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domenica 20 marzo 2016

I Vescovi siriani: lavorare per una pace vera, non falsa diplomazia

icona dei misteri della Settimana Santa

Mons. AUDO:  la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.

Radio Vaticana, 18 marzo 16

R. – Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello internazionale, anche se non so a quale risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua, di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’ nuova e anche questo dà speranza alla gente.

D. – Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa tendenza?
R. – È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per partire.

D. – Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche a Bruxelles?
R. – Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di tutto per allontanarle dalla Siria.

D. – Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro: “genocidio”…
R. – Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti. C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione politica. Ma se  in Siria non c’è soluzione politica, di nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo per le minoranze soprattutto per i cristiani.

D. – Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R. – Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non c’è soluzione. Questo è il problema.



Vescovo Hindo:  la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”

Agenzia Fides 18/3/2016

Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i propri interessi”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio” alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri gruppi minoritari. 
A mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh – ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede e per ciò che opera”.

Secondo l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa, c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come 'ribelli moderati...'”
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani. Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza nella regione”. 

Secondo l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.

martedì 5 gennaio 2016

Siria, bombe sui cristiani: "Sono attacchi mirati, ma noi siamo uniti"

Attentati, il lutto e la resistenza. Parla il capo dell'eparchia armeno-cattolica di Qamishli: “Siamo in lutto totale”




di Matteo Matzuzzi 
Il Foglio, | 04 Gennaio 2016 


“Un massacro terroristico senza precedenti”, ha detto il patriarca siro-cattolico Ignace Youssef III Younan, commentando quanto avvenuto il 30 dicembre scorso a Qamishli, nord della Siria, a non troppa distanza dai confini con la Turchia a settentrione e l’Iraq a oriente. Tre diversi attentati, subito rivendicati da gruppi che si sono richiamati alla dottrina dello Stato islamico, hanno lasciato a terra diciotto morti, tra cui tredici cristiani. Una quarantina i feriti, alcuni dei quali senza più gambe o braccia. 
“Quella sera ci si preparava con gioia ed entusiasmo a salutare l’anno nuovo, come da tradizione con le feste e il folclore tipico delle nostre comunità cristiane”, dice al Foglio monsignor Antranig Ayvazian, capo della eparchia cattolico-armena di Qamishli: “Quasi tutti i locali, ristoranti e club giovanili stavano portando a termine i preparativi per il giorno seguente. Alle 20.40, la prima esplosione, al Café Miami, forse per opera d’un attentatore suicida fattosi saltare in aria, ha riferito l’agenzia France Presse. Tre o quattro minuti dopo, la seconda, al ristorante Gabriel. Più tardi, l’attentato al Youth Restaurant, nella parte occidentale della città. Le bombe erano state nascoste all’interno di alcune valigie, posizionate qua e là tra i tavoli, in mezzo ai clienti che si preparavano a tornare a casa”. Il risultato? “Una macelleria. I morti sono tutti giovani e giovanissimi, novelli sposi o persone sposate da pochi anni, padri di bambini piccoli. Quasi tutti cristiani”. 
Da quattro giorni la città è in lutto, aggiunge il presule: “Un lutto totale”, precisa, al punto che nelle chiese e nei luoghi di ritrovo si sente spesso citare il passo biblico del profeta Geremia in cui “Rachele piange i suoi figli e, proprio perché essi non ci sono più, non può essere consolata”. Un lutto che ha unito tutti i cristiani di Qamishli, indipendentemente dal fatto che siano essi cattolici od ortodossi: “Le cerimonie di requiem sono state ecumeniche. Si è pregato nella cattedrale siro-ortodossa, dove i capi delle varie comunicate hanno portato parole di conforto. Quindi è stato letto il messaggio del presidente Bashar el Assad. Infine, tutte le vittime sono state sepolte nel cimitero cattolico. Insieme e in fila, l’una di seguito all’altra. Ora, per non dimenticare quel che è stato, si sta pensando di erigere un monumento dedicato a loro, i Martiri di Natale”.

“Suoneremo le campane finché vivremo”
 E’ la prima volta che i cristiani della città all’estremo lembo settentrionale della Siria vengono presi di mira in modo così diretto. I miliziani fedeli al califfo ci avevano già provato lo scorso giugno, ma la resistenza (con il supporto delle Forze armate governative) avevano evitato a Qamishli il destino di tante altre città del paese, rese spettrali dalla guerra civile e dall’avanzata jihadista. Qamishli che, nel frattempo, aveva accolto milleottocento cristiani e più di quattrocento famiglie musulmane scappate da Hassaké, ottanta chilometri più a sud. 
Il luogo colpito a fine anno è simbolico, sottolinea mons. Ayvazian: “La nostra città, a differenza di altre, è un bastione cristiano di certo polietnico, ma altrettanto unito. E’ un mosaico di antiche chiese orientali, vecchie di storia quanto lo è il cristianesimo. Dal 2011 a oggi, Qamishli era rimasta ai margini della violenza che imperversa altrove, tant’è che migliaia di profughi venivano qui, avviando anche alcune piccole aziende per cominciare una nuova vita. L’armonia era il tratto caratterizzante: arabi, curdi, armeni, siriaci, caldei e assiri. Nessun problema, ci sono perfino quartieri popolari ‘misti’”, aggiunge il capo della locale eparchia cattolico-armena. La zona centrale, però, “è sempre stata a maggioranza cristiana e a difenderla c’erano gruppi di giovani miliziani anch’essi cristiani”. 
Il patriarca siro-cattolico, Younan III, vede nel duplice attentato “un messaggio cupo che i terroristi hanno voluto indirizzare ai cristiani di questa città, seminando morte e lacrime”.

Joint par téléphone Mgr Hindo a témoigné de sa colère :« C’est insupportable, l’année 2015 a commencé par le massacre des assyriens dans les 35 villages du Khabour et les 300 personnes kidnappés.Puis en juin, DAESH nous a attaqués et 40 jours ont été nécessaires pour les éloigner.Enfin l’année se termine par ce massacre. C’est insupportable ».
Aggiungi didascalia

Ancor più esplicito è stato monsignor Pascal Gollnisch, direttore generale dell’Oeuvre  d’Orient, l’istituzione creata in Francia a metà Ottocento per sostenere le chiese orientali: “Quasi venti cristiani sono stati assassinati in modo mirato”, ha scritto in un comunicato stampa diffuso ieri, chiarendo come sia “più che mai necessario adottare misure per fermare le violenze in Siria e Iraq”. 
Lo stesso Younan, del resto, solo qualche settimana fa aveva implorato  l’occidente, a cominciare dall’Amministrazione americana guidata da Barack Obama, di “fare di più per difendere i cristiani perseguitati nel vicino e medio oriente”. 

Il patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’oriente, Youhanna X Yazigi, ha fatto leggere nelle chiese che ricadono sotto la sua giurisdizione – a cominciare dalla cattedrale ortodossa di Damasco, la “Mariamita” – un messaggio in cui assicura che “non risparmieremo alcuno sforzo per difendere la nostra terra. Le nostre campane continueranno a suonare finché ci sarà sangue nelle nostre vene”.

venerdì 9 ottobre 2015

Mons. Hindo ribadisce: Le operazioni statunitensi sono "solo di facciata, in realtà hanno lasciato liberi di agire i jihadisti"

Asia News 
09/10/2015


Vescovo siriano: 
L’ambigua politica Usa favorisce lo Stato islamico. Questa guerra di Daesh nasconde solo interessi economici ed è finalizzata a dividere il Paese, contro la volontà di un popolo.
Timori per i cristiani rapiti. 


I raid aerei americani in Siria sono operazioni di facciata, che in realtà non colpiscono le milizie dello Stato islamico (SI) le quali sono libere di agire sul terreno; solo gli attacchi dei russi degli ultimi giorni si sono rivelati efficaci, costringendo i jihadisti a ripiegare verso il deserto irakeno. 
È quanto racconta ad AsiaNews mons. Jacques Behnan Hindo, alla guida dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, che riferisce le testimonianze raccolte dalla gente che vive nelle aree teatro del conflitto. “L’intervento di Mosca si è rivelato positivo - spiega il prelato - perché stanno colpendo davvero Daesh e i miliziani cominciano a fuggire. In una zona sono scappati a bordo di 20 auto in tutta fretta in direzione dell’Iraq, lasciando altre 20 auto sul posto. Segno di una vera e propria ritirata”. 
Il vescovo di Hassakè-Nisibi vive egli stesso sotto la minaccia dello SI: “Sono a meno di tre chilometri dalla città - racconta - un mese fa una loro offensiva è stata respinta e hanno ripiegato nei dintorni della città. Nelle ultime due settimane, grazie anche agli attacchi dei russi, hanno cominciato a ritirarsi”. 

Di contro, mons. Hindo riserva invece parole durissime verso gli Stati Uniti, i quali starebbero bombardando non le postazioni delle milizie jihadiste ma reparti e mezzi dell’esercito governativo siriano. “Non è questione di essere pro o contro il governo - racconta - ma la gente non ha mai creduto agli attacchi americani. Solo i curdi hanno davvero combattuto sul terreno, ma per difendere le proprie posizioni” e non è plausibile che possano, essi soli, risolvere l’emergenza. Inoltre Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna parlano solo di “attaccare Daesh, ma non parlano di al Nusra e di altre milizie fondamentaliste legate ad al Qaeda. Anzi, vi sono gruppi estremisti che hanno cambiato nome per rifarsi una verginità, e questi non vengono nemmeno menzionati. Anche questo è un grosso problema”.
Il presule denuncia una “ambiguità di fondo” nell’atteggiamento di Washington;  come emerge anche dal comportamento tenuto dagli americani durante il sequestro di centinaia di cristiani originari dei villaggi della valle del fiume Khabur. “La notte del 23 febbraio, quando Daesh ha attaccato, gli aerei americani hanno sorvolato a lungo la zona senza intervenire. Poi per tre giorni non si è più visto alcun caccia, lasciando campo libero ai miliziani. Questo ci fa pensare che in qualche modo sono stati aiutati dagli americani, che tengono un atteggiamento ambiguo”. 

In queste ore i media dello Stato islamico hanno diffuso un video (clicca qui per vedere alcuni estratti diffusi dalla tv libanese Otv e rilanciati da Aina) che mostra l’esecuzione di tre degli oltre 200 cristiani assiri ancora nelle mani dei miliziani jihadisti. 
“Ne hanno giustiziati tre - racconta mons. Hindo - e ne stanno preparando altri tre per una prossima esecuzione. In un primo momento hanno chiesto una somma enorme per la liberazione, quasi 120mila dollari per ciascuna delle 203 persone. Hanno respinto la proposta di un milione per il rilascio di tutti, ora è stata fatta una nuova proposta e stiamo aspettando una risposta”. 
Il prelato spiega che è difficile trattare con i rapitori, i contatti “sono brevissimi” e “non lasciano molti margini di manovra”. “Rispondo sì o no - racconta - e poi agiscono di conseguenza. Ora è rientrato nella zona anche il vescovo assiro, che si trovava a Erbil [per l’elezione del nuovo patriarca], per proseguire nelle trattative e seguire la vicenda in prima persona”. Nei giorni scorsi hanno liberato un anziano di 89 anni per comunicare la notizia dell’avvenuta esecuzione, poi la diffusione del video che sarebbe stato girato attorno al 23 settembre, festa islamica del sacrificio. “Analizzando il video - spiega mons. Hindo - si vede che il sole era ancora forte, mentre negli ultimi 10 giorni è calato di intensità. Questo fa ritenere plausibile la data del 23 come momento dell’esecuzione anche se non ci sono riferimenti alle celebrazioni”. 

Alla vicenda dei cristiani si associa anche il dramma vissuto dalla popolazione di Deir el-Zor, città di 250mila abitanti a est della Siria, da tempo assediata dalle milizie dello Stato islamico. “La gente muore di fame - denuncia il vescovo - mancano cibo e medicinali. Pensate che oggi un sacco di 50 kg di zucchero ha raggiunto il valore di una vettura o di una casa. La gente vende la macchina per comprarselo. Lo SI ha imposto un vero e proprio blocco, uomini, donne, anziani e bambini ridotti alla fame”. Per questo egli rilancia l’appello agli Stati Uniti, all’Arabia Saudita, al Qatar perché facciano “davvero qualcosa” per fronteggiare l’emergenza e salvare una popolazione civile allo stremo delle forze. 


In realtà, accusa mons. Hindo, i governi occidentali “stanno lavorando per la sicurezza di Israele e per dividere la Siria e l’Iraq, per mettere così le mani sulle ricchezze di questi Paesi. E non si tratta solo di petrolio, perché al largo delle nostre coste è stato da poco scoperto un importante giacimento di gas naturale. E ancora, sono in ballo - aggiunge - gli oleodotti che dall’Arabia Saudita e dal Qatar dovrebbero arrivare in Occidente. Damasco non ha accettato il passaggio sul proprio territorio, e questa è la conseguenza”. 
È una questione “molto complessa” , conclude mons. Hindo, dietro la quale “vi è l’economia; in Occidente si parla di religione, di sunniti e sciiti, di cristiani e musulmani ma questa guerra di Daesh e degli altri gruppi nasconde solo interessi economici ed è finalizzata a dividere il Paese”, contro la volontà di un popolo che in maggioranza “è unito e che vuole restare unito”.

http://www.asianews.it/notizie-it/Vescovo-siriano:-L%E2%80%99ambigua-politica-Usa-favorisce-lo-Stato-islamico.-Timori-per-i-cristiani-rapiti-35543.html


LEGGI ANCHE : Siria: Russia e Occidente ai ferri corti

venerdì 2 ottobre 2015

Vescovo Hindo: "E' un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la Cia, e che si tratta di un conflitto etero-diretto”

L'Arcivescovo Hindo: “inquietanti le parole di McCain sui ribelli anti-Assad armati dalla Cia”


Agenzia Fides   2/10/2015

Hassakè -  “Il senatore statunitense John McCain ha protestato dicendo che i russi non stanno bombardando le postazioni dello Stato Islamico, ma piuttosto i ribelli anti-Assad addestrati dalla Cia. Io trovo inquietanti queste parole. Rappresentano un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la Cia, e che si tratta di un conflitto etero-diretto da circoli di potere lontani dalla Siria e dai loro alleati nella regione mediorientale”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta con l'Agenzia Fides alcuni recenti sviluppi del conflitto siriano, segnati dall'intervento diretto delle forze militari russe contro le postazioni delle milizie jihadiste. 

“La propaganda occidentale” sottolinea l'Arcivescovo Hindo “continua a parlare di ribelli moderati, che non esistono: nella galassia dei gruppi armati, quelli dell'Esercito Siriano Libero li trovi solo se li cerchi con la lente d'ingrandimento. Tutte le altre sigle, a parte lo Stato Islamico (Daesh), sono confluite o sono state fagocitate di fatto dal Fronte al-Nusra, che è il braccio militare di al-Qaida in Siria”. 
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico, “c'è qualcosa di veramente inquietante in tutto questo: c'è una superpotenza che a 14 anni dall’11 settembre protesta perchè i russi colpiscono le milizie di al-Qaeda in Siria. Che vuol dire? Che adesso al-Qaida è un alleato degli Usa, solo perchè in Siria ha un altro nome? Ma disprezzano davvero così tanto la nostra intelligenza e la nostra memoria?”.

Nel colloquio con Fides, l'Arcivescovo Hindo ripete che “a decidere se e quando Assad dovrà andare via, saremo noi siriani, e non il Daesh o l'Occidente. Ed è certo che se Assad va via adesso, la Siria diventerà come la Libia”. 
L'Arcivescovo siriano lancia anche un allarme: “Ci giungono notizie tremende dalla città di Deir el Zor, assediata dal Daesh da molto tempo. I viveri non possono arrivare in città, non hanno più cibo, e la popolazione sta letteralmente morendo di fame. Occorre fare subito qualcosa, prima che sia troppo tardi”

http://www.fides.org/it/news/58508-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Hindo_inquietanti_le_parole_di_McCain_sui_ribelli_anti_Assad_armati_dalla_Cia

UN APPROFONDIMENTO QUI: 
Da dove è venuto fuori #ISIS /Daesh? Dubbi sospetti e evidenze.

 http://www.lastampa.it/2015/10/01/blogs/underblog/da-dove-venuto-fuori-isis-daesh-dubbi-sospetti-e-evidenze-st2OctKibM7VeDQXE8crMJ/pagina.html

martedì 17 marzo 2015

Gli Usa “aprono” alle trattative con Assad. L'Arcivescovo Hindo: scelta obbligata, no a condizioni-capestro

 Agenzia Fides.  16/3/2015

Hassakè  – La disponibilità dell'Amministrazione Usa a trattare con il regime siriano di Bashar al Assad è una “opzione che si doveva imboccare già da tempo” e a questo punto rappresenta “una scelta obbligata, se davvero si vuole cercare una via d'uscita da questa tragedia iniziata quattro anni fa”. Così l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell'arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta con l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate dal Segretario di Stato Usa, John Kerry, il quale in un'intervista televisiva ha ammesso che gli Usa “alla fine” dovranno negoziare con Bashar al Assad per porre fine al conflitto in Siria entrato nel quinto anno. Secondo l'Arcivescovo siro-cattolico, tutto potrà dipendere dal modo con cui verrà prospettata la via negoziale da parte degli Usa e degli altri attori geopolitici. 
“Prima di tutto - sottolinea Mons. Hindo - una proposta concreta di negoziato deve essere posta sul tavolo in tempi brevi. In caso contrario, vorrà dire che si sta prendendo solo tempo, credendo così di favorire l'ulteriore indebolimento dell'esercito siriano, che in realtà sta guadagnando terreno su tutti i vari fronti”. 
Inoltre, a giudizio dell'Arcivescovo Hindo, eventuali trattative potranno partire “solo se si eviterà di porre pre-condizioni stupide e provocatorie all'interlocutore. In questo senso - aggiunge Mons. Hindo - non mi tranquillizzano le voci che prefigurano offensive militari nelle aree di conflitto autorizzate a non tenere in nessun conto i confini tra Stati sovrani. Non mi sembra un modo corretto di iniziare. Chi vuole il bene del popolo siriano e di quello iracheno, non può continuare a approfittare delle crisi per perseguire propri interessi geopolitici. E deve farla finita anche di accreditare l'esistenza di fantomatici 'ribelli moderati' . Perchè col passare del tempo tutte le fazioni armate contro Assad si sono omologate all'ideologia jihadista”.

http://www.fides.org/it/news/57216-ASIA_SIRIA_Gli_Usa_aprono_alle_trattative_con_Assad_L_Arcivescovo_Hindo_scelta_obbligata_no_a_condizioni_capestro#.VQcGHo6G92V





foto diffuse dagli jihadisti sulla distruzione delle statue , icone, pietre tombali e croci dalle chiese in Iraq











Basta frottole

di Fulvio Scaglione

venerdì 27 febbraio 2015

«Non abbandonateci, non lasciateci soli»

Samaan Daoud: il nostro desiderio della vita è più forte della morte 


Il Sussidiario , giovedì 26 febbraio 2015

INTERVISTA a Samaan Daoud

Duecento cristiani assiri sono stati rapiti dall’Isis nel corso di raid nei villaggi nella provincia siriana di Hasakeh, mentre quasi mille di loro sono dovuti fuggire per evitare la stessa sorte. La maggior parte delle persone catturate sono donne, bambini e anziani. Le milizie curde e cristiane stanno combattendo nella zona contro i militanti dello Stato Islamico. Il rapimento dei cristiani assiri da parte dell’Isis ha provocato un vero e proprio esodo da parte di famiglie terrorizzate che hanno abbandonato le loro case. Ne abbiamo parlato con Samaan Daoud, un cristiano siriano che vive in un quartiere di Damasco a circa un chilometro e mezzo dall’area controllata dai ribelli.

Daoud, decine di villaggi cristiani sono sotto attacco da parte dell’Isis…
E’ un atto che non sorprende, perché l’Isis non fa più nessuna distinzione nel compiere i suoi atti efferati. Ha già attaccato sia i villaggi curdi sia quelli musulmani sunniti. A Nord, nell’area di Kobane sono circondati, con l’esercito che li sta spingendo nella parte est verso Aleppo. Dovevano quindi sfogarsi contro qualche minoranza pacifica, e così hanno scelto i cristiani. Nel conflitto in Siria l’anello più debole sono i cristiani, perché non credono nella violenza e non hanno scelto di armarsi.
I cristiani la stanno pagando cara, questo fa parte del nostro martirio. Noi cristiani in Siria siamo dei martiri che camminano.

E’ un martirio che riguarda la vita quotidiana di tutti i cristiani siriani?
Noi non cerchiamo il martirio, ma quanto ci sta accadendo è qualcosa che è stato progettato a tavolino. Turchia e Israele vogliono privare completamente il Medio Oriente di qualsiasi presenza cristiana. Non dimentichiamoci che nel 2004 i cristiani in Iraq erano quasi un milione e mezzo e oggi sono rimasti solo in 500mila. In Siria ora si sta ripetendo lo stesso scenario.

Qual è il ruolo della Turchia in questo progetto?
Erdogan ha un progetto neo-ottomano, e sta occupando parte del territorio siriano con la scusa che la tomba del nonno del fondatore dell’Impero Ottomano si trova in Siria, in un’area non molto lontana dal punto in cui i cristiani sono stati rapiti. Non dimentichiamoci che Erdogan è il capo dei Fratelli musulmani, e si sente il nuovo sultano ottomano. Il suo obiettivo è riconquistare il territorio dell’antico impero, anche se si dovrà scontrare con il fatto che i siriani non accettano di buon grado la presenza dei turchi nel nostro Paese.

Qual è invece il ruolo di Israele?
Ritengo che non sia un caso che Israele abbia stabilito dei collegamenti costanti con la zona del nord dell’Iraq e del Kurdistan. In quest’area hanno comprato dei terreni molto vasti e c’è una grande comunità ebraica che sta crescendo. Israele mira a espandersi dal fiume Eufrate fino al Nilo. Non dimentichiamoci che l’Isis è sempre più presente nella stessa area, dal Sinai fino a Mosul, e in questo modo favorisce molto il progetto sionista che mira a impadronirsi di risorse come il petrolio e a indebolire politicamente quest’area.

Com’è la vita quotidiana di un cristiano a Damasco?
Un’ora prima che lei mi chiamasse sono uscito per fare la spesa, per strada ho sentito un colpo e un mortaio è caduto accanto a me. Il mio quartiere si affaccia sulla zona controllata dai gruppi ribelli, a circa un chilometro e mezzo di distanza, e siamo abituati a convivere con questi colpi di mortaio e con il lancio di missili Katiuscia. Ormai fanno parte della vita quotidiana. Uno esce di casa già consapevole che può arrivare un colpo di mortaio quando meno se lo aspetta. Nonostante tutto ciò noi viviamo con una grande gioia: le chiese sono affollate di gente, gli oratori sono una realtà viva e piena di giovani.
Il desiderio della vita è più forte di qualsiasi volontà di morte e di qualsiasi disperazione.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2015/2/26/CRISTIANI-RAPITI-DALL-ISIS-Douad-il-nostro-desiderio-della-vita-e-piu-forte-della-morte/585810/


Centinaia di cristiani catturati dallo 'Stato Islamico' ...

Radio Vaticana . France

Mgr Jacques Behnan Hindo, l’évêque syro-catholique d’Hassaké. Il revient sur le contexte de cet enlèvement et dénonce quelques faits dérangeants.

Que savez-vous de cette attaque de l'Etat islamique dans la région d'Hassaké ?
Daesh, qui est aux alentours d’Hassaké, à l’Est de la rivière Khabur, tient la montagne d’Abd al-Aziz. Ils ont commencé par le premier village, Chamiram, puis ils ont pris onze villages sur la rive Ouest du Khabur, de Chamiram jusqu'à Tel Hermoz. Nous savons qu’à Chamiram, ils ont encerclé à peu près une trentaine de familles. Un autre petit village, Tal Jazeera, a aussi été encerclé. Il y a une trentaine de familles qui ont été déportées vers la montagne. Ils ont pris à peu près tous les villages. Les gens ont fui. Ils ont brûlé l’église de Tel Hermoz. Hier (lundi), nous avons eu toute la journée les gens qui venaient, à bord d'un tracteur ou de tout ce qu’ils trouvaient comme véhicule de fortune. Nous avons à peu près une centaine de personnes qui sont arrivées hier midi ainsi que toute la journée. Il y en a autant qui se sont réfugiées dans les villages vers l’Est. À Hassaké elle-même, les gens sont reçus et ils ont été logés, dans les églises ou dans les maisons. Les choses vont un peu mieux. Seulement, il y a cette peur, cette crainte.

Les gens que vous avez vu fuir vous ont-ils raconté comment cela s’est passé ? Pourquoi est-ce qu’ils ont enlevé ces chrétiens ? Est-ce que ce sont tous des chrétiens ? Est-ce qu’ils demandent quelque chose ?
Nous savons que tous les villages occupés maintenant sont des villages assyriens. Donc ils sont tous chrétiens. Ils avaient déjà émigré. Pourquoi ? Apparemment parce que de temps en temps les djihadistes venaient faire des incursions, demandant qu’on enlève les croix et ainsi de suite. Mais cette fois-ci, ils ont décidé de mettre la main sur ces villages-là et peut-être, peut-être, attaquer Hassaké. En septembre, j’avais écrit une lettre à sa Sainteté, à Obama, à Rohani en Iran, à Poutine et au président de Chine, leur demandant d’intervenir pour combattre les terroristes en Syrie. J’avais même lancé un SOS avant Noël parce que Daesh commençait à perdre un petit peu de terrain en Irak. Aujourd'hui, ils viennent s’installer dans la Mésopotamie syrienne. Maintenant, ils sont aussi en train de perdre le nord d’Alep. Ils sont en train de s’installer dans notre région. Dans cette région, il y a maintenant un nombre énorme de « Daeshiens ». Daesh est au Nord, à peu près à 7 km d’Hassaké, 5-7 km de Kahtanieh et des autres villes le long de la frontière turque. Cela pose un sérieux problème parce qu’ils peuvent attaquer en grand nombre. Nous, les chrétiens, les Kurdes et les Arabes, nous sommes à peu près un million et demi de personnes. En plus, il y a 300.000 réfugiés des zones de Raqqa et autres, qui sont maintenant dans la région d’Hassaké, Kameshli et ailleurs. On n’aura pas de refuge. Comme on sait que Daesh a une dent contre les Kurdes, tous les Kurdes sont massacrés. Elle a une dent contre les chrétiens sauf que les chrétiens ont trois alternatives : devenir musulman, payer la dîme ou bien, partir. Mais où ? La situation commence vraiment à être très dangereuse.

Vous êtes évêque à Hassaké. Combien de chrétiens reste-t-il ? Quelle est la situation au quotidien sachant que la menace djihadiste se fait de plus en plus pressante ?
Nous étions trois évêques. L’évêque syriaque orthodoxe est aujourd’hui en Europe depuis six, sept mois. Nous restons donc deux évêques : moi-même, syrien catholique et l’évêque assyrien. C’est sa communauté qui trinque, c’est cette communauté qui souffre. Nous souffrons tous avec elle. Nous devons être à peu près 120.000-130.000 habitants chrétiens dans la région, éparpillés un peu partout. La majorité est à Hassaké et à Kameshli. Il y en a pas mal qui ont émigré. Depuis quatre ans que la guerre dure, il y a à peu près 20-25% qui ont émigré. On ne peut vraiment pas avoir un chiffre exact parce que tous les jours, il y a des familles qui émigrent. La seule voie, c’est par avion, de Kameshli à Damas pour pouvoir partir ailleurs. Et même pour tout, il faut aller à Kameshli : pour prendre l’avion et sortir de ce blocus que nous avons tout autour de nous. Au Nord, la Turquie a tout fermé, absolument tout fermé. Elle laisse seulement passer les camions, les « Daeshiens », les troupes de Daesh, le pétrole volé à la Syrie, le blé, le coton. Tout cela peut passer la frontière mais personne ne peut passer.

Quel est l’état d’esprit des chrétiens qui restent, de cette communauté dont vous êtes le pasteur ?
Tout le monde est très mal à l’aise. Depuis Noël, on était beaucoup plus tranquilles. Daesh était à 17 km, ils n’avançaient pas. Tout allait bien dans la ville parce que c’était calme. Mais depuis hier, on sent que Daesh peut à tout moment franchir facilement ces 17 km. À chaque fois que nous avons un problème, le nombre d’émigrés augmente. Maintenant, par exemple, quand cela sera fini - je l’espère d’ici demain, parce que les Kurdes se renforcent pour aller les combattre - vous verrez après cela les avions qui seront remplis de chrétiens, de Kurdes. Tout le monde fuit. Les gens ont peur, c’est absolument normal. Surtout que Daesh a une tactique, une stratégie : elle envoie la peur, la terreur devant elle. Les gens fuient cette terreur. D’ailleurs, ce qui m’exaspère, c’est quand je vois les télévisions en Occident qui ne font que diffuser des égorgements et toutes les exécutions possibles. Ils les diffusent toute la journée. Nous aussi, on les voit et puis, tout le monde a peur. Chacun dit : « je ne veux pas être égorgé, je ne veux pas être brûlé vif ».



Ain Dara (Aleppo) come Mosul?

Vous êtes donc encerclés, sous pression islamiste. Est-ce qu’il y a quand même une quelconque aide humanitaire qui arrive à vous parvenir ?
Il y a une chose que je voudrais dire : la Croix Rouge aide, fournit de l’argent au Croissant Rouge. Or, le Croissant Rouge ne donne absolument rien aux chrétiens. Hier, il y a eu le Croissant Rouge, UNHCR, etc, qui se sont baladés devant les télévisions, qui ont parlé comme s’ils avaient aidé les gens. Or, ils n’ont distribué, même pas une livre syrienne. Jusqu’à maintenant, le Croissant Rouge n’a rien donné aux chrétiens, et ce depuis quatre ans (ndlr : le début de la guerre). Je l’ai dit sur une grande chaîne arabe et là, je vous le dis aussi. Il faut que la Croix Rouge le sache. Il faut qu’il le sache. Ici, les responsables sont tous des Frères musulmans ou apparentés. Je le dis à voix haute parce que cela m’exaspère et me révolte.

Alors de qui provient l’aide que vous recevez ?
Par exemple, de l’Œuvre d’Orient, du Vatican, de la Congrégation orientale. Sinon, la Croix Rouge ne donne rien puisqu’elle donne tout au Croissant Rouge et le Croissant Rouge, ici, ne distribue même pas un milliardième de ce qu’il reçoit, rien aux chrétiens.

Que se passe-t-il par exemple, lors d’une grande distribution, si une personne s’avance et dit qu’elle est chrétienne ?
À chaque fois qu’un chrétien se présente chez eux, ils disent « rien ». Tandis que nous, à l’Église, Caritas, etc, nous donnons aux chrétiens, aux musulmans, à tout le monde. Eux ne donnent rien. 
http://fr.radiovaticana.va/news/2015/02/24/syrie__des_dizaines_de_chr%C3%A9tiens_captur%C3%A9s_par_letat_islamique/1125449

giovedì 26 febbraio 2015

Nei villaggi cristiani lungo il fiume Khabur, fonti confermano il rapimento di civili, la liberazione di alcuni e la distruzione di chiese. Il ruolo della Turchia.


Ultim'ora:  «Siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini cristiani rapiti dallo Stato islamico»

TEMPI, 25 febbraio
di Leone Grotti

Aggiornamento delle 18.00: Appena contattato da tempi.it, padre Ayvazian Antranig, responsabile dell’eparchia armeno-cattolica di Qamishli e rappresentante del WFP delle Nazioni Unite nel Nord Est della Siria, ha dichiarato: «Tre minuti fa mi ha chiamato un mio uomo, che ho inviato a trattare con i terroristi: siamo riusciti a liberare le donne, i vecchi e i bambini rapiti dallo Stato islamico. Siccome però gli scontri continuano, non siamo ancora riusciti ad andarli a prendere per non metterli in pericolo. Dovremmo riuscirci domani. Si trovano ora a 57 chilometri dal primo posto sicuro, nel villaggio di Msherfe. In tutto sono state rapite 163 persone. Di queste, 72 restano nelle mani dell’Isis a Mafluja mentre 26 o 28 a Habbade. Come li abbiamo liberati è un po' un segreto, ma loro ci rispettano». Domani l’intervista integrale.
http://www.tempi.it/siria-isis-ha-ucciso-milad-conquistato-villaggi-cristiani#.VO4jdGB0wqS

"Vogliono svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali."

AsiaNews , 25-02-2015


......
"Si parla di oltre 90 fedeli rapiti, ma secondo alcuni il numero ancora più grande, forse 150; una chiesa è stata distrutta, almeno tre villaggi di rito assiro sono stati occupati, la gente è dovuta scappare. Non abbiamo ancora notizie esatte, ma dalle prime testimonianze la situazione è drammatica". È quanto afferma ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando l'attacco sferrato il 23 febbraio scorso dallo Stato islamico contro alcuni villaggi cristiani assiri nel nord-est della Siria. Colpiti numerosi centri fra cui Tel Tamar, Tel Shamiran, Tel Hermuz, Tel Goran e Tel Khareta...

Il vicario apostolico di Aleppo si rivolge all'Occidente e alla comunità internazionale affermando con forza che "l'intervento militare contro lo Stato islamico non è la via giusta" per risolvere la crisi e restituire pace e sicurezza alla Siria e all'Iraq. "Non ho mai creduto nella guerra - precisa - perché essa crea ancora più odio e divisioni". 
L'Occidente, prosegue il prelato, dice di combattere questi gruppi "ma li aiuta dall'altra parte. Chi compra il loro petrolio, chi vende loro le armi, chi è coinvolto nel traffico di reperti archeologici, di beni antichi di inestimabile valore?". 
Mons. Georges Abou Khazen vede molta "ipocrisia" nella lotta ai terroristi, "che non si risolverà certo con le bombe, ma smettendola di finanziarli a livello economico e militare. Quello che chiediamo è di non aiutare questa gente, non vendere loro le armi, lo diciamo da tempo ma nessuno ci ascolta". 
Il prelato ricorda inoltre che la comunità assira sotto attacco vive "da migliaia di anni nella zona, con le proprie tradizioni e riti antichissimi. Li hanno sradicati senza difesa alcuna. Si fanno campagne per salvare gli animali in via di estinzione, per lasciarli nel loro habitat - accusa - e per noi cosa si sta facendo davvero?".
Fra i fedeli c'è un sentimento di paura, conferma mons. Georges, "tanti vogliono scappare ed è un segnale molto pericoloso. Svuotare queste terre del cristianesimo è una disgrazia per tutti quanti. Forse si vuole dar vita a un altro Afghanistan, nelle mani dei nuovi talebani". 
Questa è la nostra lettura, conclude il prelato, vogliono "svuotare il Medio oriente dei cristiani e creare molti piccoli Stati confessionali. Noi cristiani siamo gli unici sparsi per tutto il territorio di Siria e Iraq, siamo il solo elemento che difende l'unità del Paese e mantiene vivo il valore del pluralismo... un elemento che vogliono sempre più distruggere".

http://www.asianews.it/notizie-it/Siria:-150-cristiani-rapiti-dallo-Stato-islamico,-donne-stuprate-e-uccise.-Vicario-di-Aleppo:-“situazione-drammatica”-33561.html

La barbarie dell'Isis e il ruolo ambiguo della Turchia

L'esercito turco ha violato la sovranità territoriale siriana per evacuare una statua in ricordo dell'Impero ottomano. Nessuna interferenza nella operazione da parte dell'Isis, che controlla la zona

ZENIT.ORG, 25 febbraio 2015
di Naman Tarcha 

Ancora una volta la storia si ripete. Negli stessi territori in cui, cento anni fa, i turchi commisero il primo genocidio ai danni dei cristiani mediorientali (armeni, siri, caldei e assiri), le stesse vittime sono oggi perseguitate dai terroristi dello Stato islamico.
I jihadisti hanno compiuto un nuovo feroce assalto a 30 villaggi siriani della comunità cristiana degli assiri nella provincia di Hasakah, nel nord-est della Siria. Il tentativo è stato quello di riconquistare terreno e trovare vie di fuga e rifornimenti, dato l'avanzamento delle Forze armate siriane a nord di Aleppo e la resistenza delle forze di difesa curde. Tal Hermez, Tal Tamer, Tal Shmeram, Tal Tawil sono solo alcuni dei villaggi sul fiume Khabur, assaltati dai miliziani con circa 40 mezzi armati all'alba di lunedì.
Jack Bahnam Hindo, vescovo della chiesa siro-cattolica a Hasakeh, ha confermato che la maggior parte degli abitanti sono stati sfollati nella città vicina di Qameshli, ma almeno 70 civili - per lo più donne e bambini - risultano in mano ai terroristi, portati in un luogo sconosciuto.
"Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, probabilmente allo scopo di usarli come scudi umani o merce di scambio con riscatto o rilascio”, sottolinea mons. Hindo. Il quale critica duramente la coalizione occidentale: "Voglio dire chiaramente che noi abbiamo la sensazione che siamo lasciati soli nelle mani di Daash (acronimo arabo di Stato islamico di Iraq e Levante ndr), i caccia americani sorvolavano la zona, ma non sono mai intervenuti".
Fonti locali riferiscono di case e abitazioni occupate e bruciate dall'Isis: quattro uomini delle guardie locali rimasti uccisi negli scontri, mentre é stata data alle fiamme la chiesa di Al Shamiye, una delle più antiche della Siria.
Gli attacchi dei terroristi sono avvenuti per rompere l'assedio imposto alla zona strategica, Ras Al-ain, cittadina di confine con la Turchia, e riconquistare l'autostrada che collega le città siriane di Qameshli e Hasakeh, lungo la quale si trova Al Raqaa, dichiarata capitale dello Stato islamico.
Le forze di difesa assire sostenute dai raid aerei dell'esercito siriano hanno respinto i terroristi e si preparano alla controffensiva, mentre le forze di difesa curde avevano già ripreso il controllo di 20 villaggi negli ultimi giorni.

Si registrano intanto tensioni anche tra la Siria e la Turchia. La scorsa notte l’esercito turco è entrato in territorio siriano per evacuare il mausoleo dedicato a Suleyman Shah, nonno di Osman, fondatore dell'Impero ottomano, che morì annegato, nel 1231, mentre attraversava il fiume Eufrate, vicino la fortezza di Jaabar. Malgrado la salma non fosse mai ritrovata, fu costruito un mausoleo in suo ricordo.
L’edificazione avvenne in un sito extraterritoriale, soggetto a sovranità turca a seguito di un accordo franco-turco del 1921 (durante l’epoca coloniale francese). Tuttavia la statua fu trasferita dalle autorità siriane nel 1972 dal luogo originale per consentire la costruzione della grande diga siriana.
L’intervento dei militari turchi a difesa della statua di Suleyman Shah è stato definito dal Governo di Damasco “una palese aggressione” per cui “Ankara ne risponderà”.
Da segnalare che i miliziani dell’Isis, nonostante abbiano fatto saltare in aria decine di santuari, mausolei e tombe sacre in Iraq e in Siria, hanno sempre risparmiato il mausoleo, l'unico rimasto in piedi, anche se dista solo 100 km dalla città siriana Al Raqaa, dichiarata capitale del cosiddetto Stato Islamico.
L'operazione dei militari turchi non è stata disturbata né da parte dei combattenti curdi di Kobane, né dall'Isis che controlla la zona, suscitando molti interrogativi.
La Turchia è stata ad oggi l'unico Paese in grado di liberare i propri ostaggi dalle mani del cosiddetto Stato islamico: 49 persone sono state tratte in salvo tra diplomatici e loro familiari, sequestrati presso il consolato turco a Mosul dopo l'assalto dell'organizzazione terroristica alla città irachena.
Il Governo turco ha subito precisato che quella della scorsa notte è solo un'operazione temporanea, e presto costruirà un mausoleo nuovo, sempre però sul territorio siriano, a 200 metri dal confine turco nei pressi di Ain Al-arab (Kobane).
Alla Turchia di Erdogan viene attribuito un ruolo ambiguo, visto il rifiuto di partecipare alla Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Anche l'opposizione turca accusa Erdogan e il suo partito di condurre politiche dannose a scapito della stabilità e della sicurezza interna al Paese, attraverso il sostegno ai gruppi armati in Siria.

http://www.zenit.org/it/articles/la-barbarie-dell-isis-e-il-ruolo-ambiguo-della-turchia

martedì 24 febbraio 2015

Cristiani assiri attaccati, ostaggi dello Stato Islamico

'Hanno bruciato tutto'

Tel Hormuz historic church - AlHassaka

Agenzia Fides 24/2/2015

Alle prime ore di ieri, lunedì 23 febbraio, più di 40 pick-up con a bordo miliziani jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) hanno attaccato diversi villaggi cristiani assiri sul fiume Khabur, nella provincia siriana nordorientale di Jiazira. Decine di cristiani assiri sono stati presi in ostaggio dai jihadisti, mentre le chiese di alcuni villaggi sono state bruciate o danneggiate
 Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi. “I terroristi - riferisce l'Arcivescovo - hanno attaccato per primo il villaggio di Tel Tamar, poi hanno preso Tel Shamiran e tutti gli altri villaggi più piccoli, fino a Tel Hermuz, dove hanno dato fuoco a tutto. Sia a Tel Hormuz che a Tel Shamiran hanno preso decine di ostaggi, con l'intenzione forse di usarli per richiedere riscatti o per uno scambio di prigionieri. Ieri sera, alle 21,30, le milizie curde ci hanno detto di essere riuscite a riprendere Tel Hormuz, con l'ausilio dei battaglioni formati da cristiani siri. Ma non abbiamo ancora conferme di questo fatto”.
Secondo l'Arcivescovo Hindo, l'offensiva dei jihadisti ha messo in luce responsabilità e comportamenti deplorevoli da parte di diversi altri soggetti: “Voglio dire chiaramente - riferisce l'Arcivescovo - che abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati nelle mani di quelli del Daesh (acronico arabo con cui si indicano i miliziani dell'Is, ndr). Ieri i bombardieri americani hanno sorvolato più volte l'area, ma non sono intervenuti. Abbiamo cento famiglie assire che hanno trovato rifugio ad Hassakè, ma non hanno ricevuto nessun aiuto dalla Mezzaluna Rossa e dagli organismi governativi siriani di assistenza, forse perchè sono cristiani. Anche l'organismo per i rifugiati dell'Onu è latitante”. 



AED, 24 febbraio 2015


Un centinaio di cristiani assiri del nord-est della Siria sono in questo momento prigionieri dello Stato Islamico che ieri mattina 23 febbraio  ha preso d'assalto numerosi villaggi assiri, provocando l'esodo di centinaia di persone verso Hassakè.

Ieri, 23 febbraio, l'organizzazione SI ha attaccato i villaggi del nord-est della Siria, nella regione di Khabour del governatorato di Hassakè. L'archimandrita Emanuel Youkhana, leader dei cristiani assiri e responsabile del CAPNI (Christian Aid Program Northern Iraq) racconta a AED maggiori dettagli sull'avanzata di Daesh e la situazione dei cristiani sul posto:
« J’ai pu parler par téléphone à l’un des contacts de CAPNI  à  Hasseke qui préfère rester anonyme. Les combats ont commencés lundi très tôt le matin à 4h00 du matin (heure syrienne) quand Daech a ouvert un front de combat de 40km  de Tel Shamiram à Tel Hormizd (voir la carte).  Daech a profité de l’engagement militaire du PYD (Parti démocratique de l’union Kurde) sur d’autre front pour avancer. Particulièrement à la frontière Irako-syrienne. C’est pourquoi il y a eu moins de résistance pour combattre les djihadistes. »


La situazione dei cristiani è estremamente  difficile :
«  Le nombre de ces familles n’est pas définitif mais plus de 600 ont réussi à fuir. La majorité a trouvé refuge à Hasseke où les gens sont hébergés dans l’église. Mgr Mar Aprem Athniel, que j’ai eu au téléphone, témoigne que l’église et la salle communautaire sont remplies de tous ces réfugiés. »
Altri sono a Qamishly.

Purtroppo,  spiega l’archimandrita Youkhana, « plusieurs personnes ne sont pas parvenues à s’enfuir et ont été capturées par Daech, selon notre source : 50 à Tel shamiran, 26 à Tel Gouran, 28 à Tell Jeziea et 14 jeunes (12 garçons et 2 filles) qui défendaient Tel Hormiz. Daech les a rassemblé puis à mis à part les femmes et les enfants. »
L’Archimandrita aggiunge: « Connaissant les habitudes barbares et brutales de Daech avec ses prisonniers, l’avenir de ces personnes est pour nous une grande source de préoccupation
Milad, un jeune homme de 17 ans, a été martyrisé. »

Secondo l’archimandrita Youkhana, le chiese di Tel Hormez e di Tel Shamiran  sono state date alle fiamme, ed altri incendi sono stati segnalati.

Nella regione di Khabour si trovano  35 villaggi assiri.
 Questi villaggi furono creati dagli  Assiri che erano fuggiti dal massacro dell' agosto 1933 in Irak e che si sono istallati in Syria nella speranza di ritornare un giorno nella loro patria dell’Irak. Secondo l’archimandrita, « jusqu’à présent, ils n’utilisent jamais le terme « village » ou « ville » pour leurs colonies dans Khabour. Ils insistent pour dire « camps » pour refléter le fait qu’ils sont installés là temporairement jusqu’à ce qu’ils retournent en Irak ».

Per Marc Fromager, direttore di AED France : « Cela fait 80 ans que ces familles chrétiennes essaient de survivre à des massacres et visiblement, leur chemin de croix n’est pas terminé ! Combien de morts faudra-t-il encore avant que nous ne réagissions ? »

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-chretiens-assyriens-aux-prises-de-letat-islamique/

https://aidchurch.wordpress.com/2015/02/24/acn-press-release-syria-extremists-is-seize-christian-towns/




http://www.wca-ngo.org/humanrightsfiles/the-syria-crises/509-new-massive-assault-on-christian-villages-in-syria

martedì 3 febbraio 2015

Prosegue l'epurazione dei cristiani dai territori presi dallo Stato Islamico


Agenzia Fides 2/2/2015

Hassakè 
Le bande armate jihadiste dello Stato Islamico (IS) hanno fatto irruzione nel villaggio cristiano di Tel Hormuz, hanno saccheggiato la chiesa e imposto agli abitanti di rimuovere la croce dall'edificio sacro. Lo conferma all'Agenzia Fides Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi.
 “Venerdì scorso” racconta l'Arcivescovo ”due gruppi di miliziani armati dello Stato islamico sono scesi dalle montagne dove sono appostati e sono entrati nel villaggio, dove vivono ancora alcune dozzine di famiglie cristiane. I jihadisti hanno portato via oggetti preziosi dalla chiesa, e hanno intimato ai cristiani di rimuovere o nascondere le croci”.
L'episodio allunga la serie di attacchi e intimidazioni subiti dai villaggi cristiani situati nella regione attraversata dal fiume Khabur. “In quell'area” riferisce a Fides l'Arcivescovo Hindo “c'erano più di 30 villaggi cristiani, fondati negli anni Trenta del secolo scorso, che avevano accolto soprattutto i cristiani assiri e caldei provenienti dal nord dell'Iraq, che cercavano salvezza dai massacri perpetrati allora dall'esercito iracheno. Erano villaggi fiorenti, abitati ognuno da migliaia di persone, con chiese e comunità molto attive, che gestivano anche scuole e iniziative sociali. Ma dall'inizio della guerra si sono quasi tutti svuotati e alcuni di essi ormai appaiono come città fantasma. In uno di essi è rimasto un solo cristiano. In altri, gli abitanti sono ridotti a qualche decina. A Tel Hormuz rimane una delle comunità assire più consistenti. Ma adesso anche lì non superano i trecento, mentre un tempo erano più di quattromila. Gli altri sono tutti scappati all'estero. E molti di loro non torneranno più”. 


http://www.aina.org/news/20150131183427.htm


A Raqqa ancora 25 famiglie cristiane. Ribadito per loro l'obbligo di pagare la “tassa di protezione”

Raqqa (Agenzia Fides) – A Raqqa, la città della Siria settentrionale divenuta roccaforte dei jihadisti dello Stato Islamico (IS) dal 2014, risiedono soltanto 23 famiglie cristiane delle 1500 che vi abitavano prima che iniziasse il conflitto siriano. Su questo piccola comunità costituita da cristiani armeni, che non hanno potuto lasciare la città per mancanza di risorse o per motivi di età e di salute, la violenza del fanatismo islamista si abbatte anche con l'aspetto metodico delle prassi amministrativo- burocratiche: a loro sono stati recentemente comunicati i parametri della jizya, la “tassa di protezione” che dovranno pagare a partire dal 16 novembre se non vogliono essere espulsi e espropriati delle loro case e che ammonta all'equivalente di 535 dollari. L'informazione, proveniente dagli stessi cristiani di Raqqa, è stata diffusa dal sito arabo ankawa.com. Con tutta probabilità le famiglie cristiane, impoverite dalla guerra, non troveranno modo di pagare la tassa e dovranno abbandonare le proprie case.


La jizya è l'imposta che fino al XIX secolo ogni suddito non-musulmano era tenuto a pagare alle autorità islamiche come clausola del “patto” che garantiva loro protezione dalle aggressioni esterne e libertà di culto. A Raqqa i jihadisti dell'IS – che hanno assunto totale controllo della città nei primi mesi del 2014, dopo essersi scontrati con altre fazioni islamiste anti-Assad - hanno trasformato proprio la principale chiesa armena in ufficio per la gestione degli affari islamici e per la promozione della sharia. Nella città-roccaforte i miliziani dello Stato Islamico hanno già espropriato le proprietà dei cristiani fuggiti e hanno anche organizzato azioni simboliche, come il rogo di Bibbie e libri cristiani. Ad affiliati della fazione jihadista dell'IS viene attribuito il rapimento del gesuita romano Paolo Dall'Oglio, scomparso proprio a Raqqa alla fine di luglio del 2013. (Agenzia Fides 15/11/2014).