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mercoledì 22 marzo 2023

Siria, un mese dopo il sisma non arrivano gli aiuti: "Situazione drammatica"


 Nelle prime ore del 22 marzo, l'aviazione israeliana ha lanciato un nuovo attacco missilistico nelle vicinanze dell'aeroporto internazionale di Aleppo, principale punto di arrivo dei soccorsi ai terremotati

Vatican News intervista Andrea Avveduto, dell'Associazione Pro Terra Sancta, : "Mancano le medicine e c'è il rischio di epidemie sanitarie". 

L'Unione Europea ospita oggi una conferenza a Bruxelles con l'obiettivo di raccogliere fondi internazionali per aiutare le vittime del devastante terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria.
Il terremoto di magnitudo 7,8 del mese scorso ha raso al suolo intere città, uccidendo più di 50 mila persone nel sud-est della Turchia e in regioni della Siria dilaniata dalla guerra. "Ad Aleppo, la situazione è immutata. Non ci sono mezzi per togliere le macerie.  E sotto le macerie ci sono ancora vittime intrappolate. Si scava ancora a mani nude", afferma a Radio Vaticana - Vatican News, Andrea Avveduto, portavoce dell'Associazione Pro Terra Sancta.

Sono ancora  tantissime le persone intrappolate sotto le case crollate. "A questo si aggiunge il fatto - prosegue Avveduto - che abbiamo visto i topi che cominciano ad andare dentro le macerie per mangiare i cadaveri. La settimana scorsa ho accompagnato una piccola squadra di specialisti provenienti dall'Italia per fare una prima ricognizione delle case e almeno il 30% dei palazzi di Aleppo deve essere demolito completamente. Altre case sono inagibili e possono crollare da un momento all'altro anche perchè sono state costruite male negli anni. È una situazione che si trascina da più di un mese. Non ci sono, purtroppo, gli aiuti internazionali e tutto ciò crea anche il rischio di epidemie, dovute, soprattutto ai topi. Abbiamo infatti incontrato tante persone che hanno perso i loro familiari che sono ancora sotto le macerie". 

Gli aiuti internazionali

Gli aiuti non stanno arrivando e quei pochi che arrivano sono insufficienti, riferisce ancora il portavoce di Pro Terra Sancta. "Le persone si sentono abbandonate da alcuni Paesi che fingono di aiutare ma utilizzano e strumentalizzano la vicenda del terremoto per pura propaganda. Le sanzioni che sembravano essere state allentate in realtà restano tutte. D'altronde, sapevamo che l'annuncio dell'allentamento delle sanzioni rappresentava un atteggiamento poco chiaro perchè le sanzioni alla Siria già permettevano, in caso di necessità, l'invio di aiuti umanitari. Di fatto non sono arrivati strumenti per scavare le  macerie. C'è poi un problema evidente dovuto all'incuria nell'edilizia per il modo in cui sono state costruite le case che rendono vulnerabili interi paesi e città".

Il sostegno dei Francescani

I frati di Aleppo, intanto, continuano con le attività di accoglienza delle persone. Alcune famiglie sono ritornate a loro rischio nelle case e non abbiamo più le migliaia di sfollati nei centri di  accoglienza. Prosegue pure l'attività della mensa e della distribuzione dei pasti caldi. "Anche perché - spiega ancora Andrea Avveduto - il terremoto in Siria arriva dopo dodici anni di guerra civile e dopo una crisi economica che sta raggiungendo livelli davvero preoccupanti per il Paese. Continua poi la distribuzione di beni di prima necessità, ma non si trovano più le medicine e questo è un altro problema che stiamo affrontando. Il punto è che non c'è oggi un'alternativa per cui si vive in questa condizione di pericolo continuo".

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2023-03/terremoto.html

sabato 18 marzo 2023

Lettera da Aleppo: terremoto, un’altra sfortuna nella tragedia siriana.

Lettera n° 46. 

Di Nabil Antaki.  Trad. Maria Antonietta Carta

Alle ore 04:17 di lunedì 6 febbraio 2023, sono bastati quarantacinque secondi per gettare in strada l'intera popolazione di Aleppo. Era buio, pioveva e faceva freddo, 2 gradi Celsius, quando la terra tremò. Gli edifici crollavano, altri si spostavano, soprattutto i piani superiori. I mobili ballavano, ninnoli e quadri cadevano a terra, i vetri si rompevano, i muri si crepavano, sassi, pezzi di cemento o intonaco cadevano dalle pareti o dai soffitti ferendo gli abitanti, bottiglie di olio, sciroppi, detersivi uscivano dai loro armadietti in cucina rovesciandosi sul pavimento e, soprattutto, il rumore assordante, un rumore terrificante, delle porte che sbattevano e delle finestre che si aprivano. Durò 45 secondi. Un'eternità.

L'Aleppo addormentata si svegliò di soprassalto: i bambini urlavano, gli adulti erano terrorizzati non sapendo cosa stesse accadendo. Finché non si resero conto che si trattava di un terremoto (Zelzal in arabo).

Il panico. La gente si mise a correre, a scendere le scale, a urtarsi; alcuni caddero e si spezzarono gli arti. E tutti, due milioni di persone, si ritrovarono per strada in pigiama o scalzi, sotto la pioggia e al freddo mentre crollavano gli edifici, crollavano i piani alti e piovevano pietre ferendo o uccidendo.

Un caos. Chi possedeva un'auto tentò di fuggire dal suo quartiere per parcheggiare in aree libere da edifici, ma gli ingorghi rallentavano la fuga. Gli altri cercarono rifugio nei parchi pubblici, nelle chiese o nelle moschee. I viali principali e la tangenziale si riempirono di auto parcheggiate lungo i marciapiedi con famiglie che trascorsero la notte in macchina.

Migliaia di famiglie hanno piantato tende in tutti gli spazi vuoti e vivono ancora lì dopo il terremoto. Gli stadi sportivi sono affollati da migliaia di persone e quasi tutta la popolazione ha trascorso giorni "per strada". Abbiamo appreso in seguito che il terremoto era di magnitudo 7,8 sulla scala Richter con epicentro in una città nel sud della Turchia a circa 100 km a nord di Aleppo.

Meno di mezz'ora dopo il terremoto, noi Maristi Blu abbiamo aperto le porte della nostra residenza per accogliere coloro che cercavano rifugio. Avevamo lanciato messaggi su diversi social network e risposto a decine di telefonate per dire “sei il benvenuto”. In poche ore sono arrivate più di mille persone di tutte le fedi, intirizzite dal freddo, inzuppate dalla pioggia, tremanti di paura, urlanti, piangenti. Rapidamente, i nostri volontari, subito accorsi, hanno distribuito una bevanda calda e le poche coperte e materassi che avevamo. Bisognava confortare, calmare, rassicurare, ascoltare e riscaldare le persone in tutte le stanze della residenza, compresa la cucina. Fortunatamente, i due cortili del convento sono coperti e chi non trovava posto dentro vi si rifugiò aspettando l'alba. Al mattino bisognava dare da mangiare a tutti, cucinare per mille persone, dare il latte ai bambini, sistemare coperte e materassi per tutti e fare posto a tutti per la notte successiva. A malapena le persone si calmarono dopo una seconda scossa di magnitudo 7,7 avvenuta alle 13:24. Aleppo non aveva subito un terremoto simile dal 1822.

Nelle settimane successive, si sono verificate ogni giorno piccole scosse che spaventarono la popolazione e il lunedì 20 febbraio alle 20:04 un terzo terremoto di magnitudo 6.3.

Il bilancio sale, nella sola Aleppo, a 458 morti, più di mille feriti, 60 edifici crollati e completamente distrutti, centinaia di edifici non riparabili da abbattere, migliaia di edifici gravemente danneggiati e inabitabili allo stato attuale e centinaia di migliaia di persone che non vivono più nelle loro case. Anche se dall'esterno sembrano intatti, molti edifici non sono abitabili perché le fondamenta o i vani scala o i muri portanti sono danneggiati. Oltre ad Aleppo, sono state colpite altre città siriane: in particolare Latakia, Hama e Jable dove sedici edifici dello stesso complesso sono crollati uccidendo 15 medici e 16 farmacisti.

Per più di 20 giorni, la nostra residenza ha continuato ad accogliere centinaia di persone. Riceverle, nutrirle, curarle, offrire la possibilità di un bagno caldo e di nuovi indumenti (perché arrivavano con solo gli abiti che avevano addosso), confortare, prendersi cura dei bambini, organizzare i dormitori erano i nostri compiti quotidiani. Molte famiglie restavano con noi perché avevano paura di tornare a casa in attesa di una quarta scossa; altri avevano le loro case gravemente danneggiate o completamente distrutte.


Abbiamo creato un comitato di ingegneri dei Maristi Blu per ispezionare gli appartamenti degli sfollati. Se le condizioni dell'appartamento sono accettabili, rassicuriamo le persone invitandole a tornare a casa. Se gli alloggi sono inabitabili, affittiamo loro un appartamento per un anno; il tempo di effettuare le necessarie riparazioni o restauri. Altre associazioni e chiese hanno fatto lo stesso. Per quattro settimane, abbiamo interrotto i nostri consueti progetti per alleviare le sofferenze e assistere gli sfollati, ma nell'ultima settimana abbiamo lentamente ripreso le attività nonostante la depressione dei nostri volontari e dei nostri beneficiari. Oltre al pesantissimo tributo umano e materiale, il trauma psicologico in tutte le fasce di età è molto pesante. Ora, 35 giorni dopo il terremoto, adulti e bambini sono ancora sotto shock, ansiosi, disperati, hanno incubi e pensano che il peggio debba ancora venire. La Mezzaluna Rossa e tante associazioni benefiche si sono mobilitate, come noi, per aiutare le centinaia di migliaia di sfollati ospitati nei centri di accoglienza; una mobilitazione come non ne abbiamo mai viste. La solidarietà e la generosità di altre città siriane nei nostri confronti così come quelle dei nostri vicini del Libano e Iraq sono state esemplari. I Siriani della diaspora hanno, dal primo giorno, organizzato raccolte di denaro e materiali e intrapreso iniziative per inviarci fondi. I nostri amici occidentali hanno fatto lo stesso con grande generosità. Senza dimenticare il ruolo importantissimo di tanti enti di beneficenza e associazioni di solidarietà internazionale, soprattutto cristiani, che hanno dedicato più tempo che mai a soddisfare i nostri bisogni primari. I Paesi amici hanno inviato squadre di soccorso e rimozione delle macerie o squadre mediche. All'aeroporto di Aleppo sono atterrati circa 100 aerei provenienti da Marocco, Tunisia, Algeria, Giordania, Egitto, Venezuela e persino dal Bangladesh, solo per citarne alcuni.

Poi, l'aeroporto di Aleppo, dove sono atterrati gli aerei che portavano assistenza, è stato bombardato dai nostri vicini a sud (Israele, n.d.t.), rendendolo impraticabile.

Mentre centinaia di aerei occidentali hanno portato soccorsi in Turchia, soltanto un aereo europeo è atterrato in Siria. Che peccato!  

Intervento del dott Nabil Antaki all'incontro all'ONU di Ginevra sull'effetto delle sanzioni sulla Siria e sui terremoti

I governanti dei Paesi dei Diritti umani e della "democrazia" sono convinti che la popolazione colpita della Siria soffra meno di quella della Turchia perché vive in un Paese sotto sanzioni? Non potrebbero annullare le loro sanzioni per fornire assistenza umanitaria a una popolazione colpita da un disastro naturale? È scandaloso a dir poco. Avevano affermato per anni che gli aiuti umanitari e le attrezzature mediche erano esenti da sanzioni. In realtà, questa è una menzogna. Se fosse vero, perché hanno allentato le sanzioni per gli aiuti umanitari, durante 180 giorni, se già ne erano esenti? Fortunatamente, gli uomini e le donne di questi Paesi hanno reagito diversamente dai loro governanti e hanno mostrato solidarietà e generosità esemplari. 

Le sanzioni, che i Paesi occidentali impongono alla Siria da oltre 10 anni, sono inefficaci e ingiuste. Esse hanno impoverito la popolazione, che sta soffrendo una gravissima crisi economica a causa della mancanza di investimenti esteri vietati appunto dalle sanzioni. Ci fanno patire mettendo un embargo che provoca anche la carenza di olio combustibile, benzina, pane ed elettricità. Le sanzioni uccidono. La maggior parte degli edifici crollati durante il terremoto, ma già gravemente danneggiati dalla guerra (e ce ne sono decine di migliaia), erano abitati da persone che non avevano altra scelta perché non potevano essere ricostruiti, in quanto la ricostruzione è vietata dalle sanzioni. Per non parlare delle decine di persone sepolte vive sotto le macerie e morte perché non soccorse in tempo, per mancanza di macchinari pesanti per lo sgombero.

Esattamente 12 anni fa, il 15 marzo 2011, iniziava la guerra. La popolazione siriana da allora ha sofferto abbastanza ed è stremata: la guerra, le sanzioni e la penuria, la crisi economica, il Covid-19, il colera e ora il terremoto. Quante disgrazie su un Paese che un tempo era bello, prospero, sicuro e sovrano.

Sono bastati quarantacinque secondi per mettere in strada l'intera popolazione di Aleppo; una popolazione già a terra dopo 12 anni di tragedie e disgrazie. Ma il popolo siriano è un popolo orgoglioso e dignitoso, anche nelle avversità e non chiede altro che poter vivere, di nuovo, normalmente, in pace. Aiutateci a far revocare le sanzioni.

Grazie per la vostra amicizia e solidarietà.

Dottor Nabil Antaki per i Maristi Blu, Aleppo il 15 marzo 2023

mercoledì 15 marzo 2023

Nel 12° triste anniversario della pseudo 'rivoluzione siriana'

di Steven Sahiunie

Il 15 marzo 2023 segna il 12° anniversario del conflitto siriano, che segue anche un violento terremoto di magnitudo 7,8 che ha colpito il confine condiviso tra Turchia e Siria. Le città di Aleppo, Idlib, Latakia e Jeblah sono state gravemente danneggiate con più di 5.000 morti e centinaia di migliaia sono rimaste senza casa. 

Il conflitto è stato erroneamente etichettato come guerra civile o guerra settaria. Non era né l'uno né l'altro, ma era un attacco USA-NATO alla Siria pianificato per un "cambio di regime".

Prima dell'attacco USA-NATO, Aleppo era la capitale industriale della Siria e uno dei maggiori centri di attività economica del Medio Oriente. Una volta che i terroristi si sono trincerati ad Aleppo est, hanno smantellato le fabbriche e distrutto i centri commerciali. Alla fine del 2021, secondo il ministro dell'Industria Ziad Sabbagh, le perdite delle fabbriche siriane gestite dal governo ammontavano a circa 398 milioni di dollari. 

Molti imprenditori e commercianti di Aleppo erano fuggiti in Egitto come migranti economici e vi avevano installato enormi fabbriche. Se la Siria dovesse entrare in una fase di ricostruzione, molti proprietari di fabbriche tornerebbero ad Aleppo per ricostruire le loro vite e offrire lavoro a migliaia di lavoratori siriani.

I terroristi hanno ripetutamente preso di mira le infrastrutture civili, come ospedali, scuole, centrali elettriche, stazioni di acqua potabile e pozzi di petrolio e gas. Ad esempio, la Siria aveva precedentemente detenuto il secondo posto nella produzione farmaceutica nel mondo arabo, esportando in almeno 52 paesi. Tuttavia, i terroristi hanno distrutto gli stabilimenti farmaceutici e i magazzini, il che ha costretto i siriani ad acquistare medicinali dall'estero in valuta forte piuttosto che medicinali prodotti internamente che erano molto più convenienti.

Secondo Elizabeth Hoff, ex direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità a Damasco, i macchinari medicali negli ospedali di tutta la Siria erano fermi per mancanza di pezzi per ripararli. Le aziende statunitensi e dell'UE avevano paura di essere penalizzate da sanzioni, quindi non intraprenderebbero affari con aziende siriane che richiedono macchine e parti medicali.

La Siria era stata autosufficiente nella produzione di grano, ma i terroristi hanno sequestrato i depositi di grano e lo hanno venduto all'Europa. La Francia mangiava croissant dal grano siriano rubato e in Italia lo usavano per la pasta. Una volta che le forze armate statunitensi hanno invaso la Siria, hanno stabilito una base nell'area di produzione del grano del nord-est e hanno permesso ai loro mercenari locali di utilizzare il grano per impedire al governo di Damasco di nutrire milioni di persone.

Dopo che più di 350.000 persone sono morte e più di 10 milioni sono emigrate all'estero come rifugiati o migranti economici, l'attacco non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi. Il paese è stato lasciato in uno stato di rovina e, a causa delle sanzioni USA-UE alla Siria, il paese è precipitato anche nella rovina finanziaria. 

Le sanzioni USA-UE ai siriani sono una forma di punizione collettiva. Non sono autorizzati a ricevere denaro da parenti all'estero. Non sono autorizzati a ordinare macchine, parti o materiali da costruzione dall'estero per ricostruire le loro case e attività.

L'esercito americano occupa i principali giacimenti petroliferi in Siria per impedire che le risorse petrolifere vengano utilizzate per soddisfare i bisogni interni dei siriani attraverso la produzione di olio combustibile, benzina ed elettricità. I siriani hanno solo circa 30 minuti di elettricità tre volte al giorno e soffrono di carenze croniche di benzina e gasolio per il riscaldamento domestico nelle aree gelide colpite dal terremoto.

I siriani hanno bisogno di tutto. Hanno bisogno di infrastrutture da riparare per l'acqua potabile pulita, hanno bisogno di posti di lavoro, il che significa che hanno bisogno di fabbriche da ricostruire e hanno bisogno che le loro case vengano ricostruite. Hanno bisogno di accedere alle proprie risorse petrolifere e hanno bisogno di paesi amici per ripristinare i precedenti legami commerciali. 

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha emesso una rinuncia di 180 giorni alle sanzioni dopo il terremoto, ma questo sembra uno scherzo. La deroga riguarda solo gli aiuti umanitari e non copre eventuali esigenze di ricostruzione, né rimesse familiari dall'estero.

I siriani hanno bisogno che le forze armate statunitensi se ne vadano e che tutte le sanzioni vengano revocate in modo che possano ricevere denaro dall'estero e inviare pagamenti a società straniere a cui hanno ordinato forniture per la ricostruzione.

La Cina ha riunito l'Arabia Saudita e l'Iran in un riuscito negoziato di pace, che potrebbe rivelarsi un aiuto essenziale per i siriani. Il principe ereditario saudita e primo ministro Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud, aveva detto in precedenza di voler aiutare la Siria. Gli Stati Uniti stavano imponendo minacce ai paesi, che potrebbero aiutare la Siria, ma ora Cina, Iran e Arabia Saudita si sono uniti e speriamo che seguano progressi, che porranno fine all'attacco USA-NATO alla Siria.

https://news.cgtn.com/news/2023-03-14/12-years-after-the-U-S-NATO-attack-on-Syria-1ia748rhBbq/index.html

Il WFP conferma:

Comunicato stampa dell'agenzia ONU World Food Programme

14 marzo 2023

SIRIA: METÀ DELLA POPOLAZIONE ALLA FAME DOPO 12 ANNI DI CONFLITTO E IL TERREMOTO CHE HA PEGGIORATO LA CRISI ECONOMICA

DAMASCO – In Siria, un salario medio mensile copre attualmente circa un quarto del fabbisogno alimentare di una famiglia, ha detto oggi l’agenzia ONU World Food Programme (WFP), evidenziando l'urgente necessità di una più cospicua assistenza umanitaria mentre il paese è alle prese con l'impatto devastante dei recenti terremoti e con un conflitto che dura da 12 anni.

Circa 12,1 milioni di persone, oltre il 50 per cento della popolazione, sono attualmente in condizioni di insicurezza alimentare mentre rischiano di precipitarvi altri 2,9 milioni di persone. Dati recenti mostrano che la malnutrizione è in aumento, con tassi mai visti prima di deficit di sviluppo e malnutrizione materna.

Bombardamenti, sfollamenti, isolamento, siccità, tracollo economico e ora terremoti di proporzioni sbalorditive. I siriani sono straordinariamente resilienti, ma c'è un limite alla sopportazione", ha detto Kenn Crossley, Direttore WFP in Siria. "A che punto il mondo dirà: ora basta?" 

Il terremoto del 6 febbraio si è abbattuto su un paese che vedeva già i prezzi del cibo alle stelle. In un anno è raddoppiato il costo della selezione di prodotti alimentari standard che il WFP utilizza per tenere traccia dell'inflazione alimentare. Ora sono 13 volte più costosi rispetto a tre anni fa e non si prevedono segnali di ribasso.

I recenti terremoti hanno evidenziato la necessità urgente di una maggiore assistenza umanitaria in Siria, non solo per le persone colpite dai terremoti, ma anche per coloro che erano già alle prese con prezzi alimentari alle stelle, crisi del carburante e consecutivi shock climatici. I prezzi del cibo e del carburante sono ai massimi da un decennio dopo anni di inflazione e svalutazione monetaria.

I tassi di deficit di sviluppo tra i bambini hanno raggiunto il 28 per cento in alcune parti del paese e la prevalenza della malnutrizione materna è del 25 per cento nel nord-est della Siria. 

Un paese che prima era autosufficiente nella produzione alimentare ora si colloca tra i primi sei paesi al mondo con la più alta insicurezza alimentare e una forte dipendenza dalle importazioni di cibo. Infrastrutture danneggiate, costo elevato del carburante e condizioni vicine alla siccità hanno ridotto del 75 per cento la produzione di grano in Siria.

Il WFP fornisce assistenza alimentare a 5,5 milioni di persone in tutto il paese attraverso distribuzioni di cibo, programmi nutrizionali, pasti scolastici, assistenza in denaro e supporto per i mezzi di sussistenza, resilienza e reti di protezione sociale. Da quando il terremoto ha colpito la Siria settentrionale, il WFP ha raggiunto 1,7 milioni di persone colpite dal sisma, comprese quanti già beneficiavano di assistenza alimentare mensile.

Tuttavia, ristrettezze finanziarie per il WFP in Siria minacciano di ridurre l'assistenza, proprio quando le persone ne hanno più bisogno. Il WFP ha urgentemente bisogno di almeno 450 milioni di dollari per mantenere l'assistenza a oltre 5,5 milioni di persone in tutto il paese per il resto dell’anno, compresi 150 milioni di dollari per sostenere per sei mesi 800.000 persone colpite dal terremoto.

Senza risorse sufficienti, a partire da luglio il WFP dovrà ridurre drasticamente il numero di beneficiari, lasciando milioni di persone in condizioni di estremo bisogno senza assistenza alimentare.

Il mondo ora ci ha dimenticato. Ѐ quello che ci dicono molti siriani, ed è un duro promemoria a fare di più ", ha detto Corinne Fleischer, Direttrice regionale WFP per il Medio Oriente, il Nord Africa e l'Europa orientale. "Abbiamo bisogno di fondi per continuare a fornire cibo a milioni di famiglie, fino a quando i siriani non potranno tornare ad essere autosufficienti".

Oltre a fornire assistenza alimentare immediata, il WFP lavora per trovare soluzioni a lungo termine per aiutare le comunità in Siria a diventare meno dipendenti dall'assistenza alimentare diretta. In tutta la Siria, il WFP sostiene la riabilitazione di sistemi di irrigazione, mulini, panetterie e mercati. Tali progetti comportano un maggiore ritorno sull'investimento rispetto alle distribuzioni alimentari tradizionali. Ad esempio, ogni dollaro investito nella riabilitazione di panetterie o canali di irrigazione può ridurre il costo annuale dell'assistenza alimentare generale di oltre 3 dollari.

venerdì 10 marzo 2023

Siria: Nostra Signora Fonte della Pace e la Speranza che rimane Presente

di Sr. Veronica, ocso


In una zona rurale al confine con il Libano del Nord. Accanto due villaggi cristiani, tutt’intorno villaggi musulmani, sciiti e sunniti. Cinque sorelle dal Monastero cistercense di Valserena (Pisa – Italia): cosa ci fanno un pugno di monache di clausura in territorio musulmano, in tempi così duri?

Sono presenti dal 2005, dopo che l’Ordine Cistercense si è sentito interpellato dalla morte dei sette monaci rapiti e uccisi a Tibhirine, in Algeria a raccogliere la loro eredità, vivendo la Regola di San Benedetto in un contesto in cui i cristiani sono minoranza.

Diciotto anni, sufficienti a vivere in prima persona la parabola di dolore della Siria.

Al loro arrivo le Sorelle sono state accolte da un Paese in piena crescita, con contraddizioni, ma anche ricchezze culturali, religiose, umane, spirituali. C’era tolleranza. Una capacità di stare insieme nella diversità, cosa che la guerra ha cercato di spezzare in ogni modo.

In Occidente non è mai stato facile capire il conflitto siriano, tra informazioni montate ad arte e un arcipelago d’interessi in gioco. La guerra insegna che bene e male non stanno mai da una parte sola e che non puoi mai giudicare dalle apparenze. La guerra è stata orchestrata a tavolino e strumentalizzata da poteri  regionali e internazionali, per interessi economici e geopolitici. A nessuno interessano i diritti dei popoli; altrimenti, invece di riempire la Siria di armi, si sarebbe lavorato per far crescere la coscienza, la cultura, la formazione. E invece ci ritroviamo ad assistere a un martirio senza fine, fatto oggi di sanzioni, furti e soprusi che generano una povertà sempre più nera.

Per anni le Sorelle hanno passato le notti in dormiveglia, attente ai movimenti dei mercenari che entravano dal Libano. Hanno vissuto lo sconforto al pensiero che la Siria non ce l’avrebbe fatta. La guerra è stata un passaggio profondo alla radice della vocazione tuttavia sempre sono rimaste. In tutti questi anni, chicco dopo chicco, hanno costruito un luogo bello per accogliere chiunque cercasse pace.

La preghiera liturgica, il lavoro e l’accoglienza scandiscono la loro giornata.  La gente accorre sempre numerosa al monastero di pietra e di spirito, nel deserto della povertà. Si prega, si condivide, si parla nei limiti della comprensione della lingua araba. Ad alcuni si tenta di offrire un lavoro e un compenso che consentano la sopravvivenza familiare.

Quando la situazione ha iniziato a ritrovare un equilibrio, pur nella diffusa povertà causata dalle sanzioni contro la Siria, dopo aver attraversato anche il tunnel del Covid e del colera, si era iniziata la costruzione di un vero edificio monastico e di una chiesa che potesse essere Casa per tutti. Le Sorelle si sono tanto interrogate se non fosse follia, in una tale situazione di bisogno materiale. Però  chi vive l’esperienza monastica sa che là dove più nascono domande sulla vita e sulla morte, quello è il posto giusto per un monastero.  Si percepisce in Siria, tra la gente, una sete spirituale profonda. C’è bisogno di spazi per accogliere questa sete e ricostruire le persone. Alcuni generosi benefattori si sono provvidenzialmente presentati e così la costruzione è cominciata.

La gente, in quel Paese, è abituata al fatto che chiunque abbia messo piede in Siria in questi anni prendeva qualcosa per sé: risorse, potere, vendetta. Al contrario, il piccolo monastero cistercense vuole essere una presenza diversa, gratuita, abitata da cuori che tutto hanno lasciato per amare un Paese non loro, imparare una lingua e una cultura lontani e tentare di vivere la speranza di un sì sempre rinnovato a Dio.

In quelle terre Dio non è una presenza astratta e privata, ma vive nella vita di tutti, cristiani e musulmani, così che, pur nella dissipazione di un mondo globalizzato, il rimando a Lui è sempre possibile e familiare. Certo, potevano rimanere in Italia e pregare per tutti, ma quei luoghi risuonano di echi profondi, di una storia antica. E inserirsi in questa Grazia lo considerano un privilegio e un onore.

Oggi tutti ci fermiamo attoniti di fronte al mistero di un terremoto feroce come pochi altri, che ha mietuto innumerevoli vittime in una sola notte, tra gente che da 12 anni aveva resistito a infinite prove.

Che senso abbia tutto questo lo domandiamo a quel Dio, Creatore e Redentore, che non smettiamo di sentire Padre.

Dagli uomini di potere esigiamo invece clemenza, quella vera: l’eliminazione delle sanzioni e non solo parole di cordoglio.

Dalle immagini rilanciate in tutto il mondo chiunque può constatare che chi soffre sono i poveri, la gente normale, che a fatica riesce a mangiare e scaldarsi in questo ennesimo inverno, e in quest’ora tragica vede la vita e gli affetti perire sotto macerie che pare impossibile rimuovere per la scarsità dei mezzi a disposizione.

Noi, con le nostre Sorelle in Siria, non smettiamo di sperare.

 https://www.fondazionemonasteri.it/azer-provincia-di-homs-siria-nostra-signora-fonte-della-pace/


L'appello delle Trappiste per l'abolizione delle SANZIONI :

https://oraprosiria.blogspot.com/2023/02/appello-pressante-dalle-trappiste.html


Per donazioni in aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto in Siria:

INTESA SANPAOLO
intestato a Monastero Cistercense di Valserena
IBAN: IT10K0306909606100000002045
BCITITMM

Causale: Terremoto

Per chi ha bisogno della ricevuta valida per la detrazione può fare la donazione attraverso l’associazione Nostra Signora della Pace specificando bene la causale. (deducibili dalle tasse ai sensi del D.L.G. 460/97)

INTESA SANPAOLO
intestato a: Associazione Nostra Signora della Pace
IBAN: IT61M0306909606100000002047
BCITITMM

Causale: Terremoto

martedì 7 marzo 2023

Padre Bahjat, parroco di Aleppo: “Regna la paura e lo sconforto”

 

La paura e lo sconforto sono rimaste, insieme alle macerie, a fare compagnia alla popolazione terremotata” racconta al Sir padre Bahjat Elia Karakach, frate della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Aleppo.  La speranza di una ricostruzione veloce non trova spazio nei cuori di una popolazione segnata da quasi 13 anni di guerra, dalla pandemia e dalla povertà.

   di Daniele Rocchi , SIR  6 marzo 2023

La maggior parte della gente che ha l’abitazione lesionata ma agibile non vuole rientrare perché le scosse continuano. Il timore di crolli è tangibile – spiega il parroco -. Il fattore psicologico in questo frangente ha un peso importante nella vita degli abitanti di Aleppo e delle zone colpite”.

Nel frattempo i centri di accoglienza allestiti dalle autorità locali sono pieni di terremotati e la convivenza comincia ad essere difficile. Si tratta di strutture in qualche modo improvvisate con servizi insufficienti per fare fronte ai bisogni di così tanta gente”.

L’aiuto delle Chiese.  Le Chiese locali continuano a offrire sostegno materiale e spirituale ai terremotati, grazie anche all’aiuto che arriva dalla Chiesa universale.

Nel Terra Santa College oggi sono ospitate circa 3mila persone, tra queste anche quelle che erano alloggiate nei locali della parrocchia latina che ha ripreso le attività pastorali e catechetiche. È importante, infatti, ridare ai nostri fedeli una parvenza di normalità, per quanto possibile. Dopo un mese, però, anche gli ampi spazi del College non bastano più. Non ci sono servizi igienici sufficienti per tutta questa gente e il rischio di problemi di natura igienico-sanitaria è alto. Ecco perché è importante riuscire a convincere le persone, quelle che possono, a fare rientro in casa. Il nemico principale è la paura, alimentata anche da alcune pagine social che predicono prossime scosse di grande magnitudo”. 

L’impegno della Chiesa, un mese dopo il sisma, non si esaurisce con l’accoglienza e il supporto materiale ma prosegue anche nel campo di una difficile ricostruzione. Ad Aleppo le undici comunità cristiane presenti (cattoliche, ortodosse e protestanti) hanno costituito una Commissione ecumenica – per coordinare le azioni di aiuto – che ha incaricato 15 ingegneri di verificare l’agibilità dei palazzi abitati da famiglie cristiane e di lavorare a progetti di restauro delle case. Per chi ha perso l’abitazione si pensa ad un aiuto per andare in affitto. “Si tratta di un lavoro che richiederà molto tempo – sostiene il parroco latino – perché le domande sono migliaia. A questi ingegneri se ne aggiungeranno altri 4 che arriveranno nei prossimi giorni dall’Italia. Sono specializzati in lavori post-sisma e hanno raccolto un appello che avevo lanciato tempo fa. Per consentire loro di lavorare in modo ufficiale abbiamo stipulato un’intesa con il Municipio di Aleppo. Si occuperanno dei casi più spinosi”.

La visita della Cei.  Dall’Italia, nei giorni scorsi, sono arrivati anche il Segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, e don Leonardo Di Mauro, direttore del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo”.

Per noi è stata una benedizione – dice padre Bahjat -. Vedere amici e fratelli italiani qui ad Aleppo è stato come rompere un senso di isolamento che andava crescendo con il passare dei giorni. È importante, infatti, tenere alta l’attenzione su quanto accaduto a causa del terremoto. Una tragedia che non va dimenticata”. A riguardo vorrei dire che mons. Baturi e don Di Mauro sono rimasti molto colpiti da quanto hanno visto e si sono resi disponibili ad una ulteriore collaborazione futura”.

Dal 2013 ad oggi la Cei ha destinato oltre 12 milioni di euro per realizzare 17 interventi in Siria, tra cui “Ospedali aperti”, gestito dalla Fondazione Avsi che dal 2017 rappresenta una risposta significativa alla crisi umanitaria, e oggi anche alle conseguenze del sisma.

Ricostruire.  La sfida, dunque, è cominciare a ricostruire. In attesa che l’allentamento delle sanzioni produca qualche frutto. A riguardo padre Bahjat è un po’ scettico: 

“Penso che la notizia dell’allentamento delle sanzioni contro la Siria abbia più una valenza mediatica che reale. Per verificarne l’efficacia e la veridicità ci vorrà del tempo, forse anni. L’embargo alla Siria ha provocato negli anni danni gravissimi all’economia, alle infrastrutture, causando povertà e aumento della corruzione. Un allentamento di soli sei mesi delle sanzioni non so se e quanto potrà incidere sulla vita reale delle persone”.

https://www.agensir.it/mondo/2023/03/06/terremoto-in-turchia-e-siria-padre-bahjat-parroco-aleppo-regna-la-paura-e-lo-sconforto/

venerdì 3 marzo 2023

Il Congresso Usa vota per ripristinare tutte le sanzioni alla Siria

 
foto di Elia Kajmini

Piccole Note, 3 marzo 2023

“La Camera degli Stati Uniti questa settimana ha votato in modo schiacciante a favore di una mozione per mantenere le sanzioni contro la Siria, nonostante il devastante terremoto che ha ucciso almeno 5.900 persone”. Così The Cradle.

Maggioranza “bulgara”

La risoluzione, presentata dal deputato repubblicano Joe Wilson e sottoscritta da altri 51 deputati, è stata approvata con un voto di 414 a 2. Contrari solo Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene.

La risoluzione chiede all’amministrazione Biden di continuare ad rimanere fedeli al Caesar Syria Civilian Protection Act del 2019, “che ha imposto sanzioni paralizzanti alla Siria progettate per impedire al Paese di ricostruirsi dopo anni di guerra”, come scrive Dave DeCamp su Antiwar.

“La mozione – continua DeCamp – dichiarava che il governo del presidente siriano Bashar al-Assad ‘affermava in maniera menzognera’ che le sanzioni statunitensi impedivano di dare una risposta alle devastazioni del terremoto”.

E ancora, “la mozione della Camera affermava di ‘piangere’ le vittime del terremoto e descriveva l’applicazione del Caesar Act come un modo per ‘proteggere’ il popolo siriano”.

Approvando tale mozione, la Camera chiede la revoca del gesto conciliante dell’amministrazione Biden che, dopo il sisma, ha sospeso parte delle sanzioni comminate a Damasco. Detto questo, anche la sospensione attuale, anche se non sarà revocata, non ha un grande impatto sugli aiuti.

Così su Msnbc news: “La scorsa settimana, il governo degli Stati Uniti ha annunciato una moratoria di 180 giorni sulle sanzioni per favorire i soccorsi ma, anche se le sanzioni prevedevano precedenti esenzioni per l’assistenza umanitaria, molti analisti temono che la revoca di queste sanzioni non cambierà molto”.

L’inefficace sospensione, parziale e temporanea

“[…] Ad esempio, le banche e le istituzioni finanziarie private non sono disposte a inviare denaro in Siria sotto forma di rimesse, tanto necessarie, e altri aiuti finanziari per paura di ritorsioni. Poi c’è il fatto che la stragrande maggioranza del petrolio del paese è controllata dagli Stati Uniti”.

Peraltro, si può immaginare quanto sia incisiva una sospensione di alcune sanzioni per soli 180 giorni, solo se si pensa alle conseguenze dei terremoti che hanno afflitto l’Italia, dove ancora l’Aquila e Amatrice, solo per fare due esempi, sono alle prese con la ricostruzione (e il nostro Paese è più sviluppato e non ha subito una devastante guerra decennale). Tant’è.

Poco da aggiungere. Questa la politica sanguinaria ormai è diventata approccio ordinario dell’Impero verso il povero Paese mediorientale. La colpa di Assad è quella di aver resistito al tentativo di regime-change, anche se un terzo del Paese, nel quale si trovano i giacimenti di petrolio, resta occupato dagli Stati Uniti, i quali usano allo scopo i curdi siriani, a loro volta succubi e vittime dei loro disegni (tanto è vero che, quando Erdogan li ha attaccati, hanno chiesto aiuto ad Assad, segno che l’America li aveva scaricati).

Tale l’ipocrisia di un Impero che vuole apparire come difensore della libertà e della democrazia e, per inciso, accusa i russi di attentare all’integrità territoriale dell’Ucraina….



Padre Lufti: "C'è bisogno di solidarietà. Il sisma rischia di cancellare ogni speranza"

È passato quasi un mese dal terribile sisma che ha colpito, esattamente la notte del 6 febbraio scorso, la regione tra la Turchia e la Siria, e sui media non si parla più, se non raramente, di questa tragedia che ha provocato ad oggi in totale nei due Paesi 53.565 vittime e innumerevoli feriti. Ma, dopo i primi momenti, terminate le ricerche di eventuali superstiti, restano il dolore e le sofferenze quotidiane di migliaia di persone e famiglie senza casa e senza lavoro e restano la paura di nuove scosse di assestamento e i timori nei riguardi del futuro. 

In Siria, in particolare, tra la gente si vive un clima generale di sfiducia. Per esprimere solidarietà alla popolazione oggi sono giunti ad Aleppo monsignor Giuseppe Andrea Salvatore Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Conferenza episcopale italiana, con il cardinale Mario Zenari, nunzio in Siria. Ad accompagnarli nella visita il padre francescano Firas Lutfi, ministro per la regione francescana di Siria, Libano, Giordania che vive nella città siriana. Infatti, se una certa solidarietà c'è stata all'inizio da parte della comunità internazionale verso i siriani vittime del sisma, c'è bisogno che gli aiuti proseguano per dare la possibilità alle popolazioni di non abbandonare la loro terra e di immaginare per loro un avvenire migliore.  A Vatican News padre Firas Lutfi spiega l'importanza della visita in corso e descrive come si vive oggi sui luoghi del terremoto.


Padre Firas, ci dice qualcosa della visita in corso?

Siamo qui a visitare un po' le zone colpite dal terremoto, stiamo percorrendo appunto tutta quella zona che è stata veramente danneggiata. Ma visitiamo anche le famiglie, le persone povere che hanno sofferto sia il trauma del sisma sia la preoccupazione per il presente e per il futuro. È una visita di solidarietà, una visita di supporto. Il cardinale Zenari ha più volte visitato la Siria, è invece la prima visita della Conferenza episcopale italiana nella persona di monsignor Baturi. Era programmata prima del terremoto, ma dopo questo evento c'erano ragioni in più per venire, per esprimere la solidarietà anche di Papa Francesco e di tutti i pastori della Chiesa italiana. Quindi è una visita molto apprezzata, molto di rinforzo e di incoraggiamento alla popolazione che sta in ginocchio.

Ecco, qual è la situazione oggi nelle località terremotate. Ci sono ancora scosse? C'è paura? Dove hanno trovato rifugio le persone che hanno perso le proprie case?

Sì, ci sono tante persone che hanno perso la loro casa e che hanno trovato riparo nelle chiese e nelle moschee e nei centri creati per l'accoglienza, ma la situazione qui è drammatica perchè centinaia di famiglie sono costrette a stare tutte insieme in una condizione di grande disagio, priva di privacy, e in una grande confusione. Sono piccoli e grandi, adulti, bambini ragazzi e ragazze che vivono così, in grandi aule semplicemente.

Ma si sta pensando a qualche sistemazione un po' meno provvisoria per loro?

Sì, sì certo, adesso grazie anche a questa collaborazione che la comunità internazionale in qualche modo ha voluto offrire, c'è un progetto per la costruzione di case prefabbricate, perchè ora ci sono molte famiglie sotto le tende.

Farà certamente anche molto freddo in questo periodo, ma come viene distribuito il cibo, il vestiario, le cose più necessarie?

Gli aiuti vengono distribuiti secondo le necessità e il numero delle persone che sono nei centri di emergenza che sono stati creati, noi francescani abbiamo parecchi centri qui ad Aleppo, almeno tre, e anche l'episcopato latino sta ospitando centinaia di persone. Insomma si cerca, entro i limiti del possibile, di aiutarli a stare bene. Ma soprattutto la gente ha paura, tanti non hanno problemi con la casa ma la paura della prima scossa ha fatto veramente sentire molta molta preoccupazione. È per questo che tanti bambini non vogliono più ritornare a casa, perché la casa invece di farli stare tranquilli e sicuri, adesso per loro rappresenta una minaccia, un rischio.

Sono presenti ancora organizzazioni e volontari per sostenere le persone in difficoltà?

Fortunatamente il terremoto ha richiamato molti giovani che lavorano qui con le organizzazione locali.

Dall'estero invece non c'è più nessuno?

Qualcuno c'è forse in Turchia, in Siria meno, solo alcuni Paesi arabi hanno mandato aiuti.

Qual è il sentimento più diffuso tra la gente: disperazione, fiducia, speranza, paura?

La paura è prevalente e poi sfiducia e disperazione, purtroppo, un senso di smarrimento e di abbandono. Le persone non hanno più fiducia nemmeno di ritornare nelle loro case. Adesso sono nel convento dei francescani, dove si trovano 3000 persone e nessuno di loro vuole andare a casa perché la casa è vista come un pericolo.

E voi come piccola Chiesa locale come fate ad aiutare tanta gente? Che cosa chiedete alla comunità internazionale?

Chiediamo appunto alla comunità internazionale più attenzione, chiediamo di superare le divisioni, le visioni miopi, chiediamo di levare in modo definitivo quelle sanzioni che pesano soprattutto sui civili e sulle persone innocenti. Abbiamo bisogno di una pace permanente, che metta fine al male che per dodici anni i siriani hanno subito prima con la guerra ora anche con il terremoto, una tragedia dentro la tragedia. Quindi è necessario un impegno veramente di tutti, soprattutto della comunità internazionale.

Localmente in questo momento c'è collaborazione tra cristiani e musulmani nelle zone colpite dal sisma?

Certamente c'è collaborazione tra tutti i siriani, musulmani e cristiani. Nel nostro monastero adesso vedo con i miei occhi moltissime famiglie musulmane che abbiamo accolto perché davanti a tragedie del genere non si fa mai distinzione tra una religione e l'altra, tra una confessione e l'altra. Sono tutti figli di Dio, sono persone ferite, come quella che il buon samaritano ha cercato di curare e di soccorrere, lungo le strade dell'umanità.

Che cosa ha in cuore, padre Firas, che cosa vorrebbe ancora dirci?

Voglio dire che ringrazio sempre la Radio del Papa per l'attenzione e per la possibilità di ascoltare la voce di questi poveri che gridano, che vivono nell'abbandono, nello smarrimento. Noi cerchiamo questa solidarietà internazionale iniziata quasi un mese fa, perché possa davvero dare più speranza e più coraggio alle persone di restare nelle loro terre. Perché dopo questi eventi tragici di solito le persone tendono ad abbandonare il loro Paese, la loro terra, non avendo più nulla su cui appoggiarsi.

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2023-03/terremoto-sisma-siria-chiesa-solidarieta-padre-lutfi-visita-cei.html

mercoledì 1 marzo 2023

Secondo comunicato sulla crescente spirale di violenza in Terra Santa

 

28 Febbraio 2023


We, the Patriarchs and Heads of the Churches in Jerusalem, are saddened by the latest escalation of violence in the Holy Land. 

On Sunday night, February 26th, dozens of Israeli settlers rampaged through the Palestinian town of Huwara near Nablus, killing a man, injuring dozens of people with metal rods and tear gas, and torching scores of buildings and cars. This took place as a retaliation after a Palestinian gunman killed two Israeli settlers near the same town—an act itself in response to the killing of eleven Palestinians in Nablus the week before.

 This recent escalation came during and following the conclusion of a rare meeting between Israeli and Palestinian leaders in Aqaba, Jordan, in which Israel promised to halt settlement expansion in the Palestinian areas, and to stop, along with the Palestinians, a spiraling and senseless escalation.

 These painful developments make it ever more necessary not only to immediately de-escalate tensions in words and deeds, but also to find a more lasting solution to the Israeli-Palestinian conflict, in accordance with international resolutions and legitimacy. 

With all people of good will, we pray to the Lord for peace and justice in our beloved Holy Land, where all have been tormented by this painful, long-term conflict.


Noi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, siamo addolorati per l'ultima escalation di violenza in Terra Santa. Domenica notte, 26 febbraio, dozzine di coloni israeliani si sono scatenati nella città palestinese di Huwara vicino a Nablus, uccidendo un uomo, ferendo decine di persone con spranghe di metallo e gas lacrimogeni e incendiando decine di edifici e automobili. 

Ciò è avvenuto come rappresaglia dopo che un uomo armato palestinese ha ucciso due coloni israeliani vicino alla stessa città, un atto a sua volta in risposta all'uccisione di undici palestinesi a Nablus la settimana prima. 

Questa recente escalation è avvenuta durante e dopo la conclusione di un raro incontro tra i leader israeliani e palestinesi ad Aqaba, in Giordania, in cui Israele ha promesso di fermare l'espansione degli insediamenti nelle aree palestinesi e di fermare, insieme ai palestinesi, una vertiginosa e insensata escalation . 

Questi dolorosi sviluppi rendono sempre più necessario non solo un immediato allentamento delle tensioni nelle parole e nei fatti, ma anche la ricerca di una soluzione più duratura al conflitto israelo-palestinese, in conformità con le risoluzioni e la legittimità internazionali. Con tutte le persone di buona volontà, preghiamo il Signore per la pace e la giustizia nella nostra amata Terra Santa, dove tutti sono stati tormentati da questo conflitto doloroso e di lunga durata. 

I Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme


https://www.custodia.org/en/news/second-statement-regarding-increasing-cycle-violence-holy-land