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domenica 11 settembre 2022

Perché il mondo arabo chiama Aleppo ‘’ Umm al-Tarab”?

 

Aleppo - straordinario crocevia plurimillenario, dove confluirono genti, tradizioni e civiltà, e centro mercantile formidabile tra l’Europa e l’Asia sull’antica Via della seta – ha custodito e tramandato attraverso i secoli una splendida cultura musicale e poetica. Essa si mantiene viva fino a oggi a dispetto dei missili israeliani che continuano a colpire il suo aeroporto internazionale e dei vili guerrafondai imperiali, che si sono arrogati il diritto di trasformare questa città effervescente (e tutta la radiosa Siria) in un mondo tenebroso e retrivo per mezzo di fanatici scellerati e di mercenari sanguinari; volendo convincere l’intero universo che lo fanno per magnanimità!

Maria Antonietta Carta 

Umm al-Tarab, significa la madre del Tarab.

Di Nada Chouaib

Traduz. Maria Antonietta Carta 

La parola tarab in arabo deriva dal verbo tariba (scuotere), nel senso di essere scossi emotivamente o commossi da una bella poesia o musica. È uno stato psicologico complesso che colpisce lo spettatore durante l'ascolto di un brano musicale o di un componimento poetico. Gli autori classici lo descrivono come il punto d'incontro di gioia e tristezza e raccontano di svenimenti, perdita della ragione e persino morte causati da questa estasi (l’effetto estatico sarebbe dovuto alla combinazione tra il suono degli strumenti e i versi cantati, soprattutto di antiche poesie chiamate muwashahat  n.d.t.).

Il tarab, quintessenza della musica araba, è diventato sinonimo di canto classico in molti Paesi e, per estensione, è definito uno stile musicale. Come attesta la letteratura antica, già prima delle dinastie arabe in Siria, Aleppo era rinomata per le sue grandi voci e per il pubblico esperto; e lo è ancora oggi.

Ad Aleppo, esiste un gruppo di esperti ascoltatori chiamato Sammi'ah, nome che deriva da samāʿ (ascoltare). Sono gli appassionati di musica più informati e più apprezzati; gli arbitri del buon gusto che hanno il potere di decidere il successo o il fallimento di un artista. Un famoso aneddoto racconta i primi passi del leggendario artista Mohamed Abdel Wahab. Quando nei primi anni ‘30 del secolo scorso iniziava a diventare noto in Egitto, fu scritturato per tenere due concerti ad Aleppo. Era la prima volta che si esibiva nella città di Umm al-Tarab. Il giorno della sua prima esibizione rimase molto deluso perché pochissimi posti erano occupati, forse sette spettatori in un teatro che poteva contenerne 2.000. Nonostante tutto, tenne un grande concerto. La seconda sera invece fu sbalordito perché i 2.000 posti del teatro erano occupati e altre 2.000 persone erano rimaste fuori senza biglietto. Abdel Wahab chiese all'organizzatore una spiegazione su quel cambiamento drastico. “Quelli che sono venuti ad ascoltarti ieri fanno parte della Sammi'ah; nessuno ad Aleppo assisterebbe a un concerto senza la loro approvazione. Poiché li hai impressionati, oggi tutta la città è venuta a sentirti cantare. Successivamente, Abdel Wahab fece la carriera per la quale è noto, diventando uno dei più importanti compositori del XX secolo, non solo ad Aleppo e in Egitto, ma in tutto il mondo arabo. Questa storia ci insegna che nel mondo della musica araba nessuno può raggiungere la gloria senza l'approvazione della Sammi'ah di Aleppo. Dall'antichità ai giorni nostri, Aleppo è il punto di riferimento per il buon gusto musicale e per il Tarab in tutto il mondo arabo.




Aleppo custode della tradizione e punto di riferimento dell’arte musicale araba 

Un altro interessante aneddoto su Abdel Wahab narra del suo incontro con il leggendario compositore Omar Al-Batch (1885-1950), creatore di opere che oggi fanno parte del corpus classico aleppino. Abdel Wahab si era recato ad Aleppo in cerca di informazioni sulle muwashahat. Una sera, durante un ricevimento che aveva radunato tutti i migliori musicisti della città, chiese se qualcuno fosse a conoscenza di qualche muwashah (singolare di muwashahat) in Maqam al-Sikah (una particolare modalità / scala del sistema musicale arabo classico). Essa non solo era poco conosciuta, ma fu a lungo considerata scomparsa in Egitto. Omar Al Batch rispose: “Non solo abbiamo una muwashah di quel genere, ma tutta una serie di waslat (melodie). Però, adesso non possiamo eseguirle perché a quest'ora della notte le stelle non sono allineate correttamente" e gli suggerì di tornare la mattina seguente. Quando Abdel Wahab andò via, i musicisti chiesero perplessi ad al-Batch “Perché hai detto questo? Non abbiamo nessuna muwashah con quella modalità, ora cosa faremo?" Al Batch rispose: “Non è conveniente per una città come Aleppo non avere muwashahat con quella modalità, quindi ne comporrò alcune”; e quella stessa notte compose non una ma tre muwashahat in quella modalità poi le mostrò ai musicisti e ai coristi; e la mattina dopo suonarono unintera Wasla in Maqam Sikah per tutto il pubblico, compreso Abdel Wahab che ne fu sbalordito. Questa storia ci dice che nel XX secolo ad Aleppo esisteva ancora un compositore capace di creare musica nuova e complessa con qualsiasi tecnica musicale tradizionale, seguendo le regole classiche, e anche musicisti capaci di apprendere ed eseguire tale musica in una sola notte. Evidenzia inoltre il ruolo di primo piano degli artisti di Aleppo come punto di riferimento assoluto e custodi delle tradizioni dell'arte musicale nel mondo arabo.

Oggi, Abdel Wahab e Umm Kalthum sono considerati dalla maggior parte degli estimatori i più autentici rappresentanti della musica classica araba. Trionfarono nei media e nel cinema dell'età d'oro con canzoni indimenticabili e ispirarono molte generazioni di artisti. Abdel Wahab, Baligh Hamdi e gli altri grandi compositori dell'epoca apportarono numerose innovazioni e le incorporarono nella tradizione, creando così un nuovo stile capace di raggiungere a sua volta il Tarab, come i loro predecessori classici.

I seguaci adottarono questo nuovo stile e la forma delle canzoni lunghe senza conoscere il vero stile classico, la wasla, che si è persa nella maggior parte del mondo arabo ma non ad Aleppo. Come la Nawba andalusa, ma a differenza del brano lungo la wasla è un insieme di melodie strumentali e vocali composte da parti molto diverse che sviluppano grandi energie ed emozioni. La sua finezza e la sua raffinatezza ci ispirano e la sua grande diversità può arricchire notevolmente la nostra danza. Inoltre, la Wasla di Aleppo ha la particolarità di mettere sempre fine ai qudud (improvvisazioni), canti allegri tipici di Aleppo, che invitano il pubblico alla danza. Per noi ballerini, è un bellissimo repertorio da esplorare!

Tarab non è solo una forma di musica, ma un modo dell'essere

La musica di Aleppo ha molto da insegnarci sul Tarab e di conseguenza su noi stessi. Purtroppo, a causa della guerra, molti artisti di Aleppo hanno dovuto lasciare la città, portando con sé la loro arte in giro per il mondo.

Anche così, Aleppo continua e continuerà a essere Umm al-Tarab, la madre del Tarab.

Grandi voci aleppine: Omar al Batch, Sabri Moudallal, Sabah Fakhri, Mohammad Khayri, Hamam Khayri, Mayada al Hinnawi.


https://www.youtube.com/watch?v=UiWAEe8bf_c : In questo link, il concerto che il 1/8/2019 Mayada al Hinnawi tenne nella Cittadella di Aleppo finalmente liberata dai terroristi e restituita ai suoi abitanti. I volti intensi dei musicisti e di Mayada, come la splendida voce della cantante, raccontano il dolore e i patimenti dei Siriani durante questi terribili anni di guerra, ma anche la loro straordinaria dignità e resistenza.


Bibliografia: Jonathan H. Shannon "Tra gli alberi di gelsomino" - Christian Poche: «Dictionnaire des musiques et des danses traditionalnelles de la Méditerranée» - Amani: "I temperamenti musicali e le loro influenze sul pubblico e la coreografia di danza" - Arte di Aleppo:  http://www.aleppoart.com

https://www.facebook.com/nada.chouaib.9/videos/1900393306719818 The Divas

In questo link, Nada Chouaib, autrice dell’articolo, danza la musica Tarab di Aleppo

domenica 4 settembre 2022

La commossa testimonianza da Aleppo degli Ospedali cattolici allo stremo


Venerdì 2 settembre 2022, l'ong AVSI ha promosso un convegno a varie voci, per verificare, a 5 anni dall'inizio del Progetto "OSPEDALI APERTI IN SIRIA" che cosa ha caratterizzato  l'intervento, per misurare quale è stato l’impatto nella vita dei siriani e nella comunità locale, per rendicontare come sono stati impegnati i fondi raccolti e per individuare possibili sviluppi futuri. 

Tra gli interessanti interventi , riportiamo la testimonianza della cara amica Suor Arcangela Orsetti, da 52 anni presente in Aleppo con le consorelle dell'Ospedale Saint Louis . Con grande verità e intensa commozione, suor Arcangela ha raccontato il dramma che sta travolgendo la popolazione siriana, oggi ancor più che negli anni di guerra, a causa della paralisi economica totale che subisce la Siria , soprattutto a causa delle sanzioni, del furto delle risorse naturali di cui il Paese sarebbe ricco , e della corruzione che sempre prospera nelle situazioni di estremo bisogno di beni primari.
Ringraziamo i testimoni e l'organizzazione AVSI che , con il sostegno della Santa Sede e di Paesi benefattori quali l'Ungheria, hanno permesso al popolo siriano di trovare un minimo di supporto nell'ambito sanitario siriano, a livello statale ormai annientato ( la sanità siriana prima della guerra rappresentava l'eccellenza dell'aerea medio-orientale!)
   Ora proSiria

Testimonianza di Suor Arcangela Orsetti

per il convegno sul progetto Ospedali Aperti in Siria, 02 09 2022


Sua Eminenza Cardinal Sandri

Sua Eminenza Cardinal Zenari

Diplomatici…

Benefattori, e voi tutti qui presenti,

Buongiorno da Aleppo!


Mi chiamo Sr Arcangela ed appartengo alla Congregazione delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, Congregazione fondata da Santa Emilia de Vialar a Gaillac, in Francia nel 1832.

La nostra presenza ad Aleppo risale al 1856, con due missioni differenti :

  • La scuola Jeanne D’Arc

  • E l'Ospedale St Louis

L’Ospedale in cui lavoro da più di 50 anni, è stato costruito nel 1905 per rispondere ai bisogni della popolazione, ed ancora oggi continua la sua missione.


È a nome della mia comunità e di tutti i pazienti bisognosi di Aleppo che hanno beneficiato del vostro contributo che vi dico un grande grazie per l'aiuto che ci avete dato in questi 5 anni. Oggi per noi è un'occasione per ravvivare la nostra speranza, perché la situazione che stiamo vivendo è sempre più disastrosa. 

Durante i lunghi anni della guerra, tutti hanno cercato di fuggire per evitare la morte, come molti dei nostri medici, infermieri e personale di servizio... Noi, invece, abbiamo deciso all'unanimità di rimanere nonostante le minacce ricevute, i pericoli, la paura, i sacrifici e tutto il resto, per essere solidali con coloro che non potevano partire e che, più che mai, avevano bisogno della nostra presenza.

Il nostro ospedale è rimasto aperto giorno e notte per accogliere i feriti che si presentavano, senza distinzione di religione. Li abbiamo aiutati per quanto possibile. La Provvidenza non ci ha mai abbandonato, grazie all'aiuto di diverse organizzazioni che sono venute in nostro soccorso. (Progetto 'Feriti di guerra, Maristi Blu, JRS, Caritas, i riti delle Chiese locali...).

Ma la nostra preoccupazione cresceva con il protrarsi del conflitto. La preghiera è stata la nostra forza per resistere e perseverare nella lotta quotidiana.

Il progetto Ospedali Aperti è stato una grande benedizione ed una toccante testimonianza per tutta la popolazione di Aleppo e soprattutto per i nostri fratelli musulmani che hanno capito che questa iniziativa è aperta a tutti, indipendentemente dalla religione. La voce che circolava tra di loro era: "Andate all'ospedale St Louis e vedete cosa fa la Chiesa per noi! 

Ha anche incoraggiato il nostro personale a rimanere nel Paese, che ha ricevuto un bonus in aggiunta al loro stipendio.

Inoltre, il vostro progetto ci ha permesso di acquistare le attrezzature mediche necessarie per un migliore servizio ai pazienti, perché durante la guerra molti dispositivi che erano fuori servizio non potevano essere riparati a causa della mancanza dei pezzi di ricambio e di tecnici qualificati. 

Siamo testimoni delle parole di gratitudine e di riconoscenza che i malati esprimono per voi quando lasciano l'ospedale in buona salute, spesso ci dicono: "Senza di voi non saremmo stati in grado di riprenderci, ci avete aiutato a riaccendere la speranza nei nostri cuori e a recuperare la nostra dignità". 

Oggi la guerra non è più quella delle armi, ma è molto più devastante e grave: è la guerra della fame, dell'accattonaggio, della corruzione, della penuria, della disoccupazione, e dell’inflazione della moneta che aumenta di giorno in giorno.


Le rigorose sanzioni in vigore da 11 anni stanno uccidendo lentamente la popolazione. Gli abitanti di Aleppo rimpiangono il periodo della guerra; rimpiangono di non aver preso la decisione di lasciare il Paese per rifugiarsi altrove... oltre alla miseria, la pandemia del virus Corona, la crisi economica in Libano e recentemente la guerra in Ucraina hanno aumentato il numero di persone affamate. Giorno dopo giorno, i prezzi dei beni di prima necessità salgono alle stelle, tanto che i poveri vengono privati di tutto... La gente non mangia carne da diversi anni. Vanno al mercato, si guardano intorno ma non riescono a comprare.... I cassonetti nelle strade sono diventati una fonte di cibo per i poveri. Ed è molto triste vedere il nostro personale così affamato da finire i vassoi dei malati, fenomeni impensabili prima della guerra! 

La Siria è un Paese lacerato e dimenticato, dove manca tutto:

  • manca l’elettricità (quando tutto va bene, il servizio elettrico è offerto solo due volte al giorno e per due ore)

  • manca il Gas (bisogna attendere almeno 60 giorni per avere una bombola di Gas)

  • scarseggia il gasolio per riscaldarsi (il nostro personale raccoglie i sacchi di plastica e sacchi delle flebo vuote per utilizzarle come combustible perché l’inverno è stato davvero duro.)

  • c’è penuria di benzina ( i trasporti pubblici sono diventati molto cari e sono quasi inesistenti)

  • e soprattutto c’è mancanza di pane, la gente è costretta a fare lunghe ore di coda per poter avere la loro razione quotidiana e adesso con la guerra in Ucraina, i forni sono chiusi ogni venerdì, perché non c’è farina sufficiente… il personale ci domanda regolarmente un pacco di pane… alimento di prima necessità per poter vivere, soprattutto i più poveri….

E dire che la Siria è ricca di petrolio, gas, grano e di cereali, ma è espropriato dei suoi beni, oggi vive nella miseria.


Il settore sanitario è in una situazione drammatica: ammalarsi è diventato dramma a causa della carenza di farmaci, del loro costo elevato come pure le cure mediche, i ricoveri e gli interventi chirurgici... sono diventati inaccessibili per la maggior parte della popolazione. 

Ci dispiace molto che proprio adesso, quando le persone hanno più bisogno di aiuto, il progetto ha tagliato e ridotto al minimo il suo contributo. Ci fa male il cuore vedere persone che se ne vanno con le lacrime agli occhi, dopo aver aspettato il loro turno, solo per sapere che sono state respinte.


Come donne consacrate attraverso la nostra presenza e la testimonianza della nostra vita ci sentiamo interpellate quotidianamente a incoraggiare a non perdere la speranza, a promuovere gesti di riconciliazione e di perdono, in particolare a esortare i cristiani e soprattutto i giovani a rimanere nella loro terra “Culla del Cristianesimo”

Siamo consapevoli che con la crisi mondiale e la guerra in Ucraina diventa difficile trovare risorse, ma vi preghiamo di non abbandonarci.


Concludo con le parole che il Papa ha rivolto ai membri del sinodo della Chiesa  Greco Melkita: Lunedì, 20 giugno 2022:

« Non possiamo permettere che anche l’ultima scintilla di speranza sia tolta dagli occhi e dai cuori dei giovani e delle famiglie!"  Con il nostro Papa Francesco, rinnoviamo la nostra supplica di non abbandonarci !!!!

Grazie per avermi ascoltato e preghiamo insieme per un mondo più fraterno!

Sr Arcangela Orsetti


mercoledì 31 agosto 2022

Sognatori di grattacieli, di Nadia Khost

 

Traduzione: Salima Karroum 


 Le foto di Khaled Muaz, che hanno immortalato Damasco, testimoniano la tristezza di chi sapeva che di quella bella realtà sarebbero rimaste soltanto immagini. A esse si aggiungono le foto pubblicate da coloro che amano Damasco e frugano negli archivi cercando dettagli storici e ambientali sulla città. Si scopre così che una vasta area del centro fu spianata, contrariamente a quanto avvenne in Europa.

L’Hotel Victoria  che raccontava l’arte della costruzione e la storia di un’epoca, fu abbattuto per far posto al blocco dell’Hayek.



Distrussero anche gli edifici circostanti per far posto alla Torre di Damasco. 



Demolirono la moschea Yalbagha [edificata in epoca mamelucca, XIV sec, e considerata una delle più grandi di Damasco fuori dalle mura. n.d.t.] per sostituirla con uno squallido blocco di edifici. Il municipio da cui era stata dichiarata l'indipendenza della Siria fu abbattuto per costruirvi un orrendo grattacielo. Furono sradicati gli alberi di al-Nasr street e soppresso l’ombreggiato passaggio pedonale. Spostandoci in al-Thawra Street, osserviamo che è stato spianato gran parte del quartiere Suq Saruja, con dimore di stile arabo come paradisi. Dall’altro lato, hanno buttato giù le belle case del quartiere al-Bahsa per costruire blocchi che ospitano uffici grandi come il palmo di una mano e scale anguste che sfiorano le spalle.


Dopo quegli esperimenti di infiltrazione nell'identità architettonica orizzontale di Damasco e le brutture incarnate da al-Thawra Street, i sognatori dei grattacieli dei Paesi del Golfo hanno ripreso ora a desiderare monumenti simili a Damasco. Sarà per la mancanza del senso di appartenenza alla propria patria e per l'ignoranza degli standard di protezione globale? Ignorare che l’emulazione dei Paesi del Golfo è inaccettabile perché le loro città non hanno storia, mentre Damasco ha identità, civiltà e un grande passato plurimillenario? Il motivo è la speculazione edilizia. Sminuirsi davanti alle città del consumismo. L’ ‘’unione spirituale’’ e di interessi con il Golfo! Non prestano attenzione alle esperienze antecedenti, a quelli che prima di loro avevano replicato lo schema di Ecohar sognando una Manhattan americana in al-Thawra Street. I sogni che avevano indotto l'ex governatore di Homs a disegnare una città artificiale che lui copiò da Dubai, con campi da golf che prosciugano l'acqua e una città diplomatica. Eseguì quanto era richiesto per apparecchiare la guerra: provocando il dilagare delle proteste popolari e trascurando i tunnel degli uomini armati! Quando una delegazione cittadina di alto rango gli chiese di non abbattere gli alberi di una via legata alla memoria collettiva, li fece abbattere al mattino seguente per creare la piazza Olocausto di Homs, che è simile alla Piazza Olocausto di Berlino! Perciò, il primo slogan gridato nelle manifestazioni fu: ‘’abbasso il governatore’’, ma dietro le lamentele vi erano le bande che avevano creato una struttura militare; e accaddero gli eventi che conosciamo.

Da ciò e dalle lezioni della guerra, l’assennato desume che la resistenza dei Siriani dovrebbe ampliare i suoi orizzonti con quel che si ha a portata di mano: con parchi negli spazi liberi rimasti, luoghi dedicati ai pedoni e rispetto di tutto ciò che concerne la memoria collettiva. Non si tratta di violare un decreto o un embargo bensì di anteporre nei governatorati i dipartimenti dell'agricoltura e del verde urbano alle lobby della demolizione e dei grattacieli. 

Questa conclusione non concerne soltanto le municipalità. Bisogna anche bloccare le persone coinvolte nella speculazione edilizia, che hanno taciuto per interesse sui progetti che si rifanno allo schema Ecochar.

I sognatori di grattacieli e gli appassionati dei Paesi del Golfo pare abbiano ignorato le lezioni della guerra. Mentre i parassiti si precipitano in prima linea per cogliere le opportunità quando il pericolo si allontana, affrettandosi a disegnare immagini di grattacieli che invadono Damasco, incantati dalla cultura consumistica statunitense che venera il "più grande, superiore, più alto", confidando nel fatto che tutti i progetti orribili che hanno stravolto l'identità di Damasco erano belli sulla carta.

Quei sognatori vivono lontano dai bisogni reali e misurano qualunque progetto utile al loro profitto personale e non con le perdite per la città e la gente. Non hanno sentito parlare della sofferenza di chi abita nei piani alti di Dummar (quartiere periferico di Damasco. n.d.t.) e dell’esplosione di elicotteri a Mezze, che soffocò un'intera famiglia. Né di una famiglia simile bruciata a Parigi al 15° piano. Non hanno sentito cosa è successo il giorno dell'attentato al grattacielo di Damasco. Non ricordano le immagini delle persone che si buttarono giù dalle finestre quando la World Trade Tower fu fatta esplodere. Non gli passa per la mente che i grattacieli possono diventare osservatori per terroristi cecchini, perché ignorano che ci troviamo nel bel mezzo di un conflitto capitale e in questo contesto non dovremmo offrire ai nemici obiettivi che lo compiacciano per un gran numero di vittime. Altri però si chiedono: perché i coloni israeliani pianificano insediamenti orizzontali nel bel mezzo della nostra fertile terra rubata, mentre per gli Arabi si progettano torri di cemento? Uno specialista israeliano di pianificazione risponde: gli Arabi devono essere allontanati dalla terra agricola per vivere nella città di Beituniya. Ci domandiamo:

1. Ogni progetto include un obiettivo e l’interesse di qualcuno. Quindi, qual è l’obiettivo dei grattacieli e a chi giova?

2. Disseminerete di grattacieli la stazione di Baramkeh per aumentare il concentramento in un'area già affollata e cancellare anche il sogno del treno come mezzo di trasporto?

3. Siamo tornati all’economia del turismo e immobiliare che ha agevolato la guerra?

4. È compito dei poveri difendere la patria, mentre è compito dei commercianti guadagnare dalla guerra?

Chi vede il quadro complessivo non difende l'identità orizzontale di Damasco, il suo patrimonio architettonico e la sua memoria soltanto in quanto si ferma alle necessità nazionali contingenti, ma la contempla nella carta del tempo, perché è cultura e storia, coscienza e retaggio. Tutto ciò nel bel mezzo della lotta!

domenica 21 agosto 2022

Maria, una nuova creazione

 Per illustrare il culto mariano: "Oh, Mother of God" , è cantata dalla famosa cantante libanese Fairuz 

Oh madre di Dio, o compassionevole

Oh tesoro di misericordia e di assistenza

Tu sei il nostro rifugio e la nostra speranza

Intercedi in nostro favore o vergine

Abbi pietà delle nostre morti


Padre Daniel, Mar Yakub, Qâra, Syrië, 19.8.22

In un mondo pieno di menzogne e inganni, che ci sta spingendo attraverso false ideologie verso sempre più violenze e guerre, vorremmo dare uno sguardo al significato dell'Assunzione di Maria. Non ci conduce a una vita "armoniosa" sulla "madre terra" o a un'azione di "salvare il pianeta" secondo le fantasie climatiche dei leader mondiali, ma alla realtà più profonda a cui alla fine tutti siamo chiamati. 

Il 15 agosto celebriamo con il corpo e con l'anima la morte di Maria, la sua risurrezione, la sua gloriosa elevazione al cielo. E tutto questo prefigura ciò che tutti, in definitiva, siamo chiamati a fare.

In Oriente questa festa è chiamata “l'addormentarsi” (dormitio) di Maria. Secondo un'antica tradizione apostolica, Maria riceveva un preavviso della sua morte, gli apostoli si raccoglievano intorno a lei, pregavano per la pace, la confortavano e la benedicevano. Quando morì, gli apostoli la seppellirono nel Getsemani. Tre giorni dopo apparve agli apostoli. 

L'istituzione di questa festa è legata alla consacrazione del santuario tra Gerusalemme e Betlemme, dove si dice che Maria si sia riposata prima di dare alla luce il suo Bambino. Fu celebrata ad Antiochia e su diffuse in tutto l'Impero Bizantino nel VI secolo . Nel VII secolo fu adottata da Roma. 

Maria, come Gesù, è morta davvero, ma il suo corpo è il più santo di tutti perché ha portato lo stesso Dio-Uomo Gesù. Non poteva essere soggetto a distruzione. Visse inoltre nel totale svuotamento e nell'abbandono alla volontà del Padre, in unione con suo Figlio. Diede alla luce il suo “Primogenito” in una stalla e lo adagiò in una mangiatoia perché non c'era posto per lei. Dovette fuggire in Egitto con il suo neonato a causa dei piani di omicidio di Erode. Durante la vita pubblica di Gesù è stata la sua prima e più fedele discepola e portò con sè il crescente " odio senza motivo " portato contro di Lui. Alla sua condanna a Gerusalemme, non si trovava "accidentalmente" a Gerusalemme, ma ne ha vissuto consapevolmente la flagellazione, la crocifissione per le strade, la crocifissione e la morte di croce. 

“ Stabat Mater ”, così si canta il Venerdì Santo. 

Sì, Maria stava sotto la Croce mentre Gesù moriva. Chi porta in sé la morte di un bambino più della madre? Non è lei la prima "stigmatizzata", anche se invisibile? Ha poi sofferto tutto per amore, senza morire lei stessa. Ora è morta per amore, unita a suo Figlio, senza soffrire. Giovanni Damasceno (+750) mette sulla bocca di Maria queste parole:

Nelle tue mani, Figlio, affido il mio spirito. Ricevi dunque il mio spirito che ti è tanto caro, accogli la mia anima che hai liberato dalla colpa. Affido il mio corpo a te, non alla terra. Conducimi di qui a Te. Dove sei, frutto del mio grembo, lasciami anche condividere la tua dimora. Mi affretto a te, per il quale nessuna distanza era troppo grande per venire a me» (Omelia 9, in Dormitionem BMV). 

L' usignolo del Bengala , poeta, mistico e primo premio Nobel indiano per la letteratura Rabindranath Tagore (+ 1941), era consumato dalla nostalgia dell'infinito, di Dio. In una parabola racconta come un mendicante vede la carrozza reale in fondo alla strada. È pieno di gioia e spera di essere inondato di ricchezza dal re. La carrozza si ferma davvero quando lo raggiunge. Il re esce, apre la mano e chiede al mendicante: Che cosa hai da offrirmi?? Il mendicante è così stupito che prende nervosamente un chicco di riso nello zaino e lo mette nelle mani del re. La sera trova nello zaino un granello d'oro. La parabola si conclude con questa frase: Come ho pianto amaramente perché non ho dato di più al re! 

Questa parabola ci aiuta a comprendere meglio la vita di Gesù e di Maria. Hanno dato tutto qui sulla terra e hanno ricevuto tutto in oro. Gesù ha dato tutta la sua vita e la sua ultima goccia di Sangue per compiere la Volontà del Padre e per redimere l'umanità. Maria lo ha seguito su questo cammino di totale offerta. 

Soffriamo e moriamo per il peccato in Adamo, risorgiamo per la redenzione in Cristo (1 Cor 15,22). Cristo e Maria ci hanno preceduto. Soffrendo e morendo con loro in questo mondo, condivideremo la risurrezione, la nuova creazione di Dio.

sabato 13 agosto 2022

Lettera di Aleppo n. 44 : Tutto questo per niente!

 

Il dottor Nabil Antaki, uno dei due autori del libro ‘’Lettere da Aleppo’’ - cronaca straordinaria sui drammatici anni in cui la sua amata città è stata sconvolta da una guerra iniqua e devastante https://oraprosiria.blogspot.com/2020/10/la-follia-dei-guerrafondai-e-il-senno.html - continua a raccontare dopo undici anni la situazione drammatica in cui versano i suoi concittadini e l’intero Paese.

La 44a lettera da Aleppo, di cui offriamo la traduzione ai nostri lettori, oltre ad informarci sulle attività che egli insieme alla sua associazione, i Maristi Blu, portano indefessamente avanti, è un atto di accusa veemente contro la cinica crudeltà inflitta a una popolazione innocente con le sanzioni e la spoliazione delle materie prime, quali petrolio, gas o grano, ma anche contro la sottrazione della èlite intellettuale e professionale, la cui formazione nelle scuole e nelle Università siriane durante la guerra è costata sacrifici enormi a tutta la società. 

Maria Antonietta Carta


Lettera di Aleppo n. 44

Tutto questo per niente!

Il mondo non ha mai visto tanta solidarietà quanto quella verso il popolo ucraino. Stati, in particolare occidentali, associazioni internazionali, agenzie delle Nazioni Unite, ONG e persone comuni hanno agito rapidamente e con estrema generosità per alleviare le sofferenze dei profughi, degli sfollati e dei feriti. I corrispondenti dei media mainstream sin dai primi giorni del conflitto hanno riferito di aver incontrato in Ucraina “persone come noi, che si vestono come noi, che vivono in città che somigliano alle nostre...". Come se alleviare la sofferenza dipendesse da tali criteri. Senza entrare in una polemica politica, possiamo ancora affermare che questa guerra avrebbe potuto essere evitata, come d’altronde la guerra in Afghanistan terminata ignominiosamente con il ritiro delle truppe statunitensi dopo aver causato centinaia di migliaia di morti e costata trilioni di dollari. "Tutto questo per niente", ha scritto un editorialista. Come si sarebbe potuto evitare la guerra senza fine innescata in Siria ormai oltre undici anni fa, che insieme alle inique sanzioni hanno rovinato il Paese e immiserito la popolazione, conseguenze sicuramente messe in conto. La guerra ha causato sinora la morte di 500.000 persone e le sofferenze di centinaia di migliaia di feriti e amputati, ha spinto 5 milioni di persone a rifugiarsi nei Paesi circostanti, 1 milione a emigrare in Occidente e 8 milioni di sfollati ad abbandonare le loro abitazioni. Tre guerre che si sarebbero dovute evitare e intraprese dietro i falsi alibi e i falsi pretesti per iniziarle, ragioni geopolitiche inaccettabili, machiavellismi, cinismo riprovevole e vergognoso. Non c'è ormai quasi nessun combattimento in Siria da diversi anni, ma questo stato di “né guerra né pace” è insostenibile. La guerra ha distrutto e l'assenza di pace impedisce la ricostruzione e la riconciliazione. Come ha detto qualcuno: ‘’I conflitti congelati, che spesso sono conflitti insolubili, finiscono inesorabilmente per riscaldarsi ".

La situazione economica in Siria è catastrofica. L'82% della popolazione vive sotto la soglia di povertà; il 60% è denutrita; il tasso di disoccupazione è impressionante; l'inflazione sta galoppando; la maggior parte delle famiglie non riesce a sbarcare il lunario; la valuta siriana ha perso il 90% del suo valore; i prezzi aumentano ogni giorno. La scarsità aggrava la povertà: razionamento del pane, benzina, elettricità e molti altri prodotti essenziali. Di fronte a questo aggravarsi dei patimenti dei nostri concittadini, la nostra missione di Maristi Blu è ancora più indispensabile. Siamo supportati da tante associazioni internazionali e da tanti amici a cui sono infinitamente grato. Grazie al loro supporto morale e finanziario, siamo in grado di mantenere tutti i nostri progetti di aiuto e soccorso, educativi e di sviluppo. Ci sono ancora molte famiglie sfollate nella stessa Aleppo. Continuiamo a distribuire 832 ceste alimentari mensili alle famiglie più vulnerabili e a pagare l'affitto per 200 famiglie che ancora non possono tornare a casa. Centocinquanta persone beneficiano ogni mese del nostro programma medico, paghiamo per interventi chirurgici, prescrizioni per malattie croniche o per scanner molto costosi. Il progetto “Goccia di latte” continua la distribuzione mensile a 3.000 bambini con il latte necessario per la loro crescita. Il progetto “Pane Condiviso” offre un pasto caldo quotidiano a 230 anziani ultraottantenni che vivono da soli e non hanno più nessuno a sostenerli. Vogliamo che i giovani rimangano in Siria e non emigrino. Il Paese e la società hanno bisogno di loro. Siamo rattristati di sapere che migliaia di medici siriani siano emigrati in Germania e Francia. Ieri ho ricevuto un messaggio da un amico e collega gastroenterologo ed endoscopista che mi informava di essere emigrato in Francia pochi mesi fa. Eppure aveva una buona reputazione, era molto ben informato e non aveva perso il lavoro. A una mia domanda ha risposto che pensava al futuro dei suoi figli. A causa della guerra, la Siria ha perso la sua élite: accademici, ingegneri, informatici e medici, che si sono formati gratuitamente nelle Università siriane e che avrebbero potuto partecipare alla ricostruzione del Paese ora si sono stabiliti nei Paesi del Golfo o in Europa; Paesi che beneficeranno gratuitamente di questa forza lavoro qualificata formata da noi ma che, ipocritamente, si lamentano di questa immigrazione che è essenziale per la loro economia e il loro benessere. Quest'estate, molti Siriani che avevano lasciato il Paese per stabilirsi altrove sono tornati a trascorrere le loro “vacanze” in Siria. Venivano a ispezionare le loro case lasciate in fretta e furia, a sistemare i loro affari, a espletare formalità amministrative, poi ahimè sono ripartiti. Come dice la filastrocca: “tre giri e poi vai via”. Purtroppo, sono pochi quelli che ritornano definitivamente. Affinché i nostri giovani rimangano, devono avere un lavoro e tre dei nostri programmi sono destinati a questo scopo. Il Centro di Formazione Marista "MIT" aiuta gli adulti ad acquisire competenze in diversi campi. Il programma Micro-progetti incoraggia iniziative sostenibili. In 6 anni abbiamo finanziato più di 200 progetti. Purtroppo, nonostante la formazione offerta ai candidati e l'accompagnamento e il follow-up dei mentori Maristi Blu, il successo di questi micro-progetti non è scontato. La crisi economica, l'inflazione e l'alto costo degli affitti e dei prodotti stanno causando il fallimento di alcuni progetti che all'inizio erano promettenti. Dall’altra parte, molti grandi successi. Penso a T.J. che ha aperto un'officina meccanica, ad A.B. che fa piccole scale a pioli, a S.A. e ad A.C. che ora hanno una barberia.

Papa Francesco, nell'intenzione di preghiera del mese di agosto, salutando il coraggio, la creatività e l'impegno dei piccoli imprenditori, ha chiesto di pregare per loro affinché «trovino i mezzi necessari per continuare la loro attività al servizio delle comunità in cui vivono”. Il programma di Formazione Professionale ci permette di coinvolgere i nostri giovani con dei professionisti per imparare un mestiere. Venti hanno già completato la loro formazione e altri 20 sono in fase di apprendimento. Il giovane R.E. ha imparato in un anno (mentre il suo apprendistato sarebbe dovuto durare 18 mesi) la riparazione e la manutenzione dei cellulari e il suo capo ci ha detto che non aveva più niente da insegnargli e che ora potrà essere il capo di se stesso e volare da solo. Heartmade continua a sviluppare la sua attività e moltiplica i prodotti per arrivare all'autofinanziamento. Sedici donne trovano lavoro lì creando abiti femminili con i tessuti avanzati. Fin dall'inizio della nostra missione, creiamo un progetto quando sentiamo che ce n'è bisogno e lo chiudiamo quando il suo scopo si è esaurito. È così che abbiamo appena interrotto il progetto “Imparare a crescere”. Invece, "Voglio imparare" continua la sua missione di educazione e istruzione per 120 bambini dai 3 ai 6 anni. Alla fine dell'anno scolastico, sono subentrati i centri estivi con le attività di animazione per seminare un po' di gioia nel cuore di questi bambini provenienti da famiglie sfollate. Il nostro programma di sostegno psico-sociale “Semi” continua a fare miracoli con i 450 bambini. Per quanto riguarda i progetti “Sviluppo delle donne”, “Taglio e cucito” e “Speranza”, si concatenano sessioni di 3 mesi per soddisfare tutte le esigenze e tutte le richieste. Dopo 11 anni di sofferenze, drammi, migrazioni e privazioni, facciamo fatica a vivere e ad irradiare intorno a noi il nostro motto marista: “Semina speranza”. Eppure, è così necessario! Le persone intorno a noi ne hanno bisogno. Non vediamo ancora la fine del tunnel. Le grandi potenze hanno altro pesce da friggere e la questione siriana non è più una priorità per loro. La Siria è diventato “un Paese dimenticato”. Per quanto riguarda le potenze regionali, stanno usando il conflitto siriano per far avanzare le loro pedine nella regione. Fortunatamente, alcuni Paesi arabi e altri hanno superato il ragionamento manicheo secondo cui ci sono buoni da una parte e cattivi dall'altra, e hanno ristabilito le loro relazioni con la Siria. A condizione che i Paesi occidentali facciano lo stesso affinché un dialogo inizi e sia il preludio alla ricomposizione del conflitto e alla pace.

Dottor Nabil Antaki per i Maristi Blu. 

Aleppo, 10 agosto 2022