distribuzione e composizione confessionale della popolazione libanese. fonte: https://twitter.com/DelamartinoJ/ status/1373324488117485575 |
Elijah J. Magnier , corrispondente di guerra ed analista politico specializzato su Medio Oriente, ci dà la sua visione della odierna preoccupante situazione del Paese dei Cedri, dal punto di vista del 'Partito di Dio'
Tradotto da A.C.
Non ha particolarmente stupito la notizia che il presidente israeliano Reuven Rivlin e il capo di stato maggiore delle forze armate Aviv Kochavi abbiano bussato alle porte dell’Eliseo (la residenza del presidente francese) per esprimere le loro critiche nei confronti di Hezbollah e ovviamente anche dell’Iran. Indubbiamente Israele non sarà mai in grado di accettare la presenza sui suoi confini di una forza militare molto potente, dotata di centinaia di missili di precisione in grado di coprire tutta la Palestina. Non solo, Hezbollah possiede anche decine di migliaia di missili modificati di precisione sebbene con un raggio più corto. Israele già nel 2006, quando l’organizzazione libanese possedeva molti meno missili e non aveva l’esperienza di oggi, non era riuscito a sconfiggerla. Per cui oggi un eventuale scontro avrebbe un prezzo altissimo e Israele non avrebbe affatto la garanzia di poterne uscire vittorioso. Così in seguito al tentativo fallito di dividere la Siria nel 2011 e l’Iraq nel 2014 e dopo aver cercato di piegare l’Iran attraverso sanzioni sempre più dure che gli Stati Uniti continuano a imporre alla “Repubblica Islamica” fin da quando è nata, le prospettive di debellare Hezbollah si riducono sempre più.
Gli Stati Uniti e Israele hanno cercato di appoggiare la “rivoluzione libanese“, le ONG presenti nel paese, e hanno investito più di 10 miliardi di dollari per riuscire a paralizzare Hezbollah, senza risultati. Non restano a questo punto che due opzioni: fomentare un conflitto settario oppure ridurre alla fame la popolazione accusando Hezbollah e le sue forze armate e di sicurezza. Riusciranno nell’intento? Come si sta organizzando Hezbollah e che opzioni ha?
Le recenti guerre in Siria, Iraq e Yemen hanno fornito a Hezbollah, uno dei principali partecipanti, un’esperienza bellica senza precedenti. Ha infatti combattuto insieme ad un esercito classico e a quello di una superpotenza, rispettivamente l’esercito siriano e quello russo. Ha usato carri armati, missili che si è costruito e droni armati e tra le tante operazioni che l’hanno visto protagonista ha condotto anche azioni di sabotaggio dietro le linee nemiche. Subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha definito la Russia un avversario e la Cina un concorrente pericoloso, una presa di posizione che ha avuto come risultato quello di favorire un inedito riavvicinamento tra questi due paesi e i nemici dell’amministrazione americana in Medio Oriente, soprattutto l’Iran e Hezbollah.
Una delegazione del partito comunista cinese si è recata in Libano e ha incontrato la leadership di Hezbollah a cui ha proposto dei progetti del valore di 12 miliardi di dollari mirati a rimettere in sesto la rete elettrica, le comunicazioni, i trasporti e tutte quelle infrastrutture di cui il paese ha un impellente bisogno. E la Russia da parte sua ha invitato a Mosca una delegazione guidata da Haj Mohamad Raad che ha incontrato il ministro degli esteri Sergei Lavrov e altre autorità del paese.
E’ importante sottolineare che Hezbollah in Siria è schierato in 131 punti strategici, l’Iran in 115 e la Russia in 95 escludendo l’aeroporto militare di Hmaymeem e la base navale di Tartus (sotto il controllo russo). In conseguenza è d’obbligo un coordinamento strategico tra Hezbollah e la Russia soprattutto dopo che i servizi di intelligence americani riconoscono e prendono atto che Hezbollah è una potenza regionale senza contare che la accusano anche di essere in grado di interferire nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Ma la catastrofica situazione economica del Libano ha colpito duramente la maggior parte dei libanesi, Hezbollah incluso. E le sanzioni imposte dagli Stati Uniti all’Iran (a partire dal 1979) che hanno raggiunto il livello più alto nel 2020 e che Biden non ha revocato, hanno impedito a Teheran di essere generosa con i suoi alleati anche se non ha mai smesso di finanziarli regolarmente. L’Iran considera i suoi alleati una componente essenziale della sua sicurezza nazionale. Sebbene il loro benessere sia fondamentale, tutti gli extra sono stati tagliati e i finanziamenti ridotti al minimo necessario. I salari di Hezbollah restano gli stessi e vengono regolarmente pagati. Ma solo un 20, 25% riceve lo stipendio in dollari americani e mentre prima a un dollaro corrispondevano 1.500 lire libanesi oggi il cambio è salito a 13.000. Una gran parte dei membri di Hezbollah non riceve alcun salario oppure viene pagata in moneta locale. La leadership dell’organizzazione ha creato un ente di beneficienza interno chiamato “Muwasat” (fondo di consolazione). I membri di Hezbollah pagati in dollari potranno sostenere economicamente i membri non pagati e le famiglie in stato di bisogno.
Il deterioramento della situazione economica in Libano è dovuto a una serie di motivi. Lunghi decenni segnati dalla corruzione a partire dagli anni 90 hanno portato alla “dollarizzazione” delle importazioni libanesi e inferto un duro colpo alla produzione locale. Negli anni passati la guerra fatta dagli Stati Uniti al governo di Damasco e le sanzioni americane e europee alla vicina Siria (Caesar Act) hanno giocato decisamente a sfavore dell’economia libanese. A livello interno il prosciugarsi dei dollari nel mercato libanese avvenuto in seguito alla cattiva gestione, voluta, del Governatore della Banca Centrale, personaggio controllato dagli Stati Uniti, e l’influenza esercitata dagli Stati Uniti sui paesi ricchi del Golfo che li ha indotti a non sostenere finanziariamente il Libano, sono stati l’ennesimo colpo letale inferto all’economia libanese.Tutte queste cose messe insieme hanno iniziato a ridurre la popolazione alla fame, le medicine sono praticamente introvabili, mancano i generi alimentari, il crollo della moneta locale ha creato un’inflazione galoppante e così per una grossa fetta di popolazione sopravvivere sta diventando un’impresa quasi impossibile.
La mancanza di cibo e medicine non necessariamente costituisce un motivo per scatenare un conflitto a livello militare. L’Iran potrebbe rifornire il Libano di medicine necessarie, di cibo (lo sta già facendo) e l’Iraq si è impegnato a consegnare al Libano il carburante necessario a far funzionare la rete elettrica e i trasporti. Ma il problema della sicurezza è quello più critico dato che molti gruppi schierati con gli Stati Uniti stanno chiudendo le strade più importanti in varie città, impedendo in questo modo le comunicazioni tra gli sciiti nella capitale e nelle periferie, nella valle della Bekaa e nel sud del Libano. Il blocco delle strade viene chiamato disturbo della “via dei rifornimenti” della resistenza, un’azione imperdonabile e pericolosissima che Hezbollah potrebbe considerare come una dichiarazione di guerra.
E’ ancora vivo nel paese il ricordo del 7 maggio 2008 (il giorno in cui Hezbollah prese il controllo di un’area di Beirut in mano al governo filo-americano). Il governo filo-statunitense aveva deciso di chiudere la rete di telecomunicazioni di Hezbollah, un’azione che l’organizzazione interpretò come una dichiarazione di guerra. Lo scopo era quello di bloccare il circuito di Hezbollah e il suo sistema di comunicazione (fibra ottica) essenziale per permettere al comando dell’organizzazione di dirigere le battaglie se ci fosse stato un conflitto. Durante la guerra del 2006 gli ordini di attacco erano coordinati e non furono mai interrotti anche quando Israele cercò di distruggere la rete senza riuscirci. La decisione era stata presa dal governo dell’ex primo ministro Fouad Siniora un politico nemico di Hezbollah e amico degli Stati Uniti e dei sauditi, accusato di corruzione ma salvato dall’intervento dell’ex primo ministro Rafic Hariri che lo nominò ministro delle finanze per proteggerlo da un procedimento legale ( succede solo in Libano).
Secondo fonti libanesi ben informate, nelle manifestazioni delle ultime settimane i sostenitori del primo ministro Saad Hariri con la scusa della fame e della svalutazione della lira hanno chiuso la strada di Saadnayel che collega gli sciiti della valle della Bekaa a Beirut. Anche la strada di Alay è stata chiusa dai sostenitori del leader druso filo-americano Walid Jumblatt per impedire agli sciiti di raggiungere la periferia di Beirut. E pure la strada di Jiyeh che porta nel sud del Libano veniva chiusa dai sostenitori di Hariri e di Jumblatt. Erano tutti movimenti coordinati che fanno capire come lo scenario servisse a preparare il paese a qualcosa di più grosso e a verificare la reazione di Hezbollah.
Sta di fatto che anche la leadership dell’esercito libanese ha contribuito a peggiorare la situazione poiché il comandante in capo, il generale Joseph Aoun si rifiutava di obbedire ai ripetuti ordini del presidente Michel Aoun di riaprire le strade permettendo però ai dimostranti di manifestare a lato delle stesse. Il generale Joseph Aoun è candidato alla presidenza e probabilmente crede (ma si sbaglia) che l’appoggio degli Stati Uniti sia sufficiente a soddisfare le sue ambizioni politiche.
Più di sei mesi fa successe la stessa cosa, vennero chiuse tutte le strade usate dall’ “Asse della Resistenza” che vanno nella valle della Bekaa e nel sud del Libano. Dopo ripetuti e inutili avvertimenti Hezbollah convocava più di 1.000 uomini delle forze di mobilitazione che vivono nella zona dove i dimostranti avevano bloccato le strade affinché si preparassero a sgombrarle con la forza. All’ultimo minuto l’esercito libanese, la cui leadership era stata informata, interveniva e allontanava i dimostranti chiaramente manipolati dai partiti filo-americani.
Si sta prospettando uno scenario simile ma chiudere la via dei rifornimenti della resistenza non verrà permesso. L’ “Asse della Resistenza” ritiene che questa dichiarazione di guerra non sia nient’altro che un chiaro appoggio a Israele. Si pensa che ci vogliano dalle 24 alle 48 ore per liberare tutte le strade indipendentemente dal numero dei dimostranti e da quanto siano ben armati.
Al Libano non è permesso di poter vivere in pace a meno che i suoi leader non siano pronti a concedere una parte dei loro confini marittimi a Israele e Hezbollah venga disarmato, sempre, ovviamente, per far piacere a Israele. Gli Stati Uniti stanno portando il Libano al fallimento, non permettono che riceva gli aiuti dell’Iraq, della Cina e della Russia mentre loro non sono intenzionati a sostenerlo. Più voci all’interno del paese , soprattutto la Forze Libanesi schierate con gli Stati Uniti e Israele, insistono sul disarmo di Hezbollah e descrivono Sayyed Hassan Nasrallah come la “testa del serpente” ( c’è un video sui social media).
Ma Hezbollah non darà via le sue armi e cercherà di evitare la guerra civile ma non una battaglia se fosse necessaria. Hezbollah consolida la sua organizzazione che fa parte della società e continuerà a prepararsi militarmente per qualunque possibile scenario di guerra, in Libano o al confine. Ha spostato molte delle sue operazioni sottoterra dove stanno nascendo delle città proprio per affrontare in futuro le minacce americane e israeliane.
Le forze statunitensi continueranno a collaborare con Israele per paralizzare Hezbollah. Il comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM), il generale Kenneth McKenzie è stato in Libano più volte nell’ ultimo anno. La sua visita più recente , avvenuta la scorsa settimana, è di fatto quella più importante: scortato da sei elicotteri dell’esercito libanese ha esplorato la zona di Ghazzee-Mazraat Deir al-Ashayer con una squadra di ufficiali dell’intelligence e di esperti di topografia. Ha anche fatto visita al generale Joseph Aoun (capo dell’esercito) ma non ha incontrato il presidente e neppure altri leader politici o membri del governo.
Le fonti pensano che gli Stati Uniti stiano esplorando la zona strategica che sta al confine tra la Siria e il Libano che dista solo decine di chilometri da Damasco e potrebbe essere utilizzata come base dell’esercito libanese (una soluzione di facciata) controllata dagli Stati Uniti. E’ oltretutto la zona che collega la valle della Bekaa con il sud del Libano, molto vicina al Monte Hermon dove si pensa che Hezbollah abbia le sue basi e i suoi missili strategici. L’ambasciata americana a Beirut ha comunicato che il comandante del CENTCOM ha “inaugurato un impianto di pompaggio dell’acqua finanziato dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale -USAID” già in uso negli ultimi due anni per fornire acqua ad un villaggio quasi disabitato. Non è chiaro se inaugurare una pompa per l’acqua finanziata dagli Stati Uniti faccia parte delle competenze del generale McKenzie anche se l’ USCENTCOM è uno dei due comandi combattenti il cui quartier generale non si trova nella sua zona di responsabilità ma in Florida.
Non si intravede nel breve periodo una soluzione per il Libano, un paese che cammina sull’orlo dell’abisso. I paesi del Golfo, gli Stati Uniti e Israele hanno deciso di spezzare il Libano e di far cadere il presidente Michel Aoun e il suo alleato Hezbollah. Ma saranno in grado insieme di far pendere la bilancia in loro favore? Non ci sono riusciti in Siria, in Yemen e in Iraq. Per Israele la guerra del 2006 è stata un fallimento e i 10 miliardi di dollari americani investiti per contrastare Hezbollah non hanno dato il via ad una rivoluzione e neppure ad una guerra civile. Hezbollah ha imposto un equilibrio della dissuasione in Libano e con Israele. E non ha nessuna intenzione di essere quello che comanda lo stato ma vive in un paese dove i politici hanno paura di far arrabbiare gli Stati Uniti. Il governo del Libano e i politici pro-Stati Uniti hanno timore a chiedere l’appoggio all’Oriente. Dipendono dalle esitazioni del nuovo presidente americano e della sua amministrazione che sta mantenendo inalterato lo status-quo di quella precedente (Trump). L’immobilismo e le minacce degli Stati Uniti stanno spingendo sempre più il Libano verso il precipizio.
https://ejmagnier.com/2021/03/23/il-libano-sullorlo-dellabisso/