ULTIMA ORA: Comunicato della Custodia di Terra Santa
Rapito ( di nuovo) il francescano padre Dhiya Azziz
Dal mattino del 23 dicembre scorso, abbiamo nuovamente perso ogni contatto con padre Dhiya Azziz, ofm, parroco di Yacoubieh (Siria).
Padre Dhiya era in viaggio con un taxi. C’erano altre persone a bordo. Era partito da Lattakia di buonora e diretto verso Yacoubieh, passando probabilmente per Hama, per essere in parrocchia per le festività natalizie. Era di ritorno dalla Turchia, dove era andato a visitare la sua famiglia che li si è rifugiata dopo l’ingresso di Daesh (ISIS) a Karakosh (Iraq), suo paese natale.
L’ultimo contatto telefonico si è avuto il 23 dicembre scorso alle ore 9. Da allora nessuno sa più dove sia. Avrebbe dovuto arrivare a Yacoubieh nel primo pomeriggio del 23 dicembre.
Non si hanno notizie di nessun genere di nessuno dei passeggeri.
Stiamo cercando di contattare le diverse fazioni in campo per capire se qualcuno è in grado di darci informazioni. Finora senza risultato.
È lecito pensare che sia stato preso da qualche gruppo. Stiamo facendo il possibile per comprendere chi. La situazione altamente caotica del Paese non ci permette di fare molto, purtroppo.
Se avremo altre notizie, lo comunicheremo.
Invitiamo tutti alla preghiera e alla solidarietà con padre Dhiya, con i suoi parrocchiani, i confratelli in Siria, i pastori e tutti coloro che si spendono in quel Paese per fare ancora del bene.
P. Dhya Azziz ofm è nato a Mosul, l’antica Ninive, in Iraq, il 10 Gennaio 1974. Dopo alcuni studi presso l’Istituto medico della sua città, aveva abbracciato la vita religiosa e dopo il noviziato ad Ain Karem, aveva emesso la prima professione dei voti religiosi il 1° Aprile 2002. Nel 2003 si è trasferito in Egitto, dove è rimasto per diversi anni. Nel 2010 rientra in Custodia e viene inviato ad Amman. È successivamente trasferito in Siria, a Lattakia. Si era reso poi volontariamente disponibile ad assistere la comunità di Yacoubieh, nella regione dell’Oronte (provincia di Idlib, distretto di Jisr al-Chougour), divenuta particolarmente pericolosa in quanto sotto il controllo di Jaish al-Fatah. Fu rapito e detenuto da un gruppo jihadista dalla quale riuscì a fuggire nel luglio del 2015.
Padre Dhiya era in viaggio con un taxi. C’erano altre persone a bordo. Era partito da Lattakia di buonora e diretto verso Yacoubieh, passando probabilmente per Hama, per essere in parrocchia per le festività natalizie. Era di ritorno dalla Turchia, dove era andato a visitare la sua famiglia che li si è rifugiata dopo l’ingresso di Daesh (ISIS) a Karakosh (Iraq), suo paese natale.
L’ultimo contatto telefonico si è avuto il 23 dicembre scorso alle ore 9. Da allora nessuno sa più dove sia. Avrebbe dovuto arrivare a Yacoubieh nel primo pomeriggio del 23 dicembre.
Non si hanno notizie di nessun genere di nessuno dei passeggeri.
Stiamo cercando di contattare le diverse fazioni in campo per capire se qualcuno è in grado di darci informazioni. Finora senza risultato.
È lecito pensare che sia stato preso da qualche gruppo. Stiamo facendo il possibile per comprendere chi. La situazione altamente caotica del Paese non ci permette di fare molto, purtroppo.
Se avremo altre notizie, lo comunicheremo.
Invitiamo tutti alla preghiera e alla solidarietà con padre Dhiya, con i suoi parrocchiani, i confratelli in Siria, i pastori e tutti coloro che si spendono in quel Paese per fare ancora del bene.
La Custodia di Terra Santa
P. Dhya Azziz ofm è nato a Mosul, l’antica Ninive, in Iraq, il 10 Gennaio 1974. Dopo alcuni studi presso l’Istituto medico della sua città, aveva abbracciato la vita religiosa e dopo il noviziato ad Ain Karem, aveva emesso la prima professione dei voti religiosi il 1° Aprile 2002. Nel 2003 si è trasferito in Egitto, dove è rimasto per diversi anni. Nel 2010 rientra in Custodia e viene inviato ad Amman. È successivamente trasferito in Siria, a Lattakia. Si era reso poi volontariamente disponibile ad assistere la comunità di Yacoubieh, nella regione dell’Oronte (provincia di Idlib, distretto di Jisr al-Chougour), divenuta particolarmente pericolosa in quanto sotto il controllo di Jaish al-Fatah. Fu rapito e detenuto da un gruppo jihadista dalla quale riuscì a fuggire nel luglio del 2015.
Da Aleppo, la città che non si arrende e non dispera malgrado la grande sofferenza e l'enorme minaccia quotidiana di morte, vi auguriamo amici buon Natale e felice anno prospero e sereno 2016.
Questi miei amici son scampati da una morte imminente la Pasqua scorsa. La loro casa di riposo è stata completamente distrutta. Solo San Francesco d'Assisi ha aperto il cuore e le braccia per accoglierli. Ora sono il loro custode. Loro pregano per voi ogni giorno!
In questi giorni la Madonna di Fatima è in visita ad Aleppo. La statua che vedete contiene la pallottola che poteva uccidere San Giovanni Paolo II, la potente intercessione della Vergine è stata più forte della morte. Ci affidiamo alla intercessione e protezione della nostra madre celeste in questi giorni di Natale affinché salvi i suoi figli ai pericoli che ci circondano: nel giorno di Natale ci hanno bombardato con 8 bambole di gas, ma grazie a Dio le celebrazioni sono andate a buon fine.
Insieme a questi miei amici e ai miei fratelli francescani che vivono e testimoniano la misericordia di Dio per ogni persona umana, vi saluto e vi auguro ogni bene e pace nel Signore!
fra Firas Lufti, Aleppo-Siria, 27 Dicembre 2015.
Il parroco di Aleppo: "E' Natale ma qui cadono le bombe"
Fra Ibrahim Sabbagh, siriano nativo di Damasco, è da un anno e mezzo parroco ad Aleppo. La sua chiesa, San Francesco, è nel cuore della città vecchia, nel quartiere di Azizieh. La sua gente, i cattolici latini, sono una minoranza percossa e offesa nella guerra civile che da cinque anni scuote senza tregua il Paese.
È Natale ma per Aleppo, per la città martire della Siria non c’è pietà.
«In questi giorni ci sono stati tanti bombardamenti», dice fra Ibrahim, «anzi: siamo forse arrivati al punto più alto dello sforzo dei jihadisti, che ormai sono pressati da Sudest e Sudovest, per ricuperare terreno in città.
So che da voi si incolpa di tutto il Governo ma in pochi giorni sul solo quartiere di Khalidiya gli islamisti hanno sparato più di 500 razzi. Ci sono stati morti, feriti, case distrutte. Da trentacinque giorni siamo senz’acqua, l’elettricità va e viene, manca il riscaldamento. E quest’anno il freddo è arrivato anche prima del solito. Ero qui anche a Natale dell’anno scorso e devo ammettere che vedo crescere nei cuori l’amarezza, e la sofferenza farsi più profonda».
Fra Ibrahim, insieme con gli altri quattro frati della Custodia di Terra Santa che lavorano ad Aleppo, e come tutti gli esponenti delle Chiese cristiane, si batte per dare un sollievo a chi vive nel dramma. Ma i bisogni sono enormi, visto che l’80 per cento delle famiglie ora vive in assoluta povertà, quando non è alla fame. «Ci sforziamo di creare qualche oasi in questo deserto. Sentiamo che il Signore è in mezzo a noi e proviamo a rendere ancora più chiara e palpabile questa presenza agli occhi della gente».
In concreto questo cosa vuol dire? «Cerchiamo di operare in due campi allo stesso tempo. Il primo è quello dei bisogni concreti, urgenti. Posso fare tanti esempi. Abbiamo distribuito ai bambini scarpe, biancheria e abiti caldi per l’inverno. Abbiamo garantito alle famiglie una dotazione di 200 litri di gasolio, sufficienti per scaldare l’acqua per le docce due volte a settimana per tre mesi o a tenere accesa la stufa per un mese. Ogni mese provvediamo ai pannolini per le famiglie con neonati. Nelle scorse settimane abbiamo installato nelle case 100 serbatoi d’acqua da 500 litri, perché le famiglie, e soprattutto gli anziani, possano farne provvista nei momenti in cui arriva. Non è cosa da poco, visto che un serbatoio oggi costa quanto il salario mensile di un operaio. Potrei continuare con gli esempi, e farne magari di più drammatici: ci sono le vedove, le madri con i figli sotto le armi, le coppie con bambini Down o sordomuti o traumatizzati dalle esplosioni e dalle violenze. I bisogni del corpo, qui, sono infiniti. Ma non meno numerosi e urgenti sono quelli dello spirito».
Che cosa fate dal punto di vista spirituale, quale soccorso provate a portare ai fedeli? «La parrocchia lotta per diventare una piccola luce nel buio, capace però di alleggerire la croce che la gente deve portare. I cristiani di Aleppo sono degli eroi, per come riescono ancora a vivere la loro fede. Il 25 ottobre, proprio durante la celebrazione delle prime comunioni, una bomba ha colpito la cupola della chiesa, che era piena di fedeli: per fortuna ci sono stati solo pochi feriti leggeri. Non è un caso, mirano a noi, ad Aleppo più di 100 chiese di tutte le confessioni sono state distrutte da quando è cominciata la guerra. E ormai, chi vive da anni in questa situazione non crede più alle parole ma solo ai fatti. In parrocchia abbiamo aperto la Porta Santa per il Giubileo della misericordia e per l’Avvento abbiamo organizzato una serie di brevi ritiri spirituali per gruppi e associazioni. Con i Legionari di Maria, inoltre, abbiamo programmato una serie di visite ai nostri 200 anziani, per stare con loro, condividere la loro condizione, pregare e distribuire qualche dolce».
E per Natale ? «La notte di Natale ci sarà una piccola festa, e qualche giorno fa, in parrocchia, abbiamo anche messo in scena un recital. La gente non può e non vuole stare chiusa in casa ad aspettare la prossima esplosione. Abbiamo la fede, e la convinzione che la nostra resistenza di cristiani possa ancora cambiare la storia di questo Paese».