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mercoledì 23 novembre 2016

PROGETTO: SOTTO L'ALBERO DI NATALE DEI BAMBINI SIRIANI


Dallo scorso anno sosteniamo una struttura educativa situata a Marmarita, cittadina nell'altopiano della Valle dei Cristiani, al di fuori dei combattimenti, situata tra Homs e la costa mediterranea , gestita dalle SUORE DEL PERPETUO SOCCORSO .
L'afflusso di rifugiati è in costante aumento e, benchè non sia toccata dalle brutture della guerra, la popolazione soffre pesantemente le conseguenze della mancanza di lavoro, l'aumento del costo della vita, le sanzioni che bloccano gli scambi economici e finanziari.

La richiesta che ci viene fatta quest'anno è di operare in duplice direzione: la gioia del dono natalizio per i bambini e l'aiuto al sostentamento di alcune famiglie attraverso una attività lavorativa .
La scuola di Marmarita è frequentata da bambini sfollati, provenienti dalle zone più devastate della Siria, quasi tutti rimasti solo con la madre e i fratelli, alcuni orfani di entrambi i genitori.
Vi sono molte educatrici laiche e la gestione delle attività è accurata , volta a rasserenare i bimbi che hanno vissuto esperienze così traumatiche e dolorose.

I bimbi del gruppo dell'asilo sono così suddivisi:
  • 70 bambini di 3 anni
  • 115 bambini di 4 anni
  • 105 bambini tra i 5 e i 6 anni
per un totale di 290 bambini.

In Marmarita alcuni rifugiati hanno aperto un laboratorio di cucito , dove si confezionano e vendono i capi prodotti in collaborazione con un gruppo di donne che sono rimaste ad Aleppo, la città martire: è una attività preziosa che consente a queste donne di sostentare la famiglia.
Per Natale il gruppo degli artigiani, composto da 2 uomini e 4 donne, confezionerà per i 290 bambini una giacca in tessuto molto caldo con cappuccio.
Ogni bimbo inoltre riceverà nel suo pacco natalizio un po' di dolcetti e cioccolata.
Il costo del dono natalizio è di 17 euro per ogni bambino.

Il denaro non può essere inviato in Siria direttamente a causa delle sanzioni , che bloccano ogni transazione internazionale anche per gli istituti religiosi e i missionari.
Dunque il denaro viene inviato sul conto delle Monache Trappiste in Italia, che appoggiano le loro consorelle in Siria e anche altre Congregazioni ed opere di carità rivolte ai poveri siriani.

QUI IL CONTO CORRENTE SU CUI VERSARE, AVENDO CURA DI INDICARE NELLA CAUSALE : “ BAMBINI SIRIANI ASILO DI MARMARITA”

CC postale: 12421541
CausaleB
ambini Siriani Asilo di Marmarita


(l'offerta è detraibile)

Vi ringraziamo per la vostra amicizia e per tutto ciò che vorrete destinare a questi bimbi e a queste famiglie così duramente provate da questa interminabile terribile guerra, ma soprattutto per la vostra preghiera affinchè ci sia concesso il dono immenso della Pace.

Ora pro Siria

Cari amici, vi invitiamo a sostenere anche l'analoga iniziativa 'Un vestito sotto l'albero' per  donare abiti caldi ai bambini di Aleppo che i Fratelli Maristi hanno nella loro cura.
E' promossa dalla amica ONLUS italiana AIULAS. Qui i riferimenti:
http://www.aiulas.org/i-nostri-progetti/un-vestito-sotto-l-albero/

martedì 22 novembre 2016

Verso la liberazione finale? No alla proposta De Mistura

Nella Conferenza Stampa, il Ministro degli Esteri siriano Al-Moallem ha sottolineato che De Mistura ha parlato di "amministrazione autonoma" nella parte orientale di Aleppo, cosa  categoricamente rifiutata dal Governo.

"In effetti, gli abbiamo detto che siamo d'accordo sulla necessità di far sì che i terroristi siano mandati fuori dalla parte orientale di Aleppo, a prescindere dalle nostre differenti valutazioni circa i loro numeri, ma non ha alcun senso  lasciare che 275.000 dei nostri concittadini rimangano ostaggi di 5- 6 o 7mila militanti. Nessun governo al mondo lo accetterebbe ", ha aggiunto al-Moallem.

"E' possibile che le Nazioni Unite vogliano premiare i terroristi che stanno continuando a sparare proiettili su Aleppo Ovest che causano la morte di migliaia di persone e il ferimento di tanti altri?" , ha detto al-Moallem.
«E oggi un missile è stato sparato sulla scuola al-Furkan , uccidendo 11 studenti . Ha senso premiarli? Inoltre, i terroristi hanno anche bombardato il Palazzo di Giustizia, la Facoltà di Giurisprudenza e al-Bassel Hospital. Quei terroristi non hanno un deterrente morale ", ha aggiunto.
Il ministro ha ribadito che l'idea di "auto-amministrazione" è totalmente respinta "perché mina la sovranità nazionale della Siria e dà un premio per il terrorismo", aggiungendo:
"La Siria ha dato tre opportunità di tregua per evacuare i residenti dai quartieri orientali di Aleppo, ma le organizzazioni terroristiche non hanno permesso loro di uscire attraverso i corridoi sicuri, e hanno bombardato i corridoi con colpi di mortaio e hanno impedito ai civili di uscire nonostante tutti i preparativi effettuati dal Governatorato di Aleppo per garantire la loro uscita in modo sicuro ".
Il ministro ha continuato dicendo che:
 "Sono state date loro più di una possibilità e non le accettano, e ora si parla di dimostrazioni locali circa magazzini alimentari che sono tenuti dai terroristi che stanno vendendo cibo sul mercato nero per la nostra gente di Aleppo orientale."
"Anche ai convogli umanitari è stato impedito di entrare dai mortai. Pertanto, credo che sia il dovere dello Stato siriano di salvare i cittadini dall' essere ostaggi ", ha detto al-Moallem.

"Quando de Mistura stava parlando di un cessate il fuoco, gli abbiamo chiesto garanzie da parte dei paesi che sostengono i terroristi, ma ha detto che non ci sono tali garanzie",  aggiungendo "Non abbiamo visto nulla che aiuti una ripresa del dialogo intra-siriano ... forse [egli] è in attesa di una nuova amministrazione degli Stati Uniti o di un nuovo segretario generale delle Nazioni Unite. " ...

Rispondendo alla domanda di SANA sulle aspettative della Siria circa una nuova amministrazione degli Stati Uniti, al-Moallem ha sottolineato che "E' troppo presto per parlare degli slogan sollevati durante la campagna elettorale ... Nessuna persona onesta che ha esaminato le politiche della scorsa Amministrazione l'ha vista correggere i suoi errori",  aggiungendo: "Quello che vogliamo dalla prossima Amministrazione non è solo di smettere di sostenere i gruppi armati , ma anche di frenare i paesi regionali noti per sostenerli. ".

Circa lo svolgimento di una conferenza che raccolga la"opposizione interna" con figure di "opposizione esterna" a Damasco, al-Moallem ha detto:
"Diamo sempre il benvenuto a qualsiasi riunione siriano-siriano, lontana da intervento straniero, al fine di tenere il dialogo sul futuro, quindi, diciamo che se questa conferenza si terrà a Damasco l'accogliamo, e se si terrà a Ginevra, diremo benvenuto."

Rispondendo ad una domanda sullo spingere i terroristi da Aleppo a Idleb, al-Moallem ha detto:
"Noi non li spingiamo a Idleb, ma il loro centro di comando è lì, ed è un governatorato che confina con la Turchia, il che significa che il loro punto di raccolta logistico e umano è in Idleb, in ogni caso, se scelgono un luogo diverso da Idleb, a noi non importa. ".

  "Non abbiamo alcun dubbio che le nostre forze armate vinceranno la battaglia di Aleppo, e la decisione della dirigenza è che la situazione in Aleppo ritorni alla normalità, e che le nostre famiglie nei quartieri orientali siano liberate da quei terroristi che prendono i civili come scudi umani ".



Una lettera ISIS nel 2013, "per informazioni, visita la nostra sede nell'ospedale dei bambini" .. in Est Aleppo! 


Verso la liberazione finale?


Qara, 18 novembre 2016 
No, non ci siamo ancora, ma ad Aleppo la "madre di tutte le battaglie" è in preparazione. Per la prima volta, dall'inizio di questa guerra ingiusta contro la Siria, possiamo chiederci: ci sarà l’attesa liberazione finale di Aleppo e di tutta la Siria?.  Il presidente Siriano sarà in grado – in un prossimo futuro - di tenere un discorso televisivo alla popolazione da Aleppo per – prima di tutto -commemorare, ringraziare e pregare per le centinaia di migliaia di martiri siriani caduti in questa guerra? Per questo, ci vuole prima la chiusura ufficiale dell'era di Hillary Clinton, cioè, la fine dell’ossessione americana per il controllo dell’intero pianeta. I paesi che la Hillary classificava come nemici, sono stati ridotti nel caos o isolati o puniti. Invece i paesi che lei classificava come amici sono stati promossi. Il 28 ottobre 2016 la Russia è stata espulsa dal Consiglio dei diritti umani dell'ONU, mentre l’Arabia Saudita ha ricevuto un secondo mandato di ufficio. Praticamente nessuno ha protestato. Il 15 novembre, la delegazione saudita per la 3 ° Commissione dell'ONU per la promozione e la tutela dei diritti umani, ha fatto una proposta per una risoluzione in cui è stato denunciata "la situazione dei diritti umani in Siria" (approvata con 116 voti a favore, 15 contrari, 49 astenuti). Ebbene, queste sono situazioni che provocheranno un giorno la caduta totale della Commissione dei diritti umani dell’ ONU, nello stesso modo che l’Americano medio ora ha protestato contro la corruzione dell’élite votando chiaramente per Trump. Al paese (l’Arabia Saudita) in cui le persone valgono meno di animali, è stata concesso - come procuratore generale sul livello venerabile mondiale – di criticare il paese (la Siria) che ha il più alto livello di sviluppo nell' intero mondo arabo anche in materia di uguaglianza e rispetto dei diritti umani. Che rimane della credibilità di tali organizzazioni internazionali? Un giorno tutto questo finirà male! 
In ogni caso, il rappresentante siriano permanente all'ONU ha espresso una risposta schiacciante.. (Bachar al-Jaafari: Quando il terrorista diventa il difensore degli diritti umani, diventa possibile che lo SI presieda le operazioni di mantenimento della pace dell' ONU..., mondialisation.ca, 17 novembre 2016. In francese: Quand le terroriste devient le défenseur des droits de l’homme, ildevient possible que l’EIIL préside les opérations de maintien dela paix de l’ONU..., mondialisation, ca.17 novembre 2016).)

Nel frattempo, la portaerei russa Admiral Kuznetsov è ancorata in Siria per aiutare la distruzione delle scorte armate, le fabbriche di armi e i laboratori di armi chimiche dei terroristi e  liberare il paese dai jihadisti. I cittadini sono pregati di evacuare questa zona e gli ospedali sono forniti di materiale extra. Martedì 15 novembre sono stati fatti bombardamenti, nelle quali sono stati eliminati una trentina di combattenti di al-Nusra, tra cui il comandante Abul Baha al-Asfari. L'intera operazione di liberazione di Aleppo è ora nelle mani della Russia, che attualmente ha installato una zona no-fly per evitare le azioni illegali dell'occidente e i loro vassalli contro la Siria.

Continuiamo a sperare, lavorare e pregare per la pace definitiva in Siria.

Padre Daniel Maes

domenica 20 novembre 2016

I terroristi prendono di mira le scuole elementari di Aleppo


20 novembre: giornata internazionale dei diritti dei bambini
Questa domenica mattina, come ogni giorno, pioggia di colpi di mortaio lanciati dai terroristi di Aleppo-Est sui nostri quartieri. Ma oggi hanno raggiunto una scuola elementare nel quartiere Al Furqan: 10 bambini morti e moltissimi feriti.
I media occidentali segnaleranno questo crimine di guerra?
I governi si indigneranno e protesteranno?
Ma come?! Pensavamo che tutte le scuole fossero nella zona Est di Aleppo, e che la guerra fosse una aggressione unilaterale sui civili?
Tante distorsioni. Vogliono farvi credere che Aleppo Est è fatto solo di ospedali, panifici e scuole . L'esercito è accusato di aver usato barrel bombs che colpiscono a caso, ma ha anche la magica capacità di mirare con precisione gli ospedali segreti. E in qualche modo i ribelli sono riusciti a sfuggire a ogni singola bomba, ma i caschi bianchi sono impegnati a salvare bambini dagli edifici ...
E circa la scuola elementare a Aleppo Ovest, dove 10 bambini sono stati uccisi oggi? DEVE essere il governo .. Non possono essere i caschi bianchi-combattenti per la libertà-ribelli moderati ..! Indovinate di nuovo ...
 dottor Nabil Antaki da Aleppo 

Talvolta, vivere in mezzo alle sofferenze inenarrabili che provoca la guerra, straziati dal lancinante incessante sibilo rabbioso di spari ed esplosioni che accompagnano la morte e la distruzione, diventa troppo faticoso anche per persone risolute e con forti spinte ideali quali Pierre Le Corf. Ma anche quando sembra naufragare nella stanchezza e nello sconforto, egli continua a raccontare, con rara efficacia, la tragedia della gente di Aleppo.

Dalla pagina di Pierre le Corf
‘’Per voi, oggi domenica 20 novembre 2016, una piccola finestra su Aleppo. Non riesco a trovare le parole giuste, in questa situazione. Tante emozioni. Tanti ricordi. Sinceramente... mentre qui, nella zona ovest di Aleppo, continuano a cadere proiettili di mortaio e granate. Essi si mischiano al rumore dei combattimenti nella zona est e sul cielo. I terroristi stanno sparando su di noi in questo momento (proprio di adesso la notizia di razzi che hanno ucciso almeno dieci bambini in una scuola) e cercano di distruggere gli aerei che stanno bombardando le loro postazioni per proteggere – almeno limitando gli attacchi - un milione e duecentomila civili qui ad ovest. Quando gli aerei si allontanano, anche per poco tempo, i razzi e i mortai riprendono a pioverci addosso.
Non mettetemi in difficoltà, non sono qui per fare politica o intavolare dibattiti. Parlo soltanto di ciò che vedo da ormai molti mesi e di ciò che mi raccontano coloro che sono fuggiti, anche recentemente, dalle zone occupate dai gruppi islamici (e non dai ribelli, come li chiamano in Occidente).
Intere famiglie che, durante la fuga, hanno avuto la fortuna di sopravvivere tra cecchini e mine anti-uomo, dato che nessuno ha 300$, il denaro da pagare [preteso dai terroristi, N.d.T.] per essere autorizzati a lasciare Aleppo est, devono allontanarsi in condizioni molto precarie. Come, ad esempio, Mahmud.

Solo vessilli neri intorno alla città. Nessuna libertà di opinione o di partiti. Non è questione di buoni o di cattivi. Questa guerra è mortale qui e dall’altro lato, ma dovete comprendere che la gente muore per gli spari dall’est verso l’ovest e viceversa soltanto a causa dei gruppi islamici armati e prepotenti in mezzo a civili usati direttamente o indirettamente come ostaggi. Sono là e uccidono. Le persone intorno ad essi muoiono. È molto semplice eppure tanto difficile da far comprendere.
Il mio fine è l’essere umano. Prego per tutti gli uomini, le donne, i bambini inermi, ma voglio sottolineare che questa guerra è una tragica messinscena e che ad alimentare veramente la morte sono le ideologie e gli interessi esterni, che distruggono la vita quotidiana, la storia della Siria e la speranza di tutti coloro che la abitano. Scusate se parlo troppo e magari non in maniera sufficientemente chiara … ma dovete capire ciò che accade in realtà e non ciò che raccontano i media, talvolta malevoli talvolta apatici. Dovete capire che voi ne siete i ripetitori …
Sono stanco di assistere alla morte gratuita di tanta gente per gli interessi di alcuni individui. Sono stanco di essere soltanto oggetto di intrattenimento banale (incompreso o deformato) per animare discussioni conviviali tra due bicchieri di vino e apparire intelligente.
"We are superheroes" se volete offrire un contributo per gli interventi di primo soccorso e per materiale medico: https://www.facebook.com/heroesworldtour/videos/1211332675598163/

Traduzione di Maria Antonietta Carta

mercoledì 16 novembre 2016

Jihadisti cinesi in Siria

Proponiamo ai nostri lettori la traduzione di un articolo un po' differente da quelli che solitamente pubblichiamo, inerenti le comunità cristiane....  Ci ha colpito, perchè scritto da una persona che conosce bene gli accadimenti e, soprattutto, perchè ci offre uno sguardo dal di dentro su alcuni temi cruciali.   Agli inizi del 2011, Steven Sahiounie (padre siriano, madre statunitense della California) era uno spensierato ragazzo che abitava a Latakia con la sua famiglia. A marzo dello stesso anno, la Siria fu spinta nel baratro infernale di una sporca guerra per procura. Adesso Steve fa il giornalista e racconta la guerra contro il suo Paese, come in questo interessante articolo sui jihadisti Uiguri, di cui quasi niente si scrive, che stanno in pratica colonizzando alcune località della Siria, ma hanno mire ancora più ambiziose e immaginano una jihad ben più vasta... 
 M.A.C.

Milizie di Al-Qaida composte da jihadisti Uiguri Cinesi, reclutate da Erdogan e inviate in Siria

di STEVEN SAHIOUNIE , 12 NOVEMBRE 2016

Il presidente turco Erdogan ha utilizzato il suo esercito mercenario per lottare contro le forze armate siriane nell'ntento di sovvertire l'ordinamento politico vigente . Questo progetto bellico contro la Siria è stato concepito, sostenuto ed elaborato dagli USA come risulta dal promemoria del 2007, che descrive come “noi distruggeremo sette Paesi in cinque anni, a cominciare dall'raq, poi la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e infine l'Iran”
http://www.globalresearch.ca/we-re-going-to-take-out-7-countries-in-5-years-iraq-syria-lebanon-libya-somalia-sudan-iran/5166

L'esercito mercenario del Presidente Erdogan è costituito da Cinesi Uiguri provenienti dalla regione estremo occidentale della Cina, la provincia autonoma dello Xinjiang (antico Turkestan orientale) con capitale Urumqi. Musulmani sunniti, gli Uiguri sono una delle cinquantasei nazionalità riconosciute ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Parlano l'antico Turco, da cui deriva la lingua ufficiale che si usa oggigiorno in Turchia.

Durante molti anni, Erdogan ha appoggiato le rivendicazioni degli Uiguri oppressi dal governo cinese, comparandoli agli antenati del popolo turco e sostenendo l'esistenza di uno stretto legame storico ed etnico tra la Turchia moderna e il popolo uiguro. In un suo discorso, egli ha dichiarato che “il Turkestan orientale non è soltanto la patria dei popoli turchi, ma anche la culla della storia, della civiltà e della cultura turca. I martiri del Turkestan orientale sono i nostri martiri.” e per Turkestan orientale egli intende appunto la provincia cinese dello Xinjiang, patria del popolo uiguro [che costituisce la maggioranza relativa della popolazione della regione, 42- 46% N.d.T.]
Erdogan ha dunque utilizzato il suo esercito di mercenari uiguri, a cui ha rilasciato passaporti turchi per l'ingresso in Turchia. I servizi di immigrazione presso gli aeroporti turchi hanno riconosciuto questi passaporti e li hanno confiscati, permettendo, tuttavia, ai loro detentori l'ingresso nel Paese. Il Presidente ha organizzato anche il loro viaggio dagli aeroporti fino all'ingresso in Siria, attraverso la lunga e permeabile frontiera a nord di Idleb, una città di media grandezza della regione nord occidentale.
Nel Distretto di Zeytinburnu a Istanbul, Nurali T., un Turco Uiguro che lavora al trasporto dei terroristi in Siria con il permesso implicito del governo turco e in particolare dei servizi segreti, fornisce passaporti ai militanti di tutto il mondo. Secondo un responsabile dell'ufficio di Nurali T., “oltre 50 000 Turchi Uiguri con passaporti falsi sono arrivati in Turchia, via Tailandia e Malesia, per entrare in Siria dopo aver trascorso una giornata a Istanbul”. Questi militanti trascorrono quindi un giorno in hotels o pensioni, prima di passare in Siria attraverso le frontiere controllate dai terroristi. http://chinamatters.blogspot.com/2015/07/turkey-plays-uyghur-card.html
Idleb divenne un focolaio di violenza e distruzione sin dai primi mesi della crisi siriana nel marzo 2011. Alla fine dell'estate 2011, era stata abbandonata dai suoi abitanti in fuga verso i campi profughi turchi o a Latakia. Fu quindi trasformata in un quartier generale della Free Syrian Army (Esercito libero siriano) e in base operativa.
Quando il senatore repubblicano John McCain, dell'Arizona, fece il suo famoso viaggio illegale in Siria, si incontrò con i comandanti dell'Esercito siriano libero (ASL) presso Idleb. Infine, l'ASL ha reclutato e invitato gruppi di Al-Qaeda di Libia, Afghanistan, Cecenia e di altri Paesi arabi e occidentali: dagli Stati Uniti all'Inghilterra, dall'Europa all'Australia. Poichè la maggioranza dei siriani non sostiene la rivoluzione armata, l'ASL ha scelto di convocare i fratelli jihadisti del mondo intero. L'ufficio statunitense della CIA ad Adana, in Turchia, che dirige il comando e gli approvvigionamenti dell'ASL, non si fa alcun problema nel permettere ad Al-Qaeda ed ai suoi affiliati di rafforzare le truppe assottigliate dell'ASL. Gli Stati Uniti hanno utilizzato l'ASL e filiali di Al-Qaeda come Jibhat al-Nusra, Esercito islamico, Nour-al Din al Zinki e Ahrar al Sham, per combattere contro le forze armate governative siriane, evitando così di dispiegare i loro soldati. In effetti, l'ASL e tutte le altre milizie armate agiscono come 'soldati statunitensi sul terreno'.


Il Partito Islamico del Turkestan (TIP) è un grosso gruppo politico radicale islamico composto da Uiguri. Il loro capo è l'emiro Abd al-Ḥaqq al-Turkistānī.
Dal 2001, il TIP è affiliato ad Al-Qaeda. I capi sul terreno di battaglia del TIP nella provincia di Idleb sono Abu Rida al-Turkestani e Ibrahim Mansur. Nel 2013, il TIP si è alleato con Jibhat al-Nusra, che figura nella lista dei gruppi terroristici vietati negli Stati Uniti. L'Osservatorio siriano dei Diritti Umani ha dichiarato: “I Ceceni che hanno lasciato I'ISIS (Islamic State of Iraq and the Levant) sono stati rimpiazzati dal Partito Islamico del Turkistan uiguro, alleato di Al-Qaeda”.
'Islam Awazi', il celebre centro mediatico del Partito Islamico del Turkestan (TIP), pubblica tre o quattro video mensili nella rubrica 'Un appello dalla prima linea della jihad' che riportano i 'successi' militari dei combattenti del TIP. Inoltre, produce un video mensile 'Turismo dei credenti' che mostra la vita 'pacifica' et 'militare' dei combattenti uiguri in Siria. In particolare, il 22 luglio 2016, il Partito Islamico del Turkestan ha distribuito un video intitolato “Il mio Desiderio”, con fotografie di combattenti uiguri in Siria.
http://thediplomat.com/2016/08/chinas-nightmare-xinjiang-jihadists-go-global/

Oggi, i radicali ispirati dallo Stato islamico ripetono l'esperienza del TIP che ha massacrato i cinesi Han (Gli Han sono il popolo cinese storico) nelle stazioni di Kunming e di Guangzhou con coltelli, asce e machetes nel 2014. In Cina, il TIP ha una lunga storia di attacchi terroristici contro i non musulmani, e adesso che i suoi membri sono numerosissimi in Siria, è diventato un serio concorrente nella jihad mondiale. A Pechino, nell'ottobre 2013, cinque persone sono morte quando un'auto si è schiantata contro un gruppo di pedoni vicino a piazza Tienanmen; e il TIP ha rivendicato l'attacco con un video. Questo fatto ricorda l'attacco con un camion nella Promenade des Anglais a Nizza, con numerosi morti e feriti, durante la festa nazionale francese, il 14 luglio 2016.
I terroristi del TIP a Idleb sono stati molto fieri di distruggere le varie Chiese cristiane nella regione. Come in numerose zone della Siria, la regione di Idleb aveva accolto musulmani, cristiani ed altre sette minoritarie. Il TIP ha ripreso in numerosi video i campanili con il loro vessillo e la distruzione delle chiese.
Gli Uiguri sono una comunità povera e poco istruita, con forti legami familiari, e alcuni di essi hanno risentito l'alienazione politica del governo cinese e della società. Perciò la maggior parte gli Uiguri emigrati a Idleb hanno portato con sé le famiglie al completo: uomini sposati, donne, bambini e parenti anziani: una situazione completamente diversa della maggior parte dei jihadisti, giovani che viaggiano soli. Per questa composizione particolare del jiahdismo in Siria, sono nate nuove esigenze rispetto ai campi terroristi tipicamente maschili.
Il TIP ha occupato un villaggio intero nella provincia di Idleb, Az-Zanbaqi, che ospita oggi
3.500 Uiguri dei due sessi e di ogni età. Essendo i bambini molto numerosi, hanno creato le loro scuole. Il Corano e l'addestramento militare 'dei giovani jihadisti' sono le materie principali che si insegnano a questi bambini. Il loro sogno è sopravvivere alla jihad siriana e affermarsi nei combattimenti terroristici per poi tornare e combattere in Cina per trasformarla in uno Stato islamico.
I petroldollari dell'Arabia Saudita e del Qatar servono per finanziare il progetto di cambiamento di regime in Siria. Il denaro viene distribuito in Turchia da un funzionario saudita. Gli Stati Uniti fomentano la politica di sovvertimento, la Turchia è la base logistica delle operazioni e la Siria il campo di battaglia in cui la maggior parte dei caduti sono civili inermi.
La Turchia è una democrazia moderna che, da molto tempo, si vanta del suo governo laico, ma il AKP, partito al potere, è in realtà un partito islamista. Erdogan ha operato cambiamenti sostanziali nel tessuto sociale e politico del Paese, con lo scopo di orientare la società turca verso un islam radicale. L'islam radicale non è una religione e neppure una setta. E' una ideologia politica. I Fratelli musulmani sono un partito politico mondiale che si fonda sull'islam radicale e per questa ragione illegali in numerosi Paesi, tra cui Egitto e Siria. Il presidente turco invece è un loro partigiano e difensore e, infatti, ha ospitato a Istanbul la Coalizione nazionale siriana (SNC), ala politica dell'opposizione armata siriana.
Anche gli Stati Uniti proteggono i Fratelli musulmani, che hanno appartenenti e uffici in quasi tutte le grandi città. Il Congresso ha dibattuto sulla loro proscrizione, ma la legge non è passata, e membri della Fratellanza islamica hanno occupato cariche importanti nell'amministrazione Obama e in Dipartimenti chiave come il Dipartimento della Giustizia e il Dipartimento della Difesa. Anche in Inghilterra li troviamo ovunque ed hanno forti legami con il governo britannico. Altrettanto può dirsi per l'Australia.

L'Arabia Saudita è la terra di elezione del wahhabismo, il Qatar promuove il salafismo mentre la Turchia, gli Stati Uniti e l'Inghilterra sono basi di Fratelli musulmani. Tutti e tre rivendicano esattamente l'identico islam radicale. Tuttavia, la grande maggioranza dei musulmani nel mondo rigetta l'islam radicale e il 'culto della morte' detto Stato Islamico, nato dalle tre correnti sopracitate.
La Chinatown siriana non è un luogo turistico con sfavillanti lanterne rosse e saporiti piatti di Noodles,... per questo, bisogna andare a San Francisco o a Seattle. La 'Chinatown' siriana è un villaggio tra colli e uliveti, un centro abitato da terroristi non una città turistica. Un giorno, il visto di questi 'turisti' uiguri scadrà e loro avranno due opzioni: affrontare la morte nei campi di battaglia o tornarsene a casa attraverso l'antica e celebre Via della Seta dei loro antenati.
Steven Sahiounie | 5 novembre 2016


Traduzione Maria Antonietta Carta 

lunedì 14 novembre 2016

"Damasco prisma di speranze": «Oggi la via di Damasco – dice il Patriarca Laham- è diventata la strada per la pace nel mondo intero»


Nell’ambito delle celebrazioni del Centenario del Pontificio Istituto Orientale (P.I.O.), il convegno internazionale “Damasco, prisma di speranze” ha voluto offrire un'opportunità di confronto e dialogo rivolto ai Pastori del Medio Oriente, finalizzato alla ricostruzione di un tessuto di relazioni e di mutuo aiuto ai Cristiani in quelle aree di conflitto e di eroica testimonianza.
Il progetto da realizzare sorge da due domande che arrivano dalla Provincia dei Gesuiti del Vicino Oriente, che si interroga sui concetti di identità e appartenenza e su come educare al futuro dopo 5 anni di un conflitto dove sembra impossibile parlare di speranza. E Damasco è il luogo simbolo di quel conflitto e della realtà dei cristiani in quella parte di mondo. Il Pontificio Istituto Orientale ha voluto porsi come “luogo simbolo” di conversazione, per tematiche come dignità dell’uomo o di un intero popolo/comunità, con un’attenzione particolare ad una visione geopolitica ad ampio raggio, attraverso i contesti educativo-religiosi. Questo è l'orizzonte al quale il convegno è orientato (e che vedrà nel prossimo anno 2017 la seconda sessione) per un futuro di coesistenza e di collaborazione tra le varie anime dei popoli medio-orientali.

Gregorio III° Laham, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita con sede a Damasco, in questi giorni a Roma per il convegno al P.I.O. e è noto per il suo entusiasmo e la sua franchezza. Sua Beatitudine non usa mezzi termini quando si affronta la questione della coesistenza tra cristiani e musulmani, quello della responsabilità internazionale nel conflitto siriano, ma insiste soprattutto su un punto: la presenza cristiana in Oriente non deve essere voluta per se stessa, ma per i compiti richiesti alla comunità cristiana in questa regione di guerra e di occupazioni.
Riportiamo qui alcuni pezzi di interviste, dalle quali emerge con chiarezza il suo pensiero. Non è tipo da farsi intimorire e quando si tratta della sua gente - e per SUA gente non fa distinzione fra musulmani, cristiani o altre confessioni - parla senza peli sulla lingua:

"In Occidente mi si accusa di sostenere il presidente Assad. Ma coloro che danno di queste lezioni vengano sul posto per rendersi conto del terrore che gli islamisti ci incutono". "Non si può far dipendere l’avvenire di un Paese e dell’intero Medio Oriente da una persona sola. Pensarlo è del tutto illogico, anche un bambino piccolo è in grado di capirlo. Mi domando quindi come si possa affermare che tutti i problemi dipendano da Assad, quando è evidente che non è così. Questa è una falsa presentazione del problema."

In un'altra intervista del febbraio di quest'anno pubblicata sul sito “L’Oeuvre d’Orient” nella quale si sofferma sulla crisi siriana, il quasi ottantatreenne patriarca, siriano di nascita, parla del “martirio del suo Paese” e accusa le grandi potenze che si rifiutano, dice, “di combattere Daesh con i mezzi necessari” contrastando invece il governo. “Non temo solo per i cristiani ma per tutto il popolo siriano. Le bombe stanno cadendo ovunque. Gli americani, i russi, gli inglesi, i francesi, i turchi, e anche Israele ci bombarda, come è avvenuto lo scorso dicembre per eliminare un membro di Hezbollah, presente a Damasco. Tutto questo, dicono, per sbarazzarsi di Daesh e portarci la pace. Ma in attesa di questa pace che non viene, ad essere uccisi sono civili siriani. Uomini, donne, bambini che muoiono ogni giorno a decine”.
Le grandi potenze ci accusano di sostenere una dittatura, ma il nemico non è Assad né i suoi alleati, è Daesh con le sue legioni straniere, Ceceni, Giordani, Tunisini, Sauditi, e anche Europei che vengono ed occupano le nostre terre. È da loro che dobbiamo liberarci. Il popolo siriano soffre il martirio. Cinque anni di guerra, e il pedaggio è pesante: tra 250.000 e 300.000 morti, migliaia di feriti, mutilati, sfollati, orfani, e l’Occidente sta ancora parlando e sempre dell’uscita di Assad, ma mai di quella dei terroristi. Sono quelli che scacciano i cristiani dalle loro case e che sgozzano i siriani che osano affrontarli. Per quanto tempo ancora dovremo vivere sotto il giogo di questi assetati di sangue?”.
Devo aiutare tutti i Siriani – conclude – poco importa a quale religione appartengano. Bisogna preparare il dopo guerra e ritrovare la voglia di ricostruire insieme la Siria”.

Attraverso quest'altra intervista, rilasciata l'11 novembre a Radio Vaticana, Gregorio III° Laham dice la sua senza perifrasi su quello che più gli sta a cuore. La sua voce denota stanchezza, per gli anni, ma ancor più per il tanto dolore per una situazione che ancora non vede vicina una soluzione alla tragedia siriana.

Il Patriarca: – La Siria è la colonna vertebrale del mondo arabo. Distruggere la Siria vuol dire distruggere il mondo arabo intero. Nella Siria, tutti i cittadini si sentono appartenenti al mondo arabo e alla Siria senza nessuna distinzione di religione: non c’è musulmano, non c’è cristiano, non c’è druso; sono tutti arabi. E in Siria sono tutti Siriani. E dunque la situazione della Siria è critica, difficile, e innanzitutto la situazione dei cristiani è molto grave. Dobbiamo lavorare affinché la pace del Signore regni nel mondo intero, ma innanzitutto nel Medio Oriente, perché la pace è un tesoro, un capitale, un’energia. Con la pace tutto è possibile, tutto realizzabile; senza la pace non si può fare niente di bene e niente di buono. E siccome Dio è la pace, rivolgiamo i nostri desideri al buon Dio perché – ripeto – è l’unico a poter fare qualcosa, perché salvare la Siria vuol dire salvare il mondo arabo intero.

D. – Che notizie ha della comunità cristiana che è dovuta fuggire dalla Siria?
R. – Purtroppo, sono i cristiani che pagano il prezzo di questa situazione catastrofica. Tantissimi sono già fuori, e quelli che sono rimasti vivono una tragedia, una situazione orribile e stanno pensando di seguire l’esempio di quelli che hanno già lasciato la Siria e sono andati via. E dunque, l’unico modo di poter fare la pace nel mondo arabo è fortificare la Siria affinché il mondo arabo possa di nuovo cambiare.

D. – Sente vicino Papa Francesco?
R. – Oh… abbiamo una benedizione, una grazia del buon Dio, avendo questo Papa: un uomo di preghiera e un uomo pragmatico. E dunque ringraziamo il Signore per averlo come capo della Chiesa, ma anche come esempio per il mondo intero di pace, di giustizia e di fratellanza. Di pace.


Al convegno il patriarca ha ricordato come a Maalula il 60 per cento dei cristiani sia ritornato ed ha spiegato che il progetto 'una camera per una famiglia' ha permesso il rientro di molti. Il Patriarca ha poi lanciato un appello ai governi di tutto il mondo a far tornare gli ambasciatori: "venite e vedete e non usate notizie di terza mano".
"La Chiesa non ha lasciato il suo popolo" ha ricordato, e ha chiesto che l’Occidente dialoghi con l’ Islam, anche con i migranti, tramite una maggiore forza della fede e della identità cristiana.
Essenziale ricordare che i cristiani sono autoctoni in Medio Oriente e la strada della convivenza passa necessariamente per la condanna delle islamizzazioni violente che nulla hanno a che fare con il vero Islam.

Redazione OpS

venerdì 11 novembre 2016

Trump e la fine della battaglia di Aleppo (finalmente)?



Piccole Note, 11 novembre 2016

Solo due settimane fa il dramma di Aleppo occupava gran parte dei giornali. Che ogni giorno ripetevano il consueto mantra teso a dipingere l’esercito siriano e i suoi alleati, russi in particolare, come dei sanguinari stragisti.

Era in corso l’attacco ad Aleppo Est, teso a liberare quella zona della città dai suoi sanguinari, questi sì, occupanti. Sono i cosiddetti ribelli siriani, beneamati in Occidente che ha loro affidato (direttamente o indirettamente) il compito di buttar giù il governo di Damasco.

Beneamati nonostante le milizie che controllano Aleppo Est siano quelle di Al Nusra, o Jaish al-Fatah come si fanno chiamare dopo un’operazione di restyling tesa ad accreditarsi come “buoni”. In realtà restano gli assassini di sempre, tanto da venir indicati come terroristi anche dagli Stati Uniti.

È attorno a questo gruppo militare, il più armato, organizzato e feroce, che si sono strette, in un’alleanza organica e subalterna, le varie milizie che controllano Aleppo Est. I ribelli beneamati appunto.

Eppure e nonostante questo, e nonostante che ogni giorno da Aleppo Est vengano lanciati missili e colpi di artiglieria contro la popolazione civile di Aleppo Ovest, la battaglia di Aleppo non veniva descritta come una guerra di liberazione, alla stregua di quanto avviene a Mosul o Raqqa preda dell’Isis. Ma come un massacro ad opera delle forze governative.

Le operazioni per liberare Aleppo erano iniziate mesi fa, ma all’inizio della campagna elettorale americana avevano subito un’accelerazione.

I siriani, ma soprattutto i russi, temevano che la Casa Bianca potesse essere appannaggio di Hillary Clinton. Cosa che avrebbe comportato il rischio di un conflitto Usa-Russia, dal momento che la signora aveva più volte affermato la necessità di contrastare tali operazioni, sia aumentando il sostegno ai cosiddetti ribelli sia intervenendo direttamente nel conflitto.

Da qui la necessità opposta di conquistare Aleppo prima della vittoria annunciata della Clinton.
Eppure una quindicina di giorni prima del voto americano Putin e il governo siriano avevano cambiato strategia e allentato la pressione.

Le operazioni militari sulla città erano state sospese per diversi giorni, e l’esercito siriano e i suoi alleati si sono limitati a contrastare gli attacchi altrui (ma non in altre zone della Siria, dove il rischio di colpire civili è molto minore).

Una pausa umanitaria ignorata dai media occidentali, che pure aveva un alto valore strategico e militare. Siriani e russi si sono così sottratti al fuoco incrociato della narrazione mediatica d’Occidente, in attesa degli eventi.
Trump, infatti, aveva più volte elogiato la campagna “siriana” dei russi, al contrario della Clinton, in quanto tesa a contrastare il terrorismo di marca islamista.

Un’eventuale vittoria del tycoon poteva infatti aprire la strada a un compromesso alto e virtuoso. Che avrebbe consentito ai siriani di riprendere il controllo della città evitando un bagno di sangue.

Una scommessa, quella di Putin, dal momento che lo stop alle operazioni militari consentiva ai suoi nemici di rafforzarsi, come accaduto per le pause umanitarie del passato. Con tutti i rischi connessi.

Alla fine, però, Putin ha vinto la scommessa. Con Trump presidente sembra altamente probabile che la battaglia di Aleppo abbia termine.

Come ben sanno anche i terroristi asserragliati nella parte orientale della città, che hanno accusato il colpo e appaiono più che confusi. Tanto che sembra abbiano chiesto una tregua, ipotesi da loro finora sempre rigettata.

È possibile anzi che qualcosa evolva, in senso virtuoso, fin da subito. Obama ha ancora cento giorni di regno prima di passare le consegne. Finora ha frenato, come ha potuto e non senza ambiguità, i tanti dottor stranamore che lo hanno ficcato in questa guerra.

Ormai libero dai vincoli oscuri che lo legavano, tra cui l’ipotesi di una presidenza Clinton, potrebbe riservare sorprese. Difficile si riesca a mettere in piedi in così pochi giorni altre iniziative diplomatiche globali sulla Siria.

Potrebbe però ritirare il sostegno americano ai cosiddetti ribelli che tengono Aleppo, imponendo tale scelta anche all’Arabia saudita. Consentendo così a Damasco di riprendere il controllo della città senza eccessivi spargimenti di sangue. Cosa che, di fatto, chiuderebbe la guerra siriana (o almeno una sua fase).

Sui media rimbalza la notizia che gli Stati Uniti abbiano dato ordine di eliminarei capi di Al Nusra. Un’indiscrezione enfatizzata da Mosca, per bocca del vice-ministro degli Esteri. Sergey Ryabkov.

E che andrebbe nella direzione indicata, al dì del rammarico per la funesta sorte di tali terroristi (così purtroppo va il mondo al quale si sono consegnati: quando non servono più…).

Va da sé che la pausa umanitaria decretata unilateralmente da russi e siriani rivela anche altro, ovvero che Putin da tempo avesse contezza delle possibilità di vittoria di Trump.

Al contrario dell’Occidente, che ha dovuto inseguire le fantasie di sondaggisti farlocchi, egli può contare sulle informazioni  della sua intelligence. Evidentemente un po’ più accurate.