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lunedì 8 febbraio 2021

Cronaca dalla Comunità delle Trappiste della Siria

La Comunità con il suo Vescovo Mons. Abou Khazen Vicario Apostolico dei latini

 Carissimi amici, 

uno degli eventi più importanti del 2020 è stato certamente l’esplosione al porto di Beirut in agosto, evento colossale e quasi apocalittico che ha scosso tutto il Medio Oriente e ha impressionato il mondo. Si è letto che si è trattata dell’esplosione più grande della storia dopo quelle dell’atomica in Giappone. Noi qui, pur essendo vicine al confine col Libano, non abbiamo percepito nulla, ma ci hanno detto che in quasi tutto il Libano si sentito il fragore e anche la terra tremare. Pur nella tragedia della distruzione si può davvero credere che la Vergine di Harissa, Regina del Libano, e san Charbel, dalla montagna che sta a ridosso della città e guarda il mare, hanno protetto Beirut, perché se il mare non avesse assorbito il 50% della potenza dell’urto, tutta Beirut sarebbe stata rasa al suolo.

Difficile per tutti immedesimarsi con lo stato di miseria e morte che la “bomba” ha lasciato dietro di sé. E che desiderio grande di poter offrire un contributo, un aiuto! Commuoventi le immagini degli sciami di giovani che si sono riversati nella zona devastata per scavare e ripulire con le loro mani, provenienti da tutto il Libano e oltre. 

E noi? Cosa possiamo fare? Questa è la domanda che emerge sempre di fronte all’incredibile susseguirsi delle difficoltà in cui versano questi popoli.  La risposta affiora nel cuore, nella notte, di fronte al nostro Tabernacolo, davanti al quale ci è sempre dolcissimo sostare in preghiera per portare al Signore il dolore dei fratelli nel mondo. Sembra niente, come il seme. È niente. Eppure è la nostra parte, è il nostro tutto, che il Signore può accogliere e moltiplicare come vuole. La povertà (dovuta alla svalutazione e alle sanzioni) e la paura per la diffusione del contagio da Covid 19, già assillavano sia la Siria che il Libano in questi ultimi mesi, e non era immaginabile pensare che le disgrazie non fossero ancora finite. Come faranno questi Paesi a rialzarsi ora? Come faranno soprattutto se viene meno la speranza?

SPERANZA è la parola che ricorre più spesso nelle nostre preghiere. Un bene di prima necessità da queste parti, dove si sente dire “É meglio andarsene!”. Qui in Siria, come anche in Libano, dove addirittura i governanti, prima di dimettersi, consigliavano alla popolazione la fuga. Come se non bastasse si viene addirittura a sapere che tra le case distrutte di Beirut giravano ricconi che offrono soldi alla gente che ha perso tutto, per acquistare le case distrutte. Con niente le comprano, con gli aiuti le ricostruiscono e avranno così fatto un affare d’oro mentre i proprietari fuggono dalla loro terra verso l’ignoto. Sì, non si finisce mai di meravigliarsi di come ci sia tanta gente che approfitta delle disgrazie altrui, accanto invece a chi sa vivere una solidarietà che supera l’inventiva umana.

Quale sarà la possibilità di ripresa del Libano? Quali forze esterne influiranno sulla sua economia, sul suo governo? Non è facile rispondere a queste domande nemmeno ora che sono passati molti mesi e ancora non sembra si sia raggiunta una stabilità di governo. Non saremo certo noi dalla Siria a poter rispondere dato che nemmeno noi sappiamo come si risolleverà il nostro Paese, martoriato su tutti i fronti. 

Ora c’è soprattutto da capire come usciremo dal contagio virale che si sta diffondendo assai rapidamente e come la gente affronterà l’inverno, con scarsità di gasolio oltre che di corrente elettrica. Nell’autunno c'erano stati anche centinaia di focolai di incendi, in tutta la zona fertile della Siria, la fascia che costeggia il Mediterraneo, che hanno portato via grano, olivi e agrumi, le fonti di sostentamento della popolazione.

Possiamo comunque con speranza concludere raccontando un avvenimento significativo che ha segnato la vita delle Chiese di Siria: il giorno della solennità dell’Assunzione di Maria Vergine al cielo, assai cara alle Chiese d’Oriente, su iniziativa del Vescovo Maronita di Aleppo e col coinvolgimento dei Vescovi delle altre Chiese e dei loro fedeli, si è svolto un momento importante di preghiera comune e pubblica per implorare dalla Madonna l’aiuto nella pandemia. Celebrazione della Santa Messa e poi processione per le vie della città, nei quartieri più distrutti di Aleppo, con il Santissimo e l’Icona della Vergine.  La cosa bella è che anche i fratelli musulmani hanno accettato di partecipare ed era presente il Mufti di Aleppo.

Che Dio benedica e conservi la disposizione del cuore dei cristiani e del nostro popolo verso la pace e la convivenza pacifica.

Un carissimo saluto,

     dal Monastero Nostra Signora Fonte della Pace – Azer- Siria

giovedì 24 dicembre 2020

Dalla Siria: buon Santo Natale del Signore Gesù in mezzo a noi

Forse non ci sono altre parole più forti, più urgenti da annunciare, in questo tempo.
Viene Gesù, il Figlio di Dio, viene ancora, viene sempre, e viene per noi.
Viene per la nostra salvezza. Se desideriamo essere salvati, se ci rendiamo ancora conto che abbiamo bisogno di essere salvati...
Non dalla crisi economica, non dal virus, non dalla guerra: salvati dal Male. Quello che è in noi, e quello che è fuori di noi. Quello che cerca di toglierci la libertà e la grandezza che Dio ci ha dato, creandoci come suoi figli.

Sono tempi di Apocalisse, di ricapitolazione: molti oggi avvertono con il cuore che il tempo si sta facendo breve, che c'è bisogno di destarsi, finché è ancora è possibile farlo, che c'è un'oppressione che incalza e che dobbiamo squarciare il velo, mettendo in gioco tutte le nostre risorse, per fare strada alla Luce. E i molti si sentono pochi, perché ciò che sta accadendo un po' dappertutto nel mondo fa sentire un po' soli, totalmente inadeguati, esposti all'ostilità come nemici dell'umanità vera.
Eppure il mandato era proprio quello: “Nel mondo ma non del mondo”: come Gesù, il Dio-Bambino, pienamente uomo, eternamente “Altro”. Cosa sta accadendo?
Ci si sente come i fuochi accesi sugli antichi castelli di Siria, lungo tutta la costa, che si richiamavano gli uni gli altri avvisando del pericolo in arrivo.

Quanto alla Siria? Tanti stanno raccontando in modo vero e accorato quanto sta accadendo, e che non interessa quasi più a nessuno. Sanzioni disumane; guerra, in alcune parti, e ancora distruzione; corruzione e mancanza di lavoro, di cibo, di medicine, di gasolio, di vere scuole, di una prospettiva per il futuro. E troppe, troppe partenze, soprattutto di giovani, e di giovani famiglie. Si comprendono, ma sono ferite aperte.

È giusto ricordare tutto questo, è giusto chiedere aiuto. Perché troppa gente, qui, è alla fame, anzi lo è ancora di più che durante gli anni di guerra più intensa.
Oggi ogni paese ha i suoi problemi, i poveri aumenteranno in tutto il mondo: siamo solo all'inizio. I tempi che verranno non saranno facili per nessuno.
Dalla Siria, da ogni parte della terra, come uomini di buona volontà, dobbiamo forse guardare un po' più lontano, mentre lottiamo ( e dobbiamo farlo!) per la vita di ogni giorno.
Dobbiamo farlo come singoli, come credenti, come Chiesa.
Essere un po' meno preoccupati del riscaldamento della terra, e un po' più preoccupati del raffreddamento dei cuori. Desiderosi più della salvezza che della salute...
Senza negare i problemi, la malattia, la morte. Ma senza dimenticare neppure che noi seguiamo il Signore della vita, che la morte l'ha già vinta, e per sempre.

Siamo figli ed eredi di un'eternità che è davanti a noi, se acconsentiamo e la desideriamo.

Buon Natale? Sì, buon Natale. Cristo è colui che è, che era e che viene.
Non dovrebbe dispiacergli nascere di nuovo in Siria....: in mezzo a tanta -innegabile- miseria, questa è una terra ricca di tanti cuori semplici, veramente umani, ancora capaci di aprirsi allo stupore e alla vita che vengono da Dio.

Buon Natale da suor Marta e dalle sorelle Trappiste di Siria


E BUON NATALE A TUTTI I NOSTRI AMICI E LETTORI 

DA  ORAPROSIRIA

giovedì 15 ottobre 2020

Il 17 ottobre S.Ignazio di Antiochia, patrono della Siria: preghiera per custodire la speranza

 

O Dio del cielo e della terra,

Tu hai suscitato una schiera innumerevole di Santi che ci indicano la via della vera vita.

Tu hai donato alla terra Siriana uomini e donne secondo il tuo cuore, che l’hanno illuminata lungo i secoli con la luce della fede e la gioia della speranza.

Le hai dato come patrono Sant’Ignazio di Antiochia, martire per la fede, uomo che bruciava dal desiderio di Te, del tuo pane e del tuo sangue.

Per sua intercessione, nel giorno della sua festa, ravviva la fede del nostro popolo.

Donaci la vera pace, quella del cuore, che può venire solo da Te, e la pace sociale, quella che potrà esserci solo se taceranno le armi, e se le logiche della politica che regge il nostro mondo si convertiranno verso il vero bene di tutti i popoli.

Dona a chi ha il potere di farlo, di lavorare per il bene soprattutto dei più poveri, dona alla Chiesa che è nel mondo e a tutti gli uomini di buona volontà di non dimenticare le sofferenze del popolo Siriano, di custodirlo nella preghiera e di operare per la carità con verità e giustizia.

Sant’Ignazio aiuti tutti i figli della Siria a rafforzare il coraggio della fede, la certezza che la morte non ha l’ultima parola; la certezza che, anche quando si è al limite delle forze, nessuno può toglierci la dignità e la libertà che ci vengono da Dio..

Che i Santi e le Sante Siriani ci aiutino a ritrovare tutta la pienezza della vita: oggi che non solo il nostro cuore brucia, ma anche le nostre terre con i suoi boschi, i suoi ulivi, le sue case… perché possiamo ancora coltivare, piantare, costruire; costruire soprattutto la speranza che renda luminoso il futuro dei nostri figli.

Donaci pane… lavoro… pace… amicizia… perdono… solidarietà… fede…

Donaci ancora e sempre soprattutto il tuo Cristo, unica salvezza del mondo…

“Io ho fame del pane di Dio, che è il Corpo di Gesù Cristo.. e io ho sete del Sangue di Colui che è l’amore eterno.“ ( S. Ignazio di Antiochia)

    Preghiera delle Monache Trappiste di Azeir , Syria

martedì 6 ottobre 2020

Dal monastero trappista "Nostra Signora Fonte della Pace” ad Azeir, in Siria.


Vatican News, 6 ottobre 2020

Un piccolo gruppo di suore dedite alla vita monastica e alla preghiera in un Paese sconvolto dalla guerra. Una presenza che è segno di una Chiesa "in uscita", testimonianza della presenza di Dio anche tra le macerie siriane. E’ la storia delle monache trappiste di “Nostra Signora Fonte della Pace” di Azeir, tra le città di Tartum e Homs, vicino al confine con il Libano. 

Ad accendere in loro il desiderio di andare, nel 2005, il tragico martirio dei monaci di Tibhirine, rapiti e uccisi nel 1996. Una morte violenta che bisognava sanare con la preghiera, raccogliendo l’eredità di “una vita in Cristo” in un Paese abitato da fratelli di diverse fedi. Quindi prima l’arrivo ad Aleppo e poi il trasferimento sulle colline siriane ad Azeir.

Sei suore che, in un nuovo contesto, riscoprono “la consacrazione e l'esperienza monastica viva, non solo come antica tradizione dei Padri, ma come qualcosa che oggi può dare senso, gusto, vita e bellezza a un'esistenza”. Così racconta suor Marta Fagnani, originaria di Como, monaca di clausura, che si fa portavoce del dolore siriano. “Il popolo il naturalmente soffre per le conseguenze di questa durissima guerra, andiamo verso il decimo anno di un conflitto molto duro che ha avuto fasi diverse – spiega la religiosa - direi che in questo momento pesa quasi di più la conseguenza di questa realtà precaria che si è creata per la distruzione delle strutture, la mancanza di lavoro, l'esodo di tanti siriani”. Suor Marta parla della “mancanza di medicine, di materie prime”, di tante zone in cui si “fa la fame”.

Ascolta l'intervista a suor Marta Fagnani

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2020/10/02/11/135736789_F135736789.mp3


La resilienza

“Siamo stupite – racconta - della resilienza e della capacità di sopportazione” dei siriani ma anche della loro reazione e “della forza di vita” vista in questi anni. “Non so fino a quando questo durerà – spiega suor Marta – perché questo momento è quasi più duro rispetto agli anni del conflitto vero e proprio”. Allora c'era la speranza che un giorno la guerra sarebbe finita, “ma la situazione di questi ultimi due anni è segnata proprio dalla mancanza di speranza”. “E’ sempre più difficile per i nostri giovani sperare, in alcune zone ancora non si vede una possibilità reale di lavoro, di vita sicura e anche degna per la gente”. 



Il meraviglioso e salutare 'sapone di Aleppo' prodotto dalle Trappiste di Azeir si vende in Italia tramite il sito dei Prodotti di Valserena 
https://www.prodottivalserena.com/prodotto/sapone-delle-monache-di-azer/



Suor Marta racconta della loro presenza, della vicinanza alla gente che si traduce non solo in preghiera ma anche nell’aiutare i ragazzi nello studio, nel pagare i mezzi per andare in università, le medicine dei malati. “Abbiamo aiutato le persone – aggiunge - a comprare il gasolio, a sistemare le case danneggiate dalla guerra”, a sostenere alcuni operai che nel lavoro ritrovano la dignità. 


Infine il pensiero di suor Marta va alla fraternità che si vive tra cristiani e musulmani, “un qualcosa di quotidiano e naturale”. “La Siria non è un Paese di grandi dibattiti teologici. Viviamo insieme in un rispetto che nasce soprattutto da un fatto: che tutti noi, cristiani, musulmani e altri, viviamo la vita davanti a Dio, sentiamo Dio presente nella vita. E questo ci permette di stare insieme, di vivere insieme, un vero atteggiamento di vita che riceviamo da Dio e a Dio torna”.

lunedì 15 giugno 2020

The Trappist nuns from Syria: "Give us a hand not to make 'hope' too difficult a word for the Syrians."

   
from Azeir, Syria, 8 June 2020

We don't know what to say anymore. What to say again, after so many words of many, and authoritative words!, which, at least apparently, do not have the strength to change anything.

We had hoped that, in Europe, the experience of precariousness, the experience of life threatened so from one day to the next, the experience of death so close, would make us understand a little more what it meant for many Syrians to live eight, nine years, with death walking beside them, in the street, with the idea of leaving home without knowing if you would return, if you would see your children again.

But also, no less dramatically, the effort to work, to give the necessary to one's family, the anguish of finding oneself without a job and with a closed future.....
Of course, when you're in it, it's enough to think about your problems...
But... instead, they have been RENEWED, ANCHORMORE AND MORE, THE SANCTIONS TO SYRIA.

To Syria, it means on Syrians: people, like me and like you, men, women, children... Not to politicians, not to leaders. Sanctions are against people.

Of course, those who decide to impose them know this very well: exasperate the people to bring down those who govern, where they have failed with weapons. But is it moral to use the suffering of the people to succeed in politics?

Let's open our eyes! Now that this system is becoming more evident also in Italy (by leveraging the fear of the disease, for whoever is willing to look at the truth...) can choices like the sanctions applied to other countries still be tolerated?
We Italians, who see what we are suffering from Europe, can't we really be in solidarity with countries that suffer sanctions, to understand how unfair this system can be for people?

What can be done? At least, be sensitive, understand the problem, understand the DRAMA of this people.
So, if somebody launches another appeal tomorrow to lift the sanctions, at least agree, sign, support the cause... UNDERSTAND THE PROBLEM.

Those who impose sanctions can do so by relying on a system that justifies it. Let's take away this consent to such actions, let's weaken the consent to this way of managing politics and economy... It is not true that we cannot do anything. We can start thinking with our own head, keeping the MAN before our eyes and not the interest of a few. If we do this, it will already be a lot.

We, from here, even though we are in the monastery, realize that there are those who try to take other paths, a "humanistic economy" that has at its base values of culture, morals, vision of man... Please, participate in these new paths, inform yourselves, collaborate to change this system that seems unassailable, but in reality it is not. It depends on each of us.

Why do we, nuns, write about this? Because the people around us are literally starving to death. Of sickness. Not because of the virus! But because they can't find "normal" medicines anymore, for diabetes, for blood pressure, for tumors, for the heart... Because the pharmacies have been closed for a week, because the medicine factories are no longer able to import raw materials and no longer manufacture...

Because the Syrian lira is devalued from hour to hour, two days ago a dollar was worth 2000 lire (at the beginning of the year 650 !), yesterday 2500, today 3000 ! From 500 lire in 500... a kilo of sugar 1400 lire? when a monthly salary is... to go well... 60,000 lire? The shopkeepers who don't sell their stocks anymore, because they're being devalued from hour to hour... Then it's a wonder that people manage to get by as well as they can?

We try to supplement the inflation of our workers' wages... but it's difficult... Paralyzed banks in Lebanon, economic system stopped. Difficult to get help...

Try to realize this ... We know that there are many problems, even in Italy.
But thinking doesn't cost anything, on the contrary... It's an investment for everyone, in terms of humanity...
Try to be ready, when some opportunity presents itself to make a difference, at least in thought...

Are all the problems in Syria due to sanctions? No, of course not. There are a lot of responsibilities, even internal ones. As you can imagine, the time after the armed war is more difficult. Now there's an economic war going on, a war of dividing up areas of power, economic privileges, influence over the territory... Those who were against Syria continue to be against it and do not give up in putting pressure: like the terrorists (supported by whom?) who still burn the wheat fields in the north of the country...

Those who were with Syria, now claim their share... Even the internal political-economic system, which has resisted with all the right to defend the sovereignty of the country, now risks putting this same sovereignty at stake if it does not take proper care of the suffering of the people as a whole... If it does not fight corruption, if it does not promote growth, in short, if it does not take charge of the interests of the country by helping all the citizens.

And if we have to be honest it is not clear, at least for us people outside every "circuit" of interest, to understand what is really moving around and within Syria and the Middle East at the moment.

But at least let's not burden this situation further! Let us intervene, at least as far as sanctions are concerned.... Many have asked for it, now, we join, once again, we too …

In these days we met a beautiful reality, a very active parish in the town of Rahble, in the Qseir area (yes, for those who followed is where there was a hard and long war with the rebels). A generous parish priest, a beautiful group of young people from high school and University... We told them that yes, it is worth resisting, that we must seek the strength and resources within ourselves... It is useless to follow the myth of going somewhere else...

But, give us a hand too, from there, not to make hope too difficult a word for them!

  the Trappist sisters from Syria

Versione in italiano:
https://oraprosiria.blogspot.com/2020/06/le-trappiste-dalla-siria-dateci-una.html

lunedì 8 giugno 2020

Le Trappiste dalla Siria: "dateci una mano a non rendere per i Siriani 'speranza' una parola troppo difficile"


da Azeir, Syria, 8 giugno 2020

Non si sa più cosa dire.. Cosa dire ancora, dopo tante parole di molti, e parole autorevoli!, che, almeno apparentemente, non hanno però la forza di cambiare nulla.

Avevamo sperato che, in Europa, l’esperienza della precarietà, l’esperienza della vita minacciata così da un giorno all’altro, l’esperienza della morte così vicina, facesse comprendere un po’ di più cosa avesse significato per tanti Siriani vivere otto, nove anni, con la morte che cammina accanto, per strada, con l’idea di uscire di casa senza sapere se saresti ritornato, se avresti rivisto i tuoi figli.

Ma anche, non meno drammaticamente, la fatica per lavorare, per dare il necessario alla propria famiglia, l’angoscia di trovarsi senza lavoro e col futuro chiuso….
Certo, quando ci si è dentro, è già abbastanza pensare ai propri problemi...
Però… invece sono state RINNOVATE, ANCORA E DI PIU’, LE SANZIONI ALLA SIRIA.

Alla Siria, vuol dire ai Siriani : persone, come me e come te, uomini donne bambini….Non ai politici, non ai capi. Le sanzioni sono contro la gente.

Certo, chi decide di imporle lo sa bene: esasperare la gente per far cadere chi governa, là dove non si è riusciti con le armi. Ma è morale USARE la sofferenza dei popoli per fare politica?

Apriamo gli occhi ! Adesso che questo sistema diventa più evidente anche in Italia (facendo leva sulla paura della malattia, per chi lo vuole vedere...) si possono ancora tollerare scelte come quelle delle sanzioni applicate ad altri paesi ?

Noi italiani, che vediamo cosa stiamo subendo da parte dell’Europa, non riusciamo davvero ad essere solidali con paesi che subiscono le sanzioni, a capire quanto questo sistema possa essere ingiusto per la gente ?

Cosa si può fare ? Almeno, essere sensibili, capire il problema, capire il DRAMMA di questo popolo.

Cosicchè, se domani qualcuno lancerà ancora un appello a togliere le sanzioni, essere almeno d’accordo, mettere una firma, sostenere la causa.. CAPIRE IL PROBLEMA.

Chi impone le sanzioni, lo può fare appoggiandosi a un sistema che lo giustifica. Togliamo questo consenso ad azioni simili, indeboliamo il consenso a questo modo di gestire politica ed economia…Non è vero che non possiamo fare nulla. Possiamo cominciare a pensare con la nostra testa, tenendo davanti agli occhi l’UOMO e non l’interesse di pochi. Se facciamo questo, sarà già tantissimo.

Noi, da qui, pur essendo in monastero, ci rendiamo conto che c’è chi cerca di portare avanti altre strade, una “economia umanistica” che abbia alla base valori di cultura, di morale, di visione dell’uomo… Per favore, partecipate a queste strade nuove, informatevi, collaborate per cambiare questo sistema che sembra inattaccabile, ma in realtà non lo è. Dipende da ciascuno di noi.

Perché noi, monache, scriviamo di questo ? Perché la gente attorno a noi sta morendo-letteralmente-di fame. Di malattia. Non perché c’è il virus! Ma perché non trova più le medicine “normali”, per il diabete, per la pressione, per i tumori, per il cuore.. Perché le farmacie sono chiuse da una settimana, perché le fabbriche di medicinali non hanno più possibilità di importare materie prime e non fabbricano più..

Perchè la lira siriana è svalutata di ora in ora, due giorni fa un dollaro valeva 2000 lire ( all’inizio dell’anno 650 !), ieri 2500, oggi 3000 ! Di 500 lire in 500… un chilo di zucchero 1400 lire ? quando uno stipendio mensile è- ad andar bene- di 60.000 lire ??? I negozianti che non vendono più le scorte, perché gli si svaluta la merce di ora in ora…Poi ci si stupisce che la gente si arrangi come può ??

Noi cerchiamo di integrare l’inflazione delle paghe dei nostri operai.. ma è difficile.. Banche paralizzate in Libano, sistema economico fermo. Difficoltà a fare arrivare gli aiuti..

Provate a rendervi conto di questo…Sappiamo che i problemi sono tanti, anche in Italia.
Ma pensare non costa, anzi.. E’ un investimento per tutti, in termini di umanità..

Cercare di essere pronti, quando si presenta qualche occasione per fare la differenza, almeno di pensiero...

I problemi in Siria sono dovuti tutti alle sanzioni ? No, certamente. Ci sono tante responsabilità, anche interne. Come si può immaginare, il tempo dopo la guerra armata è più difficile. Ora c’è una guerra economica in corso, guerra di spartizione di aree di potere, di privilegi economici, di influenze sul territorio.. Chi era contro la Siria, continua ad esserlo e non si arrende nel fare pressione: come i terroristi ( sostenuti da chi ??) che ancora bruciano i campi di grano nel nord del paese...

Chi era con la Siria, ora rivendica la sua parte… Anche il sistema politico-economico interno, che ha resistito con tutto il diritto nel difendere la sovranità del paese, ora rischia di mettere in gioco questa stessa sovranità se non si prende cura adeguatamente delle sofferenze del popolo nel suo insieme…Se non combatte la corruzione, se non promuove la crescita, in poche parole se non si fa carico dell’interesse del paese aiutando tutti i cittadini.

E se bisogna essere sinceri non è chiaro, almeno per noi persone esterne ad ogni “circuito” di interesse, capire cosa veramente si sta muovendo attorno e all’interno della Siria e del Medio Oriente in questo momento.

Ma almeno non appesantiamo ulteriormente questa situazione! Interveniamo, almeno per quanto riguarda le sanzioni…. Lo hanno chiesto in tanti, ormai, ci uniamo , ancora una volta, anche noi…



In questi giorni abbiamo incontrato una bella realtà, una parrocchia molto attiva nella cittadina di Rahble, nella zona del Qseir ( sì, per chi ha seguito è dove c’è stata una guerra dura e lunga con i ribelli). Un parroco generoso, un bel gruppo di giovani delle Superiori e dell’Università… Noi a dir loro che sì, vale la pena resistere, che dobbiamo cercare le forze e le risorse in noi stessi… Inutile seguire il mito di andare da un’altra parte…

Però, dateci una mano anche voi, da lì, a non rendere per loro la speranza una parola troppo difficile !

    Le sorelle Trappiste dalla Siria

AGGIORNAMENTO DEL 15 GIUGNO:
La redazione di Ora pro Siria ha ricevuto alcune domande di chiarimento circa l'intento della lettera delle Monache, che abbiamo girato alle Sorelle.
La superiora, suor Marta, ci ha risposto così:
Qualcuno ci chiede "ma alla fine, che cosa volete dire con la vostra lettera?".
Proviamo a spiegarlo. Da una parte volevamo unire la nostra voce per denunciare la situazione insostenibile per la gente siriana, dall'altra volevamo dire che ciò che accade ancora oggi, come in tutti questi anni, è frutto non tanto di una situazione locale, ma di un sistema globale di finanza e geopolitica, che usa i popoli e le nazioni solo come pedine, per il proprio interesse.
E' inutile agire sugli effetti, se non si cambiano a monte le cause (in questo senso, detto per inciso, dispiace che qualcuno abbia ripreso solo alcune frasi del nostro scritto, per condannare ciò che accade all'interno della Siria, senza sottolineare la responsabilità esterne molto più pesanti, in questo tragico gioco).
E' importante aprire gli occhi, e non solo riguardo alla Siria! Noi da qui speriamo in cambiamenti profondi in Italia: che il nostro paese sappia ritrovare il suo ruolo culturale nel Mediterraneo, ribaltando le logiche perverse del sistema economico europeo.. tanto per fare qualche esempio..."

lunedì 11 maggio 2020

Il 'Sapone di Aleppo' a sostegno delle Monache Trappiste in Siria


Carissimi, condivido volentieri qualche aggiornamento sulla nostra situazione qui nella Comunità in Siria. Come saprete il Paese, in alcune zone del nord, è ancora in piena guerra. Il governo sta tentando il tutto per tutto per liberarsi definitivamente dei fondamentalisti che ormai da lunghi anni straziano la popolazione. Sembrava dovesse essere un intervento solo aereo e rapido. Si sta rivelando sanguinoso e senza fine. L’esercito combatte di paese in paese, lì dove i guerriglieri si sono insediati con le loro famiglie cacciando la gente dalle case. Negli scontri muoiono tante persone. L’ultimo episodio tristissimo è stato che questi ultimi hanno dato alle fiamme ettari interi di grano maturo della gente, mandando in malora il lavoro e i possibili guadagni. Per cosa tutto questo male? I potenti dei Paesi vicini e lontani giocano sporco, come sempre, continuando a dire alla Siria di smettere di combattere e accusando la Russia ma allo stesso tempo foraggiano i fondamentalisti di armi e tutto il necessario.
Noi dal monastero non abbiamo echi diretti dei combattimenti, soltanto sentiamo le raffiche sparate in aria quando vengono riportate le salme dei militari caduti, nei loro paesi di origine. E non si può non piangere, pensando a mogli, madri, figli che restano soli. Perché tutti questi sacrifici?
In questi mesi della mia permanenza qui sto cercando di entrare sempre più dentro lo spirito con cui le Sorelle hanno impostato la presenza del monastero in queste terre. Sentiamo molto l’importanza di una testimonianza di speranza perché negli incontri con la gente si sente lo sfinimento e lo scoraggiamento. Cosa che anni fa, in piena guerra, dicono non ci fosse. C’era invece molta grinta e voglia di farcela. Ora tanti sono partiti e i rimasti si chiedono se non han sbagliato a rimanere. La Provvidenza ci ha fatto incontrare mesi fa un uomo che vive non lontano da qui, che ha scelto di riattivare una produzione di sapone di Aleppo, trovando contatti con la Francia per la commercializzazione, e dà lavoro a parecchie persone, soprattutto donne, sia musulmane che cristiane.  Abbiamo visitato questa realtà di lavoro, trovando grinta pur in mezzo a povertà, scarsità di mezzi e tanti inghippi organizzativi e burocratici. Con tanta pazienza e un bel sorriso lieto, George va avanti, in capannoni arrangiati, un po’ in sordina per non dare troppo nell’occhio ...
É nata così l’idea di fare anche noi sapone. Per iniziare acquistiamo la materia prima già saponificata e ci dedichiamo alla finitura, confezionamento e smercio, tramite i tanti canali di fraternità e di amicizia che ci sostengono dall’Italia, a cominciare da Valserena che, guarda caso, è proprio una Mamma esperta in cosmesi, saponi e tutto ciò che serve per produrre, mettere in regola e commercializzare. Così con l’aiuto delle sorelle in Italia e di tanti altri amici nostri e loro, stiamo lavorando a questa nuova possibilità  di un lavoro artigianale, alla nostra portata, semplice e insieme tipico di questa terra. L’intento è quello di guadagnarci da vivere e probabilmente riuscire a coinvolgere anche alcune donne del villaggio che sono rimaste sole e che sempre salgono la collina per chiederci lavoro. In pratica si tratta di acquistare sapone di Aleppo, in trucioli,  impastarlo e trafilarlo, stampare saponette di sezione quadrata come abbiamo scelto di farle, eleganti, e confezionarle.
Vorremmo fare due versioni profumate, con essenze tipiche di queste zone, come la rosa di Damasco. Come si sa il sapone di Aleppo è antichissimo ed è caratterizzato dall’olio di alloro miscelato  con  olio  di  oliva.  Entrambi gli oli li vogliamo produrre noi, grazie a coltivazioni che già abbiamo nei nostri campi. 
Questi oli hanno caratteristiche note: nutritivo, lenitivo e rigenerante, l’oliva; antisettico,  antinfiammatorio,  l’alloro. Si tratta di un sapone che da secoli e secoli viene prodotto, essiccato e usato, sia per la pelle che per i capelli, con diffusione in tutto il mondo. È anche l’antesignano del sapone di Marsiglia. 
Carissimi saluti dalla Siria, suor Veronica.  
LINK PER ACQUISTARE IL SAPONE DELLE TRAPPISTE DI AZEIR :
https://www.prodottivalserena.com/prodotto/sapone-di-aleppo/

venerdì 10 aprile 2020

L'augurio pasquale delle Monache della Siria


Carissimi,
  davanti a questa Quaresima e questa Pasqua, scrivere un augurio… a partire da cosa? Dalla nostra situazione in Siria? Parlare ancora una volta di tutto il sistema di manipolazione dell’informazione, delle contraddizioni tra il voler aiutare un popolo e sottoporlo ancora -anche con l’epidemia- a sanzioni?
Parlare delle difficoltà della vita, ora che il dollaro si cambia a 1300 lire, ora che il Libano è crollato e con esso i risparmi di molti siriani, ora che questa cosiddetta pandemia sta bloccando tutto anche qui come ovunque nel mondo ?

In questo tempo siamo stati aiutati, grazie a Dio, da molte riflessioni a dare un valore profondo a quanto sta accadendo, a cogliere l’occasione, l’invito, ad una Quaresima più profonda, che si ponga davvero davanti alla domanda essenziale. La solitudine forzata, la precarietà dell’esistenza, ci mettono davanti alla domanda: se si muore così in fretta, così all’improvviso, allora cos’è la vita? E come viverla “bene”, approfittando di ogni attimo, di ogni possibilità?
Non si può rispondere a questa domanda se non si accetta la precarietà dell’esistenza. Accettare che questa vita non è infinita può farci incontrare l’esperienza che la morte è un portale su una vita più piena, più totale, eterna.

Tra la nostra gente siriana, questo senso dell’esistenza in Dio - vita e morte - lo abbiamo sentito così vitale, così semplice, così senza bisogno di parole: “Siamo nelle mani di Dio”, è la frase comune.
Altrimenti, come accettare la morte di tanti figli? E continuare con forza a vivere?
Sapienza di vita, che è ben diversa dalla rassegnazione passiva, e per noi cristiani ancora di più.
Perché nessuna 'commissione per le fake news' potrà bannarci l’annuncio più importante. C’è una news che nessuno potrà cancellare più, per quanto incredibile possa sembrare: “Al Masih qam ! haqqan qam!”  “Il Signore è risorto, è veramente risorto !”.

Ecco, bene, allora consoliamoci…stiamo tranquilli. Accettiamo tutto”....  No, niente affatto. La Resurrezione di Cristo ci sveglia, ci rende desti, ci sospinge sulle strade del mondo (anche quando siamo in un monastero, sì).  E’ ora di svegliare le coscienze, di destarci.. Giorni gravi si stanno preparando, “sono” già qui...Ce ne accorgiamo?
Apriamo gli occhi, perché la Risurrezione di Cristo ce ne dà la forza.

Tanti ci scrivono che in questa situazione forzata comprendono meglio le 'risorse' di una vita nascosta, della scelta monastica. Certamente, ma poiché i monaci sono 'coloro che vegliano', ebbene, destiamoci.
Con serietà, con responsabilità. Ma anche con speranza. C’è già chi ha vinto il mondo e le forze del male…
  Ecco la Buona Pasqua, nel Signore Gesù Cristo.

     Le vostre sorelle trappiste di Azeir

P.S. una piccola nota di cronaca. Dopo tanti mesi senza cappellano e con 'Messa precaria', dalla fine di febbraio abbiamo con noi un sacerdote siriano che per tanti anni ha vissuto in Italia, Padre Massimo.
Ora che molti ne sono privati, noi possiamo così celebrare tutta la liturgia della Settimana Santa e della Pasqua. Non abbiamo i mezzi per condividerlo sulla rete, però vorremmo dirvi che ogni giorno portiamo tutti con noi nella preghiera, le nostre comunità, i nostri amici, le nostre famiglie, le persone che sono nella sofferenza... e tutti gli altri, conosciuti e sconosciuti. Non è solo un modo di dire, siete veramente presenti.


Ai nostri lettori e amici auguriamo buona e Santa Pasqua, 
affidando con fiducia al Signore che per noi dà la vita 
ogni preoccupazione e domanda di bene. 
Ora pro Siria 

giovedì 31 ottobre 2019

Perché voglio costruire un monastero in Siria

  "La storia di questo articolo inizia da un sapone al profumo d’oliva, con un arabesque raffinato intagliato sulla superficie che una giovane taxista mi fa scivolare tra le mani...."

di Giulia Cananzi
Messaggero di Sant'Antonio

Suor Marta Luisa Fagnani è una monaca trappista, superiora di Nostra Signora Fonte della Pace, un germoglio di monastero nel villaggio rurale di Azer, in provincia di Homs, in Siria, al confine con il Libano del Nord. Accanto due villaggi cristiani, tutt’intorno villaggi musulmani, sciiti e sunniti. Con lei una comunità di cinque sorelle.  Non è facile mettersi in contatto. Iniziamo un «dialogo telematico» che procede a singhiozzo, quando può ritagliarsi un po’ di tempo e quando la tecnologia ci assiste. È la Siria di oggi – a tratti pacificata ma con i carboni ardenti sotto la cenere – che anche a distanza fa intuire le sue difficoltà. Cosa ci fanno un pugno di suore di clausura in territorio musulmano, in tempi di tregua precaria e di opposti estremismi? «Siamo qui dal 2005 – spiega suor Marta – dopo che il nostro Ordine si è sentito interpellato dalla morte dei sette fratelli, rapiti e uccisi a Tibhirine, in Algeria (beatificati l’8 dicembre scorso, ndr). Volevamo raccogliere la loro eredità, testimoniando la Regola di San Benedetto in un contesto in cui i cristiani sono minoranza». Quattordici anni, sufficienti a vivere in prima persona la parabola di dolore della Siria: «Al nostro arrivo era un Paese in piena crescita, con contraddizioni, ma anche ricchezze culturali, umane, spirituali. C’era tolleranza. Ricordo un anno in cui la Pasqua cristiana coincideva con la festa di Ramadan: una donna velata, vedendoci uscire dalla chiesa, ci fece gli auguri, che noi ricambiammo». Una capacità di stare insieme nella diversità che la guerra ha cercato di spezzare in ogni modo: «Ma non ci è mai riuscita del tutto – continua suor Marta – neppure nei momenti peggiori del conflitto. Ricordo il giorno in cui siamo rimaste bloccate sull’autostrada tra Aleppo e Homs. Si sparava dietro e di fronte a noi. Non sapevamo che fare. Un camionista si è avvicinato e ci ha detto di non preoccuparci. “Quando si ripartirà restate in mezzo a noi”. E, prima di andarsene, ci ha messo in grembo delle arance».
Una guerra manipolata
In Occidente non è mai stato facile capire il conflitto siriano, tra informazioni montate ad arte e un arcipelago d’interessi in gioco. «La guerra ti insegna che bene e male non stanno mai da una parte sola e che non puoi mai giudicare dalle apparenze. Per molto tempo ci siamo limitate ad ascoltare le persone. Poi, quando abbiamo capito che da occidentali avevamo più possibilità di essere prese in considerazione, qualche volta abbiamo parlato al posto loro». Dal piccolo villaggio di Azer la visione dei fatti era, invece, chiarissima: «La guerra è stata orchestrata a tavolino e strumentalizzata da poteri regionali e internazionali, per interessi economici e geopolitici. Si è portata via molto: tante vite, da una parte e dall’altra, le infrastrutture, il lavoro, lo studio, la sanità, le ricchezze culturali e storiche, rubate e vendute, attraverso la Turchia, a collezionisti privati e musei occidentali. Si è portata via il desiderio di cambiamento e di giustizia che animava i siriani, costringendoli a una radicalizzazione, estranea alla loro indole. Ma ciò che è peggio, s’è portata via l’innocenza dei bambini e la speranza nel futuro». Un’altra primavera araba sfiorita anzitempo, «perché a nessuno interessano i diritti dei popoli, altrimenti, invece di riempire la Siria di armi, si sarebbe lavorato per far crescere la coscienza, la cultura, la formazione. La stampa occidentale in quel frangente è stata un disastro, ha contribuito a schierare tutto e tutti. Ciò ha fatto perdere alla gente la fiducia nella tradizione di democrazia, giustizia e libertà dell’Occidente». La Chiesa siriana è stata accusata di essere compiacente verso il dittatore. Un’accusa che suor Marta non manda giù. «È vero che i cristiani sono protetti dallo Stato siriano, come del resto tutte le altre confessioni religiose. È vero anche che proteggere le minoranze è una strategia per acquisire consensi. So persino che spesso ci si chiede come possano i cristiani accettare di “vivere tranquilli” a prezzo di tacere su palesi ingiustizie. In proposito ho qualche risposta: la realtà di una situazione si cambia dal di dentro, non con le armi, ma facendo crescere le persone. Ma la domanda dirimente è un’altra: qual era l’alternativa al governo che i cristiani avrebbero dovuto sostenere? Sarebbe stato razionale sottomettersi a uno Stato islamico, in buona parte rifiutato dagli stessi musulmani? E, infine, siamo sicuri noi, Paesi occidentali, di essere liberi da ogni dittatura di pensiero e di azione?».
Dateci un monastero e capovolgeremo il mondo
È lucida, suor Marta, risoluta e senza paura. Per anni, con le consorelle, ha passato le notti in dormiveglia, attenta ai movimenti dei mercenari che entravano dal Libano. Ha vissuto lo sconforto al pensiero che i jihadisti stavano avanzando e che la Siria non ce l’avrebbe fatta. In un angolo della stanza, un bagaglio con l’essenziale: qualche vestito, le carte del monastero e il calice dell’eucarestia di Tibhirine. Da un lato la tensione e la fatica. Dall’altro l’esempio dei fratelli di Algeria. La guerra è stata un passaggio profondo alla radice della propria vocazione. «Alla fine siamo potute rimanere». In tutti questi anni, chicco dopo chicco, come le formiche, le monache di Azer hanno costruito piccoli trulli con le pietre del luogo per accogliere chiunque cercasse pace e hanno creato gli orti. Da allora la preghiera, il lavoro e l’accoglienza scandiscono la giornata secondo la Regola benedettina. La gente accorre sempre più numerosa dalle suore che hanno piantato un monastero di pietra e di spirito nel deserto della guerra, adornandolo con fiori ed erbe, davanti ai quali i giovani sposi cristiani e musulmani vengono a scattarsi le foto di nozze. Hanno aperto i laboratori di artigianato, da cui deriva il sapone ricevuto in dono dalla taxista. Hanno offerto lavoro alle vedove di guerra e condiviso il pane. «Oggi mi sento pienamente siriana» dice suor Marta, apprezzando il gusto di ogni piccolo segno: la mamma musulmana che le chiede una benedizione per la figlia, il panettiere con le forme contate che le offre il pane «perché quelle di Azer sono le nostre suore», il bambino di 4 anni che assiste rapito alla compieta e quasi piange di nostalgia quando finisce il Salve Regina. Lo spirito passa dove meno te ne accorgi, si nutre di piccoli gesti, di semplici parole.
Le suore vorrebbero costruire, ora che la situazione si va normalizzando, un vero monastero: «Mi dicono che siamo folli, in una tale situazione di bisogno materiale. Però se vivi l’esperienza monastica sai che là dove più nascono domande sulla vita e sulla morte, quello è il posto giusto per un monastero. Possiamo percepire in questo luogo, tra la nostra gente, una sete spirituale profonda. C’è bisogno di spazi per accogliere questa sete e ricostrui­re le persone».
Per suor Marta il problema non sono i soldi: «Le risorse non mancano nel mondo. Pensate a quanto denaro è stato speso qui per distruggere. Anche come Chiesa dobbiamo evitare una mentalità pauperistica, perché il vero problema è preoccuparci di crescere e far crescere nella consapevolezza, nella coscienza. I cristiani devono essere gente che pensa e che aiuta a pensare. E in questa scuola di pensiero e di vita, un monastero trova il suo giusto posto. Abbiamo chiesto al Signore un segno: se vorrà troveremo i soldi, altrimenti non costruiremo il monastero. Tuttavia qualcosa si sta già muovendo. Contrariamente a quanto si crede, qui la gente lo vuole. È un segno di speranza».
Chiunque abbia messo piede in Siria in questi anni voleva qualcosa per sé, risorse, potere, vendetta, sotto la copertura di un conflitto di religione. Il piccolo convento di pietre e di spirito è un ribaltamento, il segno che ancora tutto è possibile.
Il sacrificio dei fratelli di Tibhirine, la guerra, il dolore dei siriani hanno lasciato segni profondi nel cammino spirituale e umano di suor Marta e delle sue sorelle: «Ho imparato molto da questo popolo. Ora guardo le cose con più consapevolezza e allo stesso tempo con più speranza. Qui Dio non è una presenza astratta e privata, ma vive nella vita di tutti, cristiani e musulmani, così che nessuno è dissociato, ma in unità con ciò in cui crede. È una grazia».
Si può compiere la propria missione ovunque, seguendo la chiamata di Dio, eppure questi luoghi risuonano d’echi profondi: «Trovo unica la possibilità di camminare su una terra santa, dove ha mosso i primi passi il cristianesimo. Che effetto incredibile calpestare le strade romane dove Pietro e Paolo sono passati. Che emozione indescrivibile vedere i fiumi Tigri ed Eufrate stendersi sulla pianura che ha visto nascere la civiltà. C’è uno spessore di storia, profana e sacra, che ti mette in un orizzonte di un’ampiezza indicibile. E allo stesso tempo c’è la nostra “piccola storia” quotidiana, quella di una comunità di sei suore, che condivide questo tempo di prova e di speranza con la gente che ha attorno e che, per farlo, ha solo una strada: scegliere Cristo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Sempre».
https://messaggerosantantonio.it/content/perche-voglio-costruire-un-monastero-siria?

Chi volesse sostenere il Monastero trappista 'Nostra Signora della Pace' in Siria con una donazione, può offrire il suo aiuto tramite la ONLUS del Monastero di Valserena: 

sabato 27 aprile 2019

Monsignor Abu Khazen agli italiani: “pregate perché le sanzioni vengano tolte e ci venga restituito il diritto di vivere in pace”.

Monsignor George Abu Khazen è dal 2014 il vescovo latino di Aleppo. In quella città ha trascorso con i suoi fedeli i momenti più difficili della guerra. Eppure – come spiega in questa intervista esclusiva a Sputnik Italia - oggi la situazione è quasi peggiore di quando i ribelli jihadisti e l’Isis circondavano la città.

  Intervista di Gian Micalessin

“La guerra forse è finita, o sta per finire, ma qui ad Aleppo e in tutto il resto della Siria il peso delle sanzioni sta diventando insopportabile. Manca tutto. Noi cristiani, come tutti i siriani, viviamo in condizioni impossibili. Ogni cosa, anche la più essenziale, è razionata. La bombola del gas si può cambiare solo una volta ogni venti giorni. Le automobili private hanno diritto a venti litri di benzina ogni cinque giorni, i tassisti possono comprarne venti ogni secondo giorno. Le ripercussioni, credetemi sono assai pesanti. Molti mezzi pubblici non circolano più e i pullman delle scuole sono quasi tutti fermi così molti bimbi, soprattutto quelli dei quartieri più lontani e disagiati non riescono a raggiungere le aule. Se a tutto questo aggiungete un caro vita inarrestabile capite quanto la situazione sia difficile. Per la prima volta proviamo un peso quasi insopportabile”.

“La situazione è quasi peggiore perché allora c’erano la speranza e la voglia di reagire. Oggi invece c’è solo confusione. Quando ad Aleppo si combatteva la gente era motivata, aveva uno slancio interiore che la spingeva a sopportare le avversità. Oggi invece la gente è stanca e depressa….sta perdendo la speranza…non sa più come andrà a finire”.


– E’ solo colpa delle sanzioni?
– Sì, le sanzioni sono il principale ostacolo al ritorno alla normalità. La Siria grazie ai suoi giacimenti di petrolio e gas potrebbe essere autosufficiente, ma quei giacimenti sono nel nord est e lì ci sono i curdi e gli americani. Gli americani sono i primi sostenitori del blocco economico. Per questo ci impediscono non solo di utilizzare il nostro petrolio e il nostro gas, ma anche di ricevere combustibili da altri paesi. L’intervento di americani e turchi rende tutto molto confuso, non sappiamo proprio come andrà a finire.
– Ma almeno non si spara più…
– Neanche questo è vero… intorno ad Aleppo si è tornato a combattere. Non sono grandi battaglie, ma si spara. Ogni sera si sentono di nuovo le bombe, le raffiche di mitragliatrice, le esplosioni dei missili. I ribelli di Jabhat Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida ormai controllano tutta la provincia di Idlib. Quindi sono praticamente alle porte di Aleppo. La Turchia dice di voler collaborare per mandarli via, ma in verità è il loro principale alleato. E poiché conosciamo i turchi e sappiamo che sono abituati a promettere una cosa e farne un'altra siamo molto inquieti.
– C’è stato un ritorno della comunità cristiana dopo la fine dell’assedio?
– Purtroppo no! I cristiani ritornati ad Aleppo sono pochissimi. Ma quel che più ci preoccupa è il malessere quelli rimasti. Per la prima volta li sento dire “abbiamo sbagliato a restare qui”. Durante la guerra nessuno diceva mai una cosa del genere. Ora, invece, lo dicono in tanti.. E non solo fra i cristiani. Questo è un pessimo segnale.
– C’è il rischio che la presenza cristiana non torni più quella di un tempo?
– Noi non abbiamo perso la speranza neanche nei momenti più bui della guerra. Sperare fa parte della nostra fede….. dunque non posso credere che la presenza cristiana vada perduta. Il nostro destino non è nelle mani degli uomini, ma nelle mani di Dio. Lui è il nostro unico salvatore e quindi la speranza non può e non deve andar mai perduta.
– Vi sentite appoggiati dal Vaticano?
– Noi siamo grati alle istituzioni della Chiesa che ci aiutano e a tutti i benefattori. Solo grazie a loro riusciamo a mantenere i cristiani e tanti altri fratelli siriani.
– E dell’Europa e dei suoi paesi cosa pensate? Avete l’impressione che si siano scordati di voi?
– Magari si scordassero di noi...purtroppo si ricordano di noi solo per colpirci e farci del male imponendoci le sanzioni. Tolte Ungheria e Polonia tutte le altre nazioni europee sembrano volerci fare del male.
– E l’Italia?
– L’Italia deve fare un esame di coscienza e riflettere sulle conseguenze del blocco economico imposto alla Siria. Gli italiani devono capire che le sanzioni non toccano gli alti funzionari dello Stato e non contribuiscono a fermare le importazione di armi. Le sanzioni toccano solo la povera gente. A noi cristiani delle armi non importa nulla. A noi interessano le condizioni della povera gente. Che colpa hanno milioni di famiglie con anziani, malati e bambini a carico. Perché bisogna farli soffrire? Voi italiani dovete rendervi conto che la guerra forse è finita, ma le sanzioni volute dagli americani rendono sempre più difficile la nostra vita. Il nostro messaggio agli italiani è uno solo “pregate perché le sanzioni vengano tolte e ci venga restituito il diritto di vivere in pace”.
– Ma ci sarà qualcuno che vi aiuta?
– La Russia è la sola che ci ha sempre aiutato. Solo grazie a Mosca i jihadisti non hanno preso il potere in tutta la Siria. Solo grazie alla Russia oggi si discute pace.

DALLE MONACHE TRAPPISTE DI AZEIR , UNA CONFERMA
"Volevo raccontarvi un po' anche delle sanzioni, ora che si ripresenta ancora una volta a giugno la votazione, e dirvi quanto incidono, perchè è la prima volta in tutti questi anni che vediamo la gente veramente scoraggiata perchè le sanzioni stanno ancora una volta incidendo pesantemente: non c'è gas, non c'è benzina, non c'è gasolio e , nella nostra regione che è soprattutto agricola, la gente coltiva  e poi non c'è possibilità di portare frutta e verdura a Damasco o sui mercati , quindi è tutto fermo. Anche tutte le piccole attività, per esempio da noi molte cose si conservano ancora col ghiaccio e chi fa il ghiaccio non riesce a produrre, non c'è elettricità per i freezer nè benzina per portare in giro i blocchi di ghiaccio, è tutto così... Il pane è la stessa cosa, il pane è razionato perchè i forni funzionano col gasolio... insomma questa realtà e davvero pesante e la gente è veramente scoraggiata. Non era mai successo fino ad oggi di sentire le persone dire "quanto mai non siamo partiti!". 
Davvero queste voci non sono ascoltate agli alti livelli, quello che non si è riusciti ad ottenere con la guerra lo si sta ottenendo facendo stancare le gente: penso che dobbiamo reagire, perchè tutto diventa difficile..., non c'è gas, noi possiamo cucinare perchè abbiamo i pannelli solari, abbiamo il fornellino elettrico e le donne del villaggio vengono a cucinare su da noi, sul nostro fornello elettrico, ma come si può pensare che il Paese riparta, con una vessazione così pesante? Ci sono dei militari di leva che stanno magari ad Homs, finiscono il loro turno e non possono tornare semplicemente a casa per le ore di congedo perchè non ci sono pulmini. La gente che deve andare a prendere qualcosa non trova le macchine oppure la benzina ha costi talmente alti che rinunciano a spostarsi, quindi anche il lavoro diventa più impegnativo e diventa più costoso. La merce triplica i prezzi. Davvero è una situazione insostenibile."
Da una comunicazione di Suor Marta delle Trappiste di Azeir