che – secondo i media – non colpiscono mai i civili e non provocano effetti collaterali. Le faide tra Pentagono e Kerry suggeriscono inoltre che la partita che si sta svolgendo in America è molto più ampia rispetto a quanto possiamo pensare e che gli Usa si trovano davanti ad un bivio. Da che parte voglia davvero andare resta però un mistero. Forse, le prossime presidenziali ci aiuteranno a capirlo.



AGGIORNAMENTO: dai Fratelli Maristi di Aleppo 

I siriani sono unanimemente indignati per il raid statunitense che ha ucciso più di 60 tra i giovani soldati dell'esercito siriano. Sono tutti figli di famiglie siriane che stanno facendo il servizio militare.
Nessuno qui crede nella versione ufficiale americana che dice che è un errore umano. Riteniamo che l'intervento diretto degli Stati Uniti dopo quello della Turchia di due settimane fa complica notevolmente la situazione e rende ancora più difficile una soluzione politica.
Gli Aleppini sono tuttavia ancora un po' fiduciosi, perché la tregua ad Aleppo è abbastanza ben rispettata da 6 giorni, fatta eccezione per alcune violazioni occasionali.

Questo porta un po' di speranza alla gente, mentre oggi e domani ci sarà l'inizio della scuola.

Nabil Antaki

venerdì 16 settembre 2016

fra Firas: la tregua per ora funziona, aiutateci togliendo le sanzioni

Le immagini di questa pagina si riferiscono alla celebrazione  della festa
di Eid Al Adha nello spazio giochi
allestito dai Fratelli Maristi di Aleppo

IL SUSSIDIARIO,
14 settembre 2016

“Ad Aleppo il coprifuoco è entrato in vigore in un clima pieno di aspettative. Dopo oltre cinque anni di guerra la gente è ormai stanca e desidera veramente con tutto il cuore che questa pace abbia inizio a ogni costo”. E’ la testimonianza di padre Firas Lutfi, viceparroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo e superiore del Collegio di Terra Santa.
Il cessate il fuoco è incominciato in tutta la Siria a partire dal tramonto di lunedì, e nelle prime 24 ore ha retto tutto sommato bene. Per padre Firas, “se non si instaura una pace duratura anche quella minoranza di cristiani rimasti qui perché sentono di avere una missione se ne andranno, e la Chiesa siriana si trasformerà in un museo vuoto”. Mentre sulle sanzioni economiche stabilite dall’Unione Europea dice: “Colpiscono soprattutto la povera gente, andrebbero subito eliminate”. 

Quale clima si respira ad Aleppo nel primo giorno dall’entrata in vigore della tregua? 
Qui ad Aleppo si respira un clima di positività e una grande speranza che questa tregua sia davvero definitiva, che sia l’inizio di una pace piena, completa e vera. L’atmosfera è piena di aspettative, anche se qualcuno teme che la tregua sia utilizzata da entrambe le parti per armarsi ancora di più. Ma dopo oltre cinque anni di guerra la gente è ormai stanca e desidera veramente con tutto il cuore che questa pace abbia inizio a tutti i costi.

Ci sono state violazioni della tregua? 
Lunedì alcuni lanci di razzi hanno causato danni materiali e diversi feriti. Non si tratta però di una violazione della tregua, in quanto non tutte le fazioni sono state incluse nell’accordo tra Usa e Russia. Mosca infatti ha insistito sulla necessità di dividere in modo rigoroso i gruppi che appartengono a un’opposizione moderata da un lato e Isis e Al Nusra dall’altra.
Nel primo giorno di tregua la gente è uscita di casa o continua a nascondersi? 
In realtà il primo giorno di tregua ha coinciso con la festa musulmana del Sacrificio, durante la quale la gente di solito sta in casa.
Chi era fuggito dai quartieri bombardati vi è ritornato? 
No. Quando si accende il conflitto in una zona della città, quei quartieri smettono di essere abitabili e le case sono tutte distrutte o semi­distrutte. La gente quindi cerca delle stanze in affitto altrove e non torna se non a condizione che i militari abbandonino completamente quella zona. Comunque gli aleppini sono abbastanza fiduciosi, anche se qualcuno è perplesso in quanto in passato è avvenuto che queste tregue durassero per una o due settimane, e poi tutto precipitasse nuovamente nella situazione peggiore.

In città ci sono acqua, cibo, medicinali e ospedali funzionanti? 
In questo momento sta funzionando tutto abbastanza bene, anche per merito di questa tregua in quanto prima si aveva paura di portare gli aiuti nelle zone colpite. Gli ospedali sono attivi, anche se hanno il problema della mancanza di medicine. A volte i medicinali più costosi non sono più disponibili, e si tende quindi ad attendere l’arrivo di Onu, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Il problema dell’emergenza dell’acqua è diminuito rispetto a qualche mese fa, anche se persiste nei quartieri vicini alle colline.
I cristiani di Aleppo come stanno vivendo questo momento? 
I cristiani nelle zone controllate dal governo siriano vivono la loro fede come prima, e sia pure con tanta prudenza partecipano alla messa. Il numero dei cristiani, in Medio Oriente ma soprattutto in Siria, sta però sempre più diminuendo. Solo nella città di Aleppo i cristiani prima del conflitto erano 150mila mentre adesso sono meno di 30mila. In tutta la Siria i seguaci di Gesù erano l’8­9% della popolazione, pari a 2 milioni di persone, mentre adesso sono 1 milione. Stiamo quindi parlando di un’emorragia, in quanto i cristiani si trasferiscono altrove in cerca della sicurezza e di una vita dignitosa.
E chi è rimasto? 
Il piccolo gregge che è rimasto lo ha fatto perché è convinto di avere una vocazione specifica: restare nel Paese dove è nato e dove la Chiesa apostolica trae le sue origini. La stragrande maggioranza però se ne è già andata, e se non si approda subito alla pace la Chiesa siriana rischia di trasformarsi in un museo senza fedeli. Il dramma cui stiamo assistendo in Medio Oriente è lo svuotamento della Chiesa che ha vissuto qui da due millenni.
Che cosa possiamo fare noi europei per aiutare chi vive in Siria? 
La priorità è abolire le sanzioni economiche che colpiscono soprattutto le persone più povere. Le banche in Siria sono praticamente tagliate fuori da tutto il resto del mondo. Le sanzioni infatti non bloccano solo l’invio di armi, ma anche qualsiasi trasferimento finanziario dall’Europa in Siria. Un mio parente in Italia o un’opera di carità italiana che aiuta i poveri, non possono inviare soldi alla mia parrocchia ad Aleppo perché le sanzioni lo impediscono. L’unico modo per portare le donazioni è farlo di persona quando si viaggia, anche se sappiamo che gli aeroporti europei prevedono un tetto di 3mila euro.
Qual è la logica da cui nascono le sanzioni? 
Chi ha instaurato le sanzioni lo ha fatto nella convinzione che i trasferimenti di denaro verso la Siria finiscano tutti alle organizzazioni terroristiche, mentre nella realtà non è sempre così. Le sanzioni impediscono anche di fare donazioni alla gente comune.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/9/14/CAOS-SIRIA-Firas-Lutfi-la-tregua-per-ora-funziona-aiutateci-togliendo-le-sanzioni/723181/


Per comprendere cosa sono di fatto le sanzioni alla Siria:

Due appelli da firmare per chiedere la rimozione delle sanzioni: 


mercoledì 14 settembre 2016

Omelia oggi papa Francesco: “Quanto piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero: 'Uccidere in nome di Dio è satanico'”.

“Dobbiamo pregarlo - è un martire!
E i martiri sono beati
– dobbiamo pregarlo, che ci dia la mitezza,
la fratellanza, la pace,
anche il coraggio di dire la verità:
uccidere in nome di Dio è satanico”.
Così il Papa alla Messa per p. Hamel
Sono sincero: I Musulmani in Chiesa (con tutti gli abusi e gli equivoci che si sono creati) e i Cristiani in Moschea non mi convincono. Detto questo, ritengo importanti i gesti che i Musulmani,tramite le loro autorità, stanno compiendo qui in Italia e in altre nazioni. Di particolare importanza l'incontro ceceno a Grozny, dove circa 200 personalità musulmane di Egitto, Russia, Siria, Sudan, Giordania, Europa si sono incontrate per condannare la dottrina Wahhabita dell’Arabia saudita (Qui).
Come cristiani o come laici, li abbiamo continuamente sollecitati a gesti e assunzione di posizioni di rottura verso l'islam violento e fondamentalista e tutti i gesti che vanno in questo senso sono da apprezzare e valorizzare come segni di speranza e di buona volontà. Sono importanti per almeno due motivi: il primo è politico e riguarda tutti i focolai di guerra che vedono l'islam come movente (o pretesto) per conquistare aree sempre più vaste di territori in molte parti del mondo (Medio Oriente, Africa, Asia..). Sentir dire da parte di autorevoli imam che l'islam non può essere usato per combattere gli "infedeli" e vessarli in ogni modo, ha risvolti politici che potrebbero innescare sviluppi importanti in ordine alla pace e alla pacifica convivenza tra popoli e religioni diverse. Il secondo aspetto, non meno importante è una riflessione interna all'islam stesso, che potrebbe avere sviluppi relativi a una possibile rilettura di molte parti del Corano. Riguardo a questo secondo aspetto uso molto prudentemente il condizionale in quanto l'autore del Libro ritiene prescrittive, immodificabili e non interpretabili le Sure e gli Hadit che ne fanno un tutt'uno come parola autentica di Allah. Non sono il solo ad avere dubbi in tal senso, mi rifaccio piuttosto a scritti "profetici" di Charles de Foucauld o di Sant'Alfonso Maria de Liguori che riguardo all'Islam hanno espresso seri dubbi sulla sua evoluzione e riformabilità.
Ricordo che i Musulmani possono ricorrere in particolari situazioni alla dissimulazione (Taqqya): laddove siano minoranza e debbano carpire la benevolenza delle comunità contigue alla loro, possono accettare anche leggi e modi di vita a loro non proprio graditi, finché non siano essi ad essere maggioranza con la possibilità di farsi valere anche a livello politico e quindi legiferare islamicamente (Sharia).  Io faccio conto soprattutto sui musulmani che, prescindendo da quelle parti del Corano che vorrebbero gli infedeli combattuti e sottomessi, assumono posizioni pacifiche a fraterne nei confronti di tutti. In Egitto ci sono Musulmani che proteggono le Chiese insieme ai Cristiani quando queste sono nel mirino dei fondamentalisti. A Lahore, Musulmani hanno aiutato i Cristiani a ricostruire chiese. 
La Speranza è una virtù cristiana, l'ingenuità e il buonismo non sono invece virtù: "puri come colombe e scaltri come serpenti".
Mani tese ed occhi aperti quindi. Incontriamoci e dialoghiamo, poi preghiamo per la Pace e la fraterna convivenza. Non dimenticando che, come dice il Vescovo Negri,anzitutto "noi siamo sfidati sulla evangelizzazione e sulla educazione di un popolo cristiano capace poi di interloquire efficacemente con tutti i nostri fratelli che vivono con noi nelle varie situazioni della vita, e dare perciò il nostro contributo originale e significativo a una società in cui le differenze di cultura, di identità, di professione, di fede, devono esprimere la ricchezza della vita umana".
Gb.P.

Charles de Foucauld: "Così l'islam ci dominerà"

Forse nessun europeo è stato così vicino ai musulmani d’Africa come il beato Charles de Foucauld (1858-1916), che a loro ha dedicato la vita fino al martirio. A distanza di quasi cent’anni, una sua lettera a René Bazin, scritta due mesi prima della morte, suona come una vera profezia che fa riflettere: 

"Ritengo che se, lentamente, dolcemente, i musulmani del nostro impero coloniale del Nord Africa non si convertono, sorgerà un movimento nazionalista simile a quello della Turchia. Si formerà un’élite intellettuale nelle grandi città, educata in Francia, ma senza lo spirito né il cuore francese, un’élite che avrà perso la fede islamica, ma che ne conserverà il nome per influenzare attraverso di essa le masse.
D’altra parte, la massa dei nomadi e dei contadini resterà ignorante e distante da noi, fermamente maomettana, portata all’odio e al disprezzo contro i francesi, contro la nostra religione, contro il nostro dominio, non sempre benevolo. Il sentimento nazionalista e barbaresco crescerà nell’élite colta. Quando troverà l’occasione, per esempio durante qualche situazione difficile per la Francia, interna o esterna, utilizzerà l’islam come una leva per sobillare le masse ignoranti e così cercare di creare un impero musulmano indipendente in Africa.
L’impero francese in Africa — Algeria, Marocco, Tunisia, Africa occidentale — ha 30 milioni di abitanti. Grazie alla pace, potrà averne il doppio in meno di cinquant’anni. Questa crescita demografica sarà accompagnata da un grande sviluppo materiale. I Paesi si arricchiranno, saranno solcati da ferrovie, popolati da persone agguerrite e addestrati all’uso dei nostri armamenti, guidati da un’élite educata nelle nostre scuole. O noi impariamo a fare i membri di questa élite dei francesi, oppure prima o poi ci cacceranno via. E l’unico modo per diventare francesi è diventare cristiani.
Non si tratta di convertirli in un giorno, né tanto meno con la forza, ma dolcemente, in silenzio, con la persuasione, l’esempio, la buona educazione e l’istruzione, attraverso un contatto stretto e affettuoso. Questo è un lavoro soprattutto per i laici, che possono avere con i musulmani dei contatti assai più numerosi e più intimi che non i preti.
I musulmani possono diventare dei veri francesi? Eccezionalmente sì, ma in generale no. Molti dogmi fondamentali dell’islam si oppongono ai nostri principi. Con alcuni, e penso ai musulmani liberali che hanno ormai perso la fede, ci sono accomodazioni possibili. Ma con altri, e mi riferisco a coloro che aspettano il Madhì, non v’è nessuna possibilità di accordo. Escludendo i liberali, i musulmani credono che, giungendo i tempi del Giudizio Universale, verrà il Madhì che proclamerà una guerra santa per stabilire l’islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o soggiogato tutti i non-musulmani.
Secondo la loro fede, i musulmani ritengono l’islam come la loro vera casa e i popoli non-musulmani come destinati a essere sopraffatti da loro o dai loro discendenti. Considerano la sottomissione a una nazione non-musulmana come una situazione transitoria. La loro fede li assicura che usciranno vincitori da questo scontro con gli europei che oggi li dominano. La saggezza consiglia loro di patire con calma questa prova: “Quando un uccello intrappolato si agita, perde le piume e si spezza le ali, invece se resta tranquillo sarà integro il giorno della liberazione”.
Loro possono preferire un Paese a un altro, come preferiscono la Francia alla Germania perché ci ritengono più miti; possono intrecciare amicizie con tale o tal’altro francese; possono combattere con grande coraggio per la Francia, per sentimento o per onore; possono dimostrare spirito guerriero, fedeltà alla parola, come d’altronde i mercenari dei secoli XVI e XVII. Ma, di norma, esclusa qualche eccezione, finché saranno musulmani, non saranno dei veri francesi. Aspetteranno con più o meno pazienza il giorno del Madhì, quando allora attaccheranno la Francia.
Ecco perché sempre più musulmani algerini si mostrano così ansiosi di chiedere la cittadinanza francese. Come possono chiedere di far parte di un popolo straniero che sanno sarà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso? Diventare francesi davvero, implicherebbe una sorta di apostasia, una rinuncia alla fede nel Madhì.
(Lettera del beato Charles de Foucauld a René Bazin, dell’Accademia Francese, 29 luglio 1916)"

http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-la-profezia-di-de-foucauldcosi-lislam-ci-dominera-16853.htm#.V9BvHvmLSM9

domenica 11 settembre 2016

Card. Leonardo Sandri :“Tutti là siamo nati", in quei luoghi, sotto le macerie frutto dei peccati, delle violenze e delle miopie di molti uomini e di molti poteri del mondo, è rimasta la sorgente posta da Dio

BERGAMO – Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella celebrazione Eucaristica per il conferimento dell’Ordinazione Episcopale a S.E. Mons. Pierbattista Pizzaballa, Arcivescovo Titolare di Verbe e Amministratore Apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini – Cattedrale di Bergamo, sabato 10 settembre 2016 A.D.
Patriarcato Latino di Gerusalemme
  Carissimo fra Pierbattista!
Abbiamo appena ascoltato queste parole : “la Santa Chiesa Cattolica chiede che sia ordinato Vescovo il presbitero Pierbattista Pizzaballa”. Il 15 settembre di ventisei anni fa, nella cattedrale di Bologna, l’amato Cardinale Biffi che impose le mani ordinandoti sacerdote diceva a te e ai tuoi compagni: “è la Sposa stessa di Cristo a implorare il suo Sposo: è dunque una richiesta impreziosita dalla indefettibile fedeltà sponsale.. motivata dalla sua preoccupazione materna.. Ciò che voi diventate, lo diventate per sempre; ciò che oggi avviene in voi, avviene una volta per tutte…”.
Contempliamo la Chiesa sposa di Cristo e Madre di tutti i credenti, e facciamo oggi una singolare esperienza della sua cattolicità: il mandato apostolico del Santo Padre Francesco, Successore dell’apostolo Pietro, la tua famiglia, prima chiesa domestica, l’amata Chiesa di Bergamo, che ci accoglie nella sua cattedrale, l’Ordine dei Frati Minori, in particolare i Frati della Custodia di Terra Santa, e ora la Diocesi Patriarcale di Gerusalemme, alcuni Nunzi Apostolici, Vescovi, Delegati ecumenici, sacerdoti e fedeli laici che qui si sono radunati per pregare e gioire insieme per l’opera che il Signore ha iniziato in te, e anche in loro attraverso la tua presenza e il tuo ministero.
  1. Nel mistero della Chiesa, insieme al Vescovo Pierbattista, ci rendiamo conto che al centro non c’è un uomo, ma la grazia di Dio che ha operato e opererà ancora più efficacemente dentro di lui. Ce lo ha ripetuto san Paolo, le cui parole appena proclamate sono diventate il tuo motto episcopale: “Sufficit tibi gratia mea  – Ti basta la mia grazia”. 
E’ una espressione ben lungi da un vago sentimentalismo o da una fede disincarnata. Paolo arriva a “vantarsi ben volentieri delle proprie debolezze, perché dimori in lui la potenza di Cristo”, di fronte ad una situazione di grande difficoltà nell’esercizio del ministero apostolico che gli è stato affidato dal Signore.
Attraverso le esperienze dolorose Paolo giunge alla percezione molto semplice che Cristo è il Signore e che il suo ministro si prepara liberando il cuore da tutto ciò che poteva essere una forma di successo proprio, divenendo strumento sempre più adatto nelle mani di Dio. Attraverso l’attimo di incomprensione con la comunità di Corinto, certamente riprende coscienza dell’assolutezza e della trascendenza indescrivibile del mistero di Dio, che gli era diventato così vicino nell’apparizione del Cristo sulla strada verso Damasco, tanto quasi da arrivare a sembrargli suo, mentre in realtà è al di là di ogni capacità umana di parlarne e di disporne. Il dolore dell’esperienza credente di Paolo fa scaturire insieme ad una lettera che lui stesso definisce “scritta tra le lacrime” anche l’altezza e l’intensità della riflessione sul ministero della Nuova Alleanza e della riconciliazione, come servizio (diakonía) ai fratelli nella fede e come collaborazione alla loro gioia. Invochiamo l’intercessione di san Paolo sul vescovo Pierbattista, perché il nuovo passo chiesto nella Chiesa alla sua vita di fede sia vissuto come modo per approfondire la propria esperienza di credente che lo renda autenticamente Pastore secondo il cuore di Dio.
  1. Il testo del profeta Isaia, tratto dal cosiddetto “libro della consolazione”, pone l’uomo di ogni tempo anzitutto dinanzi ad una domanda: “Perché spendi denaro per ciò che non sazia e non disseta, ritrovandoti ultimamente come il popolo disperso e esiliato a Babilonia?”. La risposta però consiste non in un giudizio di condanna da parte di Dio, ma in una promessa di fedeltà e di alleanza eterna. L’iniziativa ancora una volta è del Signore che redime, raduna dalla dispersione, ama e si prende cura. Ma Dio ha bisogno del profeta che se ne faccia portavoce ed interprete, uno che viva tra gli uomini e sia capace di ridestare in loro la fame e la sete dell’Autore della Vita. Il Vescovo allora, superato il senso di inadeguatezza e confermato nell’assoluto primato della grazia, di cui ha fatto egli per primo esperienza, passa annunciando la consolazione che viene da Dio “consolate, consolate il mio popolo; come sono belli sul monte i piedi del messaggero che annuncia la pace”. Tanti cuori in Terra Santa e particolarmente nel territorio del Patriarcato Latino hanno sete di giustizia e di pace: dimensioni fondamentali del vivere umano, che prima ancora che rivendicate come diritto dagli altri devono essere desiderate e operate nei rapporti dentro la Chiesa e tra le Chiese, oltre che con i credenti Ebrei e Musulmani. Essere Vescovo per la Chiesa Latina che è in Gerusalemme, Amministrandola a nome e per conto del Santo Padre, come pure guidando l’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa, è compito senz’altro arduo, ma potrà essere vissuto pieno di gioia e di serena determinazione, perché ancorati nella Parola del Signore e non nei nostri progetti umani. La Parola infatti non è incatenata né messa in fuga, ma efficace e porta frutto: “come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia… così sarà anche della parola uscita della mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, e senza aver compiuto ciò per cui l’avevo mandata”.
  1. Nella Terra Santa, che tu, Padre Pierbattista, hai abitato e servito da 26 anni, il Verbo fatto carne ci ha fatto conoscere il desiderio di Dio, la salvezza per l’umanità, lì Colui che è la Parola del Padre ha portato a pienezza la Rivelazione, “parlando a noi come ad amici”. Come il Salmo, anche noi diciamo “Tutti là siamo nati”. Nella fede vogliamo rinnovare la consapevolezza che in quei luoghi, sotto le macerie frutto dei peccati, delle violenze e delle miopie di molti uomini e di molti poteri del mondo, è rimasta la sorgente posta da Dio, che zampilla per dare sollievo e fecondità. E’ la presenza stessa di Gesù che è il Vivente. Sacerdoti e fedeli, guidati dal Vescovo, dovranno avere ogni giorno il coraggio di scavare più in profondità dentro il proprio cuore, attraverso le vicende della storia, per ritrovare il Cristo che ne è il Signore. Allora la comunità cristiana, che chiede di essere preservata, sostenuta e protetta, continuerà ad essere dono per tutti, per coloro che abitano quei luoghi da secoli, ma anche per i pellegrini e per le migliaia di lavoratori migranti che ormai ne fanno stabilmente parte. L’unico strumento nelle nostre mani per evitare che i cristiani emigrino dal Medio Oriente, o vengano fatti uscire da progetti non chiari, è trovare sempre forme antiche e nuove per essere chiesa in uscita, che ha a cuore la promozione di spazi di incontro e riconciliazione. Il Vescovo, che nella porzione di Chiesa locale presiede nella carità, mentre vive il ministero della santificazione (munus sanctificandi), spezzando il pane della Parola e dell’Eucarestia, edifica la comunità cristiana come casa fondata sulla roccia. Ed insegnando, educa a pensare che tale stabilità, proprio perché ci è data da Dio, è anche dono che ci impegna a protenderci in avanti verso chi soffre, bisognoso di una speranza affidabile per la propria vita e il proprio destino, anche attraverso la solidarietà concreta – e pensiamo con riconoscenza a quanti, anche tra i presenti, da tutto il mondo si impegnano nel sostenere la vita delle Chiese in Terra Santa.
E’ lo stile del Pastore tratteggiato da San Gregorio Magno nella sua Regola Pastorale: “La Verità stessa, quando apparve in mezzo a noi assumendo la natura umana, si dà alla preghiera sul monte e compie miracoli nelle città, suggerendo con l’esempio ai pastori saggi di accostarsi con amore alle necessità degli afflitti, pur tenendo lo sguardo alla contemplazione. La carità infatti raggiunge le altezze quando scende con gesto d’amore alle infime necessità dei poveri, e quanto è maggiore la benevolenza nel piegarsi verso gli umili, tanto è più rapido il volo verso Dio” (2,5).

  1. Intercedano per te la Vergine Maria e San Francesco, e faccia loro corona la preghiera e il canto degli angeli di Betlemme: sia il tuo episcopato capace di mettersi in cammino, come sono raffigurati nella Basilica della Natività, per condurre il gregge a te affidato ad incontrare, riconoscere e servire il Verbo della vita; abbi il coraggio di tendere sempre la propria mano, come Tommaso, al costato trafitto di Cristo Crocifisso e Risorto, per essere confermato e confermare nella fede i fratelli. Sia un ministero di luce e di bellezza, che non si spaventa di fronte alle sfide che gli sono poste innanzi. Ti accompagni nel viaggio che oggi inizi questa parola del Santo Padre: “Il volto delle nostre comunità ecclesiali può essere coperto da ‘incrostazioni’ dovute ai diversi problemi e ai peccati. La nostra opera deve essere sempre guidata dalla certezza che sotto le incrostazioni materiali e morali, anche sotto le lacrime e il sangue provocati dalla guerra, dalla violenza e dalla persecuzione, sotto questo strato che sembra impenetrabile c’è un volto luminoso come quello dell’angelo del mosaico della Basilica di Betlemme. Coopera a questo ‘restauro’ – come già fece San Francesco – perché il volto della Chiesa rifletta visibilmente la luce di Cristo Verbo incarnato”. Amen.                                                http://it.lpj.org/2016/09/10/omelia-del-cardinale-leonardo-sandri-per-lordinazione-episcopale-di-mons-pizzaballa-bergamo-10-settembre/

venerdì 9 settembre 2016

Christian voices speak from Aleppo

Thank you to Catholic World Report for this excellent article, which manages to clear up what is going on.Just one remark: to be precise, the looting of Aleppo’s factories is not attested to only by the government but also by the people, and first and foremost by the manufacturers of Aleppo, whose equipment eventually turned up in Turkey.   OraproSiria

CWR,  September 08, 2016 
Alessandra Nucci 

The war in Syria is in its fifth year and is now almost entirely focused on once-beautiful Aleppo, the country’s biggest city, and—before the war—also the biggest manufacturing center of the Middle East.  According to Aid to the Church in Need, before the war there were well over a million Christians in Syria. Today they are about 400,000. These survivors tell ACN that their towns, homes, and churches have been destroyed by ISIS.
Targeted from the very outset by opposition forces as a key area to take over in order to cripple the Syrian economy and hasten the ouster of President Bashar al-Assad, Aleppo’s factories were looted early on and emptied of their machinery, which was sent to Turkey, never to be seen again, according to the Syrian government.

In Aleppo, Syria’s mini-world war by proxy may at last be in its final stage, as the Syrian army, which holds the west of the city, is fighting to root out the last bastion of the opposition formations entrenched in the eastern part of the city.
At least, this is the picture one gets from Catholic and Christian Syrians. 
One enormous problem lies in the identity of the insurgents, which Western powers and media continue to lump together as “rebel groups,” despite the fact that even the US State Department has admitted that al-Nusra (the name that al-Qaeda goes by in Syria) “is present among the fighters in Aleppo,” where “there is an intermingling of the groups.” Over the years this “intermingling” of the rebel factions with cutthroat formations that are officially termed terrorists by both the US and by the UN has radically changed the make-up of the insurgency.

A recent report in the Financial Times regarding the weeks-long siege on Aleppo adds another complicating element. “The offensive against President Bashar al-Assad’s troops may have had more foreign help than it appears,” the report states. “Activists and rebels say opposition forces were replenished with new weapons, cash and other supplies,” ferried in for weeks by regional backers, including Saudi Arabia and Qatar, across Turkey’s border with Syria.
“This assistance occurred in spite of the fact that the rebel offensive—dubbed ‘the great Aleppo battle’—has been led and organized by Jabhat Fatah al-Sham, a jihadi group formerly known as Jabhat al-Nusra.  Some rebels claim that US officials supporting moderate rebel forces intentionally turned a blind eye to Fatah al-Sham’s participation in the offensive to ensure that the opposition maintains a foothold in Aleppo.”

According to Dr. Nabil Antaki, a Syrian Marist missionary working as a physician at St. Luke’s Hospital in West Aleppo, only a small percentage of the rebel forces are “the democratic opposition”; the majority, he claims, are now “terrorist groups intent on establishing an Islamic state.”
“In the course of time these [moderate] groups have been absorbed by the terrorist groups, which currently represent over 95 percent of the hundreds of armed opposition groups present in Syria,” Dr. Antaki says. “Therefore the [West-supported] Free Syrian Army and the opposition—which are not terrorists, but are nonetheless armed—represent a mere 5 percent of the armed groups, the rest all being terrorists.”
Dr. Antaki believes that some of the rebel groups not currently classified as terrorists by the international community do, in fact, match the definition of terrorist groups. “The main [terrorist groups]—Daesh [ISIS] and al-Nusra—have been added to the official list of ‘terrorists’ by the United States and by Russia, so that everyone has the right to target them from the air. However, there are also other groups that come from al-Nusra and are not yet classified as terrorists; among them are three main groups, Jaish al Islam [Army of Islam], Ahrar al Sham, and Jaish al Fatah [Army of Conquest]. These three have been created by al-Nusra itself, in order to wriggle out of the list of terrorists,” Dr. Antaki says.
In the context of the battle for Aleppo, this translates into reports that the Syrian army is “setting siege to Aleppo,” reports that often disregard the fact that civilians in large numbers have fled to West Aleppo, which is controlled by the Syrian regime and which is home to 1.5 million people, and away from East Aleppo, the inhabitants of which have been reduced to only a fifth of that number while under rebel control.
In the words of Dr. Antaki: “A few months ago the Syrian army went on the offensive to bring some relief to Aleppo, which has been surrounded and besieged for the past three years. But according to the Western media, it was the Syrian army that was setting siege to the Syrian people in Aleppo, while in fact the opposite was true—the Syrian army was trying to put a halt to the three years of terrorist siege of the city. The people are not afraid of the Syrian army, they are afraid of the terrorists.”
“When we cry out for help for Aleppo,” he explains, “it gets transformed into a cry for East Aleppo. So when the media announced that the last pediatrician of Aleppo had been killed, well, it’s not true, because in West Aleppo there are about 100 pediatricians. Perhaps that was the last pediatrician in the other area, I have no idea, I have no information, but what I do know is that the inhabitants of the Eastern section live under the control of the terrorists.”

For many inside Aleppo, the international coalition of 60 countries that President Obama vowed would “degrade and ultimately destroy” ISIS appears to be dragging its feet. According to the US Department of Defense, as of July 26, 2016, the international coalition had carried out 14,093 air strikes since September 2014, which amounts to an average of a little over 21 airstrikes per day. Russia’s intervention in support of the Syrian government, starting on September 30, 2015, registered in its first 107 days 5,662 raids and the launch of 97 missiles against ISIS and other jihadi targets.
“When it was the Americans who were doing the bombing, the Islamic State kept expanding, eventually occupying up to 50 percent of the territory,” Msgr. Georges Abou Khazen, apostolic vicar of Aleppo, said in a recent interview with Italy’s Il Giornale. “It was only when the Russians stepped in and started bombing that ISIS finally started to withdraw. Let me say it …One can have serious doubts about the role played by the Americans.” 
“Before the Russians stepped in to help the Syrian government, the rebel bombs rained on the city of Aleppo,” Msgr. Khazen continued. “We lacked running water for two months, and electricity for six. Today, instead, everything is at last going back to normal. Who would you expect us to support? The Al- Nusra rebels and their ISIS allies, or the Russians?”.


Another Catholic voice out of Aleppo is Sister Maria de Guadalupe, a missionary sister of the Argentinian Institute of the Word Incarnate, an order accustomed to bringing the word of God to some of the most dangerous places in the world. During a brief visit to Chile last December she reported that “in these last few months, with the Russian intervention in the war in support of the Syrian national army, there has been positive progress in Aleppo, because for the first time we witnessed the Islamic State withdraw and cities being recovered.” Although the situation is still dramatic, “in the last few weeks we’ve seen the army succeed in reconquering some very important neighborhoods, and above all the Christian ones, which in the past few months had been ridden by gun fire,” Sister Maria continued. “This success has led ISIS to intensify its attacks and guerrilla warfare. In the same way, every military advance of the army is accompanied by an intensification of the rebel attacks.”

A recent controversy regarding the city and its inhabitants centers around the UN’s demand in August for a few hours’ ceasefire to allow the passage of food and medical aid to the area under the control of the terrorists. Father Ibrahim Alsabagh, a Franciscan pastor and keeper of the Latin parish of St. Francis in Aleppo, was interviewed on Italian radio about the truce. Asked whether the ceasefire was being respected, Father Ibrahim, whose parish is in the part of town safeguarded by the Syrian army, responded: “What we hear is that this truce works in one area, where there is respect and the foodstuffs have been brought in. But there is another problem…. Just as along with real refugees to Europe there are many in disguise who enter with the intention of killing people and triggering explosions among the civilians, so too our fear is that along with these food supplies may come new weapons for the militias that hide among the civilians.”
“Our experience,” Father Ibrahim continued, “is that every time they open ‘humanitarian corridors’ from the east to the west, along come people with bombs who blow themselves up in areas which had become safe. So on the one hand there is a need to get the necessities of life to the civilians trapped on the other side, but it must be made clear to all involved that they must not use the suffering of innocent people as a banner to speak of peace, when they actually mean to work for the opposite. What we need is a real peace agreement, not a three or forty-eight hour truce.” 

mercoledì 7 settembre 2016

"E' d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane e su quella di proteggere la presenza cristiana".

Saydnaya; oggi tradizionale festa della S Vergine

S.B. Youhanna Yazigi: “Come fanno i politici a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane?”

S.I.R. 7 settembre 2016

“Salvate i nostri Paesi dalle grinfie del terrorismo, fermate il commercio sfrenato delle armi e richiamate nei porti le vostre navi da guerra! Non ci sentiremo al sicuro né con navi da guerra né con navi da emigrazione! Ci sentiremo protetti soltanto se nelle nostre terre verrà seminata la pace. Noi siamo piantati qui da duemila anni, qui siamo nati, qui viviamo, qui anche moriremo”. 
È l’accorato appello di Sua Beatitudine Youhanna X (Yazigi), patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, lanciato questa mattina in apertura del XXIV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa su “Martirio e Comunione”, promosso dal Monastero di Bose dal 7 al 10 settembre, in collaborazione con le Chiese ortodosse. 
Il Patriarca Youhanna X che è fratello di uno dei due metropoliti rapiti in Siria nel 2013, Bulus Yaziji, ha affidato la sua relazione al decano della facoltà teologica dell’Università di Balamand, Porphyrois Georgi. “I nostri cristiani d’Oriente – ha scritto il Patriarca ai partecipanti del convegno di Bose – cercano oggi qualcuno che porga attenzione al loro grido ma non lo trovano”. “Non andiamo in cerca della pietà dei forti di questo mondo ma, a voce alta, urliamo loro in faccia: ‘Smettetela di affibbiarci l’etichetta di miscredenti, basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie, di adottare slogan insensati!”. “Non è giunta l’ora che il mondo si svegli? – ha quindi chiesto il patriarca siriano -. Non è giunta ancora l’ora in cui l’umanità si renda conto che terrorismo e intolleranza religiosa (takfir), che ora prendono di mira i nostri popoli e le nostre chiese, raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta? Non è giunta ancora l’ora in cui la politica internazionale si interessi al caso dei due metropoliti, Yuhanna Ibrahim e Bulus Yaziji, e dei presbiteri rapiti da più di tre anni? Non è giunta ancora l’ora per la società internazionale di domandarsi, per una volta, perché impone un embargo a un popolo affamato chiudendogli le porte dei suoi mercati mentre gli spalanca quelle del mercato delle armi?”. 
Ed ha concluso: “Non riesco a capire come facciano i politici della terra a stare con le mani in mano, a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane”.
http://agensir.it/quotidiano/2016/9/7/monastero-di-bose-appello-del-patriarca-youhanna-x-basta-terrorismo-e-menzogne-richiamate-nei-porti-le-navi-da-guerra/

Intervento di Sua Beatitudine Yuhanna X
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente

Il sangue dei martiri, seme di comunione

Dalla Chiesa apostolica di Antiochia dove “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26), invio a voi la benedizione apostolica con amore sincero e l’abbraccio fraterno in Cristo Gesù nostro Signore.
“Dio ha messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo…” (1Cor 4,9-13).
Forse in queste parole dell’Apostolo Paolo si trova l’espressione migliore dell’attuale situazione della Chiesa di Antiochia e la sua continua lotta per rendere testimonianza, nel corso dei secoli, al suo Signore e alla sua fede viva. ........ 
  continua a leggere qui: https://www.facebook.com/Antiochpatriarchate.org/posts/758399840930398


Summit delle Chiese del Medio Oriente: “lottiamo non contro forze umane, ma contro i signori delle tenebre”

Agenzia Fides , 7/9/2016

La lotta che coinvolge i cristiani del Medio Oriente, in questo tragica fase della loro storia, “non è contro forze umane, non è contro carne e sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i signori delle tenebre di questo tempo, contro le schiere del male in luoghi che sono legati al cielo”. 
Con queste parole il Patriarca greco ortodosso Theophilos III di Gerusalemme ha delineato lo scenario dai tratti escatologici in cui si collocano anche le emergenze e i drammi vissuti dalle comunità cristiane nella regione stravolta da guerre e fanatismi feroci. Lo ha fatto ieri, martedì 6 settembre, aprendo ad Amman l'XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches), a cui prendono parte ben 22 Capi e rappresentanti ufficiali di Chiese e comunità cristiane diffuse nell'area. Il titolo del summit, tratto dal salmo 118 (“Celebrate il Signore perchè è buono, la sua misericordia dura in eterno”) ripropone la vocazione dei cristiani ad essere strumenti di misericordia in quella parte del mondo devastata da violenze, ingiustizie, cospirazioni e scontri di potere. 
“Data la situazione attuale e le dure condizioni della regione” ha aggiunto il Patriarca Theophilos nel suo discorso d'apertura, “è d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane” e su quella di “proteggere la presenza cristiana. Questa - ha sottolineato il Capo della Chiesa greco ortodossa di Gerusalemme - è la nostra responsabilità, e noi non possiamo e non dobbiamo aspettare che altri se ne facciano carico al posto nostro”.

Molti interventi dei capi e dei rappresentanti delle Chiese – dal Patriarca copto ortodosso Tawadros al Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II, dal Catholicos armeno Aram I al Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X – hanno affrontato nel dettaglio le tante emergenze delle comunità cristiane mediorientali in questo momento storico. Molti hanno sottolineato la necessità di trovare nuovi cammini efficaci per vivere la comunione tra i battezzati e l'urgenza di alimentare la tradizione di convivenza e dialogo tra cristiani e musulmani, per affrontare insieme la malattia dei settarismi fanatici e trovare le vie per affermare anche nei Paesi mediorientali i principi di cittadinanza e di piena uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge. 

http://www.fides.org/it/news/60697-ASIA_GIORDANIA_Iniziato_il_summit_delle_Chiese_del_Medio_Oriente_lottiamo_non_contro_forze_umane_ma_contro_i_signori_delle_tenebre#.V9Bs6vmLSM8

lunedì 5 settembre 2016

A Mhardeh, i terroristi moderati preparano una strage di cristiani

unità armate di islamisti appartenenti all'opposizione siriana avanzano verso
la cittadina di Mhardeh, città natale del patriarca Ignazio IV Hazim,
 situata nella campagna di Hama.
 
Mhardeh costituisce uno dei maggiori agglomerati di greci ortodossi in Siria

IL SUSSIDIARIO, 5 settembre 2016
di Patrizio Ricci

La settimana scorsa i gruppi jihadisti Jund al Aqsa, Fatah al­Sham e Jaish al­Nasr, Jaish al­Izzah del Free Syrian Army (ed altri), tutti appartenenti al coordinamento Jeish Al­Fatah, hanno lanciato una violenta offensiva a nord della città siriana di Hama. Gli aggressori, provenienti da Idlib e da Aleppo, hanno avuto immediatamente ragione delle esili postazioni difensive della forza di nazionale di autodifesa (Ndf). I militanti di Jeish Al­Fatah si sono lanciati da più direzioni contro i check­point con veicoli kamikaze imbottiti di esplosivo ed hanno fatto largo uso di missili Atgm/TOW (regalati in quantità enormi dagli Usa durante la tregua del 27 febbraio). La situazione a nord di Hama è davvero preoccupante: nonostante i bombardamenti aerei siriani e russi, numerosi villaggi situati nella campagna a nord di Hama sono caduti sotto i colpi inferti dai combattenti islamici, forti anche di agguerritissime unità cecene. 
L'obiettivo ambito è prendere Hama (350mila abitanti) e Mhardeh, la città cristiana più popolosa della Siria. Mhardeh oltre alla sua indiscussa importanza religiosa e storica ha una grande importanza strategica. Per la sua posizione è la porta di ingresso alla fertile valle del fiume Oronte: la valle ospita la maggior parte delle principali minoranze presenti in Siria, compresa quella cristiana situata ad est dell'Oronte. L'attacco che i terroristi stanno compiendo è del tipo "shock and awe" (colpisci e terrorizza) ed ha lo scopo di alleggerire l'offensiva governativa ad Aleppo. Nello stesso tempo, l'obiettivo è dimostrare ai cristiani che il governo non li protegge e di punirli per il loro sostegno. 

Intanto, a Mhardeh la popolazione non dorme e molti cittadini si uniscono all'Ndf (forze difesa nazionale), e ai volontari cristiani del posto si sono aggiunti circa 1000 uomini dell'esercito arrivati venerdì, volontari cristiani Ndf accorsi da Damasco e giovani assiri della milizia cristiana Sootoro proveniente da Qamishli.
Con i terroristi alle porte, gli abitanti temono che possa ripetersi quando avvenne nel villaggio cristiano siro-­ortodosso di Sadad nell'ottobre 2013. Si tratta della strage più efferata di cristiani di tutta la guerra in corso: tutte le quattro chiese del paese furono saccheggiate e distrutte e 45 civili innocenti, donne e bambini furono torturati a morte dalle milizie jihadiste. I corpi mutilati di sei persone appartenenti ad una stessa famiglia furono trovati in fondo a un pozzo. Per una settimana, prima della riconquista governativa, 1.500 famiglie furono tenute come ostaggio e trattenute come scudi umani. 
Ed un mese prima del massacro di Sadad, anche la cittadina di Maalula  (dove si parla ancora l'aramaico come a Sadad) ebbe i suoi martiri. Successivamente, il dilavamento delle milizie settarie lungo la Valle dell'Oronte moltiplicò ovunque questi episodi di violenza e sopraffazione. Ecco in una breve registrazione come riferiva quelle circostanze padre Pizzaballa, l'allora Custode di Terrasanta. Si tratta di una lettera indirizzata nel 2013 al card. Sandri (Prefetto della Congregazione per le chiese orientali) e letta dallo stesso, nel corso dell'incontro ''cosa vogliono i siriani" svoltosi a Roma il 17 dicembre 2013. Il documento mostra come le violenze settarie dei "ribelli" contro i cristiani siano state sempre una costante nell'arco della cosiddetta "rivoluzione" fino a costituirne una caratteristica indissolubile. Mhardeh stessa (che subisce attacchi ininterrotti dal 2012) è testimonianza vivente di questa situazione. E' evidente che ciò che accomuna queste azioni non è certo la volontà di indire libere elezioni (il cui esito, vista la strenua resistenza delle popolazioni, è scontato), bensì di imporre un rigido stato islamico basato sulla sharia.
Tuttavia, nonostante le numerose evidenze, le persecuzioni contro i cristiani saranno considerate dalla Comunità internazionale "degne di attenzione" solo in seguito, quando una delle tante fazioni islamiche, l'Isis, intaccherà gli interessi occidentali in Iraq. Sarà comunque un'attenzione parziale, limitata solo ai soprusi compiuti dallo Stato Islamico. 
I fatti però sono di altro segno: la battaglia in corso a nord di Hama, con le notizie di stragi di civili e decapitazioni di militari, provenienti dai villaggi di Souran, Alfaya e Tayeb Al­-Imam (in quest'ultimo è stata decimata tutta la popolazione) dimostra per l'ennesima volta che Isis, al Nusra e Free Syrian Army (così come pure le altre svariate sigle combattenti) hanno lo stesso radicalismo religioso, operano tutte all'unisono e rispondono alle direttive delle stesse cabine di regia. Lo Stato Islamico, per impedire che l'esercito siriano mandi cospicui rinforzi nella zona di Hama, lo tiene impegnato nella zona desertica tra Hama ed Homs mediante continui attacchi. Questo tipo di azioni coordinate sta avvenendo anche in altre località della Siria come Kuwaires (Aleppo) dove l'Isis non ha alcun interesse strategico.
Basta focalizzare l'attenzione su una qualsiasi località della Siria per capire la verità di ciò che sta avvenendo, eppure il Dipartimento di Stato USA asserisce che il pericolo sia costituito esclusivamente dallo Stato Islamico (Isis) e che, perciò, gli altri gruppi jihadisti non sono da considerare terroristi. E' chiaro che Washington (e gli alleati nell'area) non avendo mai rinunciato a rovesciare lo stato siriano (secondo progetti già in piedi dal 2001) abbisognano di distinguere tra le varie "sfumature di grigio" della stessa matrice ideologica fondamentalista, secondo quello che il mercato offre. Così quando gli abitanti del posto si rifiutano di abbandonare il loro passato si fa tabula rasa, per far regredire le persone e spezzare la loro volontà.

mercoledì 31 agosto 2016

Ritorno ad Aleppo

Lieta, umilmente al servizio e certa del Dio della Vita: così suor A. ( il nome oscurato per i tanti controlli da superare al prossimo rientro attraverso territorio talvolta ostile) ha raccontato ieri ai ragazzi del Sermig di che consiste la resistenza dei cristiani nel quotidiano martirio del popolo di Aleppo



"Sono semplicemente uno strumento di Dio che si è servito della mia povertà per mandarmi in questa città. Lavoro in un ospedale fin dall'inizio della mia vocazione religiosa, sono rimasta ad Aleppo quindi per 45 anni, non tornavo da sette anni in Italia ed ora riparto con il cuore greve per le notizie che mi giungono ogni giorno.  Questa guerra iniziata sei anni fa come una promessa di primavera araba si è rivelata un inverno, e questo inferno continua ancora oggi: non siamo stati davanti a un benessere come ci era stato promesso, anzi il benessere che cominciava ad esserci è stato tolto alla popolazione da questa guerra. Penso che questa guerra ha avuto un solo scopo: un piano politico, e commercio delle armi, interessi economici, avidità di denaro e di potere, Forse è stato un piano meditato da tanto tempo: per rovinare, paralizzare .. Vi posso confermare, per tutti gli anni che ho vissuto là, che nessuno voleva questa guerra, in Siria: nessuno voleva la morte di 400.000 persone, la distruzione del paese, ... e sapete che dietro ad ogni fratello che muore c'è una famiglia che soffre. Ci dicono le statistiche: 1 milione di feriti, 100.000 mutilati, oltre ai disabili, agli sfollati e 12 milioni di bisognosi di aiuto... e in più tengo a dirvi che in questi anni di guerra ci sono stati 3 milioni di bambini che non sono andati a scuola.
La città di Aleppo è la più martoriata, la si chiama giustamente la città dei martiri perché ci sono stati tanti civili che sono stati martirizzati per non avere rinnegato la loro fede, per essere restati fedeli al Vangelo. La città oggi è divisa in due: la parte dell'est occupata dai ribelli mercenari e la parte dell'ovest governata dall'esercito governativo, è in questa parte che noi viviamo. Aleppo aveva 3 milioni di abitanti, oggi ne ha 1 milione e mezzo, tutti cercano di fuggire con le loro famiglie; quelli che rimangono sono le persone anziane, sono i poveri che non possono intraprendere il viaggio della speranza che poi talvolta diventa un viaggio di morte. La città è rimasta più volte sotto assedio e questo ci ha provocato grandi difficoltà; in più le sanzioni, che ci hanno imposto oltre a questa guerra, hanno portato la gente alla miseria, alla epidemia, pensate che l'80% della popolazione vive oggi con pacchi alimentari perché i viveri di prima necessità sono talmente aumentati che chi ha perso il lavoro, chi ha perso la casa, chi ha perso tutto, oggi non ha più risorse: tutto finito, non ha di che vivere. La povertà c'è dappertutto, anche in Italia, ma adesso là in Siria non c'è più povertà, c'è miseria; e oltre a questo il popolo di Aleppo sta vivendo da tre anni senza acqua, senza elettricità... Pensate che la popolazione si è dissetata con acque inquinate tratte dai pozzi che si trovano nelle moschee e nelle chiese e per ottenere quest'acqua bisogna fare  file per delle ore, voi vedete bambini in coda con delle bottiglie, con dei secchi, e mentre stanno facendo la fila c'è il pericolo di ricevere pure qualche bomba o missile... Quanti ne abbiamo ricevuti in Ospedale! Pensate alla mancanza di elettricità quando ci sono 42° senza un ventilatore, senza un frigo, e d'inverno quando la gente per riscaldarsi va nei giardini pubblici per tagliare alberi, rami, ed altri prendono dei cartoni, della plastica per accendere il fuoco, ho visto bambini che si riscaldavano con una candela!
I cristiani sono stati perseguitati fin dall'inizio, da subito ci sono stati rapimenti, perfino di sacerdoti e di vescovi; i quartieri cristiani sono stati i più presi di mira da quella gente, e di tanti cristiani sappiamo che gli hanno tagliato la gola e gettati in fosse comuni ma ancora non sappiamo individuare il luogo … Diversi villaggi cristiani sono stati rasi al suolo, sacerdoti hanno dato la loro vita.
Il Papa ha fatto molti appelli per salvare Aleppo, ma chi doveva ascoltarlo non ha ascoltato e nel frattempo assistiamo a partenze, tutti se ne vanno; noi come suore in un Ospedale,  unanimi abbiamo deciso di restare, di rimanere per essere solidali con coloro che non possono partire, con coloro che non vogliono partire e hanno deciso di rimanere malgrado le difficoltà e i sacrifici, malgrado il rischio perché più volte anche noi siamo state minacciate, più volte abbiamo anche noi ricevuto sulla terrazza del nostro ospedale dei colpi di mortaio, bombe che non sono esplose per grazia di Dio. Resistiamo e perseveriamo, sapete perchè? Perchè amiamo questo popolo e Gesù ci ha detto: “non c'è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo”: è vero, siamo dei servi inutili e abbiamo fatto quello che dovevamo, ma se resistiamo è per coloro che non possono partire e che oggi più di ieri hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra presenza, una presenza silenziosa e discreta. Con tutto quello che riceviamo cerchiamo di fare tutto il bene che ci è possibile e vi posso dire che la Provvidenza non ci è mai mancata, anche nei momenti più duri la Provvidenza si è alzata prima di noi.
Oso ora dire la parola 'benedizione': in ogni guerra c'è sempre qualcosa che fa rinascere, qualcosa che fa rivivere la persona stessa se veramente si crede, e vi confesso che per me personalmente questa guerra è stata una crescita umana e spirituale. Umana, perché è cresciuta in me questa misericordia, questa compassione, questa solidarietà; e spirituale, perché ho toccato con mano la protezione di Dio che è venuta a salvarci, ci ha preservato in ogni pericolo, è sempre venuta in nostro aiuto, ed ho visto una straordinaria solidarietà che è nata non solo per la nostra comunità, che ha ricevuto dalla congregazione e dagli amici, ma la solidarietà del mondo intero. Se non ci fosse stato questo aiuto, e gli organismi che ci sono venuti in soccorso, oggi non ci saremmo più.
A voi giovani chiedo: dobbiamo farci operatori di pace, non è difficile essere operatori di pace, è alla nostra portata di ogni giorno … un sorriso, una parola, un gesto di perdono, è con questo che costruiamo la pace.

E infine, al pubblico che le chiede: “ma chi te lo fa fare di tornare ad Aleppo?” con semplicità questa piccola suora solida come una roccia, risponde: 
 la mia vita è donata a Dio e quando siamo sicuri che tutto è donato, che sia qui o che sia là per me è la stessa cosa. Tutto è donato a Dio nei miei fratelli siriani, in questo popolo che soffre. Sono stata con loro nei momenti belli quando Aleppo era una città meravigliosa, fiorente, che non mancava di niente, era un paradiso; ora che Aleppo è un inferno è con loro che devo sperare, essere testimone con la vita: non c'è bisogno di parole, basta essere una presenza, testimone di riconciliazione e di perdono. Non c'è giorno in cui musulmani e cristiani non mi chiedano la stessa cosa: ma perché non vai via, perché rimani qui? Ma oggi mi vengono a dire anche: meno male che siete rimaste, senza di voi che cosa saremmo stati, grazie per essere rimaste, non ci abbandonate come fanno tanti altri , oggi il popolo ha bisogno di voi, di persone come voi che danno tutta la loro vita agli altri. 
 Ma in realtà non è niente, è Lui che opera in noi, è Lui che ci dà la forza di continuare: io mi alzo alle cinque del mattino e lavoro fino alle nove di sera, perché nel nostro Ospedale avevamo 100 medici di tutte le specialità, oggi ne rimangono appena 20; avevamo molte infermiere su cui potevamo contare professionalmente e oggi una dopo l'altra se ne vanno... Nella nostra comunità siamo 6 religiose, ciò che ci ha dato la forza di rimanere è stata la preghiera, se non ci fosse stata questa forza interiore non avremmo potuto sopportare quello che abbiamo sopportato, per me la preghiera è l'arma più potente e si può affrontare tutto con essa... Tenere lo sguardo fisso su Gesù ... è da Lui che riceviamo la forza, da Lui riceviamo tutto quello di cui abbiamo bisogno.
 Restare e ridonare questa speranza a coloro che l'hanno perduta: se la guerra finisce ci sarà un'altra guerra molto più esigente che questa, ed è la guerra di ricostruire i cuori, di rimarginare le ferite, di fare punti di pace.
 Pregate per me, perchè ritorni dove il Signore ha voluto che piantassi la Sua tenda, per rendere felici quelli che mi stanno accanto, e a voi auguro lo stesso: spendere la vita per rendere felici quelli che vi sono stati dati accanto."