Offriamo una rassegna stampa, che via via integreremo, attraverso cui i nostri lettori possono documentarsi per conoscere gli interventi dei Pastori della Chiesa di Aleppo nelle conferenze, interviste, incontri pubblici che ci hanno commosso e che ascolteremo ancora in questi giorni
Il
vicario apostolico di Aleppo sgrida Europa, Usa e Onu:
«Non ci fidiamo più di voi» Monsignor
Abou Khazen a Milano critica tutti gli errori di visione delle
istituzioni occidentali sulla guerra in Siria, dai “ribelli” alle
sanzioni fino ai rifugiati
Il vescovo di Aleppo piange sulle rovine della Siria Il vicario apostolico mons. Abou Khazen parla nella sede della Regione a Milano, ma lo stesso racconta praticamente in presa diretta il dramma che si sta consumando in queste ore nella sua Aleppo. http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-vescovo-di-aleppo-piange-sulle-rovine-della-siria-15983.htm Roma, 27 aprile 2016 - Intervista a Mons. Abou Khazen, in occasione dell'incontro "Aleppo, crocevia dell'umanità" tenutosi all'Auditorium Pontificia Università Urbaniana
Pace, la virtù del compromesso
di Giorgio Vittadini
“I musulmani che ci incontrano ad Aleppo vedono una diversità umana e ne sono
colpiti: “Voi siete diversi”.
"Dietro i jihadisti in Siria ci sono i turchi e i sauditi"
Il vescovo di Aleppo, monsignor Antoine Audo, accusa l'Occidente: "Questa guerra è organizzata per interessi economici e strategici ad alti livelli da Usa e Israele"
Mons. AUDO: la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.
Radio Vaticana, 18 marzo 16
R.
– Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello
internazionale, anche se non so a quale
risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva
e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno
sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua,
di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’
nuova e anche questo dà speranza alla gente.
D.
– Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa
tendenza?
R.
– È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una
soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per
partire.
D.
– Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due
terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le
fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche
a Bruxelles?
R.
– Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere
o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so
quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la
gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è
la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere
fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della
Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e
strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze
devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia
piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di
tutto per allontanarle dalla Siria.
D.
– Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre
minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di
pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro:
“genocidio”…
R.
– Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti.
C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione
politica. Ma se in Siria non c’è soluzione politica, di
nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo
per le minoranze soprattutto per i cristiani.
D.
– Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R.
– Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di
persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la
vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi
gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si
deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non
c’è soluzione. Questo è il problema.
Vescovo Hindo: la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”
Agenzia
Fides 18/3/2016
Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa
a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato
Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione
geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i
propri interessi”.
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan
Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi,
commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal
Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di
gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership
politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio”
alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti
dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri
gruppi minoritari.
“A
mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste
poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è
responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo
controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh –
ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per
ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede
e per ciò che opera”.
Secondo
l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle
aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione
del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e
censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che
hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla
guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno
ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di
spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione
repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa,
c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da
Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra
prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter
essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come
'ribelli moderati...'” A
giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la
dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte
dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare
terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del
Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea
l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un
ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani.
Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la
carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX
secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era
anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza
nella regione”.
Secondo
l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche
presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle
violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono
sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a
loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani
rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai
cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di
sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.
Aleppo ha passato un giorno e una notte d'inferno ieri con un bombardamento continuo dei quartieri popolari dai gruppi armati di al Nusra. Bilancio: 33 morti tra cui 17 bambini, 159 feriti gravi
Aleppo
- 8 settembre 2015 -
Lettera n° 23
Se
non vi scriviamo con la solita frequenza le nostre lettere da Aleppo,
anche se voi, amici nostri, continuate a chiederci notizie, è perché
pensiamo che la ripetizione della denuncia dei crimini commessi e
delle sofferenze patite dai siriani, rischia di diventare una
banalità. Abbiamo paura che, a forza di leggere le atrocità che
vengono commesse in Siria, voi perdiate la capacità di indignarvi,
rassegnandovi ad accettare l'inaccettabile, e in questo modo noi
diventiamo un po’ responsabili della banalizzazione dell'orrore.
Tuttavia, non possiamo non raccontare e condividere con voi le
sofferenze del nostro popolo.
Aleppo manca di acqua e gli
abitanti hanno sofferto molta sete e molto caldo quest’estate. Non
era a causa della siccità o dell'abbassamento del livello dell'acqua
nell'Eufrate. La stazione di pompaggio esiste e non è stata
distrutta. I depositi d’acqua sono pieni. L'acqua che vi si trova
viene dispersa quotidianamente nella natura piuttosto che essere
pompata nelle condotte d’acqua della città. Siamo stati lasciati
alla mercé di bande armate che hanno deciso di lasciarci senza acqua
(con 40 gradi all'ombra) durante molte settimane. Le file di attesa
sono molto lunghe davanti ai rubinetti alimentati dai pozzi che
normalmente si trovano nei giardini pubblici, le chiese e le moschee,
per potere riempire bidoni, bottiglie e secchi. Per regolare questo
problema, le autorità non hanno trovato altra soluzione che decidere
di trivellare 80 pozzi che, assieme ai pozzi esistenti, avrebbero
potuto fornire la quantità minima di acqua per una popolazione di 2
milioni di abitanti. Aleppo è diventata un gruviera per l’enorme
quantità di pozzi e gli Aleppini cominciano a dimenticare che cos’è
l'acqua corrente poiché devono andare ai pozzi per cercare l'acqua.
Un anno fa, per questo crimine, molti di voi avevano protestato ed i
vostri media ne avevano parlato. Oggi, con la ripetizione continua di
questo crimine, nessuno ne parla più, non fa più notizia.
Aleppo
manca di elettricità, non ci viene più fornita. Quando siamo
fortunati l’abbiamo per un’ora al giorno. Due anni fa, quando
l’avevamo per 4 ore al giorno, avevate protestato contro i gruppi
armati alleati dei vostri governi che interrompevano intenzionalmente
la fornitura dell’elettricità. Da allora le cose sono peggiorate,
ma non se ne parla più, perché questo è diventato un tema banale
ed ordinario.
Un anno fa, quando i barbari hanno cominciato
a distruggere i siti archeologici in Iraq e in Siria, patrimonio
dell'umanità e memoria della nostra storia, ci sono state delle
proteste. Da allora “costoro” continuano a distruggere i tesori
della Siria; i due principali templi di Palmira, gioielli del deserto
siriano sono stati gli ultimi ad essere distrutti. “Questa gente”
vuole eliminare tutto ciò che ricorda la storia multimillenaria del
paese. Vuole che la Storia sia fatta solo da loro e nessuno osa dire
niente. Anche questo è diventato banale.
Sgozzano degli
esseri umani. Avete protestato un anno fa quando hanno sgozzato
alcuni occidentali. Purtroppo non erano i primi! Centinaia di siriani
erano già state vittime di questa barbarie. Molto altri hanno subito
la stessa sorte; l'ultimo, in ordine di tempo, è stato il direttore
archeologico della zona di Palmira, uno scienziato di 82 anni, ma le
proteste sono state poche. Banalizzazione! Sgozzare un essere umano
come si sgozza una pecora!
“Costoro” hanno rapito
centinaia di cristiani e di Yezidis in Iraq. Questo è accaduto
quasi un anno fa. Vi siete indignati ed i vostri dirigenti hanno
protestato facendo delle dichiarazioni altisonanti è stata una bolla
di sapone. In seguito “questa gente” ha rapito centinaia di
cristiani assiri da Hassake e altri da Quariatayn al centro della
Siria. Nessuno ha protestato. Questo è diventato normale, banale,
non colpisce più; ed allora, direte, se dovessimo indignarci anche
perché vendono le donne come schiave ecc, ecc le nostre lamentele
non finirebbero più.
La Siria si svuota del suo popolo,
soprattutto dei suoi cristiani. Sono diventati i “profughi” che
vi danno tanto fastidio. Fareste bene ad ascoltarli mentre raccontano
le loro sofferenze ed i pericoli che affrontano per passare
clandestinamente in Europa. Ma, non hanno che da rimanere a casa
loro, qualcuno dirà! Ma a casa loro c’è l'inferno, c’è il
caos, c’è la morte. Non sono dei migranti come amate chiamarli per
alleggerire la vostra coscienza, sono dei profughi; e poi, se i
rifugiati vi disturbano così tanto, la prossima volta, prima di
scatenare una guerra a casa loro, pensateci bene! Nel frattempo,
fermate quella che avete scatenato in Siria e vedrete che il flusso
dei profughi che vi disturba si prosciugherà perché le persone
preferiscono restare a casa loro e conservare la loro dignità. Non
dobbiamo dimenticare le migliaia di profughi che sono morti annegati
o asfissiati. Vi siete indignati solamente quando i vostri media vi
hanno mostrato l'immagine straziante del piccolo Aylan su una
spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo
dramma. Ma, morire in mare, questo è diventato talmente
banale!
Davanti a tante miserie, sofferenze, morti,
distruzioni e drammi, noi Maristi Blu, non potevamo restare a braccia
conserte. Noi denunciamo, attiriamo l'attenzione, rifiutiamo ciò che
non si può accettare, protestiamo, informiamo ed agiamo. Alcune
delle famiglie profughe che aiutavamo e le famiglie di alcuni
volontari sono fuggiti dalla Siria per l'Europa con mezzi illegali
passando in maniera clandestina le frontiere o solcando il
mediterraneo. Quando vengono a chiedere consiglio noi non abbiamo
lezioni da dare né rimproveri da fare. È già un eroismo avere
resistito durante quattro anni e mezzo in questa situazione. Tutt’al
più, preghiamo affinché arrivino sani e salvi senza soffrire
troppo. Di fronte alla crisi dell'acqua, abbiamo lanciato un
SOS sei settimane fa. Tre associazioni occidentali amiche hanno
risposto generosamente alla nostra chiamata. Abbiamo potuto
acquistare 3 camioncini che abbiamo attrezzato di serbatoi da 1000 a
2000 litri di acqua, di una pompa e di un piccolo generatore. Abbiamo
acquistato anche dei serbatoi di 250 litri che abbiamo sistemato
presso le famiglie rifugiate. Abbiamo iniziato così un nuovo
programma “Ho Sete”. Noi riempiamo parecchie volte al giorno i
serbatoi dei camioncini attingendo dai pozzi artesiani di una chiesa
ed andiamo a riempire i depositi delle famiglie rifugiate o dei
nostri volontari. Il progetto “goccia di latte” che
consiste nel distribuire a tutti i bambini con meno di 10 anni del
latte in polvere o del latte per lattanti ha ormai 5 mesi di vita. I
genitori sono molto riconoscenti per questa iniziativa e così i
bambini possono crescere normalmente nonostante la
guerra. Continuiamo ad aiutare le famiglie dei profughi che
non hanno nulla per sopravvivere, grazie ai “cesti alimentari”
mensili che distribuiamo assieme ai vestiti. Aiutiamo anche le
famiglie costrette a fuggire a trovare un alloggio. Partecipiamo alle
spese delle operazioni chirurgiche o dei ricoveri in ospedale per
coloro che non hanno i mezzi per farlo. Continuiamo a distribuire a
mezzogiorno dei pasti caldi. Il nostro programma dei “Feriti
di Guerra” prosegue. Cura gratuitamente e salva della morte i
feriti gravi colpiti dalle granate o dai proiettili e questo avviene
nel miglior ospedale privato di Aleppo.
La fine dell'anno
scolastico non ha segnato l'arresto delle nostre attività
pedagogiche. Quest’estate, come ogni estate, abbiamo organizzato
parecchie “campi estivi” per i bambini dei nostri differenti
progetti, in particolare per quelli di “imparare a crescere” e
“voglio imparare”. “Magic Bus 1”, “Magic Bus 2” e “I
love Summer” hanno fatto la gioia dei bambini che hanno trascorso
alcune settimane di felicità e di gioia dimenticando la guerra e gli
stenti. “Skill School” ha proseguito le sue attività con gli
adolescenti che hanno approfittato delle vacanze scolastiche per
vivere dei momenti molto belli. Il nostro “M.I.T”
funziona bene e malgrado la guerra e soprattutto il caldo torrido di
quest’estate, le domande di partecipazione sono state più del
solito.
Oggi un giornalista canadese mi ha chiesto, durante
un'intervista radiofonica, ciò che avrei desiderato dire ad un
cittadino europeo o americano. Voglio condividere con voi la risposta
che gli ho dato: “Innanzitutto non perdete la vostra capacità di
sdegno davanti al dramma della Siria e le sofferenze del popolo
siriano, denunciate gli atti barbarici, non abituatevi all'orrore,
evitate che la ripetizione delle denunce faccia dimenticare i fatti.
Dichiarate la vostra solidarietà con le persone che hanno fame e
sete che sono malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o
in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che
fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi
per vivere meglio. Siate generosi di cuore ed ospitali. Poi,
informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi
media, fate pressione sui vostri governanti ed i vostri responsabili
affinché cambino la loro politica per arrivare ad una soluzione del
dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato. Poi, e
solamente poi, date generosamente per aiutare e soccorrere”.
Vi
lascio trasmettendovi i saluti ed i ringraziamenti di tutta l’equipe
dei “Maristi Blu”.
Nabil
Antaki , a nome dei Maristi Blu Aleppo, settembre 2015
Mons. Audo: "Interessi internazionali dietro la distruzione della Siria"
La drammatica testimonianza dell'arcivescovo caldeo di Aleppo, che accusa in particolare la Turchia di foraggiare i terroristi. E ai cristiani siriani dice: "Non abbandonate il Paese"
ZENIT,
“L’Europa non si può accontentare di fornire o di proclamare accoglienza ai profughi, perché la maggior parte di loro vuole rimanere nella propria terra”. Parole che Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, ha pronunciato stamattina aprendo la conferenza “Cristiani di Siria: aiutateci a rimanere”, organizzata da Acs presso l’Associazione Stampa Estera. Parole che sintetizzano il messaggio lanciato da mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, invitato a raccontare la situazione che si vive nel suo Paese devastato dalla guerra.
Era il 2011, quando i primi vagiti di questo devastante conflitto suggerivano ai cristiani siriani una sinistra premonizione: “Speriamo di non fare la fine dei cristiani dell’Iraq (fuggiti in massa dal proprio Paese dopo la guerra del 2003, ndr)”. Oggi, a quattro anni di distanza, quei pensieri sembrano aver trovato riscontro. Aleppo, che prima della guerra contava 150mila cristiani, oggi, anche se è impossibile raccogliere stime precise, ne ha circa 50mila.
Una situazione, quella di Aleppo, resa oltremodo difficile dai disagi che si registrano da qualche tempo. “Da più di un mese o due, siamo senza acqua e senza elettricità, in una città di 2milioni e mezzo di abitanti”. spiega mons. Audo. Che aggiunge: “Soprattutto con il grande caldo di quest’estate, capita giorno e notte di vedere nelle strade giovani e bambini con bottiglie vuote in mano, intenti a cercare un po’ d’acqua”.
Ancor peggio, quando i giovani vengono avvistati per la città con i mitra in mano. Di bande armate ne imperversano tante. L’arcivescovo caldeo spiega che Aleppo è oggi divisa in due parti: una in mano all’esercito regolare e l’altra, specie la parte vecchia, “sotto il dominio dei terroristi”. Questi ultimi sono di difficile identificazione ma, secondo mons. Audo, si tratta più probabilmente di al-Nusra che non dell’Isis.
Sono “almeno cinque i punti” della città da cui partono gli attacchi verso i cristiani, aggiunge l’arcivescovo. Che non lesina accuse precise nei confronti di Paesi stranieri. Egli individua il motivo della drammaticità che vive Aleppo nella vicinanza con il confine turco, poiché “tutti gli attacchi giungono dalla Turchia, che accoglie, addestra e rifornisce d’armi gruppi armati che stanno distruggendo la nostra regione”.
Gruppi armati che aderiscono a una jihad sul suolo siriano, ma che provengono da altrove. Del resto, ci tiene ad aggiungere mons. Audo, “nella tradizione profonda della Siria non c’è la persecuzione religiosa”, giacché da sempre il pluralismo confessionale è una peculiarità di questo “bel Paese in cui c’è tutto per vivere”. O almeno, in cui regnava la pace fin quando era interamente governato dal regime di Bashar al-Assad. Per i cristiani, quei tempi sono un rimpianto. “Non esistono due cristiani che possono affermare il contrario…”, chiosa l’arcivescovo.
Sollecitato da una domanda di ZENIT sul peso che su questa crisi ha l’embargo imposto al Governo siriano dai Paesi occidentali, mons. Audo afferma inoltre che “questa guerra ha lo scopo di distruggere e poi dividere la Siria per interessi regionali e internazionali”. Si tratta - precisa l’arcivescovo - “del commercio di armi e di interessi strategici”. Quegli stessi interessi strategici che hanno portato “alla distruzione dell’Iraq e della Libia in passato e dello Yemen in questi giorni”.
E per completare la rovina di un Paese, l’esodo di massa dei suoi abitanti diventa funzionale. È per questo che mons. Audo parla del suo impegno, come pastore, a convincere i cristiani a non abbandonare la Siria: “Come vescovo caldeo, conosco l’esperienza degli immigrati cristiani che dall’Iraq sono arrivati in Siria. È un’esperienza di morte, è un’esperienza di fine della presenza cristiana. Quindi oggi faccio di tutto per far rimanere la gente qui, ma capisco chi fugge perché non vede davanti a sé altra scelta…”. La mancanza di fiducia nel futuro - aggiunge il presule - è dovuta alle responsabilità della comunità internazionale, che da cinque anni abdica a una soluzione politica e dimostra invece - ribadisce mons. Audo - “determinazione” a continuare la guerra “fino alla distruzione della Siria”.
In questo scenario, giocano un ruolo importante i media. Lo ha ricordato, a conclusione della conferenza, Alfredo Mantovano, presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia: “Sembra, guardando i tg, che esista soltanto un problema al confine tra Serbia ed Ungheria. Ma c’è lì quel problema perché, a monte, solo con riferimento alla Siria, più di 10milioni di persone non hanno più la casa e sono state costrette a fuggire dal proprio Paese”. Le cause di questa diaspora, le ha spiegate mons. Audo.
da Radio Vaticana - Intervista a mons Audo .......
D. – La Francia però ha annunciato incursioni aeree e bombardamenti. Come vi ponete di fronte a questo?
R. – Penso che questa non sarà la soluzione. Credo sia una strategia militare per guadagnare tempo e portare la violenza in tutta la regione, per generare divisioni e, forse, vendere armi e fare progetti economici.
D. – Restare è più importante che assicurarsi la sicurezza all’estero?
R. – Per me, come vescovo della chiesa cattolica caldea, è una questione di vita o di morte. Le chiese orientali devono fare tutto il possibile per assicurare la loro presenza, che è molto importante per la storia della Chiesa universale.
È fondamentale nel contesto arabo e musulmano una chiesa capace di dialogare, di vivere con gli altri con dignità e rispetto. Noi, come orientali, vogliamo vivere nel nostro Paese, che ha una bella storia e non abbiamo desiderio di andare in Occidente.
L'Occidente non è meglio della nostra terra, che noi lasciamo solo per ragioni di sicurezza e di povertà.
8 settembre 2015, festa della Natività di Maria Agenzia Fides L'appello di Papa Francesco affinché le parrocchie e i santuari europei accolgano ciascuno una famiglia di profughi “esprime la sua sollecitudine verso chi soffre, ed è un invito a tutti i cristiani ad aiutare con evangelica concretezza chi si trova in situazioni di emergenza, come quelle vissute da chi veniva respinto alle frontiere”. Nello stesso tempo, “davanti alle guerre che stravolgono il Medio Oriente, il nostro desiderio come cristiani e come Chiesa è quello di rimanere nel nostro Paese, e facciamo di tutto per tener viva la speranza”. Così il gesuita Mons. Antoine Audo, Vescovo di Aleppo dei Caldei e Presidente di Caritas Siria, espone all'Agenzia Fides alcune considerazioni in merito all'iniziativa pontificia volta a mobilitare le comunità cristiane d'Europa nell'accoglienza ai profughi provenienti dalle aree di conflitto dell'Africa e dell'Asia. Proprio gli emigranti fuggiti dalla Siria e diretti in Germania – che ha aperto loro le porte – sono in questi giorni al centro dell'attenzione mediatica globale. I criteri con cui il Presidente di Caritas Siria guarda a questi fenomeni sono quelli del lucido realismo geopolitico e della sollecitudine pastorale: “La situazione di degrado, l'aumento della povertà, la difficoltà a curare le malattie dopo quattro anni e più di guerre” racconta Monsignor Audo “ci stanno logorando tutti. Ad Aleppo l'estate trascorsa, con problemi di rifornimento idrico ed elettrico, è stata terribile.
Oggi la città è stata avvolta da una tempesta di polvere, non si vede niente, e ci siamo detti tra noi: ci mancava solo questo.... Nello stesso tempo, non ce la sentiamo di dire alla gente: scappate, andate via, che qualcuno vi accoglierà. Rispettiamo le famiglie che hanno i bambini e vanno via. Non dirò mai una parola, un giudizio non benevolo su chi va via perché vuole proteggere i suoi figli dalle sofferenze. Ma per noi è un dolore vedere le famiglie partire, e tra loro tante sono cristiane. E' un segno che la guerra non finirà, o che alla fine prevarrà chi vuole distruggere il Paese”. Lo scenario prefigurato dal Vescovo caldeo è quello di una lenta, mortale emorragia che svuota il Paese delle sue forze migliori: “Anche ad Aleppo sento i racconti di giovani che dicono tra loro: facciamo un gruppo e andiamo via, fuggiamo da soli, senza chiedere il permesso alle nostre famiglie.... E' un fenomeno grave, di disperazione. Ma è quello che sta accadendo. Vuol dire che qui rimarranno solo i vecchi”. Inoltre, rispetto al fenomeno dei profughi e delle fughe di massa, il Presidente di Caritas Siria denuncia il sistematico occultamento delle dinamiche geopolitiche e militari che lo hanno provocato: “Noi facciamo di tutto per difendere la pace” spiega a Fides il Vescovo Audo, “mentre in Occidente dicono di fare tutto in difesa dei diritti umani, e con questo argomento continuano anche ad alimentare questa guerra infame. E' questo il paradosso terribile in cui ci troviamo. E non riusciamo più nemmeno a capire cosa vogliono davvero”. http://www.fides.org/it/news/58321-ASIA_SIRIA_Il_presidente_di_Caritas_Siria_non_possiamo_spingere_la_gente_ad_andare_via#.Ve3m9xHtmko
Se siamo uomini e non bestie
perché non togliamo
l’embargo alla Siria?
Qualche domanda al premier dopo la
predica umanitaria:
Perché continuiamo a ingrossare
l’esercito dei profughi e degli sfollati imponendo
l’embargo alla Siria?
Tempi, 8 settembre 2015
di Luigi Amicone
Gentile
presidente del Consiglio Matteo Renzi,
cosa significa ricordarci che
«siamo umani, non bestie» adesso che la Turchia ha deciso di aprire
le frontiere ai profughi e la Germania di accoglierli? Sono anni che
le tendopoli al confine della Siria fungono
da copertura ai traffici di armi verso l’Isis e i qaedisti
anti-Assad. Adesso
Erdogan capisce
il disastro a cui ha personalmente contribuito e gira all’Europa la
patata bollente.
Dunque,
piuttosto che rivolgersi al senso di umanità della gente comune, chi
ha responsabilità di governo come le ha Matteo Renzi dovrebbe
rivolgersi a se stesso e ai propri partner con domande tipo: perché
continuiamo a ingrossare l’esercito dei profughi e degli sfollati
imponendo l’embargo
alla Siria?
Perché continuiamo ad appoggiare i cosiddetti “ribelli” di
Damasco e, attraverso i ricchi paesi islamici che fanno shopping in
Europa e gonfiano i listini della Borsa newyorkese, continuiamo a
sostenere l’avanzata del Califfato che è la principale causa
dell’esodo biblico?
Intervista a don Alejandro Leon, salesiano di Damasco
Don Alejandro si occupa di un centro giovanile a Damasco e come tutti i religiosi di Siria è in mezzo ai suoi fedeli anche in queste ore difficili in cui i miliziani di Isis sembrano avvicinarsi minacciosamente alla capitale.
ilsussidiario.net.
Don Leon, lei conosceva di persona il sacerdote rapito, padre Murad?
Non di persona, ma il suo nome era noto. Il suo prodigarsi per i suoi fedeli e non solo era ben noto in Siria.
Ha idea di chi ci sia dietro a questo rapimento?
No, non ho idea, ma in Siria non vengono rapiti solo i preti, i cristiani siriani rischiano la vita ogni giorno, siamo tutti in pericolo allo stesso modo. E' una situazione di pericolo, la nostra, che vive tutto il popolo.
Dopo la caduta di Palmira la situazione è ancora più difficile. La gente fugge di casa?
Sì, tanta gente fugge. Tutto il nord, tutta la zona di Aleppo è nelle mani dell'Isis e tutti sappiamo cosa fa questa gente quando conquista una città, uccide e fa violenze terribili. Quando si avvicinano a un villaggio è logico che la gente fugga, ha paura di essere uccisa.
Adesso si sono avvicinati ulteriormente a Damasco. Come vivete questa situazione?
Con tanta paura. Ci sono sempre più missili che arrivano sulla città, armi sempre più potenti, i miliziani dispongono, è evidente, di armi nuove e sempre più distruttive.
Il rapimento di padre Jacques che si era rifiutato di lasciare la sua comunità, riporta in primo piano la testimonianza di voi religiosi in Siria.
Non è nulla, è il minimo che possiamo fare. Quella che voi chiamate testimonianza da parte di noi religiosi in Siria, è solo il minimo che possiamo fare, è un obbligo con la nostra coscienza di religiosi, con l'impegno che abbiamo preso. Come cristiani prima che come religiosi, noi rimarremo qui, con la nostra gente.
Vi sentite abbandonati dall'occidente?
Sappiamo che c'è tanta gente che ci accompagna, con la preghiera e l'aiuto economico, tante persone preoccupate per noi, ma da voi in occidente c'è anche tanta disinformazione, tanta manipolazione delle notizie.
In che senso?
Chi ha il potere in occidente manipola l'informazione e non dice la realtà di quello che succede qui.
Cosa vorreste che si dicesse?
Semplicemente la verità: che i governi occidentali continuano ad appoggiare e aiutare la gente sbagliata.
Intende che l'occidente avrebbe dovuto appoggiare Assad?
Esattamente, con lui la situazione non era certo questa, la libertà religiosa era rispettata. I governanti occidentali dovrebbero togliere le sanzioni contro di lui, ad esempio.
Come vivono i cristiani di Damasco questa situazione?
Non è uguale per tutti, non tutti sanno vivere queste prove che sono molto forti. Il centro giovanile di cui mi occupo ospita circa 650 ragazzi e non c'è uno di loro che non abbia perso almeno un parente o un vicino di casa. Tutti sono toccati dalla guerra e c'è chi vive crisi di fede. Ma in generale questa situazione ci ha spinti a essere più autentici, a cogliere maggiormente l'essenziale, che vuol dire Cristo. Tanta gente soffre duramente, ma la comunità cristiana adesso ha una fede più forte, il sentimento che prevale è la testimonianza di fede del popolo che è molto forte.
Cosa vorrebbe dire ai cristiani d'occidente?
Io ringrazio di cuore tutti, perché so che tanta gente con la preghiera e gli aiuti che ci possono inviare sono con noi. Ma bisognerà che questa testimonianza, anche se so che è molto difficile, questo sentimento popolare arrivi a chi ha il potere.
I vostri governanti appoggiano la parte sbagliata, continuano a vendere armi o a comprare il petrolio di contrabbando perché più economico. Qualcuno in occidente lo compra e questi sono soldi che servono per uccidere i cristiani di qui. Se il vostro popolo facesse la voce più forte per noi sarebbe una grande cosa.
a orchestrare l’espulsione dei cristiani dal Medio Oriente sono i Paesi della regione da sempre allineati con l’Occidente
VATICAN INSIDER, Intervista di gianni valente
«Forse rimarremo in pochi. Ma rimarremo. Anche se ci imporranno di pagare la Jizya, la tassa di sottomissione». È vescovo nella città martire di Aleppo, il gesuita Antoine Audo. E vescovo della Chiesa caldea, la comunità cattolica orientale più decimata dall'emorragia di fedeli innescata dalle convulsioni mediorientali degli ultimi decenni.
Lei ha detto che nei conflitti in Medio Oriente c'è chi usa anche le sofferenze dei cristiani per nascondere le dinamiche reali delle guerre.
L'allarme ricorrente sui cristiani perseguitati può essere letto da almeno due punti di vista.
In certi ambienti c'è una propaganda intensa che punta a aumentare la paura indistinta dell'Occidente nei confronti dell'islam, per suscitare la spinta emotiva popolare e così giustificare un maggior controllo sugli ambienti musulmani, soprattutto in Europa.
Dall'altro, ci sono Paesi della regione che con il loro islam wahhabita e l'ansia di rivalse storiche verso la cristianità non riescono a sopportare nemmeno l'idea di una presenza dei cristiani in Medio Oriente. Queste due logiche, per paradosso, si sostengono l'una con l'altra, e convergono fatalmente nello spingere i cristiani fuori da tutta la regione. In Siria non era così. E anche adesso è falso presentare il conflitto siriano come una guerra tra cristiani e musulmani. Ma è questo il messaggio che vogliono far passare, perché fa comodo a tutti.
Il tema della persecuzione dei cristiani viene strumentalizzato nelle strategie geopolitiche?
I Paesi che ho citato sono gli unici che si muovono nella prospettiva di “ripulire” il Medio Oriente dai cristiani autoctoni. Il wahhabismo poi collega il cristianesimo alla modernità, all'eguaglianza dei diritti e al principio di cittadinanza. Tutte cose che loro rifiutano.
Eppure proprio quei Paesi sono gli alleati storici dell'Occidente nella regione. E i circoli occidentali che fanno propaganda e mobilitazione permanente sul tema della persecuzione dei cristiani si accordano splendidamente con la loro strategia. E intanto usano il tema della persecuzione dei cristiani per spingere le loro opinioni pubbliche a giustificare i loro nuovi interventi armati nella regione e aumentare la paura verso gli islamici.
Dicono che le guerre servono per difendere i cristiani. Così cercano di motivare la loro presenza nella regione. Una cosa che non era successa ai tempi delle guerre nel Golfo, quando Papa Wojtyla non aveva dato nessuna sponda a chi voleva presentare gli interventi a guida Usa come nuove Crociate.
Però anche capi delle Chiese cristiane d'Oriente hanno applicato alle sofferenze attuali dei cristiani la definizione di “genocidio”.
Certe affermazioni vanno messe nel contesto del Centenario del Genocidio degli armeni e del Genocidio assiro. In molti siamo ancora segnati da quelle vicende. Anche il mio bisnonno è morto in Turchia in quei massacri, e il resto della famiglia si salvò trovando rifugio a Aleppo. Ci viene spontaneo parlare di Genocidio, anche esagerando. Ma un modo per dire che abbiamo paura. Temiamo che possa riaccadere quello che abbiamo già visto accadere.
Servono a qualcosa le mobilitazioni, o le richieste di interventi internazionali?
Per quattro anni ho ripetuto instancabilmente che l'unica via d'uscita era la soluzione politica del conflitto, che potesse aprire la via alla riconciliazione. Ma ora mi sembra sempre più chiaro che c’è una agenda per distruggere il Paese, spezzettarlo su base settaria senza mettere in conto la permanenza dei cristiani, che devono solo andare via. Questo è il messaggio che ci arriva adesso.
Domenica 24 maggio, una bomba ha colpito l'Arcivescovado siro-ortodosso di Aleppo, danneggiando la preziosa biblioteca del Vescovo Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, rapito il 22 aprile 2013 (foto Jamil Diarbakerli)
Stavolta, come ne uscirete?
Come Chiesa faremo di tutto per rimanere. Anche se dovessimo vivere sotto il potere dei jihadisti e pagare la Jizya, la tassa di sottomissione. Quelli che vogliono partire, partiranno. Ma un piccolo gruppo resterà. I vecchi, i poveri, i sacerdoti, i religiosi. Continueremo in ogni modo a confessare la nostra fede nel nostro Paese, nella condizione data. Anche se si consolidasse il regime del Califfato. Rimarremo lì, e vedremo cosa succede. Possiamo provare a trovare una soluzione, un modo per andare avanti, come abbiamo già fatto nella storia. Non è la prima volta. Questo è il mistero della Chiesa, che nel mondo rimane inerme. E la sua forza non consiste mai negli interventi e nei sostegni esterni.
Ci sono organizzazioni che aiutano i cristiani a andar via. E il Patriarca caldeo è da tempo in conflitto con alcuni preti che sono emigrati in America senza il consenso dei superiori, dicendo che erano minacciati di morte certa.
Io rispetto le famiglie che hanno i bambini e vanno via. Non dirò mai una parola, un giudizio non benevolo su chi va via perché vuole proteggere i suoi figli dalle sofferenze. Ma per i sacerdoti è diverso. Chi ha delle responsabilità nella Chiesa e va via, lo fa perché sceglie la soluzione più comoda. Se poi si giustifica presentandosi come vittima della persecuzione, questo è anche oltraggioso nei confronti dei veri perseguitati.
Agenzia Fides 8/5/2015 Aleppo “Siamo ogni giorno sotto le bombe. Credo che tanti cristiani fuggiranno da Aleppo e cercheranno riparo nell'area costiera, ma lo faranno solo quando saranno chiuse le scuole e le università, dopo gli esami. E' paradossale, ma nel disastro in cui viviamo, anche quest'anno nei quartieri centrali di Aleppo le scuole e l'università sono rimaste aperte. E chi poteva non ha rinunciato ad andare a lezione e a fare gli esami, mostrando di credere ancora che lo studio è importante per il futuro. E tutto questo, mentre si vive in una città che non sembra avere futuro”. Così il gesuita siriano Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo, racconta all'Agenzia Fides i sentimenti condivisi tra le famiglie cristiane della città martire.
Nelle ultime ore, secondo notizie rilanciate dalle agenzie internazionali, nella regione di Aleppo le milizie jihadiste avrebbero consolidato le loro posizioni, intimando la resa anche a duemila soldati dell'esercito governativo rimasti intrappolati nell'area dell'aeroporto militare. “In realtà” riferisce il Vescovo Audo “da più di tre anni per uscire da Aleppo non usiamo gli aeroporti, che si trovano tutti in aree contese. L'impressione è che sia in atto una forte propaganda e guerra psicologica contro il governo, orchestrata anche a livello internazionale con l'uso pilotato dell'informazione. Parlano di un attacco prossimo su Aleppo, dicono che Aleppo è finita. Forse stanno preparando qualcosa”.
8 maggio: nuovo bombardamento di al-Nusra sulla cattedrale maronita di Aleppo
Anche le notizie riguardanti i cristiani, secondo il Vescovo caldeo di Aleppo, vengono spesso utilizzate in chiave strumentale : “tre settimane fa” sottolinea mons Audo “sono stati compiuti dai gruppi armati anti-governativi dei pesanti attacchi mirati ai quartieri dove sono concentrate le Cattedrali cristiane e poi anche al quartiere di Sulaymaniyah, dove abitano molti cristiani. Forse l'intento era proprio quello di impressionare l'opinione pubblica internazionale e giustificare reazioni militari. Fin dall'inizio, hanno fatto di tutto per presentare questo conflitto come uno scontro religioso tra cristiani e musulmani, o tra sciiti e sunniti. Certo, i cristiani sono il gruppo più inerme, non hanno armi, hanno paura. Ma certi slogan e certe chiavi di lettura pilotate servono solo a nascondere le vere ragioni e le vere dinamiche della guerra. C'è chi vuole dividere tutta l'area in piccole entità settarie, come hanno provato a fare anche in Iraq, per mettere gli uni contro gli altri e continuare a dominare tutto”.
Il presidente dellaCaritas-Siriaha lanciato un appelloa PapaFrancesco perchè usi il suoviaggio del 28-30 novembre in Turchia per sollevare la questionedella fornituracontinuadi armi che sono inviateattraverso il confineturco allefazioni ribellinel nord della Siria.
ParlandoalCatholicNews Servicea Dublinoa fine novembre, il vescovo caldeocattolicoAntoineAudodiAleppoha avvertito chenon ci potrebbe mai essere unasoluzione al conflittosirianocon la forza militare, comequasi quattroanni di violenzahanno dimostrato.
Si stima che quasi200.000 personesono mortefinoranel conflittosiriano. Secondo l'agenziadei rifugiatidelle NazioniUnite , UNHCR, 9,3 milionidi personein Siriahanno bisogno di assistenza. Ci sono6,5 milioni disfollati internisirianiealtri2,5 milioni dirifugiati sirianineipaesi confinanti.
"Aiutateci a realizzare la pacein Siria. Tutti stannoperdendoinquesta guerra, ma tuttivincerannocon la pacee la riconciliazione. Aiutateci a trovaredi nuovola bellezza dellaconvivenza", ha supplicato il vescovo.
Il sessantottenne presuleè nato econtinua a vivereinAleppo, che si trova asoli 25chilometri dalconfine con la Turchia.
Il vescovo, come moltiin Siria, ritiene che gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l'ArabiaSaudita, Turchia e Irandevonosmettere di venderearmi allevarie fazionicoinvoltenel conflitto.
Ha avvertitoche la mancatapromozione della pacee della riconciliazionepotrebbe far sì che il conflitto giunga alle portedeipaesi occidentali.
Aleppoera un tempouna metropoli fiorenteeuno deicentri piùreligiosamente variegati della regione. Tuttavia, gli estesibombardamenti e icombattimenti brutalistradaperstradatra i vari gruppiribellie le forze governative di Assad l'hanno ridotta a una parvenzadi se stessa.
"Con la guerra abbiamoperso tutto. Lamorte èdiventatauna cosa normale. Non vi è alcunvalore della vitaumana", spiega il VescovoAudo . La cittàha visto più di3.000 mortida questo gennaio.
"La povertàè ovunque, non c'è elettricità, non c'è acqua e nessun lavoro. Anchela classe mediaè povera, adAleppo. Medicieingegnerivengono da meper chiedereun sacchetto dicibo. Ora anchevedereuna melaèqualcosa di molto speciale," continua il VescovoAudo .
La popolazione cristianadiAleppo prima del conflitto era di 150.000 suddivisa in 11comunità.
"Eravamo sei vescovi Cattolici, tre vescovi Ortodossi, eduedenominazioni Protestanti-. Arabe e Armene.Avevamo tutti le nostre aree, ma ora tutto questo èdistrutto.Più della metàdella popolazionecristianaha lasciatoAleppo..."
"E' particolarmente tristeper noi vedereigiovani che lasciano laSiria evanno in Europa, Stati Uniti, Canadae Australia. Non possonorimanere conl'insicurezza, con la crisieconomicae la mancanza di lavoro. Ognunoè diventatopovero. Se non abbiamola pacetuttii cristianilasceranno il paese. Questa è la sfida", haavvertito.
Alla domandase le radicidel conflittosono religiose, ilVescovoAudoha risposto aCNS, "un sacco diterrorististanno usandoilnome della religione". Ha citatol'influenzadell'Arabia Saudita e dei petrodollarisunnitida un lato,e degli sciitiiraniani dall'altro, che si contendonola leadership delmondo arabo e musulmano.
"Quindi ciò è religiososesi vuolechiamarloreligioso ... ma di un tipo religiosoche èideologico e politico. Nell'Islamè tuttomescolatoinsieme,non fanno distinzione trareligione e politica come nellesocietà secolarid'Europa. Abbiamo questostesso problemaall'interno della Siria", ha spiegato.
Ha aggiunto chel'80 per centodel popolo siriano è sunnita, emolti degli elementipiùestremistihanno cercatoassistenzadall' ArabiaSaudita e dalla Turchianel loro obiettivodi costituireuno Stato islamico retto conla legge della Sharia.
Il vescovoha detto che lo Stato Islamico mira a diffonderela violenza ela paura eterrorizzarela gente, ma ha aggiunto, "Non hanno alcunfuturo comeuno Stato islamico".
Il VescovoAudoha detto che vedei cristianicome mediatori tral'Occidentelaicoeilmondo islamico. "Sono convintoche il Cristianesimo Orientaleha un granderuolo da svolgerein Siriae in Medio Oriente, perché è in grado didialogare con ilmondo islamico, perché noi abbiamo un credo". L'esodo permanente dei cristiani èdannosononsolo peril cristianesimo stesso,ma perquelle societàin MedioOriente che attualmentetendono a nondistinguere trapolitica e religione".
Il VescovoAudoha affermato che egli crede cheil cristianesimoha un ruolo dasvolgere nel fornireuna comprensionepiù sfumatadicittadinanza eunamaggioreaccettazione delle differenzepolitiche e religiose.
Esprimendola sua preoccupazione per ilMetropolita siro-ortodossoGregoriosYohannadiAleppoe il Metropolita greco ortodossoPaul Yazigidi Aleppo, che sono statirapiti nell' aprile 2013nel nord della Siria, ha detto, "Speroche non siano morti, mala nostra situazioneè così complicataall'interno della Siria-- Temomolto per loro".
Per ora, il VescovoAudoha detto che progettadi rimanereinAleppo. ... "Aleppo è la mia cittàdove sono nato, dove sono cresciutoe ho studiato.Tutta la miafamiglia èdiAleppo.Più voltemi è stato chiestoquandome ne andrò da Aleppo, manon vogliolasciareAleppo- èil mio paese. Qui vivoequimoriròcon la mia gente", ha detto.
Francesco chiama la Turchia a collaborare per la pace
Nel suo discorso alle autorità politiche, il Papa auspica che da Ankara possa partire un cammino virtuoso per invertire la conflittualità che coinvolge tutto il Medio Oriente
Papa Francesco in Turchia: “Bandire ogni fondamentalismo e terrorismo”
Francesco ha rivolto il suo sguardo anche ai “gravi conflitti” che persistono in particolare in Siria e Iraq dove “la violenza terroristica non accenna a placarsi. Si registra la violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei prigionieri e di interi gruppi etnici; si sono verificate e ancora avvengono gravi persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente, ma non solo, i cristiani e gli yazidi: centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria per poter salvare la propria vita e rimanere fedeli al proprio credo”.