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lunedì 7 marzo 2016

'Chi troverà una donna forte e virtuosa? Il suo valore è di gran lunga superiore alle perle' (Proverbi 31,10)

Un convoglio di aiuti è stato inviato dal Convento Mar Yacub di Qara ad Aleppo all'inizio di febbraio.
Il convoglio era costituito da un'ambulanza, un ospedale mobile e 13 camion caricati con beni di soccorso nell'ambito della campagna di solidarietà con la città di Aleppo. Il Convento di Qara ha già supportato con materiali sanitari diverse province siriane sin dall'inizio della crisi, tra cui due ospedali mobili a Homs e Daraa e un numero di ambulanze.

"Madre Agnès Mariam ha ricevuto in Russia il premio Femida due settimane fa. È come la versione russa del premio Nobel per la Pace. Ha ottenuto questo riconoscimento per il suo grande impegno nella crisi siriana. Noi come comunità di Mar Yacub siamo molto orgogliosi e ringraziamo il Signore Gesù. La tv russa 1TV.RU è venuta qui a fare una relazione in questa ultima settimana.
Femida (Dike) è la dea romana della giustizia, raffigurata con una benda sugli occhi (per la sua imparzialità, obiettività), la bilancia e una spada. In realtà, è diventato un simbolo ampiamente accettato della giustizia. In Russia il Femida è l'equivalente del premio Nobel. Questo premio è stato dato fino ad oggi esclusivamente ai russi che hanno lavorato soprattutto per la difesa della giustizia e dei diritti umani.
Madre Agnès Mariam è stato il primo straniero a ricevere questo premio."

http://www.maryakub.net/2016/03/05/report-russian-tv-in-our-monastery/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=facebook




Nel buio del conflitto siriano, una suora fa intravedere la luce

Suor Agnes Mariam de la Croix, fondatrice del movimento "Mussalaha"


"Mussalaha", "Riconciliazione": è questo il nome del movimento che grida al mondo che si fermi la guerra in Siria e che cessi il rumore delle armi. "Riconciliazione" lavora per una concreta pacificazione attraverso la mediazione tra le diverse parti di un conflitto in atto da anni, la cui unica vera vittima è il popolo siriano.
Cuore di questo movimento è una suora: Agnes Mariam de la Croix. "In un momento in cui il mondo ha disperatamente bisogno di una soluzione pacifica per porre fine allo spargimento di sangue in Siria, questa iniziativa (Mussalaha) spicca come un faro la cui luce alimenta la speranza che viene dall’interno della società siriana ed esprime il desiderio della maggioranza del popolo per un percorso di pace". Sono le parole con cui Mairead Maguire, pacifista britannica, cofondatrice della Community of Peace People, nonché Premio Nobel per la Pace nel 1976, ha proposto, in una lettera al Nobel Institute, che il riconoscimento venga assegnato a suor Agnes.
La religiosa nasce come Fadia Laham da padre palestinese e madre libanese, ma dice di sentirsi totalmente siriana. Ha trascorso la gioventù a Beirut. Scegliendo di dedicare la sua vita al Signore, decise di entrare in convento; successivamente fondò il Monastero di Mar Yacoub (San Giacomo) nella zona di Qalamoun in Siria, dove vive da circa 20 anni.
Verità e giustizia non possono non scuotere la coscienza umana; figuriamoci per una persona che ha già scelto di dedicare la sua vita al servizio degli ultimi. Infatti, dietro un sorriso sereno, gli occhi di suor Agnes svelano il dolore che ha visto e vissuto insieme alle persone innocenti che ha incontrato nella sua missione.
A conflitto siriano appena iniziato, la suora decise di scrivere una lettera ad una associazione umanitaria francese parlando della guerra mediatica e della disinformazione in atto contro il suo paese, e raccontando con coraggio ciò che stava realmente accadendo. Per questa lettera, i gruppi combattenti scatenarono critiche e polemiche contro di lei.
Suor Agnes tuttavia non si è abbattuta, anzi ha deciso di continuare con più animo la lotta contro la disinformazione, e grazie al suo contributo arrivò in Siria la prima delegazione di giornalisti stranieri, nonostante la chiusura totale del governo siriano timoroso per possibili infiltrazioni di spie internazionali.
La religiosa convinse le autorità (nei cui confronti è stata comunque critica in diverse occasioni) del bisogno di raccontare la verità in modo neutro e indipendente, denunciando i massacri e i crimini commessi dai gruppi terroristici composti da Jihadisti stranieri intervenuti nel paese per combattere la guerra santa.Non si tratta infatti di una rivolta popolare, ma esistono gruppi organizzati che creano manifestazioni ad hoc e che tentano, attraverso atti di violenza, di suscitare scontri settari e divisioni etnico religiose.
La strada è dura da percorrere. Le critiche piovono su suor Agnes da tutte le parti, anche da gruppi che si professano pacifisti ma chiedono l'intervento militare in Siria. Alcuni la accusano di appoggiare il governo siriano, quando invece la suora denuncia i crimini dei ribelli e smaschera le false notizie.
"Non faccio politica: il mio impegno è puramente umanitario", ha affermato in più di un'occasione. Le sue non sono parole vuote, e malgrado gli attacchi feroci dei movimenti vicini all'opposizione siriana e dei simpatizzanti dei ribelli, il suo ruolo è stato decisivo nelle zone di maggiore conflitto, dove è riuscita a trovare spesso soluzioni di compromesso tra combattenti e governo. Il tutto grazie alla rete di volontari del Movimento Mussalaha, che salvato tanti civili e riaperto i canali del dialogo e della riconciliazione.
Ciò ha consentito a suor Agnes di far evacuare famiglie, proteggere donne e bambini, agire non da spettatrice, ma in prima linea, tra la gente e nei luoghi ad altissimo rischio. La suora è instancabile e continua a girare il mondo come portavoce dei civili innocenti: ha già raccolto tanti aiuti durante i suoi viaggi in Europa e in Australia, riuscendo ad ottenere, tra le altre cose, un'ospedale ambulante e grandi quantitativi di medicine e di generi di prima necessità.
Mentre il mondo è in attesa che le diverse parti in conflitto si siedano al tavolo della trattativa a Ginevra, una suora tenace salva quotidianamente tante vite umane, aprendo una finestra di speranza sul massacro, attraverso la strada del dialogo e della riconciliazione.

  da Zenit.org , di  Naman Tarcha 

http://www.zenit.org/it/articles/nel-buio-del-conflitto-siriano-una-suora-fa-intravedere-la-luce

venerdì 4 marzo 2016

Mons. Khazen: "effetti positivi della tregua in atto, ma basta connivenze straniere con l’Isis, lasciate liberi i siriani di decidere per loro stessi”

piazza Hamdiya trasformata in cimitero per mancanza di spazio ora soprannominata dai locali Piazza dei martiri

ZENIT, 4 marzo 2016
di Federico Cenci


Si sarebbe dovuto tenere questa settimana un tour in Italia di mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei latini. Il presule avrebbe partecipato ad una celebrazione quaresimale e ad una serie di conferenze per raccontare il dramma che si sta consumando in Siria, sulla pelle dei suoi abitanti, specie delle minoranze religiose come i cristiani.  Tuttavia, proprio l’improvviso rinfocolarsi di questo dramma ha costretto mons. Abou Khazen a rinunciare al suo viaggio in Italia. Per telefono egli ha annunciato che doveva annullare gli appuntamenti  perché “Aleppo non ha vie percorribili in questo momento”, in quanto “l’unica strada che collega la città al Sud è stata liberata dall’esercito regolare, ma altre sono ancora in mano alle milizie armate”. Mons. Abou Khazen ha inoltre spiegato che Aleppo è “tagliata fuori dai rifornimenti”, pertanto non possono arrivare aiuti. A qualche giorno di distanza, ZENIT lo ha contattato per sapere come si sta evolvendo la situazione e quali sono le speranze del popolo siriano riguardo i negoziati di pace che riprenderanno il 9 marzo a Ginevra.
Eccellenza, cosa sta accadendo in queste ore ad Aleppo?   In queste ore ad Aleppo la situazione è meno difficile e meno grave di qualche giorno fa. L’esercito regolare è riuscito a rompere l’assedio e liberare l’unica strada che collega Aleppo alle altre zone della Siria, che l’Isis ed al-Nusra avevano in parte occupato. Quindi ora i rifornimenti, i viveri, il carburante, ecc. stanno arrivando in città. Ma siamo ancora da sei mesi  senza elettricità e da circa due mesi anche senza acqua. E in questi giorni i bombardamenti sui quartieri civili sono diminuiti notevolmente.
Quindi la tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti positivi?   La tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti molto positivi: ha fermato i fiumi di sangue e risparmiato morte, distruzioni e tanto dolore e sofferenze. Sta inoltre incoraggiando il processo di riconciliazione tra i siriani in varie parti della Siria, oltre ad aver dato una bella spinta ai negoziati programmati. Questa tregua sta permettendo che gli aiuti umanitari arrivino nelle zone assediate. Speriamo solo che il cessate il fuoco duri.
Ritiene, come ha recentemente detto il presidente Bashar al-Assad, che la catastrofe umanitaria in Siria sia dovuta, oltre che alla guerra, anche all’embargo imposto dai Paesi occidentali?      L’abbiamo detto dall’inizio che l’embargo imposto dai Paesi occidentali è un crimine! Tale metodo non aiuta mai, come sempre chi ne soffre e ne paga le conseguenze è solo il popolo. Tutto il popolo, ma in modo speciale i più poveri e deboli: andiamo mendicando per aiutare la popolazione e la gente che soffre la fame, mentre a causa dell’embargo centinaia di migliaia di siriani che lavorano all’estero non possono trasferire una piastra alle loro famiglie in Siria. Migliaia di studenti siriani che si specializzano all’estero devono interrompere i loro studi perché le loro famiglie non possono inviargli il denaro necessario, né il Governo pagare la borsa di studio per molti di loro. La gente soffre il freddo – ad Aleppo d’inverno si arriva a temperature al di sotto degli zero gradi – senza che si possano avere né gasolio né gas per riscaldarsi. Per non parlare della mancanza di medicine, macchinari necessari per gli ospedali, pezzi di ricambio, etc… Mi chiedo, al di là di aver prodotto questi disastri, l’embargo è forse riuscito a portare la pace e risolvere il conflitto?
È cambiato qualcosa negli ultimi cinque mesi, da quando è iniziato l’intervento russo?    In questi  ultimi cinque mesi, da quando l’intervento russo è iniziato, molte cose sono cambiate. Nei 18 mesi di intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis (condotto dagli Stati Uniti e dai loro alleati, ndr), i terroristi avevano occupato il 50% dei territori occupati. In questi ultimi 5 mesi di intervento russo, l’Isis ha perso il 20% di territorio che occupava, e anche gli altri gruppi jihadisti – ad esempio al-Nusra – perdono posizioni. L’esercito regolare è riuscito ad avanzare e a liberare molti villaggi e cittadine, permettendo così ai profughi di tornare. Soprattutto, è riuscito a fare riaprire gli edifici scolastici in questi posti e far tornare i ragazzi alla scuola dopo qualche anno di abbandono. E poi ricordo che alla Russia dobbiamo riconoscere di essersi impegnata in modo particolare per i negoziati e per la tregua.
Lei ha parlato in passato di quella in Siria come di una “guerra per procura”. Quali Paesi sarebbero coinvolti? E a quale scopo?    Il mio non è un giudizio temerario. Sono i fatti a dimostrare questa affermazione e ormai anche tutti i mass-media lo confermano. Così come lo confessano i Paesi stessi coinvolti, a partire dagli Usa, passando per alcuni Paesi europei, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar…
A quali fatti fa riferimento?   Ciò che affermo lo si può dedurre facilmente analizzando alcuni aspetti di questa guerra: come è stato possibile che decine di migliaia di combattenti stranieri riuscissero a varcare i confini per arrivare in Siria? Chi li ha armati ed addestrati? Come ho detto prima, durante l’intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis, con a capo gli Usa, l’Isis ha occupato il 50% della Siria, ossia la metà del territorio! E aggiungo: chi sta acquistando il petrolio dall’Isis a costi ridottissimi? Chi sta comprando i tesori archeologici rubati dall’Isis in Iraq e in Siria? Gli unici che combattono l’Isis sul territorio sono i curdi e l’esercito regolare siriano. Ebbene, la Turchia sta bombardando i curdi e gli Usa non ne vogliono sapere dell’esercito regolare…
Il 9 marzo a Ginevra riprenderanno i colloqui di pace per la Siria. Qual è la vostra speranza?   Abbiamo una forte speranza. Speranza che finalmente vengano lasciati liberi i siriani di negoziare e di decidere per loro stessi, senza imporre gli interessi delle potenze regionali straniere. Questa è la condizione affinché i colloqui siano proficui. I siriani sono ormai stanchi di questa assurda guerra, più stanchi ancora dei tanti combattenti stranieri giunti in Siria per creare scompiglio e per imporre la sharia.
Secondo Lei i cristiani siriani sono destinati a un futuro lontano dalla loro terra?  Purtroppo già molti cristiani hanno lasciato la Siria e l’Iraq per cercare un futuro altrove, lontano dalla loro terra. Altri sono invece decisi a rimanere nonostante tutto. Il nostro futuro sta nelle mani del Buon Dio, che nell’Antico Testamento ha realizzato il suo piano salvifico per mezzo del Piccolo Resto rimasto o tornato dall’esilio. La Siria è l’Antiochia da dove, dopo Gerusalemme, è partito l’annuncio della Buona Novella e dove i discepoli di Gesù sono stati chiamati cristiani per la prima volta. E non credo che questo nome e questi discepoli spariranno. Continueremo a dare testimonianza in Oriente. San Paolo si è convertito alle porte di Damasco ed il Signore è capace di mandare altri Paolo.