Il contributo del responsabile della rete internazionale di giuristi “Comunione e Diritto” per una lettura della questione della guerra in Siria e il compito dell’Europa
05-09-2013 di Gianni Caso
fonte: Città Nuova
fonte: Città Nuova
Abbiamo seguito in questi giorni le notizie riguardanti l’eventuale azione militare americana e inglese nei confronti della Siria di Assad. Sulla stampa si sono fatte tante ipotesi sullo scopo e il significato di tale azione e sulle possibili conseguenze. Al momento, il presidente Obama ha sospeso l’azione richiedendo l’assenso del Congresso. Analoga cosa è avvenuta in Inghilterra, dove il gabinetto Cameron si è sottomesso alla decisione della Camera dei Comuni. Ritengo che tutto ciò sia positivo e l’avere sospeso l’intervento militare sia stata una prova di saggezza.
Tuttavia rimane il problema dell’atteggiamento dell’Occidente – intendendo per Occidente in senso stretto l’Europa e gli Stati Uniti – di fronte al mondo islamico.
Qui, a mio avviso, alcuni princìpi, che sono anzitutto princìpi ideali e di giustizia prima che di diritto internazionale, devono imporsi agli Stati occidentali (compresi quelli dell’Europa orientale). Il primo principio è la non interferenza negli affari interni degli Stati. Può fare eccezione solo l’intervento chiaramente umanitario, ma sotto l’egida delle Nazioni Unite. Riguardo alla non interferenza bisogna purtroppo rilevare che ad essa non sembrano attenersi neppure gli Stati arabi, se è vero, come sembra, che alla crisi siriana non siano estranei altri Paesi e gruppi arabi.
Un secondo principio che dovrebbe ispirare i rapporti tra gli Stati è la difesa della libertà propria ove questa sia minacciata dall’esterno. La difesa della propria libertà è un sacrosanto dovere e diritto. Questo principio, però, non può essere interpretato nel senso di imporre con la forza la libertà negli Stati ove non ci sia, almeno nel senso che noi occidentali abbiamo della libertà. Fa eccezione, come detto, l’intervento umanitario. Esiste, poi, già il principio nella Carta dell’Onu del divieto di risolvere con la guerra le controversie internazionali.
Venendo a considerare più in concreto il rapporto tra mondo occidentale e mondo islamico, anche qui occorre una dottrina chiara. Questo rapporto riguarda due aspetti: a) le divisioni e le lotte all’interno del mondo islamico; b) il confronto tra l’Occidente e l’Islam.
Quanto al primo aspetto, bisogna accettare che il mondo islamico ha la sua storia e ha diritto di continuare a costruirsi la sua storia. È vero, ci sono all’interno del mondo islamico divisioni e guerre religiose; ma anche la cristianità ha avuto le sue guerre di religione (che, però, sia per gli uni che per gli altri, a ben vedere, sono guerre politiche, ossia legate al potere).
Quanto al secondo aspetto, penso che il confronto tra Occidente e Islam debba avvenire sul piano della civiltà e della cultura. E, in questo confronto, ciò che si richiede all’Occidente (Europa, compresa quella slava, e Nord America) è recuperare la propria civiltà e la propria cultura, che sono quelle della cristianità.
Si afferma che, nell’epoca della secolarizzazione che stiamo vivendo, la cristianità attraversa una grave crisi, per cui non si può più parlare di Occidente cristiano. Ciò nonostante, penso che la sfida per l’Occidente sia proprio questa. Anzitutto, la cristianità deve risolvere i problemi che sono al suo interno in una duplice direzione: a) superare la divisione tra le Chiese, iniziando subito con l’unità tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Questa unità darebbe alla cristianità, e quindi all’Occidente, la possibilità di presentare all’Islam i propri valori di cultura e di civiltà, inducendo il mondo islamico a fare altrettanto. A questo riguardo, bisogna rilevare quanto sia grave, pericoloso, e non assolutamente accettabile e giustificabile, un rivivere della rivalità tra America e Russia proprio nell’atteggiamento di fronte al mondo islamico.
Ed ecco una ragione in più per l’unità tra cattolici e ortodossi; b) riscoprire e proporre una fede cristiana che risponda ai bisogni dell’uomo e dell’umanità di oggi; che ritrovi l’uomo, al cui servizio deve porsi. Un cristianesimo, quindi, nuovo che recuperi e attualizzi le ragioni del primo annuncio.
Sono stato questa estate in visita al santuario della Madonna di Monte Lussari, posto sui confini tra Italia, Austria e Slovenia. Esso è meta continua di pellegrinaggi delle popolazioni latine, slave e germaniche, ed è diventato simbolo dell’unità dei popoli latini, germanici e slavi, che hanno costruito l’Europa e la cultura europea. Che possa aiutare a costruire l’unità politica dell’Europa.
http://www.cittanuova.it/c/431044/Una_risposta_adeguata_alla_crisi_siriana.html
Siria, una chance (subito) per la pace
Terrasanta.net - di Giuseppe Caffulli
Il clima a Damasco, dopo il raggiungimento dell’accordo tra Usa e Russia e l’accettazione da parte di Bashar al Assad del piano sulla distruzione delle armi chimiche, sembra essere più sereno. Ma lo spettro di un intervento armato (nel caso di mancato rispetto degli accordi da parte del regime siriano) non è affatto scongiurato.
Nel frattempo, come rivela il Washington Post, gli Usa hanno iniziato a rifornire di armi i ribelli. La Russia, da parte sua, da sempre sostenitrice di Damasco, non ha nascosto i dubbi circa l’esito del rapporto degli ispettori Onu sull’uso di armi chimiche in Siria (il testo è stato presentato il 16 settembre scorso). Per Mosca le «prove inequivocabili» a carico di Assad altro non sarebbero altro che indizi parziali e deduzioni viziate da pregiudizi politici.
Nel mezzo della tragedia siriana, tra ipocrisie e menzogne, a preoccupare sempre più è la marea di rifugiati interni e profughi, mentre il Paese è allo stremo: mancano in molte zone generi di prima necessità e medicine. Ovunque morti (ormai centomila) e centinaia di migliaia di feriti (in gran parte civili) in una guerra che dura ormai da due anni e mezzo. E della quale, ad oggi, non si vede la fine.
Può essere un intervento contro Assad (con il rischio di rafforzare le frange dell'Islam qaedista che controllano zone del Paese, e il cui integralismo religioso preoccupa fortemente le comunità cristiane siriane) a risolvere la situazione? Può essere viceversa il sostegno alla galassia delle fazioni anti-Assad, spesso in contrapposizione tra loro e con progetti politici diametralmente opposti?
O non è proprio questo il momento di giocare con più forza l’arma della politica e della diplomazia, agendo sugli attori regionali (Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) in campo su fronti opposti, per trovare rapidamente una via d’uscita? Solo il dialogo e la trattativa (come ha ribadito Papa Francesco) «rispettando giustizia e dignità soprattutto per i più deboli», può fornire una qualche soluzione.
Nell’imminenza del paventato attacco Usa su Damasco, gli operatori umanitari si erano trovati a fronteggiare un nuovo, massiccio flusso di profughi verso la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
Se non sarà data una nuova possibilità alla pace, il baratro nel quale sembra essere precipitata la Siria potrebbe farsi ancora più profondo.
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=5454&wi_codseq=TS1305
Nel frattempo, come rivela il Washington Post, gli Usa hanno iniziato a rifornire di armi i ribelli. La Russia, da parte sua, da sempre sostenitrice di Damasco, non ha nascosto i dubbi circa l’esito del rapporto degli ispettori Onu sull’uso di armi chimiche in Siria (il testo è stato presentato il 16 settembre scorso). Per Mosca le «prove inequivocabili» a carico di Assad altro non sarebbero altro che indizi parziali e deduzioni viziate da pregiudizi politici.
Nel mezzo della tragedia siriana, tra ipocrisie e menzogne, a preoccupare sempre più è la marea di rifugiati interni e profughi, mentre il Paese è allo stremo: mancano in molte zone generi di prima necessità e medicine. Ovunque morti (ormai centomila) e centinaia di migliaia di feriti (in gran parte civili) in una guerra che dura ormai da due anni e mezzo. E della quale, ad oggi, non si vede la fine.
Può essere un intervento contro Assad (con il rischio di rafforzare le frange dell'Islam qaedista che controllano zone del Paese, e il cui integralismo religioso preoccupa fortemente le comunità cristiane siriane) a risolvere la situazione? Può essere viceversa il sostegno alla galassia delle fazioni anti-Assad, spesso in contrapposizione tra loro e con progetti politici diametralmente opposti?
O non è proprio questo il momento di giocare con più forza l’arma della politica e della diplomazia, agendo sugli attori regionali (Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) in campo su fronti opposti, per trovare rapidamente una via d’uscita? Solo il dialogo e la trattativa (come ha ribadito Papa Francesco) «rispettando giustizia e dignità soprattutto per i più deboli», può fornire una qualche soluzione.
Nell’imminenza del paventato attacco Usa su Damasco, gli operatori umanitari si erano trovati a fronteggiare un nuovo, massiccio flusso di profughi verso la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
Se non sarà data una nuova possibilità alla pace, il baratro nel quale sembra essere precipitata la Siria potrebbe farsi ancora più profondo.
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=5454&wi_codseq=TS1305