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giovedì 17 marzo 2016

Fra 10 anni non ci saranno più cristiani in Medio Oriente

Lettera dell'arcivescovo maronita di Damasco al vescovo di Evry


Esodo dei Cristiani d'Oriente:

Dal 2003 (la guerra in Iraq) e, soprattutto, dal 2011 (l'onda delle primavere arabe), l'esodo dei cristiani orientali continua a crescere.
Alcuni reports danno 10 anni per girare la pagina del cristianesimo nel Vicino Oriente ... 
Una visione pessimistica forse.  Ma l'esperienza sul campo vede un movimento di emigrazione crescente, perfino allarmante ...
'Come partire' è l'argomento delle discussioni quotidiane.  Partire non importa dove, non importa come, anche prendendo rischi pericolosi.  Una famiglia ha appena mandato il suo figliolo dodicenne in una carovana di fuggitivi.. un bambino di 12 anni non verrà respinto, potrà invitare, in seguito, la sua famiglia a raggiungerlo. 
Egli troverà nella terra di asilo una accoglienza conveniente?
Davanti alla situazione di stallo militare e a una pace ancora lontana, per evitare il servizio militare e per fuggire una guerra assurda che dura da troppo tempo, i giovani sono in maniera massiccia alla testa dei fuggiaschi ...  
Quale futuro per una Chiesa senza giovani? 
E' la fine fatale del cristianesimo apostolico in una Terra Biblica diventata ostaggio della violenza e dell'intolleranza in nome di una fede radicale che non supporta il pluralismo e non ammette la differenza.

Percorso futuro

Come la Chiesa del Vicino Oriente potrebbe progettare il futuro?  Diverse strade sono aperte:
  1. - Seguire i fedeli nei paesi della diaspora per aiutarli a mantenere la loro fede originaria.
  2. - Costruire alleanze tra le minoranze del Vicino Oriente per difendere i loro diritti di cittadini contro l'egemonia di un certo Islam "intollerante".
  3. - Cercare garanzie da parte delle Grandi Potenze che offrono una protezione.
  4. - Accettare di vivere all'ombra dell' Islam e continuare una testimonianza piena di difficoltà e di sfide.
I cristiani d'Oriente si trovano ad affrontare delle scelte quasi suicide (1,2 e 3) 
Resta la quarta scelta, assai difficile da assumere.  Vivere nell'ombra dell'Islam richiede un ritorno ai primi secoli della Chiesa che sottolinea la vita nascosta di Gesù 'a Nazareth.  Questo dinamismo è favorito dalla lettera dell'Anno di Misericordia annunciato da Papa Francesco. 
Porre il volto misericordioso di Cristo dà un vivace dinamismo alla testimonianza evangelica.
Il comitato sociale che visita i prigionieri musulmani in Siria mette in evidenza il Buon Samaritano nel cuore di queste persone in difficoltà.  Un cammino provvidenziale, una sfida che permette il seguito della missione e fa la gioia del Bambino Divino.
+ Arcivescovo Samir Nassar  

arcivescovo maronita di Damasco
Ndr: L'accompagnamento spirituale dei rifugiati rimane un vero problema per delle popolazioni private di pastori.
 ( trad. dal francese: OpS)

lunedì 14 marzo 2016

5 anni di sofferenza e di menzogne: LETTERA APERTA di Padre Daniel ai Governanti Occidentali

Nell'anniversario infausto dei 5 anni della 'rivoluzione siriana' , padre Daniel scrive dal Monastero di Mar Yacub in Qara una 'Lettera aperta' al Signor D. Reynders, Ministro belga degli Affari Esteri 

La riproponiamo ai governanti di ITALIA e di tutti paesi occidental



Deir Mar Yakub, Qâra, Siria - 11 marzo 2016

Eccellenza,
Sono un belga residente in Siria, mi riferisco a Lei, onorato ministro del nostro amato paese, per fornirVi informazioni sulla mia situazione e inoltre per chiederVi di continuare a collaborare alla nostra protezione e anche alla protezione del popolo siriano.
Nel 2010, io, padre Daniel Maes, sacerdote norbertino dell’ abbazia Fiamminga Postel-Mol sono venuto in Siria, al servizio della comunità religiosa di Mar Yakub in Qâra, Qalamoun. Ero arrivato con molti pregiudizi e sospetti. Il contatto con la popolazione e il paese, tuttavia, mi ha fatto subire uno shock culturale.
È vero, le libertà individuali e politiche in Siria non sembravano molto grandi e neanche così importanti (nel frattempo ci sono stati grandi cambiamenti come la creazione di un sistema pluripartitico). Ma dall’altra parte c’era una società armoniosa composta di molti gruppi religiosi ed etnici diversi , che già da secoli convivevano in pace. Inoltre c'era l'ospitalità orientale generosa e una sicurezza molto grande, che non abbiamo mai conosciuto nel nostro paese. Furti e violenze erano praticamente inesistenti. Il paese non aveva nessun debito e non c’era nessun senzatetto. Al contrario, centinaia di migliaia di rifugiati dai paesi circostanti erano stati accolti e anche mantenuti come se fossero veri cittadini. Per di più, la vita quotidiana era anche molto economica, come anche gli alimenti. Le scuole, le università e gli ospedali erano tutti gratis, anche per noi stranieri che appartenevamo ad una comunità monastica siriana, come noi stessi abbiamo sperimentato.
Nel frattempo era scoppiata una guerra terribile. Con i nostri occhi abbiamo visto come stranieri (non Siriani) hanno organizzato manifestazioni di protesta contro il governo. Questi hanno fotografato e filmato le loro stesse manifestazioni, che in seguito sono stati riprese e distribuite - dalla stazione TV  Al Jazeera in Qatar – e cosi in tutto il mondo con il falso messaggio che il popolo siriano si stava ribellando contro una dittatura. Questi stranieri hanno poi invitato i giovani del nostro villaggio ad unirsi a loro. Ci sono stati attentati e omicidi nelle cerchie sunnite e cristiane per dare l'impressione che si trattasse di una vendetta simile ad una guerra civile interna. 
Nonostante questi tentativi di provocare odio e caos, il popolo siriano è rimasto unito. Come una famiglia unita, i siriani hanno protestato contro i gruppi terroristici stranieri e contro i paesi che li supportano. Centinaia di migliaia di persone innocenti sono stati uccise, tra cui molti soldati del governo e uomini della sicurezza. Scuole, ospedali e infrastrutture sono state rase al suolo. Diversi milioni di cittadini sono fuggiti all'estero. La maggior parte tuttavia sono fuggiti nel paese stesso verso le zone che sono protette dall'esercito. 
Infatti, il governo aveva deciso di non proteggere i suoi pozzi di petrolio nel deserto, ma aveva messo come priorità assoluta la protezione dei cittadini. 

 Nel novembre 2013 anche noi siamo stati il bersaglio di attacchi armati. Gli attacchi e bombardamenti , intorno a noi, di decine di migliaia di uomini armati pesantemente erano così gravi che, umanamente parlando, non c’era nessuna possibilità di scampare alla morte e alla devastazione. Grazie a Dio, la nostra intera comunità è stata salvata in modo miracoloso e fino ad oggi è rimasta illesa, insieme al popolo di Qâra, grazie all'esercito. 

L’intervento russo tempestivo - su richiesta del governo siriano - ha portato una profonda modifica e ha combattuto finalmente in modo esperto tutti i tipi di gruppi terroristici, per il quale il popolo siriano è, e rimane ancora molto grato. Questo dà speranza. Tuttavia, migliaia di jihadisti stranieri, armati, addestrati e pagati continuano ad arrivare in Siria per provare a rompere ancora la strenua resistenza del popolo.
Ora sperimentiamo  la più grande crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale. Noi stiamo cercando di contribuire a queste sfide e aiutare tutti i bisognosi. La nostra comunità ha organizzato tre centri : in Damasco, Tartous e qui nel monastero, da dove partono gli aiuti. 
Due settimane fa, abbiamo anche potuto offrire aiuto nella città di Aleppo – la città più colpita della Siria - con più di 8.500 pacchi di alimenti, con un'ambulanza e con un quarto "hopitainer", che consiste in un ospedale mobile estremamente costoso. Proprio per quello, Madre Agnes-Mariam, fondatrice e superiora di questo monastero, ha recentemente ricevuto a Mosca, a nome della Comunità, l'importante premio “Femida” per la pace e per la giustizia.  
Possiamo continuare a fornire l'assistenza solo grazie al generoso sostegno dei nostri numerosi benefattori, di alcune organizzazioni internazionali e di paesi come l’Olanda, che sono disposti a sostenerci per aiutare le persone più bisognose, indifferenti alla loro appartenenza religiosa o etnica.

Con grande fiducia, ci rivolgiamo a Lei per chiederVi di non farVi ingannare dalle bugie e manipolazioni dei mass media, ma Vi chiediamo di riconoscere coraggiosamente ciò che realmente accade in Siria. Non dimentichiamo i recenti esempi tragici. Sulla base di gravi menzogne sono già stati massacrati popoli e distrutti interi paesi. Alcune grandi potenze hanno voluto impadronirsi del petrolio, dell'oro, delle banche e dei depositi di armi. Anche il nostro paese belga ha contribuito a destabilizzare alcuni paesi, dove oggi c’è un caos totale. Si tratta di azioni illegali e disumane. E perchè ?

La Siria è un paese sovrano, la culla delle civiltà più antiche e culla della preziosa fede cristiana . La Siria ha un governo legittimo e un presidente legittimamente eletto dalla stragrande maggioranza del popolo con le sue varie comunità religiose e gruppi etnici. Nessuna legge internazionale può giustificare alcuna interferenza straniera in Siria. La decisione sul futuro o sul governo della Siria riguarda solo i Siriani stessi. 
Sulla base di bugie grossolane, Lei collaborerà  ad uccidere e distruggere ulteriormente questo popolo, contro ogni diritto internazionale e contro la dignità umana? 
I campi dei rifugiati devono diventare ancora più grandi? 
Volete buttare un intero popolo in una miseria senza speranza solo perché le superpotenze vogliono costruire un “pipeline” e vogliono anche impadronirsi del petrolio, del gas e altre ricchezze naturali e vogliono conquistare il territorio della Siria per la sua posizione molto strategica?
Pace e sicurezza per questo popolo richiedono il riconoscimento dell'inviolabilità del suo territorio, della sua indipendenza, della sua unità nazionale e dell’identità culturale. 
Inoltre, una tregua fragile momentanea deve essere rotta da nuovi interventi illegali militari?

Eccellenza, uno statista degno e capace si prepara per il futuro; uno statista degno e capace rispetta il diritto internazionale e la sovranità di altri paesi; uno statista degno e capace vuole che anche il  proprio paese sia rispettato e uno statista degno e capace serve il suo popolo (la parola latina “minister” significa “servitore).
Eccellenza, siate coraggioso, prendete contatto con il governo siriano, ripristinate le relazioni diplomatiche e rimuovete immediatamente tutte le sanzioni contro il popolo siriano, perché sono niente altro che terrorismo economico, offrite generosamente il vostro aiuto e il sostegno a nome del popolo belga.
Chi serve invece gli interessi delle potenze straniere per trascinare altri popoli nella miseria più profonda, è un leader terrorista, è anche indegno di essere chiamato uno statista.
Possiamo chiederVi di non schierarVi dalla parte degli assassini, ma dalla parte delle vittime innocenti? 
 E’ questo che noi, il popolo siriano e tantissimi uomini di buona volontà in Belgio e altrove, si aspettano da Lei. Per questo, noi Vi saremo molto grati e il futuro Vi ricorderà e Vi onorerà come uno statista degno.
Vorrete accettare non solo il nostro grido d’allarme ma anche i nostri rispettosi saluti,

  Padre Daniel Maes (da Postel-Mol)  

  ( trad A. Wilking) 


Ci permettiamo di suggerire ai nostri lettori di rileggere alcune delle testimonianze dell'indimenticabile monsignor Giuseppe Nazzaro sulla realtà dei fatti e sul significato della 'rivoluzione siriana':

Testimonianza di Mons. Nazzaro : La Primavera Siriana - dai prodromi al Califfato


  

sabato 12 marzo 2016

Se la violenza genera misericordia: mons Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco

L'ultima devastazione : Chiesa St Sergio e Bacco Tabqa (Thawra) sulla diga dell'Eufrate a 50 Km da Raqqa

VaticanInsider, 11 marzo 16
di Paolo Affatato

Nella logica paradossale del Vangelo, nella sapienza della Croce, rivelata solo ai «piccoli», in quella debolezza che, come dice san Paolo, diventa «forza», «la violenza che da cinque anni lacera la Siria è divenuta fonte e generatrice di misericordia», per famiglie, preti di ogni confessione, consacrati. 
Lo racconta a Vatican Insider Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, che vede la sua comunità ferita dalla sofferenza ma – in modo misteriosamente riconducibile solo all’azione di grazia del Padre – farsi instancabile promotrice di compassione e perdono, misericordia e solidarietà. Un dono di Dio, «capace di trarre il bene anche dal male», rimarca Nassar, nello speciale Giubileo che, tra mille difficoltà, lutti e disagi di un conflitto prolungato, si vive anche in Siria. Con questo sguardo provvidenziale è stata accolta dai cristiani locali la morte del diacono Camille, colpito a marzo del 2013 dalle schegge di un proiettile di mortaio. La sua morte ha infuso rinnovato vigore spirituale ai cattolici maroniti che hanno avviato la costruzione di tre cappelle nei quartieri periferici della capitale, in aree ridotte in macerie.  

Come si vive la misericordia tra i rifugiati, tra famiglie disgregate e segnate dalla guerra?  
«Ci sono già 12 milioni di rifugiati siriani e il numero sembra destinato a crescere ancora. Le organizzazioni di solidarietà hanno messo a disposizione tutte le risorse e vengono travolte dalle crescenti necessità di questa gente. Oggi, allora, è la famiglia, baluardo della società mediorientale, ad assorbire il trauma, dando sollievo e conforto. In una generosa dimostrazione di solidarietà, le famiglie – fino a un numero di venti persone – condividono una singola stanza, dividendo il pane quotidiano, la vita di ogni giorno e anche i luoghi di sepoltura. Queste famiglie agiscono per gratuità, non cercano alcun rimborso o contraccambio e sono incarnazioni silenziose della misericordia».

Come vivono in questa situazione i sacerdoti?  
«In primis va detto che il compito sacramentale dei sacerdoti in tutte le Chiese orientali è stato notevolmente ridotto a causa della guerra. Ma quello pastorale si è ampliato: i sacerdoti sono diventati preziosi “assistenti sociali” a servizio delle famiglie povere colpite. I preti, nel loro servizio instancabile, mostrano il volto misericordioso del Signore. Invece di scappare, accettano con coraggio la loro missione di oggi, come fedeli servitori della misericordia, fino all’ultimo, perché rischiano la vita. La comunità cristiana in Siria ha già perso cinque sacerdoti che hanno offerto la loro vita, donandosi totalmente al dialogo e all’aiuto dei più vulnerabili. Due vescovi e quattro preti sono tuttora dati per dispersi, sequestrati mentre erano in missione cercando di portare aiuti a persone in estrema necessità».

Vi sono anche molti consacrati che si dedicano al soccorso della popolazione...  
«Suore, monaci e laici consacrati si sono dedicati anima e corpo ad aiutare la popolazione siriana, ridotta in miseria. Aleppo è stata senza acqua ed elettricità per un lungo periodo di tempo. La vita era a luce di candele. E come si può vivere senza acqua? Alcuni gruppi di religiosi si sono impegnati a portare l’acqua in casa a tante persone anziane e malate. Sono andati alla ricerca di acqua nei pozzi disponibili, portandola in cisterne, perfino in gusci vuoti di bomba, per fornire 20 litri di acqua a ogni casa. Le cosiddette “mense del cuore”, poi, preparano cibo per i bisognosi e rappresentano un’ancora di salvezza per molti che sono ammalati, soli o vulnerabili. Accanto all’aiuto umanitario, i religiosi si prodigano in un’opera di tipo psicologico e spirituale: confortare e aiutare a superare i traumi della guerra. Per esempio a Damasco ci sono team specializzati che offrono supporto psicologico ai bambini traumatizzati dalla guerra e dalla violenza. Riuniscono bambini di tutte le religioni per una sorta di “rieducazione alla pace”: imparare cosa vuol dire vivere insieme e accettare serenamente le differenze. Questo è un progetto d’avanguardia che rivela l’impegno silenzioso della Chiesa e che rappresenta una via per il futuro. Un altro movimento, guidato dai Gesuiti, si rivolge ai giovani, oggi più che mai decisi a lasciare il paese, per accompagnarli in questo tempo di disagio e far sì che restino».

Ci sono altre iniziative degne di nota, a beneficio della popolazione?  
«Molte iniziative vanno avanti nel nascondimento, lontane dai riflettori dei mass-media, come le attività quotidiane svolte dalla Società di San Vincenzo de’ Paoli, da confraternite mariane, da orfanotrofi, ordini religiosi, preti e laici che girano instancabilmente per i luoghi affollati dai rifugiati. Nello slancio di carità, che manifesta la compassione verso il prossimo, resta centrale la famiglia, segno resistente e duraturo dello splendore della misericordia, che di fatto oggi fa andare avanti la Chiesa e il Paese».

Ne vuole riferire qualcuna in particolare?  
Vorrei segnalare l’opera del Movimento della Fraternità, fondato in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1967 da padre Paul, sacerdote Lazzarista che, grazie a diversi collaboratori, ha creato un centro di produzione di protesi per disabili. Il Movimento è stato tra i primi a rispondere a questo conflitto spietato che ogni giorno crea nuovi feriti e mutilati. Agendo in partnership con i circuiti di beneficenza legati alle parrocchie, il Movimento cura la riabilitazione per i feriti e mutilati, offendo loro un periodo di riposo. Questo è il volto del “Buon Samaritano”, che in Siria assume i tratti di padre Paul, un autentico “genio della sanità”».

Com’è nata l’idea di costruire tre nuove cappelle e cosa significa?  
«Per noi è un gesto di reazione pacifica, compiuto in nome di Cristo, contro la morte e la distruzione. Le cappelle sono segno di una comunità che è tuttora viva e vigile. La prima, intitolata ai Martiri di Damasco del 1860, è stata inaugurata all’inizio dell’anno, le altre due saranno ultimate nei prossimi mesi. Sono davvero commosso vedendo con quanta sollecitudine e cura l’intera comunità maronita si è fatta carico dei tre progetti, che rappresentano un concreto segno di speranza e fiducia nel futuro della Chiesa in Siria, in quest’Anno della Misericordia. Le abbiamo volute anche in memoria del diacono Camille, ucciso nel marzo 2013 dalle schegge di un colpo di mortaio mentre si trovava vicino a una chiesa. Dopo quell’evento ho detto ai sacerdoti che, se volevano, potevano lasciare la città. Ma tutti mi hanno risposto: se tu resti, restiamo anche noi. La nostra missione sotto le bombe continua ed è segno di una fede martirizzata che si rifiuta di morire».

giovedì 10 marzo 2016

Siria. Colloqui pace, si entra nel vivo il 14 marzo

I curdi accusano l' opposizione siriana di bombardare con dei prodotti chimici, del gas fosforo, un quartiere di Aleppo a prevalenza curdo, Sheikh Maqsood, che ha avuto 160 morti  tra cui donne e dei bambini, negli ultimi 3 giorni
https://www.rt.com/news/335069-kurds-turkey-syria-rebels-sarin/

Radio Vaticana, 8 marzo 2016

Il parere di Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – L’elemento di novità è l’accordo tra Stati Uniti e Russia. Gli Stati Uniti hanno capito che la questione siriana non può essere risolta solamente dal cosiddetto “campo occidentale”, alleato all’area sunnita, ma che è necessario porsi come obiettivo una via di uscita della crisi siriana che includa tutte le componenti interne del Paese, tutti i "player regionali" e internazionali e che non sia la vittoria di una parte sull’altra. L’altro elemento è che non si è più posta come pregiudiziale la fuoriuscita di Assad. Sul terreno, oggi Assad è più forte, grazie all’intervento della Russia e degli Hezbollah e quindi dell’Iran, e dunque c’è uno stato di fatto che fa sì che la transizione sia una transizione realistica.
D. – La tregua sul terreno è comunque traballante, la situazione umanitaria rimane critica… Ecco, una situazione così ancora instabile non inficia la diplomazia che deve andare avanti? Sarà solo un piccolo tassello questo appuntamento? E’ normale che sia cosi?       R. – Credo proprio che sia normale, entro certi limiti, che sia così. Noi dobbiamo capire che si esce da anni di massacri terribili e quindi non possiamo pensare che questa "exit strategy" sia una cosa facile. Ci sono grandi odi e grandi fossati da colmare. E c’è il fatto che continua la guerra con l’Is e con le formazioni legate ad a-Qaeda, come al-Nusra. Quindi questi qui, tra le altre cose, possono utilizzare la tregua in atto con le altre componenti e con Assad per cercare di espandere la propria pressione, come è avvenuto con le esplosioni a Baghdad e altrove che sono state rivendicate da Is. Quindi, evidentemente cercano di giocare il loro ruolo in questo momento in cui le armi degli altri tacciono o dovrebbero tacere. Quindi, la situazione è molto complicata e tuttavia l’elemento di svolta è che si è passati da una visione in cui si doveva appoggiare l’insurrezione per sconfiggere il tiranno – l’unica cosa poteva essere la vittoria degli uni e la sconfitta degli altri – a una visione che veda un governo che includa tutte queste componenti, che dia garanzia a tutte queste componenti. Altrimenti non se ne esce, perché ognuna di queste componenti sa che la vittoria dell’altro significa la sua morte e quindi diventa una guerra senza fine. Certo, ci sono resistenze e ognuno tira dalla sua parte, ma credo che sia un passo fondamentale che consenta di andare da un lato a questo discorso di transizione e, dall’altro, a una lotta contro questa sacca dell’Is e delle formazioni legate al-Qaeda, che a questo punto risultano abbastanza isolate.
D. – Lei come giudica il lavoro dell’Onu in questa circostanza e il lavoro di Staffan De Mistura?       R. – E’ stato un lavoro paziente, certamente encomiabile. Devo dire che su questo ha giocato un ruolo estremamente positivo Federica Mogherini, che non si accodata alle posizioni più oltranziste, che ha facilitato ad esempio l’accordo fra Russia e Stati Uniti sulla questione delle armi chimiche. Credo sia prevalsa una visione che non si può far precedere le armi a quello che è l’obiettivo politico che si vuole conseguire: il processo deve essere l’inverso.