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martedì 19 maggio 2015

Gregorio III: paghiamo gli errori dell'Ue e di Obama


Intervista a Gregorio III Laham






ilsussidiario.net
 18 maggio 2015



La Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di dedicare la Veglia di Pentecoste del 23 maggio ai “martiri di oggi”, cioè ai cristiani perseguitati in tutto il mondo. Un dramma che non conosce confini geografici, anche se è particolarmente grave nelle aree di Siria e Iraq controllate dallo stato islamico. 
Dopo avere ucciso o costretto alla fuga migliaia di cristiani, yazidi e altre minoranze religiose, il califfato ha lanciato un’offensiva per la conquista della città irakena di Ramadi. Sempre ieri i caccia dell’aeronautica militare di Damasco hanno bombardato i sobborghi di Palmira, città siriana dove sono in corso violenti scontri tra l’esercito regolare e i miliziani dell’Isis. I resti del periodo greco e romano fanno di Palmira una delle meraviglie dell’umanità, che ora rischiano di scomparire se la città dovesse essere conquistata dallo stato islamico. 
Per Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con sede a Damasco, “chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani”.

Il 23 maggio si pregherà per tutti i “martiri di oggi”. Com’è la situazione dei cristiani in Siria?
La guerra in corso in Siria è una tragedia per tutti, in quanto a essere sotto attacco sono cristiani e musulmani, sunniti e sciiti, drusi e yazidi. La situazione è particolarmente tragica ad Aleppo, le cui chiese sono state tutte distrutte o gravemente danneggiate. L’intera città si è trasformata in una grande prigione dalla quale non è possibile né uscire né entrare.


Com’è invece la situazione nella capitale e nelle zone circostanti?
Damasco non rischia incursioni di terra ma teme per i bombardamenti dal cielo. La situazione nei villaggi cristiani come Maalula in questo momento è calma. Ora la battaglia è particolarmente violenta intorno a Palmira, e anche il Nord è in pericolo.


Sono quattro anni che la Siria è attraversata dalla guerra. I cristiani come vivono questo momento?
I cristiani vivono l’aspirazione forte alla pace di tutti i siriani di buona volontà. Non si può dire che quella che sta avvenendo in Siria sia una persecuzione contro i cristiani. Quest’ultima sta avvenendo in Iraq, mentre i cristiani siriani sono vittime della guerra e non della persecuzione. Anche se noi cristiani, poiché siamo un gruppo più debole degli altri, siamo più esposti a questa tragedia.


Che cosa possono fare i cristiani occidentali per i loro fratelli siriani?
C’è bisogno di un aiuto materiale affinché le chiese in Siria possano essere vicine ai loro fedeli, e soprattutto ai rifugiati. Il mio patriarcato a Damasco per esempio deve spendere tra i 40 e i 50mila dollari ogni mese per i profughi. Ma c’è bisogno anche di un contatto continuo tra le conferenze episcopali dei principali Paesi europei e la Chiesa locale in Siria.


In che modo?
Invito i vescovi italiani a venire a pregare con noi a Damasco, perché sarebbe un gesto simbolico dal valore enorme. Aiutare i cristiani significa inoltre lavorare per la pace. La chiesa cattolica, quella ortodossa, le chiese orientali, gli anglicani e i protestanti dovrebbero sottoscrivere una dichiarazione comune per la pace in Siria, in Iraq e in Palestina.




Come valuta l’avanzata dell’Isis su Ramadi e Palmira?
E’ una domanda che dovrebbe rivolgere a un generale, non a me. La guerra è guerra, si avanza e poi ci si ritira. L’Isis è forte in quanto è sostenuta da tante nazioni, sia arabe sia europee. Gli stessi Stati Uniti dovrebbero essere più seri e aiutare il governo siriano.


In che senso?
La Siria è una nazione, non un regime. Non capisco perché Washington aiuti le cosiddette fazioni “moderate” dei ribelli, che poi sono moderate per modo di dire. Oggi dobbiamo riconoscere tutti che non abbiamo alternative. Questa opposizione siriana è divisa e corrotta, ed è quindi inutile aiutare un elemento così debole perché significa far sì che ci siano soltanto più vittime tra la popolazione siriana.



Che cosa intende dire quando afferma che l’Isis è aiutata dai Paesi europei?
Sappiamo che ogni giorno ci sono giovani italiani, inglesi e francesi che partono per la Siria con l’obiettivo di infittire le file dei gruppi fondamentalisti. Formazioni che non definirei islamiche, perché sono gruppi puramente militari. E la guerra non è tra islam e cristianesimo, bensì è una lotta per i valori umani. Chi vuole distruggere le vestigia della civiltà sumera, il sito storico di Palmira e le chiese siriane non va contro questa o quella religione ma contro gli stessi valori umani.


Quale responsabilità hanno gli Stati europei per i giovani che si arruolano nell’Isis?
Il punto è che manca una posizione unica dell’Unione Europea, la quale non si sta dando da fare in modo serio per favorire la pace in Medio Oriente. L’Ue è indecisa e non fa patti efficaci per fermare la guerra. Se i 28 Paesi Ue avessero un’unica posizione forte, ciò permetterebbe di fermare l’influenza dell’Isis in Medio Oriente. Il mondo arabo è diviso perché l’Europa è divisa. 

Il baluardo più efficace contro l’Isis è il governo siriano, e quindi se l’Ue si schiera chiaramente a fianco di Damasco può veramente contribuire a fermare l’Isis. Questo occorre, una dichiarazione comune dell’Ue a favore del governo siriano.
(Pietro Vernizzi)

domenica 29 marzo 2015

Camminando ancora oggi sulla Via Dolorosa

I  quattro anni rubati ai bambini della Siria


AVVENIRE, 27 marzo 2015

di Marco Perini

In quattro anni un neonato si stacca dal seno della mamma, inizia a camminare, parla ed è pronto ad andare a scuola. In quattro anni un bambino ha quasi completato il suo ciclo di scuola primaria, ha imparato tante cose e Peppa Pig inizia ad essere noiosa. In quattro anni un ragazzo forma il suo carattere, gioca tanto con i suoi amici e usa il cellulare meglio dei suoi genitori. 
Ma questa è più o meno la vita normale, cioè proprio quella che non hanno vissuto le decine di migliaia di bambini profughi che in questi anni AVSI ha assistito nel sud del Libano. 
Loro, scappati dalla guerra in Syria, sono rimasti senza scuola e libri; hanno sofferto nei freddi inverni sotto a una tenda che è diventata casa loro; hanno contratto almeno una malattia della pelle, dovuta al fatto che l’acqua è un lusso sovente troppo caro anche per lavarsi; hanno sofferto della mancanza del papà rimasto a combattere o ucciso; non fanno sogni d’oro, ma piuttosto sono svegliati dagli incubi di un mortaio che scoppia; giocano a calcio senza scarpe perchè quelle che hanno, al posto dei tacchetti, hanno i buchi dell’usato o sono ciabatte in gomma; non programmano il futuro perche’ il presente è sufficientemente difficile da affrontare che non c’è più tempo per pensare al domani, bisogna sopravvivere oggi. 
Ormai più di quattro anni son passati da quando qualche ragazzo di Daraa manifesto’ per una Siria più libera e da quando immediatamente i soliti noti presero in possesso le loro giovani speranze trasformando una rondine che non fece mai primavera (araba) in un lungo e mortifero inverno dell’uomo. Oggi i morti si sommano oltre i 200mila e le persone che tecnicamente si definiscono bisognose di assistenza umanitaria sono 12 milioni. Tutto questo solo a causa della guerra in Siria, ma se aggiungiamo l’Iraq e il Kurdistan questo raccapricciante conteggio non può che salire. 
Il mondo ha ricordato questo triste compleanno più per la paura dello spietato Stato Islamico che per i bisogni di innocenti in fuga verso una destinazione senza futuro. Ma lo Stato Islamico non è nato dal nulla, senza un dollaro e formato da quattro accattoni: esiste da prima che i riflettori lo inquadrassero ed è stato addestrato e foraggiato anche da chi oggi vorrebbe combatterlo. 
 
Dopodichè contro di loro potremo vincere delle battaglie, ma mai la guerra e la ragione e’ tanto crudele quanto semplice: fino a quando questo nostro sistema continuerà a produrre guerre e miseria, di ragazzi senza futuro sarà pieno il mondo. Neonati sofferenti, bambini analfabeti, ragazzi rifugiati, giovani senza lavoro, padri morti, mamme disperate: un incredibile terreno fertile per chi propone loro una 'guerra santa' per un mondo migliore, tanto uno peggio di quello che stanno vivendo oggi non riescono ad immaginarlo. 

Ecco perche’ solo attraverso l’aiuto a queste persone, che da quattro anni sopravvivono in un campo profughi lontane da casa, si può immaginare un futuro diverso dal presente: un bambino che va a scuola, una mamma che lo aspetta con il pranzo fumante o una medicina in caso di malattia e un padre che porta a casa un salario, difficilmente vorranno diventare carne da macello per una “guerra santa”. Ma se manca anche quel minimo di normalità che ognuno di noi cerca, allora continueremo a chiederci senza trovare risposta perchè le periferie del mondo continuano a produrre tanta disperazione. 
Monsignor Antoine Audo, presidente di Caritas Syria scrive: “…In questo momento non c’è né sicurezza né lavoro. I ricchi hanno lasciato la Siria e la regione, la classe media è diventata povera e i poveri sono nella miseria”. Il quarto compleanno non è un bel giorno, però ognuno di noi può fare qualcosa perche’ il prossimo sia migliore.


Gregorio III Laham: Il Libano chiude le frontiere e cresce il dramma dei cristiani siriani


Il patriarca melchita racconta ad AsiaNews di “moltissimi” sfollati interni in Siria, un problema “ancor più grande” dei rifugiati oltreconfine. Oggi i varchi restano aperti per i cristiani di Hassakeh, vittime dell’offensiva dello Stato islamico. La guerra "origine di tutti i mali". In Quaresima chiese di Damasco gremite di fedeli che pregano per la pace. 




AsiaNews

  La decisione del Libano di chiudere le frontiere "ha reso ancor più grave e drammatico" il problema dei rifugiati cristiani. Oltre a quelli che vivono nei campi profughi oltreconfine, adesso vi sono "moltissimi sfollati interni" in Siria ed essi rappresentano "un problema ancora più grande".
È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, il quale chiede con forza "la fine della guerra" perché "è solo da essa" che derivano tutti i mali non solo della Siria, ma di tutta la regione mediorientale.
Intanto i cristiani siriani e irakeni fuggiti nei mesi scorsi in Libano lanciano un appello per "ulteriori aiuti dalla comunità internazionale": vi è un bisogno crescente di nuove abitazioni per accogliere gli esuli e garantire loro un tetto sotto il quale vivere. 
Dall'inizio della rivolta contro il presidente Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,2 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Almeno 200mila le vittime del conflitto, molte delle quali civili per i quali il 2014 è stato l'anno peggiore. Proprio nel contesto del conflitto siriano è emerso per la prima volta, nella primavera del 2013, in tutta la sua violenza e brutalità lo Stato islamico, che ha strappato ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad.

In questi giorni migliaia di persone hanno affollato due chiese di Beirut, per ricevere scorte alimentari e altri generi di aiuti distribuiti da organizzazioni attiviste internazionali che operano a favore dei rifugiati.
Iman Chamoun, 42enne cristiana originaria di Mosul, in Iraq, prima grande città a cadere nelle mani dei jihadisti, da nove mesi vive nel campo profughi: "Ci hanno preso tutto, casa, libri, persino le porte. Il lavoro di 25 anni - piange - perso in un minuto". 
Una donna del villaggio di Tel Nasri, a maggioranza cristiana assira nella provincia nord-orientale di Hassakeh, sottolinea che "vivevamo come re nella nostra terra, i nostri figli potevano andare a scuola. Avevamo tutto, e guardate ora in che condizioni siamo". Accanto a lei due materassi e un cesto di cibo, appena ricevuti. Due settimane fa ha lasciato il villaggio di origine con i figli, mentre il marito è rimasto a guardia della casa. 
Nelle ultime settimane il Libano ha chiuso le frontiere con la Siria, perché non è più in grado di accogliere altre ondate di profughi. Resta valido l'ingresso per i cristiani della provincia di Hassakeh, teatro di recente di un'offensiva dello SI che ha sequestrato centinaia di fedeli, molti dei quali tuttora nelle loro mani.


Per i cristiani siriani è "più facile" la scelta del Libano, spiega il patriarca Gregorio III Laham, perché "da lì resta viva la speranza di tornare nelle proprie case, un giorno" e di "non svuotare la regione della presenza cristiana". Ora però Beirut "ha chiuso le frontiere" e "non accetta più nessuno, se non quanti sono fuggiti dai villaggi di Hassakeh", perché "non è più in grado di ricevere altra gente, altri profughi, mancano gli aiuti, mancano le scuole per far studiare i bambini".

Per il patriarca melchita si tratta di un "duplice dramma", perché oggi lo Stato e le organizzazioni internazionali "non bastano più" per rispondere ai bisogni dei profughi e "la portata della tragedia si fa sempre più ampia". Per questo, sottolinea, "sono sì importanti gli aiuti, ma quello che davvero serve è la fine della guerra".
Egli lancia un appello "per la fine dei conflitti" e si rivolge ai governi stranieri "perché la smettano di dare denaro e armi", elementi che favoriscono l'inasprirsi delle tensione e delle violenze. "La guerra, ecco il vero, grande e unico problema - accusa - per questo preghiamo per la fine degli scontri".

In questi giorni di Quaresima, conclude il patriarca, le chiese di Damasco "sono gremite di fedeli" che chiedono la pace, "che pregano con rinnovato vigore per un futuro di pace" in Siria e in tutto il Medio oriente.

giovedì 19 marzo 2015

Patriarca Gregorios: "Se si vuole veramente porre fine alla tragedia del popolo siriano, c'è un solo modo..."

Il Patriarca Gregoire III: è da sconsiderati invocare interventi militari esterni per difendere i cristiani in Medio Oriente


Agenzia Fides, 18/3/2015

“E' da sconsiderati parlare di interventi militari condotti dall'esterno per difendere i cristiani della Siria e del Medio Oriente. Siamo un Paese sovrano, con un governo legittimo, a cui spetta il compito di tutelare i suoi cittadini. Se davvero si vuole mettere fine alla tragedia del popolo siriano, c'è una sola strada: basta guerre, basta armi, soldi e stratagemmi usati per attaccare la Siria”. 
Così il Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti, S.B. Grégoire III, conversando con l'Agenzia Fides, respinge senza appello l'idea – prospettata in maniera ricorrente nel dibattito mediatico – che le sofferenze inflitte alle comunità cristiane e ad altre componenti delle popolazioni mediorientali da parte dei jihadisti vengano evocate per giustificare un intervento militare sotto egida internazionale. 

Il Primate della Chiesa cattolica orientale con più fedeli in Siria ha presieduto lunedì 16 marzo un'affollata Veglia di preghiera per la pace nella Cattedrale dell'Assunzione di Maria, a Damasco, a cui hanno preso parte rappresentanti e delegazioni di tutte le comunità cattoliche e ortodosse damascene. “Abbiamo condiviso canti e preghiere di penitenza e di pace” riferisce il Patriarca, “mostrando a tutti, anche in questo modo, che i cristiani sono i veri promotori della pace in Siria”. A giudizio di S. B. Grégoire III, la via per favorire la pace che la Chiesa deve indicare costantemente “a tutti gli uomini di buona volontà” è quella della preghiera e del sostegno offerto a tutto ciò che può contribuire a interrompere il flusso di armi che insanguinano il Medio Oriente. 

“Il 7 settembre del 2013” ricorda il Patriarca melchita “Papa Francesco chiamò il mondo alla grande preghiera per la pace, e le navi di guerra che erano già partite fecero marcia indietro. Nei giorni scorsi, mentre noi eravamo in preghiera, si sono diffuse le notizie che Paesi occidentali riaprono alle trattative con Assad. Questa adesso è la via realista da seguire, se davvero si vuole la pace. I gruppi che terrorizzano il nostro popolo non avrebbero avuto tanta forza senza gli aiuti e le armi arrivati loro da altre nazioni e gruppi di potere.
 Per questo – prosegue il Patriarca Grégoire - faccio appello a Papa Francesco e a tutte le Chiese e le comunità cristiane, affinché i due miliardi di cristiani di tutto il mondo, parlando con una sola voce, si facciano promotori di una road map concreta e realista per chiedere a tutte le forze in campo di mettere da parte i propri calcoli di potere e tutte le cause che alimentano la guerra. Solo così le sofferenze del nostro popolo potranno avere fine”.




I Vescovi cattolici si incontrano a Homs, dove presto torneranno a suonare le campane


Agenzia Fides,   18/3/2015

Nella giornata di martedì 17 marzo i Vescovi cattolici della Siria si sono incontrati nella città di Homs, in occasione della periodica assemblea che li vede riuniti due volte l'anno allo scopo di riflettere insieme sull'opera pastorale e caritativa condotta dalle singole diocesi e eparchie, in un Paese entrato nel quinto anno di conflitto. 
All'incontro, oltre al Patriarca greco-melchita Grégoire III, al Patriarca siro cattolico Ignace Youssif III e a quattordici Vescovi appartenenti a diverse Chiese cattoliche sui iuris, ha preso parte anche il Nunzio apostolico S.E. Mons. Mario Zenari. In questa occasione, la vicinanza del Papa e della Chiesa di Roma ai fratelli Vescovi siriani è stata testimoniata anche dalla presenza dell'Arcivescovo Cyril Vasil' SJ, Segretario della Congregazione per le Chiese orientali, e di mons. Massimo Cappabianca OP, officiale del medesimo dicastero vaticano. 
Gli interventi pronunciati dai Vescovi presenti hanno fatto emergere le sofferenze e le ferite che marcano la vita ordinaria di tutte le comunità cattoliche siriane, ma hanno anche reso testimonianza del miracolo della carità che fiorisce nella rete delle diocesi e delle parrocchie, a vantaggio di tutto il popolo siriano. 
“La Chiesa di Siria - dichiara all'Agenzia Fides il Patriarca Grégoire III - è davvero gloriosa: nonostante tanto dolore e sofferenza, grazie anche al sostegno dei nostri fratelli in tutto il mondo, siamo riusciti a soccorrere direttamente più di 300mila siriani, soprattutto attraverso la Caritas, sostenendo progetti emergenziali per almeno 5 milioni di dollari”. 

Durante l'incontro, il Vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo SJ è stato confermato alla guida di Caritas Syria, e tutti hanno avuto parole di apprezzamento per la dedizione e l'efficacia con cui ha finora assolto il suo compito per far fronte alle emergenze umanitarie che fanno soffrire milioni di siriani. 

La scelta di tenere ad Homs l'incontro dei Vescovi cattolici ha assunto un evidente valore simbolico: “Aleppo è da anni sotto assedio - sottolinea il Patriarca Grégoire III - ma Homs forse è la città che è stata più martoriata. Per questo, da quando lì è terminato il conflitto, i capi delle Chiese cristiane di Siria l'hanno visitata tante volte. Vogliamo manifestare una particolare cura per quella gente ferita e accompagnare il loro desiderio di ricominciare. Ho saputo che forse presto arriveranno le nuove campane, dopo che quelle che c'erano prima del conflitto sono state rubate. 

Noi proviamo pena nel vedere il dolore del popolo - conclude il Patriarca - e vediamo che tanti vanno via, perchè non ne possono più della paura e delle sofferenze. Ma siamo anche fieri dei nostri preti, dei religiosi e delle religiose, che sono tutti rimasti al loro posto, per camminare insieme con il popolo nella fede in Gesù, anche in questo tempo così difficile”. 



mercoledì 31 dicembre 2014

Buon anno, amata Siria! che questo 2015 porti speranza di Pace

Una candela accesa e una preghiera per la pace in Siria: 

Iniziativa di S.B. Gregorio III, Patriarca greco-melchita, che invita ogni cristiano ad accendere una candela per simboleggiare una "fiamma di luce e speranza"

Dio Misericordioso e Onnipotente, fa' in modo di diffondere la pace nei cuori in Siria, come un tempo sei stato in grado di convertire San Paolo sulla via di Damasco, 
e  fa sì che le persone che sono fuggite dal pericolo possano tornare a casa presto.
Benedici tutti i Tuoi figli che sono divenuti rifugiati e che non hanno più casa. Dimostra la Tua misericordia a tutti coloro che sono esiliati, senza tetto e affamati.
Benedici tutti coloro che offrono loro dell'aiuto; risveglia la generosità e la compassione nei nostri cuori, Te lo chiediamo per Gesù Cristo nostro Signore, Amen.

Pace in Siria!

Anche qui nel buio siriano attendiamo Lui e la sua luce

Che cosa vuole dire celebrare il Natale in Siria? Qualche anno fa, quando non c’era ancora questa guerra, in molte città si viveva una festa di luci e di simboli. Era un fiorire di stelle e presepi di luci sui palazzi, balconi che riversavano cascate di luminarie, strade addobbate di rosso e oro, le tende delle case scostate di lato per lasciar vedere gli abeti illuminati all’interno, le corali che ogni sera offrivano canti e meditazioni.
Era festa per tutti, non solo per i cristiani, in un Paese dove da secoli si viveva insieme, ci si faceva gli auguri reciprocamente, i cristiani ai musulmani per le loro feste, i musulmani ai cristiani per Natale e Pasqua. Un calore vero di gente che si sentiva libera e gioiosa di manifestare la sua fede.
 
Oggi c’è la guerra, ma viene ancora il Natale. E i cristiani lo aspettano, e si preparano. E, chissà, forse proprio a causa della guerra, della distruzione, della povertà, della morte che ha toccato ogni famiglia, lo attendono in modo più profondo. Lo aspettano perché comprendono che o non è vero niente, o Dio non è Dio, non c’è, e la nostra speranza è falsa, oppure Dio c’è, ed è un Dio di amore, Uno che solo può portare la luce dentro tanto dolore.
E come capiamo che Lui è presente? Perché c’è gente che ha una luce negli occhi, che ha la speranza nel cuore e te la fa sentire. Dio c’è, e la fede è come un esercizio di speranza. Anzi, è la messa in pratica della speranza. Ci sono speranze piccole, semplici, quotidiane: ad esempio, sperare che almeno per le feste ci sia un po’ più di corrente elettrica, il gas per cucinare e il gasolio per scaldarsi. E speranze più grandi: meno gente che muore, qualche possibilità che la guerra finisca… e cominci davvero il cammino verso la pace. E poi c’è la speranza delle speranze: che tutti possano conoscere l’amore di Dio, ed essere finalmente liberi per sempre nell’amore. Ah, sì, questa è LA speranza.
 
Siamo circondati dalla sofferenza, e sappiamo bene che non possiamo evitarla. Dio non ha mai promesso questo, dolore e morte fanno parte della vita. Quello che Dio promette, e mantiene, è insegnarci a vedere il senso di tutto, e quando vediamo il senso, allora siamo liberi. «La verità vi farà liberi», è questo il significato delle parole di Gesù. 

Il presepio è nato con San Francesco. Era di ritorno proprio dall’Oriente (dove aveva potuto predicare il Vangelo perché il Sultano, visto che Francesco era davvero un uomo di Dio, lo aveva lasciato libero di annunciare la Buona Novella). Tornato in Italia, ha voluto ricreare la povertà del luogo dove Gesù si era incarnato e ha deciso di far celebrare una Messa di notte, nel bosco di Greccio, davanti a una mangiatoia che è diventata altare, con un asino e un bue e le torce dei presenti che illuminavano la radura. Quello è stato il primo presepio. Ma il desiderio di Francesco era così grande, che durante la Messa gli è apparso il Signore, proprio come un Bambino nella mangiatoia. Ecco, questo è il nostro Natale (ma dovrebbe essere il Natale di tutti): se lo desideriamo davvero, Dio è lì, viene per noi. Ancora. In una mangiatoia. Non ha bisogno di granché, può venire anche nella Siria devastata dalla violenza.
Ha bisogno solo di noi, asini e buoi, pronti a riscaldarlo con la nostra fede. Ha bisogno solo del nostro desiderio, bruciante come le torce nella notte. Se nel nostro Natale non mettiamo il desiderio di Dio, allora è solo consumismo, è solo “la pausa invernale”, l’occasione per ottenere in regalo qualcosa che ci piace. O la lagna degli auguri, spesso convenzionali, di amici e parenti.
 
Ma se c’è il desiderio del nostro cuore, allora sì. Si accende una luce dolce e forte insieme.. Magari solo dentro, nessuno la vede. Ma ce l’abbiamo dentro, e illumina tutto. Perché, e questa è la buona notizia, DIO È. 
È lì, fatto uomo per noi. Buon Natale del Signore Gesù a tutti. Ai siriani e a tutti gli uomini di buona volontà.
Un gruppo di cristiani in Siria
Avvenire, 23 dicembre 2014

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Anche-qui-nel-buio-sirianobr-aspettiamo-Lui-e-la-sua-luce.aspx

mercoledì 30 luglio 2014

"Andarcene dalla nostra terra, la terra di Gesù dove siamo nati, 600 anni prima di Maometto?? No, grazie!"



Quello che l’Occidente continua a non capire della tragedia dei cristiani perseguitati in tutto il Medio Oriente

Il patriarca Sako: «Non dovete incoraggiare i cristiani a lasciare la regione, ma aiutarli a restare qui»


Tempi, 30 luglio 2014

La Francia è pronta ad aiutare i cristiani iracheni, vittime di «persecuzioni» da parte dei jihadisti, che li hanno cacciati dalle loro case di Mosul. In un comunicato congiunto, i ministri Laurent Fabius e Bernard Cazeneuve hanno scritto: «Veniamo in aiuto degli sfollati che fuggono dalle minacce dello Stato islamico e che si sono rifugiati nel Kurdistan. Noi siamo pronti, se vogliono, a favorire la loro accoglienza sul nostro territorio a titolo d’asilo».

I BISOGNI DEI CRISTIANI. La proposta del governo francese è lodevole, avanzata con tutte le migliori intenzioni, ma dimostra come l’Occidente non riesca proprio a comprendere le esigenze dei cristiani del Medio Oriente. Dei loro bisogni si è da sempre fatto interprete il patriarca caldeo Louis Raphaël I Sako, che da anni ormai ripete: «L’Occidente non dovrebbe incoraggiare i cristiani a lasciare la regione. I governi e le Chiese occidentali dovrebbero piuttosto aiutarci finanziando progetti che facilitino i cristiani a restare qui. Ho visitato 40 villaggi nel nord dell’Iraq. La gente non ha chissà quali bisogni, se non medicine, asili, sementi e più posti di lavoro».

EDUCAZIONE, NON INVASIONE ARMATA. Davanti a queste richieste l’Occidente ha sempre fatto orecchie da mercante, di fatto ignorandole. E ora che i terroristi hanno invaso parte del paese, i cristiani chiedono aiuto anche e soprattutto perché venga trovata una soluzione alla crisi e sia garantita la stabilità politica del paese. Non però come in passato, con un’invasione armata: «Gli Usa sono già stati qui – ha detto il patriarca a inizio mese – e hanno commesso molti errori. E ora regna il caos, la confusione, l’anarchia. Non si può importare semplicemente il modello democratico occidentale». Quello che si richiede ora all’Occidente è di fare pressione su «Iran, Qatar, Turchia ed Arabia Saudita» perché smettano di finanziare i terroristi. E non fornire armi a una delle fazioni (i ribelli) che combattono in Iraq e Siria, come proposto più volte dal presidente della Repubblica francese François Hollande.

«CHI SCAPPA PERDE TUTTO». Se dunque la proposta di offrire asilo ai cristiani iracheni in Francia è un segnale di vicinanza e interessamento, non è però quello che desiderano i cristiani: vivere al sicuro non fuori dall’Iraq, ma dentro l’Iraq. Perché, come dichiarato ancora da Sako a tempi.it, «chi scappa perde la sua storia e una volta che si inserisce nella società occidentale smarrisce la lingua, la morale, le tradizioni, la liturgia, tutto: questi cristiani perdono tutto. E poi se qui abbiamo tante difficoltà, il Paradiso non è certo da voi».

CI RIMETTERÀ ANCHE L’OCCIDENTE. E non saranno certo solo i cristiani a rimetterci: «Una storia di cristianesimo che dura da duemila anni in queste terre sarà interrotta – spiega Sako –, finirà e ci rimetterà tutto il Medio Oriente, tutto l’Iraq e anche i musulmani. Loro infatti perderanno la componente della società più aperta, che si occupa della formazione, dell’educazione e aiuta lo sviluppo di un paese riconoscendo dignità alle donne». La prospettiva di un Medio Oriente sempre più radicalizzato e intollerante non fa certo gola all’Occidente, che non può permettersi la scomparsa dei cristiani. Ecco perché deve aiutarli: a restare però, non a fuggire.

http://www.tempi.it/occidente-tragedia-cristiani-perseguitati-iraq-medio-oriente#.U9jh2EYcQ5s


IL PATRIARCA GREGORIOS REPLICA A PARIGI: "I CRISTIANI  NON VOGLIONO LASCIARE L'IRAQ"



I cristiani iracheni "vogliono rimanere nella loro terra". 
Così Gregorio III Laham, patriarca della Chiesa cattolico-melchita, ha risposto al governo francese, che nei giorni si è detto pronto ad accogliere i cristiani messi in fuga dai jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante.
"Certo abbiamo bisogno di qualcuno che ci riceva - ha detto il patriarca da Damasco, in un'intervista all'emittente Tele Lumiere - ma soprattutto abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a rimanere nella nostra terra". 
"Aiutateci a combattere il terrorismo e i gruppi takfiristi - ha proseguito il prelato - a mettere fine a questa corsa alle armi che porta beneficio solo a questi gruppi".
"Questo - ha detto - sarebbe un sforzo importante, meglio che trasformarci in rifugiati o dirci che ci siete vicini e ci aiutate". 
"Vogliamo rimanere nella nostra terra - ha ribadito il patriarca siriano - e vivere al fianco dei nostri fratelli musulmani, nonostante tutti i problemi".
"Tutto quello che l'Europa ha fatto per 50 anni - ha poi denunciato Gregorio III Laham - è stato dividere musulmani e cristiani. Dovreste invece lavorare per l'unità inter-araba, inter-musulmana e anche tra cristiani e musulmani".
Poi, con un messaggio rivolto ai fedeli dell'Iraq, ha affermato: "Non siamo i primi a essere oppressi o a soffrire per questi fatti. Migliaia di martiri sono stati uccisi e il loro sangue ha aiutato a mantenere la presenza dei cristiani e il loro messaggio su questa terra".


Eid al-Fitr:  Gregorio III: "Cristiani e musulmani, noi siamo i migliori garanti gli uni degli altri"

Nel suo messaggio per la fine del Ramadan il patriarca greco-melchita cattolico di Antiochia ricorda che cristiani e musulmani hanno costruito insieme la civiltà araba e "scongiura" i "nostri fratelli arabi a unirsi per salvare l'islam" dalle correnti estremiste che lo stanno invadendo. "Dobbiamo, possiamo e vogliamo restare insieme, musulmani e cristiani per costruire insieme un mondo migliore per le nostre generazioni future e il nostro avvenire comune".


Damasco (AsiaNews)

"Cristiani e musulmani, noi siamo i migliori garanti gli uni degli altri".
Lo scrive Gregorio III Laham, patriarca greco-melchita cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente in un messaggio "ai nostri amati fratelli musulmani dei Paesi arabi e del mondo" in occasione della festa di Eid al-Fitr, che conclude il Ramadan.


"Questa festa - si legge nel documento - giunge in circostanze particolarmente difficili e drammatiche nel mondo e in modo particolare nei nostri Paesi arabi, mentre l'amata Siria e l'Iraq soffrono, la Palestina e Gaza ferite, senza parlare di Marocco, Egitto, Yemen e i Paesi del Golfo. Ovunque cola sangue, la desolazione cresce; i luoghi di culto, le moschee come le chiese, sono distrutti; i sacri diritti dell'uomo sono violati e la sua dignità, la sua libertà, il suo onore sono calpestati, minacciando tutte le conquiste umane, artistiche e tecniche, morali e religiose della nostra cultura".

"Questa civiltà araba, cristiani e musulmani l'abbiamo forgiata insieme e abbiamo vissuto nel reciproco rispetto. Superando anche "le nuvole di crisi" che a volte ci sono state, "abbiamo continuato insieme il cammino della vita; vivendo insieme, costruendo insieme e crescendo insieme". "E' in piena amicizia e lealtà che presentiamo i nostri auguri ai nostri fratelli musulmani. Piangendo le vittime innocenti, cristiani e musulmani, donne e uomini, vecchi e giovani che muoiono ogni giorno, bagnando col loro sangue strade, case e luoghi di culto della nostre città e dei nostri villaggi. Mescolano il loro sangue, abbracciati nella morte comune, come lo sono stati nella loro storia, la loro civiltà, la loro cultura".

Gregorio III, quindi "scongiura" i "nostri fratelli arabi a unirsi per salvare l'islam e i musulmani dai nemici, interni ed esterni, che incombono nel mondo arabo, nel mondo musulmano e altrove".
"Noi, cristiani arabi, siamo i più sinceri difensori dell'islam, perché sappiamo che nella buona come nella cattiva sorte, siamo insieme, conservando insieme la nostra eredità e la nostra storia comuni. Perché cristiani e musulmani noi siamo i migliori garanti gli uni degli altri. Facciamo appello alla coscienza del mondo arabo ed europeo e alla comunità internazionale perché ci leviamo insieme, come un sol uomo, di fronte alle correnti takfiriste che invadono i nostri Paesi arabi, sfigurando l'islam spingono i cristiani all'esodo, minacciandoli di morte, umiliandoli, massacrandoli, privando così il mondo arabo dei cuoi cristiani e impoverendo il mondo musulmano".
Il patriarca conclude ripetendo i termini di una promessa comune islamo-cristiana :

"Noi dobbiamo restare insieme, musulmani e cristiani per costruire insieme un mondo migliore per le nostre generazioni future e il nostro avvenire comune.
Noi possiamo restare insieme, musulmani e cristiani per costruire insieme un mondo migliore per le nostre generazioni future e il nostro avvenire comune.
Noi vogliamo restare insieme, musulmani e cristiani per costruire insieme un mondo migliore per le nostre generazioni future e il nostro avvenire comune".

http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III:-Cristiani-e-musulmani,-noi-siamo-i-migliori-garanti-gli-uni-degli-altri-31765.html

Attivista assiro denuncia: "I cristiani siriani sono in fuga per paura di un'avanzata dell'Isil"

I cristiani di al-Hasakeh, nel nord-est della Siria, "sono in fuga poiché temono la minaccia degli estremisti islamici". E' questa la testimonianza di Jamil Diarbakerli, presidente dell'Organizzazione assira democratica in Siria, che ha sede a Istanbul, in Turchia. 
In un'intervista ad Aki-Adnkronos International, Diarbakerli spiega che "l'incubo di quanto accaduto a Mosul", dove i miliziani dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil) hanno annunciato il 'califfato', "incombe sulla popolazione cristiana di al-Hasakeh".
"I cristiani se ne sono andati in massa lasciando le loro case e le loro terre, che furono il nucleo centrale da cui si sviluppò la città di al-Hasakeh", denuncia l'attivista, che critica "il silenzio internazionale e arabo" rispetto al proliferare dei gruppi estremisti nella regione.
Diarbakerli ricorda i recenti "tentativi da parte dell'Isil di prendere il controllo della città, che è un modello di convivenza tra le sue varie componenti" e condanna "i crimini commessi a Mosul" dai suoi miliziani. 
Domenica l'Isil ha preso il controllo di una posizione dell'esercito regolare siriano nella città di al-Hasakeh.
L'attivista ha quindi lanciato un appello "alla comunità internazionale e a tutti i Paesi del mondo, chiedendo che si assumano le loro responsabilità umane, giuridiche, storiche e morali in questo difficile momento per i popoli della regione e per quello cristiano in particolare, che fa fronte agli atti criminali dell'Isil e degli altri gruppi estremisti". 
"Chi tace o distoglie lo sguardo da questi crimini - conclude - ne è complice e responsabile".

http://www.adnkronos.com/aki-it/sicurezza/2014/07/30/attivista-assiro-denuncia-cristiani-siriani-sono-fuga-per-paura-avanzata-dell-isil_ArUSGyYzH77liDNGygUhnM.html

Irak : l’Orient a besoin de ses chrétiens !

mercoledì 23 aprile 2014

Chi ha paura delle elezioni in Siria?

Le elezioni siriane e il villaggio in cui si parla la lingua di Gesù



da: Piccole Note
23 aprile 2014, festa di San Giorgio

Assad annuncia le prossime elezioni siriane: si terranno il 3 giugno. L’opposizione parla di «buffonata», di elezioni farsa e via dicendo. Né potrebbe essere altrimenti.  Ma, nonostante le critiche, si terranno ed è probabile, così stimano anche gli oppositori di Assad, che sanciranno una vittoria dell’attuale presidente. 
Né, anche in questo caso, potrebbe essere altrimenti: il popolo siriano conosce i limiti di Assad e i tanti limiti del suo governo. 

A Raqqa ISIL punisce : fumava in pubblico!
Ma in questi anni ha conosciuto bene anche i suoi oppositori, ovvero quei personaggi che da Londra e da altri Stati Esteri parlano di democrazia e di libertà, mentre sul terreno affidano il trionfo di questi alti ideali ai tagliagole di Al Qaeda i quali, imbottiti di Captagon – una droga sintetizzata nei laboratori Nato che non fa sentire dolore e privazioni e rende capaci delle efferatezze più inaudite – ammazzano nelle maniere più fantasiose islamici e cristiani che da secoli convivevano pacificamente in questo Paese.

Ma al di là del teatrino della propaganda, è interessante il luogo scelto da Assad per dare questo annuncio: il monastero di Maalula, un villaggio nel quale si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. 
Assad si è fatto riprendere dalla Tv di Stato mentre visitava il monastero accompagnato da alcuni esponenti della comunità cristiana locale. Era il giorno di Pasqua e questo filmato, al di là delle polemiche suscitate, ha mostrato al mondo, tramite la Tv di Stato siriana, la devastazione portata all’edificio cristiano dai miliziani di Al Nusra che l’avevano occupato. Mossa a effetto, certo, ma favorita da chi quel luogo l’ha distrutto, rapendo le suore che vi si trovavano e portando morte all’intorno.
 Con questa uscita, Assad vuole accreditarsi come difensore delle minoranze, spiegano i giornali occidentali, e dare al mondo un’immagine positiva, contraria a quella ritagliata su di lui dalla propaganda occidentale. 
Resta il fatto che quando i miliziani di Al Qaeda presero Maalula nessun uomo politico dell’Occidente ebbe a dire una sola parola per deprecare l’accaduto, né per condannare le atrocità di cui si stavano macchiando i ribelli, che si aggiungevano alle innumerevoli commesse in precedenza. 

Così questo accreditamento di Assad suona più verosimile dell’ipocrisia di tante autorevoli voci occidentali che oggi si dicono scandalizzate dalla propaganda di regime.



Ma al di là,  le immagini del monastero devastato che sono andate in onda sulla Tv siriana hanno riportato alla memoria una testimonianza da Maalula pubblicata sul nostro sito, che invitiamo, chi non l’avesse letta, a leggere. Perché racconta molto più di altre cronache quanto si sta consumando in Siria.



Gregorio III: è un vero crimine di guerra la distruzione delle chiese di Maaloula


Asia News, 22/04/2014 
di Fady Noun

Il Patriarca ha visitato il villaggio di Maaloula, ripreso dall'esercito al fronte islamico al-Nosra. "Ci si è presentato uno spettacolo apocalittico". L'Occidente assiste "con indifferenza criminale" alla distruzione della Siria. 

 La distruzione delle chiese di Maaloula è stata definita "un vero crimine di guerra" dal patriarca di Antiochia dei greco-melchiti cattolici Gregorio III Laham, che domenica ha potuto visitare lo storico villaggio cristiano, riconquistato dall'esercito siriano al Fronte islamico al-Nosra.
"E' il mistero dell'iniquità che si vede all'opera", ha detto ancora, non trovando parole abbastanza forti per tradurre i sui sentimenti davanti allo spettacolo di desolazione che gli si è offerto. "E' la devastazione del Tempio, il mistero dell'iniquità", ha ripetuto in un colloquio telefonico da Beirut, la sera della sua visita.
Il Patriarca greco-cattolico ha visitato il villaggio insieme con il patriarca greco-ortodosso Youhanna Yazigi e con i rappresentanti del patriarcato siriaco-ortodosso, armeno-ortodosso e siriaco-cattolico, accompagnati da alcuni giornalisti e da uomini della sicurezza. E poco dopo ha anche reso visita al capo di Stato siriano, anch'egli in visita al villaggio.
"Ci si è presentato uno spettacolo apocalittico. Altre chiese sono state distrutte in Siria, ma io non ho mai visto cose così. Ho pianto e ho cercato inutilmente un momento di solitudine per pregare. Sono affranto", ha detto ancora il prelato.
"Le quattro chiese storiche di Maaloula sono state colpite. La nostra chiesa parrocchiale, dedicata a san Giorgio, è crivellata di colpi. La cupola del convento è lesionata in due punti. Le mura sono sventrate dalle cannonate. Alcune parti del convento rischiano di crollare e debbono essere ricostruite. Le icone sono sparse a terra, sporcate o rubate. Attualmente è del tutto inabitabile".

 "Nel convento dei santi Sarkis e Bakhos (nella foto), lo storico altare pagano, convertito in altare cristiano, il solo di tale tipo, è rotto in due".

Lo stesso spettacolo di devastazione si offre agli sguardi nelle chiese di sant'Elia e santa Tecla, del patriarcato greco-ortodosso.
A giudizio di Gregorio III, la devastazione di Maaloula è "un crimine organizzato" e "un vero crimine di guerra".
La Carta di Londra (1946) definisce crimini di guerra "il saccheggio di beni pubblici o privati, distruzione senza motivo di città e villaggi, o la devastazione non giustificata da esigenze militari".
"Non c'è - dice ancora il Patriarca - alcuna giustificazione militare al vandalismo che c'è stato. Si ha l'impressione che fosse un vandalismo comandato". E perché aver fatto delle nostre chiese delle posizioni trincerate?- per tentare di darsi una spiegazione di tutte queste distruzioni.

Con amarezza, Gregorio III accusa il mondo occidentale di essere cieco sulla verità della guerra in Siria. Secondo lui, non si è assolutamente di fronte a una "guerra siriana" o a una "guerra civile". Certo, c'è una parte del conflitto che oppone i musulmani tra loro, ma non è una guerra islamo-cristiana. E' un crimine organizzato.

Sul piano della sicurezza, la popolazione di Maaloula può sognare di tornare, sostiene il Patriarca, malgrado l'incertezza sulla situazione delle infrastrutture (elettricità, acqua, telefoni). Egli aggiunge che alcuni giovani stanno tornando, per ispezionare le case e studiare la possibilità di rientro.
Ma Gregorio III attira l'attenzione sulla difficoltà che si avrà a riparare il legame sociale tra i cristiani di Maaloula e la popolazione musulmana. Alcune famiglie del villaggio si sono schierate con i ribelli islamisti e la ricostruzione della fiducia pone effettivamente dei problemi. Molti giovani non vogliono una riconciliazione superficiale, degli "abbracci ipocriti".
La Chiesa ha il dovere di impedire che tutta la popolazione musulmana sia assimilata a ciò che alcuni hanno fatto. I cristiani non devono vivere in un ghetto, dice, in sostanza, Gregorio III.
A suo avviso il vero complotto è là. Mira a lacerare il tessuto sociale della società siriana, nella quale non c'è mai stata discordia tra islamici e cristiani. E insiste sulla barbarie di comportamenti che, ai suoi occhi, non si spiegano che nella volontà di distruzione della Siria "profonda".

A sostegno di ciò che sostiene, egli indica l'atroce morte, davanti a testimoni, di un fornaio di Adra, una borgata vicino a Damasco. Lo sventurato è stato gettato, vivo e insieme con i suoi figli nel forno nel quale aveva appena cotto il pane per i combattenti islamisti.

Gregorio III denuncia "l'indifferenza criminale con la quale il mondo occidentale, col falso pretesto della difesa della democrazia, continua ad assistere a questo spettacolo di distruzione. Bisogna assolutamente impedire che il virus dell'odio si diffonda", conclude, dopo aver ricordato che ancora non si hanno notizie dei sei abitanti di Maaloula rapiti, come dei vescovi greco-ortodosso e siriaco-ortodosso di Aleppo, scomparsi da più di un anno.

http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III,-%C3%A8-un-vero-crimine-di-guerra-la-distruzione-delle-chiese-di-Maaloula-30883.html
Assad annuncia le prossime elezioni siriane: si terranno il 3 giugno. L’opposizione parla di «buffonata», di elezioni farsa e via dicendo. Né potrebbe essere altrimenti. Ma, nonostante le critiche, si terranno ed è probabile, così stimano anche gli oppositori di Assad, che sanciranno una vittoria dell’attuale presidente. Né, anche in questo caso, potrebbe essere altrimenti: il popolo siriano conosce i limiti di Assad e i tanti limiti del suo governo. Ma in questi anni ha conosciuto bene anche i suoi oppositori, ovvero quei personaggi che da Londra e da altri Stati Esteri parlano di democrazia e di libertà, mentre sul terreno affidano il trionfo di questi alti ideali ai tagliagole di Al Qaeda i quali, imbottiti di Captagon – una droga sintetizzata nei laboratori Nato che non fa sentire dolore e privazioni e rende capaci delle efferatezze più inaudite – ammazzano nelle maniere più fantasiose islamici e cristiani che da secoli convivevano pacificamente in questo Paese.
Ma al di là del teatrino della propaganda, è interessante il luogo scelto da Assad per dare questo annuncio: il monastero di Maalula, un villaggio nel quale si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. Assad si è fatto riprendere dalla Tv di Stato mentre visitava il monastero accompagnato da alcuni esponenti della comunità cristiana locale. Era il giorno di Pasqua e questo filmato, al di là delle polemiche suscitate, ha mostrato al mondo, tramite la Tv di Stato siriana, la devastazione portata all’edificio cristiano dai miliziani di Al Nusra che l’avevano occupato. Mossa a effetto, certo, ma favorita da chi quel luogo l’ha distrutto, rapendo le suore che vi si trovavano e portando morte all’intorno.
Con questa uscita, Assad vuole accreditarsi come difensore delle minoranze, spiegano i giornali occidentali, e dare al mondo un’immagine positiva, contraria a quella ritagliata su di lui dalla propaganda occidentale. Resta il fatto che quando i miliziani di Al Qaeda presero Maalula nessun uomo politico dell’Occidente ebbe a dire una sola parola per deprecare l’accaduto, né per condannare le atrocità di cui si stavano macchiando i ribelli, che si aggiungevano alle innumerevoli commesse in precedenza. Così questo accreditamento di Assad suona più verosimile dell’ipocrisia di tante autorevoli voci occidentali che oggi si dicono scandalizzate dalla propaganda di regime.
Ma al di là, le immagini del monastero devastato che sono andate in onda sulla Tv siriana hanno riportato alla memoria una testimonianza da Maalula pubblicata sul nostro sito, che invitiamo, chi non l’avesse letta, a leggere. Perché racconta molto più di altre cronache quanto si sta consumando in Siria.

sabato 19 aprile 2014

Anche tu hai una resurrezione!

Lettera pasquale 2014

di Sua Beatitudine Gregorios III
Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente
di Alessandria e di Gerusalemme


Stiamo celebrando la festa della Resurrezione gloriosa del Signore nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, per la quarta volta consecutiva mentre gli eventi disastrosi della cosiddetta "primavera araba" stanno distruggendo migliaia di cittadini di diversi paesi arabi, dalla Libia all'Egitto, Palestina e in Iraq e soprattutto in Siria.

È proprio in questi paesi che i cristiani sono stati designati "figli della Risurrezione". Sono tutti chiamati a partecipare alla Risurrezione di Gesù .

..........

Appello al mondo

All'inizio del quarto anno della sanguinosa e tragica crisi siriana , lancio questo appello della Chiesa di Damasco sofferente e orante , che ha digiunato durante la santa Quaresima e continua la sua via crucis con tutti i cittadini di questo amato Paese , la culla del Cristianesimo, delle religioni e delle civiltà .

In questa grande festa della Resurrezione, nell'amore e nella speranza, di nuovo facciamo un accorato, potente, supplice appello .

Forti della nostra fede cristiana e per la missione spirituale e il ruolo di pastore e Patriarca , ci rivolgiamo a tutti: il Presidente del nostro paese e i suoi collaboratori, tutti i paesi arabi , gli Stati Uniti d' America, la Federazione Russa , i paesi dell'Unione Europea , tutte le nazioni del mondo, i pacifisti , i titolari di premi Nobel per la Pace , tutti gli uomini e le donne di buona volontà, i puri di cuore, i responsabili dei social media , gente di lettere, i pensatori, i capitani d'industria e di commercio, i mercanti d'armi ... noi invitiamo tutti a dispiegare ogni sforzo possibile per la pace in Siria . La tragedia siriana ha superato ogni misura e ogni limite! Essa ha percosso quasi ogni cittadino siriano . Chiediamo a Dio di ascoltare questo appello . Voglia Egli guidare i vostri cuori ad ascoltare questo Suo e nostro appello.

La morte regna in Siria ! Non possiamo continuare la marcia della morte ! Dobbiamo riunire i nostri sforzi , in patria e all'estero , il governo, l'opposizione , tutti i partiti e le persone di buona volontà , per arrestare il flusso di sangue siriano e camminare verso la resurrezione ! Siamo tutti figli e figlie della Siria , a cui Dio ha dato la luce della vita . Siamo chiamati alla vita, non alla morte . Come cittadino siriano e Patriarca siriano , supplico ogni siriano di camminare, con i suoi concittadini, sulla strada della risurrezione e della vita , che tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza ( cf. Gv 10 , 10 ) . Non più guerra! Mai più violenza! Niente più massacri !

Noi tutti dobbiamo tentare di realizzare la tregua per la vita . Dobbiamo rifiutare la logica della guerra e del potere: è una logica egoista e omicida !

Sto lanciando questo appello a tutto il mondo , in nome dei poveri, delle vedove, dei deboli , delle vittime, dei morti e dei feriti, dei mutilati , di quelli rimasti sfigurati, degli sfollati, dei rifugiati, dei senza casa , degli affamati , dei bambini e degli anziani, delle donne in gravidanza , dei portatori di handicap , di tutti quelli che sono nella disperazione, nel dolore e nello sconforto, come le persone che incontro spesso al confine siro-libanese quando viaggio da Beirut a Damasco, o durante le mie visite alle famiglie delle vittime e alle persone colpite dalla catastrofe . Essi sono sotto il peso della paura per il futuro e il destino delle loro famiglie, dei bambini e dei giovani .


Giovedì Santo ad Aleppo: i quartieri occidentali
investiti da pesanti attacchi dei ribelli: più di
100 morti e altrettanti feriti, in gran parte civili.
Di fronte a questa immagine oscura e sanguinosa del nostro amato paese, la Siria, mi rivolgo alle nazioni di tutto il mondo e le supplico: Abbiate pietà della Siria ! Lasciate la Siria ai Siriani! Basta con le vostre armi, i vostri combattenti, i vostri mercenari, i vostri avventurieri armati, i vostri jihadisti, i vostri takfiri!

Noi diciamo a tutti loro francamente : la guerra non è riuscita ! La violenza non è riuscita! Le armi non sono riuscite! Armare gruppi con tutti i tipi di armi non è riuscito ! Le vostre visioni, le vostre teorie e profezie dall'inizio della crisi nel 2011 sulla caduta della Siria, del Presidente e del governo siriano non sono state soddisfatte . La vostra propaganda pubblicitaria falsificata non è riuscita. I progetti e le trame di alcuni paesi arabi ed europei non sono riusciti . Le sanzioni economiche non hanno avuto successo. Le minacce di ferro e fuoco non sono riuscite. Le alleanze non sono riuscite .

Davanti a tutti questi fallimenti, non è tempo per il mondo di rendersi conto che nessuno vince con la guerra, che la soluzione politica è migliore, e che i Siriani sono i soli che decideranno del loro futuro e diranno chi dovrà essere il loro Presidente e il loro governo e quale dovrebbe essere la 
loro Costituzione?
accade a Kessab: no comment ...

O veramente il mondo è determinato, come sembra essere il caso, a continuare una guerra di sterminio del popolo siriano e di distruzione delle sue istituzioni, del suo patrimonio, delle sue chiese e moschee, una guerra che affama, impoverisce, disperde e uccide la nostra gente e i bambini, rompendo la sua resistenza e il morale , al fine di realizzare i propri interessi e progetti ?

E chi è la vittima ? E' il popolo siriano, sofferente, ferito, come ho descritto sopra .

In nome della Siria, supplico il mondo : Giù le mani dalla Siria ! Arrestate la strategia della guerra! Lasciate che la Siria e tutti i paesi  del mondo 
amanti della pace  lavorino insieme, per permettere che la pace prevalga in Siria! Perché la pace della Siria significa pace per l'intera regione del Medio Oriente , e in particolare della Terra Santa ! La Siria merita l'interesse, l'amore e la fiducia di tutto il mondo !

Non vogliamo che la Siria sia la terra della guerra, dell'omicidio, della violenza e del terrorismo ; ma piuttosto, come si legge sui manifesti per le strade di Damasco : "Siria, la tua terra è santa, una terra di amore e di pace" .

A te Resurrezione, o Siria!

La Siria è la terra della Risurrezione . Alle porte di Damasco, Paolo di Tarso vide Cristo risorto dai morti. Egli veniva a Damasco come un persecutore. Da qui è partito come apostolo e predicatore della Risurrezione. Questo è il motivo per cui la Siria è la terra della Risurrezione. Come abbiamo detto : il titolo dei suoi figli è "Figli della Risurrezione".

Oggi ci rivolgiamo ai nostri concittadini, i figli e le figlie della Siria, dando loro questo splendido appellativo storico : oh figli e figlie della Siria ! Voi siete i figli della Risurrezione , figli della vita. Voi non siete né i figli della morte, né strumenti di morte. Non siete figli della violenza, del terrore, della tortura e dei massacri. Siate per sempre figli della Risurrezione e della vita !

Che se ne vadano dalla terra pura della Siria coloro che cercano di distruggere il nostro amore, il nostro vivere insieme, uccidendo e causando lo spargimento di sangue nella nostra terra, e seminando idee di takfirismo, di odio, di inimicizia, di divisione e sedizione ! Sono solo  operatori di morte !

Noi diciamo alla Siria ciò che Gesù ha detto in una sinagoga, quando ha guarito la donna piegata in due : "Donna, tu sei sciolta dalla tua infermità." (Luca 13 : 12 )

Noi le diciamo: Tu, Siria, hai una resurrezione ! Hai una resurrezione, tu mio fratello cristiano ! Hai una resurrezione, tu mio fratello musulmano ! Hai una resurrezione, tu che stai nascosto sotto terra ! Hai una resurrezione, tu mio fratello combattente!

Auguri per la festa
Damasco: dopo 10 anni, il 17 aprile, Cristo
ha consegnato un nuovo messaggio a Myrna
a Soufanieh

Qui porgo i miei auguri per la festa della Resurrezione gloriosa , questa festa della Pasqua del Signore, celebrata quest'anno nella stessa data per tutte le nostre Chiese . Offro questi auguri ai miei fratelli Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi, membri del nostro Santo Sinodo, ai miei fratelli e figli sacerdoti, diaconi, monaci, suore e tutti i fedeli delle nostre parrocchie nei paesi arabi e nei paesi dell'emigrazione ( soprattutto quelli che ricevono recenti emigrati siriani ). 
 Offro questi auguri a tutti i cristiani, mentre celebriamo la Pasqua insieme quest'anno , e anche per i nostri concittadini musulmani che credono nella resurrezione, come possiamo leggere in questo versetto coranico : " Pace su di me il giorno in cui sono nato, e il giorno della mia morte e il giorno in cui sarò risuscitato " ( Sura 19 : 33 Maryam )

Termino questa lettera con uno dei più bei canti della celebrazione della Resurrezione gloriosa in cui ci rivolgiamo al Cristo risorto , fieri della sua risurrezione ( nona Ode di Orthros ) : " O divina delizia , O ineffabile dolcezza della tua voce! Perchè tu ci hai veramente promesso, o Cristo, di essere con noi fino alla fine dei tempi ; e noi fedeli, avendo su questa promessa il fondamento della speranza, esultiamo di gioia ".

Con il mio affetto e la mia benedizione
+ Gregorios III
Damasco, 20 aprile 2014

(trad FMG)
  il testo completo della lettera qui:
inglese:  http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Paschal-Letter-2014
francese:  http://www.pgc-lb.org/fre/gregorios/view/Paschal-Letter-2014


AGGIORNAMENTO : DOMENICA DI PASQUA  IL SANTO PADRE FRANCESCO...

" Ti supplichiamo, in particolare, per la Siria, l’amata Siria, perché quanti soffrono le conseguenze del conflitto possano ricevere i necessari aiuti umanitari e le parti in causa non usino più la forza per seminare morte, soprattutto contro la popolazione inerme, ma abbiano l’audacia di negoziare la pace, ormai da troppo tempo attesa!"