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venerdì 8 ottobre 2021

Escono nomi mediorientali dal vaso di Pandora

Premi Nobel e tanto scalpore per inchieste su corruzione e malversazioni-
 silenzio invece - e carcere - sul giornalismo investigativo dirompente di Assange...

Escono nomi mediorientali dal vaso di Pandora

Dall’enorme mole di documenti raccolti nell’inchiesta giornalistica chiamata «Pandora Papers», svelata il 3 ottobre, stanno emergendo i nomi di personaggi celebri che hanno collocato i propri patrimoni al riparo dal fisco, nei circuiti dell’economia offshore. L’inchiesta è stata realizzata da un consorzio investigativo di 600 giornalisti che hanno raccolto informazioni di diverse società di servizi finanziari con base nei paradisi fiscali e rivela nomi e operazioni di centinaia tra uomini di Stato e politici, personaggi sportivi e artisti di ogni parte del mondo. Compreso il Medio Oriente.

Spicca tra questi il nome del re di Giordania, Abdullah II. Dai documenti risulta che il sovrano hashemita ha creato una rete di società extraterritoriali, «nascondendo» un impero immobiliare che va dalla California a Washington, a Londra. Dato che la Giordania sta attraversando una fase economicamente molto difficile e riceve ingenti aiuti internazionali, anche a sostegno dei molti rifugiati presenti nel Paese e per attenuare l’impatto della pandemia, le rivelazioni sulle ricchezze di re Abdullah non sono passate inosservate. La casa reale ha dichiarato che le proprietà di lusso sono private e che non intaccano il bilancio pubblico del Paese. Negli elenchi dei Pandora Papers è in compagnia di altri regnanti del Golfo: dall’emiro del Qatar, Tamim Al Thani, a Mohammed Al Maktoum, emiro di Dubai, oltre all’ex primo ministro del Bahrein, Khalifa Al Khalifa.

Più di 500 nomi israeliani

In Israele i riflettori sono puntati su Nir Barkat, il più ricco politico del parlamento israeliano (partito Likud), già sindaco per dieci anni di Gerusalemme fino al 2018. Dai documenti emerge che Barkat, una volta eletto membro della Knesset nel 2019, avrebbe dovuto vendere o cedere le proprietà a una persona estranea alla sua famiglia, secondo il codice etico del parlamento. Invece, i documenti rivelano che trasferì le azioni di diverse società al fratello Eli, oltre a svelare che è proprietario di azioni di una società non registrata in Israele, ma in un paradiso fiscale. Barkat ha dichiarato di essere vittima di attacchi politici e di avere sempre pagato le imposte dovute nel suo Paese.

Significativo il coinvolgimento nello scandalo anche di un’organizzazione dell’estrema destra religiosa, Ateret Cohanim, impegnata nella colonizzazione ebraica della parte orientale e palestinese di Gerusalemme. Risulta che, attraverso società di comodo registrate nelle Isole Vergini, ha acquistato proprietà immobiliari nei quartieri dove i palestinesi sotto occupazione non accettano quasi mai di trasferire ad israeliani le loro proprietà.

Scandalo libanese

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, globalmente la perdita fiscale causata da questi «paradisi» va dai 500 ai 600 miliardi di dollari all’anno. Una cifra enorme, sottratta ai sistemi fiscali di numerosi Paesi. Il caso più eclatante è quello del Libano, che, come Stato, sta affondando nei debiti, ha dichiarato default nel marzo 2020, ha visto crollare il valore della sua moneta e la maggior parte della popolazione finire sotto la soglia di povertà.

Risulta dai Pandora Papers che ben 346 società libanesi hanno occultato fondi su conti offshore, attraverso il Trident Trust, specializzato nelle domiciliazioni di società all’estero. Si tratta in assoluto del Paese al mondo con il maggior numero di imprese coinvolte. Sono perciò libanesi una parte considerevole degli 11 miliardi di dollari nascosti in paradisi fiscali come Cipro, le Seychelles e isole dei Caraibi.
Il neo primo ministro, Najib Mikati (musulmano sunnita), l’uomo più ricco del Libano grazie a società di telecomunicazioni, in carica da meno di un mese, è tra i personaggi coinvolti, insieme a Riad Salameh (cristiano maronita), da 28 anni a capo della Banca centrale libanese, all’ex primo ministro Hassane Diab e al banchiere Marwan Kheireddine. La società libanese è segnata più di altre da forti diseguaglianze: lo conferma un rapporto dell’Onu, secondo cui i miliardari detengono la stessa ricchezza del 62 per cento della popolazione. I primi ministri degli ultimi anni hanno fatto tutti parte di questa élite e l’immagine della classe dirigente del Paese dei cedri, già del tutto screditata, appare così ancora di più a pezzi. (f.p.)

https://www.terrasanta.net/2021/10/escono-nomi-mediorientali-dal-vaso-di-pandora/

martedì 5 ottobre 2021

Siria: si riaprono prospettive di legami bilaterali coi Paesi dell'area

 Piccole Note, 5 ottobre 2021

 Due buone notizie dal Medio Oriente: l’Iran ha annunciato che proseguono positivamente i colloqui con l’Arabia Saudita e il re di Giordania Abdullah ha tenuto una conversazione telefonica con il presidente Assad, la prima dall’inizio del lungo conflitto siriano.

Al tempo avevamo dato notizia di una ripresa dei rapporti tra Teheran e Riad, dopo la lunga crisi che ha visto allargarsi la linea di faglia che separa il faro dell’islam sciita dall’omologo sunnita, con colloqui intrapresi in Iraq, che si è offerto di mediare. Tali colloqui sono andati avanti.  Ad annunciare che i colloqui stanno producendo frutti  è stato Faisal bin Farhan al-Saud, ministro degli esteri del Regno, con dichiarazioni confermate ieri dal portavoce del ministero degli esteri iraniano Saeed Khatibzadeh, che ha spiegato che, insieme ai sauditi, si sta procedendo nell’intento di “raggiungere delle relazioni durature all’interno di un quadro consensuale” (Tansim Agency).

Il dialogo, come abbiamo scritto, prosegue da tempo sottotraccia, con i protagonisti sempre riluttanti a rendere pubblico quanto sta avvenendo. Colpisce, dunque, delle dichiarazioni di Khatibzadeh, il tono alquanto enfatico che ha voluto dare alle sue parole, come se fosse accaduto qualcosa di significativo. Di certo, non può essere una coincidenza che tale dichiarazione sia avvenuta quattro giorni dopo la visita del Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, in Arabia Saudita (Reuters). Si sa che Sullivan è andato a Riad per sollecitare i sauditi ad aumentare le forniture di petrolio, cosa che servirebbe ad abbassarne i prezzi ormai alle stelle. Ma di certo avrà parlato anche della guerra che i sauditi stanno conducendo in Yemen contro gli Houti.

Ciò perché gli Stati Uniti hanno finalmente dato seguito a una determinazione di Biden: il 23 settembre, infatti, il Congresso Usa ha approvato una legge che disimpegna totalmente Washington dalla guerra in Yemen, nella quale supportavano i sauditi.

Come ha spiegato il repubblicano Ro Khanna, uno dei principali sostenitori del provvedimento, tale iniziativa “invia un chiaro segnale al governo dell’Arabia Saudita per porre fine alla sua guerra di logoramento, sostenere un accordo politico e fare ammenda”. Infine, è abbastanza ovvio che, nella sua visita a Riad, Sullivan abbia toccato anche il tema del nucleare iraniano, dossier che gli Stati Uniti stanno trattando con Teheran e del quale i sauditi sono convitati di pietra a causa della loro rivalità con l’antagonista regionale.  Per arrivare a un accordo con Teheran, serve anche frenare tale rivalità, da cui il sollievo col quale l’amministrazione Usa ha accolto l’annuncio del positivo prosieguo del dialogo tra i duellanti (CNBC). È presto per parlare di intese ufficiali, ma di certo qualcosa sta succedendo.

 Ancora più positivo per la distensione mediorientale, e clamoroso, appare quanto avvenuto sull’asse Giordania-Siria, con la telefonata tra il presidente Assad e re Abdullah, dopo anni di distanza e silenzio, durante i quali la Giordania è stata anche usata come base di appoggio per sostenere i cosiddetti ribelli siriani, scatenati nel Paese confinante proprio per rovesciare Assad.  La telefonata fa seguito a un’altra iniziativa distensiva tra i due Paesi, la riapertura del più importante valico di frontiera, che la Giordania aveva chiuso a suo tempo. Un passo per favorire la riapertura degli scambi commerciali tra Damasco e Amman.

Ma tale distensione pare che dia molto fastidio al potere che ha alimentato questa sanguinosa e interminabile guerra, come sembra rivelare quanto avvenuto ieri.

Infatti, è di 24 ore fa la pubblicazione dei Pandora Papers, un dossier prodotto dall’International Consortium of Investigative Journalists, che, a stare ai media, metterebbe a nudo le ricchezze occultate dai potenti nei paradisi fiscali. Roba da intelligence, più che da giornalisti, di cui ieri i media pubblicavano solo le parti relative a Putin e ad altri personaggi non perfettamente allineati a determinati dettati internazionali.

Attendiamo fiduciosi che il consorzio in questione ci racconti dove tengono i loro soldi Jeff Bezos, Bill Gates, George Soros e i loro compagni di merende prima di dare un giudizio sulla sua asserita professionalità e imparzialità.

Detto questo, proprio mentre il re di Giordania parlava al telefono con Assad, i media di tutto il mondo pubblicavano una prima parte del dossier, scegliendo a caso alcune delle figure coinvolte (pochissime tra migliaia), tra cui, guarda il caso, proprio re Abdullah di Giordania, il cui nome campeggiava su tutti i titoli degli articoli in questione. Coincidenze strabilianti e strabiliate.

Detto questo, a quanto pare nel dossier c’era ben altro e molto più dirompente che non i soldi che Putin avrebbe dato alla sua presunta amante e ai palazzi che re Abdullah possederebbe al di fuori del regno. E cioè le armi pagate dai sauditi e finite all’Isis ingaggiato nella guerra in Yemen contro gli Houti.  Ovviamente di questo piccolo scandaletto (che forse serve ad aumentare la pressione sul Regno perché ponga fine alla guerra in Yemen), molto più esplosivo di altri, non ha scritto nessun media occidentale. Lo riporta al Manar, che si occupa da tempo della guerra in Yemen, e al quale rimandiamo.

sabato 2 ottobre 2021

CENTENARIO DELLA NASCITA DEL VENERABILE PADRE ROMANO BOTTEGAL OCSO

EREMITA E MISSIONARIO

Ricorre il prossimo 28 dicembre il centenario della nascita del Venerabile Padre Romano Bottegal OCSO (28.12.1921). Lo ricorderemo il 16 ottobre 2021 con un incontro all’ Abbazia delle Tre Fontane in Roma (Via delle Acque Salvie, 1 – tel 06-5401655) come annunciato dalla Postulazione Generale OCSO.

Sarà un’occasione per ricordare il dono di sé che Padre Romano ha fatto attraverso tutta la sua vita cristiana ed ha compiuto nella totale immolazione in un eremo del Libano a Jabbouleh, nella diocesi melchita di Baalbeck. Nella sua umanità trasformata in Cristo e dilatata dall’amore hanno trovato posto tutti i fratelli, tutto il cosmo. Ha vissuto nella preghiera , nell’offerta e nel ministero sacerdotale la guerra civile libanese degli anni 1975-1977. Risale a quell’epoca una testimonianza sulla sua vocazione ad essere un costruttore di pace.

Accusato falsamente da alcuni militari di stanza nella Bekaa di essere una spia straniera sotto mentite spoglie, riconosciuto innocente, fu rilasciato. Il comandante della truppa, colpito dalla sua statura morale, andò a presentargli le scuse e gli chiese: “Vorrei sapere che grado di istruzione e quali diplomi ha il Padre”. Padre Romano, in tutta semplicità rispose: “Ho una licenza in Teologia dell’Università Gregoriana di Roma”. L’ufficiale domandò: “Ma perché nasconde la sua scienza qui quando potrebbe essere così utile alle persone?”. La risposta fu: “Ci sono molti dottori che sono più sapienti di me e che fanno del bene alle persone con la loro scienza. Ma sono pochi quelli che cercano di aiutarle con la preghiera. E’ a questo che Dio mi ha chiamato”.

Affidiamoci anche noi alla preghiera di Padre Romano, cercando di imitare quella semplicità che ha saputo cogliere l’essenziale della fede e il posto che Dio gli assegnava per la missione di salvezza della Chiesa nel mondo.

La giornata del 16 ottobre sarà un’occasione per conoscere meglio il Venerabile Padre Romano, e per pregare attraverso la sua intercessione per la pace in tutto il Medio Oriente.

Aspettiamo numerosi quanti il 16 ottobre potranno raggiungere il Monastero delle Tre Fontane a Roma

Suor Gabriella Masturzo, Vitorchiano 


   Unendoci all'invito all'appuntamento del 16 ottobre, ricordiamo che a Padre Romano abbiamo affidato la nostra catena di preghiera per la pace in Siria:

https://oraprosiria.blogspot.com/2013/02/per-la-pace-in-siria-catena-di.html

sabato 25 settembre 2021

Ho visto di persona le conseguenze delle sanzioni sul popolo libanese e siriano

Il 24 settembre, il sito The Cradle riporta: "La compagnia elettrica statale libanese, Électricité du Liban (EDL), ha avvertito che il Paese è a una settimana da un blackout totale poiché le riserve di carburante stanno per esaurirsi.".  
Nella disperazione che attanaglia la gente, i frati del Monastero di Annaya lanciano l'iniziativa ′′La strada che porta a San Charbel ad Annaya non ha bisogno di benzina′′ , proponendo sabato 25 settembre a tutta la popolazione, cristiani e musulmani senza distinzione, un pellegrinaggio a piedi da Byblos fino alla tomba di San Charbel , per implorare dal Santo luce e speranza per il Libano stremato.

Ci uniamo spiritualmente al cammino di intercessione dei fratelli libanesi . OraproSiria  


"Ho visto di persona l'orribile risultato che le sanzioni occidentali stanno avendo sul popolo siriano e libanese"

Daniel Kovalik insegna Diritti Umani Internazionali presso l'Università di Pittsburgh School of Law, ed è autore del libro pubblicato lo scorso anno "No More War": Come l'Occidente viola il diritto internazionale utilizzando interventi "Umanitari" per promuovere interessi economici e strategici.

Milioni di persone affamate... niente carburante o elettricità... valuta senza più valore... Ho assistito a tutto questo in Libano e in Siria. E la tragedia più grande è che questa inutile sofferenza è causata dalla volontà dell'Occidente di introdurre "libertà" e "democrazia".

Sono appena tornato dal mio secondo viaggio in Libano e Siria quest'anno. Paesi già visitati a maggio, e nel corso di alcuni mesi ho assistito a un precipitoso declino del benessere delle persone in entrambi questi Paesi.

Beirut, la capitale del Libano, sembrava piuttosto normale e tranquilla a maggio, ma ora di notte è completamente buia a causa della mancanza di elettricità. Ci sono solo poche ore di elettricità al giorno, sporadicamente, in tutta la città. Nel frattempo, il carburante è quasi impossibile da trovare, con file di auto che si estendono per almeno un chilometro in attesa di rifornimento. Un certo numero di miei amici mi ha detto che non poteva guidare per incontrarmi, perché non aveva carburante per il proprio veicolo.

C'è anche poco o nessun servizio di rimozione spazzatura, e quindi le strade e i marciapiedi sono pieni di immondizie. In quella che un tempo era soprannominata la 'Parigi d'Oriente', ho visto capre vagare per le strade in cerca di cibo tra la spazzatura ai lati della strada. La lira libanese è crollata di valore ogni giorno, con i menù dei ristoranti ancora in grado di funzionare mostrando i prezzi scritti a matita in modo che potessero essere cambiati ogni mattina. Mentre scrivo queste parole, la lira vale 0,00066 dollari americani. Un certo numero di persone veramente esasperate ha dichiarato – con un gesto della mano in aria – che “il Libano è finito”. E certamente è quello che essi provano.

In Libano tutti quelli con cui ho parlato vogliono uscire dal Paese; alcuni mi hanno persino chiesto se potevo portarli con me. La possibile eccezione è la massa del popolo siriano che è fuggito dalla guerra nel proprio Paese. Molti di questi siriani ora vivono per le strade di Beirut. È molto comune vedere donne siriane con i loro bambini che dormono sui marciapiedi bui della città. Secondo l'UNICEF, in Libano vivono quasi 1,5 milioni di rifugiati siriani, mettendo a dura prova un sistema sociale incapace di prendersi cura anche della propria gente.

Anche la Siria soffre di una mancanza di elettricità, con energia solo per poche ore al giorno, e anche cibo e medicine vitali sono difficili da trovare. I materiali di protezione individuale necessari per proteggersi dal Covid – come mascherine e gel igienizzante per le mani – sono quasi inesistenti.

Le famiglie con cui stavo erano pronte con il bucato e il cibo da cucinare per balzare sull' occasione in cui l'elettricità si accendeva per un'ora. La maggior parte delle persone è senza aria condizionata o refrigerazione nel clima afoso. Anche la sterlina siriana è relativamente priva di valore, 100 dollari acquistano sacchi di valuta, come ho sperimentato di persona. Nel frattempo, vaste aree di città come Homs rimangono in gran parte in macerie poiché la ricostruzione postbellica si è arrestata.

Tutto questo è, ovviamente, secondo il piano degli "umanitari" occidentali che mantengono le loro soffocanti sanzioni economiche contro la Siria - un tempo il più grande partner commerciale del Libano e la più grande fonte di carburante - inteso a portare in qualche modo democrazia e libertà nella regione. Come ben sappiamo, queste sanzioni colpiscono prima di tutto i civili e feriscono in modo sproporzionato donne e bambini in ogni Paese in cui sono state imposte.

Come spiega un articolo su Foreign Affairs, l'esempio dell'Iraq mostra che le sanzioni non fanno altro che creare miseria umana. Si legge: “Le sanzioni statunitensi hanno ucciso centinaia di migliaia di iracheni. Il loro effetto è stato di genere, punendo in modo sproporzionato donne e bambini. L'idea che le sanzioni funzionino è un'illusione spietata”. E va molto in dettaglio sul bilancio umanitario delle sanzioni imposte per la prima volta alla Siria dal presidente Trump. “L'amministrazione Trump ha progettato le sanzioni che ora ha imposto alla Siria per rendere impossibile la ricostruzione. Le sanzioni colpiscono i settori dell'edilizia, dell'elettricità e del petrolio, essenziali per rimettere in piedi la Siria. Sebbene gli Stati Uniti affermino di "proteggere" i giacimenti petroliferi della Siria nel nord-est, non hanno concesso al governo siriano l'accesso per ripararli e le sanzioni statunitensi vietano a qualsiasi azienda di qualsiasi nazionalità di ripararli, a meno che l'amministrazione non voglia fare un'eccezione …”

L'articolo continua sottolineando che queste restrizioni significano che il Paese deve affrontare "la fame di massa o un altro esodo di massa", secondo il Programma Alimentare Mondiale. Ciò è supportato da statistiche allarmanti che mostrano che 10 anni fa la povertà assoluta in Siria colpiva meno dell'uno per cento della popolazione. Entro il 2015, questo era salito al 35 % della popolazione. Si nota anche l'aumento dei prezzi dei generi alimentari – 209 per cento nell'ultimo anno – e il fatto che, secondo il Programma Alimentare Mondiale, ci sono ora 9,3 milioni di siriani in condizioni di “insicurezza alimentare ”.

C'è anche una critica ai requisiti che il Governo siriano deve soddisfare per ottenere il sollievo dalle sanzioni. Questi sono descritti come " volutamente vaghi " - uno stratagemma, si dice, per scoraggiare gli investitori che potrebbero essere in grado di aiutare la Siria, ma non sono preparati a farlo perché non sono sicuri di essere liberi di aiutare.

L'organizzazione umanitaria del Regno Unito, l'Humanitarian Aid Relief Trust (HART), fa eco a queste preoccupazioni, spiegando che " le sanzioni che sono state imposte alla Siria dall'UE (compreso il Regno Unito) e dagli Stati Uniti hanno causato terribili conseguenze umanitarie per i cittadini siriani" nelle aree controllate dal governo (il 70% del Paese) che stanno cercando di ricostruire le loro vite…”. “Delle enormi quantità di aiuti umanitari che i governi occidentali stanno inviando 'in Siria', la stragrande maggioranza raggiunge o i rifugiati fuggiti dal Paese, o solo quelle aree della Siria occupate da gruppi militanti contrari al Governo siriano. La maggior parte dei siriani è quindi deliberatamente lasciata senza sostegno; anzi, anche il loro stesso sforzo per aiutare se stessi e ricostruire la propria vita è ostacolato dalle sanzioni”.

La disperazione provocata dalle sanzioni occidentali è palpabile. Siriani e libanesi, i cui destini sono indissolubilmente legati l'uno all'altro, hanno poche speranze per un futuro felice e prospero. Ancora una volta, le pretese dell'Occidente di "civilizzare" il mondo hanno portato solo miseria, dolore e distruzione.

Ma sarei negligente se non finissi con questa nota: che, nonostante tutto, l'incredibile ospitalità e gentilezza dei siriani e dei libanesi non sono ancora state distrutte dalla crudeltà che ha colpito il loro popolo. Ovunque io e i miei compagni andassimo, anche nelle case più modeste di posti come Maaloula, Homs o Latakia, in Siria o in Libano, le famiglie erano pronte a offrirci caffè, acqua e snack.

Nonostante il fatto che vengano loro negati i servizi basilari alla vita, da sanzioni mirate come un'arma nucleare, queste persone sanno ancora condividere il poco che hanno. Questo lo porterò sempre con me e ne sarò sempre grato.

https://www.rt.com/op-ed/534711-western-sanction-syria-lebanon/

venerdì 17 settembre 2021

Maaloula, dove si venera Santa Tecla, la prima donna martire.

 Il 23 settembre Santa Tecla viene venerata dalla chiesa cattolica, il 24 settembre da quella ortodossa. Oltre che protomartire delle donne cristiane, è considerata la protettrice del malati di cancro alle ossa. 

Testo di Chiara Tamagno

Tra le pareti rocciose che si stagliano intorno al villaggio di Maalula, in Siria, è racchiusa la storia misteriosa di santa Tecla, la donna convertita dalla predicazione di San Paolo a Iconio e venerata come protomartire cristiana. Il luogo è avvolto nella quiete di un villaggio abbarbicato tra le montagne, fatto di centinaia di piccole abitazioni a forma di cubo e intonacate di bianco, azzurro, giallo, dove gli abitanti parlano ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. In quest’oasi pare che santa Tecla si sia rifugiata e abbia vissuto fino a novant’anni. Di lei si scrisse già in tempi molto antichi ed è presentata come donna giovane, coraggiosa dedita all’opera di apostolato e anche per questo abbandonata dalla sua famiglia. Raffigurata spesso vicino a un leone o ad una colonna con base di fuoco, simboli del martirio, è venerata in numerosi santuari sparsi in tutto il mondo.

Secondo le fonti, pare che trascorse gli ultimi anni della sua vita in una delle grotte che traforano le coste delle montagne intorno a Maalula. Qui sarebbe avvenuto un evento naturale miracoloso: inseguita dai persecutori, santa Tecla sarebbe fuggita tra le rocce che si aprirono per darle rifugio e che si richiusero dietro di lei. Così gli abitanti locali spiegano l’origine della profondità della gola naturale che caratterizza il paesaggio. Anche la pellegrina Egeria, nel suo diario, ricorda che nel luogo dove avvenne il miracolo di santa Tecla fu costruito un martyrion meta di devozione continua.

Oggi in questo luogo di antica memoria si può visitare il convento greco ortodosso dove le monache offrono assistenza alle ragazze orfane. [NdR: descrizione precedente al devastante attacco islamista del 2013] Un complesso di edifici dislocati a più livelli sul terrazzamento scavato in epoca bizantina sulla costa della montagna. Oltre al cortile e alla chiesa, si raggiunge salendo una serie di scale la parte più suggestiva: una grotta a picco sulla valle che introduce al reliquiario della santa scavato nella roccia. Qui, in un piccolo andito gremito di icone, una monaca confeziona batuffoli di cotone imbevuti di olio benedetto e le madri, che giungono numerose in pellegrinaggio, li passano sulla fronte dei loro bambini.

Dal soffitto scende lenta e costante un’acqua miracolosa che va a raccogliersi in una piccola conca, dove un cartello parla al visitatore: «Prega con fede e bevi fino all’ultima goccia».

https://www.terrasanta.net/2008/05/siria-dove-si-venera-santa-tecla/

domenica 12 settembre 2021

Un sacerdote siriano: "Se anche un solo cristiano rimane in questa regione, io resterò".

La missione di Padre Tony: restare per quelli che restano - Reportage di Portes Ouvertes 

Padre Tony Botros è rimasto fedele alla sua vocazione. Nonostante la guerra e la persecuzione, questo prete cattolico è rimasto in Siria. E questo ha incoraggiato anche i membri della sua comunità ecclesiale a rimanere.

In un Paese che ha già vissuto più di 10 anni di guerra, Tony si è preso cura della sua chiesa e ha lavorato per soddisfare i bisogni della gente.

Come fa ad andare avanti? Nel rispondere a questa domanda, Tony Botros indica il cielo: "È da lì che prendo la mia forza”. Una forza che lui comunica ai suoi parrocchiani perché restino in Siria.

Aiutare i cristiani a rimanere

Tony è stato presentato a Open Doors da un pastore locale: "La vostra organizzazione distribuisce aiuti nei villaggi dove servo, per 147 famiglie cristiane", spiega prima di aggiungere:  "Finché continuerete a sostenerci, continueremo ad aiutarli spiritualmente e finanziariamente".

Padre Tony è nato e cresciuto in una famiglia povera. Ha sempre avuto un cuore per i meno fortunati: "So che tutti i cristiani qui sono contadini e hanno un estremo bisogno di aiuto. Ecco perché apprezziamo il vostro sostegno. Considero che lavoriamo tutti insieme sul campo e così serviamo Gesù".

Rafforzare gli altri che sono vicini alla morte

Tony ha avuto un'esperienza molto traumatica durante il suo ministero: "Una domenica di giugno 2015, mi sono svegliato con la sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere. Mentre ero in chiesa a Samma con la comunità, sei jihadisti di Jabhat Al Nusra sono entrati e hanno iniziato a sparare e a terrorizzarci". Poi hanno rapito Tony: "Sono stato tenuto prigioniero per 35 giorni, i giorni più difficili della mia vita".

L'ultimo giorno prima del suo rilascio, padre Tony stava pregando: "Ho visto una luce brillante nella mia stanza e una mano gentile mi ha toccato la spalla. Sono stato immediatamente confortato”.

Quella sera, i suoi rapitori gli dissero che lo avrebbero liberato il giorno dopo. La mattina dopo lo consegnarono a uno sceicco druso, amico di Tony, che lo riportò alla sua famiglia. Tony ha potuto continuare la sua missione: rafforzare il resto che è vicino alla morte (Apocalisse 3:2).

Quando tornò a Shahba, la gente gli diede un'accoglienza indimenticabile: "Non avrei mai immaginato che i fedeli mi amassero così tanto. Sono stato lasciato nella piazza del villaggio e mi sono incamminato verso la chiesa. Tutta la strada era piena di cristiani entusiasti che lodavano Dio e mi accoglievano con fiori e musica. Lo vedo come una grazia di Dio: se siamo impegnati con Lui, si vedrà attraverso i nostri frutti".

Tony parla dell'effetto distruttivo della guerra sulla comunità dei cristiani: "La nostra sfida principale oggi è la mancanza di giovani. Questa generazione è stata trascurata a causa della guerra. Sono fuggiti dal Paese appena hanno potuto, sfuggendo al servizio militare o cercando una vita migliore all'estero. Siamo molto carenti di giovani e ora sto prestando particolare attenzione ai bambini. Ma attenzione, questo non significa offrire loro qualsiasi cosa”.  Tony insiste: "Non dobbiamo solo intrattenerli, ma dobbiamo offrire loro prospettive spirituali: dobbiamo insegnare loro la Bibbia e i suoi valori.”

Finché ci sono cristiani...

La Covid-19 ha ostacolato parte di questo lavoro con i bambini: "Organizzavamo campi estivi dove studiavamo il Vangelo con i bambini più piccoli. Purtroppo ci siamo fermati a causa della pandemia. Prego che questi campi ricomincino e che diano loro la motivazione per rimanere qui e servire il Signore. Ad essere onesti, è difficile per un cristiano avere successo in una comunità non cristiana dove sperimenterà la competizione e la persecuzione. Incoraggio i giovani a seguire la loro vocazione. Non posso dire loro se andare o restare, ma so che io mi impegno a restare qui".

Padre Tony è determinato a portare avanti la missione che il Signore gli ha dato fino alla fine:  "Se anche un solo cristiano rimane in questa zona, io resterò per lui e lo servirò qui". 

Tony riesce a rimanere forte in mezzo alle difficoltà dei cristiani nel sud della Siria. A volte è difficile, ma Tony ama il suo Paese e spera che la situazione migliori. È un pastore che si occupa fedelmente delle pecore di Dio.

Tony è il prete 67enne della chiesa cattolica di Shahba-Suwayda. Ha una moglie, 3 figli, un figlio e 2 figlie, entrambe sposate e madri di famiglia.

venerdì 10 settembre 2021

Esiti dell'11 settembre: gli USA padroni del diritto dei popoli ad avere luce e gas

L'elettricità per Siria e Libano dipende dagli Stati Uniti

di Steven Sahiounie, giornalista e commentatore politico

traduzione Gb.P. OraproSiria 

Ieri in Giordania i ministri dell'Energia di Egitto, Siria, Libano e Giordania si sono incontrati e hanno concordato un piano per rifornire il Libano di gas naturale egiziano da convertire in elettricità. La conferenza stampa congiunta ha confermato che tutti avevano concordato di rilanciare l'Arab Gas Pipeline (AGP) che collega il gas egiziano alla Giordania, dove verrà utilizzato per produrre elettricità aggiuntiva per la rete che collega la Giordania al Libano attraverso la Siria.

Ciò fa seguito a un incontro a Damasco tenutosi il 4 settembre tra funzionari libanesi e siriani che discutevano la richiesta libanese di importare gas dall'Egitto ed elettricità dalla Giordania attraverso il territorio siriano.

Tuttavia, le sanzioni statunitensi contro la Siria stanno bloccando il processo regolare per aiutare il Libano assediato, dove la popolazione non ha accesso a elettricità, gas e persino l'acqua è scarsa.

Egitto e Giordania stanno facendo pressioni sull'amministrazione Biden affinché rinunci alle sanzioni siriane ai sensi del Caesar Act, per facilitare il passaggio dell'articolato accordo regionale. Il Caesar Act è stato approvato dal Congresso degli Stati Uniti per danneggiare il governo siriano, ma ha invece fatto soffrire la popolazione siriana in molti modi, dalla svalutazione della valuta all'iperinflazione.

Attualmente, la Siria soffre di una grave mancanza di elettricità, con la maggior parte delle abitazioni che ne usufruiscono solo per 3-4 ore al giorno. I generatori a benzina non sono la soluzione, poiché c'è anche una grave carenza di benzina che viene razionata. Per quanto grave sia la situazione in Siria a causa delle sanzioni statunitensi, la situazione in Libano è anche molto peggiore.

La Banca Mondiale si è offerta di fornire finanziamenti per il progetto, ma è preoccupata per la corruzione tra l'élite dirigente libanese, responsabile della terribile situazione in Libano, che secondo la Banca Mondiale è la peggiore crisi finanziaria degli ultimi 150 anni.

In una conferenza stampa del 4 settembre, il Segretario Generale del Consiglio superiore libanese-siriano, Nasri Khoury, ha dichiarato: “La parte libanese ha chiesto l'assistenza della Siria al Libano per ottenere gas egiziano ed elettricità giordana attraverso il territorio siriano. La parte siriana ha affermato la disponibilità della Siria a soddisfare tale richiesta".

Crisi del Libano

Il Libano è caduto in un grave fallimento dopo che il pubblico si è ribellato contro la corruzione sistemica dell'élite al potere. Il governo non è riuscito a fornire nemmeno i servizi più elementari: acqua, benzina, cibo ed elettricità. Molti ospedali hanno chiuso e quelli aperti faticano a trovare le medicine.

Sulla scia del crollo libanese, è stato compiuto uno sforzo per prelevare energia elettrica dalla Giordania attraverso la Siria, fornendo quantità di gas egiziano alla Giordania, consentendole di produrre ulteriori quantità di elettricità da immettere nella rete che collega la Giordania al Libano attraverso la Siria .

L'Egitto aveva fornito gas al Libano nel 2009 e nel 2010, ma le forniture si sono concluse poco dopo quando la produzione di gas egiziana è diminuita. L'Egitto ha riavviato l'esportazione di gas attraverso il gasdotto nel 2018, ma il gas è andato prevalentemente in Giordania.

La società Electricité du Liban (EDL) ha firmato un accordo con l'Iraq per acquistare olio combustibile pesante da convertire in elettricità, che dovrebbe coprire circa un terzo del fabbisogno di carburante di EDL, e rifornire il Paese per circa quattro mesi.

Il gas egiziano dovrebbe raggiungere il Libano per far funzionare le centrali elettriche a gas, fuori servizio da 11 anni.

A Washington viene anche chiesto di concedere una licenza separata alla Giordania per distribuire elettricità dalla sua rete elettrica al Libano, che dovrebbe passare attraverso la Siria.

Crisi siriana

Il governo degli Stati Uniti ha sottoposto la Siria a severe sanzioni per il settore petrolifero, che complicano l'accordo AGP Arab Gas Pipeline per tutte le parti interessate regionali.

Attacchi alla pipeline

Nel 2011, quando sono iniziate le violenze della "primavera araba", terroristi armati in Egitto hanno attaccato numerose volte la parte egiziana dell'AGP. L'attacco a un oleodotto non ha lo scopo di cambiare il governo, o di portare libertà e democrazia in Medio Oriente. Questi attacchi avevano lo scopo di ferire e terrorizzare la popolazione civile, e molto probabilmente sono stati compiuti da gente del posto che seguiva l'ideologia politica dei Fratelli Musulmani che giustificava il massacro di musulmani, come loro, per rimuovere un governo laico, nel caso della Siria, e fondare uno Stato Islamico.

La sezione di Homs dell'oleodotto è stata attaccata nel 2012 quando Arwa Damon della CNN si è associato ai terroristi del posto.

Nel 2016 e nel 2020 i terroristi hanno attaccato l'AGP in Siria. La popolazione siriana è venuta presto a sapere che i terroristi la trattavano come un nemico. Questo è il motivo per cui l'Esercito Siriano Libero e i suoi affiliati di Al Qaeda hanno perso la loro guerra contro il popolo siriano, perché non hanno ricevuto il sostegno e la partecipazione della popolazione, che è giunta a disprezzarli.

Storia del gasdotto

L'AGP è lungo 1.200 km ed è un gasdotto transregionale per l'esportazione del gas costruito per trasportare il gas naturale dall'Egitto alla Giordania, alla Siria e al Libano.

Le principali parti interessate all'AGP includono l'Egyptian Natural Gas Holding Company (EGAS), Engineering for the Petroleum and Process Industries (ENPPI), The Petroleum Projects and Technical Consultations Company (PETROJET), l'Egyptian Natural Gas Company (GASCO) e la Compagnia Petrolifera Siriana (SPC).

Il governo egiziano nel 1995 ha permesso alle compagnie petrolifere e del gas nazionali e internazionali di trivellare attivamente per il gas. La domanda interna di gas è stata soddisfatta nel 1999 e il governo ha iniziato a cercare mercati di esportazione per l'eccedenza.

Nel 2001, Egitto e Giordania hanno avviato dialoghi, che in seguito hanno incluso Siria e Libano. Anche Israele, Turchia e Iraq hanno firmato accordi per cooperare nell'AGP.

L'AGP ha quattro sezioni. La prima sezione si estende da Arish in Egitto ad Aqaba in Giordania.
La seconda sezione va da Aqaba a El Rehab, vicino al confine giordano-siriano. La terza sezione si estende dalla Giordania (El Rehab) alla Siria (Jabber).

La quarta sezione è costituita da una rete del gas in Siria ed è operativa dal 2008. Si estende da Jabber (lato siriano dei confini giordano-siriano) ai confini siriano-turco, finendo in Libano. Questa sezione ha quattro segmenti. Il segmento uno va da Jabber a Homs in Siria, mentre il secondo segmento collega le città di Homs e Aleppo, in Siria. Il terzo segmento si estende da Aleppo ai confini siro-turchi. Il quarto segmento collega Homs in Siria con Tripoli in Libano e questa sezione comprende quattro stazioni di distribuzione/ricezione, 12 stazioni di valvola e una stazione di misurazione.

L'AGP può anche collegare la rete del gas irachena per facilitare l'esportazione del gas iracheno verso il mercato europeo.

Nel gennaio 2008 è stato firmato un Memorandum d'Intesa tra Turchia e Siria per l'estensione dell'AGP da Homs, in Siria, alla città di confine turca di Kilis. Dalla Turchia, l'AGP sarà probabilmente collegato al proposto gasdotto Nabucco per la consegna del gas egiziano in Europa. L'Arab Gas Pipeline sarà inoltre collegato alla rete del gas irachena per facilitare l'esportazione del gas iracheno verso il mercato europeo.

Cosa accadrà?

Gli Stati Uniti rinunceranno alle sanzioni per aiutare il popolo siriano e libanese? Il presidente francese Macron ha recentemente partecipato a un incontro regionale a Baghdad e in precedenza ha ospitato un incontro per aiutare il Libano a riprendersi. Macron chiederà a Biden di rinunciare alle sanzioni contro la Siria per realizzare questo accordo, o la Francia continuerà a prendere ordini da Washington? Biden ha il potere politico per far accettare una deroga alle sanzioni dal Congresso degli Stati Uniti?

L'Arab Gas Pipeline è un consorzio di vicini che cercano di lavorare insieme per risolvere i propri problemi, eppure sono gli Stati Uniti che tengono il dito sull'interruttore della luce.

https://www.mideastdiscourse.com/2021/09/09/electricity-for-syria-and-lebanon-depends-on-the-us/

lunedì 6 settembre 2021

Per salvare il Paese dal collasso, 39 camion cisterna diretti in Libano entrano in Siria attraverso l'Iraq

Dopo l'annuncio dell'accordo di Hezbollah per importare dall'Iran in Libano il carburante tanto necessario, gli Stati Uniti - nel tentativo di osteggiare le spedizioni di carburante iraniano - si sono adoperati per facilitare l'importazione di carburante ed elettricità dall'Egitto e dalla Giordania, attraverso il territorio siriano.   
Ciò implica che gli Stati Uniti erano disposti a rinunciare alle proprie sanzioni che vietano qualsiasi transazione ufficiale con il governo siriano. "La parte siriana ha accolto con favore la richiesta e ha assicurato alla delegazione che era pronta a soddisfarla", ha dichiarato il capo portavoce libanese dopo l'incontro 
L'analista Elijah Magnier riferisce: "Israele vuole che gli Stati Uniti facciano l'impossibile: spingere il Libano a disarmare Hezbollah e  riprendere i  colloqui sul conteso confine del Mar Mediterraneo per l'estrazione del gas. Funzionari libanesi stanno contestando una vasta area considerata parte del giacimento di gas del  Karish  dove Israele ha, illegalmente, concesso i diritti di esplorazione a una società greca."

The Cradle, 5 settembre 2021

Il 5 settembre, l'Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR) ha riferito che un convoglio di 39 autocisterne di carburante erano entrate in Siria dall'Iraq utilizzando valichi di frontiera controllati da milizie sostenute dall'Iran.

Secondo il rapporto, il convoglio è stato avvistato entrare in Siria attraverso i valichi di frontiera di Al-Mayadin e Albu Kamal nella campagna orientale di Deir Ezzor. Da qui, secondo quanto riferito, le petroliere hanno preso la strada per il Governatorato di Homs, situato vicino al confine libanese.

Si ritiene che queste cisterne siano in viaggio verso il Libano con il tanto atteso carburante iraniano assicurato dal movimento di resistenza libanese Hezbollah il mese scorso.

Dall'annuncio dell'acquisizione, almeno tre navi sono salpate dall'Iran trasportando il carburante, ma per eludere le sanzioni statunitensi ci si aspettava che attraccassero in Siria prima di trasferire il carburante su autocisterne che lo avrebbero trasportato in Libano.

Secondo il SOHR, il convoglio di domenica è stato il secondo ad entrare in Siria utilizzando la stessa rotta negli ultimi sette giorni. Il 29 agosto, l'organizzazione con sede nel Regno Unito ha anche riferito che “circa 50 petroliere cariche di benzina dall'Iraq sono entrate in Siria attraverso il valico di Albu Kamal nella campagna di Deir Ezzor sotto la protezione delle forze della 4a Divisione e, secondo fonti, le petroliere erano diretto verso il Libano».

La notizia arriva pochi giorni dopo che una delegazione di alto livello di funzionari libanesi ha visitato la Siria per discutere dell'importazione di gas ed elettricità dall'Egitto e dalla Giordania utilizzando le infrastrutture siriane, come parte di un piano promosso dagli Stati Uniti per contrastare l'opzione del carburante iraniano di Hezbollah.

Il Libano sta attraversando una grave crisi energetica che ha lasciato la maggior parte del paese senza accesso al carburante e ha causato gravi blackout che possono durare fino a 22 ore al giorno.

giovedì 2 settembre 2021

Daraa Balad, primo ed ultimo bastione dei 'ribelli' nel sud della Siria, è sotto il controllo dello stato siriano

 Daraa, è qui che è iniziata la cosiddetta "primavera araba siriana" guidata dai Fratelli Musulmani 
 

2 settembre 2021 

Dopo gli infiniti ostacoli posti dai terroristi rintanati nei quartieri densamente abitati di Daraa Balad nella parte meridionale della città di Daraa, e dopo molte violazioni del cessate il fuoco, bombardamenti indiscriminati di civili nelle loro case in altri quartieri e in altre città, e dopo serie di omicidi di notabili, di personale dell'esercito siriano, funzionari statali e persino l'assassinio di ex terroristi che hanno rinunciato alle loro vite criminali e sono tornati alla vita civile, l'Esercito Arabo Siriano entra a Daraa Balad insieme agli ufficiali del Centro di Riconciliazione russo che ha supervisionato i negoziati con gli sponsor di questi terroristi.  

L'ultimo accordo per evitare un'operazione militare che includerebbe il raid nel distretto meridionale di Daraa Balad include la restituzione delle strutture dello Stato, la resa dei terroristi che consegneranno le loro armi beneficiando di un'amnistia per consentire loro di tornare al loro vite normali e l'istituzione di posti di blocco delle forze dell'ordine supportati dalle unità dell'Esercito Siriano per stabilire la sicurezza e continuare a disarmare i terroristi tra cui membri dell'ISIS e del Fronte di Nusra (Al Qaeda Levante).

Mentre Daraa Balad viene ripulita dai terroristi, non è ancora chiaro quanti terroristi si siano rifiutati di unirsi al processo di riconciliazione e dove si trovino, se sono stati espulsi dalla città e dalla provincia, o come sono fuggiti nel deserto per cercare protezione dalle forze statunitensi che occupano illegalmente l'area di Al Tanf? Dei 100 terroristi che le forze dell'ordine siriane vogliono che siano espulse da Daraa Balad, solo 53 sono stati trasferiti in due lotti sui bus verdi e si sono diretti in Turchia nel nord.


Fino ad allora, possiamo confermare che non ci saranno più bombardamenti di altri distretti con i mortai e che migliaia di siriani potranno tornare alle loro case dopo 10 anni di fuga da essa quando i terroristi hanno infestato Daraa. Fino a 50.000 siriani stanno aspettando il segnale del Genio dell'Esercito Siriano che setaccia l'area alla ricerca di esplosivi per tornare alle loro case e ispezionare i danni.

Questo è un passo importante verso la fine della guerra di terrore e di logoramento contro la Siria guidata dagli Stati Uniti che è durata più di 10 anni. La provincia di Daraa nel sud della Siria è di importanza strategica militare al confine con il Golan occupato dalla Siria, Israele ha perso la sua zona cuscinetto, i terroristi dell'ISIS la carne da cannone che stavano fornendo.

La provincia di Daraa è anche il secondo paniere alimentare della Siria dopo le province nordorientali di Jazira: Deir Ezzor, Raqqa e Hasakah, e attraverso la provincia di Daraa, le esportazioni della Siria vanno in Giordania e da essa alla penisola arabica e al Nord Africa.

https://syrianews.cc/the-syrian-army-restores-daraa-balad-209-terrorists-surrendered-but/

martedì 31 agosto 2021

Padre Daniel: Come vivere da cristiani in un mondo disumano e anticristiano?


Qara, 27 agosto 2021

Cari amici, 

Dopo l'attacco missilistico di giovedì notte, abbiamo sentito di nuovo l'atmosfera della guerra del 2013. Stavolta sembra che Qara sia stata colpita e che quattro persone siano state uccise. La domenica dopo la Messa solenne abbiamo fatto una processione fuori le mura intorno alla proprietà come nei giorni della Croce, con croce e cherubini, e abbiamo pregato e cantato a tutti gli ingressi benedicendo le porte con acqua santa e olio consacrato per implorare la protezione di Dio.


Come vivere da cristiani in questi tempi post-cristiani? Non basta conoscere i grandi pericoli ed evitare il male, bisogna soprattutto lottare per il bene. Se il cristianesimo vuole sopravvivere in Occidente, dovrà riorganizzarsi ora. A mio modesto parere, Monasphère è un'iniziativa adatta a questo; leggete: Créer des oasis de chrétienté – Monasphère est en train de créer une dynamique

Voglio indagare ulteriormente su questo. Sono famiglie cristiane che formano un'oasi intorno a un centro spirituale, a un luogo di pellegrinaggio, un'abbazia o un monastero. Una specie di villaggio cristiano, dove si provvede a tutto. Per questo, naturalmente, c'è bisogno di persone che sappiano praticamente come si può gestire il tutto. Direi: condizione è che si accetti Cristo come centro e Maria come sua e nostra madre. Il Catechismo della Chiesa Cattolica può servire come un eccellente manuale dottrinale.

Questo richiede l'organizzazione di piccoli gruppi, finché è ancora possibile. Devono essere pronti a resistere alle menzogne ufficiali e ad attenersi incondizionatamente alla verità, anche se questo significa sofferenza per loro. Chi non è disposto a soffrire per la verità è già perso. Potrebbero volerci generazioni per costruire tali comunità di base. Viviamo in un totalitarismo "che impone che c'è solo un modo di capire il mondo e che le persone che non condividono questa visione devono essere punite" (Rod Dreher, un cristiano americano che ha iniziato questo movimento, 25 agosto 2021: https://www.lesalonbeige.fr/les-choses-que-je-vois-aujourdhui-me-rappellent-ce-qui-se-passait-quand-le-communisme-est-arrive-dans-mon-pays/ )

San Benedetto e i suoi seguaci non avevano la minima intenzione di "salvare" una civiltà o di "costruirne" una nuova, ma è quello che hanno fatto. Volevano semplicemente vivere il Vangelo come monaci. Ora non si tratta di una vita monastica ma di una società normale, non dittatoriale, felice, di resistenti cristiani, che comprendono la necessità della chiamata di Pietro: "Salvatevi da questa generazione degenere" (Atti 2, 40). Un'attenzione molto speciale sarà necessaria per l'educazione dei bambini, per esempio accordi sull'uso di Internet. E lo sviluppo di una tale convivenza, in cui le famiglie conservano completamente la loro individualità, sarà accompagnato da difficoltà ma sarà anche benedetto.

Non abbiamo altra scelta: o permettiamo che la fede cristiana, insieme alle scuole e alle organizzazioni cristiane, ai monasteri e alle parrocchie, venga ulteriormente messa a tacere, che evapori in una "crisi-corona" e si estingua, o prendiamo un'iniziativa tale da costruire una vita nella verità, nella bellezza e nel bene a partire dal Vangelo stesso.


Ne abbiamo una certa esperienza qui a Mar Yakub come piccola e debole comunità. Prima di tutto, viviamo in un Paese che ha mantenuto finora una certa indipendenza dalla politica mondiale di 'Corona'.  
Lockdown, distanza, maschere per la bocca e propaganda di vaccinazione forzata non sono (ancora) un problema qui. Le celebrazioni liturgiche, tra l'altro, continuano a svolgersi come prima, senza alcuna indegna restrizione.

Da molti anni noi non siamo stati disturbati dalla TV, dalle riviste quotidiane, settimanali o mensili o dai volantini pubblicitari. Abbiamo una vasta area, adatta a un'esistenza "autosufficiente", per quanto riguarda il cibo per noi e per le famiglie a noi legate.

Ci rimane ancora abbastanza energia per occuparci dei bisogni degli altri. Soprattutto il popolo libanese è importante per noi ora, perché è molto bisognoso in tutti i settori. Nel frattempo, cerchiamo di prenderci cura dei bambini che hanno più bisogno.

C'è ancora spazio e opportunità per le famiglie che vogliono unirsi a noi e scoprire insieme come possono provvedere a se stesse. E soprattutto, la stessa comunità religiosa deve essere aperta a questo, come in questo caso. Con la benevolenza reciproca, molto è possibile.

"Chi gode della protezione dell'Altissimo, chi vive all'ombra dell'Onnipotente, dice al Signore: 'Mio rifugio, mia fortezza, mio Dio in cui confido'". (Salmo 91, 1). Questo è l'atteggiamento di chi è certo di essere portato e protetto dal grande Amore di Dio.

Creandoci, Dio ci ha dato tutta la nostra dignità umana: siamo creati a Sua Immagine. Attraverso il mio intelletto e il mio libero arbitrio, la mia coscienza, partecipo alla vita di Dio. Niente e nessuno può togliermi questa dignità. Questo è un motivo per essere sempre grati, come dice il Salmo 139:14: "Ti ringrazio per il miracolo della mia vita, per tutte le opere meravigliose che hai fatto".

Essere grati per noi stessi e poi anche grati per tutti e tutto ciò che ci circonda. Richiede anche un'accettazione gioiosa di noi stessi così come siamo.

Questo versetto del salmo può servire come una forte medicina che può essere presa sempre e ovunque e non ha effetti collaterali negativi....

Padre Daniel

venerdì 20 agosto 2021

Israele attacca la Siria mettendo in pericolo gli aerei passeggeri

Aerei civili diretti verso l'aeroporto di Beirut sono stati colpiti durante l'attacco aereo israeliano del 19/08 in Siria.

di Steven Sahiounie, giornalista e commentatore politico

Israele ha attaccato la Siria la scorsa notte, a partire dalle 23:03 e fino a dopo la mezzanotte. Al Nahar, media libanese, ha riferito che un aereo commerciale MEA, a pieno carico di passeggeri, è stato miracolosamente salvato dall'essere abbattuto dai missili lanciati dall'aviazione israeliana su Beirut. Gli abili piloti hanno effettuato una diversione di emergenza sulla Siria e lontano dai missili israeliani. Anche altri vettori sono stati colpiti.

Quattro aerei commerciali hanno dovuto cancellare la loro partenza dall'aeroporto internazionale Hariri di Beirut a causa dell'attacco e l'aeroporto è stato chiuso per sicurezza. I missili hanno preso di mira l'aeroporto internazionale di Damasco, i sobborghi occidentali di Damasco, l'aeroporto di Mezzah a Damasco, i sobborghi meridionali di Homs e Qalamoun. 

I rapporti sulle vittime parlano di quattro civili morti e tre civili feriti a Qara, a nord di Damasco. (Il capo del Consiglio Comunale di Qara, Ahmed Sarem, ha riferito alla radio Sham FM che 4 civili sono stati uccisi e altri 3 sono rimasti feriti a causa dell'aggressione a Qara ieri sera)

Non sono state ancora raccolte le segnalazioni sui danni alle proprietà. 

Zeina Akar, ministro della Difesa libanese, ha presentato una denuncia formale alle Nazioni Unite dopo l'attacco. Ha detto che gli aerei israeliani "hanno violato palesemente lo spazio aereo del Libano a bassa quota, provocando uno stato di panico tra i cittadini". Akar ha affermato di essersi lamentata con le Nazioni Unite per i voli, che secondo lei hanno violato la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite.

Il presidente libanese Michel Aoun ha affermato che i jet israeliani nello spazio aereo libanese sono una violazione del diritto internazionale e il capo dell'UNIFIL in Libano ha ribadito la sua accusa. 

Il Libano soffre dal 2019 di sconvolgimenti economici e sociali. La nazione è sull'orlo del fallimento ed è senza carburante, acqua ed elettricità. Di recente, il leader del partito di resistenza libanese, Hassan Nasrallah, aveva promesso di fornire carburante ai cittadini tramite petroliere iraniane. Le tensioni tra Israele e la resistenza libanese sono al punto di ebollizione. La resistenza libanese all'occupazione di Shebaa Farms, territorio del sud del Libano, e all'occupazione della Palestina non è nuova. Il Libano è stato occupato da Israele per 23 anni e ha subito atrocità e crimini di guerra perpetrati dall'esercito israeliano. Anche la Siria è occupata da Israele, dal 1967, sulle alture del Golan. La Siria e i movimenti di resistenza in Libano sono in guerra con Israele per l'occupazione della Palestina dal 1948.

Uomini d'affari libanesi, a sostegno della resistenza, hanno pagato la consegna del petrolio iraniano al Libano.   Gli Stati Uniti avevano impedito al Libano di acquistare petrolio iraniano a causa delle sanzioni statunitensi. Tuttavia, in un improvviso cambio di politica, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Libano, Dorothy Shea, ha affermato che il Libano potrebbe ricevere elettricità dalla Giordania, attraverso la Siria, nonostante le sanzioni.   La Giordania ha ora annunciato che fornirà al Libano gas ed elettricità egiziani, attraverso la Siria. Sono in corso trattative con istituti di finanziamento internazionali su come pagare queste forniture. 

I media israeliani stanno ora riportando che un missile della difesa aerea siriana SAM-5 ha seguito uno dei jet israeliani da Damasco al confine giordano-palestinese e poi si è autodistrutto. 

Fonti di informazioni militari siriane hanno riferito che la maggior parte dei missili israeliani sono stati distrutti dalle difese aeree siriane la scorsa notte.

Secondo i resoconti dei media, Israele aveva informazioni che un leader della resistenza palestinese di alto rango fosse a Damasco la scorsa notte. Ulteriori informazioni hanno dimostrato che si trattava di informazioni errate passate a Israele. 

L'esercito siriano sta affrontando tensioni anche nella città di confine meridionale di Deraa, dove i terroristi che seguono l'Islam radicale hanno tenuto in ostaggio la popolazione. Il centro negoziale russo in Siria sta tentando di concludere un accordo di pace tra le due parti e possibilmente evacuare i terroristi a Idlib.

Israele si era nascosto dietro un jet militare russo in Siria nel 2018, causando l'abbattimento dell'aereo russo da parte delle difese aeree siriane, con una grande perdita di vite umane. Anche i jetsys militari israeliani hanno usato questa tecnica chiamata "ombra" per nascondersi dietro un aereo passeggeri commerciale nel 2020 , ma l'aereo passeggeri è sfuggito all'abbattimento.

Il mese scorso, un ufficiale militare russo ha affermato che l'esercito russo ha avuto un ruolo nell'intercettazione di quattro missili israeliani contro la Siria, dimostrando il crescente disagio per il continuo attacco israeliano alla Siria.