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mercoledì 15 aprile 2020

Terremoto in Siria e .. curiosità sismiche


Un terremoto di magnitudo 4.7 ha colpito durante la mattinata la costa siriana, 40 km a nord di Latakia ed è stato avvertito in diverse città siriane, in Turchia e a Cipro.
Il Centro Nazionale Siriano per gli eventi sismici ha riferito che un terremoto di magnitudo 4.1 era già stato avvertito all'alba al largo della costa siriana 33 km a nord-ovest di Latakia.
Il Centro ha aggiunto che sono state registrate anche due scosse di assestamento del terremoto. (Fonte: SANA)

Un terremoto di una certa intensità si era già verificato all'inizio di aprile.

Raccogliamo una interessante notizia dalla pagina Facebook del dott. Ali Makhlouf


Nessuna descrizione della foto disponibile.

Gli studiosi siriani sono tornati a focalizzare la grande faglia siro-africana che passa per Masyaf (una città ismaelita nel centro-ovest della Siria), definendo Masyaf come una cittadina che praticamente sta in parte in Africa e in parte in Asia.
Nel villaggio di Al Harif che situato a 3 km a nord della città di Masyaf, si trova l'antico ponte romano bizantino (antico quasi di 2000 anni), costruito su un fiume che attraversa il villaggio. Il ponte si è spezzato nel corso dei secoli e la distanza tra i due lati del ponte è divenuta al giorno d'oggi di 18 metri.
L'immagine può contenere: cielo, albero, montagna, spazio all'aperto e natura

Il geofisico Dott Salman Diab afferma: “Questo ponte spezzato a metà ogni anno si distanzia di quasi 1 cm in un movimento circolare arrivando alla distanza attuale di 18 metri. La causa della rottura del ponte è che vi passa la grande faglia sismica siro-africana. Questa faglia è la continuità della faglia del mar Rosso che separa la placca tettonica africana da quella araba, risale la Siria e passa in quel punto dopo aver attraversato la città di Mesyaf, la divide in due parti fino ad arrivare alla valle dell'Oronte e la valle di Al Ruj”.
L'immagine può contenere: albero, cielo, pianta, spazio all'aperto e naturaIl dottor Salman conferma che questo ponte è stato visitato da molti gruppi di ricercatori e fu studiato nell'incontro mondiale di geologia nel 2009 a Damasco: a questa conferenza parteciparono scienziati da 35 paesi e mostrarono un estremo interesse per questo ponte che viene considerato l'unico luogo sul quale passa questa faglia  che porti due punti stabili sulle due sponde, da un lato la placca africana e dall'altro la placca araba.
Questi due punti stabili mostrano l'evidenza materiale della distanza tra le due placche e tale evidenza è l'unica che si può osservare in tutto il mondo”.

L'immagine può contenere: pianta, albero, spazio all'aperto e natura
Questa faglia sismica passa da fasi attive a periodi di latenza, ogni 250-300 anni circa.
Il sisma si verifica quando si scontrano le due placche tettoniche, è quanto accadde nella storia del villaggio stesso che appunto è chiamato sisma del Harif.
Il sisma dell'Harif ebbe effetti sul castello di Masyaf e devastanti sulla stessa città di Hama.
Il dottor Diaf conclude raccomandando la costruzione di edifici antisismici e che questo fenomeno sia conosciuto a livello internazionale non essendo osservabile altrove nel mondo.

Da tutto questo lo scrittore conclude che la parte ovest del villaggio di Al Harif sta in Africa e la parte est sta in Asia... benché il popolo del villaggio si renda visita senza bisogno di passaporto!
  Con simpatia, dal dottor Ali Makhlouf.

fotografie di Sharif Hadid
traduzione di Samaan Daoud

sabato 21 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria: Qalb Loze

Qalb Loze. Facciate ovest e sud.

                                                       LETTURE PER CAPIRE (3° PARTE)
(1° PARTE: Le Città Morte QUI)
(2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI)

di Maria Antonietta Carta

Nel suo libro sulle Città morte, Joseph Mattern scrive: ‘’Qalb Loze è attualmente più difficile da raggiungere di quando ci siamo stati nell’agosto 1928. Allora, partendo da Aleppo verso Antiochia, oltrepassata ‘Ain Delfe si svoltava a sinistra in direzione di Harim1. Dopo la cessione del Sangiaccato di Alessandretta alla Turchia [1939] e la rettifica delle frontiere, ‘Ain Delfe e il tratto della strada che portava a Harim sono in territorio turco. Si sta studiando un nuovo percorso per Idlib… Quindi, posso raccontare quel che vidi nella precedente escursione archeologica, avvenuta in condizioni eccellenti con la guida del vecchio sheikh druzo di Qalb Loze che ci attendeva a Harim’’. (J. Mattern, Villes Mortes de Haute Syrie, pag 105, Beirouth 1944). 
  Com’era dolce percorrere la Siria prima della guerra!
Io, invece, per arrivare a Qalb Loze partendo da Latakia, percorrevo la strada che conduce a Jisr al-Shughur. Da lì, svoltando a sinistra per Qnaye e, lungo l’antico percorso della via Apamea-Antiochia verso Derkush, dove facendosi strada in una profonda gola del Gebel Wastani, che Strabone chiamò Cariddi, si riversa il fiume Oronte. Derkush: un’oasi di pace e di memorie antiche. I bei campi di melograni coloravano di smeraldo le acque del fiume.
Derkush. Il fiume Oronte
A ridosso del villaggio, tagliate nel fianco della montagna, le cave di epoca romana che avevano fornito i blocchi di calcare per edificare gli edifici monumentali pubblici e privati della grande metropoli di Antiochia, allora capitale della Siria Prima. Ora, invece, in certi tratti, sull’altra sponda dell’Oronte si è praticamente già in Turchia. Grazie ai Francesi. I ragazzini giocavano lieti a tuffarsi da un vecchio ponte nel fiume dove in primavera si rispecchiavano i melograni in fiore, e in autunno centinaia e centinaia di cassette di frutti rossi rubino affiancavano la strada in attesa di essere trasportati altrove… E le grotte oracolari e il sepolcro di un giovane soldato romano con una lapide che recita: ‘’Mamma non piangere. Gli uomini sono mortali’’.
Quante migliaia di giovani vite si sta portando via oggi il rovinoso uragano di un’altra guerra insensata e crudele che da nove anni travolge la mia amata Siria!
 Armanaz, antico centro si pensa fondato da vetrai fenici e famosa per la lavorazione della ceramica tradizionale. Harim, fortezza bizantina edificata da Niceforo Focas e teatro di una famosa battaglia tra l’esercito crociato e Norandino che lì ebbe la meglio e catturò Raymondo III di Tripoli, Boemondo III di Antiochia, Ugo VIII di Lusignano e Joscelin III di Edessa. Paesaggi verdeggianti o gialli assolati o color dell’ocra e grigi calcari con macchie color della ruggine: una indimenticabile tavolozza. Uliveti strappati alle rocce coltivati con sapienza. E continui richiami al passato di una terra antica ricca di tante vicissitudini e di grande civiltà. Con me sempre accogliente. Poco più in basso, che mi sembrava di poterla toccare, la fertile piana di Antiochia e ogni volta a quella vista mi arrabbiavo per la prepotenza feroce e i cinici soprusi del colonialismo.
L’archeologo P. Pasquale Castellana e sullo sfondo la Piana di Antiochia
I ricordi si affollano e vogliono essere rievocati. Mi accade sempre quando inizio a raccontare i miei giorni siriani, di cui ho profonda nostalgia. È difficile smettere, anche se con essi si rinnova lo strazio insopportabile per le vicende terribili che insanguinano, distruggono, saccheggiano e tentano con ogni genere di nefandezze di smembrare quello splendido Paese, fino a dieci anni fa in pace e ora vittima della guerra imposta dal nostro incivile Occidente. Rabbrividisco ogni volta al pensiero di questa incessante persecuzione cruenta e dell’ingordigia dei Turchi che si vogliono impadronire di un’altra parte della sua terra e della sua anima.  

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Qalb Loze (il Cuore del Mandorlo in arabo) - situato sulla sommità di un colle tra due altri borghi antichi, Qirq Bize e Behio - fa parte di un gruppo di villaggi drusi del Jebel el-A’la, nati a partire dal X secolo e lontani dalle principali concentrazioni del sud della Siria. Fino a metà degli anni 50 del secolo scorso, i Druzi vivevano nelle abitazioni antiche. La regione del Jebel el-A’la fa parte della provincia di Idlib. Quella provincia che la Turchia sogna di annettersi con la complicità dell’Occidente, come accadde 80 anni fa grazie ai colonizzatori francesi, che per averla dalla loro parte contro la Germania durante la seconda guerra mondiale le  regalarono una parte della Siria. La turpe abitudine di spartirsi i territori altrui continua cinicamente a procurare sofferenze indicibili in questa parte del mondo.
Dopo le rovine di Benabil - con le sue ville antiche ornate di cornici, capitelli dorici e corinzi, timpani, porte e finestre scolpite, sopra il villaggio su un piedistallo l’unica colonna alta 10 metri di un sepolcro romano che un tempo era distilo – e oltrepassati i siti antichi di Khirbet Barish e Kirk Bize, si arriva alla Basilica di Qalb Loze: capolavoro architettonico della seconda metà del V secolo.
 In cima a un colle solenne e imponente, nonostante la semplicità della pietra calcare scolpita con sobria eleganza, essa ci ricorda la maestria degli antichi artigiani. I grossi blocchi di calcare sono perfettamente lavorati e uniti senza alcun elemento coesivo. Il suo interno, che misura m. 25 x 15, è diviso in tre ampie navate separate da due file di tre larghe arcate poggianti su eleganti capitelli corinzi di possenti pilastri e decorate con motivi floreali e geometrici. La navata centrale termina in una grande abside semicircolare di blocchi di pietra ben lavorati. L’archivolto scolpito dell’abside con una colonnetta a ogni lato è veramente di grande effetto. Sulla chiave di volta, era rappresentato il Cristo sostenuto da due angeli. Nei muri sopra gli archi, si apre il claristorio con finestre rettangolari separate da mensole e colonnette che sopportavano l’armatura del tetto sopra la navata centrale. Una cornice regge i beccatelli su cui posano le sottili colonne che alleggeriscono la grande parete. Il coro, sopraelevato, si estende oltre l’abside e vi si accede da cinque gradini. Dietro i muri che racchiudono il coro, a sinistra la prothesis e a destra il diaconicon. Il diaconicon era riservato al clero; la prothesis era invece aperta ai fedeli che vi portavano le loro offerte. Sopra questi due locali si alzavano le camere che attraverso una porta conducevano a un balcone nel coro. La copertura della grande navata era in legno, mentre le navate laterali avevano il tetto a terrazza, con lastroni lunghi 5 m circa, che permetteva una illuminazione migliore dalle finestre del claristorio, L’abside semicircolare conserva intatta la sua cupola e il presbiterio sopraelevato.
Nelle proporzioni e nei motivi scolpiti (archi, acanti, intrecci, simboli cristologici e floreali etc.) gli elementi greco-romani si incontrano armoniosamente con le innovazioni degli architetti e artigiani-scultori siriani. Infatti, al piano basilicale classico si uniscono i pilastri e i grandi archi che rappresentano una novità.
La sostituzione delle colonne con pilastri sarebbe diventato un elemento caratteristico delle chiese siriane posteriori quali la basilica di S. Sergio a Resafe (480-500) e quella di Bizos del VI secolo a Ruweiha, dove saranno ancora più massicci.
Le innovazioni più notevoli si riscontrano però all’esterno. Le basiliche edificate nello stesso periodo in Italia, a Costantinopoli o altrove in Europa, normalmente molto ricche all’interno, a parte la facciata principale non presentano rilievi e ornamenti; invece i Siriani le abbelliscono con simboli e motivi vegetali scolpiti, con colonnette e modanature in rilievo che incoronano le finestre. 
Basilica di Qalb Loze. Sezione della navata centrale, (de Vogüé)

Qalb Loze. Particolare interno della Navata laterale sud

Di particolare interesse è la facciata Ovest, con due torri laterali su tre piani che incorniciavano un vasto portico con arco a tutto tondo sormontato da una terrazza. Oggi, di essa resta soltanto la base del lato sinistro dell’arcata, oltre la quale si apre un portale, dove l’arco di scarico sostiene il peso del muro sopra la porta. A Qalb Loze, questo elemento caratteristico dell’architettura siriana, già presente a Palmira e nel tempio di Giove a Damasco, raggiunge la sua piena realizzazione. Tra le volute delle finestre delle torri, al piano terra, sono scolpite colonnette di stilita. 

Basilica di Qalb Loze. Facciata ovest
Nella facciata sud, si aprono tre porte, di cui una destinata agli uomini e una, la più lontana dal santuario, alle donne: entrambe decorate finemente1, e numerose finestre coronate con modanature, altro tratto originale, che si prolungano ad avvolgere l’edificio.  
Basilica di Qalb Loze. Facciata sud
Basilica di Qalb Loze. chiave di volta dell’arco dell’abside. (Tchalenko)  
A est, dietro il presbiterio, l’abside semicircolare sporge dal muro dritto: ancora un elemento nuovo. Nella maggior parte delle chiese siriane precedenti, essa era incassata nel muro dritto e ciò necessitava un lavoro complesso e una muratura massiccia. L’esterno dell’abside, simile a quella della basilica di S. Simeone, è abbellito da un doppio ordine di sei colonnine addossate e incoronato da una cornice classica. Le colonne dell’ordine superiore poggiavano direttamente sul capitello di quelle inferiori. 
Basilica di Qalb Loze. Abside (de Vogüé)
Basilica di Qalb Loze. Abside. 
Qalb Loze è indubbiamente una delle più belle chiese paleocristiane che gli antichi Siriani abbiano edificato. Come abbiamo già visto, qui alla classica pianta basilicale si uniscono innovazioni importanti dell’arte architettonica e decorativa autoctona quali lo spettacolare arco del nartece e le torri laterali, che troveranno compimento secoli dopo nell’arte romanica in Europa. Speriamo che la barbarie la risparmi.
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(1) La Harenc dei Crociati, che l’occuparono nel febbraio del 1098 dopo la vittoria di Boemondo sui Turchi a Jisr el Hadid. Essi vi stabilirono una sede vescovile.

mercoledì 4 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria : Città Morte del Massiccio Calcare

LETTURE PER CAPIRE (2° PARTE)
(1° PARTE QUI)

2. Le chiese paleocristiane
Di Maria Antonietta Carta

Il Massiccio Calcare
Da li, in epoca romano-protobizantina, si esportava nel resto della Siria e in altre parti dell’impero l’olio di oliva, prodotto di grande valore commerciale per il suo vasto impiego: saponi, lubrificanti, cosmetici, unguenti, base dell’alimentazione popolare, illuminazione pubblica e privata. Anche i suoi vini erano conosciuti a Roma e in Gallia.

Nel IV secolo, vi si stabilirono i primi monaci cristiani e, a partire dal V secolo, i pellegrini cominciarono a giungere da Oriente e Occidente per venerare Simeone stilita. Conserva più di settecento siti con migliaia di edifici, tra cui vestigia di 1200 chiese, una ogni 3 km2 e, visitandolo si assiste all’ininterrotto sviluppo, dal I VI secolo, di un’architettura nata dall’occupazione romana, ma più vicina a quella apparsa tra il Mediterraneo e l’Altipiano iranico e con originali apporti dell’arte della costruzione locale, soprattutto nell’impiego delle pietre di grosso taglio senza alcun elemento coesivo. Questa regione della Siria, (lunga 140 Km circa in direzione Nord-Sud e larga dai 20 ai 40) compresa tra Antiochia, terza metropoli dell’Impero Romano, Aleppo antichissimo emporio internazionale, Chalcis ed Apamea centri carovanieri e strategici, ricca di vestigia storiche è oggi vittima della bramosia di conquista di uno degli arroganti governanti dei nostri giorni oscuri: il presidente della Turchia Erdogan. Ho frequentato e studiato per lunghi anni questi luoghi ora devastati dalla guerra e voglio raccontarveli così come sono scolpiti nella mia memoria.

Lasciando Aleppo, la confusione, i rumori, le mille atmosfere di quella vivace città mediorientale e dirigendosi a Nord-Ovest verso la via che, anticamente, portava ad Antiochia o verso Sud-Ovest alla volta di Apamea, si iniziava un viaggio in luoghi formati per lo più da altipiani e colli di gruppi montagnosi situati tra le steppe dell’Est e il Mediterraneo: i Gebel (montagna in arabo) Sim’an a Nord, Barisha-A’la-Wastani al centro e a Sud il Gebel Zawiye che, nella parte orientale degrada verso la steppa. Si tratta di territori quasi privi di risorse idriche: un deserto petreo spesso mitigato soltanto da radi e stentati lazzeruoli, allori e pistacchi selvatici, forse fantasmi di boschi un tempo lussureggianti, macchie di terra rossa sottratta da tenaci contadini alle rocce per coltivarvi l’ulivo e da due fertili piane interne, Sarmada e Rouj. Ma, guardando con attenzione, dal confuso magma del calcare ecco che si delineava il contorno di edifici solitari o di interi paesi con strade ingombre di massi squadrati, muri bordati di portici a pilastri o colonne, porte o finestre con architravi scolpiti, parapetti di balconi, capitelli. Non mi sono mai stancata di quei panorami e di quelle vestigia tante volte incontrati, dei silenzi e delle atmosfere di luoghi dove il tempo sembrava essersi fermato per oltre settecento anni.

Il Massiccio Calcare fu tra le prime regioni della Siria colonizzate dai Romani: l’Antiochene e l’Apamene. Traiano l’aveva assegnata a veterani emeriti e funzionari indigeni che vi avevano edificato le prime ville e introdotto la coltivazione intensiva dell’ulivo e della vite. A partire dal I secolo, furono edificati borghi, villaggi e, nelle alture, templi. Dal III secolo, vi si stabilì una popolazione semitica e i latifondi lasciarono il posto a medie e piccole proprietà. Lungo le piste carovaniere e la via Antiochia-Chalcis, fino alla conquista araba ponte tra Ctesifonte, Bisanzio, l’Asia e il Mediterraneo, si incrociavano soldati, pellegrini e mercanti. Nella seconda metà del VI secolo, ebbe inizio il declino. Le cause furono molteplici: invasioni di cavallette, peste, siccità, terremoti, incursioni dei Persiani e, dopo la conquista araba, il blocco del Mediterraneo da parte dei Bizantini, che secondo alcuni storici causò la fine dei commerci tra Occidente e Siria. Dal X secolo, chiusero anche i grandi complessi monastici, tra cui il famoso convento di Teleda, quando i monaci si schierarono a fianco dei principi musulmani contro Costantinopoli intenzionata a riconquistare la Siria. Il Massiccio fu terra di frontiera nel periodo delle Crociate: si costruirono cittadelle, si fortificarono numerosi monasteri e chiese e vi si svolsero battaglie cruente come quella dell’Ager Sanguinis presso Sarmada (28 giugno 1119) tra l’esercito di Ruggero principe di Antiochia e le truppe di al-Ghazi. Steli funerarie e vestigia di moschee attestano un parziale ripopolamento e una certa rinascita economica durante il regno Ayyubide (1169-1291). Con l’occupazione mamelucca (1291) e ottomana (1515) fu decadenza totale. La regione rimase quasi isolata dal resto del Paese fino agli ultimi decenni del XIX secolo, epoca in cui ricominciò lentamente a popolarsi. Durante la prima metà del XX secolo, i nuovi abitanti continuavano a stabilirsi negli antichi edifici.

Chiese paleocristiane del Massiccio Calcare
Scrive lo storico di arte paleocristiana, bizantina e altomedievale André Grabar in: L’age d’or de Justinien: ‘’Il numero di chiese in Siria durante i secoli V e VI è superiore a quello di altre provincie dell’impero di quella medesima epoca.’’ La Siria è dunque un luogo privilegiato per la storia dell’architettura cristiana e il Massiccio Calcare, essendo rimasto disabitato in gran parte per centinaia di anni, custodisce numerosissimi edifici sacri paleocristiani nelle loro forme originali; un numero maggiore di quanto, forse, possa contarne qualsiasi altra regione della terra.
Anche piccolissimi villaggi ne possedevano due o tre, e alcuni siti conservano vestigia di quattro, cinque, sei e persino otto chiese. Il fiorire di edifici sacri presso quelle comunità rurali non dipendeva dal numero degli abitanti, ma dalla sua composizione etnico-religiosa: popolazione semitica ed ellenistica, dispute cristologiche, soprattutto tra Calcedonesi e Monofisiti, all’interno dello stesso villaggio, come mi insegnò il P. Pasquale Castellana durante le nostre escursioni in quei luoghi straordinari, ’’Se i fedeli che aderivano al Concilio di Calcedonia avevano la loro chiesa a Sud, quelli anticalcedonesi ne costruivano una a Nord; se la prima era situata a Ovest, un’altra era costruita dagli antagonisti a Est.’’ Già dal IV secolo, si veneravano le reliquie dei martiri. Le loro ossa, distribuite alle chiese, erano collocate dentro urne di pietra (reliquiari) posti accanto all’altare del presbiterio.
reliquiario


I fedeli versavano l’olio in un foro a imbuto, praticato nel coperchio, e lo raccoglievano con panni e fiale da una nicchia sotto la fossetta che conteneva le reliquie. Nella prima metà del secolo V, la cappella della navata a Sud, prothesis, diventò Martyrium.

La chiesa di Qirq Bize, nel Gebel A’la, è particolarmente interessante per la storia dell’architettura sacra in Siria. Appena anteriore o di poco successiva all’Editto di Costantino (313 d.C.), segna il passaggio dalla Domus-ecclesiae precostantiniana ai luoghi espressamente di culto. Fu concepita in funzione delle case e di un edificio pubblico, l’andron, tipico di quella regione. Dell’architettura domestica riprende la posizione Est-Ovest, il cortile con porticato (che sostituiva il temenos dei templi politeisti) e le due porte nel lato sud. Aveva un’unica navata rettangolare (di m. 14,75 x 6,40) con il bema (lungo m. 3,77) e il santuario, o presbiterio, che occupava l’estremità est. Il santuario, profondo 3 m. circa, era rialzato rispetto al resto della sala e vi si accedeva per mezzo di due gradini. Ai lati del primo gradino, erano collocati due reliquiari, (e altri tre stavano accanto alla parete sud del santuario). Il secondo gradino, l’arco trionfale, il martyrion e una balaustra decorata da simboli scolpiti furono aggiunti in tempi successivi. Il porticato, a colonne, poggiava su una piattaforma rocciosa. Nel cortile, come nelle case, una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana: coperta da cinque lastre di pietra e con un’apertura quadrata. L’ingresso del cortile era monumentale.
Le chiese di Ishroq e Ma’ramaya (Gebel Barisha) sono quasi contemporanee e simili a Qirq Bize per le dimensioni e le caratteristiche architettoniche. A Nouriye (Gebel Barisha) si conserva la prima chiesa con abside sporgente e a Banqousa (Gebel Barisha) la prima basilica. Della stessa epoca, sono le basiliche di Sinhar, Borj Heidar, Kharab Shams, nel Gebel Sim’an, tutte con le arcate della navata centrale sostenute da colonne.
Borj Heidar
Kharab Shams
 Dopo il concilio di Efeso (431 d.C.), a Sheikh Souleiman (nel Gebel Sim’an) fu edificata una basilica in onore della Madonna.
I templi cristiani non nascono isolati e dominanti sulle alture come i templi politeisti ma, a eccezione delle cappelle monastiche, fanno parte del centro abitato. Le chiese del IV secolo sono piccole, allungate e massicce, hanno stretti colonnati, l’abside affiancata da due locali laterali e quasi sempre chiusa all’esterno da un muro dritto. Gli elementi decorativi sono pochi, semplici e limitati a capitelli, architravi, che recano scolpiti i primi simboli cristiani (croci greche e di Malta, monogrammatiche, a sei bracci inscritte in cerchio) e al marthyrium. Verso la fine del secolo, acquista risalto la facciata ovest. Dal V secolo, che vede operare uno tra i pochi architetti di cui è conosciuto il nome, Markianos Kyris, lo stile architettonico e quello decorativo si affinano sempre piu e acquistano tratti originali. La scultura di Lintelli, pareti, archivolti, cornici diventa esuberante e artisticamente notevole. I motivi essenziali: croci a sei o otto bracci, chrismon, rosette a sei petali, elici, si sviluppano in innumerevoli varianti stilistiche, sono scolpite in rilievo e talvolta racchiuse o anche costituite da nastri perlati, motivi accordellati e, con termine improprio, arabescati, provvisti di borchie all’esterno o di perle o globuli all’interno (motivi che si trovano anche nella decorazione degli edifici civili). Le finestre, talvolta, si fanno geminate con la separazione di una colonnetta.


 








Alcuni elementi sembrano anticipare il romanico. Ricordiamo, tra le tante di questo periodo: le basiliche di Babisqa, Kseijbe, Dar Qita, Qasr el-Banat, Sarfoud, Taqle e Mouchabbak.



Baqirha



Alla fine del V secolo, con le basiliche di Qalb Loze e S. Simeone Stilita che racconterò in seguito) e durante tutto il VI, l’architettura sacra raggiunge il suo pieno sviluppo. Si costruiscono una quantità straordinaria di chiese, battisteri, cappelle monastiche. Le absidi diventano profonde, escono sempre più frequentemente dal perimetro dell’edificio e in alcuni casi sono circondate da due ordini di colonne. Le arcate si allargano e le colonne della navata centrale, ormai più alta, ampia e luminosa, sono anche sostituite da robusti pilastri, elemento originale, come a Qalb Loze, o Roweiha, dove compare per la prima volta l’idea dell’arco trasversale. Archi trionfali e capitelli sono superbamente scolpiti, porte finestre sottolineate da modanature che possono prolungarsi fino ad avvolgere l’intero edificio. L’esterno diventa monumentale. I cortili, più vasti, ospitano battisteri e mausolei, e le facciate si arricchiscono di finestre o torri laterali unite da un arco che forma vestibolo e atri, come a S. Simeone, Qalb Loze, Tourmanin, Rouweiha. In casi eccezionali, la basilica è situata al centro di un temenos, ma continuano a costruirsi le semplici chiese a una sola navata e le basiliche a tre navate tipiche della regione.
Sitti el Roum
Deir Sim'an

Le fotografie sono dell'autore dell'articolo 

martedì 25 febbraio 2020

Abbandonate ma non dimenticate: le antiche grandi chiese e Città Morte della Siria

Proponiamo un breve reportage di viaggio, come introduzione alla pubblicazione del successivo studio approfondito di Maria Antonietta Carta dedicato alla fioritura dell'architettura sacra e ai movimenti ascetici nel Massiccio Calcare, con particolare rilievo su San Simeone lo Stilita.

Di Susan Dirgham - Beloved Syria, 18 febbraio 2020



Città Morte, Siria, 2004 (di Chris H.)
L'autore di questo articolo, Jack Bettar, è uno studente di Sydney, in Australia, che ha una profonda passione per la storia e la scrittura. Ha pubblicato numerosi articoli sulla prima migrazione siriana a Sydney. Ha anche registrato storie orali di migranti siriani come un modo per conservare e tramandare sia le esperienze individuali che quelle comunitarie. Attualmente sta curando una mostra archivistica permanente che celebrerà i 125 anni di storia della Chiesa cattolica Melkita in Australia. Jack è anche un musicista appassionato, suonando sia musica classica che contemporanea e araba. È stato invitato a esibirsi alla Great Hall dell'Università di Sydney nel 2015.
Sparso tra fertili montagne, tra ulivi e pistacchi, e attraverso colline calcaree spazzate dal vento, si trova un assortimento di antiche rovine, alcune misteriose, ma tutte preziose non solo per la storia della Siria ma per la storia dell'umanità in generale.
Nei governatorati di Aleppo e Idlib (province), si possono trovare spunti unici e rari sulla vita di oltre millecinquecento anni fa e forse il più bel deposito al mondo di chiese e monasteri bizantini da scoprire.
Immagini: la Basilica di Qalb Lozeh.
An adorned arc at the 5th century basilica in Qalb Lozeh village in northwestern Syria on Thursday. Photo: AFP
Fu da Idlib, in particolare nella cittadina situata lungo la strada polverosa di Qalb Lozeh (tradotto come "Cuore di mandorle"), che arrivò l'ispirazione architettonica per la cattedrale più iconica e splendente del mondo, Notre Dame de Paris. Sebbene parzialmente in rovina, la basilica, costruita in pietra calcarea locale a metà del V° secolo, si trova ancora in tutto il suo splendore, in cima a una collina.
Ogni visitatore di Parigi ricorderà per sempre l'iconica facciata a doppia torre, la caratteristica che differenzia Notre Dame dalle cattedrali sue contemporanee, ma pochi sapranno che la prima chiesa a vantare questo grandioso design fu la Basilica di Qalb Lozeh a Idlib, ed anche che questa chiesa è un "antenato" di altre grandi cattedrali gotiche d'Europa.
Il suo stravagante nartece arcuato (In architettura, parte della basilica paleocristiana e bizantina riservata ai catecumeni e ai penitenti N.D.T.) ha accolto migliaia di pellegrini provenienti da tutta la Mezzaluna Fertile e oltre, molti dei quali intraprendevano il loro viaggio per ascoltare uno strano e devoto eremita (San Simeone) mentre predicava seduto su un pilastro per oltre 30 anni, proprio nel punto in cui in seguito una chiesa, commissionata dall'imperatore bizantino Zenone, sarebbe stata eretta in suo onore.
L'immagine può contenere: cielo, spazio all'aperto e natura
Uno struggente senso di bellezza lascia stupito il visitatore della chiesa di San Simeone lo Stilita. Il complesso di oltre 5.000 metri quadrati della chiesa di San Simeone, costruita nel V° secolo dopo la morte del santo, comprendeva quattro basiliche, un monastero, alloggi, due chiese minori e un battistero, rendendolo il più eccezionale e più grande complesso religioso del suo tempo, non superato in tutta la cristianità fino alla costruzione di Santa Sofia a Costantinopoli (l'odierna Istanbul).  A differenza della Basilica di Santa Sofia, la chiesa di San Simeone, nell'odierno governatorato di Aleppo, fu costruita su una collina a decine di chilometri dalla città più vicina. La chiesa a forma di crocifisso custodiva la colonna di San Simeone al centro, dove si trova ancora [fino all'occupazione dei barbari di Al Nusra N.D.T.]. Per diversi secoli, i pellegrini sarebbero venuti alla chiesa e avrebbero staccato una scheggia dalla colonna, lasciandone solo un moncone.
Sebbene la credenza comune ponga le radici del rito maronita in Libano, a 30 minuti di auto dalla chiesa di San Simeone si arriva alle rovine di Brad. Qui, il patrono San Marone è nato ed è sepolto. La tomba modesta forma un complesso molto più grande tra cui la Chiesa Julianos, costruita dalla fine del 4° secolo ai primi anni del 5°, solo pochi anni prima della morte di San Marone e prima che Qalb Lozeh fosse edificato. La storia maronita in Libano iniziò solo molti secoli dopo.
La chiesa di Julianos, la Basilica di Qalb Lozeh, la chiesa di Saint Simeon e le rovine di altre chiese bizantine si trovano in un'area classificata nel 2011 dall'UNESCO come "Le città morte della Siria settentrionale".
Oltre alle imponenti rovine menzionate sopra, centinaia di siti meno importanti nelle Città Morte che sono notevolmente conservati, forniscono informazioni sulla vita antica attraverso l'esistenza di ville, torchi per l'uva, bagni pubblici insieme a frantoi per le olive e mulini. Questi villaggi forniscono un'eccezionale illustrazione del diffuso sviluppo del cristianesimo in Siria e nel Vicino Oriente e un'impareggiabile dimostrazione degli stili di vita e delle pratiche culturali di queste civiltà rurali.
I villaggi più famosi sono Serjilla e Bara sul Jebel Riha. A Bara, un insediamento che un tempo doveva essere stato circondato da vigneti e uliveti, sorgono appariscenti tombe piramidali e sarcofagi che si trovano unicamente solo in questa Città Morta.
Ross Burns, ex ambasciatore australiano e autore di "I monumenti della Siria: una guida", scrive che le città morte sono "un grande enigma archeologico". I lettori sono incoraggiati a sondare questo mistero. Burns scrive che nel X° secolo la regione era deserta; era "una zona di frontiera tra Bizantini e Arabi". Poi, nel tempo, le rotte mercantili furono interrotte e città agricole come Serjilla, che prosperarono nel commercio, si sciolsero nel paesaggio ormai sterile, lasciandosi dietro, lentamente sbiadendo, la testimonianza fisica della magnificenza di questi siti nei loro primi anni. Di fatto queste città si trovano nel territorio di due province balzate sulle prime pagine, sono un promemoria per l'antica gloria di questa regione e per il loro significato e l'influenza sul mondo. Si può sentire il potere delle pareti calcaree e sebbene permeate da una atmosfera inquietante a causa della mancanza di turisti, mantengono ancora il loro splendore e fascino romantico.
Immagini scattate in Città Morte, 2004. Susan Dirgham
Per maggiori informazioni
Nel villaggio di Qalb Lozeh nella Siria devastata dalla guerra, questa chiesa che "ha ispirato la Cattedrale di Notre Dame" è ancora in piedi , pubblicato su South China Morning Post , 20 aprile 2019
e su MiddleEastArchitect, 13 giugno 2019
Di seguito sono riportati i mosaici del periodo descritto nell'articolo. Provengono da una chiesa del governatorato siriano di Hama, che confina con Idlib e Aleppo.
Mosaico della Chiesa di San Michele, Huarte, 487 d.C. (cartolina)
Mosaici della chiesa di Huarte, Siria, V° secolo d.C. (cartoline)

venerdì 23 marzo 2018

Invocazione a Santa Rafqa, perché protegga la sua gente e la sua terra da altre e peggiori distruzioni.

Oggi la Chiesa fa memoria di Santa Rafqa


 Santa Rafqa (1832-1914), monaca libanese maronita che votò la propria esistenza al servizio di Dio. La sua fu una vita di intense sofferenze, autentiche gioie e vero amore per il prossimo. 
Già pochi giorni dopo la sua morte cominciarono a manifestarsi i primi miracoli per sua intercessione, la maggior parte guarigioni prodigiose 

per conoscerla, vedi: 
 http://www.charbelfriends.com/santa_rafqa.html




Intanto, continua il piano di cancellazione della memoria cristiana dalla terra in cui nacque il Cristianesimo

Dopo aver distrutto il sito di Ain Dara,  ieri l'aviazione turca ha bombardato l'antico sito Brad, situato a sud della città di Afrin e iscritto nella lista dei siti del patrimonio mondiale dell'UNESCO dal 2011.
Il direttore generale delle Antichità e dei Musei Siriani, Mahmoud Hamoud, ha detto che il bombardamento su Brad ha causato la distruzione di molti resti archeologici importanti, tra cui il mausoleo di San Marone, il fondatore dei Maroniti, e la chiesa di Julianos contenente il mausoleo.
"Questa aggressione è una nuova prova dell'esistenza di un piano sistematico per distruggere il patrimonio e la civiltà in Siria", ha detto, ed ha esortato le organizzazioni internazionali competenti che hanno iscritto questi siti nelle loro liste a fare il loro dovere "morale e umanitario" nel condannare l'aggressione turca in corso contro i siti archeologici siriani. 
La storica città di Brad, dove St. Maroun viveva una vita di pietà e dove era sepolto, è una testimonianza vivente di un periodo importante nella storia della Siria , la culla del cristianesimo.
Il villaggio, che si trova a 30 chilometri a nord-est di Aleppo, contiene la chiesa di Julianos, che è tra le più grandi della Siria settentrionale. Fu fondata nel tardo IV secolo d.C., e St. Maroun fu sepolto in una cappella che fu aggiunta in seguito. I documenti dicono che la chiesa di Julianos rimase l'unica chiesa della città per oltre 150 anni e che fu costruita sul sito di un tempio pagano. La chiesa di Julianos è lunga 42 metri, larga 22,5 metri e si compone di tre sezioni come si vede nel modello basilicale delle chiese, separate da due file di archi con la sezione centrale che contiene il santuario.
La chiesa del Martyrium, una piccola cappella, fu aggiunta alla chiesa 8 anni dopo la sua costruzione, e lì St. Maroun fu sepolto. St. Maroun nacque nel villaggio di Korash, a 45 chilometri da Aleppo, il suo nome significa "Piccolo Maestro".
Gli storici ritengono che il villaggio di Brad fu la capitale del Jebal Semaan (la montagna Samaan) durante il 4° e 7° secolo d.C, quando fu chiamato Kafer Brad, ed è la più grande città archeologica in quella zona. Prosperò durante il 2° e 3° secolo d.C come testimoniano le grandi strutture che risalgono a quel tempo che comprendono un andron (una struttura per intrattenere gli ospiti), un mercato, un bagno pubblico, un altare romano, frantoi e case di varie dimensioni.

 Jabal Semaan ha 25 villaggi e 32 templi e chiese costruiti tra il IV e il VII secolo dopo l'era cristiana. Qui c'è la chiesa più antica del mondo: Fafertine. Sul suo architrave è incisa la data della sua costruzione: 372 dC.  Più a sud, sulle rovine del tempio del dio Nabo, San Marone costruì, nel 398, la sua chiesa o basilica lunga 27,30 m e 16 m di larghezza. Dopo la morte di Saint Maron, Kfar Nabo si dotò di un hotel a due piani per accogliere i pellegrini. Costruito tra il 504 e il 505, ha facciate di colonne quadrate. Le croci sono incise sugli architravi, una delle quali reca la seguente iscrizione: "Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Dio si prende cura della nostra entrata e uscita. Per adempiere al voto di Zaccheo nel 553 " (che è equivalente nel calendario di Antiochia al 504/505 d.C.). L'area comprendeva anche un tempio dedicato alle reliquie dei martiri, la sua data di costruzione, 574 secondo il calendario di Antiochia, è incisa in siriaco sull'architrave del suo ingresso meridionale. Un certo numero di frantoi oleari indica l'espansione della coltivazione dell'olivo a Kafr Nabo, uno risalente al terzo secolo d.C.  Fino ai giorni odierni, la zona è ricca di oliveti fecondissimi . Da qui , ahimè prende il nome ' l'Operazione Ramo d'Ulivo ' dei Turchi.
“Nemmeno l’invasione mongola aveva fatto questi danni”, commenta il Direttore Mahmoud Hamoud.