uno dei tanti bambini di Aleppo resi mutilati dai missili lanciati dai jhadisti sui quartieri della città fino a ieri (foto Pierre le Corf) |
Intervista di Paolo Vites a Fra Firas Lutfi
“L’Unicef lancia l’allarme, ma cosa ha fatto finora per i bambini siriani? E cosa fanno le potenti nazioni occidentali, i cui giornali mettono in prima pagina le foto del piccolo Aylan, morto annegato, o di Iman, morta assiderata tra le braccia del padre? Non parlano di chi ha scatenato la guerra in Siria, una guerra per procura, dietro alla quale si nascondono le nazioni più potenti del mondo. Non dicono niente. Ma non ci sono solo Aylan e Iman, in questa guerra si contano almeno 300mila bambini morti”.
A
parlare così, con voce alta e decisa, è padre
Firas Lutfi, Superiore del Collegio di Terra Santa ad Aleppo,
dopo l’“allarme” lanciato in queste ore dall’Unicef: “Il
clima freddo presto colpirà di nuovo tutto il Medio Oriente, con
temperature che scenderanno sotto lo zero in diverse aree e ogni
inverno i bambini nella regione si ammalano, smettono di andare a
scuola e rischiano di morire… Occorre un grande movimento globale e
umano di carità o sarà una strage”.
“L’Unicef
– aggiunge Lutfi – non dice però che ‘un grande movimento’
esiste già e andrebbe aiutato: è la Chiesa siriana, che ha sempre
sostenuto, da quando è iniziata questa guerra e ancora oggi, i
bambini e le donne siriane. Nessuno dice che a Idlib, dove la Siria
sta combattendo contro gli ultimi ribelli jihadisti per liberare la
provincia, operano due padri francescani che accolgono nelle case dei
cristiani e nei loro conventi tutti coloro che scappano dalle bombe,
anche i musulmani. E la responsabilità dei giornalisti che tacciono
su queste cose è gravissima”.
Padre
Lutfi, l’Unicef lancia l’allarme, dopo
il caso di Iman,
la bambina di un anno e mezzo morta assiderata in un villaggio vicino
ad Aleppo in braccio al suo papà che cercava disperatamente di
raggiungere l’ospedale per farla curare. Come stanno le cose?
Chiariamo
alcune cose prima di entrare nei dettagli.
I
bambini rappresentano una linea rossa che non si può superare, vanno
difesi in ogni istante, fin dalla nascita, come insegna il Magistero
della Chiesa ed è ciò che il Vangelo richiama alla coscienza di
tutti ogni giorno. In una guerra bambini, donne e anziani sono i
primi a pagare con la vita le conseguenze delle atrocità e della
cattiveria degli adulti. Detto questo, aggiungo un altro appunto:
spesso e volentieri la vita di questi bambini viene strumentalizzata.
In
che senso?
Il
caso di Aylan è diventato un simbolo, il simbolo di queste famiglie
che scappano in cerca di una vita sicura. Ma non solo lui ha pagato,
prima e dopo tanti altri Aylan e tante altre famiglie sono morti.
Dove scoppia un conflitto i più vulnerabili sono i bambini, i primi
ad andarci di mezzo, perché o civili sono i primi bersagli quando i
combattimenti si fanno più intensi e cruenti.
Hassan, unico sopravvissuto della sua famiglia nel bombardamento dei jihadisti di Idlib su Aleppo, il 25 gennaio di quest'anno |
C’è
però chi dice, come una volta gli americani, che in guerra si
possono usare “le bombe intelligenti”: colpiscono gli obiettivi
in modo chirurgico risparmiando però vittime civili…
Ipocrisia
vergognosa. La realtà, invece, ci dice che oltre alle bombe,
ora si aggiungono situazioni climatiche durissime, come il freddo del
deserto siriano, dove si può scendere anche sotto lo zero. E tutto
questo accresce la tragedia. Piuttosto che piangere e basta sui corpi
inermi di Iman o Aylan come simboli di questa strage di innocenti,
tutti dovrebbero spostare l’attenzione sui responsabili di questa
drammatica situazione e raccontare per quali veri fini, già nove
anni fa, fu scatenata la guerra in Libia, in Siria e in Iraq, che ha
già mietuto milioni di bambini e di anziani morti.
Si
riferisce alle potenze occidentali e non solo, che hanno dato
inizio a queste guerre che stanno devastando il Medio Oriente?
Sono circa
300mila i bambini morti in questi nove anni. Invece di impietosire le
coscienze portando alla ribalta uno o due casi drammatici, bisogna
risolvere la questione alla radice. Non è giusto prendere in giro
l’intelligenza degli uomini. La guerra non scoppia solo perché si
vuole combattere un regime o abbattere un dittatore, ma per interessi
politici e economici anche da parte di grandi nazioni che predicano
la libertà, la democrazia e la dignità umana. La vita non è sacra
solo se muore un americano o un europeo, la vita è sacra per tutti.
Ma questo sembra non avere importanza.
Davanti
alla denuncia dell’Unicef e dei media internazionali che hanno
messo in prima pagina i casi di Aylan e Iman cosa dice?
Direi
che non si possono assumere solo posizioni singole di denuncia, ma
occorre andare contro tutta la situazione che devasta la Siria.
Cito
il caso della Turchia che invade la Siria. La
Siria è un paese sovrano, deve difendere il proprio territorio, che
già in precedenza era stato violato dai terroristi di tutto il
mondo. È una guerra per procura.
E il colmo è che l’esercito siriano, impegnato a liberare la provincia siriana di Idlib, viene dipinto come invasore.
E il colmo è che l’esercito siriano, impegnato a liberare la provincia siriana di Idlib, viene dipinto come invasore.
Unicef
e Onu non fanno mai riferimento all’impegno costante profuso in
questi anni di violenze dalla Chiesa per aiutare il popolo siriano.
Perché, secondo lei?
Purtroppo
certi mestieri dovrebbero mostrare maggiore onestà intellettuale. Il
ruolo di queste organizzazioni, come l’Unicef, ha perso
credibilità, sono diventati burattini in mano ai potenti. Anche le
Nazioni Unite non hanno avuto il coraggio di prendere decisioni sulla
Siria. E come ha ricordato lei non parlano del bene, enorme, che
viene fatto.
Si
censura il bene, si esalta il male?
Vivo
ad Aleppo da quando è cominciata la guerra e la Chiesa si è sempre mossa per tutti, non solo per i cristiani .
La comunità cristiana a Idlib è sotto il tallone jihadista, ci sono centinaia di cristiani ostaggi in quella regione. Sono rimasti solo due sacerdoti francescani di rito latino, che però continuano a servire tutte le comunità, non solo la comunità latina, ma anche quelle armena e greco-ortodossa, e stanno cercando in tutti i modi di aiutare, sia a livello umanitario, sia a livello spirituale. Accolgono nei conventi e nelle case dei cristiani anche i musulmani in fuga. Eppure questi due sacerdoti sono sottoposti a ogni limitazione, non possono manifestare la loro fede, rischiano ogni giorno di essere rapiti o uccisi.
La comunità cristiana a Idlib è sotto il tallone jihadista, ci sono centinaia di cristiani ostaggi in quella regione. Sono rimasti solo due sacerdoti francescani di rito latino, che però continuano a servire tutte le comunità, non solo la comunità latina, ma anche quelle armena e greco-ortodossa, e stanno cercando in tutti i modi di aiutare, sia a livello umanitario, sia a livello spirituale. Accolgono nei conventi e nelle case dei cristiani anche i musulmani in fuga. Eppure questi due sacerdoti sono sottoposti a ogni limitazione, non possono manifestare la loro fede, rischiano ogni giorno di essere rapiti o uccisi.
Intanto
i giornali occidentali accusano Assad di stragismo…
Un
proverbio italiano dice che fa più rumore un albero che cade che una
foresta che cresce. Questi due sacerdoti vivono una fede umana e
coraggiosa, aperta a tutti. Voi giornalisti che avete una coscienza e
il coraggio di dire la verità parlate della presenza eroica di
queste persone e della loro straordinaria testimonianza in un
contesto di persecuzione.
Alla
fine, in tutta questa tragedia, si può dire che resteranno impressi
i gesti di carità compiuti eroicamente da questi uomini santi?
È
il compito di noi cristiani: essere lievito e sale del mondo.