Sulle tracce dei martiri cristiani del Medio Oriente
Aleteia, dicembre 2016
di Alexandre Meyer
di Alexandre Meyer
I
visi sono gravi, i tratti accusano la disperazione, l'affaticamento,
l'irritazione. "Otteneteci dei visti per partire tutti da qui",
sbotta il dottor Zahlouk Abdullah. Parlando a nome degli uomini
intorno a noi, il cardiochirurgo laureatosi in Francia, ha vissuto a
Lione dove è nata sua figlia, poi a Tolosa e Nizza per più di
cinque anni. Suo figlio, educato in Francia, ha conseguito il
baccalaureato lo scorso anno. Negli ultimi anni, ha dovuto imparare a
operare sui marciapiedi, ai piedi delle case devastate dalle bombe
che colpivano continuamente il villaggio di Mhardeh fin dall'inizio
di questi tragici avvenimenti.
Alexander,
capo missione di SOS Cristiani d'Oriente in Siria, alza le mani
impotente: "Quello che mi chiedete, non siamo in grado di farlo.
In ogni caso vi chiedo di compilare per me un elenco di ciò che è
necessario per sopravvivere qui, farò del mio meglio per
procurarvelo."
Nel
cortile della piccola casa parrocchiale adiacente alla Chiesa
greco-ortodossa di Notre-Dame, la più antica della città, costruita
nell' VIII° secolo attorno alle grandi colonne con capitelli corinzi
di un antico tempio pagano, caschi rossi scaricano un piccolo
furgone. Estintori, barelle, sedie a rotelle, kit di pronto soccorso
che l'associazione umanitaria ha portato, si accumulano lungo le
pareti.
Caschi
rossi
130
volontari, di età compresa tra i 22 e i 52 anni che indossano un
giubbotto fluorescente e un casco rosso da soccorritore volontario.
Formate quattro anni fa, le squadre di questi volontari di soccorso
accorrono nei luoghi bombardati.
La
maggior parte dei giovani sa maneggiare il piccone e l'estintore per
liberare le vittime o spegnere un incendio. Per la maggior parte sono
studenti universitari che danno manforte all'ospedale o alla banca
del sangue. Ma mancano di tutto.
Un
boato rimbomba in lontananza. Un volontario prende il binocolo appeso
al muro e corre sul tetto per verificare il luogo in cui la bomba è
caduta. Un altro boato. Si sta avvicinando. Il fumo sale nei pressi
del villaggio. Con uno sguardo stanco il dottore conta mentalmente
il numero degli obici artigianali che i volontari hanno collezionato
qui, come i pezzi di un museo dell'orrore: schegge acuminate come
lame di rasoio, obici aperti come funghi, bombole di gas squarciate,
pinne dei razzi, chiodi, bulloni ...
Da
un pezzo di proiettile dipinto d'oro (vedi presentazione), uno dei
residenti ha fatto un piccolo vaso e ce lo mostra adornato con un
mazzo di fiori artificiali, "No, noi cristiani di Mhardeh non
abbiamo paura della morte. Diamo forma ai loro strumenti di morte per
disegnare la pace e la gioia." "Non siamo favorevoli alla
dittatura, continua il medico, afferrandomi il braccio, ma la vita
con queste persone è impossibile. Questa è la democrazia?! Smettete
di sostenere i nostri nemici vi prego! Tutti intorno a noi, Al-Nosra,
FSA [Free Syrian Army, ndr], Fatah al-Sham, chiamateli come volete,
ci lanciano razzi fatti in Francia! "
Un
simbolo che Al-Nosra vuole vedere scomparire.
La
cittadina paga un prezzo pesante per la sua ostinata resistenza. Nel
mese di ottobre, si è beccata 150 razzi che hanno provocato 8 morti
e 67 feriti. L'ultima vittima, una madre di famiglia squarciata in
due da un missile Grad che ha perforato il tetto della sua camera da
letto, è morta lasciando quattro figli e un marito distrutto e
inconsolabile. Egli ci mostra la sua casa polverizzata senza dire una
parola, forte e dignitoso. Due giorni dopo la nostra partenza, una
donna e la sua figlia di 8 anni saranno ferite sulla via principale,
un ragazzo e sua zia non sopravviveranno all'esplosione.
Mhardeh
si trova al centro dell'asse nord-sud che collega Aleppo a Damasco, a
circa 260 chilometri dalla capitale siriana. Testa di ponte fedele al
governo accampato a 100 chilometri a nord di Homs, è bagnata a nord
dal fiume Oronte, arginato con una diga per la fornitura di energia
elettrica, tramite una moderna centrale idroelettrica. Dipende
amministrativamente dal Governatorato di Hama, nei pressi della piana
di Ghab.
La
città ha sofferto gli attacchi incessanti dei ribelli islamici che
vorrebbero ridurre al nulla questo simbolo. Infatti, con i suoi
25.000 abitanti prevalentemente cristiani, Mhardeh ha cinque chiese:
(greco-ortodosse) e una chiesa protestante (il 10% dei residenti sono
presbiteriani). Abbarbicata su un promontorio roccioso, è circondata
da zone con popolazioni sunnite le cui angherie ci sono imposte alla
luce del sole. La località più vicina, Halfaya, che si trova a 200
metri ad est delle prime case, è regolarmente sotto i tiri di un
cecchino. E' in prossimità di questo villaggio che è situata la
centrale elettrica caduta in mano ai terroristi lo scorso agosto. Da
allora, gli abitanti vivono nel buio; vengono usati i generatori a
benzina per l'illuminazione e il mazout (un olio minerale) per
cucinare e scaldare il salotto della casa con una stufetta a olio.
L'asilo
nido
Alla
piccola scuola di Mhardeh, i bambini sogliono raccogliere le olive e
seminare grano nei dintorni. La direttrice si lascia sfuggire un
sospiro, ci consegna dei piccoli croissant farciti con olive e
spezie, una specialità di questo breve periodo di avvento prima di
Natale. Dopo il giro coi magri e sostanziosi dolci si conclude la
riunione. Il sacerdote greco ortodosso del Patriarcato di Antiochia
riflette per noi il pensiero di tutti qui: "Incomprensioni,
rammarico, tristezza, stanchezza. Nessuno può accettare il destino a
noi riservato. Né il vedovo che ha perso la moglie e le figlie, né
la madre che ha perso un figlio ".
I
bambini in grembiulino rosa cantano allegramente ogni volta che noi
varchiamo la porta di un'aula. Le loro facce tonde sono illuminate
con un grande sorriso, ma nei loro occhi, si riflette una tristezza
indicibile.
Resistere
o morire
"Tutti
vogliono la pace e la democrazia, ma i takfiri [islamisti, n.d.r.]
derubano, rapiscono e umiliano i cristiani." Simon Alwakil ha
preso bene in mano la difesa della sua città. Generale Nazionale
delle Forze di Difesa, egli è il capo delle operazioni per l'area di
Mhardeh. Amato dai suoi uomini e dagli abitanti dei villaggi, il
vecchio capo d'impresa dal fiorente business ha messo i suoi mezzi e
le sue risorse a disposizione per il bene della sua città natale. Ci
riceve nel suo ufficio e ci espone i problemi complessi che deve
risolvere.
La
minaccia è permanente: 18 donne e bambini sono stati rapiti
dall'inizio del conflitto. Simon ha messo in gioco le sue conoscenze
ed ha ottenuto il loro rilascio. Suo fratello è stato rapito. Suo
figlio è stato tenuto in ostaggio per diversi mesi ad Aleppo.
I
tradimenti sono molto comuni: per quello di un medico musulmano di
Mhardeh si stabilì il riscatto. Attratto dal guadagno, il figlio del
medico era uno dei suoi rapitori ad Aleppo. Quello dei vicini
sfollati dalle manovre militari, che dormivano da lui in nome della
carità e dell'ospitalità. Vicini che hanno visto che i suoi uomini
sparavano razzi sul villaggio. "La ribellione non è motivata
dal rovesciamento del governo per il bene della gente, ma per servire
i propri interessi" ha aggiunto il generale. "Anche la
Russia non agisce solo gratuitamente, ma anche nel proprio interesse.
L'esercito russo si è diffuso in tutta la Siria e gli uomini che
rimangono qui non mi ispirano molta fiducia. ".
Allora
il generale ha reclutato 150 uomini tra gli abitanti per creare la
sua brigata. Ha alzato barricate intorno alla città, ha acquistato
un carro armato sovietico e delle autoblindo armate. Le sue armi
leggere vengono dall'Iran. I suoi uomini vengono addestrati e formati
in Libano o presso il "grande fratello" persiano. Si può
contare solo sul sostegno della forza aerea siriana per respingere
ondate di attaccanti. Dal momento in cui in estate, quando la milizia
ha fermato l'azione di 4000 fanti, sostenuto dai MiG-21, l'uomo è
diventato una vera leggenda. Gli abitanti sono demoralizzati e senza
fiato, ma il generale ha fatto loro una promessa: «Noi ci saremo!"