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giovedì 23 febbraio 2017

Padre Ibrahim: nel cuore della popolazione siriana la speranza della pace non si affievolisce

Padre Ibrahim Alsabagh, parroco latino di Aleppo, commenta l’odierna fase di colloqui in Svizzera:

Radio Vaticana, 23/02/2017
R. – Sicuramente, ogni tentativo di dialogo e ogni appuntamento tra le diverse parti per noi è un grande segno di speranza. Siamo realisti, sappiamo quante sfide ci sono… abbiamo saputo che le rappresentanze di alcune parti sono composte solo di poche persone ma, dall’altra parte, rimane un segno di speranza per un futuro migliore.
D. – Padre Ibrahim, tra due settimane sarà il sesto anniversario dello scoppio prima delle proteste e poi di tutta una serie di eventi che hanno poi portato alla catastrofe della guerra. Lei che risultati vede, oggi?  R. – Sicuramente, vediamo la gente più sofferente, più appesantita, più povera. Ad esempio, ad Aleppo abbiamo grande difficoltà con l’acqua, perché l’Is ha tagliato le condutture verso la città; l’elettricità non esiste e per tutti, significa mancanza di lavoro. E tutto questo sempre con i prezzi alle stelle. E’ una situazione diciamo “post-guerra”, anche se non è finita per Aleppo, ma questo post-guerra significa sempre sofferenza e tante attese.
D. – Uno dei posti dove ancora si lotta, ad esempio, è Idlib: c’è stato un allarme dell’Unicef per i bambini, che torna a farci pensare quanto siano stati protagonisti in questi sei anni. Ecco, l’infanzia ad Aleppo: come stanno i bambini? Hanno ripreso la scuola? Sono rimasti, i bambini?  R. – Sì, ci sono i bambini sempre con i segni della sofferenza, di tanti shock psicologici, ma non solo i bambini. Vediamo anche tantissime donne con disturbi, tantissimi uomini anche mutilati; vediamo questo ogni giorno e sappiamo che se ad Aleppo è così, allora anche in ogni luogo della Siria.
D. – Prima, la Siria era il luogo del dialogo; ora a Ginevra si combatte per ricostruirlo, questo dialogo. Secondo lei, c’è spazio, oggi, con quello che è accaduto, per tornare a stare insieme?  R. – Sicuramente, per noi c’è sempre la possibilità di un dialogo, di ricucire questa bellissima società-mosaico che è stata lesa nella sua unità. Quello che cerchiamo di fare noi è di andare incontro all’altro: non importa cosa l’altro abbia fatto ieri, noi gli andiamo incontro con tutto quello che possiamo fare, nonostante le nostre ferite, i nostri limiti come Chiesa locale. Per me è molto facile ricucire o aprire un dialogo: basta uscire in strada, basta dire buongiorno a una persona, soffermarsi ad ascoltare la sofferenza, basta bussare alla porta di un capo religioso e fare una visita.
D. – Si può tradurre in politica, questo?   R. – Le cose grandi iniziano dalle cose piccole, dalle cose più semplici: da una stretta di mano, da un sorriso, da un saluto dal cuore… Abbiamo tanta speranza che questi semi facciano veramente grandi miracoli. E noi riusciamo a vederli, specialmente quando si tratta delle Chiese: noi possiamo oggi fare molto, molto di più di quello che i canali istituzionali possono fare.
D. – Lei dice quindi anche a livello di dialogo interreligioso?   R. – Certo. Come concittadini, come persone, come responsabili di un cammino possiamo fare tanto. La Chiesa qua, per esempio, ha una grande influenza, un grande potere morale che può, spesso, cambiare anche il camino di un popolo. Noi sentiamo questa forza, oggi, e cerchiamo di approfittare proprio di questa nostra autorità morale per riprendere in mano il timone e cercare di guidare il Paese verso il dialogo, verso la pace.

domenica 30 ottobre 2016

Fra Ibrahim: "Ad Aleppo si combatte una guerra totale"

SIRIA. CRONACHE DI GUERRA E DI SPERANZA DA ALEPPOdi IBRAHIM ALSABAGH   Edizioni Terra Santa


Racconta la notte di Aleppo, Padre Alsabagh, “un istante prima dell’alba”. Come il titolo del suo libro, che raccoglie lettere e impressioni della vita del sacerdote dentro “l’apocalisse” del conflitto siriano.

Occhi della Guerra, 28 ottobre

Un istante prima dell’alba”

Racconta il dolore di “aspettare insieme ad una madre, le notizie dei due figli intrappolati sotto le macerie del quarto piano di un edificio, con le lacrime negli occhi ed il Rosario in mano”. Racconta il dolore di “accompagnare, mano nella mano, una madre e un padre al funerale del loro unico figlio di sette anni”. Padre Ibrahim Alsabagh, è, infatti, prima di tutto un sacerdote, che cura le anime afflitte di chi ad Aleppo resta anche solo “perché qui, almeno, ha un posto al cimitero”. Ma è anche un “vigile del fuoco, un infermiere, un badante”. In un posto in cui “la vita è impossibile”. Oggi ad al Shahba, un quartiere occidentale controllato dalle truppe governative, poco distante dalla parrocchia di Padre Alsabagh e dal convento dei frati francescani della Custodia di Terra Santa, sei bambini sono morti ed altri 15 sono rimasti feriti, nel bombardamento di una scuola da parte dei ribelli. Altri tre bambini hanno perso la vita in un altro attacco dei ribelli nel vicino distretto di Al Hamdaniya.

È una situazione impossibile per la vita”, racconta Padre Alsabagh presentando il suo libro ai giornalisti, “viviamo da più di tre anni senza elettricità, per settimane rimaniamo senza acqua, l’80% delle famiglie della nostra comunità sono senza lavoro, il 92% sono sotto la soglia della povertà e il 30% vive nella miseria più totale”. “Mancano ospedali attrezzati, mancano i medici perché la maggior parte sono scappati all’estero, mancano le medicine”, racconta il sacerdote. Sono molti quelli che scappano, “che si buttano nelle braccia dei pirati” pur di avere una possibilità di sopravvivere. “Ad Aleppo sono rimasti solo i più poveri”, spiega il sacerdote, “oppure quelli che sono convinti di rimanere, che sperano in un futuro migliore e pensano che valga la pena, dopo aver aspettato cinque anni, aspettare ancora un po’”. “Davanti al dramma di un popolo in agonia, ci siamo rimboccati le maniche, con la semplicità francescana e ci siamo inchinati davanti alle piaghe dell’umanità, davanti a chi viene privato ogni giorno, centinaia di volte, della propria dignità umana”, racconta Padre Alsabagh, “anche se nessuno, oggi, nel mondo è all’altezza di dare una risposta ad una crisi umanitaria come quella in corso in Siria, ed in special modo ad Aleppo”.

I civili ostaggio dei ribelli ad Aleppo Est

Abbiamo sentito di 12 persone ad Aleppo Est, uccise dai ribelli perché provavano ad uscire dai corridoi umanitari per consegnarsi all’esercito regolare e di un capo religioso musulmano, che aveva organizzato una manifestazione pacifica per chiedere il permesso alle milizie di fare uscire tutti gli innocenti, che è stato ammazzato dai ribelli”. 
Padre Alsabagh testimonia una realtà diversa da quella che siamo abituati ad ascoltare. “Bisogna evitare di fare una lettura parziale della crisi”, afferma il sacerdote. “Nella parte occidentale della città vivono 1,2 milioni di abitanti sotto la protezione di Assad e dell’esercito regolare, mentre la parte Est è un’area più piccola della città, controllata dalle milizie ribelli, dove vivono circa duecentomila persone”, spiega il presule, “da più di tre anni i ribelli bombardano i civili nei nostri quartieri per terrorizzare il popolo, come arma di pressione contro il governo”. Per questo, afferma Padre Alsabagh, “quando i giornali parlano solo dei bombardamenti dell’esercito di Assad o dei russi sulla parte orientale rimaniamo a bocca aperta”. Il sacerdote ha quindi ricordato che “quando si parla di Aleppo, bisogna parlare del martirio dei civili sia ad est, sia ad ovest, perché la violenza è cieca, e a pagare sono sempre gli innocenti, come succede anche in queste ore”.
i missili grad di cui sono appena stati riforniti i terroristi per la battaglia di Aleppo

Ad Aleppo si combatte la Terza Guerra Mondiale”

Nella città siriana il rischio, secondo il sacerdote, è quello di una “guerra totale”. La situazione, infatti, peggiora di giorno in giorno. “La città è divisa in due, a volte si combatte anche a distanza di due metri, con missili di tre metri, di grande potenza”, afferma il presule. Uno di questi è caduto pochi giorni fa nel monastero delle suore carmelitane. La comunità internazionale resta divisa. “Questa divisione si riflette nelle aule delle Nazioni Unite e nelle strade di Aleppo”, dice Padre Alsabagh. “Se la comunità internazionale non mostrerà maturità tutto il mondo sarà come Aleppo”, afferma il sacerdote, perché “la situazione sta precipitando non solo a livello umanitario ma, in generale, sul piano del dialogo internazionale”.

La Guerra Mondiale a pezzi, di cui ha parlato Papa Francesco, è già in atto”, afferma padre Alsabagh, “e noi da Aleppo ne cogliamo i segnali: nelle truppe sul terreno, nei camion carichi di armi, nei missili con enormi capacità distruttive”. “Ora sono i potenti che devono scegliere”, dice il sacerdote. Ed è una scelta netta, tra “continuare questa guerra all’infinito o cercare una soluzione attraverso il dialogo”. Padre Alsabagh è sicuro: “Oggi l’umanità si trova ad un bivio che segnerà la storia del mondo”. “Dove vogliamo andare?”, si chiede il parroco della città martoriata. “Verso una guerra totale?”.

giovedì 4 agosto 2016

La battaglia di Aleppo: quando la disinformazione impazza.....

Sono giorni drammatici per gli abitanti di Aleppo, che con l'offensiva dei russi e dei governativi  iniziavano a sperare la liberazione dai micidiali ordigni che per 4 anni hanno martoriato la città, riducendo il popolo alla disperazione, come ha testimoniato la giovane Rand Mittri alla GMG.  Ci meraviglia che perfino nella informazione cattolica oggi si diffondano versioni menzognere su quanto sta accadendo.  


Raccogliamo ancora una volta le attendibili testimonianze dei cristiani di Aleppo.

Su Avvenire oggi fra Ibrahim risponde: 
«Quando l’esercito siriano avanza con forza accadono sempre ritorsioni di questa entità. La violenza di questi giorni è provocata da chi ancora non ha voluto cedere ». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano di Aleppo, racconta gli scontri che stanno facendo vivere alla “capitale del Nord” i giorni «più terribili dall’inizio del conflitto». Secondo alcune Ong locali, sono almeno 50 i ribelli morti dall’avvio della controffensiva lanciata da Assad assieme ai russi e sono decine i caduti tra le forze del regime. Quaranta morti – più della metà donne e bambini – il bilancio degli attacchi che nelle ultime 48 ore hanno colpito le aree sotto il controllo delle forze del regime. «Il presidente Assad ha concesso un’amnistia completa a quanti si arrendono e lasciano le armi e, stando alle notizie che ci arrivano, una buona parte dei ribelli lo ha già fatto. I corridoi umanitari creati sono stati battuti da diverse famiglie, poi accolte». Alcuni però resistono, e rispondono al fuoco con ostinazione. «A opporre maggiore resistenza sono soprattutto i combattenti stranieri. L’esercito siriano – continua il frate damasceno – sta avanzando con determinazione, e questi piccoli gruppi di jihadisti hanno reagito violentemente perché si sentono accerchiati».

Hanno cominciato a utilizzare armi chimiche, «gas nervini da cui è impossibile scappare». Alcuni colpi hanno raggiunto anche le altre succursali francescane di Aleppo, come l’ex collegio di Terra Santa. Un parrocchiano di 55 anni è morto sotto le bombe incessanti. «La gente ha paura, fatica a dormire. Nella succursale colpita di al-Ram, ieri, non abbiamo nemmeno potuto celebrare la festa della Porziuncola in chiesa. Era troppo pericoloso, ci siamo dovuti rifugiare in un seminterrato e lì abbiamo celebrato la Messa, con i pochi che avevano rischiato di uscire di casa».

È una ritorsione diversa dalle altre volte, e padre Ibrahim lo sa bene. Questa volta l’esercito è determinato a «farla finita con i terroristi che si trovano lì», come ha dichiarato l’ambasciatore di Damasco in Russia, Riad Haddad. «Sembra proprio che sia così. L’esercito ha ripreso zone sotto l’occupazione dei jihadisti, limitando i rifornimenti di armi, e gli attacchi sono diventati più violenti, più disperati ». Ultime cartucce di un’opposizione frammentaria, che tenta il tutto e per tutto per non perdere la città. «Una signora della parrocchia, sordomuta e madre di due piccoli, è stata colpita all’occhio dalla scheggia di una bomba. Se da una parte siamo convinti che questa guerra non continuerà ancora a lungo, di certo non sarà corta». Il parroco è consapevole che la crisi potrebbe durare ancora alcuni mesi, e «ho la netta sensazione che questo sia il momento peggiore. Assisto sempre più spesso a casi di febbre gialla ed esaurimenti nervosi. Il caldo è terribile e tanti soffrono di febbre notturna. Il vero dramma è che gli aleppini non sanno più dove trovare le medicine, perché anche l’emergenza sanitaria ha raggiunto picchi mai visti prima».

Secondo l’Unicef, «sono circa 1,5 milioni le persone, tra cui almeno 660mila bambini, che vivono in zone difficili da raggiungere tra il governatorato e la città di Aleppo: cifre impressionanti». «In questi giorni pieni di paura e di morte – conclude padre Ibrahim – andando per le strade vedevo uomini piangere come bambini. Seduti in strada, disperati. C’era un signore accovacciato sul ciglio di una strada che aveva già cambiato molte case, a causa degli scontri che mettevano in pericolo la sua famiglia. “Fino a quando?”, mi chiedeva, “Fino a quando dovremo vivere da profughi nel nostro Paese?”».

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Aleppo-stretta-finale-I-giorni-pi-atroci-1.aspx


E, in replica a Médecins sans frontières e a l'Orient le Jour, il dottor Nabil Antaki dei Fratelli Maristi di Aleppo, risponde alla giornalista Silvia Cattori: 



No, Aleppo non è assediata dall'Esercito siriano. Sono i gruppi armati che invasero alcuni quartieri orientali della città nel luglio del 2012. 

 Si, i terroristi assediavano Aleppo da quattro anni. L'offensiva dell'Esercito siriano doveva e deve liberarare la città. In parte, la missione è stata portata a termine giovedì 28 luglio, quando l'esercito ha finalmente cacciato i gruppi armati dal quartiere Bani Zeid. Questi gruppi hanno terrorizzato durante quattro anni gli abitanti di Aleppo, lanciando quotidianamente razzi e bombole di gas riempite di chiodi ed esplosivi che ogni giorno causavano decine di morti e feriti. 

 No, le strutture sanitarie non sono colpite deliberatamente dai bombardamenti aerei. Gli ospedali citati non esistevano prima della guerra e quindi, se fosse vero che esistono, questi luoghi di cura sono ospitati in edifici comuni. Inoltre, anche per ammissione di Médecins sans frontières (MSF), queste strutture sanitarie non sono state segnalate nè all'ONU, nè agli Stati Uniti, nè alla Russia. Bisogna sottolineare che gli edifici ospitanti strutture sanitarie sono anche impiegati dai terroristi per il loro sinistro lavoro: l'ospedale oftalmologico in Aleppo-est è inoltre il quartier generale di Al Nusra per la regione di Aleppo. E perché non si citano mai gli ospedali nelle zone controllate dallo Stato siriano [Ndlr], incendiati o distruttti dai terroristi sin dall'inizio del conflitto? 

 Si, i terroristi che occupano Aleppo-est fanno parte di Al Nusra, considerato gruppo terroristico da tutta la comunità internazionale (Europa et USA compresi). Dovrebbe essere neutralizzato come Daesh: la qual cosa gli aerei della coalizione internazionale a guida USA non fanno. 

 No, gli abitanti di Aleppo-est non temono di spostarsi nella parte della città controllata dallo Stato siriano, attraverso corridoi umanitari che le autorità hanno aperto perché il passaggio avvenga col minimo rischio di perdite civili, durante le incursioni o le battaglie. Al contrario, essi vorrebbero raggiungere gli altri 500.000 abitanti di Aleppo-est, già scappati dalle zone circostanti sotto controllo dei terroristi per rifugiarsi sotto la protezione dello Stato siriano. Sono i ribelli-terroristi che gli impediscono di allontanarsi e che li usano come scudi umani. 

Si, gli abitanti di Aleppo hanno sofferto per quattro anni. Hanno subito numerosi blocchi imposti dai terroristi. Un milione e cinquecentomila abitanti hanno subito penurie gravissime e nessuno ne ha parlato, nessuno si è indignato, nessuno ha protestato. 

 No, lo Stato siriano e gli alleati russi non vogliono fare vittime civili durante i combattimenti, nè vogliono provocare danni collaterali come è accaduto durante i bombardamenti francesi sul villaggio di al Tokhar del 19 luglio scorso con 164 vittime civili, o con il bombardamento americano dell'ospedale di Kunduz 

 Si, smettetela di manipolare l’opinione pubblica con la disinformazione. Ogni volta che i terroristi sono sotto assedio in qualche parte della Siria, governi e media lanciano l'allarme con la giustificazione di voler evitare una pretesa catastrofe umanitaria, quando in realtà il vero scopo è di allentare la stretta dell'Esercito governativo sui terroristi. I terroristi non cessano di colpire. Com'è che riescono ad essere riforniti di munizioni ed armi, ma vogliono far credere che non arrivano derrate alimentari e carburanti e che i civili corrono gravi rischi? 

 Nabil Antaki, Aleppo, 29 luglio 2016 
trad. Maria Antonietta Carta

lunedì 11 luglio 2016

Padre Ibrahim Alsabbagh: la guerra in Siria è per il potere in Medio Oriente

La situazione di Aleppo e della Siria nelle parole di fra ibrahim a R. Vaticana:
"Siamo proprio nel mirino del caos, perché non si trova una via d’uscita diplomatica e neanche militare."


Pesantissimo bilancio dei bombardamenti in corso sui quartieri di Aleppo nella zona governativa. Da tre giorni alNusra e altri gruppi jihadisti lanciano senza sosta missili di ogni tipo, causando morti , feriti e distruzioni immani nei quartieri siriaci.


D. – Cosa blocca la pace?
R. – La mancanza di un accordo internazionale. Come diceva il Papa, è una guerra mondiale a pezzi in Medio Oriente, è più che una guerra civile. Quindi, per arrivare a una pace bisogna arrivare a un accordo ed è quello che ci manca oggi.

D. – Che interessi si confrontano, in Siria?
R. – Prima di tutto, l’interesse economico, che è molto importante, perché ci sono questi grandissimi pozzi di petrolio e di gas. Ma oltre a questo e legato all’elemento economico c’è la posizione geografica della Siria e il passaggio del gas: è la fonte di quel passaggio del gas che è argomento di discussione tra diversi Paesi. Poi, c’è l’elemento religioso: dal mio personale punto di vista è soltanto secondario. Il primo è l’elemento economico e legato a questo c’è un altro elemento imponente, che è quello del dominio, del potere: chi dovrà controllare tutto il Medio Oriente …

D. – Qual è la situazione sul campo?
R. – Sempre secondo il mio punto di vista, la Siria si trova divisa, oggi; divisa in diverse grandi parti. C’è a ovest la forza dell’esercito regolare, ma poi anche la parte della Russia, mentre nel nordest c’è la presenza di curdi e la presenza, anche, dell’Isis. Noi ad Aleppo, con la nostra posizione siamo al centro, nell’occhio del ciclone, a una distanza di 70 km dalla frontiera turca, lunga oltre 240 km, da dove passa oggi il 55% di questi gruppi militari.

D. – La Turchia, quindi, lascia passare questi gruppi paramilitari?
R. – Non sappiamo se con intenzione o se ha la difficoltà che ha dichiarato in passato di controllare tutta questa lunga frontiera. Ma il dato di fatto è che il 95% di questi gruppi militari organizzati, armati fino ai denti passano di là ogni volta che l’esercito regolare vuole fare qualche mossa.

D. – Chi sono questi gruppi paramilitiari? Chi li arma?
R. – E’ quella la domanda fa, oggi, a tutto il mondo e insiste molto su questo elemento. Perché un “mostro” – o diversi “mostri” di decine di migliaia di persone addestrate e organizzata e armate – un mostro simile non può essere creato senza un padre e una madre. E la domanda dell’origine è proprio questa. Oggi tantissimi Paesi fanno la guerra in delega: alcuni di questi Paesi fanno la delega a questi gruppi armati.

D. – Aleppo  in che situazione è, in questo momento?
R. – La città è divisa: da una parte, nella parte est, ci sono questi gruppi militari e dall’altra parte noi, come comunità cristiane, viviamo nella parte ovest con le diverse altre comunità, sia quella sunnita sia quella sciita, sia quella dei curdi, come abbiamo vissuto una volta. E questa parte ovest è controllata dall’esercito regolare, però è praticamente circondata da questi gruppi di militari che di continuo lanciano i missili sulla popolazione: sulle chiese, sulle moschee, sugli ospedali, sulle scuole e sulle abitazioni della povera gente e sulle strade.

D. – Chi ha interesse a cancellare la Siria?
R. – Direi che ci sono tante parti che hanno interesse. Posso dire soltanto che chi ha interesse di continuare questa guerra è in numero maggiore di chi ha interesse a fare la pace. Sono stati spesi miliardi e miliardi per far avanzare questa guerra. E quelli che hanno interesse in questa guerra, sono in numero maggiore di quelli che hanno interesse a far pace.

D. – Colpisce tutto il popolo siriano, non soltanto la popolazione cristiana…
R. – Certamente. Tante volte ci sentiamo bersaglio per esempio dei colpi di missili come popolo. Qualche volta, però, sentiamo un odio mirato contro i cristiani.

lunedì 6 giugno 2016

L'oratorio estivo dei francescani chiama l'Italia


Avvenire, 4 giugno 2016
di Giorgio Paolucci

Un oratorio a prova di bomba. L’immagine non sembri irriverente né spropositata né troppo ottimistica, perché è quello che accade in questi giorni ad Aleppo e che si propone davvero come sfida alla logica umana. 

Trecentocinquanta bambini dai 3 ai 15 anni, aderendo all’invito dei frati minori che curano la parrocchia latina di San Francesco, tornano a essere protagonisti di un oratorio estivo in un contesto totalmente sfavorevole, devastato e devastante. Si gioca, si canta, si prega, si diventa amici, mentre tutto intorno si combatte, con il boato delle esplosioni a fare da sottofondo. 

È una luce nel buio della città martire della guerra siriana, definita dall’Onu la più sanguinosa dopo il secondo conflitto mondiale: 250mila morti, milioni e milioni e milioni di sfollati. Sembra incredibile, eppure accade: un’oasi di pace abitata da trecentocinquanta bambini e ragazzi, cento in più dell’anno scorso, più della metà dei piccoli cristiani rimasti ad Aleppo. Cattolici, ortodossi, armeni, melchiti, tra i quali l’esperienza dell’unità prevale sulla differenza delle antiche screziature confessionalinel segno della «gioia del Vangelo» e di quell’«ecumenismo del sangue» più volte evocato da papa Francesco proprio in riferimento alla situazione dei cristiani nel Vicino Oriente.

Quest’anno, poi, c’è una novità che riguarda direttamente il nostro Paese:l’Associazione Pro Terra Sancta, che opera al servizio della Custodia di Terra Santa affidata ai francescani dal 1217, ha proposto alle parrocchie italiane di avviare dei gemellaggi perché i piccoli siriani sperimentino la vicinanza dei loro coetanei italiani, e questi ultimi possano conoscere da vicino come si vive laggiù, con l’ausilio di un libretto che documenta la pratica delle opere di misericordia corporale, filo conduttore di questo anno giubilare (i dettagli dell’iniziativa ). 

Migliaia di bambini italiani che frequentano il "Grest" – come viene chiamato in molte nostre città l’oratorio estivo – possono leggere e vedere cosa significa concretamente dar da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati, vestire gli ignudi, seppellire i morti. Ad Aleppo, con la sua gente. E i piccoli siriani, molti dei quali sono nati in guerra e porteranno per sempre negli occhi e nella mente il macabro ricordo del quotidiano crepitare delle armi e l’urlo straziante delle vittime, potranno trarre conforto ricevendo piccole-grandi testimonianze di amicizia: disegni, poesie, lettere provenienti dagli oratori del nostro Paese. 

«Abbiamo bisogno di questa comunione con voi», fa sapere da Aleppo padre Firas Lutfi, responsabile dell’oratorio estivo. E Ibrahim Alsabagh, il parroco, racconta che «in una Aleppo semidistrutta la gioia di stare insieme riesce a prendere il sopravvento» dentro una esperienza di vita e di amicizia nel nome di Gesù. 
Da dove viene questa irriducibile positività che potrebbe sembrare addirittura fuori luogo in un contesto di dolore come quello che da anni attanaglia l’antichissima città? Viene dalla certezza che la morte non è l’ultima parola, perché Qualcuno l’ha vinta con il sacrificio della propria vita

È una certezza generatrice di gesti che lasciano a bocca aperta. Come la preghiera recitata ogni giorno all’oratorio di Aleppo per chiedere la conversione dei cuori dei jihadisti che, poco lontano, lanciano ordigni mortali e predicano l’odio. 

O come la decisione di trasformare il residuato di una bomba caduta sulla chiesa in un vaso riempito di fiori che durante la celebrazione della messa, al momento dell’offertorio, viene portato all’altare in segno di ringraziamento. Per testimoniare che uno strumento di male può diventare strumento di bene. In quella stessa chiesa, in dicembre, era stata aperta la porta santa della misericordia, l’unica vera medicina per curare il tumore dell’odio reciproco. 

Non a caso, «Misericordiosi come il Padre nostro» è il tema che guida le otto settimane dell’oratorio estivo: sanno a Chi guardare, questi nostri fratelli che non cedono alla logica della violenza e ripongono tutta la loro fiducia in un amore capace di un perdono umanamente inconcepibile. 

«Non riusciranno ad avere la nostra paura – dice padre Firas da Aleppo –. Perché ogni giorno vogliamo sfidare le bombe e la morte con la nostra gioia di vivere». 
Di quella stessa gioia di vivere hanno bisogno i nostri figli, qui in Italia. E ne abbiamo bisogno – tanto bisogno – noi uomini e donne d’Occidente, troppo spesso incapaci di uno sguardo positivo sull’esistenza, succubi come siamo di uno scetticismo che sembra avere dimenticato il fascino di una Bellezza disarmata e disarmante, perciò ultimamente vincente. Per questo possiamo dire che oggi, davvero, da Aleppo arriva una buona notizia.

http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/paolucci-luce-bambina-aleppo.aspx


«La soluzione dei problemi non verrà dalle mani dell’uomo, ma per intervento divino»


TEMPI.it , 6 giugno 2016

di Rodolfo Casadei

Di cosa sono fatti questi preti che restano sul posto, al servizio di un popolo sempre più piccolo? Questi vescovi che continuano a vigilare sul gregge anche se il pascolo è quasi diserbato e sopra ci piovono razzi e bombe? Tre quarti degli abitanti di Aleppo  se ne sono andati, in fuga per la salvezza o falciati dai cecchini e dalle esplosioni. Invece il 95 per cento del clero resiste lì dove la guerra lo ha trovato quattro anni fa, e alcuni confratelli sono giunti nel frattempo a dare manforte. Gli assenti sono quasi tutti giustificati: sono stati rapiti o uccisi nel corso della guerra. Le comunità si sono assottigliate, ma la vita comunitaria cristiana si è intensificata grazie alla dedizione dei sacerdoti. Nessuno di loro lascia mai la sua postazione, se non temporaneamente per poi tornare a servire meglio la comunità.
....
Le notizie dal fronte come sempre oscillano fra l’illusione e la disperazione. Pare essere alle viste una grande offensiva delle Forze democratiche siriane, cioè curdi e arabi armati e sostenuti dal Pentagono, supportati dall’aviazione della coalizione a guida statunitense, contro Raqqa, la capitale dell’Isis. Pare che i russi abbiano concesso una tregua ai ribelli per incoraggiarli a staccarsi da Jabhat al Nusra e che vogliano unirsi all’offensiva contro Raqqa, ma gli americani hanno risposto “niet”. 
Intanto i turchi ritornano all’attacco con la loro proposta di creare una zona di non sorvolo e di protezione umanitaria all’interno del territorio siriano, garantita dalla Nato: la questione dei profughi è un puro pretesto, Erdogan vuole poter occupare fette di territorio siriano con l’approvazione della comunità internazionale o almeno di arabi e occidentali. 
I siriani come padre Ibrahim guardano con scetticismo a questi sviluppi. Ma soprattutto con una certezza di fede che spiazza l’interlocutore: «La soluzione dei nostri problemi non verrà dalle mani degli uomini, ma per intervento divino. Abbiamo fiducia nella preghiera nostra e vostra. Il futuro è avvolto nella nebbia, tanti pensano di emigrare, noi restiamo per la forza della fede».

Finiti i soldi ne arrivano altriLa parrocchia di san Francesco ad Azizieh è diventata un centro di resistenza umana non solo per le 600 famiglie di parrocchiani latini rimaste in città, ma per tutte le 12 mila famiglie cristiane ancora presenti e per i musulmani sfollati nei quartieri a maggioranza cristiana a causa della guerra. Che si tratti del pacco alimentare, delle sovvenzioni per l’acquisto di medicinali o di carburante per i generatori, dell’accesso all’acqua dei pozzi quando si interrompe l’erogazione di quella della rete cittadina, dell’oratorio estivo, del catechismo, dei gruppi di studio per gli alunni delle superiori e universitari, del té delle cinque per le signore nel cortile della parrocchia, delle visite ai malati, agli anziani, ai feriti e ai poveri («più del 90 per cento di tutti i nostri parrocchiani vive sotto la linea della povertà», dice padre Ibrahim), la parrocchia latina è diventata punto di riferimento per tantissimi aleppini in cerca di aiuto e di calore umano nella città semideserta e impoverita. Per arrivare a questo ci voleva il coraggio dei frati di restare, la capacità di intrecciare rapporti coi donatori in Europa, le qualità pastorali appropriate per una situazione limite come quella di una guerra che va avanti per anni senza che se ne intraveda la conclusione all’orizzonte.
Tutto questo non poteva condensarsi senza una maturazione di fede. Questo è ciò che il francescano spiega: 
«Ad Aleppo siamo circondati dal male, ne facciamo esperienza quotidianamente e questo male ci spaventa. Ma proprio l’azione di questo male per reazione produce in noi il bene. La nostra natura spirituale, colpita dal male, genera il bene. Nel momento in cui ci affidiamo a Dio, Lui agisce in noi attraverso il suo Spirito, ci dona la carità, e la carità ci insegna cosa fare, ci spinge oltre i nostri limiti, ci permette di affidarci alla Provvidenza. Faccio un esempio: all’inizio io avevo molto paura di spendere il denaro che mi era stato affidato, temevo di sbagliare, di restare senza, di non poter affrontare emergenze future. Quando mi sono fidato della Provvidenza, e ho svuotato le mie tasche del denaro che c’era, e ho speso come un incosciente, allora ho fatto esperienza della Provvidenza: abbiamo risposto ai bisogni, è arrivato altro denaro a prendere il posto di quello che non avevamo più, e la cosa è andata sempre crescendo. Quando leggo le cifre dei soldi che abbiamo ricevuto e speso in questi mesi, mi spavento. Mi chiedo come abbiamo fatto e come facciamo a continuare così. Mi rispondo: affidandoci allo Spirito Santo. Questo fa sorgere in noi la carità, che è virtù coraggiosa, e la carità rende presente il Regno di Dio qui e ora, in mezzo all’inferno e al purgatorio della Aleppo di tutti i giorni: famiglie rimaste senza casa, persone fatte a pezzi dalle bombe, gente che impazzisce, gente che soffre per la povertà o per le ferite». «Siamo riusciti a fare cose che gli enti istituzionali non riuscivano più a fare, a intervenire tempestivamente laddove le Ong ci mettevano mesi perché ponevano condizioni e avanzavano pretese che si possono soddisfare soltanto avendo a disposizione molto tempo. Ma nel frattempo tanti sarebbero morti, se noi non ci fossimo buttati subito».

martedì 24 maggio 2016

Partecipiamo al dolore di tutto il popolo siriano


Osservando quel che sta accadendo in Siria in queste ore, sarebbe legittimo aspettarsi un'indignazione almeno pari a quella degli attentati di Parigi e di Bruxelles, ma gli almeno 148 morti degli attentati perpetrati ad Aleppo, Latakia, Jableh, Tartous (che non sono 'roccaforti del regime' ma città plurietniche e recentemente rifugio di sfollati interni da luoghi invivibili), come pure il massacro della scorsa settimana degli inermi cittadini di al-Zara, non toccano le nostre coscienze allo stesso modo.

Del resto, perché aspettarselo?  Questo Occidente così attento ad occuparsi di pseudodiritti e a fare astratti proclami sulla pace e sulla fratellanza, non si accorge che tanta gente muore proprio per i propri errori e la propria insipienza nella gestione di questa guerra tra i Siriani e il resto del mondo.
Si ribadisce, anche nel documento  emesso ieri dal Consiglio Europeo, che si tratta di 'guerra civile' e che c'è un regime “che perpetra attacchi contro il suo stesso popolo”, ma quello che è sotto gli occhi di tutti è altro: c' è il Male che ormai è incontenibile, basti pensare al martellamento costante dei mortai dei terroristi sui quartieri cristiani di Aleppo, ai due missili jihadisti sulla casa di riposo per anziani nel Collegio di Terra Santa dei Francescani, alle 7 autobombe detonate da suicidi assassini, alla donna che fingendosi incinta ricorre al pronto soccorso e si fa esplodere.... 

Questo Male in ogni caso non nasce per una guerra di liberazione e aneliti di giustizia da parte di un popolo vessato e schiacciato da 'un regime criminale'. 
Come sovente denunciato da Patriarchi e Vescovi siriani, nasce per disegni geopolitici che sono altrove, calcoli e progetti che hanno favorito la nascita di Daesh e dei mille altri gruppi più o meno 'moderati', ma accomunati nel loro progetto di conquista e sottomissione e la conseguente estromissione dei Cristiani dalla Siria e dall'Iraq.

Davanti a tutto questo ci si aspetterebbe da parte della UE un soprassalto di coscienza che lenisca le sofferenze della popolazione siriana, abolendo le sanzioni comminate alla Siria già da 5 anni. Lo vorremmo con tutto il cuore ma non ci speriamo. La politica UE semplicemente non esiste, e la UE ed i suoi "governanti" forse si limitano ad eseguire ordini...
  In questo quadro tragico e oscuro, i cristiani continuano a ribadire cosa ci si aspetta dall'Occidente.  Questi pastori continuano a restare tra la propria gente adoperandosi in ogni modo per costruire un Medio Oriente più umano, più giusto, rispettoso e comprensivo delle identità.

Un lavoro incessante che ci verrà testimoniato anche in questi giorni da Fra  Ibrahim Alsabagh, Parroco nella parrocchia di San Francesco ad Aleppo, nel suo giro di testimonianze in Italia ( calendario in aggiornamento alla pagina Appuntamenti e Incontri ..... )
la Redazione di Ora pro Siria 

Fra Ibrahim: L’attacco al Collegio francescano per colpire civili, seminare caos e terrore

L’obiettivo dei missili “era proprio quello di centrare la zona in cui sorge” il Collegio di Terra Santa, nei pressi del quale vi è anche “una caserma per giovani reclute” dell’esercito governativo. I gruppi jihadisti “vogliono colpire la popolazione e seminare il panico fra la gente”. Così p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della parrocchia latina di san Francesco ad Aleppo, la “capitale del Nord” della Siria da settimane teatro di violenti combattimenti, descrive ad AsiaNews l’attacco al Collegio di Terra Santa ad Aleppo. È un messaggio in puro “stile terroristico”, avverte il sacerdote, in cui si vuole “colpire gli innocenti per lanciare un messaggio: o con noi jihadisti, altrimenti è la morte”. È evidente il proposito di alimentare “caos e terrore” fra la popolazione, “terrorizzando la gente: o con noi, oppure facciamo fuori tutti. E colpiscono gli innocenti prima dei militari”. 
La sera del 21 maggio scorso due missili lanciati dai jihadisti hanno colpito il Collegio di Terra Santa dei francescani ad Aleppo, causando un morto e due feriti gravi tra gli anziani che si erano rifugiati in questo luogo. La vittima, racconta il sacerdote, “è una donna di 94 anni che aveva cercato accoglienza” nel centro, per “sfuggire alle violenze della guerra”. Anche le altre due persone ferite “sono due donne, di circa 80 anni, ospiti” della Casa di riposo del Collegio dopo aver abbandonato nell’aprile 2015 il Centro di San Vincenzo de Paoli “quando è finito sotto attacco”. “Le anziane pensavano di essere al sicuro - commenta p. Ibrahim - e di morire in pace all’interno della Custodia, ma non è stato così”. 
Finora il centro, la scuola e il grande parco che la circonda erano stati uno dei luoghi più sicuri della città, risparmiati almeno in parte dalla violenza cieca di una guerra che ha causato in cinque anni 280mila morti. Nel Collegio vivevano una ventina di persone anziane che avevano le loro case bombardate. Era considerata “la zona quasi più sicura di Aleppo”, dove in cinque anni “erano caduti solo due o tre” razzi, prosegue p. Ibrahim, su un terreno “molto grande che prima fungeva da scuola” ed era “la più prestigiosa” di tutta la città. Nel tempo i militari governativi hanno requisito una parte per “costruire una caserma per giovani reclute”; tuttavia la zona “continuava a essere considerata tranquilla”, una sorta di “polmone verde di Aleppo”, l’unico spazio in cui le famiglie “potevano riunirsi e far respirare aria buona ai bambini”.  Un posto, aggiunge il sacerdote, dove andare per fare un campeggio, in cui “avevamo avviato lavori di restauro” per “accogliere” altre famiglie della città. Ad Aleppo i francescani hanno tre centri: la parrocchia san Francesco d’Assisi, colpita una volta, il convento di Er Ram, colpito già cinque volte, e il collegio di Terra Santa. “Ora - racconta p. Ibrahim - non vi è un solo centro ad essere stato risparmiato dalle bombe e dai missili”.
Nell’ultimo attacco i jihadisti hanno usato “un missile di un metro e mezzo”, non un semplice colpo di cannone, a conferma “della crescita del potenziale bellico” a disposizione dei movimenti estremisti filo-islamici. Il loro obiettivo, avverte il sacerdote, è colpire “le aree di Aleppo ovest” [sotto il controllo governativo], dove “si trovano le comunità cristiane”. 
Oggi, intanto, due città costiere siriane, Tartus e Jableh, nella provincia di Latakia, sulla costa mediterranea, roccaforte del governo di Damasco, sono state teatro oggi di una serie di attentati in simultanea, che hanno provocato almeno 100 morti, e oltre 120 feriti. Dietro gli attacchi vi sarebbero i miliziani dello Stato islamico (SI), che hanno rivendicato la carneficina attraverso l’agenzia di stampa Amaq, vicina al movimento jihadista. Obiettivo delle violenze gli “assembramenti di alawiti” delle due città; si tratta della stessa confessione islamica, minoritaria nel Paese, di cui fa parte anche lo stesso presidente siriano Bashar al-Assad.
La zona colpita, racconta p. Ibrahim, non vi sono solo alawiti ma pure cristiani, sunniti, sciiti. E poi vi è anche “la base russa sul Mediterraneo”, ecco perché questi attacchi sembrano più “un messaggio a Mosca che a Damasco”. I miliziani vogliono far capire che “possono arrivare dappertutto e seminare il caos”, grazie anche ad armi “sempre più sofisticate” a disposizione. Il dramma, conclude il sacerdote, è che “a pagare il prezzo”, degli attacchi bomba come dell’embargo e delle sanzioni, è sempre “la povera gente innocente”. 

mercoledì 4 maggio 2016

"L'ultimo pediatra"?? I Cristiani di Aleppo e l’informazione unilaterale

Aleppo - La disinformazione continua. 

da Nabil Antaki, dei fratelli Maristi



Abbiamo chiesto al Dr. Nabil Antaki se le informazioni riportate da una settimana sulla situazione in Aleppo corrispondono a quello che accade lì.  Ecco la sua risposta:

A tal proposito, ultimamente mi rendo conto che i media continuano a mentire per omissione. Dall'inizio della guerra in Aleppo 4 anni fa, essi non riportano tutti i fatti nel loro complesso.
 Aleppo è bombardata quotidianamente dal 2012 da parte di gruppi terroristici che provocano morti e feriti. Nessuno se ne è mai curato; se non per felicitarsi per il "buon lavoro che fanno" [riferendosi alla dichiarazione di Laurent Fabius].  E' tempo che l'Occidente si svegli e smetta di sostenere i terroristi.
 Noi in Aleppo siamo disgustati dalla mancanza di imparzialità e obiettività dei mezzi di comunicazione.  Parlano solo di sofferenza e perdita di vite umane nella parte orientale della città, controllata da al-Nosra, gruppo terrorista affiliato ad al-Qaeda, che hanno sempre chiamano "ribelle", il che è un modo per renderlo più rispettabile. E passano sotto silenzio le perdite e la sofferenza quotidiana nei nostri distretti occidentali di Aleppo dovuti ai bombardamenti lanciati da questi terroristi. Non parlano neanche circa il blocco e i tagli totali di acqua ed elettricità che quelli infliggono a noi ...
 I media non dicono nulla dei bombardamenti continui e della carneficina che ha avuto luogo la scorsa settimana, nella parte occidentale della città [dove il dottor Nabil vive], dove nessun quartiere è stato risparmiato e dove ci sono ogni giorno decine di morti. Queste omissioni sono tanto più scioccanti in quanto questi nostri distretti rappresentano il 75% della superficie di Aleppo e hanno 1,5 milioni di persone - contro 300.000 nella parte orientale occupata dai gruppi terroristici.
 Questa informazione monca insinua che i terroristi che ci attaccano sono le vittime. Peggio ancora, i media hanno sviato la nostra richiesta "SAVE ALEPPO" suggerendo che questo appello chiedeva la cessazione delle ostilità da parte delle "forze di Assad". Il che è falso. Inoltre, non ci sono "forze di Assad": ci sono le forze dell'esercito regolare siriano a difesa dello Stato siriano.
Essi [i media tradizionali] potrebbero almeno avere la decenza di parlare della carneficina causata dagli attentati terroristici che hanno mietuto molte vittime. Come è successo di nuovo venerdì scorso, quando uno dei loro colpi ha colpito una moschea nell'ora della preghiera causando 15 morti e 50 feriti tra i civili. Gli attacchi e le perdite che soffriamo vengono presentati [dai media] in modo da lasciare il pubblico nell'incertezza su chi è il vero responsabile di questi crimini.
 Da tre giorni i media stanno accusando il "regime di Assad" e i russi di aver bombardato e distrutto un ospedale sostenuto dalla ONG Medici senza frontiere  ad est della città.  Essi sostengono che "l'ultimo pediatra di Aleppo" è stato ucciso nel bombardamento. Abbiamo ancora molti pediatri in Aleppo.  Ciò dimostra molto bene che, per i media, conta solo la parte orientale occupata dai ribelli, e che i tre quarti della città di Aleppo amministrati dallo stato siriano, dove praticano ancora molti pediatri, non contano.
 L'ospedale MSF menzionato non è nella lista degli ospedali siriani stabilita prima della guerra da parte del Dipartimento della Salute. Quindi, se c'è, è stato installato in un edificio dopo la guerra.  Io non credo che le forze governative o un aereo russo abbiano deliberatamente bombardato un ospedale. Non è nel loro interesse.
 Abbiamo constatato la stessa parzialità, quando il più grande ospedale di Aleppo  Al-Kindi , è stato colpito dai missili terroristici di al-Nosra e intenzionalmente bruciato nel 2013. I media non hanno prestato attenzione a questo atto criminale. Siamo disgustati e rivoltati da questa disinformazione in corso.
Nabil Antaki, 30 aprile 2016 

http://arretsurinfo.ch/alep-linformation-mensongere-continue-par-nabil-antaki/


  Il Vescovo di Aleppo Monsignor Jeanbart :
L’ULTIMO PEDIATRA? ...  Monsignor Jeanbart ha anche criticato l’informazione unilaterale: «Il governo sta cercando di liberare la città dopo che per mesi gli aleppini sono stati bombardati [dai ribelli]. Ovviamente è triste che un ospedale sia stato distrutto. Ma Medici senza frontiere ha dichiarato che l’ultimo pediatra è stato ucciso. Non è vero, ce ne sono molti altri dove più di un milione di persone vivono. Quando sentite parlare delle sofferenze di Aleppo, spesso si parla del regime che attacca i civili controllati dai ribelli. Ma è quasi sempre vero l’opposto. Non sto scusando il regime di Assad, ma non posso permettere che le menzogne continuino a informare il mondo. (…) Noi abbiamo più libertà di coloro che vivono nell’altra [metà di Aleppo]. Fino a quando non attacchi i soldati del governo, puoi anche criticare il governo e non ti succede niente. Ma se fossimo dall’altra parte, verremmo obbligati a convertirci all’islam e saremmo cittadini di serie B, senza diritti».

Missili e razzi lanciati dalla zona sotto il controllo dei ribelli ieri hanno colpito l’ospedale di Dabbi’t, centrando il reparto di ostetricia e uccidendo 17 bambini, oltre che donne e uomini.
    Padre Ibrahim, francescano:
BOMBE SUI CIVILI. ... «È il momento peggiore di Aleppo da sempre», spiega padre Ibrahim. «Abbiamo appena avuto la notizia che un ospedale è stato bombardato: si parla già di 17 vittime. Ma da mercoledì scorso a oggi le bombe cadono sulle moschee, sulle chiese, sulle case, in tutte le zone di Aleppo ovest».
È da anni che la situazione è questa, spiega il francescano, ma ora l’intensità degli attacchi è aumentata. Chi spara? «Sicuramente qui nella parte ovest, chi ci colpisce non è l’esercito, che ci difende, ma sono le milizie che non hanno accettato la pace». Si tratta «sicuramente» di un «bombardamento fondamentalista e terrorista: sono bombardamenti non contro obiettivi militari, protetti, ma contro obiettivi civili indifesi come scuole, chiese, ospedali. Un modo di terrorizzare la gente e usare questo terrore come carta da giocare nelle trattative».
STRUMENTALIZZAZIONI. Sui media internazionali è stata data la notizia che è stato colpito un ospedale pediatrico da missili russi o dell’esercito di Assad. È vera questa notizia? Cosa è accaduto? Padre Ibrahim ammette di non avere certezze sull’accaduto, di certo, sottolinea, «quando viene colpito un ospedale con bambini e donne ricoverate, questo non può essere che un crimine di guerra a cui siamo al cento per cento contrari». Quel che può dire il francescano è che si tratta di quella parte della città «dove ci sono i miliziani di al-Nusra (il nome locale di al Qaeda, ndr): si è detto che era un ospedale da campo dove curavano i terroristi feriti in azione di guerra». La Chiesa, prosegue, è contro ogni tipo di bombardamento su civili innocenti, «ma sappiamo che ci sono diverse strumentalizzazioni delle informazioni».

i Salesiani di Damasco donano il sangue per Aleppo
   Il vescovo di Aleppo, monsignor Audo:
... Eccellenza, qual è la situazione ad Aleppo? La settimana scorsa il bombardamento degli ospedali, ogni giorno nuovi attacchi...  «La situazione è drammatica: la città divisa in due, a ovest i governativi e a est i ribelli asserragliati nella città vecchia. L'80% della popolazione è senza lavoro. E i bombardamenti durano da mesi. Ma sull'ospedale vorrei dire una cosa: bisogna fare attenzione, i media occidentali parlano di Siria solo quando attacca l'esercito di Assad. Quando sparano i ribelli non ne parla nessuno. Venerdì scorso i gruppi armati dell'opposizione hanno bombardato una moschea facendo 250 fra morti e feriti. Ne avete sentito parlare?» 
Ci sono due pesi e due misure? «Certo: per l'Occidente Assad uccide i bambini e i pediatri, mentre i ribelli islamisti sono degli angeli» 
Chi paga per tutto questo? «I soldi vengono dall'Arabia Saudita, i miliziani sono armati e addestrati in Turchia».
Quindi la coalizione che combatte Isis in realtà finanzia la jihad?   «Esattamente. Questa guerra è organizzata per interessi economici e strategici ad alti livelli da Usa e Israele, secondo un accordo ben orchestrato. Ma sono loro dietro tutto: hanno i loro interessi, che difendono tramite intermediari come la Turchia, l'Arabia, il Qatar»
Sono parole molto pesanti.  «Eppure sono rapporti geopolitici chiari. I nodi sono due: la volontà di Israele di sopravvivere e quella statunitense di imporre la propria supremazia economica. Questi obiettivi sono intrecciati e per raggiungerli si punta a dividere gli avversari. Guardi cosa hanno fatto con Saddam e cosa hanno provato a fare con Assad».