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sabato 3 gennaio 2015

Samaan Daoud: le Festività in Siria tra paura e speranza


I cristiani in Siria si sentono abbandonati e rischiano la vita ogni giorno, tuttavia le loro poche chiese ancora attive sono piene di fedeli durante le messe

Lo ha raccontato a ZENIT Samaan Daoud, già guida turistica per italiani prima dello scoppio della guerra. Samaan è uno dei cattolici siriani che, coraggiosamente, ha scelto di rimanere nel suo paese.  

Zenit, 22 dicembre 2014

Ci può raccontare della sua attività di guida turistica in Siria?
Iniziai a fare la guida turistica con gruppi italiani nel 1994 ma purtroppo dal 12 maggio 2011 ho perso improvvisamente questo lavoro. Continuo a fare la guida ma non più turistica: nel 2012, dopo nove mesi di stop, ho cominciato a guidare i giornalisti nei campi di battaglia e nelle zone di conflitto. Ero a Maalula, quando nel settembre 2013 fu presa dai fondamentalisti Qaedisti del Fronte di Al-Nusra. Attualmente traduco anche libri dei Salesiani del Medio Oriente dall'italiano all'arabo: in totale ne ho tradotti sei.

Come è tradizione per i siriani trascorrere il Natale? Ci sono usanze particolari?
Il Natale è una festa nazionale a cui tutto il popolo partecipa: soltanto i cristiani fanno il presepe, tuttavia la maggior parte dei siriani allestisce l’albero del Natale in casa propria. Vi sono ancora cristiani che fanno il digiuno natalizio, che dura quaranta giorni e che rappresenta un’antica tradizione cristiana medio-orientale. In questo mese ci sono tanti concerti che si tengono sia nelle chiese che in grandi teatri. Le strade vengono abbellite con addobbi natalizi ma purtroppo nei ultimi tre anni, molti di questi addobbi non si vedono più, perché tante famiglie hanno perso dei loro cari e il paese è mezzo distrutto (in questi tre anni in Siria sono state distrutte 3 milioni di case).
Alla vigilia tutti i cristiani vanno in chiesa per la messa, poi nella tarda serata fanno la cena. Il giorno di Natale tutte le famiglie si incontrano dal capo famiglia ed ogni zona della Siria ha il suo piatto particolare; ad esempio, il piatto natalizio più noto a Damasco si chiama kibbeh (grano macinato fino con carne di montone): questa pasta viene riempita di carne fritta, pistacchi, cipolle e poi messa nello yogurt cotto. Nella tradizione damascena si serve un piatto bianco, sempre a base di yogurt.

Che tipo di Natale trascorreranno i cristiani in Siria? Hanno paura?
I cristiani in Siria hanno paura e vivono in uno stato di grande preoccupazione, siamo nel mirino del fanatismo e del radicalismo islamico. Siamo un obiettivo facile da colpire e abbiamo avuto molti martiri cristiani in questa assurda guerra. Quasi il 50% dei cristiani sono fuggiti dal paese, la maggior parte della comunità cristiana, che si trova ad Aleppo, è in grandissimo pericolo perche sia l’Isis che il fronte di Al-Nusra li minacciano in continuazione. I cristiani fuggono da Aleppo: ero lì un mese fa ed ho visto tanta sofferenza e tanta paura. Lo stesso discorso vale per i cristiani del Nord-Est della Siria, nella zona di Al-Qamishli, dove l’Isis circonda la zona e ha ucciso e rapito tanti cristiani, impossessandosi anche dei loro terreni.

In questa immane tragedia della guerra, si levano voci di speranza, come quella di papa Francesco che più di un anno fa, convocò una giornata di preghiera per fermare l'intervento militare internazionale che effettivamente non avvenne. Che speranze destano nei cristiani siriani la Chiesa Cattolica e il Papa?
I cristiani in Siria oltre a sentire la paura, soffrono della sindrome da abbandono. È difficile rimanere in Siria. Se non viene garantita pace, la sicurezza e la possibilità di lavorare, è impossibile chiedere ai cristiani di rimanere. Non bastano  parole ci vogliono degli atti più forti contro questo fanatismo che distrugge e minaccia la nostra esistenza… 
In Occidente taluni ci criticano perché siamo a favore del regime di Damasco, ma non hanno capito che l’opposizione al regime è più sanguinaria e disumana del regime stesso. 
Il miracolo è che, nonostante le enormi difficoltà gli sfollati e i rifugiati cristiani mantengono una forte fede in Gesù l’Emmanuele e le chiese sono piene di fedeli.

http://www.zenit.org/it/articles/il-natale-in-siria-tra-paura-e-speranza


"Il Natale sottoterra di noi cristiani. Il presepe unica gioia"

Padre, madre e due figli. A Damasco vivono con l'incubo delle bombe: "Quando esci di casa rischi la vita, il dono del Signore è un po' di sicurezza in più"

Il Giornale, 22/12/2014 , di Gian Micalessin -

«Stavamo facendo il presepe. Michael all'improvviso si è bloccato. Ci ha pensato un attimo... poi l'ha detto. “Papà perché non ci mettiamo le foto di chi non c'è più?”. Io e Riima siamo quasi scoppiati a piangere. Michael ha solo dodici anni, ma come tutti i bimbi è riuscito a ricordarci in quattro parole l'inferno a cui siamo sopravvissuti. L'inferno in cui ancora viviamo. In un attimo ci sono passati davanti questi quattro anni, con il loro carico di guerra, morte e tristezza. In un attimo abbiamo rivissuto lutti, paure e orrori».

L'amico Samaan è il solito fantasma squadrettato evocato da Skype. Riima, sua moglie, gli è accanto. Dietro nell'ombra digitale ed evanescente del piccolo appartamento giocano Philippe e Michael. Fuori, tredici gradini più su, ci sono piazza Khouri, il quartiere cristiano di Khassan, la Damasco in guerra. Quante volte abbiamo parcheggiato in fretta. Quante volte io e Samaan siamo corsi a testa bassa giù per quella scala mentre mortai e missili ribelli colpivano il quartiere cristiano di Damasco. Riima era sempre lì, oltre la porta socchiusa, oltre quei tredici gradini. A guardarci con quel misto di rimprovero e preoccupazione. A urlarci «veloci, veloci che vi fanno secchi». E nel piccolo soggiorno tra divano e televisione c'erano, come ora, gli occhioni di Philippe e Michael. Filippo ha 16 anni un piede in gesso. «No, mica per le bombe ... giocando a calcio dai salesiani», mi urla in fretta prima di tornare al presepe. «Vedi siamo ancora qui. Ancora vivi, ma ancora prigionieri di questa guerra, di questa casa. Pronti per un altro Natale in gabbia», sussurra Riima. Lei quell'appartamento nel seminterrato non l'ama proprio. Samaan l'ha affittato in fretta e furia quando le schegge spazzavano il balcone della loro grande casa di Jaramana, un quartiere diventato d'improvviso prima linea ribelle. «Non è spaziosa come quella, ma è sicura perché sta quasi sottoterra» - le ripete lui. «Ma quest'anno - s'arrabbia Riima - è pure gelida, faremo il Natale in frigorifero». Samaan scuote la testa. Sospira. «È vero abbiamo dovuto rinunciare alla stufa, ma che ci posso fare? Il diesel è scomparso. Se lo tiene tutto il Califfato. Da quando l'Isis ha conquistato gli ultimi pozzi nel nord est la situazione è drammatica. Il gasolio è introvabile. E quello venduto sottobanco ha un prezzo impossibile. Spero solo che non nevichi. Il problema dei prezzi è terribile. Chi come me faceva la guida turistica non lavora da tre anni.

A Damasco è pieno di cristiani nella mia situazione. Noi cristiani non lavoravamo per lo stato, preferivamo le attività individuali. E quindi la maggior parte di noi sopravvive con i risparmi di prima della guerra. L'altro giorno sono andato dal calzolaio. Una volta mi faceva i tacchi in dieci minuti, tra una chiacchiera e l'altra. Stavolta è scoppiato a ridere. "Butta le scarpe su quella montagna là dietro e se sei fortunato - m'ha detto - te le ridò tra dieci giorni". Mi son girato e ho capito. C'era una vera montagna di scarpe in attesa. Qui nessuno compra più niente. Tiriamo avanti tutti con quel che abbiamo. E più passa il tempo, più peggiora. I vestiti nuovi per i figli erano uno dei simboli del Natale. Quest'anno rinuncio anche a quelli. E Riima mi ha detto di scordarmi pure le castagne. L'odore delle caldarroste fatte saltare nella padella e servite prima del pranzo è il ricordo di tutti i miei Natali fin da quand'ero bimbo. Ora chi le trova più. Le poche che arrivano costano un occhio della testa. Sono un ricordo impossibile». Riima sorride. «Eppure una piccola speranza io quest'anno ce l'ho. Oggi il tuo amico Samaan mi ha portato a fare una passeggiata. Era una settimana che non mettevo il naso fuori. Ma è bastato. Per un attimo, per la prima volta dopo tre lunghi anni ho respirato l'atmosfera di Natale. No, non pensare, non quella di un tempo quando dalle cucine arrivava l'odore del kahak al minad del biscotto di Natale messo a cucinare con latte burro e cannella. Non il clima spensierato di un tempo quando le famiglie correvano da un negozio all'altro tirandosi dietro pacchi e pacchetti. No, scordatelo, tutto quello non c'era. Le famiglie camminavano e basta. Qualcuno neppure parlava. Ma era già qualcosa. Li ho guardati e, d'improvviso, ho capito. Anche Daoud e io, per la prima volta dopo tanti mesi, passeggiavamo tranquilli. Senza chiederci se saremmo tornati a casa vivi. Un mese fa non era così. Uscivi e ti facevi il segno della croce. Poteva succedere in qualsiasi momento. Una granata o un missile ti cadevano accanto, ti facevano a pezzi. Da un anno e mezzo i ribelli di Al Nousra, quelli di Al Qaida erano a due chilometri da qui. Ci tenevano sotto tiro. L'esercito adesso è riuscito a respingerli un po' più in là. E noi ora, grazie a Dio, respiriamo. L'ho letto negli occhi degli altri cristiani del quartiere. Ho capito che quel po' di sicurezza in più era il vero regalo del Signore per Natale. Per questo sono tornata a casa e ho urlato... dài facciamo il presepe».

Samaan sorride. «Dovessimo fare come dice Philippe dovremmo metterci almeno quindici foto, le foto di quelli che se ne sono andati in questi dodici mesi. Uccisi anche dalle malattie. Perché la guerra non ti uccide solo con le bombe e i proiettili. Il tumore s'è appena portato via Dahsan il fratello di Riima. Se non fosse per l'embargo, per la mancanza di medicine, per i cecchini ribelli che battono la zona di Harasta attorno all'ospedale di Berroumi sarebbe ancora qui. Berrouni è l'unico ospedale per i malati di cancro. Eppure tante volte abbiamo dovuto rinunciare alle terapie, girare l'auto, tornare a casa.... altrimenti rischiavi di morire in strada con una pallottola in testa». Riima scosta Saaman, occupa l'obbiettivo. «Abbiamo fatto il presepe, ma non l'albero. Quando sei in lutto qui in Siria non fai l'albero. L'albero è simbolo di gioia, ma se la tua vita è nera, l'albero non la può riaccendere. Qui nel quartiere ci sono tanti presepi, ma pochi alberi. George Kalash il figlio dei vicini, quelli dell'appartamento due piani sopra, è morto a marzo. Il colpo di mortaio è caduto all'entrata del palazzo. L'ha fatto a pezzi. Michael lo conosceva bene. Non è stato facile spiegarglielo. È difficile spiegare la morte a un bimbo di dodici anni. Per questo forse ha detto quella frase. Un Natale tranquillo non basterà a rimarginare tutte le ferite. Non ne possiamo più di stragi, autobombe, corpi mutilati. Non ne possiamo più del terrore che c'infliggono quei fanatici ribelli. Philippe e Michael cresceranno segnati da questi orrori. Noi già lo siamo».

Samaan annuisce. Lui nell'ultimo anno li ha vissuti tutti. «A febbraio un colpo di mortaio ha centrato lo scuola bus armeno qui alla porta orientale. Ho visto l'autista e quei quattro scolari dilaniati. Poi i colpi sono caduti davanti alla scuola di Michael. Quella mattina c'era sangue dappertutto. Ho riaccompagnato a casa Philippe e Michael e sono corso all'ospedale, cercavo la figlia di un mio amico. Al reparto lui non c'era... però sentivo le urla della figlia. Ho riconosciuto la sua voce. Gridava «papà, papà dove sono le mie gambe...». Se ci ripenso mi vengono i brividi. Ogni volta che Philippe e Michael sono in giro da soli risento quella voce. E fino a quando continuerò a sentirla non riassaporerò né la gioia della vita né quella del Natale».

http://www.ilgiornale.it/news/natale-sottoterra-noi-cristiani-presepe-unica-gioia-1077716.html

mercoledì 15 ottobre 2014

Contro la sopraffazione Isis risvegliare la coscienza dell'Europa (e dell'Italia) cristiana


All'interno della Cattedrale di Bayeux, è allestita una mostra fotografica di Laurent Van der Stockt sulla guerra siriana: « Je veux montrer que ces morts sont des gens comme nous ».   http://blogs.mediapart.fr/blog/michel-puech/091014/les-syriens-du-photographe-laurent-van-der-stockt-en-la-cathedrale-de-bayeux

Intervista a Samaan Daoud, partendo da una affermazione decisamente forte del prelato caldeo Amel Nona, arcivescovo di Mosul. Una affermazione che induce alla riflessione.

di Giuseppe Marasti
da  ECONOMIA ITALIANA

«Le nostre sofferenze di oggi sono il preludio di quelle che subirete anche voi europei e cristiani occidentali nel prossimo futuro. I vostri princìpi liberali e democratici qui non valgono nulla... L'Islam non dice che gli uomini sono tutti uguali. I vostri valori non sono i loro valori. Se non lo capite in tempo, diventerete vittime del nemico che avete accolto in casa vostra». Cosa ne pensa al riguardo?
«Io non condivido pienamente quello che ha detto il vescovo. Direi che è necessario spiegare che c'è un Islam che crede nelle libertà e nel rispetto e un Islam damasceno (siriano) che ha sempre rispettato gli altri. Senza trascurare che c'è un Islam fanatico, quello che io chiamo "Islam Politico"».

L'Italia con Mare Nostrum ha "salvato" quest'anno oltre 130.000 persone. Ma cosa significa ha "salvato"?
«Purtroppo nelle guerre galleggiano la povertà e la malavita. Per cui tanti siriani e non siriani cercano di scappare verso l'Europa, sperando di trovare la salvezza».

Non c'è alcun controllo su chi entra. Potrebbero esserci anche "tagliagole" dell'Isis...
«Certo. La prova è chiara, così come sappiamo che non pochi europei musulmani di seconda generazione sono partiti per combattere con l’Isis. Allora chi ci dice che tra i nuovi arrivi non ci possano essere dei fanatici wahabiti?».

Non le pare che si stia assistendo incredibilmente a una invasione programmata, che l'Italia tra l'altro non è più in grado di sopportare?
«Certo. In primis sappiamo che l'Islam si espande grazie al ventre delle loro donne. Inoltre i musulmani sfruttano il fatto che in Europa c'è libertà di culto, mantenendo le loro strette osservanze religiose grazie alle leggi europee, come il niqab (versione araba del velo integrale)».

Non ritiene che siamo gestiti da politici e burocrati del tutto incapaci, che non riescono a pensare prima di agire?
«Secondo me i politici italiani stanno dimostrando scarsa sensibilità e una scarsa coscienza, avendo perso buona parte dei valori cristiani. Non a caso tanti politici attaccano la Chiesa e la sua moralità».

Come vede il futuro, anche sotto il profilo economico e religioso, dell'Italia e dell'Europa più in generale?
«Non sono esperto di economia, ma parlo di fatti. Prima che la Libia venisse attaccata, l'Italia comprava il 25% del petrolio libico, ora ne acquista circa il 14%. Prima che iniziasse la guerra civile in Siria, l'Italia era il primo partner europeo. Ora invece i rapporti si sono azzerati. Ed è quanto sta succedendo con la Russia. Secondo me l'Italia da un po' di tempo non ha più una politica chiara o indipendente».

Della situazione siriana se ne parla sicuramente meno del dovuto. Fonti bene informate raccontano di non poche stragi di cristiani e di numerose chiese distrutte. Come giustifica l'assenza dell'Occidente?
«1) Perché l'Occidente rincorre i propri interessi, che identifica nell'  "Islam Politico". Idem per la Turchia, dove comandano di fatto i fratelli musulmani, il Qatar e l'Arabia Saudita. Si vede molto bene questa grande alleanza economica e politica.
2) L'Europa ha perso la sua identità Cristiana. Per questo poco importa se i cristiani in Oriente vengono massacrati. Per il Vecchio Continente c'è ora solo il "Dio Denaro"».

La nascita del fantomatico Stato Islamico gestito da terroristi spietati da chi è finanziato? E in quale misura?
«L'Isis è stato creato nel 2004 da Abu Musab al-Zarqawi, di ideologia qaedista, quando gli Stati Uniti hanno invaso l'Iraq. Nel 2012, dopo che gli Stati Uniti si erano ritirati dall'Iraq lasciando un grande vuoto, l'Isis lo ha subito riempito. E così sono entrati in Siria dal confine iracheno, con l'aiuto dei turchi e di altri gruppi islamisti che combattevano sul terreno siriano (Fronte di al-Nusra, Fronte Islamico, Free Syrian Army). In questo modo sono riusciti a prendere la provincia di Raqqa, ma subito dopo questa "organizzazione" ha cacciato via tutti gli altri gruppi ed è rimasta sola nella zona nord-est. Osservando tale scenario, ci si rende conto che l'Isis è stato aiutato anche dagli europei (in modo diretto o indiretto), con il beneplacito dell'America. D'altra parte l'Isis serviva agli occidentali nella guerra contro il governo di Damasco, in quanto dotata di "soldati" disposti a morire per una ideologia. Organizzazione che ha attratto peraltro sunniti da diverse parti del mondo. Non a caso in Siria ci sono jihadisti che provengono da 80 Paesi. Senza trascurare un altro tassello importante: sia l'Isis che altri gruppi islamisti sono finanziati da tutti (Europa, America, Qatar, Arabia Saudita...)».

Chi è che fornisce le armi a questi terroristi?
«La risposta è stata data dagli stessi politici europei, quando Francia, Londra e Stati Uniti hanno detto che bisognava aiutare i ribelli moderati dando loro armi non letali. C'è da ritenere che buona parte del danaro dato a questi moderati sia finito tra le mani dei jihadisti fanatici! Ma di moderati, sin dall'inizio, ce n'erano davvero?».

Mosul ed Arbil sono due cittadine irachene. Com'è la situazione ora?
«La situazione è sempre critica, si vive con la paura. I colpi di mortaio colpiscono i luoghi cristiani perché sono considerati a favore del governo di Assad. Noi cristiani viviamo in pace e stiamo bene con questo governo, possiamo esercitare la nostra fede senza problemi e viviamo in piena libertà religiosa. Ritengo che l'Islam non creda nella democrazia, così come l'Occidente non sembra intenzionato a supportare la democrazia in Siria. In buona sostanza, si vuole dominare il nostro Paese con sistemi musulmani, facendogli indossare un abito che si chiama libertà e democrazia. Per cui al primo vento, come abbiamo visto, l'abito è caduto e ci siamo dovuti confrontare con fanatici che tagliano teste e mangiano cuori».

La Chiesa cosa dovrebbe o potrebbe fare per aiutare i cristiani così ferocemente perseguitati, solo perché tali?
«Purtroppo la Chiesa si sente incapace di raffrontarsi con l'insensibilità politica in atto. Sarebbe quindi opportuno spiegare al popolo cristiano che questa guerra non è contro il "cattivo" Assad e il suo popolo, ma è una guerra contro il "diavolo" che vuole distruggere la Chiesa sia in Medio Oriente che in Europa. "Diavolo" che sta indossando l'abito dell'Islam. Mentre voi europei state subendo la perdita dei valori, soprattutto quelli inerenti la famiglia».

C'è già chi pensa anche alla legge del "contrappasso". Lei in casi estremi sarebbe d'accordo nell'applicarla?
«Io sono contro la possibilità di armare i cristiani in Medio Oriente. In Siria siamo pieni di armi. Armare i cristiani vuol dire farli uccidere tutti, in quanto sarebbe una grossa provocazione contro i musulmani e quindi si favorirebbe altro sangue».

Come si potrebbe fermare questo genocidio, che non ha proprio alcuna ragione?
«1) Prosciugare i fondi a questi gruppi di fanatici. Poi la Turchia deve chiudere il suo confine dal quale arrivano gran parte degli aiuti.
2) Obbligare i Paesi fanatici, come Arabia Saudita e Qatar, a non mandare uomini e quattrini in Siria.
 3) Fare una grossa operazione militare guidata dall'esercito arabo siriano a fronte di una collaborazione mondiale.
4) Muoversi su una politica del perdono e della riconciliazione tra tutti siriani.
5) Puntare su una nuova educazione sociale nella quale tutti i siriani siano uguali e rispettosi della legge.
6) È infine necessario studiare una nuova normativa che permetta al cristiano di essere un cittadino alla pari di un musulmano».

http://m.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Samaan-Daoud-la-mia-ricetta-su-un-Islam-piu-liberale-e-contro-la-sopraffazione-Isis?LT=PRIMA&ID=13760

lunedì 6 ottobre 2014

Appunti di viaggio, di Samaan Daoud



Grazie all' invito del mio caro amico Gianantonio Micalessin, ho potuto partecipare in Italia all’evento del Meeting di Rimini per presentare insieme a lui il suo documentario “Maalula l’ultima trincea”.
Mi ha colpito molto l’organizzazione del Meeting che era cosi elegante e così bella, è stata una nuova esperienza; mi ha molto impressionato la gente attenta che c’era durante la presentazione del documentario (quasi 3000 persone). E grazie al Meeting e a Cl (comunione e liberazione) e a Ora pro Siria ho avuto altri incontri.

Il 30 agosto ho iniziato il mio giro nelle varie zone d’Italia, nelle parrocchie, nei centri culturali e nei monasteri, dicendo a tutti gli italiani che incontravo che la Siria, la culla del cristianesimo e Damasco dove San Paolo ha riconosciuto Gesù Cristo, ora la Siria e soprattutto i cristiani della Siria rischiano la vita, vengono perseguitati ed uccisi come è successo ai tre giovani Martiri di Maalula. Noi in Siria siamo dei Martiri Viventi. 
Noi non stiamo cercando la morte ma il Diavolo sta operando e sta usando il fanatismo e l’estremismo religioso che trova una terra fertile nel pensiero Wahabita (Saudita) e nella politica dei Fratelli Musulmani (Qatar, Turchia, Tunisia). Questo progetto diabolico ha trovato insensibile la coscienza dei politici: vi hanno fatto capire che quello che sta succedendo in Siria è dovuto a un regime che sta ammazzando il popolo civile. Ma la verità è tutta un' altra. La verita’ è che in Siria ci sono ora molti gruppi jihadisti che arrivano da tutto il mondo e ci sono 3000 europei che combattono in Siria a fianco di ISIS. E che tanti ancora sono pronti ad operare pure in Europa nelle vostre case.
Ho parlato della sofferenza quotidiana della chiesa siriana (Maalula, Sadad, Aleppo, Raqqa, Maharde) e di come i cristiani stanno dando un grande esempio della fede in Cristo.

Mi ha colpito molto nei miei incontri il grande numero di persone che viene ad ascoltarmi, ad ascoltare un semplice siriano cristiano, ma che ama molto la sua terra ed è innamorato di Gesu’ Cristo e di Don Bosco. Mi rimarrà impresso in mente l’incontro di Bergamo in cui la sala dei frati cappuccini era piena e non poteva più contenere le persone ma la gente e’ stata lo stesso in piedi per più di due ore. Lo stesso e’ successo nella zona di Reggio Emilia: la gente e’ stata in piedi ed alcuni erano fuori ad ascoltare dalle finestre.
Quello che ho notato è che tanti italiani non sanno quasi niente di tutto quello che sta succedendo in Siria o in medio oriente, c'è una vera mancanza d’informazione, ed altri sanno poco ma non tanto chiaro.
Mi ha commosso molto il dialogo con le suore che ho incontrato in alcuni monasteri, perchè ho visto nei loro occhi una forte e costante preghiera sincera per noi.

Quando ero ancora in Italia mi ha sorpreso molto la decisione dell’America di colpire ISIS. Che ridicolo questo. L'America ed i suoi alleati occidentali ed Arabi decidono di colpire ISIS mentre questi stessi da 3 anni stanno armando i cosiddetti ribelli moderati. La domanda che ho fatto negli incontri era : chi sono quei moderati dei quali parla l’America e l’Occidente?
Non esiste moderazione nelle guerre. Anzi quelli che prima si chiamavano FSA (free Syrian army) sono diventati o Fronte aL-Nusra, o Fronte Islamico, o ISIS.
La prova è questa: chi ha realizzato l’attentato qualche giorno fa contro una scuola elementare a Homs causando la morte di 46 bambini? tenendo conto che ISIS non c'è nella zona di Homs... anzi ci sono solamente i cosiddetti moderati nella zona di AL-Wa’ar. 
Come il fatto che non vien mai menzionato, su di noi a Damasco piovono ogni giorno bombe che provengono da Jobar e dai quartieri in mano ai 'ribelli moderati', che colpiscono i civili anche nelle zone cristiane come Kassa e Bab Touma... Lo sapevate? : su Damasco  ci sono stati 1.887 attacchi con colpi di mortaio  solo durante i mesi di agosto e settembre, uccidendo 296 civili e ferendone  altri 1487!

Secondo me l’Occidente sta giocando col fuoco e questo fuoco prima e poi arriverà a casa vostra.
Italiani state ATTENTI.

A molte persone che mi chiedevano come aiutare i cristiani siriani suggerisco di sostenere i progetti di tanti che qui cercano di resistere, costruendo nella dignità e nello sforzo di salvare la propria umanità  opere di riconciliazione e piccole attività lavorative ed educative.

Spero di rivedervi tutti nel prossimo viaggio che, a Dio piacendo, farò in aprile in Italia 
( se volete potrete contattarmi tramite Ora pro Siria ).

Non dimenticateci: pregate per la Siria e i suoi cristiani!

  Samaan Daoud

mercoledì 10 settembre 2014

Di cosa c'è bisogno in Siria? : 'Riconciliarsi e farli fuori'

MAALOULA:  MARTIRI DELLA FEDE




Video di Samaan Daoud: testimonianze sul martirio di Antonio, Michail e Sarkis , uccisi per Cristo a Maaloula 



 7 settembre 2014, San Giovanni da Lodi

Caro Direttore,

in Siria “c’è bisogno di perdono, di riconciliazione, di ricostruire il tessuto sociale” e al contempo “c’è bisogno di farli fuori”.

E’ insolito sentire dalla stessa voce due affermazioni che sembrano in contraddizione. Ci sono conferenzieri che spingono sul perdono e la riconciliazione in Siria. Altri che incitano allo sterminio dei jihadisti. Il siriano Samaan Daoud ha parlato mercoledì 3 settembre nel salone parrocchiale di San Martino in Rio (strapieno) ed ha affermato entrambe le cose, senza timore di entrare in contraddizione.
“Damasceno di nascita, siriano di cittadinanza, cattolico di fede” Samaan vive la guerra in diretta, aiutando quei giornalisti seri ai quali “è rinato il desiderio di vedere a occhi aperti”: mostra loro la verità della guerra, della Siria, di Assad ultimo baluardo di sicurezza. Come cattolico che vive in Siria ha sperimentato per decenni la possibilità di vivere la fede all’interno di un contesto islamico: sa quindi che, se il perdono va rivolto a tutti, la riconciliazione e la ricostruzione del tessuto sociale non possono raggiungere tutti.
C’è un confine, aldilà del quale occorre agire e fermare i regimi criminali.

Chi ha letto “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo” di Vladimir Solov’ev ricorderà la discussione tra il vecchio generale russo e il Principe, fautore dell’Amore universale. Il generale rivendicava il titolo di “esercito cristiano” per la sua armata, in particolare quando sterminò un reparto di basci-buzuk, volontari irregolari dell’impero ottomano.
Finito il massacro, il generale dovette tenere a bada i suoi cosacchi, ai quali “prudevano le mani per andare a frugare nelle tasche dei morti”, col rischio di prendersi chissà quali pestilenze.
IL PRINCIPE: “Ecco com’è il vostro esercito cristiano!”
IL GENERALE: “Intendete parlare dei cosacchi!? Ma quelli sono dei veri briganti! Lo sono sempre stati.”
IL PRINCIPE: “Io mi domando in quale modo la guerra può essere «un’impresa grande, onorevole e santa» quando dalle vostre parole salta fuori che essa è una lotta di briganti contro altri briganti?”
IL GENERALE: “«Una lotta di briganti contro altri briganti». Però, vedete, negli altri c’è qualcosa di completamente diverso. O non penserete in realtà che compiere qualche spoliazione sia la stessa cosa che arrostire un bimbetto sui carboni ardenti sotto gli occhi della madre?” (Pratica eseguita dai basci-buzuk in un villaggio armeno, NdR) “Vi dirò una cosa. In tutta questa faccenda mi sento la coscienza così pulita che anche ora alle volte rimpiango con tutta l’anima di non essere morto dopo di aver dato il comando per l’ultima salva di mitraglia. E non ho il minimo dubbio che se fossi morto allora, mi sarei presentato direttamente all’Altissimo coi miei trentasette cosacchi caduti sul campo e avremmo certo occupato il nostro posto in paradiso accanto al buon ladrone evangelico”.
La discussione prosegue poi a lungo, sulla guerra e sull’amore evangelico. Credo però di aver estratto un punto essenziale: c’è una gradualità del male, c’è un’area nella quale è possibile riconciliarsi e ricucire i rapporti, e c’è un’area nella quale la “rigenerazione morale” del nemico colpevole risulta impossibile.
Occorre fermarli. Come? Con la guerra, visto che i basci-buzuk dei nostri tempi hanno creato uno Stato. E la guerra normale si svolge come invasione di una terra da parte di truppe, che mettono i nemici in condizioni di non nuocere. Nemici morti, come accade spesso nelle guerre. Nemici prigionieri, se capita.

Chi dovrà fare questo lavoro? Qui Samaan ha richiamato un proverbio : «Chi ha portato l'asino sul minareto sa come farlo scendere». Chi ha portato l’asino sul minareto? Ossia, chi ha consentito la fondazione del Califfato? Gli Stati Uniti con armi e finanziamenti (nonché con la distruzione dell’Iraq), vari stati occidentalisti (mi rifiuto ormai di chiamarli “occidentali”) in particolare quelli che hanno distrutto la Libia, trasformando il paese più prospero dell’Africa in un campo di addestramento per jihadisti, l’Arabia, gli Emirati del Golfo, la Turchia con la sua frontiera “spugnosa”: tutti questi hanno creato le condizioni per la nascita di quel particolare “islam politico” che gestisce il Califfato.

Chi ha creato questo orrore riconosca le sue colpe, chiuda frontiere, commerci sporchi e finanziamenti. E proceda in fretta per “farli fuori”.
 I poveri siriani, i poveri iracheni, non si salvano con l’ignavia.

Giovanni Lazzaretti

lunedì 4 agosto 2014

Samaan dalla Siria: qui i cristiani continuano a morire, ma l'occidente pensa solo a Israele


l'altare cristiano più antico al mondo distrutto dai 'ribelli moderati' a Maaloula

























"La Siria è finita nello scaffale del dimenticatoio": così dice al  sussidiario.net  Samaan Daoud, siriano cristiano di Damasco. Da quando è  scoppiato il conflitto di Gaza, aggiunge, "come sempre quando c'è di mezzo  Israele tutto il mondo comincia a preoccuparsi del figlio coccolato dell'Europa  e dell'America, ma intanto in Siria i cristiani continuano a essere uccisi e obbligati ad abbandonare le loro case. Il nostro paese è vittima di un genocidio che si avvicina ai 200mila morti, ma l'Europa fa i propri interessi sulle morti altrui". Un altro fenomeno interessante, dice sempre Samaan, è il fatto che gli  imam dei paesi arabi che da anni invitano i musulmani ad andare a combattere in Siria adesso non spendono una parola per Gaza: "E' evidente come anche questi  imam siano legati ai petrodollari, siano interessati all'America: hanno mandato  migliaia di arabi a combattere in Siria ma non hanno speso una parola per le 
tante vittime civili di Gaza".

 IL SUSSIDIARIO, 4 agosto 2014

Alcuni commentatori non si spiegano come mai sia così centrale sulla stampa internazionale il conflitto di Gaza anche se la situazione in Siria e in Iraq è 
sempre peggiore. Come è vissuto il conflitto tra Hamas e Israele in Siria? Il vostro paese un tempo era uno dei grandi nemici di Israele.
Il conflitto di Gaza ha preso tutta l'attenzione internazionale. Quando la situazione riguarda Israele tutto il mondo comincia a preoccuparsi per il figlio coccolato dell'Europa e dell'America, guai a chi lo tocca. Si parla solamente di  missili che partono da Gaza verso Israele e si dimenticano i civili morti e  anche le chiese e le case distrutte da Israele. 


Che idea vi siete fatti della guerra a Gaza?
La mia analisi personale è che Hamas negli ultimi tre anni aveva perso quasi ogni sostegno, dopo che era stato considerato il gruppo che avrebbe portato la libertà in Palestina con l'aiuto forte di Siria, Egitto e Iran. Ma con la primavera araba Hamas ha perso l'appoggio di quasi tutti i paesi arabi, perché Hamas ha la stessa ideologia dei fratelli musulmani e degli jihadisti.  Adesso  però l'attacco di Israele ha fatto rinascere la simpatia internazionale nei loro confronti. Stanno guadagnando i punti che fino a un mese fa avevano perso. Noi siriani poi guardiamo con grande preoccupazione a quello che succede a Gaza  anche perché la situazione siriana è scesa al terzo posto dell'interesse 
internazionale.


In che senso?
Al primo posto c'è solo e sempre Gaza, al secondo si parla dei cristiani  dell'Iraq e la Siria è finita dentro uno scaffale del dimenticatoio.


Perché questo, secondo lei?
C'è qualcosa di voluto. Se ci pensiamo, non è tanto strano che appena questo Stato Islamico ha annunciato la nascita e ha preso la città di Mosul sia poi cominciata la guerra contro Gaza. Intanto questi fanatici stanno uccidendo un sacco di cristiani nel nord della Siria e nessuno ne parla. Se contiamo quanti  cristiani sono morti in Siria e quanti hanno dovuto abbandonare il paese, il  numero supera quelli scappati da Mosul,  ma nessuno vuole mai approfondire la  situazione dei cristiani in Siria.


Che infatti è gravissima da tempo.

Non dimentichiamo ad esempio i cristiani martirizzati perché non hanno rinnegato la loro fedeltà a Gesù, non dimentichiamo i villaggi cristiani distrutti intorno  a Damasco e nessuno parla dei cristiani di Aleppo e di quante chiese distrutte ci siano state. Quello che succede intorno a noi ci lascia angosciati perché si sono dimenticati dei cristiani della Siria anche i nostri fratelli nella fede in Europa.


La nascita dello Stato Islamico poi sembra quasi che sia vista dall'occidente come il meno peggio, come dire: almeno questo porterà fine alle guerre locali.
L'Europa non ha vittime proprie e perciò gioca sulle vittime degli altri e tutto va bene. Personalmente penso che questo califfato non avrà vita lunga, non ha le caratteristiche di un vero stato. Uno stato a base solamente religiosa e di sharia non può stare in piedi per molto: per costruire uno stato ci vuole ben altro. Inoltre più diventa grande e più diventa difficile da gestire e alla fine cadrà da solo, anche se di soldi ne hanno rubati tanti, ad esempio due miliardi di dollari dalle banche di Mosul e vendono il petrolio all'America. Quando cadrà però e quante vittime ci saranno ancora non lo sappiamo. Se l'Europa si fosse  interessata al conflitto siriano oggi non saremmo arrivati a questo punto. 
unità armate di islamisti appartenenti all'opposizione siriana circondano
la cittadina di Mhardeh, città natale del patriarca Ignazio IV Hazim
 e la città di Suqailabiyeh, entrambe situate nella campagna di Hama.
 
Mhardeh e Suqailabiyeh costituiscono uno dei più grandi agglomerati
di greci ortodossi in Siria

L'America poi non apre bocca mentre ancora oggi ci sono 15mila cristiani ortodossi circondati da questi fanatici assassini nelle zone a nord e nessuno ne parla.



Dal punto di vista militare com'è la situazione? L'esercito governativo ottiene dei successi?
Sì, intorno a Damasco e alla periferia di Homs, ma questo esercito combatte da oltre tre anni e si sta stancando. 
Non è una guerra tra eserciti, questa è una guerra sporca di strada e gli jihadisti hanno sempre rifornimento di uomini. 
Basta andare in Arabia e negli altri paesi del Golfo e in tutte le moschee vedi  gli annunci per invitare ad andare a combattere in Siria. Gli imam però non aprono bocca per dire di andare a combattere a Gaza con i palestinesi. 
Questi capi islamici sono interessati al petrodollaro, in fondo sono filo israeliani e filo americani. Dal 2011 hanno mandato decine di migliaia di persone a combattere in Siria ma oggi non aprono bocca su quanto succede a Gaza.

domenica 22 giugno 2014

Voci dalla Siria dopo le elezioni


Nell’ultima settimana prima delle elezioni c’è stata una recrudescenza di aggressioni e minacce intimidatorie da parte dei jihadisti, sostenuti da America ed Europa (ahimè, c’è proprio da vergognarsi : non solo hanno rinnovato l’appoggio in denaro, ecc, ma addirittura hanno vietato ai Siriani rifugiati all’estero di andare a votare per il loro paese).
Aleppo sta molto molto male, adesso la prendono di mira anche con missili, il quartiere Midan specialmente, perché c’è una grossa comunità armena. Ci dicono che erano entrati a migliaia dalle frontiere per bloccare e impedire le votazioni, attaccando specie dal fronte con la Turchia, cioè su Lattakia e Idlib. Martedì, giorno fatidico, qui non volava una mosca. Tutti i negozi chiusi, sospesa ogni attività lavorativa, tutti erano impegnati a svolgere il loro dovere civico, e solo quello. La gente era calma e concentrata, conscia della sua responsabilità verso tutti i Siriani, ma anche di fronte al mondo intero, specialmente quello che …conta (e che già ha dichiarato di voler invalidare queste votazioni). Si è sentita qualche raffica per aria ( qui si spara sempre: quando c’è un morto, per onorare il morto ; quando parla il presidente , per manifestare la propria soddisfazione; quando c’è  qualche evento civile, per dire la propria partecipazione…). A sera, ho sentito nel villaggio canti e danze con il  tipico tamburello, cosa diversa dalle altre sere in cui si sentivano canti patriottici, inneggianti alla Siria (sì, è stata la loro preparazione alle votazioni). Sono rimasta stupita, perché non c’era nessun matrimonio in programma…Ma l’indomani vedendo la faccia radiosa del nostro vicino, ho capito meglio. In questo evento finalmente i Siriani hanno potuto, anche i più deboli ed inermi, dire la loro, prendere in mano il loro destino, affermare la loro volontà, la loro esistenza stessa, in faccia a chi vorrebbe negare loro il diritto a vivere, ad essere un popolo sovrano, in grado di prendere il suo posto nella storia del Medio Oriente. 
Di fatto, di tutti quanti sono coinvolti in queste trattative di pace che finiscono sempre in fallimenti, quanti di loro agiscono negli interessi reali di questo popolo ?  Con evidente fierezza X ci ha comunicato che tutta la Siria ha votato, tranne la provincia di Raqqa, che è completamente in mano ai jihadisti; che tutti, persino ad Aleppo, hanno espresso il loro voto. E che anche per chi poteva essere bloccato da voleri avversi, si è trovato il modo di raggiungerlo per permettergli di esprimere il suo voto (per esempio sono stati creati seggi elettorali alla frontiera col Libano, dato che era stato detto che chi fosse rientrato in Siria per votare avrebbe perduto il permesso di residenza . Anche all’aeroporto di Damasco sono stati istituiti seggi, per quelli che arrivavano in volo e se ne andavano subito dopo aver votato, come è capitato con 4 aerei pieni di siriani provenienti dal Kwait , e varie altre piccole e grandi trovate, per dare il più possibile a tutti gli aventi diritto la possibilità di dire la loro) .
In quest’ultima notte è esplosa la gioia. Canti e danze dappertutto, le sparatorie augurali hanno ceduto il posto a mortaretti e fuochi d’artificio. Si vocifera di gente che cantando sparge riso sui camion dei militari, di altri camion (pieni di gente che suona), che si spostano da un paesino all’altro, si sta entrando quasi nella leggenda… La gente è felice, nonostante tutti i morti, tutte le devastazioni morali e materiali. Tutta l’incertezza per l’avvenire si arrende di fronte a questo fatto : la Siria è unita e vuole procedere unita, con il capo che si è liberamente scelta.
Dati pubblicati dall’Ansa : 73,42 % di affluenza alle urne, 88% hanno votato per il presidente. Ma ormai i dati sono a disposizione di tutti. Y commenta con gli occhi luccicanti : “Hanno votato per Assad 10 milioni e 700mila siriani !”. Ma sapeste quanto è bello vedersi intorno facce fiere e contente. 
Preghiamo che questa quasi unanimità faccia ritrovare ai siriani ciò che si temeva perduto, cioè la fiducia e la convivenza tra genti diverse che si riconoscono tutte in una stessa patria.   

S.M. da Tartous  



Sono passati più di tre anni dall'inizio della crisi siriana. Ora lo stato siriano ha vinto contro tante pressioni che derivavano dall’Occidente e dai paesi dei petro dollari, come l’intervento armato, la divisione settaria del paese. Ha potuto pure stabilire una certa sicurezza in varie zone del paese, e sta vincendo nelle sensibili battaglie contro i fanatici islamisti (ISIS – Fronte Al-nusra – Il fronte islamico…).

Ormai è tempo che il presidente Bashar Al-Assad, dopo la sua vittoria nelle elezioni presidenziali, debba pensare con il nuovo governo che formera’ tra poco ad un' altra battaglia. La battaglia contro la poverta’, contro la corruzione, contro lo sfruttamento del cittadino da parte dei  “coccodrilli commercianti”. La metà del popolo siriano e’ disoccupata ed il 50 % dell’altra metà non riesce ad arrivare alla fine del mese… siamo in questa situazione da anni…. I siriani temono di non potere più resistere davanti alla fame…c'e’ un detto siriano che dice: “nessuno muore dalla fame” forse perchè stavamo cosi bene prima della Guerra, ma ora credetemi c'è della gente che muore veramente dalla fame… 
I prezzi sono volati in aria, e migliaia di famiglie mangiano la carne una volta al mese, e tante altre non mangiano la frutta perche’ talmente cara… Il prezzo del latte e’ aumentato del 600% (da 20 s.p al kilo a 120 s.p)… allora immaginate quanto costa un kilo di formaggio normale (700 s.p). Attualmente lo stipendio medio di uno che lavora nello stato e’ 30.000 s.p (150 euro) e basterebbe per 20 giorni (a comperare solo cibo) sapendo che una famiglia media in Siria consiste di Padre, Madre, 3 figli … non voglio parlare delle bollette ... elettrica, dell’acqua, del telefono, e non parlo dei vestiti per i bambini, e neanche della retta per la scuola … Secondo me la vera battaglia ora e’ contro la malavita, contro il nemico nascosto nella società che si chiama POVERTA’… il grande Imam Ali dice : 'se la povertà fosse un uomo lo avrei ucciso'.
Io capisco tutte le difficolta’ che il governo attualmente affronta, ma quando la pancia ha tanta fame il cervello non ragiona più… soprattutto quando vedi che una certa classe di gente sta diventando troppo piena di soldi grazie a questa guerra. Se all’inizio del 2011 una piccola parte del popolo siriano e’ uscita contro il governo di Assad perchè economicamente era scontenta, ora più della metà del popolo siriano e’ scontenta… 
   La gente è andata a votare con la speranza che Assad porti non solo la sicurezza ma anche per migliorare la vita economica del cittadino siriano. Ora Assad ha la battaglia più dura in assoluto. Una battaglia che non richiede armi... Sì, vi sono le NGO che aiutano, ma questo tipo di aiuto sembra come una medicina per calmare il dolore... tutte le  NGO ti danno cibo, abiti... ma non offrono un lavoro che ti permette di vivere degnamente... 
Si ricomincerà veramente la vita del Paese quando si inizierà a creare dei posti di lavoro e quando il presidente inizierà a pulire il paese dalla corruzione... quando di comincerà a dare più libertà soprattutto ai media locali e meno controllo sul cittadino...
I fratellini Anton Hajjar e Michael, giocavano
sul balcone di casa nel quartiere Jaramana:
uccisi da un razzo dei ribelli

La situazione di Damasco ogni giorno è critica perchè i ribelli buttano colpi di mortaio su di noi. E la vita sta diventando sempre più difficile... la gente e' molto stanca..., c'è tristezza... 
Samaan da Damasco







    Le elezioni presidenziali in Siria vanno analizzate, non condannate a priori






    Appunti, 19-06-14
    di Mario Villani


    Si è votato in Afghanistan, elezioni presidenziali, primo turno il 14 aprile e secondo il 14 giugno......

    Si è votato in Ucraina, elezioni presidenziali. Anche in questo caso le elezioni, per i nostri media mainstream, sono state “democratiche ed un passo significativo verso la normalizzazione della situazione”......

     Si è votato in Siria, elezioni presidenziali. Il 3 giugno undici milioni seicentomila Siriani (su quindici milioni e mezzo che ne avevano diritto) si sono recati alle urne ed hanno riconfermato, dandogli l'88% dei suffragi, Bashar Assad come capo dello stato. Le condizioni in cui si è votato non sono state molto diverse da quelle dei due Paesi prima citati: parte del territorio occupato, violenze diffuse, scarsità di controlli. In questo caso però i media occidentali hanno assunto un atteggiamento ben diverso, bollando le elezioni con termini come “farsa”, “inganno”, “presa in giro della democrazia”. In questo modo, oltretutto, si sono risparmiati la necessità di svolgere un minimo di analisi sui risultati emersi dalle urne..... 

      LEGGI L'ARTICOLO QUI:  

    martedì 29 aprile 2014

    Mentre l'Occidente denigra le elezioni, sulle scuole di Damasco piove il terrore

    uno dei bambini feriti nell'attacco sulla 'Badr-Eddin al-Hossni' Istituto di scienze islamiche della Sharia

    La Siria attualmente sta passando un momento delicato, in particolare la città di Damasco:  dopo la vittoria dell'esercito nella periferia ovest, e la conquista di Yabrud e Maalula e di tutta la striscia di confine col Libano, i ribelli guidati dai gruppi legati ad al-Qaeda come Jabhat al-Nusra ed il Fronte Islamico  hanno iniziato a colpire le zone centrali di Damasco. In pratica dopo la liberazione di Maalula questi gruppi armati sono impazziti. Da più di tre settimane la zona di Jaramanah è sotto il mirino di Mleha (dove comandano i gruppi nominati sopra) ed hanno colpito questo sobborgo in cui vi è una grande presenza cristiana, con centinaia di colpi di mortaio. Ormai lì non si va a scuola da più di tre settimane. 
    Anche su Bab Tuma e Kassa cadono in continuazione tanti colpi di mortaio e colpiscono scuole, piazze, chiese ed ospedali. Oggi però osserviamo che i gruppi armati guidati da questi alqaedisti hanno voluto allungare il tiro e farlo arrivare ad una zona pura Sunnita di nome Al-Shagour dove si trova una grande scuola religiosa sunnita, il Badr-Eddin al- Hossni Istituto per Scienze Islamiche della Sharia  I ribelli che hanno buttato i colpi di mortaio su questo istituto Sunnita  (un colpo ha toccato il muro, uno è caduto nel cortile, il terzo è caduto all'esterno) hanno smentito le loro storie, perchè uccidere i civili, e soprattutto studenti, è una cosa che li svergogna, mentre loro dicono che FSA difende i civili....  Ma i gruppi armati sono ormai confusi da quanto l'esercito siriano sta operando nella zona di al Ghuta ed in questa confusione i civili non solo cristiani ma anche musulmani stanno pagando la fattura. Ormai è il fanatismo che opera in questi gruppi e come sappiamo il fanatismo non ha principi e non distingue tra le religioni. 
    Purtroppo oggi apriamo una pagina brutta riguardo alle scuole: 15 studenti morti fino a questo pomeriggio (età tra 9 e 17 anni) e più di 60 feriti, alcuni amputati. Le mamme hanno tanta paura per i loro bimbi e non vogliono più mandarli a scuola. Secondo me la tensione salirà  ancora per un po' di tempo perchè l'esercito ha deciso di fare una grossa operazione di pulire tutta la zona di Jobar dalla quale parte la maggior parte di questi colpi di mortaio, ed anche perchè tra poco tempo ci saranno le elezioni presidenziali. I ribelli non vogliono le elezioni perchè questo rafforza la posizione di Assad in quanto comunque lui prenderà un sacco di voti. Pure l'Occidente non vuole queste elezioni perchè dice che non si può farle sotto queste condizioni di guerra e per l'Occidente che dice 'Assad è un criminale',  se vince, questo dimostra che lui gode una buona percentuale di sostegno popolare.  Per cui sia i ribelli che l'Occidente non vogliono che Assad vinca perciò cercano di creare tanti fronti caldi cosi da discreditarlo. E così ottengono sempre nuovi armamenti, però chi paga sono i nostri figli...   
    Ma in pratica se chiedi a qualsiasi siriano cosa vuole o cosa chiede, ti risponde : voglio la sicurezza, voglio che torniamo come eravamo prima del 2011. Allora Assad è l'unico uomo per il momento che può controllare sia l'esercito che le forze di sicurezza, quindi lui gode di una buona fiducia tra i siriani e questa fiducia è in aumento con le vittorie dell' esercito. E se noti, come noi notiamo,  i civili vivono bene solamente nelle zone dove controlla il governo.  L'Occidente  e i ribelli coi loro attentati vogliono dirci: finchè Assad c'è, il caos rimane. Ma quel che noi abbiamo capito è che il giorno in cui Assad lascia il potere la Siria sara' divisa in più di 12 stati e tutti su base islamica. 
    Adesso però vi chiedo: pregate per i bambini oggi colpiti, alcuni casi sono proprio gravi, veramente abbiamo bisogno di preghiere! 
    Samaan

    Dalla bocca dei bambini... 





    AGGIORNAMENTO 30 APRILE

    STRAGI IN SIRIA- Saadeh (deputata siriana): ecco chi "manovra" i ribelli 

    Il Sussidiario , 30 aprile 

    INTERVISTA  a  Maria Saadeh 
    di Pietro Vernizzi

    Ancora stragi nella Siria martoriata dalla guerra civile. Ventuno persone sono state uccise da colpi di mortaio lanciati dai ribelli ad Aleppo, che hanno preso di mira quartieri controllati dal governo ma ancora popolati da civili. Secondo fonti ufficiali del regime, altre 36 persone sono morte nel quartiere alawita di Homs per l’esplosione di un’autobomba. Il presidente Assad intanto ha annunciato ufficialmente che si ricandiderà alle prossime elezioni presidenziali previste per giugno. Ilsussidiario.net ha intervistato Maria Saadeh, deputata cristiana del parlamento di Damasco, secondo cui “dietro agli attentati si muovono gruppi armati privi di una cultura e di un’ideologia precisa, che rappresentano interessi internazionali e non le reali aspirazioni del popolo siriano. Proprio per questo le prossime elezioni saranno un momento decisivo, perché per la prima volta dopo tre anni di guerra ridaranno la parola ai cittadini del nostro Paese”.   

    Che cosa ne pensa degli attacchi contro i civili avvenuti a Homs e Aleppo?  
    Dietro questi attacchi ci sono dei gruppi armati privi di qualsiasi ideologia,
    animati soltanto dall’intenzione di uccidere. In Siria si stanno verificando
    numerose tragedie di questo tipo che coinvolgono i civili. L’obiettivo di queste
    fazioni è quello di distruggere lo Stato.  

    Chi c’è dietro a questi ribelli?  
    Tutti questi gruppi, terroristi, salafiti e jihadisti, si nascondono dietro l’Islam, pur non conoscendo nulla sul suo reale significato. A sostenerli sono specialmente l’Arabia Saudita e altri Stati del Golfo, così come alcune potenze occidentali. All’origine di queste azioni c’è l’odio di gruppi i quali compiono tutto ciò che vogliono. Assad si ricandiderà alle prossime elezioni presidenziali.   

    Che senso ha votare in questa situazione?  
    Innanzitutto è un fatto importante che le elezioni si tengano, proprio per garantire la stabilità dello Stato. In secondo luogo, è un diritto del popolo
    siriano scegliere il presidente e decidere il nostro futuro. Ciò che conta non è
    dunque chi vincerà le elezioni, ma il fatto che la parola torni al popolo siriano. Dopo tre anni di guerra, le elezioni sono l’unico modo per difendere i diritti della popolazione siriana. Ciò significa che alla nostra gente è data la possibilità di migliorarsi, di sostenere i loro diritti e di scegliere il loro futuro.   

    Le crescenti tensioni tra Russia e Stati Uniti si stanno riflettendo anche sulla
    Siria?  
    Quanto sta avvenendo in Siria non è una guerra tra siriani, bensì un conflitto
    internazionale che si intreccia ad altre questioni come quella iraniana, ucraina
    e agli stessi rapporti tra Russia e Stati Uniti. Il nostro obiettivo è cambiare il sistema politico della Siria e nello stesso tempo trovare un nuovo equilibrio
    tra le potenze straniere.    
    In che modo è possibile raggiungere questo obiettivo?  
    Il nostro compito è quello di cercare una nuova stabilità a livello politico, sociale ed economico. Ciò di cui abbiamo bisogno è tempo, in modo da riorganizzare il Paese da capo, a cominciare dalle fondamenta. Credo nella società siriana di oggi, perché ci sarà un grande potere nel mondo. Ciò comporterà un nuovo modo di concepire la politica. La questione ucraina e quella siriana dovrebbero essere negoziate di pari passo, perché in qualche modo il livello delle questioni implicate sono simili. Sarà un lavoro progressivo per migliorare ciascuno dei poteri dello Stato. Dobbiamo risolvere la crisi siriana a un livello regionale e internazionale, lo stesso che richiede una soluzione duratura della crisi ucraina.   
    http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/4/30/STRAGI-IN-SIRIA-Saadeh-deputata-siriana-ecco-chi-manovra-i-ribelli/495423/

    ASCOLTA
    RAIRadio1-  Sabato 19 aprile "A tu per tu" con la deputata cristiana siriana Maria Saadeh. Un Paese, la Siria, sfiancato da quasi tre anni di guerra e di terrorismo, con la comunità cristiana nel mirino degli integralisti islamici :  http://www.atupertu.rai.it/dl/radio1/2010/programmi/Page-346f68d0-056f-4629-8c0e-0d5cfd703e9b.html

    venerdì 11 aprile 2014

    Siria, dove la pietà è un grido


    Damasco, 10 aprile 2014


    In questi giorni  sono caduti tanti colpi di mortaio sulle nostre zone cristiane, al-Kassa, Jaramana, Bab Touma…, abbiamo avuto tanti morti...

    Oggi sono caduti a Jaramana piu di 45 colpi. E’ morto per una scheggia di mortaio pure un giovane uomo cristiano lasciando un bimbo.  Si chiama George Abo Samra.

    Ero a pochi metri dal primo colpo, dove ero andato a fare la spesa. Mentre la gente era nascosta all'angolo dell'ospedale francese è caduto  il secondo colpo proprio dove la gente si era radunata, causando la morte di altre due persone .

    Sono  corso subito alla scuola dove c’è mio figlio Micheal , il piccolo. Ho visto la paura negli occhi dei genitori. Ho visto bimbi con un volto sconvolto. Mio figlio mi ha detto che ha visto dalla finestra della classe una colonna di fumo. Insomma sono caduti in pochi minuti 4 colpi di mortaio nella zona di al-Kassa all'ora di punta. Colpiscono  mentre la gente sta facendo le spese e i genitori stanno andando a prendere i loro figli dalle scuole. Sono rientrato alle ore 13:15 e squilla il telefono e mi dicono che un colpo di mortaio ha colpito il palazzo dove ho la casa mia a Jaramana causando danni alla mia cisterna d'acqua e creando un buco nel soffitto della casa del mio vicino.

    Ma quali sono le fonti di Avvenire???
    Mentre ti scrivo queste parole ho sentito passare sopra di me due colpi di mortaio. Non so dove andranno a finire.  Ma la gente qua è proprio stanca di Jobar e Mileha da dove i ribelli lanciano contro di noi centinaia di colpi. 

    Le scuole a Jaramana sono chiuse per più di una settimana, dopo che erano stati ammazzati 4 bambini, e  pure qua al Kassa le scuole domani chiudono che sono state aperte solamente due giorni (mercoledi e giovedi).

    E la settimana scorsa hanno colpito pure sulla Patriarcale Melkita...

    E allora diciamo:  Fino a quando l'esercito deve rimanere cosi di fronte a quello che fanno i gruppi armati di Jobar? Fino a quando dobbiamo resistere?

     Chiediamo all'esercito siriano di farli finire!

    Samaan



    Siria: Cristiani come animali



     MARCO TOSATTI

    L’arcivescovo metropolitano della Chiesa apostolica ortodossa di  Antiochia Antonio Chedraui Tannous, ha affermato oggi che i cristiani di Siria sono ammazzati come se si trattasse di animali, nel momento in cui la comunità internazionale “si è tappata gli occhi e non vuole sentire”.  
    L’arcivescovo parlava a José Gálvez Krüger direttore dell’Enciclopedia Cattolica, che fa parte del gruppo ACI. E denuncia che “senza dubbio la chiesa ortodossa antiochena vive un martirio interminabile: sequestro dei due arcivescovi e di alcuni sacerdoti, mattanza di sacerdoti e fedeli innocenti che non hanno niente a che edere con ciò che sta accadendo. Persecuzioni, distruzione di chiese, assassini. E la cosa peggiore e più barbare e che si uccidono i cristiani come si ammazzano gli animali, e tutto questo, nel nome di Dio”. E continua il prelato: “Mi chiedo: che cosa ha a vedere questo con la lotta per la democrazia o la libertà in Siria? I criminali, nella loro maggioranza, sono stranieri, che vengono dall’Arabia Saudita, dalla Turchia, dalla Cecenia e da altri Paesi”. Se i ribelli lottassero per la democrazia “sarebbero stati siriani, e non mercenari stranieri”.  
    “Se l’occidente con in testa gli Stati Uniti e altri Paesi come l’Arabia Saudita e la Turchia non fossero intervenuti mandando denaro e armi, non saremmo al punto in cui siamo in Medio Oriente; e le Nazioni Unite, che ricevono ordini dagli Stati Uniti, non si interessano dei diritti umani e ancor meno di quelli dei cristiani in Medio Oriente”. Obama, secondo il vescovo ha sviluppato una politica ancora più aggressiva e peggiore di quella di Bush nella zona.  

    http://www.lastampa.it/Page/Id/2.0.589627549


    Homs : 25 morti tutti civili e 107 feriti per un'autobomba in quartiere abitativo,
    seguita da una seconda quando si era radunata la gente per i soccorsi...


    Armeni siriani di Kessab deportati in territorio turco

    Agenzia Fides 10/4/2014
    Alcuni anziani di Kessab, la città nord-orientale siriana a maggioranza armena assalita nelle scorse settimane da milizie armate anti-Assad, sono stati trasferiti dagli stessi miliziani in territorio turco, senza essere stati informati prima della loro destinazione. É quanto emerge da fonti armene consultate dall'Agenzia Fides.
    Nei giorni scorsi la stampa turca aveva dato risalto alla notizia che almeno 18 armeni fuggiti da Kessab dopo l'assalto dei ribelli avevano trovato asilo in alcuni villaggi turchi come Yayladagı e Vakif. La notizia era stata riportata con enfasi, mentre si avvicina il centenario del genocidio subito dagli armeni nella Turchia ottomana. Le indagini condotte da alcuni media armeni hanno rivelato dettagli eloquenti sul modo in cui è avvenuto il trasferimento degli armeni siriani in territorio turco. Secondo le testimonianze di alcune donne anziane accolte nel villaggio turco di Vakif, gli uomini armati che hanno assalito le loro case parlavano in turco e hanno scelto di trasferire in territorio turco i pochi anziani rimasti a Kessab dopo che la quasi totalità della popolazione armena della città era fuggita verso la zona costiera di Latakia, all'arrivo delle milizia anti-Assad. Il trasferimento forzoso in Turchia è avvenuto in condizioni proibitive per gli anziani armeni, che erano stati tenuti all'oscuro della reale destinazione. 



    Nel 1915 si è consumato uno dei più efferati genocidi dello scorso secolo. In un impero ottomano ormai agonizzante e percorso da ventate di nazionalismo, di cui era interprete l'organizzazione conosciuta come “giovani turchi”, si scatenò la caccia agli esponenti della piccola, ma radicata minoranza armena. Gli Armeni sono cristiani, anzi furono una delle prime nazioni a diventare interamente cristiane, e per questo la loro vita non fu mai facile all'interno di un impero che innalzava la bandiera dell'Islam militante. Ma quello che avvenne nel 1915 superò per orrore ogni precedente persecuzione. Decine di migliaia di persone furono strappate dalle loro case e brutalmente massacrate sul posto o avviate, in lunghe colonne, verso le zone più inospitali dell'Anatolia dove vennero letteralmente lasciate morire di fame e di stenti. I villaggi armeni vennero distrutti e le chiese profanate e trasformate in moschee o locali pubblici. 
    Molti Armeni fuggirono dalla Turchia per non essere vittime dei pogrom e trovarono rifugio e protezione nelle nazioni vicine tra cui Siria e Libano che, pur essendo formalmente parte dell'Impero Ottomano, non solo non si associarono ai massacri, ma anzi nascosero e protessero i fuggitivi. Fu così che in Siria e Libano nacquero grosse comunità armene e sopravvissero quelle più antiche che vi risiedevano già da molti secoli. Una di queste ultime vive (forse  meglio dire viveva fino al 21 marzo di quest'anno) nella piccola città di Kessab al confine tra Siria e Turchia ed a pochi chilometri dall'importante porto siriano di Latakia. Seimila persone, per oltre due terzi Armeni, che abitavano in sei piccole frazioni in una zona montuosa fino a pochi giorni fa risparmiata dalla guerra. IL 21 marzo però dal confine turco sono arrivate gli integralisti islamici dell'ISIL e del fronte Al Nusra che hanno prima bombardato e poi attaccato Kessab, costringendo l'intera popolazione a fuggire ed a cercare rifugio nella vicina Latakia. Fatto assolutamente nuovo, l'esercito turco, che presidia il confine a pochi chilometri da Kessab, non solo ha lasciato passare le bande armate, ma addirittura, secondo molti testimoni oculari, le ha appoggiate con l'artiglieria ed i blindati ed ha lanciato missili contro gli aerei siriani, uno dei quali è stato abbattuto. L'intenzione dei guerriglieri è sicuramente quella di minacciare Latakia per distogliere forze siriane dalla battaglia in corso nel Qalamoun. I Turchi invece sembrano cercare un casus belli per poter attaccare la Siria, come parrebbero confermare le intercettazioni dei discorsi tra esponenti del regime di Erdogan resi pubblici probabilmente da ambienti militari turchi ostili alla linea del premier. Non è sicuramente un caso per che, per dare il via a questa loro nuova linea, i Turchi abbiano scelto di attaccare un villaggio armeno, colpendo così oltre che la Siria, anche i loro tradizionali nemici. Probabilmente Erdogan contava sul fatto che la Russia -impegnata sul fronte ucraino- non si sarebbe esposta più di tanto in difesa dell'alleato siriano. Così ovviamente non è stato perchè immediatamente tre navi russe alla fonda nel porto di Tartous hanno fatto rotta verso quello di Latakia. Una presenza simbolica, ma sufficiente a far capire ad Ankara che la strada intrapresa avrebbe potuto portare a conseguenze pericolose. Vedremo gli sviluppi.