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domenica 20 marzo 2016

I Vescovi siriani: lavorare per una pace vera, non falsa diplomazia

icona dei misteri della Settimana Santa

Mons. AUDO:  la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.

Radio Vaticana, 18 marzo 16

R. – Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello internazionale, anche se non so a quale risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua, di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’ nuova e anche questo dà speranza alla gente.

D. – Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa tendenza?
R. – È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per partire.

D. – Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche a Bruxelles?
R. – Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di tutto per allontanarle dalla Siria.

D. – Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro: “genocidio”…
R. – Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti. C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione politica. Ma se  in Siria non c’è soluzione politica, di nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo per le minoranze soprattutto per i cristiani.

D. – Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R. – Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non c’è soluzione. Questo è il problema.



Vescovo Hindo:  la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”

Agenzia Fides 18/3/2016

Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i propri interessi”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio” alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri gruppi minoritari. 
A mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh – ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede e per ciò che opera”.

Secondo l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa, c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come 'ribelli moderati...'”
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani. Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza nella regione”. 

Secondo l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.

lunedì 7 giugno 2021

In Memoria di un servo fedele e giusto, mons Jacob Behnan Hindo, vescovo emerito di Hassake


Con affetto e gratitudine OraProSiria accompagna nella preghiera l'ultimo viaggio del Vescovo della Chiesa siro-cattolica Mons. Behnan Hindo, chiedendo alla Sua anima buona e fedele di intercedere per ottenere all'amata Siria il miracolo della tanto agognata pace. 

Sono numerose le sue coraggiose testimonianze circa la situazione dei Cristiani nella Regione del Jazira ora occupata dalle forze Curde. Ne potete trovare alcune raccolte qui  sul nostro sito.

Riportiamo a sintesi la frase che mons Hindo pronunciò in uno degli ultimi incontri pubblici in Italia:

"Il nostro futuro? Proprio come il nostro passato: un cammino verso il martirio. È stato così per quattordici secoli, sarà così anche il prossimo. Non c'è niente di nuovo per noi. Noi lo sappiamo. Noi portiamo la croce. Con questa Croce, vinceremo". 

Ci è caro ricordare le ultime parole che gli scrisse uno dei suoi figli spirituali, Padre François di Gesù Bambino Murad , di cui ricorderemo il martirio, avvenuto per mano dei cosiddetti 'ribelli liberi' il giorno 23 giugno 2013 a Ghassanie:

«Monsignore," Barekh Mor " (espressione siriaca in uso che significa" Benedici, o Signore "). Gli avvenimenti precipitano e penso che siamo entrati in una fase decisiva della nostra lotta. Dopo aver bruciato la chiesa greca (bizantina) e distrutto il santuario mariano dei Latini, hanno saccheggiato tutto e distrutto il mio convento e quello dei protestanti. Hanno fracassato e bruciato tutti i simboli religiosi del villaggio e imbrattato con bestemmie contro la nostra religione. Cercano di sopprimerci, ma qualsiasi cosa facciano, non potranno nulla contro la nostra fede fondata sulla Roccia di Cristo . Voglia Dio che Egli ci conceda la grazia di provare l'autenticità del nostro amore per Lui e per gli altri. Siate certi che io offro la mia vita con tutto il cuore per il bene della Chiesa e la pace nel mondo e soprattutto nella nostra amata Siria. Preghi per me. ".

lunedì 11 febbraio 2013

UN PAESE SULLA CROCE

Nuove proteste dei cristiani contro la piaga dei rapimenti

Sequestrati due Sacerdoti di Aleppo


Notizia giunta l' 11 febbraio : "On vient d'apprendre l'enlevement de 2 pretres a Alep : P. Michel Kayyal et P. Maher Mahfoud. Prions pour leur liberation"

da Aleppo:
"La connessione a Internet per qualche  momento è tornata, ma negli ultimi 3 giorni Aleppo è senza elettricità e ci aspettiamo che ciò persista a causa dei combattimenti che infuriano tra l'esercito siriano "Libero", che tenta di occupare la parte orientale della città e l'esercito arabo siriano che difende la posizione in quanto è in questa zona che sono situate la centrale e le fabbriche sotto il Ministero della Difesa.
Ieri, due sacerdoti che si dirigevano da Aleppo a Beirut sono stati sequestrati da elementi di al-Forsat- Nosra. Sono i Sacerdoti Michel Kayyal, cattolico di rito armeno, e Maher Mahfouz, di rito greco ortodosso. Un terzo sacerdote salesiano, Padre Charbel è stato rilasciato.
Le famiglie dei due sacerdoti sono ancora senza notizie, i rapitori non hanno preso contatto.
Sembra che siano le irriducibili fazioni dissidenti di al-Forsat Nosra che sono all'origine del rapimento, l'intenzione sarebbe quella di ammazzarli.
Stiamo lanciando un SOS a tutte le anime di buona volontà perché spieghino intorno a loro che sostenere i ribelli è un errore. Nulla di buono può uscire da questa cosiddetta sanguinosa ribellione in corso in Siria.
Più in generale, la situazione in città è molto tesa. Scontri si verificano in tutto il quartiere cristiano siriano al-Jadideh nel centro storico e in quello ad Est. L'esercito siriano ha inviato 20.000 uomini per liberare la regione. Queste lotte non impediranno ai rifugiati dalle città di Raqqa e Tabqa di venire a cercare "scampo" in Aleppo.
Pregate per noi"


Cari amici
Ieri hanno rapito  uno dei giovani che vengono a Messa tutti i giorni alla cattedrale. Vi chiediamo di ricordarlo nelle vostre preghiere.
Grazie.
Missionari in Aleppo-Siria






Hassakè - Agenzia Fides 4/2/2013

Nella provincia di Jazira, nell'alta Mesopotamia siriana, l'aumento esponenziale dei rapimenti – effetto collaterale del conflitto siriano – continua a flagellare le popolazioni civili anche nelle aree non interessate dagli scontri tra ribelli e esercito governativo. L'ultimo rapito in ordine di tempo è un farmacista cristiano sequestrato domenica, per il quale è stato richiesto un ricatto di un milione di lire siriane (quasi 11mila euro). “Per i banditi di tutte le specie – riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi – questo è un momento buono per fare i soldi”.
Venerdì scorso, decine di cristiani hanno improvvisato un blocco stradale bruciando copertoni a un incrocio della città di Hassaké per protestare contro il rapimento lampo del rettore dell'Università statale di Al-Furat, il cristiano Jack Mardini, sequestrato in pieno giorno da sicari armati e liberato dopo due ore. Nel suo caso, dietro il rapimento non c'era un tentativo di estorsione, ma questioni legate al funzionamento dell'Ateneo. Sintomo che ormai si ricorre alla prassi criminale dei sequestri per risolvere col sopruso i conflitti d'interesse personali e sociali.
Nelle ultime settimane, nella sola città di Hassaké ci sono stati una cinquantina di rapimenti, e quasi la metà sono avvenuti a danno di cristiani. “Molti di loro sono medici, avvocati e professionisti – nota mons. Hindo – ma ormai cominciano a rapire anche i poveri”. Nondimeno, l'Arcivescovo siro-cattolico smentisce che la pratica dei sequestri abbia i cristiani come target privilegiato: “Negli ultimi giorni – racconta mons. Hindo – alcuni sequestrati musulmani hanno cercato di richiamare i rapitori al senso di pietà, raccontando del pellegrinaggio compiuto alla Mecca. I banditi, per tutta risposta, hanno cominciato a bestemmiare il nome di Allah e a maledire il Profeta Mohammad, dicendo che il loro unico interesse è il denaro”.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40927&lan=ita

mercoledì 24 luglio 2013

"Io offro la mia vita di tutto cuore per la pace"

Rivelazioni sull'offerta di Padre François de l'Enfant Jésus Mourad



da Zenit.org 



Una e-mail del 13 luglio, di cui si tace la fonte  per non metterla  in pericolo, ci ha inviato queste luci sul martirio di Padre Francesco Mourad, accaduto in Siria, a Ghassanié, domenica 23 giugno, all'età di 49 anni.



Il P. Francesco, dopo diversi tentativi di vita religiosa e monastica ( tra altri presso i Francescani e la Trappa di  Latroun, in  Libano)  aveva fondato, sotto l'obbedienza del vescovo siro cattolico di Hassaké Monsignor Behnam Hindo, un monastero a San Simeone Stilita. La costruzione aveva da poco avuto inizio quando ha dovuto lasciare il luogo  per precauzione. Ha ricominciato più  tardi, ma con lo stesso risultato dopo pochi mesi. Alla fine ha costruito un monastero vicino a Ghassanié, a nord ovest di Aleppo, vicino al confine turco. Questo monastero è stato inaugurato nel mese di agosto 2010.
Pochi mesi fa, questo monastero è stato  invaso e saccheggiato dall'esercito libero che ha preso tutto - perfino le porte - e devastato. Il P. Francesco allora si è rifugiato alla Parrocchia latina di Ghassanié tenuta dai Francescani.
Padre Francesco amava molto – oltre alla Santa piccola Therese - Fr Charles de Foucauld: ha vissuto la stessa situazione di solitudine e di fallimento, ed è morto come lui, di una morte violenta.
La sua povera madre è crollata. Aveva già perso un figlio e una figlia e un nipote morto di cancro circa un anno fa.

I suoi  ultimi  SMS

Regolarmente, Padre Francesco inviava messaggi a delle religiose per le quali a volte andava a dire messa. Ecco l'ultimo, del 1 ° giugno 2013, l'inizio del mese del Sacro Cuore:
"Care Sorelle, quando comprendiamo l'ampiezza e la preziosità che rappresenta l'amore nella nostra vita consacrata all’Amore stesso, ci è facile comprendere la profondità e il mistero della sofferenza che ci porta a sua volta  alla comprensione del Cristo Crocifisso. Egli  ci ha insegnato che l'amore ha un sinonimo chiamato sofferenza. Padre François di Gesù Bambino Mourad ".

Scoppi di voci  e colpi da fuoco

Ecco la testimonianza  che le  Suore del Rosario, che custodiscono la  Parrocchia  di Ghassanié dopo che la loro scuola è stata saccheggiata, hanno  dato della sua morte, durante la Messa celebrata il 25 giugno nella cattedrale siro-cattolica di Aleppo  per il defunto Fra Francesco.

Le Sorelle hanno udito grida e colpi di arma da fuoco. Sembra che gli aggressori avessero chiesto qualcosa a Padre Francesco. Quest'ultimo ha rifiutato, lo hanno ucciso. Erano già entrati in canonica ieri, l’avevano minacciato poi  se ne erano andati. Molte cose non sono chiare in questo dramma. Tutto non può probabilmente essere detto. Ma quel che è certo è che P. Francesco di Gesù Bambino è morto martire, nel pieno senso cristiano della parola.

Ecco alcuni estratti da lettere che P. Francesco aveva inviato nei mesi scorsi all'arcivescovo Behnan Hindo, vescovo siro cattolico di Hassaké (il Vescovo Hindo aveva sotto la propria giurisdizione il monastero di San Simeone fondato da Padre Francesco). Esse mostrano che il Padre era consapevole del pericolo, ma che egli "offriva  la sua vita con tutto il cuore per la Pace." Queste lettere sono state comunicate in una emissione del canale della TV cattolica libanese, Téle-Lumière.
"La testimonianza di Padre Francesco si riassume in queste parole:" Io offro la mia vita con gioia " e il Padre ha accolto  il suo martirio nel suo monastero di S. Simeone Stilita a Ghassanié domenica 23 giugno,  in condizioni barbariche e oscure, per mano di un gruppo estremista islamico.

Le lettere dell’offerta

Prima lettera del 18 giugno 2012:  "Monsignore," Barekh Mor "(espressione siriaca in uso  che significa" Benedici, o Signore "), siamo in pericolo.  Non possiamo né lasciare il villaggio nè  entrarvi. Hanno attaccato  chiese e insegne religiose. Ogni giorno uno di noi scompare.  Non so quando verrà il mio momento.  Comunque, io sono pronto a morire; e che la mia Chiesa  ricordi  che ho offerto  la mia vita con gioia per ogni cristiano di  questo amato Paese. Pregate per me. "

Lettera del 20 febbraio 2013:. «Monsignore," Barekh Mor ".  Gli avvenimenti precipitano  e penso che siamo entrati in una fase decisiva della nostra lotta.  Dopo aver bruciato la chiesa greca (bizantina) e distrutto il santuario mariano dei Latini, hanno saccheggiato tutto e distrutto il mio convento e quello dei protestanti. Hanno fracassato e bruciato tutti i simboli religiosi del villaggio e imbrattato con bestemmie contro la nostra religione. Cercano di sopprimerci, ma qualsiasi cosa facciano, non  potranno nulla contro la nostra fede fondata  sulla Roccia di Cristo . Voglia  Dio che Egli ci conceda la grazia di provare l'autenticità del nostro amore per Lui e per gli altri. Siate certi che io  offro la mia vita con tutto il cuore per il bene della Chiesa e la pace nel mondo e soprattutto nella nostra amata Siria ".

Lettera del 17 marzo 2013: «Monsignore," Barekh Mor ". I giorni passano lentamente e ogni giorno è più scuro rispetto al precedente.  Si avvicina il tempo in cui dovremo cercare un luogo di rifugio contro i bombardamenti.  Di notte, cerchiamo di rimanere  svegli per paura di coloro per i quali tutto ciò che porta il nome di Cristiano  è un anatema. Eppure, nonostante tutte queste tenebre, io percepisco la presenza misteriosa del sole. Tutto ciò che io spero da Dio  è che la Sua Presenza sia vittoriosa sulle tenebre che fan sì che siamo arrivati ​​a questo. Preghi  per noi ".


Padre Francesco di Gesù Bambino è nato nel 1964 , da  Antoine Mourad, e Muna Salloum. Ha avuto cinque sorelle e un fratello che morì giovane. È stato ordinato diacono il 17 gennaio 1999 e sacerdote il 30 maggio 1999. Ha presentato la "Regola dei Fratelli di San Simeone Stilita" il 1 ° settembre 1998. Il 27 agosto 2010 è stato inaugurato il monastero di San Simeone Stilita a Ghassanié.


Dalle Cronache del Monastero della TRAPPA di LATROUN


Come molte persone, e davvero tanta gente, abbiamo appreso con grande dolore dell'assassinio di Padre Francesco MOURAD. Il suo martirio avvenne domenica  23 giugno in  Ghassanieh nel convento francescano, dove era fuggito per l’ intensificazione delle ostilità. Padre Francesco non è estraneo  a Latrun, tutt'altro. Di famiglia cattolica armena araba, è nato a Banias (Siria) il 19 marzo 1964, con il nome di Jabra o Gaby. Egli venne in  Libano, entrò in contatto con i Trappisti, entrò a Latrun il 7 Maggio 1987, è diventato un novizio con il nome di Francesco, ha lasciato il monastero il 15 febbraio 1988. Entrò nel noviziato francescano  e vi fece la professione temporanea. Uscì e tornò a Latrun il 16 gennaio 1992 quindi, dopo un anno di noviziato, ha emesso i voti semplici il 2 febbraio 1994. Ci ha lasciato il  28 Ottobre 1994. Fu ordinato sacerdote dal vescovo siro cattolico di Hassaké e fondò un monastero a nord-ovest di Aleppo; ha sempre  mantenuto legami forti con i Francescani. Nell'agosto del 1999 egli scrisse all’ Abate Dom Paolo di Latrun: "Tu sai che io non dimentico Latrun, perché è lì che la  mia vocazione si è radicata. Se ho avuto la grazia dell'ordinazione sacerdotale è anche grazie alle preghiere della comunità di Latrun. Ogni volta che celebro  la Messa io offro anche per  Latrun .... Mi affido alla preghiera dei fratelli di Latrun con tutti i miei fratelli. P. Francesco di Gesù Bambino ".
Dato il deterioramento della situazione si rifugiò nel convento francescano di  Ghassanié. E’ diventato sempre più consapevole  del pericolo e lui diceva di essere pronto ad offrire la sua vita, come ha detto in tre lettere al vescovo Hindo:  "... Che la mia Chiesa ricordi che ho dato la mia vita con  gioia per ogni Cristiano di questo caro paese "(كل يوم يختفي واحد منا, ولا ادري متى يأتي دوري. في كل الأحوال أنا نستعد للموت, ولتتذكر كنيستي انني قدمت حياتي بفرح من أجل كل مسيحي في هذا البلد الحبيب .... صلوا من أجلنا. () إنني سأقدم حياتي بكل طيب خاطر من أجل الكنيسة والسلام في العالم, وخصوصا من أجل بلدنا الحبيب سوريا "). 

Queste parole non sembrerebbero l’ eco del testamento di  Christian de Chergé ?

giovedì 9 gennaio 2014

Ginevra 2 nelle attese dei Vescovi siriani

Il Patriarca Ignatius Joseph III Younan: L'Occidente deve agire per proteggerci ...

evitare il "politicamente corretto" e valorizzare il contributo del cristianesimo alla libertà.

Damasco,  (Zenit.org



All'inizio di dicembre , i parlamentari britannici hanno parlato appassionatamente della mancanza di preoccupazione esibita dal Foreign Office verso i cristiani perseguitati . Erano , ovviamente , in diritto di esprimere le loro preoccupazioni e sono profondamente grato che lo abbiano fatto . 
Ma i governi occidentali devono andare oltre le parole . Hanno bisogno di agire. Sempre più spesso, varie parti della regione del Medio Oriente stanno diventando "no go zone " per i cristiani . Nonostante il contributo incommensurabile del cristianesimo alla civiltà nella regione negli ultimi due millenni - non ultimo in termini di libertà religiosa - non è esagerato dire che l'estremismo islamico sta facendo del suo meglio per cacciarci fuori . Ma dove è l'indignazione in Occidente - la regione una volta bastione della libertà religiosa grazie alla sua eredità cristiana ? Dove è l'azione politica ? I fondatori delle Nazioni Unite hanno in mente che l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sarebbe stata palesemente ignorata da tanti paesi, popoli e comunità in nome della supremazia di una religione ?: " Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione", afferma l'articolo . ". Tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo , e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche , nel culto e nell'osservanza dei riti."
Eppure molti governi occidentali ora non solo non ne tengono conto , ma anche stanno sostenendo attivamente alcuni di coloro per i quali questi principi sono anatema . Come possono le cosiddette 'nazioni amanti della  democrazia' - le nazioni più influenti nella scena internazionale - chiudere gli occhi verso le nazioni che discriminano, contro la libertà religiosa e la libertà di coscienza in nome di un amalgama di religione e stato , come praticato dagli estremisti islamici ? Come possono essere in grado di convincere i loro elettori della loro onestà quando stringono alleanze con i Paesi che ancora vietano ad altre fedi di esistere sul loro territorio ?

È vero, la discriminazione e la persecuzione contro i cristiani da parte delle nazioni a maggioranza musulmana non è nuova . Per quattordici secoli questa ha avuto luogo , portando alla cancellazione quasi totale del Cristianesimo in Nord Africa . Ma questo pericolo di estinzione sta diventando oggi fin troppo evidente in Medio Oriente . Come il mio fratello Patriarca Louis Sako di Baghdad ha detto in una conferenza sul cristianesimo e la libertà , organizzata dal Religious Freedom Project della Georgetown University a Roma, 850.000 cristiani iracheni hanno lasciato il loro paese dal 2003 , portando ad una perdita immensa per coloro che vi dimorano come pure per la cultura e la politica irachena. 
E questo è tanto più tragico perché il cristianesimo ha le sue radici in Medio Oriente e Nord Africa . I Cristiani erano la maggioranza e hanno formato la cultura dominante in Palestina , Siria, Libano , Iraq, Egitto , e gran parte del Nord Africa prima dell'arrivo dell'Islam . Per di più , essi hanno contribuito a promuovere la libertà e lo Stato di diritto . Come la conferenza di Georgetown ha sottolineato , alla fine del secondo e l'inizio del 3 ° secolo , il  padre della chiesa nordafricana Tertulliano divenne il primo pensatore nella storia ad usare la frase " libertà religiosa ". Inoltre, egli fu il primo a sostenere che la libertà religiosa è un diritto umano appartenente a tutte le persone senza distinzione di fede . Nel 4 °secolo , il padre della chiesa orientale  Gregorio di Nissa , con sede in quella che è oggi la Turchia , divenne la prima persona ad essersi mai opposta contro l'istituzione della schiavitù come fondamentalmente ingiusta .

La stessa visione radicale della libertà che ha ispirato Tertulliano e Gregorio conduce i cristiani in Egitto , Iraq e altri paesi del Medio Oriente oggi a lottare per la politica di inclusione e di libertà religiosa per tutte le persone - cristiani, musulmani , ebrei e perfino gli atei . Oggi , molti musulmani non conoscono , o non danno valore, all'importanza del cristianesimo nella promozione del pluralismo politico , la libertà religiosa, e la democrazia . Ma il peggio è che  i governi occidentali si rifiutano di sostenere o riconoscere questi fatti e agire su di essi - un approccio che non solo convalida questa ignoranza, ma dà soccorso agli estremisti islamici che vogliono cacciarci .

Per noi cristiani in Medio Oriente , questo approccio e le politiche dei paesi occidentali in generale appaiono come poco più di un tradimento . Come tante nazioni a maggioranza musulmana , voi sembrate essere tragicamente ignoranti delle vostre ricche radici e del patrimonio 
cristiano . E questo non è semplicemente una benevola ignoranza : ha le sue conseguenze , quelle che noi in Medio Oriente siamo costretti a soffrire .

Faccio appello a tutte le persone di buona volontà in Occidente perchè evitino la "correttezza politica" . Porre fine all' opportunismo economico che ha portato distruzione nei paesi della nostra amata regione . Resistere all'oppressione delle popolazioni che amano la libertà in tutti i luoghi . Agire per sostenere le libertà che voi stessi godete , e che hanno il loro fondamento nella nostra eredità cristiana .
  Siamo grati per la vostra simpatia e la preghiera , ma abbiamo anche bisogno di azione da parte delle nostre sorelle e fratelli in Cristo, occidentali.

(Sua Beatitudine Ignazio Ephrem Joseph III Younan è Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei siriani per la Chiesa siro cattolica)



Il Vescovo caldeo di Aleppo: “Al Ginevra 2 si prenda atto che la Siria non è la Libia”



Agenzia Fides 4/1/2014


Aleppo  - “I partecipanti alla Conferenza di Ginevra due dovranno partire rispettando i connotati propri della Nazione siriana”. Così il Vescovo di Aleppo dei Caldei Antoine Audo descrive l'unico approccio che può assicurare risultati concreti alla prossima Conferenza internazionale di Pace sulla Siria in programma a Montreux, in Svizzera, il prossimo 22 gennaio.

 “Noi riteniamo che si deve rispettare il Paese con i suoi problemi, sostenerlo nel suo cammino progressivo verso la giustizia e la libertà” aggiunge il Vescovo caldeo “piuttosto che approfittare delle sue debolezze per tentare di annientarlo. Come uomini di Chiesa, è questa la prospettiva con cui guardiamo al presente e al futuro della Siria. E ci chiediamo a cosa e a chi serve il tentativo di distruggere un Paese che era stabile e custodiva anche tesori di civiltà. Forse qualcuno pensava che la Siria fosse come la Libia, che fosse facile cambiare il regime dall'esterno, magari per interessi economici. Come si è visto, si trattava di congetture fallaci”.
Il Vescovo Audo esprime riconoscenza “per quello che sta facendo Papa Francesco in favore della pace. Ho saputo che nei prossimi giorni ci sarà in Vaticano una giornata di studio sulla tragedia del popolo siriano. Anche da lì verranno elementi di riflessione che potranno essere utili alla Conferenza di Ginevra 2”. 



Ginevra II deve porre fine alla fornitura di armi e al finanziamento delle parti in lotta

«L’opinione pubblica occidentale è ostaggio dei mezzi di comunicazione, ma i media non comprendono quanto accade realmente in Siria e Medio Oriente. Non vi è alcuna primavera araba e quella che s’intende istaurare è una teocrazia».

Parole dure rilasciate ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da monsignor Issam John Darwish, arcivescovo melchita di Furzol, Zahle e Bekaa in Libano.

Il presule siriano ritiene il mondo arabo non ancora maturo per una forma di governo che implichi la separazione tra religione e stato. «Si tratta di una scissione ancora impensabile per molti musulmani. L’Occidente non può dunque esportare nella regione il proprio concetto di democrazia, ma deve lasciare che il Medio Oriente trovi il proprio». Per il momento le rivolte del mondo arabo hanno mostrato tutti i loro limiti, come accaduto in Egitto con il governo dei fratelli musulmani. «Jihadisti da tutto il mondo – ha aggiunto – si stanno riversando in Medioriente. È sufficiente pensare alle tante fazioni radicali che operano in Siria e che hanno soppiantato l’opposizione moderata».

Mentre si avvicina la data fissata per Ginevra II, monsignor Darwish si augura che la conferenza internazionale di pace sancisca la fine della fornitura di armi e del finanziamento alle parti in lotta. «Innanzitutto governo e opposizione devono essere indotti a riconciliarsi e ad accordarsi sulle riforme condivise da tutti i siriani. Ad esempio: garantire ai cristiani convertiti la libertà di registrarsi come tali».
 L’arcivescovo non immagina quale potrà essere il futuro di Assad, né chi potrebbe sostituirlo alla guida del paese. «La nostra unica grande paura è che i fondamentalisti possano conquistare il potere e imporre la propria ideologia. Uno scenario temuto da tutti i siriani».

Intanto i cristiani continuano ad abbandonare la Siria. Oltre 2mila famiglie hanno trovato rifugio in Libano e la città di Zahle – che con i suoi 200mila fedeli è il maggior centro cristiano del paese – ne ha accolte più 800. È difficile stimare il numero esatto di rifugiati cristiani poiché molti di loro non vivono nei campi profughi, ma sono ospiti di parenti o amici. «Ciò non significa che stiano bene – spiega il presule – La quasi totalità non ha di che vivere ed è emotivamente distrutta». Molti di loro provengono dalla città di Homs ed alcuni raccontano d’essere stati svegliati dai jihadisti nel cuore della notte e d’essere stati obbligati a lasciare la propria casa, senza poter portare nulla con sé.

Per paura di ritorsioni, spesso i cristiani evitano di registrarsi come rifugiati presso le Nazioni Unite. L’iscrizione al registro dell’Unhcr comporta infatti la redazione di una scheda comprensiva di foto ed impronte digitali, e in molti temono che i dati personali possano finire in mani sbagliate. La mancata registrazione li priva di molti benefici, tra cui l’assistenza medica.
«Non credo che debbano preoccuparsi e noi cerchiamo in tutti i modi di convincerli. Ma i nostri fedeli si fidano esclusivamente della Chiesa».

Nel 2013 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto i progetti in favore degli sfollati interni e dei rifugiati siriani in Giordania, Libano e Turchia per un totale di 2milioni e 200mila euro. Tutti gli aiuti sono stati distribuiti attraverso la Caritas e la Chiesa locale.

Roma, 3 gennaio 2014

http://acs-italia.org/notizie-dal-mondo/ginevra-ii-deve-porre-fine-alla-fornitura-di-armi-e-al-finanziamento-delle-parti-in-lotta/#.UsgKgkaA05t



L'Arcivescovo Hindo: Ginevra 2 non trasformi la Siria in uno Stato islamista


Agenzia Fides 8/1/2014


Hassakè  – I cristiani di Siria “sperano che la Conferenza di Ginevra 2 apra per la Siria prospettive di democrazia, libertà e uguaglianza. Ma proprio per questo sono contrari a ogni deriva islamista che pretenda di imporre anche in Siria la Sharia come sorgente della giurisdizione corrente, riducendo la comunità cristiana al rango di “minoranza protetta”. 

Lo spiega a chiare lettere all'Agenzia Fides l'Arcivescovo siro cattolico Jacques Behnan Hindo, titolare della eparchia di Hassakè-Nisibi. “I cristiani” spiega l'Arcivescovo “saranno contenti se la cosidetta rivoluzione aprirà il cammino alla democrazia e alla libertà. Ma adesso anche i gruppi d'opposizione legati al Free Syrian Army – che pure vengono presentati come moderati rispetto alle formazioni jihadiste – si sono riuniti sotto la bandiera islamista, e dicono che nella nuova Siria dovrà essere applicata la Sharia, perchè così vuole la maggioranza. Questa è una prospettiva che i cristiani non possono accettare”.

A giudizio di monsignor Hindo, “Gli Usa, l'Arabia saudita, la Turchia favoriscono o accettano che si ripeta in Siria quello che è successo in Egitto, e abbiamo visto come è andata a finire”. Anche molti islamisti siriani sono legati alle posizioni dei Fratelli Musulmani. 
Ma i cristiani secondo l'Arcivescovo siro cattolico non possono accettare questa involuzione, che li ridurrebbe nel ghetto delle minoranze tollerate e rappresenterebbe anche uno stravolgimento del percorso storico della nazione. “In Siria” insiste mons. Hindo “i cristiani sono sempre stati parte integrante della Patria comune, cittadini a pieno titolo, e non 'minoranza'. Dopo il protettorato francese, i siriani avevano scelto un sistema laico e democratico, prima che iniziasse il regime imposto dal partito Baath”.
A chi si ostina a dire che i cristiani sono schierati con il regime di Assad, l'Arcivescovo Hindo risponde con determinazione: “All'inizio le manifestazioni contro il governo chiedevano libertà, democrazia, fine della corruzione. Poi sono venuti da fuori a rubarci la rivoluzione. Il popolo siriano non vuole la barbarie e la tirannia travestite con parole religiose. E tra due mali, è umano scegliere sempre il minore”. 


LA PRIMAVERA ARABA CHE NON C'E' MAI STATA


Lo sguardo di un  Vescovo del Libano sulla conferenza di pace siriana:  "Non c'è spinta per la democrazia : è una spinta per la teocrazia" ... 

New York, (Zenit.org)

giovedì 16 maggio 2013

Le “tangenti per la rivoluzione” delle milizie anti-Assad




Agenzia Fides , 16/5/2013

Hassakè  – “Le milizie del Free Syrian Army e i gruppi jahidisti fanno pagare pesanti pedaggi a tutti i mezzi provenienti dalle aree di Damasco e di Aleppo che trasportano merci. Dicono che quei soldi servono per comprare le armi, sono come 'tangenti per la rivoluzione'. Per questo adesso i prezzi dei viveri nelle nostre città e nei nostri villaggi sono quasi decuplicati”.

Così riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi, nella provincia mesopotamica di Jazira. Nella regione – che comprende i centri urbani di Hassakè e Kamishly – il confronto militare tra esercito governativo e milizie anti-Assad vive una fase di stallo. Ma le aree circostanti sono controllate dai gruppi dell'opposizione, e le vie di comunicazione verso Aleppo e Damasco sono interrotte.
 “Al momento, anche qui la piaga dei rapimenti è quella che causa più sofferenza per tante famiglie. Negli ultimi mesi tra Hassakè e Kamishly ci sono stati più di cento rapimenti. Ad un certo punto io stesso ho smesso di tenere il conto. Molti dei rapiti sono ancora nelle mani dei sequestratori” racconta preoccupato a Fides Mons. Hindo.

Nonostante tutto, l’Arcivescovo mantiene viva qualche speranza nelle recenti iniziative internazionali, messe in campo per tentare una soluzione politica del conflitto siriano: “Adesso – dichiara a Fides – tutti mettono sul tavolo pretese esagerate. Mi auguro che col tempo si trovi la via del compromesso. Una soluzione può arrivare solo se gli agenti internazionali, a partire dagli Stati Uniti e dalla Russia, sapranno mettere tra parentesi i rispettivi interessi e terranno conto delle attese e delle sofferenze reali vissuti dal nostro popolo”.

http://www.fides.org/it/news/41528-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Hindo_le_tangenti_per_la_rivoluzione_delle_milizie_anti_Assad#.UZTrSm1H45s

Il Vescovo Audo: “I sequestri sono una piaga: lo scopo è il denaro”


Agenzia Fides - 24/4/2013

Aleppo – Più che la religione, il motivo è il denaro. In un colloquio con Fides, il Vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo, sostiene che “la piaga dei sequestri”, che affligge la nazione, ha come fine soprattutto “la ricerca di denaro da parte di bande armate”, disseminate sul territorio. Una spina in più, che inquina il quadro eterogeneo delle forze in campo: per molti il conflitto siriano è, dunque, un “buon affare”, che ha riguardato almeno 2.000 casi di sequestri a scopo di estorsione.

Il Vescovo Audo racconta a Fides: “Un cristiano armeno, George, rapito per tre settimane, mentre andava da Damasco ad Aleppo, e liberato dopo il versamento di un riscatto di 15mila dollari mi ha detto che l'emiro del gruppo voleva solo soldi, non badava a ideologia o religione. In un altro caso, un sacerdote rapito nel Sud, p. Hasan, è stato liberato dopo 11 giorni, quando i parenti hanno raccolto, a fatica, 100mila dollari. Prima di essere rilasciato ha detto agli aguzzini: ‘Vi perdono tutti e, se ho fatto qualcosa di male, vi chiedo perdono’. A quel punto l'emiro - cioè il capo del gruppo - ha iniziato a bestemmiare Allah. Dunque questi stessi gruppi islamici non sono sinceri, sono fanatici che usano la religione e hanno l’unico fine di fare denaro”.

Mons. Audo, che è presidente di Caritas Siria, non teme di essere rapito? “Non ho paura, sono prudente, uso la mia intelligenza. Non mi reco in zone troppo pericolose. E quando giro per i centri Caritas o visito i profughi, molti giovani mi accompagnano, di loro spontanea volontà , perché dicono che ‘tutto è cambiato’ e che vogliono proteggermi”.
Di fronte alla distruzione della Siria, si può cadere nello sconforto: “Sono da 25 anni Vescovo in Siria: abbiamo costruito chiese, centri di catechesi, centri pastorali…ora si ricomincia da zero. Siamo nella precarietà ma dobbiamo restare saldi. Solo la fede impedisce ai fedeli di ribellarsi a Dio. Ma ci chiediamo: quando avremo la pace?”.
“In Siria – prosegue il Vescovo – abbiamo un patrimonio di valori a difendere, soprattutto l’unità nella diversità di culture e religioni. Il conflitto non è settario o confessionale. Oggi c’è lutto e violenza. Anni fa c’era l'oppressione del popolo e la gente aveva una libertà solo di facciata. I valori che desideriamo sono libertà e democrazia, ma ci vuole il tempo per farli maturare, per educare la popolazione alle dinamiche democratiche e incentrare la vita sul concetto di cittadinanza. Dobbiamo uscire da tranello di vede l'altro o come ‘kafir’, cioè ‘infedele’, a livello religioso; oppure come ‘traditore’ a livello politico. Dobbiamo ribaltare questo approccio. La Chiesa indica la strada del Concilio Vaticano II che promuove ecumenismo, libertà religiosa, dialogo, il servire la verità nell’amore. Il mio desiderio più profondo è che la Siria non perda la fiducia”. 

martedì 24 febbraio 2015

Cristiani assiri attaccati, ostaggi dello Stato Islamico

'Hanno bruciato tutto'

Tel Hormuz historic church - AlHassaka

Agenzia Fides 24/2/2015

Alle prime ore di ieri, lunedì 23 febbraio, più di 40 pick-up con a bordo miliziani jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) hanno attaccato diversi villaggi cristiani assiri sul fiume Khabur, nella provincia siriana nordorientale di Jiazira. Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, mentre le chiese di alcuni villaggi sono state bruciate o danneggiate
 Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi. “I terroristi - riferisce l'Arcivescovo - hanno attaccato per primo il villaggio di Tel Tamar, poi hanno preso Tel Shamiran e tutti gli altri villaggi più piccoli, fino a Tel Hermuz, dove hanno dato fuoco a tutto. Sia a Tel Hormuz che a Tel Shamiran hanno preso decine di ostaggi, con l'intenzione forse di usarli per richiedere riscatti o per uno scambio di prigionieri. Ieri sera, alle 21,30, le milizie curde ci hanno detto di essere riuscite a riprendere Tel Hormuz, con l'ausilio dei battaglioni formati da cristiani siri. Ma non abbiamo ancora conferme di questo fatto”.
Secondo l'Arcivescovo Hindo, l'offensiva dei jihadisti ha messo in luce responsabilità e comportamenti deplorevoli da parte di diversi altri soggetti: “Voglio dire chiaramente - riferisce l'Arcivescovo - che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani di quelli del Daesh (acronico arabo con cui si indicano i miliziani dell'Is, ndr). Ieri i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l'area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perchè sono cristiani. Anche l'organismo per i rifugiati dell'Onu è latitante”. 



AED, 24 febbraio 2015


Un centinaio di cristiani assiri del nord-est della Siria sono in questo momento prigionieri dello Stato Islamico che ieri mattina 23 febbraio  ha preso d'assalto numerosi villaggi assiri, provocando l'esodo di centinaia di persone verso Hassakè.

Ieri, 23 febbraio, l'organizzazione SI ha attaccato i villaggi del nord-est della Siria, nella regione di Khabour del governatorato di Hassakè. L'archimandrita Emanuel Youkhana, leader dei cristiani assiri e responsabile del CAPNI (Christian Aid Program Northern Iraq) racconta a AED maggiori dettagli sull'avanzata di Daesh e la situazione dei cristiani sul posto:
« J’ai pu parler par téléphone à l’un des contacts de CAPNI  à  Hasseke qui préfère rester anonyme. Les combats ont commencés lundi très tôt le matin à 4h00 du matin (heure syrienne) quand Daech a ouvert un front de combat de 40km  de Tel Shamiram à Tel Hormizd (voir la carte).  Daech a profité de l’engagement militaire du PYD (Parti démocratique de l’union Kurde) sur d’autre front pour avancer. Particulièrement à la frontière Irako-syrienne. C’est pourquoi il y a eu moins de résistance pour combattre les djihadistes. »


La situazione dei cristiani è estremamente  difficile :
«  Le nombre de ces familles n’est pas définitif mais plus de 600 ont réussi à fuir. La majorité a trouvé refuge à Hasseke où les gens sont hébergés dans l’église. Mgr Mar Aprem Athniel, que j’ai eu au téléphone, témoigne que l’église et la salle communautaire sont remplies de tous ces réfugiés. »
Altri sono a Qamishly.

Purtroppo,  spiega l’archimandrita Youkhana, « plusieurs personnes ne sont pas parvenues à s’enfuir et ont été capturées par Daech, selon notre source : 50 à Tel shamiran, 26 à Tel Gouran, 28 à Tell Jeziea et 14 jeunes (12 garçons et 2 filles) qui défendaient Tel Hormiz. Daech les a rassemblé puis à mis à part les femmes et les enfants. »
L’Archimandrita aggiunge: « Connaissant les habitudes barbares et brutales de Daech avec ses prisonniers, l’avenir de ces personnes est pour nous une grande source de préoccupation
Milad, un jeune homme de 17 ans, a été martyrisé. »

Secondo l’archimandrita Youkhana, le chiese di Tel Hormez e di Tel Shamiran  sono state date alle fiamme, ed altri incendi sono stati segnalati.

Nella regione di Khabour si trovano  35 villaggi assiri.
 Questi villaggi furono creati dagli  Assiri che erano fuggiti dal massacro dell' agosto 1933 in Irak e che si sono istallati in Syria nella speranza di ritornare un giorno nella loro patria dell’Irak. Secondo l’archimandrita, « jusqu’à présent, ils n’utilisent jamais le terme « village » ou « ville » pour leurs colonies dans Khabour. Ils insistent pour dire « camps » pour refléter le fait qu’ils sont installés là temporairement jusqu’à ce qu’ils retournent en Irak ».

Per Marc Fromager, direttore di AED France : « Cela fait 80 ans que ces familles chrétiennes essaient de survivre à des massacres et visiblement, leur chemin de croix n’est pas terminé ! Combien de morts faudra-t-il encore avant que nous ne réagissions ? »

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-chretiens-assyriens-aux-prises-de-letat-islamique/

https://aidchurch.wordpress.com/2015/02/24/acn-press-release-syria-extremists-is-seize-christian-towns/




http://www.wca-ngo.org/humanrightsfiles/the-syria-crises/509-new-massive-assault-on-christian-villages-in-syria

martedì 3 febbraio 2015

Prosegue l'epurazione dei cristiani dai territori presi dallo Stato Islamico


Agenzia Fides 2/2/2015

Hassakè 
Le bande armate jihadiste dello Stato Islamico (IS) hanno fatto irruzione nel villaggio cristiano di Tel Hormuz, hanno saccheggiato la chiesa e imposto agli abitanti di rimuovere la croce dall'edificio sacro. Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi.
 “Venerdì scorso” racconta l'Arcivescovo ”due gruppi di miliziani armati dello Stato islamico sono scesi dalle montagne dove sono appostati e sono entrati nel villaggio, dove vivono ancora alcune dozzine di famiglie cristiane. I jihadisti hanno portato via oggetti preziosi dalla chiesa, e hanno intimato ai cristiani di rimuovere o nascondere le croci”.
L'episodio allunga la serie di attacchi e intimidazioni subiti dai villaggi cristiani situati nella regione attraversata dal fiume Khabur. “In quell'area” riferisce a Fides l'Arcivescovo Hindo “c'erano più di 30 villaggi cristiani, fondati negli anni Trenta del secolo scorso, che avevano accolto soprattutto i cristiani assiri e caldei provenienti dal nord dell'Iraq, che cercavano salvezza dai massacri perpetrati allora dall'esercito iracheno. Erano villaggi fiorenti, abitati ognuno da migliaia di persone, con chiese e comunità molto attive, che gestivano anche scuole e iniziative sociali. Ma dall'inizio della guerra si sono quasi tutti svuotati e alcuni di essi ormai appaiono come città fantasma. In uno di essi è rimasto un solo cristiano. In altri, gli abitanti sono ridotti a qualche decina. A Tel Hormuz rimane una delle comunità assire più consistenti. Ma adesso anche lì non superano i trecento, mentre un tempo erano più di quattromila. Gli altri sono tutti scappati all'estero. E molti di loro non torneranno più”. 


http://www.aina.org/news/20150131183427.htm


A Raqqa ancora 25 famiglie cristiane. Ribadito per loro l'obbligo di pagare la “tassa di protezione”

Raqqa (Agenzia Fides) – A Raqqa, la città della Siria settentrionale divenuta roccaforte dei jihadisti dello Stato Islamico (IS) dal 2014, risiedono soltanto 23 famiglie cristiane delle 1500 che vi abitavano prima che iniziasse il conflitto siriano. Su questo piccola comunità costituita da cristiani armeni, che non hanno potuto lasciare la città per mancanza di risorse o per motivi di età e di salute, la violenza del fanatismo islamista si abbatte anche con l'aspetto metodico delle prassi amministrativo- burocratiche: a loro sono stati recentemente comunicati i parametri della jizya, la “tassa di protezione” che dovranno pagare a partire dal 16 novembre se non vogliono essere espulsi e espropriati delle loro case e che ammonta all'equivalente di 535 dollari. L'informazione, proveniente dagli stessi cristiani di Raqqa, è stata diffusa dal sito arabo ankawa.com. Con tutta probabilità le famiglie cristiane, impoverite dalla guerra, non troveranno modo di pagare la tassa e dovranno abbandonare le proprie case.


La jizya è l'imposta che fino al XIX secolo ogni suddito non-musulmano era tenuto a pagare alle autorità islamiche come clausola del “patto” che garantiva loro protezione dalle aggressioni esterne e libertà di culto. A Raqqa i jihadisti dell'IS – che hanno assunto totale controllo della città nei primi mesi del 2014, dopo essersi scontrati con altre fazioni islamiste anti-Assad - hanno trasformato proprio la principale chiesa armena in ufficio per la gestione degli affari islamici e per la promozione della sharia. Nella città-roccaforte i miliziani dello Stato Islamico hanno già espropriato le proprietà dei cristiani fuggiti e hanno anche organizzato azioni simboliche, come il rogo di Bibbie e libri cristiani. Ad affiliati della fazione jihadista dell'IS viene attribuito il rapimento del gesuita romano Paolo Dall'Oglio, scomparso proprio a Raqqa alla fine di luglio del 2013. (Agenzia Fides 15/11/2014).