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venerdì 3 marzo 2023

Il Congresso Usa vota per ripristinare tutte le sanzioni alla Siria

 
foto di Elia Kajmini

Piccole Note, 3 marzo 2023

“La Camera degli Stati Uniti questa settimana ha votato in modo schiacciante a favore di una mozione per mantenere le sanzioni contro la Siria, nonostante il devastante terremoto che ha ucciso almeno 5.900 persone”. Così The Cradle.

Maggioranza “bulgara”

La risoluzione, presentata dal deputato repubblicano Joe Wilson e sottoscritta da altri 51 deputati, è stata approvata con un voto di 414 a 2. Contrari solo Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene.

La risoluzione chiede all’amministrazione Biden di continuare ad rimanere fedeli al Caesar Syria Civilian Protection Act del 2019, “che ha imposto sanzioni paralizzanti alla Siria progettate per impedire al Paese di ricostruirsi dopo anni di guerra”, come scrive Dave DeCamp su Antiwar.

“La mozione – continua DeCamp – dichiarava che il governo del presidente siriano Bashar al-Assad ‘affermava in maniera menzognera’ che le sanzioni statunitensi impedivano di dare una risposta alle devastazioni del terremoto”.

E ancora, “la mozione della Camera affermava di ‘piangere’ le vittime del terremoto e descriveva l’applicazione del Caesar Act come un modo per ‘proteggere’ il popolo siriano”.

Approvando tale mozione, la Camera chiede la revoca del gesto conciliante dell’amministrazione Biden che, dopo il sisma, ha sospeso parte delle sanzioni comminate a Damasco. Detto questo, anche la sospensione attuale, anche se non sarà revocata, non ha un grande impatto sugli aiuti.

Così su Msnbc news: “La scorsa settimana, il governo degli Stati Uniti ha annunciato una moratoria di 180 giorni sulle sanzioni per favorire i soccorsi ma, anche se le sanzioni prevedevano precedenti esenzioni per l’assistenza umanitaria, molti analisti temono che la revoca di queste sanzioni non cambierà molto”.

L’inefficace sospensione, parziale e temporanea

“[…] Ad esempio, le banche e le istituzioni finanziarie private non sono disposte a inviare denaro in Siria sotto forma di rimesse, tanto necessarie, e altri aiuti finanziari per paura di ritorsioni. Poi c’è il fatto che la stragrande maggioranza del petrolio del paese è controllata dagli Stati Uniti”.

Peraltro, si può immaginare quanto sia incisiva una sospensione di alcune sanzioni per soli 180 giorni, solo se si pensa alle conseguenze dei terremoti che hanno afflitto l’Italia, dove ancora l’Aquila e Amatrice, solo per fare due esempi, sono alle prese con la ricostruzione (e il nostro Paese è più sviluppato e non ha subito una devastante guerra decennale). Tant’è.

Poco da aggiungere. Questa la politica sanguinaria ormai è diventata approccio ordinario dell’Impero verso il povero Paese mediorientale. La colpa di Assad è quella di aver resistito al tentativo di regime-change, anche se un terzo del Paese, nel quale si trovano i giacimenti di petrolio, resta occupato dagli Stati Uniti, i quali usano allo scopo i curdi siriani, a loro volta succubi e vittime dei loro disegni (tanto è vero che, quando Erdogan li ha attaccati, hanno chiesto aiuto ad Assad, segno che l’America li aveva scaricati).

Tale l’ipocrisia di un Impero che vuole apparire come difensore della libertà e della democrazia e, per inciso, accusa i russi di attentare all’integrità territoriale dell’Ucraina….



Padre Lufti: "C'è bisogno di solidarietà. Il sisma rischia di cancellare ogni speranza"

È passato quasi un mese dal terribile sisma che ha colpito, esattamente la notte del 6 febbraio scorso, la regione tra la Turchia e la Siria, e sui media non si parla più, se non raramente, di questa tragedia che ha provocato ad oggi in totale nei due Paesi 53.565 vittime e innumerevoli feriti. Ma, dopo i primi momenti, terminate le ricerche di eventuali superstiti, restano il dolore e le sofferenze quotidiane di migliaia di persone e famiglie senza casa e senza lavoro e restano la paura di nuove scosse di assestamento e i timori nei riguardi del futuro. 

In Siria, in particolare, tra la gente si vive un clima generale di sfiducia. Per esprimere solidarietà alla popolazione oggi sono giunti ad Aleppo monsignor Giuseppe Andrea Salvatore Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Conferenza episcopale italiana, con il cardinale Mario Zenari, nunzio in Siria. Ad accompagnarli nella visita il padre francescano Firas Lutfi, ministro per la regione francescana di Siria, Libano, Giordania che vive nella città siriana. Infatti, se una certa solidarietà c'è stata all'inizio da parte della comunità internazionale verso i siriani vittime del sisma, c'è bisogno che gli aiuti proseguano per dare la possibilità alle popolazioni di non abbandonare la loro terra e di immaginare per loro un avvenire migliore.  A Vatican News padre Firas Lutfi spiega l'importanza della visita in corso e descrive come si vive oggi sui luoghi del terremoto.


Padre Firas, ci dice qualcosa della visita in corso?

Siamo qui a visitare un po' le zone colpite dal terremoto, stiamo percorrendo appunto tutta quella zona che è stata veramente danneggiata. Ma visitiamo anche le famiglie, le persone povere che hanno sofferto sia il trauma del sisma sia la preoccupazione per il presente e per il futuro. È una visita di solidarietà, una visita di supporto. Il cardinale Zenari ha più volte visitato la Siria, è invece la prima visita della Conferenza episcopale italiana nella persona di monsignor Baturi. Era programmata prima del terremoto, ma dopo questo evento c'erano ragioni in più per venire, per esprimere la solidarietà anche di Papa Francesco e di tutti i pastori della Chiesa italiana. Quindi è una visita molto apprezzata, molto di rinforzo e di incoraggiamento alla popolazione che sta in ginocchio.

Ecco, qual è la situazione oggi nelle località terremotate. Ci sono ancora scosse? C'è paura? Dove hanno trovato rifugio le persone che hanno perso le proprie case?

Sì, ci sono tante persone che hanno perso la loro casa e che hanno trovato riparo nelle chiese e nelle moschee e nei centri creati per l'accoglienza, ma la situazione qui è drammatica perchè centinaia di famiglie sono costrette a stare tutte insieme in una condizione di grande disagio, priva di privacy, e in una grande confusione. Sono piccoli e grandi, adulti, bambini ragazzi e ragazze che vivono così, in grandi aule semplicemente.

Ma si sta pensando a qualche sistemazione un po' meno provvisoria per loro?

Sì, sì certo, adesso grazie anche a questa collaborazione che la comunità internazionale in qualche modo ha voluto offrire, c'è un progetto per la costruzione di case prefabbricate, perchè ora ci sono molte famiglie sotto le tende.

Farà certamente anche molto freddo in questo periodo, ma come viene distribuito il cibo, il vestiario, le cose più necessarie?

Gli aiuti vengono distribuiti secondo le necessità e il numero delle persone che sono nei centri di emergenza che sono stati creati, noi francescani abbiamo parecchi centri qui ad Aleppo, almeno tre, e anche l'episcopato latino sta ospitando centinaia di persone. Insomma si cerca, entro i limiti del possibile, di aiutarli a stare bene. Ma soprattutto la gente ha paura, tanti non hanno problemi con la casa ma la paura della prima scossa ha fatto veramente sentire molta molta preoccupazione. È per questo che tanti bambini non vogliono più ritornare a casa, perché la casa invece di farli stare tranquilli e sicuri, adesso per loro rappresenta una minaccia, un rischio.

Sono presenti ancora organizzazioni e volontari per sostenere le persone in difficoltà?

Fortunatamente il terremoto ha richiamato molti giovani che lavorano qui con le organizzazione locali.

Dall'estero invece non c'è più nessuno?

Qualcuno c'è forse in Turchia, in Siria meno, solo alcuni Paesi arabi hanno mandato aiuti.

Qual è il sentimento più diffuso tra la gente: disperazione, fiducia, speranza, paura?

La paura è prevalente e poi sfiducia e disperazione, purtroppo, un senso di smarrimento e di abbandono. Le persone non hanno più fiducia nemmeno di ritornare nelle loro case. Adesso sono nel convento dei francescani, dove si trovano 3000 persone e nessuno di loro vuole andare a casa perché la casa è vista come un pericolo.

E voi come piccola Chiesa locale come fate ad aiutare tanta gente? Che cosa chiedete alla comunità internazionale?

Chiediamo appunto alla comunità internazionale più attenzione, chiediamo di superare le divisioni, le visioni miopi, chiediamo di levare in modo definitivo quelle sanzioni che pesano soprattutto sui civili e sulle persone innocenti. Abbiamo bisogno di una pace permanente, che metta fine al male che per dodici anni i siriani hanno subito prima con la guerra ora anche con il terremoto, una tragedia dentro la tragedia. Quindi è necessario un impegno veramente di tutti, soprattutto della comunità internazionale.

Localmente in questo momento c'è collaborazione tra cristiani e musulmani nelle zone colpite dal sisma?

Certamente c'è collaborazione tra tutti i siriani, musulmani e cristiani. Nel nostro monastero adesso vedo con i miei occhi moltissime famiglie musulmane che abbiamo accolto perché davanti a tragedie del genere non si fa mai distinzione tra una religione e l'altra, tra una confessione e l'altra. Sono tutti figli di Dio, sono persone ferite, come quella che il buon samaritano ha cercato di curare e di soccorrere, lungo le strade dell'umanità.

Che cosa ha in cuore, padre Firas, che cosa vorrebbe ancora dirci?

Voglio dire che ringrazio sempre la Radio del Papa per l'attenzione e per la possibilità di ascoltare la voce di questi poveri che gridano, che vivono nell'abbandono, nello smarrimento. Noi cerchiamo questa solidarietà internazionale iniziata quasi un mese fa, perché possa davvero dare più speranza e più coraggio alle persone di restare nelle loro terre. Perché dopo questi eventi tragici di solito le persone tendono ad abbandonare il loro Paese, la loro terra, non avendo più nulla su cui appoggiarsi.

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2023-03/terremoto-sisma-siria-chiesa-solidarieta-padre-lutfi-visita-cei.html

mercoledì 1 marzo 2023

Secondo comunicato sulla crescente spirale di violenza in Terra Santa

 

28 Febbraio 2023


We, the Patriarchs and Heads of the Churches in Jerusalem, are saddened by the latest escalation of violence in the Holy Land. 

On Sunday night, February 26th, dozens of Israeli settlers rampaged through the Palestinian town of Huwara near Nablus, killing a man, injuring dozens of people with metal rods and tear gas, and torching scores of buildings and cars. This took place as a retaliation after a Palestinian gunman killed two Israeli settlers near the same town—an act itself in response to the killing of eleven Palestinians in Nablus the week before.

 This recent escalation came during and following the conclusion of a rare meeting between Israeli and Palestinian leaders in Aqaba, Jordan, in which Israel promised to halt settlement expansion in the Palestinian areas, and to stop, along with the Palestinians, a spiraling and senseless escalation.

 These painful developments make it ever more necessary not only to immediately de-escalate tensions in words and deeds, but also to find a more lasting solution to the Israeli-Palestinian conflict, in accordance with international resolutions and legitimacy. 

With all people of good will, we pray to the Lord for peace and justice in our beloved Holy Land, where all have been tormented by this painful, long-term conflict.


Noi, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, siamo addolorati per l'ultima escalation di violenza in Terra Santa. Domenica notte, 26 febbraio, dozzine di coloni israeliani si sono scatenati nella città palestinese di Huwara vicino a Nablus, uccidendo un uomo, ferendo decine di persone con spranghe di metallo e gas lacrimogeni e incendiando decine di edifici e automobili. 

Ciò è avvenuto come rappresaglia dopo che un uomo armato palestinese ha ucciso due coloni israeliani vicino alla stessa città, un atto a sua volta in risposta all'uccisione di undici palestinesi a Nablus la settimana prima. 

Questa recente escalation è avvenuta durante e dopo la conclusione di un raro incontro tra i leader israeliani e palestinesi ad Aqaba, in Giordania, in cui Israele ha promesso di fermare l'espansione degli insediamenti nelle aree palestinesi e di fermare, insieme ai palestinesi, una vertiginosa e insensata escalation . 

Questi dolorosi sviluppi rendono sempre più necessario non solo un immediato allentamento delle tensioni nelle parole e nei fatti, ma anche la ricerca di una soluzione più duratura al conflitto israelo-palestinese, in conformità con le risoluzioni e la legittimità internazionali. Con tutte le persone di buona volontà, preghiamo il Signore per la pace e la giustizia nella nostra amata Terra Santa, dove tutti sono stati tormentati da questo conflitto doloroso e di lunga durata. 

I Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme


https://www.custodia.org/en/news/second-statement-regarding-increasing-cycle-violence-holy-land

domenica 26 febbraio 2023

Di fronte all’assenza di aiuto internazionale, «i siriani sono in collera con l’Occidente»

Con gli aiuti internazionali che ancora stentano a raggiungere la Siria tre settimane dopo le scosse di terremoto che hanno devastato il paese e la Turchia meridionale, si levano diverse voci per chiedere la rimozione dei blocchi diplomatici e delle sanzioni. Ad Aleppo, nel nord-ovest siriano, la popolazione si sente dimenticata dai paesi occidentali. 

Intervista al dottor Nabil Antaki

France 24, 21 febbraio 2023 - Traduzione di Marinella Correggia

Sono passate due settimane dai terremoti che hanno ucciso più di 46.000 persone in Turchia e Siria, ma gli aiuti umanitari internazionali faticano a raggiungere la Siria. Dopo 12 anni di guerra, le scosse del 6 febbraio hanno messo in ginocchio un paese già in preda a una grave crisi umanitaria, economica e di sicurezza. La Siria, sottoposta a sanzioni internazionali dal 2011, è ancora divisa tra le aree sotto il controllo del presidente Bashar al-Assad e quelle in mano ai ribelli. Nonostante le richieste di un aumento urgente degli aiuti umanitari, i camion faticano ad attraversare il confine turco, anche attraverso i punti di passaggio garantiti dalle Nazioni unite. A Damasco arrivano regolarmente solo aerei carichi di aiuti umanitari noleggiati dai paesi arabi: Algeria, Tunisia, Giordania, Arabia Saudita, Libano... I paesi occidentali sono ancora assenti. Stati Uniti, Francia e alcuni paesi europei si rifiutano di fornire aiuti direttamente al governo siriano dopo anni di rottura dei rapporti diplomatici. Il dottor Nabil Antaki, gastroenterologo ad Aleppo e cofondatore con frère Georges Sabé dell’associazione Maristi Blu, denuncia uno «scandalo» e chiede la «revoca delle sanzioni internazionali» contro un paese già allo stremo. 

Quale è la situazione ad Aleppo?

I danni sono inferiori rispetto a quelli delle città turche di Maras (Kahramanmaras), Antakya e Gaziantep, colpite molto più gravemente. Ad Aleppo, 60 edifici sono stati interamente distrutti, 200 devono essere demoliti perché non più abitabili e migliaia di edifici danneggiati devono essere restaurati. Centinaia di migliaia di persone sono senza casa. La notte del terremoto, alle 4.17, tutti si sono precipitati in strada in pigiama, sotto la pioggia, al freddo. Tutti erano molto spaventati. Si sono rifugiati in chiese, moschee, conventi, scuole. Noi dei Maristi Blu abbiamo aperto le porte mezz’ora dopo il terremoto. In poche ore, 1.000 persone sono venute a rifugiarsi da noi. Poi, a poco a poco, le persone hanno iniziato a tornare nelle loro case, quando le abitazioni non erano troppo danneggiate. Ma lunedì scorso il nuovo terremoto è stato avvertito molto forte e tutti sono usciti in strada. Abbiamo di nuovo un migliaio di persone ai Maristi blu. Non abbiamo abbastanza spazio. Tutti hanno molta paura. 

Due settimane dopo, quali sono le necessità urgenti, ad Aleppo?

Attualmente sono rimasti 80 feriti gravi. Dal punto di vista medico, non mancano i prodotti di base. L’industria farmaceutica siriana è abbastanza efficiente nonostante la guerra, riesce a garantire il 90% dei prodotti. Quello che manca, però, sono le attrezzature, che sono obsolete e che non possiamo importare a causa delle sanzioni. Eppure le attrezzature mediche sono ufficialmente esenti dalle sanzioni stesse. Abbiamo bisogno di carburante. E’ razionato. Ci sono concessi 20 litri ogni 25 giorni. A dicembre il governo ha dovuto chiudere scuole, università e amministrazioni per una settimana perché non c’erano mezzi di trasporto. Non abbiamo olio da riscaldamento. L’elettricità è razionata, ci sono solo due ore al giorno. Questo inverno è terribilmente freddo. 

Molte voci si levano per chiedere lo sblocco degli aiuti internazionali. Cosa sta accadendo in realtà sul campo?

La questione degli aiuti internazionali è davvero scandalosa. Abbiamo ricevuto aiuti da Algeria, Tunisia, Marocco, Libano, Giordania, Iraq fra gli altri, ma i paesi occidentali non hanno inviato nulla, sostenendo di non poter aiutare un paese governato da [Bachar al-] Assad. È come se i siriani qui non soffrissero quanto quelli della parte ribelle o della Turchia. Era assolutamente necessario separare la politica dall’umanitario, cosa che i governi occidentali non hanno fatto. È scandaloso. Il Quai d’Orsay sostiene di aver sbloccato 12 milioni di euro, di cui la metà attraverso le organizzazioni internazionali e l’altra metà attraverso le Ong che lavorano sul posto. Per il momento non abbiamo visto nulla. Gli Stati uniti hanno dichiarato di aver alleggerito le sanzioni per consentire gli aiuti umanitari per sei mesi. Ma in linea di principio, le attrezzature umanitarie e mediche non sono interessate dalle sanzioni. E’ ipocrita. Perché alleggerirle se sono esenti? 

Cosa ne pensano i siriani?

Sono in collera con l’Occidente. D’altra parte, c’è una generosità senza pari da parte dei siriani tra di loro, soprattutto dalla diaspora. Al rifugio dei Maristi blu abbiamo ricevuto materassi, generi alimentari e coperte inviati da associazioni siriane di Damasco e Homs. Abbiamo ricevuto molte chiamate da siriani dall’estero che volevano inviare fondi e attrezzature. Questa solidarietà senza pari fa da contraltare alla mancanza di umanità e generosità dell’Occidente. 

Quali sono le condizioni di vita della popolazione della Siria dopo 12 anni di guerra?

L’intero paese deve essere ricostruito. Era già distrutto dalla guerra, ma con il terremoto l’economia, già moribonda, è ferma. L’inflazione è terribile: l’euro, che era a 60 sterline siriane, è salito a 7.000 sterline siriane all’apice del conflitto [oltre 2.600, lunedì 20 febbraio, ndR]. Secondo i dati Onu, il 90% delle persone vive al di sotto della soglia di povertà, il 60% è insicuro dal punto di vista alimentare, la gente non riesce ad arrivare a fine mese. Dopo la guerra, l’80% delle persone sopravvive grazie alla generosità delle associazioni che, come noi, forniscono cesti alimentari mensili, assistenza medica e istruzione. Appena il 5% della popolazione è in grado di pagarsi cibo e alloggio. Il paese si è immiserito. Abbiamo bisogno che le sanzioni vengano revocate, in modo che ci siano investimenti stranieri per consentire la ricostruzione. Tutte le transazioni finanziarie sono vietate. 

Qual è lo stato d’animo dei siriani oggi?

Soffrono, sono spossati. Dodici anni di guerra, poi il Covid, poi un’epidemia di colera e ora i terremoti... La gente non ce la fa più. La gente sogna di lasciare il paese, che è già stato svuotato della sua élite. Ci dicono che si viveva meglio durante la guerra che adesso. È ora di porre fine a questa sofferenza, revocando le sanzioni per consentire gli investimenti. Le sanzioni non servono assolutamente a nulla. Sono state imposte a Cuba per 60 anni e non hanno cambiato il governo. Sono state imposte alla Corea del Nord e non hanno cambiato il governo. Sono inefficaci. Fanno soffrire il popolo. È il popolo a pagare il prezzo di queste sanzioni. Non incoraggiano i negoziati di pace, il rispetto dei diritti umani o la lotta alla corruzione. È tempo di una politica più umana e realistica.

https://www.france24.com/fr/moyen-orient/20230221-face-%C3%A0-l-absence-d-aide-internationale-les-syriens-sont-en-col%C3%A8re-contre-l-occident


PER AIUTARE I MARISTI DI ALEPPO CHE HANNO ACCOLTO CENTINAIA DI SFOLLATI NELLA LORO CASA INVIA IL TUO CONTRIBUTO A:

Fondazione Marista per la Solidarietà Internazionale Onlus

Banca Etica

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CAUSALE: Terremoto Maristi (senza scrivere 'Siria')

venerdì 24 febbraio 2023

Il prefetto del dicastero per le Chiese orientali parla del viaggio nelle zone terremotate siriane: "E' un paese distrutto"

 In particolare, durante le due giornate trascorse ad Aleppo, sabato 18 e domenica 19, è stato possibile incontrare numerose famiglie che hanno trovato accoglienza temporanea in spazi gestiti dalle comunità religiose, cristiane e musulmane, o in edifici pubblici come una scuola. Diversi sono stati i momenti particolarmente intensi vissuti con mamme, disabili, anziani soli.
 

Intervista di Vatican News a monsignor Claudio Gugerotti 

Eccellenza, quale il suo stato d’animo al rientro dalla visita nella Turchia e nella Siria terremotate?

La sensazione che ho avuto è che siamo ancora in mezzo al dramma perché non è affatto detto che le scosse siano finite. La gente è abituata alle difficoltà da sempre, tende a lasciare le case perché è indispensabile, altrimenti rischia la vita, poi ci torna ma deve scappare immediatamente appena arriva un'altra scossa forte. È questa specie di stress emotivo che colpisce molto, legato poi alle differenti situazioni dei due Paesi. In Turchia la situazione è più delimitata, probabilmente avremo paura quando sapremo quanti sono veramente i morti, perché noi abbiamo il numero dei morti ritrovati, ma è sotto questi edifici assolutamente inconsistenti, con un cemento fatto in maniera approssimativa, che ci sono decine di migliaia di cadaveri. La Turchia dispone degli aiuti internazionali, li centralizza attraverso una istituzione governativa che rende l’intervento da una parte più coordinato e dall'altra anche più difficile da gestire. Diversa la situazione della Siria. È un Paese distrutto. Dodici anni di guerra, e soprattutto i risultati di certi aspetti delle sanzioni, hanno reso la gente miserabile.

Io sono stato in Siria 25 anni fa, non la riconosco, è terzo mondo. Gli stipendi sono pressoché irrisori, non c'è lavoro, c'è una emigrazione enorme, le città sono distrutte dai bombardamenti; io non riesco a vedere la differenza tra il bombardamento e la caduta per causa del terremoto. La gente è sfiorita, non ha più speranza. Aiuta un po' di fatalismo orientale per cui si dice ‘va bene, è capitato, speriamo in Dio’: lo dicono i musulmani, lo dicono i cristiani con la stessa formula in arabo. L'attuale situazione di guerra e di sanzioni rende molto difficile aiutarli: ci vuole molto tempo per avere i visti, la trasmissione di denaro è impossibile, poi ci sono zone che sono sotto diversi controlli. E ci sono alcuni gruppi che non passano nulla, se non a quelli che decidono loro. E devo dire che anche molte nazioni europee passano attraverso i gruppi dissidenti sul posto, perché hanno una posizione politica più affine, ma non verificano dove vanno questi soldi e a chi. Se non ci fossero alcuni francescani che si occupano, con delle giravolte mentali e una fantasia infinita che solo gli orientali hanno, di trovare dei canali alternativi più o meno legali, la gente non avrebbe nulla. Io sono andato per portare prima di tutto la benedizione, la vicinanza e l'affetto del Santo Padre, ma anche per fare in modo di aiutarli concretamente e di dire alle organizzazioni cosa non devono fare per mandare gli aiuti.

Di quali iniziative si è fatto portatore?

Noi abbiamo qui la ROACO, che riunisce le principali agenzie umanitarie, soprattutto quelle che si occupano di più del mondo orientale. Loro sono molto competenti, sanno come muoversi, domani io avrò da remoto un incontro con tutte queste organizzazioni per dire quello che i vescovi ci hanno fatto capire in modo da scegliere la via giusta. Anche il dicastero delle Chiese orientali ha messo a disposizione alcuni strumenti per sbloccare quello che poteva essere altrimenti impercorribile, e questo vale per la Siria e in parte anche per la Turchia. Noi attiveremo un conto, che già esiste, per cui gli aiuti verranno depositati su questo conto. Poi vedremo concretamente noi come trasferirli sul posto, perché altrimenti le banche si rifiutano. Non hanno un interlocutore sul posto, in Libano c'è peraltro lo sciopero delle banche, per cui dove li prendono i soldi? Bisognerebbe andare con la valigetta, ma ci sono dei limiti di denaro da portare con sé, poi è pericolosissimo poiché lo sciacallaggio è potentissimo. Noi dobbiamo, come collaboratori del Santo Padre, mettere in grado il maggior numero possibile di persone che vogliono aiutare questi Paesi di farlo concretamente e in maniera sicura senza che i soldi spariscano strada facendo. Naturalmente poi è commovente vedere come uno che rappresenta il Santo Padre sia accolto da tutti con una tale commozione, una consolazione… sono andato in una moschea dove ospitavano i rifugiati, per esempio. 


Come hanno reagito?

Felici! Mi presentavano i bambini neonati che erano nati proprio sotto il terremoto. Queste mamme preoccupate, ma anche felici di aver dato la vita a questi bambini in un momento così tragico. Sentirsi visitati, soprattutto per i siriani, è una cosa straordinaria perché chi ci va in Siria, come si fa ad andare? Devi andare in macchina da Beirut. Non si sa con chi ci si imbatte, chi è che tiene quel posto di frontiera… Ci sono eserciti locali, eserciti stranieri, è una cosa talmente complessa che noi abbiamo pensato di risolvere isolandola. 

In realtà abbiamo distrutto una popolazione. Io conoscevo bene la Siria, era un gioiello. Una realtà abbastanza comunionale, con tutte le difficoltà che si conoscono, non bisogna negarlo. Quello a cui dovremmo pensare è: quando noi lavoriamo perché cambi la situazione politica, quale situazione politica alternativa proponiamo? Perché l'alternativa è il caos, l'anarchia totale e, soprattutto, se tu impedisci la consegna del petrolio, oppure te ne impossessi, oppure in qualche modo impedisci il carburante, come va avanti un'economia? Fai un mini progetto per poter tenere sul posto i cristiani, per esempio dare loro una casa e perché si riprenda l'artigianato, ma poi a chi lo vendono? È una società assolutamente e tragicamente impoverita, distrutta. E questo non giova a nessuno.


Come trovare una soluzione politica edificante?

Io non posso dare delle ricette ma vorrei esortare tutti quelli che sono coinvolti o sono stati coinvolti in questa vicenda a verificare degli obiettivi che tengano presente non lo sbocco politico soltanto, ma la situazione del bene concreto delle persone che abitano in quel Paese. Perché se io cambio un vertice e la gente è già morta, egli diventa un governante del nulla. Quando noi distruggiamo una realtà, abbiamo distrutto una realtà, non abbiamo costruito la democrazia. Però ho la sensazione che molto spesso questa dimensione del bene comune, del povero, della persona semplice scompare di fronte allo scopo specifico di ottenere quello che si vuole ottenere dal punto di vista politico. Così non otteniamo quello che vogliamo politicamente e nel frattempo esasperiamo una situazione impossibile da reggere. Oggi la politica è tutta così ovunque. Gli interessi strategici, basta vedere il caso ucraino, sono tali per cui vale il do ut des: ‘ti aiuto se…’, ‘ti do una mano se…’. Noi vediamo personaggi delle varie nazioni passare sullo scenario di questi Paesi e non ci rendiamo conto che la maggior parte va molto spesso per vedere cosa gli torna in cambio. Non si può fare una politica internazionale così perché siamo già stremati noi che pensiamo di avere in mano il mondo: non facciamo più figli, non abbiamo speranza, abbiamo perso molti dei valori che tengono insieme la società e però siamo ancora convinti di essere gli arbitri della situazione internazionale. È un'auto-illusione sostanzialmente narcisistica.

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-02/gugerotti-turchia-siria-terremoto-aiuti-guerra-ucraina-onu.html

sabato 18 febbraio 2023

Aleppo, il Vescovo Joseph Tobji: il terremoto apre un nuovo tempo di prova, anche per la fede


  “Dopo lo shock e il terrore, adesso cominciamo a fare i conti con la portata delle rovine materiali e spirituali che il terremoto ha lasciato nelle nostre vite. Comincia un tempo duro, dove saremo chiamati a confessare e testimoniare anche in questa situazione che il Padre Nostro che è nei cieli ci vuole bene e vuole la nostra salvezza”. A dieci giorni dal terremoto che ha seminato morte e distruzione in un’ampia regione tra Siria e Turchia, Joseph Tobji, Vescovo maronita di Aleppo, racconta all’Agenzia Fides le tante oscurità e le poche luci che segnano il presente e il futuro del suo popolo. Davanti alla nuova tragedia che ha travolto anche gli aleppini, il Vescovo si fa carico delle tante domande che chiamano in causa anche la fede. E manifesta scetticismo davanti alle voci di annunciati “alleggerimenti” delle sanzioni economiche occidentali che da più di un decennio affaticano le vite di milioni di siriani. “Su questo argomento” dice “mi sembra stiano circolando parecchie bugie”.


Mentre continua la tragica conta delle vittime del terremoto, per chi adesso vive tra le rovine di Aleppo l’emergenza più grande da affrontare è quella abitativa. La popolazione si raccoglie presso le strutture di accoglienza, comprese le chiese meno danneggiate. Lì si è organizzato il servizio per la distribuzione di cibo, coperte, medicinali. “Ma non si può vivere così per troppo tempo, e ora si dice alla persone di provare a tornare alle loro dimore, se sono poco danneggiate”. Nelle vaste aree di Aleppo più compromesse dall’abusivismo edilizio, il terremoto ha raso al suolo interi edifici. Nei quartieri dove è concentrata la popolazione cristiana – riferisce il Vescovo Tobji - i danni maggiori hanno riguardato gli edifici vecchi, costruiti con pietre e senza cemento armato. 105 equipe di ingegneri e operai della sovrintendenza edilizia stanno monitorando i danni e la tenuta degli edifici in ogni quartiere, facendo allontanare le persone dai condomini a rischio crollo e compilando una prima stima dei diversi gradi di danneggiamento subiti dalle singole case. Nell’arco dei prossimi mesi, si prevede l’inizio dei lavori di restauro e di messa in sicurezza delle dimore che potranno essere di nuovo rese abitabili.
Anche le Chiese e le comunità ecclesiali presenti a Aleppo – riferisce il Vescovo Tobji - hanno costituito una commissione unica con 15 ingegneri incaricati di verificare lo status dei luoghi di culto e dei palazzi abitati da famiglie cristiane. “Occorre avviare i restauri il prima possibile, perché le persone non possono vivere fuori di casa”.
Il Vescovo Tobji riferisce che da tutto il mondo diocesi, congregazioni religiose, singole parrocchie e istituzioni ecclesiali hanno da subito manifestato affetto e vicinanza concreta alle popolazioni colpite dal sisma, cercando le vie per far arrivare in Siria e anche a Aleppo aiuti materiali. Altri soccorsi si vedono arrivare dai Paesi della regione (Iraq, Iran, Emirati Arabi).


Joseph Tobji prende atto del fatto che il terremoto apre un nuovo tempo di prova anche per tanti cristiani. “Per chi non ha il dono della fede” riconosce il Vescovo, senza rimproveri per nessuno “quello che è accaduto può anche aumentare il risentimento per il proprio destino. C’è chi continua a chiedersi: quale è il prossimo male che cadrà addosso alle nostre vite? Abbiamo avuto la guerra, l’embargo, la pandemia, ora il terremoto… Perché tutto questo capita a noi? Cosa abbiamo fatto di sbagliato?”. Invece altri trovano conforto nelle storie di tanti pericoli misteriosamente scampati, storie che corrono di bocca in bocca, a mutuo conforto. Come la vicenda della famiglia che durante le scosse più tremende non riusciva a uscire da casa e raggiungere la propria auto per fuggire, perché la chiave si era rotta nella serratura della porta. “La casa ha resistito al terremoto. Loro hanno rotto la porta, sono usciti, e hanno trovato la loro macchina schiacciata da un balcone crollato. Ora raccontano a tutti la loro storia, e ringraziano il Signore per quella porta che non si apriva, e che li ha salvati da morte certa”. 

"Di fronte alla nuova tragedia che avvolge il popolo – aggiunge il Vescovo – siamo chiamati a ripetere che il male non è assoluto, e Dio vuole il nostro bene. Stiamo chiamando ciascuna famiglia, ciascuna persona, anche per chiedere di cosa hanno bisogno. Le opere di carità che ci raggiungono, provenienti anche da amici lontani, sono un segno di luce e di speranza. In Quaresima, inizieremo dei cenacoli biblici nelle case e nei palazzi, invitando le famiglie a riunirsi per trovare conforto nella Parola di Dio, con l’aiuto di un sacerdote e un catechista”.

Su una cosa il Vescovo Joseph Tobiji manifesta senza remore la sua diffidenza: lui considera le voci sull’alleggerimento delle sanzioni alla Siria messe in circolo da attori geopolitici internazionali come una specie di messinscena da vendere ai media. “Da anni” racconta a Fides il Vescovo Tobji “ci ripetono che le sanzioni colpiscono solo certe persone e certi gruppi limitati, e invece noi vediamo che a soffrire è il popolo dei poveri. Ognuno può verificare di persona sulla sua pelle cosa significano e come funzionano le sanzioni contro la Siria. Se chiedo a chiunque di inviarmi sul conto della diocesi una donazione di 10 euro per sostenere le opere di carità, si vede subito che l’operazione è impossibile, perché la Siria semplicemente è tagliata fuori dai sistemi internazionali utilizzati online dagli istituti bancari e dalle società di money transfer. Se cerchi la Siria con le applicazioni digitali per effettuare queste semplici operazioni, ti accorgi che la Siria, su quelle applicazioni, semplicemente non esiste”.

Agenzia Fides  16/2/2023

sabato 11 febbraio 2023

Testimonianze da Aleppo a 5 giorni dal terremoto

 

SUOR ARCANGELA, dall'ospedale Saint Louis, Aleppo 

Aleppo è stata provata ancora una volta. Non era sufficiente quello che avevamo vissuto con la guerra e il dopoguerra, la mancanza di tutto per sopravvivere, perfino il colera, e ora in questi ultimi mesi il freddo, la fame, la miseria…

Quel lunedì mattina alle ore 4 e 17 minuti il terremoto ci ha fatti uscire di corsa nel cortile dell’ospedale, e tutti i vicini si erano rifugiati lì. Abbiamo avuto, noi e i malati, una grande paura.

Chissà quanti morti sono ancora là sotto. E quanta gente sta morendo là sotto adesso...Una donna e un bambino appena nato, nel quartiere qui. Ieri sera ci è arrivato un sacerdote, lo abbiamo ricomposto…Quanti morti e feriti, sfollati, gente senza casa.

Il pronto soccorso ha cominciato a riempirsi di urgenze e abbiamo cominciato a vedere quello che era successo. Le urgenze arrivavano con feriti più o meno gravi. Abbiamo dovuto trasportarne altri negli ospedali pubblici, non potendo soccorrerli. Manchiamo di tante cose.

Una parte del nostro ospedale è stata danneggiata, abbiamo chiuso quell’accesso per sicurezza. Poi le scosse sono state meno forti ma la paura continua.

La sala degli interventi continua a operare per salvare i feriti.

Riceviamo i senzatetto nell’ospedale. Ma la situazione è disastrosa.

Siamo qui per aiutare e dare coraggio con il poco che abbiamo. Se si perde la speranza tutto sarà finito.

Che Dio ci protegga, perché secondo gli esperti arriveranno ancora scosse forti. Si fa per il meglio. La provvidenza non ci abbandona, questo ci dà la forza di andare avanti.

Ma soprattutto lottate lottate per farci togliere le sanzioni. Se non si tolgono le sanzioni il popolo non si rimetterà in piedi.

Suor Arcangela



Un cittadino di Aleppo scrive a suo fratello in Italia

Ciao Joseph,

la situazione è ancora tragica. Le scosse su succedono. La gente è tutta fuori casa, ma il tempo, il clima non assiste per niente, continue piogge e freddissimo. La gente ha fatto ricorso alle parrocchie che però hanno una capacità di aiuto limitata…

Hanno aperto tutte le stanze, ma sono gelate. Danno coperte, ma non sono sufficienti….

I soccorritori ci offrono cibo, quindi abbiamo di che mangiare. Il dilemma: torniamo a casa o è troppo pericoloso? Le scosse sono state tante e terribili. Pensa, io abito nel piano interrato eppure il lampadario oscillava così tanto... pensa quelli del quarto piano cosa hanno provato!

Sempre peggio. Eravamo usciti dalla guerra, almeno ad Aleppo; il nostro condominio come tanti altri aveva subito danni, ma era rimasto in piedi. Adesso con il terremoto, riuscirà a resistere?

Alla fine ho deciso e a casa ci sono tornato. Mi sono detto: o la casa diventa il nostro cimitero o sopravviviamo tutti nella volontà di Dio.

Nel nostro quartiere tre palazzi pieni di gente sono crollati, con morti, feriti e sopravvissuti.


Da un anziano più che settantenne rimasto tre giorni sotto le macerie ad Aleppo

Che ti dico Joseph, quello che accaduto non l’ha mai visto, né in guerra o altro, una cosa enorme ma ciò nonostante ringraziamo sempre Dio, abbiamo visto la morte con i nostri occhi poi visto di nuovo la vita. 

Per due giorni sono stato sotto le macerie e sono stato salvato grazie a Dio. Nonostante i danni della mia casa ho cercato di rimettere un poco in condizioni quasi abitabili e ho dormito di nuovo a casa mia.

C'è gente che ha dormito per strada da tre giorni e la gente fino a questo momento ancora dorme in strada, la situazione è molto grave e indescrivibile ma posso dirti che oggi sono rinato alla vita e ringrazio Dio

H


... La situazione è gravissima: centinaia di palazzi sono distrutti, le scosse continuano nel passare dei giorni. Fa freddo , pioggia con grandine sulla gente per strada... Dapprima eravamo andati dal fratello di mia moglie in Azizia , ma il palazzo accanto al suo è crollato d'un colpo , seppellendo la sua macchina che stava sotto. Allora io , mia moglie e mia figlia ci siamo rifugiati nel Monastero di TerraSanta , cioè il Centro Francescano di aiuto ai bambini orfani, tutto il convento di TerraSanta è pieno di 10 mila o 15 mila persone che hanno occupato ogni posto libero. Tutte le scuole, le chiese, le moschee sono state aperte per ricevere la gente  che vagava per strada. Oggi sono arrivati alcuni aerei dall'Iran, dall'Egitto, dall'Iraq e prima ne sono arrivati dalla Libia. Noi, soprattutto mia figlia, cerchiamo di darci da fare per aiutare la gente che si è rifugiata qui come noi. Pregate per noi!
Elia

mercoledì 8 febbraio 2023

APPELLO PRESSANTE DALLE TRAPPISTE SIRIANE

 

Il sale delle sanzioni sulle ferite del terremoto. Adesso basta!


Basta parole a vuoto, ADESSO è il momento di togliere le sanzioni alla Siria..

Ci uniamo all’appello di P. Bahjat parroco di Aleppo, di tanti altri, ripetiamo le parole che spesso anche noi abbiamo pronunciato e scritto senza che nulla cambiasse : ORA SI DEVONO TOGLIERE LE SANZIONI ALLA SIRIA ! ADESSO!! SUBITO !

Le parole di conforto di tanti di voi che oggi sono vicini alla nostra gente, i gesti di aiuto con cui vi fate presenti, fanno bene al cuore..Riscaldano, nel freddo che domina in mezzo alle macerie. E la gente è grata del vostro aiuto. Grazie, grazie veramente. 

Ma le parole di cordoglio di tante istituzioni fanno reagire: dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame ? Certo, non solo le sanzioni hanno portato a questo..

Ma ANCHE le sanzioni, e pesantemente.

Certo, si muore sotto le macerie anche se si sta bene, anche se c’è il cibo in casa...  Ma se le condizioni generali della gente non fossero state così disperate, oggi ci sarebbero più mezzi per scavare nelle macerie, e salvare ancora qualcuno. Ci sarebbero ospedali più attrezzati, farmacie fornite di tutto il fabbisogno. Più case capaci di accogliere i rifugiati, ci sarebbero anche qui più persone con lavoro e risorse per aiutare i propri fratelli. 

Senza dimenticare che, sì, il terremoto è una tragedia immane, che colpisce i nostri cuori e la nostra mente...Ma anche nelle zone non troppo colpite c’è tanta gente che ha bisogno, che muore di fame, oggi come ieri, perché la fame, l’incapacità di far fronte alle malattie per il costo dei medicinali, e tutto il resto esistevano anche prima di questo 6 febbraio…

Ci voleva tutto questo per far aprire gli occhi sulla tragedia siriana, di cui nessuno parlava più da tempo? ... C’era già un terremoto, più silenzioso ma non meno devastante, che da anni scuoteva la vita e il futuro di questa gente. 

I morti sono morti, li affidiamo a Dio e alla sua Misericordia, che illumina anche ciò che noi non comprendiamo. Ma i vivi hanno bisogno di una speranza tangibile e concreta che la vita si possa ricostruire. La cosa che più colpisce in questo momento è lo sgomento che invade le persone, lo smarrimento davanti a tutto questo. Gli amici di Aleppo, di Lattakie, da cui abbiamo notizie per telefono, hanno tutti una nota pesante nella voce: hanno macerie non solo davanti agli occhi, ma nel cuore. Anche queste hanno bisogno di essere rimosse, sollevate in qualche modo. 

Per favore, alzate la vostra voce PERCHE’ SI TOLGANO SUBITO LE SANZIONI. 

Che almeno la tragedia e la sofferenza di tanti morti che ancora sono sotto le macerie serva ad aiutare la speranza dei vivi. 

E poi, sì, c’è la preghiera, c’è la fede. Pregate per il nostro popolo, pregate con la nostra gente.

Non potremmo dirlo noi, che a parte la paura grande siamo state risparmiate da questo terremoto; ma un amico di Aleppo, venuto a stare da noi perché la sua casa è inagibile, ci diceva ieri: “che almeno tutto questo serva a riavvicinare la gente a Dio ! Se la fede è debole, le persone si allontaneranno ancora di più dal vero bene. Ma se almeno tutto questo servisse a riportarci a Dio ! “.

Torniamo a Dio, e forse si illuminerà un po’ anche la nostra ragione, e il nostro agire..

E grazie a tutti coloro, e sono tanti, che in questo momento pregano e operano con il cuore in mano.

   Suor Marta e le Monache Trappiste di Azer- Syria


RACCOLTA FONDI TERREMOTO, TRAMITE CONTO DEL MONASTERO ITALIANO DI VALSERENA / TRAPPISTE FONS PACIS

Per donazioni in aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto

 INTESA SAN PAOLO

intestato a Monastero Cistercense di Valserena

IBAN: IT10K0306909606100000002045

BCITITMM

Causale: Terremoto in Siria

 

Per chi ha bisogno della ricevuta valida per la detrazione può fare la donazione attraverso l'associazione Nostra Signora della Pace specificando bene la causale. 

(deducibili dalle tasse ai sensi del D.L.G. 460/97.)

INTESA SAN PAOLO

intestato a: Associazione Nostra Signora della Pace

IBAN: IT61M0306909606100000002047

BCITITMM

Causale: Terremoto in Siria

Errata corrige: a causa delle sanzioni che colpiscono le transazioni bancarie, NON INDICARE NELLA CAUSALE della donazione la parola SIRIA , per non essere bloccati dal sistema bancario 

martedì 7 febbraio 2023

Siria, una tragedia senza fine

 

di Salima Karroum e Maria Antonietta Carta

Abbiamo assistito, da vicino nei primi mesi della guerra e poi soprattutto da lontano, allo svolgersi delle vicissitudini che ormai da oltre undici anni affliggono il popolo siriano. Un popolo fiero, coraggioso, paziente che, pur subendo una guerra iniqua e feroce, era riuscito a conservare la speranza. Ma durante queste ore tremende in cui oltre alla malvagità degli umani si trova ad affrontare le forze inesorabili della natura è smarrito, è disperato, è attonito.

6 febbraio. Abbiamo ascoltato voci e letto racconti che lasciano senza respiro.

Le parole più frequenti, ripetute con urgenza sono: ‘’kanat leila mur’ibah, è stata una notte terrificante’’. Con molte persone care non siamo ancora riuscite a parlare. Da altre riceviamo brevi messaggi in cui ci comunicano di aver dovuto abbandonare le loro abitazioni e quindi non hanno internet per rispondere alle telefonate. Altre ancora ci dicono del suolo che continua a tremare, anche mentre siamo al telefono, e delle decine di migliaia di abitanti allo scoperto nei parchi, nelle piazze e nelle strade.

Arrivano sui social le prime testimonianze.

Ad Aleppo poche ore prima del terremoto era caduto un po’ di nevischio, e verso la fine di una notte glaciale Pierre Le Corf scrive:  ‘’Aleppo di notte. Tutti fuori, tutte le famiglie per strada sotto la pioggia con detriti che cadono e palazzi che crollano. È spaventoso... Già segnalati oltre 250 morti, 25 edifici crollati e più di 700 feriti finora. Dopo 11 anni di guerra e sanzioni internazionali contro la popolazione ormai stremata.’’  https://www.facebook.com/pierrelecorf 

  Già! Le stramaledette sanzioni illegali di Usa e Ue. L’infame assedio di governi criminali. La piaga che, insieme alle bombe, ai terroristi prezzolati e alla razzia delle materie prime essenziali quali gas, petrolio e grano, condanna al freddo, all’inedia, all’impossibilità di curarsi per l’assenza di farmaci grazie al bombardamento delle industrie farmaceutiche nei primi anni del conflitto, e alla morte. Perciò, la solidarietà alla Siria deve iniziare con la cancellazione del "Caesar Act" e la levata dell’assedio.

- Salvato il vescovo di Aleppo Mr Jeanbart. Resta sotto le macerie dell'arcivescovado padre Imad Daher che purtroppo morirà ore dopo.

- Nel pomeriggio, il bilancio delle vittime del terremoto è di oltre 780 e di 2280 feriti. Alcune ore dopo, si contano oltre 800 vittime.

- Sempre a causa dell’embargo, gli ospedali sono ridotti al collasso e la protezione civile impegnata a sottrarre le persone intrappolate sotto le macerie opera senza equipaggiamenti.



Nella notte, Georges Sabe dei Fratelli Maristi di Aleppo scrive:

‘’Buona serata ad Aleppo, la nostra città. Tu sei devastata e la tua gente è affranta. Le sirene delle ambulanze continuano ad avvertire che c’è un'altra emergenza.  Sono trascorse 20 ore e sembra sia trascorsa un'eternità di tristezza, paura e dolore. Il cielo piange. La terra è triste per quanto ha freddo. Gli edifici hanno ballato con la morte e la morte li ha abbattuti.  La mia gente e i miei cari, i vostri occhi mentre entravate nel monastero mi hanno detto tanto. La vostra paura, il vostro panico, la ricerca di un posto sicuro vi hanno condotto qui.  E le parole mi hanno abbandonato.  Non oso ringraziare Dio per la mia salvezza.  Apro il mio cuore prima di aprire le porte del monastero ... ‘’ https://www.facebook.com/profile.php?id=589880634 


Il grande poeta e pittore siriano Nazìh Abu Afash, di Marmarita (Homs), a poche ore dal terremoto scrive:

"Il Siriano è niente e nessuno

Quando il Siriano è sopraffatto dalla tristezza, nessuno si addolora per la sua tristezza.

Quando il Siriano piange, non traspare neppure l’ombra di una lacrima nell'occhio di qualcuno. Quando il Siriano sanguina, neppure un sospiro di dolore esce dalla gola di qualcuno.

E quando il Siriano muore a nessuno interessa il suo cadavere. Nessuno fa caso al suo cadavere.

Lo lasciano disteso nel nulla cosmico per non riconoscerlo in quanto ‘’umano" e per non essere testimoni della morte di una persona. Una persona che hanno ucciso o della cui uccisione sono complici...’’  https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261 

Parole che estrinsecano perfettamente un sentimento di profondo abbandono perché più che mai in questi giorni i Siriani si sentono dolorosamente soli.


Ahmad Safi, un giovanissimo medico specializzando presso l’Ospedale Universitario Tishrin di Latakia, scrive:

‘’Tu hai sentito parlare della sconfitta degli uomini... Io l'ho vissuta in queste ore. Stanno arrivando decine di corpi. Cadaveri per cui non possiamo fare nulla ormai. Membri di famiglie morti insieme. Il pianto e lo sconforto di chi li accompagna. Il pallore dei medici che, traumatizzati, impietriti, impotenti, contano i morti. Cerco rifugio in te, Signore, dalla sconfitta degli uomini. Che i morti riposino in pace...” https://www.facebook.com/profile.php?id=100002090927261




Oggi, 7 febbraio. Ci dicono che a Latakia e Jable sono numerosi i casi in cui membri della stessa famiglia sono morti sotto le macerie. Ai muri delle città, i necrologi con volti di genitori e dei loro bambini o giovani fratelli abbracciati e ancora numerosi medici, studenti, bimbi e persone di ogni età. Edifici crollati e un gran numero inagibili perché a rischio di crollo.

- Nonostante l’immensa pena, la generosità dei Siriani non viene meno. Abbiamo notizia di soccorritori che da Talkalakh e altre località, muniti di poveri mezzi quali le pale, si dirigono ad Aleppo per aiutare a salvare vite intrappolate sotto le macerie. 

- ‘’Alle 8 del mattino e alle ore 13, la terra e gli edifici hanno tremato ancora’’ ci sta raccontando al telefono in questo momento Aida (ore 14,30), una parente di Latakia che siamo riuscite a raggiungere solo ora. 

‘’I vetri cadono in frantumi. I muri si crepano. I negozi sono tutti chiusi. Latakia muore. Gli abitanti abbandonano le case, si riuniscono nelle chiese e nelle moschee, in altri luoghi pubblici, nei parchi o fuggono in campagna.’’

- Ad Aleppo, la situazione è ancora peggiore. E tutto il nord della Siria è in agonia.


Chi può, faccia qualcosa per alleviare le sofferenze inaudite di questi nostri fratelli. Non lasciamoli soli.