“In questi giorni abbiamo cominciato il Campo estivo per i bambini e i ragazzi di Aleppo. Siamo partiti che erano in 50 e adesso, in pochissimo tempo, siamo già arrivati a 120 presenze!” dice p. Ibrahim, frate della Custodia di Terra Santa e parroco di Aleppo.
Un’iniziativa coraggiosa, che porta la festa e la gioia tra le macerie di una città sotto assedio dal 2012. Il motto scelto per il campo sono le parole di San Paolo “Gioite nel Signore sempre, vi dico, rallegratevi, rallegratevi, rallegratevi”.
All’inizio c’è stata qualche difficoltà, come racconta sempre p. Ibrahim: “I genitori all’inizio erano molto impauriti alla sola idea di lasciar uscire i figli da casa e non avevano quindi il coraggio di venire da noi a registrarli. Abbiamo così telefonato a tutte le famiglie per convincerli. Il giorno dell’inaugurazione è stato un grande giorno di festa, con canti e balli, cioccolatini, dolci e anche un clown! I genitori erano commossi e pieni di stupore, forse ancor più dei loro bambini”.
Partiti con i bambini tra i sei e i dieci anni, i frati del convento di S. Francesco hanno dovuto ben presto allargare le iscrizioni e accogliere anche i più piccoli, fino ai tre anni.
“E grazie alla Provvidenza e allo Spirito che soffia impetuosamente” continua p. Ibrahim “sono in aumento anche i volontari che ci aiutano nelle attività; e tra di loro, inaspettatamente, ci sono tante le mamme che si sono lasciate coinvolgere senza riserve”.
Così per quattro giorni alla settimana, i bambini di Aleppo hanno un posto dove andare a giocare, inontrarsi in un ambiente accogliente, esprimere i loro talenti. E sono previsti anche corsi di cucina, così a turno i più grandi preparano il pranzo, e poi si mangia tutti insieme.
Continua entusiasta il parroco francescano: “Qui da noi Internet non funziona un granché, così i bambini e i loro genitori vengono sottratti alla calamità dei “rapporti virtuali”, dovendosi necessariamente aprire al mondo delle relazioni umane “reali”. Questo fatto li rende più sani sotto tutti i punti di vista: umano, psicologico, intellettuale e spirituale. I genitori a gran voce ci hanno richiesto che il Campo estivo fosse aperto tutti i giorni della settimana, ma noi abbiamo risposto che è assolutamente necessario che i bambini abbiano del tempo da trascorrere a casa con loro. Non vogliamo sottrarli alla famiglia sostituendoci ad essa, ma ci preme cooperare con le famiglie alla loro crescita umana”.
Fra i bambini più piccoli, molti sono denutriti, così tra un’attività e l’altra al campo estivo si cerca di dare loro del latte “…ma anche cioccolatini e dolci, per farli felici”.
Conclude poi p. Ibrahim: “La ragione vera, la più profonda, per cui facciamo questo Campo estivo è perché desideriamo che, attraverso tutto quello che si propone, le persone possano percepire i segni, anche minimi, della delicatezza della Carità cristiana. Carità che passa anche attraverso un po’ di latte oppure dei cioccolatini; che a volte sta nel prendersi cura di un bisogno particolare o nell’offrire un piccolo giocattolo. È in tal modo che la sofferenza viene purificata, gli occhi delle persone cominciano a vedere e il cuore a sperimentare la presenza del Divino nella quotidianità, Divino che si esprime nell’abbraccio amorevole della Chiesa. Noi desideriamo che si rafforzi, nell’esperienza, la percezione del volto di Cristo presente, il volto tenero di Dio rivolto al popolo sofferente”.
È possibile sostenere concretamente la parrocchia di Aleppo, e gli altri centri francescani presenti in Siria. Ogni gesto di solidarietà per loro è fondamentale.
Per donare ora in favore dell’Emergenza in Siria, clicca qui:
http://www.proterrasancta.org/it/emergenza-siria-un-centro-estivo-porta-la-gioia-nel-cuore-di-aleppo/
Intervista a padre Ibrahim Sabbagh, che guida una parrocchia nella città siriana: «È facile eliminarci fisicamente, ma nessuno ci riesce. Questo dimostra che Cristo è presente»
E il secondo fiore? Guardando al futuro, vedo che questa pianta del cristianesimo, che riflette la presenza di Dio nella storia e in Siria, è molto debole, piccola e delicata, ma tutte queste tempeste non riescono a devastarla. Questo è il più grande miracolo al quale assisto. Mi accorgo cioè di quanto sia facile eliminarci fisicamente, ma vedo che nessuna forza riesce a calpestare, soffocare, devastare questa piccola pianta: questo dimostra che Cristo è presente e provvede.
http://www.tempi.it/aleppo-palude-guerra-ogni-giorno-assisto-a-tanti-miracoli#.VZdhE_ntmko
Leggi qui l'appello: http://www.oeuvre-orient.fr/2015/07/04/si-vous-nous-voulez-du-bien-aidez-nous-a-rester-chez-nous/
«Nella palude della guerra, ogni giorno assisto a tanti miracoli»
Intervista a padre Ibrahim Sabbagh, che guida una parrocchia nella città siriana: «È facile eliminarci fisicamente, ma nessuno ci riesce. Questo dimostra che Cristo è presente»
TEMPI, 3 luglio 2015
«Io
come parroco assisto a tanti miracoli ogni giorno. Dio non ci fa mai
mancare la sua tenerezza». Padre Ibrahim Sabbagh non parla
metaforicamente e la prova di quello che dice sta nel fatto che non
ha paura di morire. Il frate francescano vive ad Aleppo, dove ha
accettato di recarsi nel 2014 in piena guerra per guidare una
parrocchia. La situazione della seconda città più importante della
Siria è così grave che il cardinaleAngelo Scola l’ha definita
la «Sarajevo del XXI secolo». Ogni giorno nella parte della città
dove vivono i cristiani, sotto il controllo del governo, divisa da
quella in mano ai ribelli, cadono bombe e razzi. Nel numero
di Tempi in
edicola settimana scorsa è
presente un ampio servizio sulla “Sarajevo del XXI secolo”,
con testimonianze dalla città martoriata. Di seguito,
riportiamo la testimonianza di padre Ibrahim, per il quale la morte è
diventata un’esperienza quotidiana, «regna
il terrore»,
eppure «ci sono fiori che nascono e crescono sulla palude della
guerra».
Perché
ad Aleppo regna il terrore? Noi
sappiamo che la città di Aleppo è circondata,
ma queste bombe, questi regali di morte che cadono dal cielo, sono il
male peggiore perché non fanno differenza fra un bambino, un
anziano, un soldato, un uomo armato o non armato. Quindi regna il
terrore.
Perché subite questi
attacchi? Il 15 giugno abbiamo subito un attacco molto
pesante, con decine di morti e centinaia di feriti, perché l’inviato
dell’Onu, Staffan De Mistura, ha incontrato il presidente Assad. Di
solito i bombardamenti si fanno più forti durante queste visite,
perché alcuni gruppi ribelli non vogliono la pace e manifestano così
questa mancanza di volontà. Siamo in una fase molto difficile, ci
aspettiamo il peggio.
I cristiani hanno paura?Sì,
sono spaventati, come le altre minoranze. Non vi potete
immaginare i casi di terrore che dobbiamo trattare ogni giorno. Due
settimane fa una bomba è caduta vicino ad una farmacia,
uccidendo il farmacista, un uomo di 45 anni. La mattina dopo è
venuta da me una donna: passava davanti alla farmacia quando è
caduta la bomba, ma è sopravvissuta. Mi ha detto che non riesce
più a dormire, è sfinita ma deve lo stesso alzarsi per
andare al lavoro. Sono cose piccole ma quotidiane e diventano sempre
più pesanti per chi soffre questa tortura da quasi cinque
anni.
Perché è tornato in Siria?
Che cosa può fare un sacerdote in mezzo alla guerra? Noi
pastori cerchiamo di consolare la nostra gente con la parola,
l’assistenza spirituale e anche quella materiale, per quanto
possiamo. Cerchiamo di alleggerire un po’ la croce a queste
persone, anche se non possiamo portarla via. Cerchiamo in ogni modo
di manifestare la presenza del Buon pastore, della tenerezza di Dio,
perché la gente ne ha bisogno. Noi abbiamo anche organizzato un
oratorio per i bambini, che ora sono più di 120 e vengono quattro
volte la settimana; abbiamo preparato al matrimonio nove coppie che
si stanno sposando in chiesa con grande coraggio e vogliono
iniziare un cammino di nuove famiglie nonostante tutte le difficoltà
che ci sono. Aiutiamo anche i poveri, i senza tetto, i bisognosi.
Dio però non sembra molto
tenero con voi. Per il futuro non si vede una via d’uscita,
non sappiamo come finiremo, eppure siamo pieni di speranza che questo
mondo cristiano, che qui ha già sofferto tante persecuzioni,
riuscirà a veder passare anche questa crisi attuale, anche queste
ondate di jihadisti e a resistere, rimanendo qua per testimoniare la
presenza di Cristo.
Tanti scappano. Alcuni
dall’Occidente pensano e ci consigliano di organizzare
un’emigrazione comune. Noi, come chiesa locale, siamo contrari
perché è il Signore che ha voluto piantare la nostra presenza,
questo albero di ulivo, qui in Oriente, in Siria. Noi oggi non
possiamo sradicare questo albero e piantarlo in un altro pianeta o in
un altro continente, come se fosse la stessa cosa. Non ci sentiamo di
avere questo diritto. Sicuramente ci sono casi eccezionali, ma è Dio
che ci ha voluti qua, a Lui spetta la decisione di farci andare via.
Lei spera ancora in una
risoluzione positiva del conflitto?Io dico sempre alla
mia gente: noi vinceremo questa guerra, questa crisi con la
preghiera, prima di tutto, e con la nostra carità e con la comunione
fra di noi.
Le cose però, anche ad Aleppo,
non si stanno mettendo molto bene. Guardando con gli occhi del
corpo, il futuro è molto nebuloso, ma allo stesso tempo siamo pieni
di fede e di speranza e con gli occhi della fede riusciamo a vedere
una via d’uscita. Io come parroco assisto a tanti miracoli
ogni giorno. Quando sono caduti molti missili e bombe alla metà di
aprile, tante abitazioni ed edifici sono andati distrutti o
semi-distrutti: noi ci aspettavamo centinaia di morti in tutta la
zona cristiana, ma il numero dei morti è stato di 12 e pochi feriti.
Per me questo è stato un miracolo: ci si aspetta sempre il peggio
ogni giorno, ma ogni giorno arriva sempre il minimo di quel peggio
che ci aspettavamo. Questo è già un grande miracolo e non è il
solo.
Cioè? Io assisto anche
fra me e me a tanti miracoli: ogni volto che penso o prego per
qualcuno che ha bisogno di cibo, ma non abbiamo niente da dargli,
subito arriva qualcuno a dirmi: è arrivato del cibo da distribuire
alla gente. Quando penso o prego per una famiglia che ha bisogno
di pagare l’affitto, o per una donna che deve partorire e deve
coprire delle spese, subito arriva qualche dono della provvidenza per
colmare questo bisogno specifico. Ecco perché non smettiamo di
ringraziare il Signore: nonostante il male a cui assistiamo ogni
giorno e che vediamo con i nostri occhi, non ci manca questa presenza
tenera del Signore.
Aleppo un tempo era un modello
di convivenza religiosa. E oggi?
La situazione è molto buona. Qui, come è sempre stato anche in passato, ci incontriamo tutti insieme, anche con i sunniti, parliamo di tutto e collaboriamo per il bene del paese. Le nostre associazioni aiutano anche i musulmani, per rispondere ai loro bisogni. Non è qualcosa di cui ci vantiamo, per noi è un dovere perché è parte dell’insegnamento di Gesù. Stiamo davvero eccellendo e progrediamo nella collaborazione tra noi e con le altre confessioni.
La situazione è molto buona. Qui, come è sempre stato anche in passato, ci incontriamo tutti insieme, anche con i sunniti, parliamo di tutto e collaboriamo per il bene del paese. Le nostre associazioni aiutano anche i musulmani, per rispondere ai loro bisogni. Non è qualcosa di cui ci vantiamo, per noi è un dovere perché è parte dell’insegnamento di Gesù. Stiamo davvero eccellendo e progrediamo nella collaborazione tra noi e con le altre confessioni.
A sentirla parlare, quasi
non sembra che Aleppo sia sconvolta dalla guerra. Ci sono
due fiori che stanno nascendo e crescendo forti sulla palude
della guerra. Il primo è questo: grazie alla sofferenza, ad Aleppo
la nostra comunità cristiana è più fraterna, anche con gli
altri riti e i musulmani. Il nostro è il vero ecumenismo,
semplice, pratico che si costruisce ogni giorno nel trasmettere la
presenza del Signore nel campo della carità e nel vivere insieme in
una società compatta e unita. L’ecumenismo intellettuale, invece,
degli studi, dei libri, dei convegni è destinato al fallimento.
E il secondo fiore? Guardando al futuro, vedo che questa pianta del cristianesimo, che riflette la presenza di Dio nella storia e in Siria, è molto debole, piccola e delicata, ma tutte queste tempeste non riescono a devastarla. Questo è il più grande miracolo al quale assisto. Mi accorgo cioè di quanto sia facile eliminarci fisicamente, ma vedo che nessuna forza riesce a calpestare, soffocare, devastare questa piccola pianta: questo dimostra che Cristo è presente e provvede.
http://www.tempi.it/aleppo-palude-guerra-ogni-giorno-assisto-a-tanti-miracoli#.VZdhE_ntmko
SE VOI CI VOLETE BENE, AIUTATECI A RESTARE A CASA NOSTRA
Nuovo appello di Mgr Jeanbart, Arcivescovo greco melkita di Aleppo, mentre la città è sottoposta ad attacchi di eccezionale intensità |
« Bâtir et Rester »
.....
Se si vuole un bene per noi, si preghi con noi perchè questa guerra finisca.
Se ci volete bene, rivendicate
la pace per il nostro paese.
Se ci volete bene, aiutateci a
sostenere i cristiani che hanno deciso di rimanere per il perdurare
della presenza cristiana nel Paese.
Se ci volete bene, aiutateci a
sostenerli nella loro lotta contro il fallimento e nel loro impegno
per "Costruire e Restare."
Aleppo , 2 luglio 2015.
Metropolita Jean Clement
JEANBART
Arcivescovo di Aleppo
Leggi qui l'appello: http://www.oeuvre-orient.fr/2015/07/04/si-vous-nous-voulez-du-bien-aidez-nous-a-rester-chez-nous/