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lunedì 22 novembre 2021

Richiesta interna al Congresso USA: via dalla Siria

 Riprendiamo dal sito Piccole Note queste interessanti annotazioni su - finalmente!- movimenti interni al Governo degli Stati Uniti per il ritiro dell'illegale presenza americana in territorio siriano e della rapina (con l'accordo dei Curdi e dell'FDS) delle risorse di petrolio e di gas di Al-Omar, Al-Tanak, Al-Jafra e Koniko; giacimenti petroliferi che rappresentano i due terzi delle riserve nella Siria. 

Con l'avallo del 'Caesar Act', le sanzioni statunitensi imposte da Washington durante l'era Trump prendono di mira aziende, istituzioni e individui (sia siriani che non siriani) che vorrebbero intraprendere affari con settori dell'economia siriana volti alla ricostruzione del Paese dopo 10 anni di guerra.  Ma, come ricorda il Vescovo di Aleppo mons Georges Abou Khazen a FIDES, “perpetuare le sanzioni contro la Siria significa condannare a morte molta gente”:  “La situazione quotidiana” riferisce all’Agenzia Fides il Vicario apostolico della metropoli siriana “è per molti versi peggiore di quella che vivevamo quando Aleppo era terreno di guerra tra l’esercito siriano e le milizie dei cosiddetti ribelli. Non ci sono medicine, negli ospedali non arrivano i macchinari indispensabili per salvare tante vite, mancano i beni di prima necessità anche dal punto di vista alimentare. Tanti riescono a malapena a trovare il pane per sopravvivere di giorno in giorno”.

   OpS

Trenta membri del Congresso a Biden: gli Usa via dalla Siria

Piccole Note, 22 novembre 2021 

“L’amministrazione Biden deve rispondere a queste domande urgenti sul perché e sotto quale autorità l’esercito americano sta combattendo in Siria, qual è la missione e se quella missione è in linea con gli interessi americani”. Così Marcus Stanley, Advocacy Director del Quincy Institute for Responsible Statecraft.

Una dichiarazione che giunge nel giorno in cui 30 membri del Congresso americano hanno scritto una missiva a Biden nella quale chiedono a che titolo l’esercito Usa conduce azioni di guerra in Siria e Iraq. “Il popolo americano – si legge nella missiva – è stanco dell’infinito coinvolgimento militare degli Stati Uniti nelle guerre d’oltremare”.

“È imperativo che il Congresso e i suoi membri, in quanto rappresentanti del popolo americano, esercitino i poteri di guerra garantiti dalla costituzione per supervisionare e autorizzare qualsiasi azione militare all’estero”.

Via dalla Siria

Finalmente, qualcosa si muove, dopo anni di stallo, che vedono l’esercito Usa occupare de facto un terzo della Siria e conservare anche in Iraq una presenza più che invasiva, di fatto una forza d’occupazione, anche qui nonostante il voto del Parlamento iracheno che ne chiedeva il ritiro.

Tale occupazione ha avuto, e ha, una legittimazione del tutto fittizia, cioè la lotta al Terrore, nonostante sia ormai storia che il Terrore si sia oltremodo alimentato grazie all’intervento americano in Iraq – come ha certificato una volta per tutte la Commissione d’inchiesta britannica Chilcot.

Di interesse annotare come anche un media conservatore come il Washington Examiner ospiti una nota nella quale chiede il ritiro dalla Siria, in un articola che spiega come la legittimazione della lotta al Terrore non ha più alcun senso, dal momento che l’Isis non controlla più alcun territorio, ma sopravviva come cellule che operano in clandestinità, contro le quali si stanno muovendo con efficacia gli attori locali (la nota cita solo russi, siriani, iracheni e milizie curde, ma i più formidabili nemici dell’Isis sono i miliziani sciiti).

Non solo il ritiro dalla Siria, Giordio Cafiero, su Responsible Statecraft, spiega come le nazioni arabe si stiamo muovendo per riallacciare i rapporti con Bashar al Assad. A tale proposito cita il viaggio del ministro degli Esteri degli Emirati Arabi a Damasco, spiegando che tale Paese si è impegnato più di altri a far uscire Damasco dallo status di paria internazionale.

“Questo è nell’interesse di tutte le nazioni della regione. L’Iran non solo accoglie con favore questo processo, ma fa anche ogni sforzo per accelerarlo affinché i paesi arabi e siriani riprendano le loro relazioni”, ha, peraltro, affermato Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministero degli Esteri iraniano.

Una lettera e qualche articolo di giornale non riusciranno certo a far invertire la rotta, ma il fatto che almeno qualcuno in America metta a tema il ritiro dal Medio oriente è una novità, dopo i tentativi falliti in tal senso da Trump, che più volta ha provato a ritirarsi dalla Siria, dovendo poi cedere alle pressioni contrarie.

L’esercito Usa a difesa degli oppressori

Una presenza sempre più ingiustificata e sempre più inaccettabile, ma dalla quale il Pentagono non vuol recedere. Di interesse, sul tema, un articolo di Doug Barrow su Antiwar, nel quale l’ex consigliere speciale di Ronald Reagan (non certo un estremista comunista) ha criticato aspramente il recente intervento del Segretario della Difesa Usa Lloyd Austin a un forum sulla sicurezza tenutosi in Bahrain, uno dei regimi più oppressivi del Golfo (ma le cui magagne restano nascoste perché è alleato con gli Stati Uniti).

In particolare, Barrow ironizza sul passaggio dell’intervento di Loyd nel quale questi accennava alla geometrica potenza prodotta dell’alleanza tra Paesi arabi e Stati Uniti, dato che sono stati incapaci di piegare l’Iran, nonostante decenni di sanzioni terribili che ne hanno falcidiato l’economia, e stanno perdendo contro i ribelli yemeniti, nonostante lo Yemen sia uno dei Paesi più poveri del mondo.

“Altrettanto ridicolo – prosegue Barrow – è stato il consiglio di Austin ai partecipanti: ‘Ho imparato che possiamo fare molto di più quando siamo uniti rispetto a quando ci lasciamo dividere’. Così ha detto l’uomo che sovrintende a un esercito che è stato responsabile della distruzione di diversi paesi e della morte di centinaia di migliaia di civili grazie alle molteplici guerre degli ultimi due decenni. ‘Stare insieme’ non sembra descrivere adeguatamente la politica degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Yemen – debacle dopo debacle”.

“Tuttavia, gli americani continuano a lavorare con questi e altri regimi oppressori, molti dei quali affidano tutto il ‘lavoro sporco’ agli stranieri. Dopotutto, chi vorrebbe morire per proteggere i propri corrotti governanti? Eppure il personale militare statunitense è bloccato a fare proprio questo. In questo caso fungono da guardie del corpo per delle élite regali che regnano su cittadini che si rifiutano di combattere” per loro.

Cenni a effetto, che riferiamo per sottolineare il realismo e l’opportunità della missiva inviata a Biden dai membri del governo. Il presidente ha bisogno di tali sollecitazioni, dato che vuol porre termine alle guerre infinite. Non può riuscire da solo: nonostante l’apparente potere che gli è conferito, l’apparato militar-industriale e gli interessi in gioco sono fortissimi.

domenica 14 novembre 2021

Il fiume Eufrate in secca, il disastro incombe sulla Siria

foto D Souleiman -AFP

L'accusa rivolta alla Turchia apparsa ieri su France Culture : “Per molti anni i turchi hanno costruito dighe che consentono loro di controllare il flusso che scorre a valle. Negli ultimi mesi hanno ridotto di circa l'80% il volume d'acqua che normalmente arriva in Siria e del 50% dalle stazioni di pompaggio di acqua dolce alla popolazione. "
 

di Elisa Pinna 

Per millenni l’Eufrate ha costituito l’arteria vitale per le popolazioni della Mesopotamia occidentale, ha dissetato, irrigato campi, contribuito a creare civiltà e imperi. Ora si sta prosciugando inesorabilmente in alcuni suoi tratti e milioni di persone in Siria e in Iraq non hanno più acqua per bere e mandare avanti l’agricoltura e l’allevamento di bestiame.

I cambiamenti climatici, il ciclo delle siccità, le temperature sempre più alte stanno portando via tutte le forze al «Grande Fiume» biblico. La sua portata è ai minimi storici – 150/200 metri cubi d’acqua al secondo contro i 600 metri cubi del secolo scorso – e, tra i contadini siriani e iracheni delle pianure che attraversa, vi è un senso di disperazione e disarmo. Senza l’Eufrate, anche per loro non c’è più vita.

Particolarmente grave è la situazione in Siria, dove cinque milioni di persone dipendono totalmente dalle acque del fiume e dei suoi affluenti. Sono concentrate nel Nord-Est del Paese, un tempo considerato il «granaio siriano», trasformatosi poi in un campo di mattanza della guerra civile: da queste parti i miliziani del sedicente Stato islamico (l’Isis) hanno conquistato Raqqa, per poi lanciarsi nella marcia attraverso l’Iraq fino a Mosul, proclamata nel 2014 capitale del Califfato nero e ripresa solo nel 2017 da soldati iracheni e miliziani filo-iraniani, sostenuti in quell’occasione, anche dagli Stati Uniti.

In Siria invece erano stati i curdi a guidare la controffensiva contro i seguaci dell’autoproclamato califfo Al Baghdadi, tra un coro di elogi e incoraggiamenti da parte dell’Occidente, salvo poi essere dimenticati e lasciati in balia delle vendette dei turchi, pronti a tutto pur di evitare la nascita di un’entità curda saldata agli indipendentisti interni. Molti sono pronti a scommettere che vi è un filo che lega i fatti della guerra di allora – in realtà mai terminata – ai problemi di oggi dell’Eufrate, non afflitto soltanto dai cambiamenti climatici.

Il fiume nasce dalle montagne circostanti l’Ararat e la Turchia ne controlla il flusso iniziale, attraverso un sistema di dighe e laghi artificiali, prima che il corso d’acqua passi in Siria e poi in Iraq, dove si unisce al Tigri per sfociare infine nel Golfo Persico. Il sospetto che Ankara abbia un po’ chiuso i rubinetti per assetare i nemici curdi – magari in vista di qualche nuova offensiva militare – esiste ed è dichiarato apertamente. Ankara nega qualsiasi responsabilità ed anzi si lamenta di soffrire degli stessi problemi di siccità.

Sta di fatto che le immagini dell’Eufrate trasmesse in questi giorni sono sconvolgenti, sebbene l’allarme sulla lenta agonia del grande corso d’acqua siano state lanciate da tempo. Le riprese televisive girate dall’alto, in territorio siriano, dall’emittente televisiva asiatica Wion-News mostrano quello che era uno dei più possenti fiumi dell’Asia occidentale (ed anche il più lungo con i suoi quasi 2.800 chilometri di percorso) ridotto in alcuni tratti ad un piccolo torrente che si apre a fatica la strada tra lastre di fango indurito e corrugato. Le case che, prima si trovavano sulla riva, compaiono incongruamente a chilometri di distanza dall’acqua, nel mezzo del nulla, circondate da un deserto di polvere.

Secondo i funzionari locali della Fao (l’agenzia dell’Onu per il cibo e l’agricoltura) il 75 per cento dei raccolti del 2021 è andato distrutto in Siria, con punte del 90 per cento. Ora è il tempo dell’aratura della terra e della semina e i contadini rimasti non sanno cosa fare: se indebitarsi ulteriormente per comprare semenze e fertilizzanti, rischiando di trovarsi nell’estate del 2022 senza nulla in mano, ancora più poveri, affamati e assetati di prima, o se andarsene anche loro, aggiungendosi a quella metà della popolazione siriana già sfollata all’interno o all’esterno della patria. La maggior parte ha già deciso e abbandonato la propria casa.

I villaggi – sempre dalle riprese della Wion-News – appaiono vuoti, tranne qualche famiglia sparpagliata qua e là. Si tratta di una terra dove un tempo abitavano molti cristiani. A Um Gharqan vi era, fino a inizio secolo, una comunità prospera che viveva di agricoltura e allevamento grazie alle acque del fiume Khabour, un affluente dell’Eufrate, famoso nel XX secolo per le sue inondazioni, ed ora completamente essiccato. «Giuro su Dio che era il Paradiso ed ora è diventato sinonimo d’inferno», spiega, in un servizio televisivo, una signora assiro-cristiana mentre indica un canale – diventato uno scolo dove si accumula l’immondizia – che prima portava l’acqua a campi di grano, di cotone, di orzo, a frutteti lussureggianti, a pascoli per gli animali. La donna mostra sul suo cellulare una vecchia foto della chiesa del villaggio, avvolta dal verde di alberi imponenti: la chiesa è stata distrutta nel 2014 dai miliziani dell’Isis, ed attorno alle macerie vi è ora un paesaggio lunare che si estende per chilometri fino all’orizzonte.

https://www.terrasanta.net/2021/11/eufrate-in-secca-in-fuga-5-milioni-di-contadini-siriani/

mercoledì 10 novembre 2021

Dalle suore di Aleppo alla Chiesa di Roma : "Noi abbiamo diritto di vivere!"

Nel recente viaggio in Siria, il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha visitato l'Ospedale Saint Louis di Aleppo.   Ricordiamo che , durante l'occupazione dei quartieri est di Aleppo da cui 'i ribelli'' lanciavano sui quartieri in mano governativa mortai e bombole di gas ripiene di materiale esplosivo, anche sull'Ospedale St Louis sono cadute ben 7 bombe. Con le pallottole raccolte, suor Arcangela ha costruito segni di perdono e di offerta a Dio di tutto il male e la sofferenza subite dal popolo di Aleppo.   L'Ospedale oggi segnala il danneggiamento dell'apparecchio dello scanner toracico per i numerosi esami diagnostici effettuati, e per il quale le sanzioni internazionali non permettono di recuperare i pezzi di ricambio.  Le suore durante l'emergenza Covid, in Siria particolarmente virulenta in questi giorni, hanno continuato a visitare a domicilio i malati.

Riportiamo uno stralcio della testimonianza letta da suor Arcangela, religiosa italiana della Congregazione 'San Giuseppe dell'Apparizione' che gestisce l'Ospedale, pubblicato sul sito della Congregazione.

OraproSiria

Il Cardinale Sandri, insieme al Nunzio e al Consigliere della Nunziatura Apostolica, si sono quindi trasferiti all’Ospedale St. Louis, affidato alle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, terzo delle strutture inserito nel circuito “Ospedali Aperti” coordinato da AVSI insieme al Nunzio Apostolico. 

Dopo un breve giro tra i reparti salutando gli operatori radunati, il Prefetto ha sostato con i delegati di AVSI e le Suore dell’Ospedale. Toccante è stata la testimonianza di una religiosa di origine italiana, di cui si trascrivono alcuni stralci: 

“Siamo una Congregazione Religiosa femminile ad Aleppo dal 1856, chiamate allora dai padri Francescani per occuparsi della formazione delle giovani. Dal 1905 avevamo due missioni: la scuola Santa Giovanna d’Arco che abbiamo perso per la nazionalizzazione del 1967 e il foyer per le giovani universitarie, che attualmente è chiuso per un anno durante i lavori di ristrutturazione a causa delle numerose bombe che hanno provocato molti danni. Per rispondere alle esigenze della popolazione abbiamo costruito questo ospedale. La città di Aleppo è una delle più colpite dalla guerra e dai bombardamenti, ma noi abbiamo deciso di restare e non abbandonare questo popolo cui abbiamo scelto di donare la nostra vita. Sette bombe ci hanno colpito delle quali, soltanto 3 sono esplose, senza contare le pallottole. Grazie a Dio si è trattato soltanto di danni materiali. Noi e nostri medici hanno ricevuto delle minacce, ed alcuni di loro sono fuggiti. La guerra così lunga ha segnato le nostre vite. La grazia di Dio ha trasformato le nostre sofferenze in una occasione di crescita umana e spirituale. Ha rinforzato la nostra fede e i nostri legami in comunità. Abbiamo sentito la sofferenza del popolo e imparato a vivere dell’essenziale. Abbiamo fatto l’esperienza che la Provvidenza non abbandona mai, e lo abbiamo sentito nei momenti più critici. Il nostro ospedale è rimasto aperto notte e giorno per accogliere i feriti senza distinzione di fronte o di religione. Attualmente viviamo in una condizione al limite: né guerra, né pace! La guerra non è più quella delle armi, ma ben più minacciosa e più grave, quella economica. Le sanzioni sono devastanti, e non fanno che aggravare una situazione umanitaria già in agonia, con in più il vicino Libano pure instabile e in gravi problemi. Quello che le grandi potenze non hanno potuto ottenere con la guerra lo stanno ottenendo oggi con le sanzioni per ferire un popolo a poco a poco. Il nostro ospedale è un'oasi di pace, dove tutti possono trovare conforto fisico e morale. Grazie al progetto Ospedali Aperti e al Cardinale Mario Zenari stiamo andando avanti da tre anni. Il Coronavirus ha aggravato la situazione della popolazione, con molti malati che si sono presentati nelle urgenze, e la necessità di trasferirli in altre strutture perché non siamo dotati di strutture adatte, ma abbiamo seguito numerosi malati a domicilio. Come consacrate, attraverso la nostra presenza e la testimonianza della nostra vita, ci siamo sentite interpellate a promuovere gesti di riconciliazione e perdono, incoraggiando i cristiani a restare nella loro terra. Il popolo di Aleppo ha una grande fede! Con loro, noi crediamo che malgrado l’esperienza vissuta di una lunga notte oscura, la fiamma della speranza è restata accesa e brilla ancora, con la certezza nei nostri cuori che dopo le tenebre, la luce della verità risplenderà un giorno. Accanto alla preghiera però bisogna agire, bisogna scuotere e risvegliare le coscienze delle Autorità del mondo, non può essere punito un popolo, noi abbiamo diritto di vivere! Grazie a Papa Francesco e a Lei!”.

Non senza commozione si è concluso questo incontro, con una visita alla Chiesa e alla piccola cappella delle Suore: sia lungo i corridoi, che nei luoghi di preghiera, le Religiose hanno voluto trasformare i mortai e le pallottole raccolte lungo i mesi di combattimenti in oggetti per la preghiera: crocifissi, rosari, simboli cristiani, scritte invocanti la pace, segno dell’impegno del credente in Gesù, Principe della pace, a trasformare con la preghiera e la carità, come dice Isaia, le moderne lance in falci per un raccolto di riconciliazione e nuovo futuro.

venerdì 5 novembre 2021

Consolare volti tristi: i semi di bene dei Maristi di Aleppo

Lettera da Aleppo n. 42  (2 novembre 2021)

trad. Gb.P. OraproSiria

VOLTI TRISTI

Gli Aleppini non dimenticheranno mai gli anni dal 2012 al 2016 in cui infuriava la guerra ad Aleppo.

Ricordano vividamente le bombe e le bombole di gas piene di esplosivo e chiodi lanciati dai gruppi armati ribelli ad Aleppo Est nei loro quartieri, uccidendo ogni giorno molti civili.

Ricordano le ore di ansia e paura in attesa che i loro cari tornassero a casa.

Ricordano le sofferenze che hanno sopportato, il freddo invernale per mancanza di gasolio per il riscaldamento e le serate trascorse, per anni, al buio per mancanza di elettricità (le centrali elettriche erano in mano ai terroristi).

Non possono dimenticare gli anni in cui sono stati senza acqua corrente (i terroristi hanno interrotto l'approvvigionamento idrico di un'intera città) e le ore di attesa del proprio turno, davanti a pozzi scavati frettolosamente in qualsiasi parte della città, per riempire le loro taniche d'acqua. .

Ricorderanno sempre i ripetuti blocchi della città quando nessuno poteva entrare o uscire, isolando Aleppo e la sua gente e causando penuria di tutto l'essenziale.

Il 2 novembre, si recheranno nei cimiteri a pregare sulle tombe dei loro genitori, parenti e amici uccisi durante gli anni della guerra.

Vivono sempre nella nostalgia dei giorni felici in cui tutti i membri della loro famiglia vivevano ad Aleppo prima di essere dispersi in tutto il mondo.

Nonostante tutta questa sofferenza degli ultimi anni, gli Aleppini ripetono ora in coro "vivevamo meglio negli anni della guerra che adesso", "rimpiangiamo il tempo delle bombe che era più sopportabile della miseria che ora soffriamo".

In effetti, è la bomba della povertà che ora è esplosa in Siria lasciando l'80% della popolazione al di sotto della soglia di povertà e il 60% nell'insicurezza alimentare.

Ora che i combattimenti sono quasi cessati da circa due anni e la situazione militare è congelata, la situazione economica è disastrosa. I prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati vertiginosamente, provocando un aumento del costo degli affitti e del costo della vita. La penuria ha preso piede stabilmente con il razionamento della benzina, del pane, dello zucchero, del riso... I salari, invece, non sono stati adeguati proporzionalmente causando un aumento della povertà. La maggior parte delle famiglie non riesce più a sbarcare il lunario e fa affidamento su cibo, assistenza medica e denaro delle ONG per sopravvivere.

Questa situazione è il risultato di diverse cause tra cui la distruzione delle infrastrutture del Paese e le devastazioni della guerra, la crisi finanziaria in Libano dove molti Siriani hanno perso i loro capitali da investire e i loro risparmi per la pensione ,ma anche delle sanzioni ingiuste imposte dai Paesi Europei e dagli Stati Uniti che bloccano le transazioni finanziarie, impediscono le importazioni e vietano gli investimenti in Siria. Inoltre, la pandemia di Covid19 ha peggiorato la situazione per i decessi che ha causato e le misure preventive che hanno rallentato l'attività economica già morente.

Molti dei nostri connazionali ci raccontano di rammaricarsi per la loro decisione di rimanere nel Paese quando l'emigrazione era facile, e molti sognano di stabilirsi altrove. Solo nell'agosto di quest'anno, diciassettemila giovani aleppini hanno lasciato il Paese per stabilirsi e lavorare altrove, soprattutto in Egitto. Stiamo sopportando il contrappeso della partenza di ciò che era rimasto come manodopera specializzata e artigiani. Le piccole imprese che si prendono il rischio di aprire non trovano più lavoratori qualificati per far funzionare le loro macchine; e sono gli altri paesi che beneficiano dei nostri medici, ingegneri, artigiani, operai e altri professionisti che sono stati formati a casa in Siria e che ora partecipano alla crescita economica o al riempimento delle carenze di personale di alcune professioni in altri Paesi.

Quest'estate abbiamo visto aggirarsi per Aleppo decine di persone che erano fuggite dalla guerra ed erano emigrate altrove. Sono tornate in visita per rivedere i parenti, riordinare la casa che avevano lasciato con urgenza e sbarazzarsi di vestiti e altri oggetti che non servivano più, per rinnovare i passaporti e per sbrigare le formalità amministrative rimaste irrisolte da allora per la loro partenza.

Alla domanda su come hanno trovato Aleppo, molte di queste persone hanno usato la stessa formula: "abbiamo trovato FACCE TRISTI". Questi Aleppini che sono tornati ad Aleppo dopo diversi anni di assenza hanno raccontato ad alta voce quello che noi sentiamo da tempo. Le persone sono tristi, i loro volti tristi, le loro menti tristi e i loro cuori ancora più tristi. Come ci si può aspettare che sia diversamente quando si è vissuto, per 10 anni, tra le bombe militari e la bomba della povertà?

È in questo contesto che noi, Maristi Blu, continuiamo a lavorare per seminare un po' di gioia nel cuore dei bambini e un po' di speranza nello spirito degli adulti, per aiutare le persone ad avere un lavoro e le famiglie a far quadrare i conti, per educare i bambini e anche gli adulti.

Il nostro progetto “Colibri”, che si prende cura delle famiglie sfollate dal campo di Shahba, continua le sue attività educative e mediche e fornisce supporto materiale alle famiglie in termini di cibo e igiene. Tuttavia, questo progetto è minacciato; l'esercito turco che occupa la regione siriana di Afrin sta bombardando i dintorni del campo e ha lanciato volantini in aereo alla popolazione della regione per avvertirla dell'imminente operazione militare "per liberare la regione dai terroristi"( sic!).

Il progetto “Pane Condiviso” è molto apprezzato dagli Aleppini. Dodici donne cucinano ogni giorno nei nostri locali per preparare un piatto caldo quotidiano (con frutta e pane) che i nostri 25 volontari distribuiscono (con un sorriso e pronti all'ascolto) a mezzogiorno a più di 200 anziani che vivono soli senza famiglia e senza risorse.

Abbiamo iniziato una seconda fase del nostro programma di "Formazione professionale" con 20 giovani adulti che abbiamo collocato come apprendisti presso un artigiano esperto per imparare un mestiere e diventare idraulici, falegnami, elettricisti, meccanici, pittori, sarti ecc.

Il programma "Micro-progetti" continua con la formazione di adulti per guidarli alla formulazione di progetti e il finanziamento di progetti con possibilità di successo. Sfortunatamente, la crisi economica riduce le possibilità di successo.

"Imparare a crescere” e “Voglio imparare”, i nostri due progetti educativi per bambini dai 3 ai 6 anni provenienti rispettivamente da famiglie povere o da quelle sfollate, non hanno potuto accettare tutte le domande di iscrizione e si sono trovati nel rammarico di rifiutare dei bambini che tuttavia avevano bisogno di noi. I nostri locali sono utilizzati al massimo della loro capienza e non possono ospitare più di 210 bambini e le 31 educatrici che li accompagnano.

Seeds, (Semi) il progetto di supporto psicologico, sta crescendo enormemente: Trenta volontari sotto la direzione del nostro capo psicologo si prendono cura di 450 bambini dai 3 ai 16 anni attraverso il programma Lotus per i più piccoli e Bamboo per i più grandi senza dimenticare il sostegno agli adulti.

Heartmade (fatto col cuore) continua a impiegare 13 donne per riciclare resti di tessuti e renderli pezzi unici per le signore. Combattere gli sprechi, proteggere l'ambiente e dare lavoro alle donne, questi i principi del progetto. 

Le candidate si stanno affrettando a registrarsi per il progetto "Sviluppo della Donna". Vengono organizzati due gruppi di 20 donne per sessioni di tre mesi. Laboratori di cultura generale, di istruzioni sanitarie, personal training e visita archeologica arricchiscono il progetto che offre anche uno spazio di convivialità e libertà alle partecipanti.

Il nostro centro di formazione per adulti, il nostro "MIT", organizza workshop di 12h, 20h e 56 ore di formazione su vari argomenti utili. Possiamo accettare solo 20 partecipanti per workshop guidati dai migliori esperti di Aleppo.

Il progetto "Hope" prevede l'insegnamento dell'inglese alle madri.

Continuiamo a distribuire latte ai bambini sotto gli 11 anni “Goccia di Latte”, a contribuire ai costi delle cure mediche per i bisognosi (più di 150 supporti sanitari al mese), a pagare l'affitto di 200 famiglie sfollate che non possono permettersi di pagarlo e a donare, ogni mese, soldi in contanti a 450 famiglie di Aleppo finanziate da famiglie polacche nell'ambito di un programma organizzato da una ONG polacca.

Il numero dei Maristi Blu è in aumento; ora siamo 170 volontari e dipendenti. I nuovi membri devono partecipare alle sessioni di formazione umana e marista prima di essere ammessi definitivamente. Inoltre, un programma di formazione regolare è obbligatorio per tutti i membri.

Siamo persuasi che la situazione non migliorerà fino alla revoca delle sanzioni; per questo gridiamo perchè abbiano fine e chiediamo a voi, cari amici, di fare pressione sui vostri rappresentanti eletti e sulle autorità dei vostri paesi affinché pongano fine alle sanzioni.

Ci rendiamo conto che tutto ciò che facciamo è solo una goccia nell'oceano del bisogno; ma questa goccia è indispensabile per il benessere di migliaia di famiglie.

Cerchiamo di rendere un po' meno Tristi i Volti dei nostri compatrioti e non è facile.

Contiamo sulla vostra solidarietà e sulle vostre preghiere.

Aleppo il 2 novembre 2021

Il dottor Nabil Antaki , per i Maristi Blu.

mercoledì 3 novembre 2021

La visita del cardinale Sandri in Siria apre strade per un futuro luminoso

 

Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, si reca in visita per 10 giorni in Siria dal 25 ottobre al 3 novembre 2021.

Questa visita tanto attesa è un segno di vicinanza, simpatia e sostegno al popolo siriano che soffre per la guerra civile, la violenza, lo sfollamento, la disoccupazione e l'impennata dei prezzi delle materie prime. 

Questa visita acquisisce grande importanza poiché non è breve ma piuttosto prolungata, avendo in programma di visitare diverse località della Siria, per esaminare la terribile situazione che il popolo siriano ha attraversato nell'ultimo decennio, per fornire sostegno alla diminuzione della popolazione cristiana, per sostenere la continuità della loro presenza nella terra dei loro antenati, e per aiutarli ad aspirare ad un futuro migliore con la vicinanza e la benedizione espressa da Sua Santità Papa Francesco. 

Tra i primi segni incoraggianti della visita, il cardinale Sandri ha annunciato che Papa Francesco donerà un totale di 170.000 dollari alla Chiesa siriana per aiutare a sostenere il suo lavoro caritatevole per i più bisognosi nel paese. L'annuncio è stato fatto il 26 ottobre, all'inizio della visita, durante il suo discorso all'Assemblea dei vescovi siriani a Damasco, a cui ha partecipato anche il nunzio papale cardinale Mario Zenari. I fondi saranno distribuiti dal Dicastero in ciascuna delle 17 circoscrizioni ecclesiastiche siriane e saranno gestiti dai vescovi in base alle necessità più urgenti nelle rispettive Diocesi ed Eparchie.

La visita era inizialmente prevista per aprile 2020 e rinviata a causa della pandemia di Corona. Tuttavia, ciò che particolarmente solleva è la vicinanza e la solidarietà di Papa Francesco con le comunità cattoliche della Siria. Questa visita comprende diverse tappe e incontri, in particolare un incontro con l'Assemblea della Gerarchia cattolica in Siria e la Divina Liturgia, co-presieduta dal Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti Sua Beatitudine Youssef Absi; così come le visite alla sede della Caritas-Siria, la Società San Vincenzo de Paoli, l'Orfanotrofio San Paolo e il Dispensario medico di Kachkoul. Inoltre, incontri con i religiosi di Damasco e del Sud della Siria nel Memoriale di San Paolo, e alcuni diplomatici accreditati in Siria.

Il Cardinale Sandri visita anche Tartous, Homs e Aleppo; presiede la celebrazione della Divina Liturgia, visita la tomba del gesuita Frans Van Der Lugt e le cattedrali siro-ortodossa e greco-ortodossa. 

Questa visita giunge opportuna in quanto i cristiani siriani hanno un disperato bisogno di una soluzione ai problemi quotidiani che affliggono le loro vite soprattutto in assenza di soluzioni immediate, concrete e tangibili che garantiscano loro un futuro sicuro e promettente.

La visita del cardinale Sandri vuol seguire la linea degli insegnamenti del Signore Gesù Cristo secondo la Sacra Bibbia che dice: "Io sono il buon pastore; conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me - come il Padre conosce me e io conosco il Padre - e do la mia vita per le pecore. Ho altre pecore che non sono di questo recinto. Devo portare anche loro. Anch'esse ascolteranno la mia voce e ci sarà un solo gregge e un solo pastore". (Giovanni 10:14).

Questa visita ha anche lo scopo di esprimere l'amore e la solidarietà del Santo Padre con il "gregge dei cristiani" che rimangono saldi nella terra dei loro antenati mentre cercano la misericordia divina che li possa liberare dall'attuale incubo che stanno attraversando. La visita del cardinale Sandri che porta con sè la benedizione del Santo Padre cioè il successore di San Pietro, è una visita ispirata da Dio con la speranza di preservare l'inestimabile presenza cristiana in Siria e consolidare il suo ruolo come componente indispensabile della società siriana. 

I cristiani siriani sono "il sale della Siria" come disse il Signore Gesù: "Voi siete il sale della terra. Ma se il sale perde la sua salinità, come può essere reso nuovamente salato? Non serve più a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato". (Matteo 5:13) 

Si spera che questa visita porti speranza ai cristiani siriani, introduca un'opportunità di pace in Siria, così come sostenga i cristiani siriani riguardo alla loro necessità di preservare la loro fermezza e anelito di soluzioni pacifiche che non sono ancora arrivate.

https://en.abouna.org/article/cardinal-sandris-visit-syria-opens-avenues-bright-future

sabato 30 ottobre 2021

Siria: 5 PROGETTI PICCOLI per la speranza GRANDE di ricostruire la vita

 Presentiamo i 5 progetti proposti dalle Monache Trappiste siriane alla vostra generosità

1 : ADOTTA UNA PIETRA


2 : CUORI E MANI PER LA VITA 

Questo gruppo è nato dalla necessità di trovare qualche piccola e semplice fonte di lavoro e guadagno per alcune famiglie più povere, in particolare per alcune donne che avendo bambini piccoli possono lavorare solo a casa e in modo discontinuo.

La cosa più semplice è stata insegnare loro qualche nozione della tecnica macramé, cioè l’utilizzo di nodi con fili di piccole o grandi dimensioni. In particolare abbiamo scelto il micromacramè abbinato all’uso delle perline, per creare braccialetti, orecchini, portachiavi, accessori di piccole dimensioni.

Con questa attività riusciamo ad aiutare per ora quattro famiglie del nostro villaggio. Qualcosa riusciamo a vendere qui, ma data la povertà in generale della gente, teniamo prezzi molto bassi. Abbiamo mandato più di novemila braccialetti in Italia e ad altri amici che ci aiutano per venderli, però la situazione legata al virus ha limitato molto le visite ai botteghini vari.

Per questo stiamo cercando qualche ditta che possa comprarne una buona quantità, magari per farne piccoli regali abbinati ai prodotti, in modo da poter continuare questo aiuto alla nostra gente. O gli organizzatori di qualche evento, alla ricerca di oggettini omaggio…  In futuro vorremmo poter organizzare anche qualche piccolo artigianato del legno e del vetro, in modo da aiutare anche qualche ragazzo a guadagnare qualcosa…

Siamo alla ricerca di sbocchi in Italia, perché se è vero che c’è crisi ovunque, qui in Siria tutta la fatica è sempre di più…. Il paese, distrutto da dieci anni di guerra, stenta a ripartire e ogni cosa anche piccola aiuta a far fronte alle necessità quotidiane.

Ecco qualche foto del lavoro



3: LA SORGENTE PROGETTO PER GIORNATE MONASTICHE FORMATIVE APERTE A RAGAZZE E RAGAZZI

Sempre più ospiti vengono al nostro monastero, attirati in primo luogo dalla bellezza del luogo e dalla pace che vi trovano. Fra loro anche molti giovani.

Scoprono a poco a poco la comunità che vi abita, la liturgia che vi si svolge, il senso della giornata con le sue luci e le sue ombre, i suoi tempi per parlare e i tempi per rispettare il silenzio.. La passione per il lavoro manuale e per la natura con i suoi ritmi… Però gustare tutto questo non è immediato, soprattutto per i gruppi che vengono con un programma loro, già stabilito. E’ faticoso cogliere il senso della nostra vita, e allo stesso tempo c’è la percezione di poterne trarre qualcosa per se stessi, per sostenere il proprio quotidiano.

C’è anche sete di qualcosa di qualcosa di più profondo, di una esperienza più personale e allo stesso tempo ecclesiale di Cristo, della preghiera, della fede..

Gli altri consacrati, che vivono a contatto quotidiano anche con i giovani, ci dicono della mancanza generale di vocazioni, ma anche di una disponibilità di fondo alla vita consacrata, e del bisogno che qualcuno parli loro di questa possibilità, soprattutto con la vita e l’esperienza. I Focolarini, così come altri, stanno lavorando molto sul senso della vita come vocazione.

Noi vorremmo proporre il nostro modo, quello monastico, di seguire il Signore. La vita monastica ha in Siria le sue radici: è nata qui, allo stesso tempo che in Egitto, nel terzo secolo dopo Cristo. Molti Santi monaci hanno vissuto qui, durante i secoli. Sarebbe un dono di Dio vederla rifiorire oggi..

Concretamente:

Il programma prevede dei fine settimana ( giovedì pomeriggio, venerdì e sabato, che sono i giorni liberi per chi lavora) durante l’anno in cui invitare, con l’aiuto dei parroci, i giovani ad una esperienza strutturata secondo i nostri tempi. Preghiera della liturgia delle ore, celebrazione Eucaristica (o celebrazione della Parola), Lectio Divina guidata, lavoro manuale, pasti in comune con la lettura di tavola, tempo personale di meditazione e preghiera, e un momento di condivisione finale. L’esperienza di alzarsi presto, e gustare le ore della notte e del primo mattino per la preghiera. L’esperienza del lavoro e di un po’ di fatica anche fisica.. L’esperienza del silenzio. E di una parola più controllata; l’ascolto della natura e l’attenzione al servizio comune.

Ai partecipanti lasceremmo l’onere di pagarsi il viaggio, e 7000 SYP ( pari a due euro per due giorni) come quota di partecipazione, per responsabilizzare la partecipazione.  Per coprire le nostre spese, avremmo bisogno ancora di 10 euro per persona ( per due giorni).

Quindi, per un ritiro di dieci persone per un fine settimana, avremmo bisogno di 10 euro x 10 persone = 100 €, più qualche spesa di materiale = 130 € 

10 incontri = 1300 €




4:  TUTTI A SCUOLA ! PROGETTO DI SOSTEGNO PER SPESE SCOLASTICHE 2021/2022

Anche se l’anno scolastico è già iniziato, vorremmo dare un sostegno alle spese della scuola, che incidono non poco sull’economia della famiglia.

Ecco qualche dato: vorremmo aiutare un gruppo di 104 ragazzi.

55 delle elementari, 25 delle medie, 10 delle superiori e 14 universitari.

ELEMENTARI : 55 bambini

per ogni bambino :

abiti 200.000 SYP ( scarpe, 25000; pantaloni 25000; camicia 30000; zaino 30000. Gli abiti 2 volte nell’anno scolastico)

quaderni 22.000 SYP

penne 14.500 SYP

vanno a scuola al villaggio, non c’è trasporto. TOT. A bimbo 236.000 SYP = 63 €

236.000 SYP : 3400= 69,4 $ x 55 = 3818 $ : 1,1= 3470 €

MEDIE : 25 bambini

abiti 200.000 SYP

quaderni 26.000 SYP

penne 14.500 SYP

mezzi di trasporto al villaggio vicino 350.000 TOT. A bimbo 590.500 SYP = 158 €

590.500 SYP : 3400= 173,6 $ x 25= 4342 $ : 1,1 =3947 €

SUPERIORI : 10 ragazzi

abiti 230.000 SYP

quaderni 30.000 SYP

penne 20.000 SYP

mezzi di trasporto al villaggio vicino 350.000 TOT. A ragazzo 630.000 SYP = 168,5

630.000 SYP : 3400= 185,2 $ x 10= 1853 $ : 1,1 =1685 €

UNIVERSITA’ : 14 giovani

abiti 230.000 SYP

quaderni 30.000 SYP

penne 20.000 SYP

mezzi di trasporto ( alla città) 1.500.000 TOT. A giovane 1.780.000 SYP = 476 €

TOTALE IN EURO PER IL PROGETTO : 15.765 €

( N: B: i libri di testo in Siria sono dati gratuitamente dalla Scuola )



5: LA PICCOLA FATTORIA  MICROPROGETTO PER ALLEVAMENTO MUCCHE

La nostra è una richiesta di aiuto per un progetto di allevamento di mucche, nel villaggio di Azer ( Talkalakh, provincia di Homs).  Il villaggio di Azer è un piccolo villaggio cristiano Maronita, di circa 500 abitanti, molto vicino al confine con il Libano e circondato da villaggi Alauiti e Sunniti. E’ una zona rurale, l’economia si sostiene soprattutto, e a fatica, attraverso i lavori agricoli.

Molti dei nostri giovani sono partiti, purtroppo; tanti sono ancora in servizio militare, e non hanno molte prospettive davanti a sé.  Chi vuole restare, ha bisogno di avere un lavoro, un minimo di possibilità di guadagnarsi la vita.

Sami Thome è un giovane di 33 anni, ha terminato da poco il suo servizio militare, durato 10 anni, ed ora non ha un lavoro stabile (anche se guadagna occasionalmente qualcosa come tassista). E’ fidanzato e vorrebbe sposarsi , restando a vivere nel villaggio.

Anche Hasib Dabboul è del villaggio : ha 34 anni, è sposato e padre di tre figli. Lui ha una professione, è uno scalpellino come tutta la sua famiglia, ma è ancora in servizio militare ( da ormai sei anni) e non può certo accettare del lavoro fisso.

Entrambi hanno un po’ di terra ed uno stabile dove ospitare le mucche, quindi potrebbero iniziare subito ad occuparsi degli animali.  Con il tempo, vorrebbero aumentare il numero delle mucche, e magari lavorando insieme pensare anche ad una piccola fabbrica di prodotti lattieri.

Ma questo in una fase successiva.  Sarebbe già molto per loro poter disporre di una risorsa immediata, vendendo il latte con le prime mucche a disposizione.



Vi ringraziamo in anticipo per il vostro interesse nel sostenere il popolo siriano, così provato anche nelle cose più basilari come il nutrimento, la salute, lo studio, il lavoro.

Sappiamo che la situazione sta diventando precaria anche in Occidente, e non è facile per nessuno.. Tutto ciò che potrete fare, sarà prezioso..

Da parte nostra, ci rendiamo garanti della serietà di queste persone e delle loro intenzioni.

Con riconoscenza, le sorelle di Fons Pacis


Per fare la tua donazione, ti chiediamo di seguire queste istruzioni:

Intestatario:
Associazione Nostra Signora della Pace
via Provinciale del Poggetto, 48 - 56040 Guardistallo PI

Bollettino su:
Conto Corrente Postale n. 12421541

oppure

Bonifico bancario su:
IBAN: IT61M0306909606100000002047
Codice SWIFT: BCITITMM

Nella causale del bonifico, puoi precisare una delle seguenti voci:

Monastero Trappiste di Azeir - Adotta una pietra , o il nome di uno dei 5 progetti proposti

Tutti i contributi saranno riconosciuti con gratitudine e sono deducibili dalle tasse ai sensi del D.L.G. 460/97.

Ass. Nostra Signora della Pace  https://www.nostrasignoradellapace.it/sostieni/

giovedì 28 ottobre 2021

Una casa di preghiera consacrata all'amore per il Signore presente, in Siria (2° parte)

  
Seconda parte della Lettera inviata dalle Monache Trappiste di Azeir agli amici, il 25 Ottobre  2021. 
Una 'casa di preghiera' .

....

Ancor di più, due cose ci “impegnano” nell’esercitare la speranza: la crescita della nostra comunità, anche con vocazioni locali. Siamo sempre in cinque, un po’ pochine..  Qualcuna ci contatta dall’Europa, e la strada è aperta per chi lo volesse.  Ma ovviamente desideriamo con tutto il cuore che la vita monastica, nata in Siria come in Egitto all’inizio del Cristianesimo, sia riscoperta dai siriani stessi e torni ad essere una fonte a cui tanti possano dissetarsi..

Noi abbiamo ricevuto così tanto dalla nostra forma di vita, che vorremmo che anche i nostri giovani, qui, potessero gustarla. Ci affidiamo alla preghiera (anche alla vostra!) cioè al Signore che dice di chiedere operai per la messe, ma ci impegniamo anche a far riscoprire la bellezza, la libertà e la gioia di una vita consacrata al Signore.. O sarebbe meglio dire “consacrata dal Signore” all’amore per Lui .

Stiamo preparandoci a fare delle giornate di proposta vocazionale, o comunque di esperienza di ritmo monastico così come lo viviamo nella nostra tradizione: preghiera delle Ore, un po’ di lectio, di lavoro, di vita comune e di silenzio… Una proposta “nostra”, di ritiro “a modo nostro”, per gustare lo scorrere del tempo e la bellezza di una vita “normale” vissuta al ritmo della preghiera.  Pensiamo di offrire il soggiorno a un costo minimo, ciò che serve per essere responsabili di una scelta seria…. Quindi se volete aiutarci in questo tipo di ospitalità…grazie !

Un sito internet , data la connessione internet che abbiamo, è una sfida, e così una sobria paginetta facebook ( che un ragazzo ci ha aperto, ma che non usiamo mai in realtà, per una sorta di rifiuto conscio e inconscio)..Ma prima o poi ci arriveremo, almeno per qualche comunicazione della comunità..

E infine, ma non ultima cosa, vivere la speranza ci ha portate, in quest’anno dedicato a San Giuseppe, a cominciare finalmente i lavori per il monastero vero e proprio.

Abbiamo ancora una volta ripreso in mano il progetto, per semplificarlo il più possibile, soprattutto a livello costruttivo, e per impostare tutto a partire dalla chiesa. Ormai è veramente necessario avere una chiesa più grande della nostra cappellina che amiamo molto ma che è troppo piccola anche per un gruppetto di una sola decina di ospiti che fa ritiro..

Qualche aiuto importante è arrivato, già da tempo in realtà; sia da una comunità del nostro Ordine, sia dalla Nazione Ungherese che sostiene con generosità le varie iniziative di ripresa in Siria; e poi tante altre comunità e privati che ci stanno aiutando, secondo le loro possibilità ed anche di più, con tanta generosità ( e con tutta la nostra gratitudine!). Il nostro Vescovo ci incoraggia, come molti altri sacerdoti e fedeli.. E…anche i nostri operai musulmani aspettano la Chiesa !

Anche su questo (cioè sul fatto di costruire) ci siamo fatte molte domande, data la situazione generale, la povertà così diffusa e la partenza continua dei siriani verso altri paesi.

Ma certo siamo convinte che non è edificare un luogo per Dio che impoverisce gli uomini. Al contrario, un monastero, per quanto fragile sia, è sempre prima di tutto uno spazio di Dio, dove gli uomini possono ritrovarsi pienamente tali, e trovare la forza anche per far fronte alle logiche di profitto economico e ancor più di transumanesimo che, quelle sì, impoveriscono e rendono schiava l’umanità dei nostri giorni, e impediscono sistemi economici più giusti e partecipativi.

Costruire tra l’altro ha anche effetti immediati di aiuto, crea lavoro per molte persone. Proprio per questo non ci stiamo affidando ad una grande impresa, ma, con la supervisione dei direttori dei lavori e nostra, abbiamo scelto di coinvolgere per ogni tappa piccole imprese locali.

Chiamiamo questo progetto “Anatot.”

Sì, proprio come Geremia: quando tutto attorno sembrava crollare, e la prospettiva reale era l’esilio dalla propria terra, Geremia compra un campo in Anatot, certo del ritorno, certo che la vita fiorirà come e più di prima. Certo che il Signore farà ritornare il suo popolo.

Oggi, mentre così tanti lasciano la Siria, e soprattutto i più giovani….è il tempo di credere: che Dio non dimentica le sue promesse, che tutto si può ricostruire se si ricostruisce l’uomo; è tempo di impegnarci nella nostra vita cristiana perché restare qui valga la pena per tutti.

Tempo di costruire la nostra chiesa, per quelli che restano e per quelli che torneranno…

Così, senza averlo veramente programmato, per un insieme di circostanze abbiamo iniziato gli scavi l’8 di settembre, il giorno della Natività di Maria.. E il primo giorno di scavo, abbiamo trovato una pietra che serviva in passato come pietra di confine dei terreni…. e che porta incisa una croce sopra !

Il 14 settembre, solennità dell’Esaltazione della Croce e decimo anniversario dell’inizio della vita monastica regolare ad Azer, dopo aver celebrato la Messa con il nostro vescovo Latino, Mons. George Abu Khazen, siamo andate in processione, cantando le Litanie dei Santi, sul terreno del cantiere. Il Vescovo ha benedetto i lavori, ed anche i nostri operai, incoraggiandoli a “costruire” anche la loro vita nella pace e con fede nel Signore.

Ora gli scavi sono quasi ultimati, e potremo così a fine novembre passare alla fase dei cementi, della costruzione vera e propria.. Ci sembra un miracolo, dopo 16 anni ormai di presenza in Siria, dopo aver rimandato 10 anni a causa della guerra. Ogni giorno andiamo a seguire i lavori chiedendoci se sia proprio vero…

Legato alla costruzione del monastero, c’è l’idea di riutilizzare, per la copertura, delle pietre recuperate dalle macerie. In Siria le case, anche quelle povere, se non hanno muri solo di blocchetti non utilizzano gli intonaci in esterno perché, a causa della sabbia che si trova qui, non sono di buona qualità e non resistono alle intemperie. Le case sono normalmente ricoperte di pietre, con spessori variabili.

La guerra ha lasciato dietro di sé montagne di macerie, e c’è chi le acquista per ricavarne materiale edile. Vorremmo utilizzarle anche noi, per riscattare queste pietre che hanno visto tanta storia.. Per risparmiare, per non sprecare materiale, ma soprattutto per dire che si costruisce su una memoria, su una vita che ci ha preceduto e dalla quale veniamo, e che non si parte mai da zero. 

L’altra novità, questa molto più semplice ma molto simbolica per noi, è la realizzazione della fontana di Nostra Signora Fonte della Pace.

L’idea era lì, nella mente, fin dall’inizio e sapevamo dove avremmo voluto farla. Avevamo lasciato nella zona un po’ di grossi massi in attesa del tempo favorevole, che è arrivato circa quattro mesi fa, quando abbiamo chiamato una ruspa per tre giorni per sistemare i confini del terreno e prevenire i rischi degli incendi, che puntualmente si verificano attorno a noi a causa dell’imprudenza con cui si utilizza il fuoco per ripulire il terreno.

Il manovratore è un amico e alla fine del lavoro ci ha aiutato ad ammonticchiare un po’ dei sassoni disponibili. Ne è uscita la base della fontana; abbiamo ripulito da erbe, terra, abbiamo utilizzato un lastrone di pietra bianca, opportunamente dipinto con oro e posto sulla cima, per creare lo sfondo. E poi sassi e cemento, e avanzi di ceramiche rotte per fare la pavimentazione in stile mosaico.

Un grande amico della comunità, un sacerdote italiano che ha visto le foto dei nostri lavori, si è entusiasmato ed è diventato il mecenate della fontana.

Abbiamo dipinto su una lastra di pietra la “nostra” Madonnina, simile a quella della cappellina.  La fontana non è ancora terminata, lavoriamo poco a poco quando c’è del tempo utile.. Ma abbiamo già potuto benedirla, con i frati francescani che erano da noi a fare il loro ritiro annuale, il 7 ottobre, giorno della Madonna del Rosario.  E il 9 ottobre l’abbiamo inaugurata con la preghiera del rosario, insieme a un gruppo di amici disabili di Lattakie e le loro famiglie, a un amico che accompagnava i canti con il liuto, e alla gente del nostro villaggio. E’ stato un momento molto semplice e molto bello, abbiamo affidato tutti insieme a Maria le nostre preghiere, lasciandole scorrere dal cuore insieme all’acqua che ci rallegrava lo spirito.

Speriamo che possa diventare un luogo di preghiera per tutti quelli che vengono a far visita al Monastero, soprattutto i tanti che sono di passaggio solo perché il posto è bello.  Che Maria tocchi il cuore di tutti, consolando e dando nuova forza e soprattutto che, come nell’immagine, inviti ad andare a Cristo…

Quasi alla fine di questa cronaca, vogliamo dire grazie a tutti voi, amici che ci sostenete e ci aiutate in mille modi.

La fine di ottobre porterà alla Siria la visita del Card. Sandri, il Prefetto per la Congregazione delle Chiese Orientali; noi parteciperemo all’incontro che avrà con i sacerdoti e i religiosi della diocesi di Tartous.

E poi a novembre avremo la visita della Madre da Valserena, insieme a madre Martha della comunità delle Acque Salvie a Roma, accompagnate da Padre Andrea. E dopo questo, un viaggio ad Aleppo, per concordare la fusione della campana che i nostri fratelli Francescani ci hanno regalato…

Ma tutto questo ve lo racconteremo nella prossima cronaca…

Con ancora tanta gratitudine per il vostro sostegno e la vostra amicizia…

le sorelle di Fons Pacis


La prima parte della Lettera delle Trappiste è disponibile a questo link: https://oraprosiria.blogspot.com/2021/10/cronache-di-vita-monastica-e-di.html

Nei prossimi giorni pubblicheremo nei dettagli i progetti proposti dalle Sorelle per sostenere varie esperienze di donne e uomini siriani rimasti fedelmente, e faticosamente, nel Paese, e per contribuire alla costruzione della chiesa del Monastero delle Monache.