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domenica 2 febbraio 2014

Richiesta di preghiera per la Valle dei Cristiani




A che cosa è servita Ginevra2 ? 
Noi siriani (cristiani compresi) abbiamo avuto una grande speranza in Ginevra2, perchè siamo veramente stanchi. Stanchi di vedere sangue, sentire storie angoscianti, ma purtroppo questa speranza è completamente sparita, quando l’America- e prima che finisse Ginevra2 !!-  ha dato la via libera ad armare i ribelli cosiddetti moderati . * Gli stessi ribelli moderati di cui parla l’America hanno subito accolto la decisione Americana, e le loro basi militari che si trovano al confine siro-libanese sulla fascia nord del Libano (Wady Khaled e Irsal) ( io parlo di vere basi militari , con carri armati, attrezzi per scavare sotto terra, perchè sono ben coperti politicamente dal partito libanese filo saudita Almustakbal) , hanno cominciato a mandare i loro uomini . Ne sono arrivati da tutto il mondo (Egiziani, Libici, Libanesi, tunisini, Sauditi…) ad infiltrarsi nei terreni siriani dalla parte nord-ovest di Homs. Sfruttando il fatto che i villaggi in quella zona di confine sono difficili da controllare (per la struttura del terreno), hanno attaccato un blocco militare che si trova vicino al villaggio del Krac dei Cavalieri (Zara) ed hanno tagliato la testa a 7 soldati dell'esercito regolare, e cosi è scoppiata di nuovo una battaglia in quella zona. Merita dire che quella zona era rimasta tranquilla dopo che vi erano state delle riconciliazioni tra il governo e i ribelli siriani. E io stesso sono testimone di una bella riconciliazione che c'è stata a Talkalakh che era considerata la grande base dei combattenti e che forniva armi ai ribelli Salafiti che si trovano tuttora insediati nel villaggio del Krac. Sono in corso delle battaglie furibonde tra i militari regolari contro i ribelli, una volta avanzano i militari, poi riprendono terreno i ribelli, poi di nuovo i militari, ecc… : ma la popolazione della Valle dei Cristiani è in grave pericolo! I ribelli , oltre ad essere ben armati (carri, missili), appena sono alle strette scappano velocemente in Libano per organizzarsi per poi attaccare di nuovo per il Jihad.    
 Per questo l’esercito regolare si sta preparando a colpire la città di Yabrud (dove c'è l’Emiro Islamico) dove le 12 suore di Maalula sono state portate come ostaggi. Madre Marie Agnes , in una intervista radiofonica, ha dichiarato che i rapitori delle Monache sono entrati in contatto con lei, domandando che a Yaboud sia inviato del pane: Madre Agnese ha compreso che le Suore sono ancora in vita ma che la loro situazione umanitaria è tragica a motivo del protrarsi del loro sequestro.
Allora la mia amara risposta alla domanda sopra detta è:  la Ginevra2 è servita ad armare in modo lecito e chiaro i fanatici ribelli che combattono in Siria, è servita a dare più legna all’inferno siriano, è servita a fare cadere più vittime.
Samaan Daoud
 * vedi: http://www.examiner.com/article/congress-ships-more-weapons-to-syrian-rebels


Perchè a Homs non si raggiunge un accordo umanitario?

HOMS : quel che resta della Chiesa della Santa Cintura

(Zenit.org)  - di   Naman Tarcha | 


Le sorti della città di Homs sono la questione più urgente che la Conferenza di pace "Ginevra 2" sta affrontando in questi giorni. L’inviato dell’Onu, Al Ibrahimi, ha annunciato che, secondo i negoziati in corso, si intende liberare il centro storico dall’assedio. I civili sperano, i ribelli del Fronte Islamico intrappolati si consultano; al governo di Damasco tocca la decisione finale.


La delegazione del vertice siriano ha proposto di evacuare donne e bambini che vogliono uscire volontariamente senza condizioni, mentre per gli uomini è necessaria una lista di nomi per verificare che non ci siano terroristi combattenti tra loro.

Il Sindaco della città di Homs ha raccontato che da mesi sono in atto delle trattative in collaborazione con la Croce Rossa per aprire corridori umanitari ed evacuare i civili, ma i ribelli non permettono ai civili di uscire, e sparano sui convogli umanitari che si avvicinano alla zona.
Cosa succede davvero dentro questa città, assediata e completamente distrutta dai combattimenti? La vecchia Homs come viene chiamata (2300 A.C.) è composta da sette quartieri su una superfice di 16 chilometri quadrati. Si tratta di quartieri residenziali a maggioranza cristiana, circondata da zone ormai divise tra governativi e oppositori. Un giovane di Homs ha dichiarato a ZENIT: “Oggi non è rimasto nulla, il 90% del centro storico è andato completamente distrutto”.
Fino al 2012, la vecchia Homs era l’unica zona lontana dagli scontri armati perché i ribelli non erano ancora riusciti ad entrarvi. Poi il quartiere Bab Amor è stato occupato dai ribelli, sono arrivati i governativi e il quartiere cristiano Hamidye è diventato una zona di guerra. Dopo intensi combattimenti i governativi hanno preso il controllo del 70% della città. Rimangono però zone controllate dai ribelli e i combattimenti non hanno tregua.

Parte della città è invasa da centinaia di combattenti e da jihadisti di tutte le nazionalità. I residenti sono costretti con la forza ad abbandonare le loro abitazioni che vengono occupate o date alle fiamme. I Monasteri vengono distrutti e le Chiese saccheggiate. La sede episcopale della Chiesa Siro Cattolica è stata data alle fiamme, e una delle più antiche chiese in Oriente, dedicata alla Sacra Cintura della Madonna, è stata trasformata in una base dei ribelli.
Uno studente cristiano ha appena accompagnato la sua famiglia in Svezia dove chiederanno asilo. “Non mi è rimasto nessuno a Homs, sono tutti andati via - ha ammesso con tristezza a ZENIT - l’ultima rimasta è mia sorella che è scappata in seguito alle minacce dei ribelli”.

La Coalizione Nazionale dell’Opposizione sostiene che ci sono circa 1500 civili assediati, un gruppo di circa 320 famiglie. I numeri non sono certi, si presume che la maggior parte degli abitanti del quartiere cristiano siano già scappati rifugiandosi nelle zone limitrofe e nei villaggi sulle montagne nella provincia di Homs. La delegazione governativa sostiene di aver raccolto informazioni da funzionari dell’amministrazione locale ancora presenti nella città, da cui risulta che il numero dei civili sia molto più basso, non superando le 200 unità.
La Coalizione insiste per salvare i circa 400 ribelli del Fronte Islamico ancora presenti dentro la città. L’esercito siriano li ha assediati ed ha tagliato a loro tutte le vie di fuga, oltre a bloccare i tunnel scavati sotto terra per le forniture di cibo e il traffico di armi. I pochi civili rimasti sono in gravissime condizioni; i ribelli disperati intendono utilizzarli come scudi umani e come ostaggi, cercando di impedire l’avanzamento dell’esercito siriano.

Una preziosa testimonianza che ci arriva da Homs è quella di padre Franz Van Der Lugt, un gesuita olandese, in Siria dal 1966, psicoterapeuta impegnato nell’assistenza di bambini e adulti con problemi mentali.
Pére Franz, come viene chiamato dai siriani, è l’unico europeo rimasto dentro la città assediata. E’ chiuso nella scuola dei gesuiti a Bustan Al Diwan, insieme a circa 80 persone, una famiglia cristiana e alcune famiglie musulmane. Si è rifiutato di abbandonare i suoi concittadini e di essere evacuato senza avere con sé tutti i civili.
In un arabo perfetto Pére Franz ha lanciato un vigoroso appello: 
“Musulmani e cristiani, stiamo vivendo in condizioni difficili e dolorose, e soffriamo soprattutto la fame. Non accetto che stiamo morendo di fame, che stiamo annegando nel mare della fame, facendoci travolgere dalle onde della morte. Noi amiamo la vita, vogliamo vivere”.

http://www.zenit.org/it/articles/dalla-citta-di-homs-un-appello-amiamo-la-vita-vogliamo-vivere



venerdì 3 gennaio 2014

Mesi di sangue per i cristiani da quando la “rivoluzione” è diventata un jihad per il Califfato. Ma noi non ci faremo rubare la libertà, come dice la Madonna di Soufanieh

Te Deum laudamus per la fede in questo Oriente


Dall’inizio dell’anno 2013 la violenza in Siria ha cominciato a prendere una piega abbastanza brutale. In questo anno abbiamo assistito alla nascita di un altro gruppo armato estremista che usa la religione per giustificare la propria azione: Isil, lo “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”. Così siamo entrati in una nuova ondata di violenza sempre più spietata, perché questi gruppi armati, che hanno una base religiosa wahabita-salafita e radicale, sfruttano la fede musulmana e la usano come un mezzo per creare uno Stato religioso governato secondo la legge islamica.

Ormai questi ribelli non parlano più né di democrazia né di libertà. Per eliminare gli ostacoli all’instaurazione dello Stato islamico, si sono messi a minacciare tutti quelli che non si sottomettono alla loro ideologia. E i cristiani naturalmente fanno parte di questi “infedeli”, perciò hanno dichiarato una guerra contro di loro.


I cristiani del nord e del nord-est del paese hanno vissuto sulla propria pelle l’autentica persecuzione. Alcuni villagi in quelle regioni sono stati completamente svuotati delle comunità cristiane, fuggite per paura di essere massacrate o perché sono state minacciate. Dalle città di Raqqa, Tel Abiad, Der Ezzor e tante altre i cristiani sono scappati in Libano per poi andare in Europa, altri sono sfollati all’interno del paese, verso zone sicure come la costa e Damasco. Ma questi gruppi armati di fanatici si sono resi responsabili anche di massacri tra le comunità cristiane come Maloula, Sadad, nei sobborghi di Latakia.
Per non parlare di Aleppo e di quanta sofferenza vive la nostra Chiesa là. Aleppo era la capitale dei cristiani della Siria, ma purtroppo è stata assediata per più di un anno dal fronte di Al Nusra (affiliato ad Al Qaeda) e dall’Isil, che hanno causato la distruzione di tante chiese e di interi quartieri cristiani.

 Comandano i Fratelli Musulmani
Tutta questa violenza contro i cristiani è dovuta al fatto che i cristiani non si sono schierati a favore di questa cosiddetta “rivoluzione”. E perché non lo hanno fatto? Perché si sono accorti che la cosiddetta rivoluzione è stata subito “mangiata” sia dagli estremisti che dagli Stati le cui istituzioni sono di ispirazione coranica, come l’Arabia Saudita e il Qatar, o da quelli dove comandano i Fratelli Musulmani, come la Tunisia, la Turchia, la Libia, l’Egitto. E non bisogna certo dimenticare che dietro a tutti quanti ci sono i governi americani ed europei, in modo particolare Francia e Inghilterra.

Ormai i combattenti stranieri penetrati in Siria sono veramente tanti e il loro numero è in continuo aumento: si parla di oltre 30 o 40 mila elementi, e tra essi ci sono anche 1.700 jihadisti europei. Allora la nostra guerra in Siria non è più per sostenere Assad o il suo regime, la nostra guerra adesso è per sostenere la Siria, per salvare lo Stato siriano, per salvare la società siriana, per salvare l’uomo.

Ho visto con i miei occhi che razza di disastro si è abbattuto sulla Siria (Maloula, Jobar, Homs, Qusayr). Ovunque passano, questi fanatici lasciano dietro di sé massacri umani (Sadad, Adra). 
Gli ultimi tre mesi di questo 2013 sono stati i più brutti. In questo periodo abbiamo segnalato tanti attacchi contro i cristiani, che sono presi in particolar modo di mira dai gruppi fanatici. 
Colpi di mortaio sulle scuole cristiane a Damasco, più di cinquecento colpi di mortaio contro la zona di Jaramana (a 6 chilometri da Damasco), dove c’è una grossa comunità cristiana.

Ma noi continuiamo a vivere la vera testimonianza di Gesù Cristo.
La Madonna di Soufanieh ci ha detto durante la sua ultima apparizione nel 2004: voi cristiani di Damasco continuate a conservare la vostra fede orientale, e non lasciate che rubino la vostra volontà, la vostra libertà, e la vostra fede in questo Oriente.

Samaan Daoud

http://www.tempi.it/samaan-dalla-siria-te-deum-laudamus-per-la-fede-in-questo-oriente#.UsAj40aA05s

lunedì 16 dicembre 2013

Avvento di sofferenza e speranza in Siria. L'amarezza di Monsignor Haddad e le evidenze di Samaan.

Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: 
Non ci rassegniamo a pensare a un Medio Oriente senza i cristiani. Preghiamo ogni giorno per la pace”.

Mons Jeanbart: "Strage impressionante"


È un Natale macchiato di sangue quello che la comunità cristiana siriana si appresta a vivere.
Le stragi ad Aleppo di ieri, con bombardamenti che hanno provocato decine di morti, e quella ad Adra, nei pressi di Damasco, consegnano alla guerra in Siria una delle sue pagine più sanguinose. 

“Una strage impressionante che macchia la festa del Natale, ormai vicina”,  è il commento, rilasciato al Sir, dell’arcivescovo melchita di Aleppo, mons
ignor Jean-Clement Jeanbart, cui fa seguito lo sconforto del patriarca melkita, Gregorios III Laham,  “per tanta violenza. Non si riesce a comprendere - dichiara al Sir il patriarca - come il mondo resti in silenzio davanti a queste brutalità. Ad Adra sono stati barbaramente uccisi lavoratori, tecnici, gente comune. Una cosa terribile”. 

Tragedie che si aggiungono a quelle dei villaggi cristiani di Maalula, dove sono state rapite le monache del monastero di santa Tecla, e di Kanayé, nel Governatorato di Idlib, invaso da miliziani islamisti che terrorizzano la popolazione, minacciano di fare una strage e hanno imposto la legge islamica.

All'inizio dell'anno i "moderati" ribelli islamici  dell'Esercito Siriano Libero erano penetrati in Kanayè decapitando la statua mariana nella piazza della città. Ora Kanayè (Qunaya) è passata nelle mani di un gruppo ancora più aggressivo di estremisti affiliati ad al-Qaeda.


“Il mondo non vede la sofferenza di tutto il popolo siriano e non capisco come si possa ancora armare gruppi e bande crudeli. Fino a quando il mondo resterà in silenzio?”. 

Intanto per lenire le sofferenze della popolazione la Chiesa siriana sta cercando di promuovere delle azioni solidali insieme alla Caritas e Acs, Aiuto alla Chiesa che soffre, anche in vista del Natale. “Vogliamo fare un piccolo dono per tutte quelle famiglie, e sono tante, che hanno avuto vittime per la guerra al loro interno. Inoltre stiamo pensando a un regalo natalizio per tremila bambini bisognosi”. 
Per domani è prevista una riunione di “tutti i patriarchi e capi delle Chiese cristiane per pregare per la pace e prepararci al Natale”. Alla vigilia di Natale e il 25 dicembre sono previste Messe in tutte le chiese ma, avverte Gregorios III Laham, “in orari diurni per evitare problemi di sicurezza ai nostri fedeli”.  

http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/12/00276791_siria_mons_jeanbart_aleppo_strage_impress.html


C'E'  CHI NON VUOLE LA PRESENZA DEI CRISTIANI IN SIRIA



”Purtroppo anche in questo tempo di Avvento la guerra nella nostra Siria continua. Ma voglio ribadire che questo conflitto non nasce dall’interno, ma per colpa di chi, dall’esterno, con l’aiuto del terrorismo, ha voluto creare una ‘pseudo-primavera araba” per distruggere in realtà un Paese da sempre simbolo della convivenza tra religioni diverse che evidentemente dà fastidio a qualcuno”.

 La riflessione amara è di mons. Mtanios Haddad, siriano, archimandrita melchita e rettore della Basilica romana di Santa Maria in Cosmedin.
 “Tre mesi fa – racconta padre Haddad – ero in piazza San Pietro a pregare e digiunare per rispondere all’appello di pace per la Siria di Papa Francesco. 
Ma, purtroppo, la ‘guerra degli interessi’, la guerra di coloro che vogliono vendere armi o liberarsi dei terroristi fanatici mandandoli in Siria, continua. Il vero scopo è creare uno stato islamista ma il popolo siriano resta unito e non lo vuole”. “Sono tredici secoli che cristiani e musulmani vivono insieme in Siria. Ci sono stati alti e bassi, ma abbiamo sempre creduto nella possibilità di convivere. Addirittura i musulmani del villaggio dove sono nato, vicino a Maalula, che sono la maggioranza, hanno pregato noi cristiani di restare per dare esempio di convivenza. Il fanatismo islamico invece mette in pericolo la presenza dei cristiani in Siria ”.

“Speriamo che alla Conferenza di Ginevra-2 - chiude p. Haddad – si prendano in considerazione soprattutto il popolo siriano e la sua volontà di ricostruire un Paese caratterizzato da convivenza e fratellanza pacifica”. P. Haddad ci racconta che venerdì 13 dicembre ha riunito a Santa Maria in Cosmedin otto cori dei collegi pontifici orientali di Roma, per cantare insieme per la pace in Medio Oriente e in particolare in Siria. 
“Abbiamo chiuso la celebrazione con le parole del messaggio del nostro Patriarca melchita, Gregorio III Laham: no alle armi, no alla violenza, no alla guerra. Sì alla pace, alla riconciliazione e al dialogo, unica condizione per continuare il cammino di convivenza in tutto il mondo”. 



Un appello a parlare davvero il linguaggio della fraternità, invocato dal Papa nel suo Messaggio per la giornata della pace, arriva anche da Samaan Daoud, cittadino cristiano di Damasco.

 “Non ci bastano questi due anni e 9 mesi di guerre e sangue versato in questo Paese? Non c’è altra soluzione se non il dialogo! Bisogna creare ponti, insistere sulle cose che ci uniscono, non su quelle che ci dividono, per ricostruire la Siria. Chi va a Ginevra-2 deve sapere che il bene da preservare è il bene dello Stato della Siria. Uno Stato che deve essere democratico, riconoscere tutte le confessioni e la libertà religiosa”.

Daoud commenta anche la vicenda delle otto suore ortodosse rapite il 2 dicembre a Maalula. “Le ho incontrate a settembre nel loro monastero e mi avevano detto che volevano rimanere lì, nonostante la guerra, per pregare per la pace. Per cui mi stupisco quando qualcuno dice che sono andate via volontariamente e che ora sono ‘ospiti’ di qualcuno. Mi pare una grande bugia”.
 “Nonostante tutto, mentre vediamo che il conflitto si fa sempre più settario e la violenza integralista non si ferma - conclude Samaan Daoud – noi cristiani siriani viviamo questo tempo di Avvento mantenendo la speranza che domani, un giorno non lontano, tornerà la pace. Ci prepariamo a ricevere Gesù Bambino che dovrebbe nascere nel cuore di ognuno”. 
(a cura di Fabio Colagrande)


Mons. Haddad: “La Siria? Una guerra importata”


da Vatican Insider 13-12-13
Marco Tosatti

Proprio nel momento in cui Stati Uniti e Gran Bretagna decidono di sospendere gli aiuti finanziari e di altro genere elargiti alle milizie fondamentaliste islamiche che combattevano una guerra religiosa contro il governo di Damasco e le minoranze (cristiane, alauita, sunnita, drusa e sciita),  la rivista delle Missioni della Consolata dedica spazio a un’intervista a mons. Mtianos Haddad, rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin. Santa Maria in Cosmedin è la basilica, vicina al Circo Massimo e al Teatro di Marcello, che ospita nel suo atrio esterno la famosissima “Bocca della verità”, il mascherone rotondo dove i turisti infilano la mano; leggenda vuole  che se sei  un bugiardo, la pietra si chiuda. E il prelato siriano assicura di dire la verità.

Parla della Siria, mons. Haddad; e come altri esponenti delle comunità cristiane (fino a oggi in Siria convivevano 7 etnie e 17 fedi religiose diverse) dipinge un quadro ben diverso da quello offerto dalla grande maggioranza dei media occidentali, per non parlare di televisioni come Al Jazeera e le organizzazioni di “attivisti” anti-Damasco. Da quest’intervista esce un quadro molto diverso da quello dipinto dalla maggior parte dei media internazionali. Mons Haddad è siriano, archimandrita della Chiesa cattolica greco-melchita.

“La Siria è una culla della cristianità – ha detto mons. Haddad alla rivista - . I cristiani e gli ebrei sono lì da ben prima dell’islam. Dopo 600 anni sono arrivati anche i musulmani. Un mosaico religioso, ben vissuto e ben accettato, che è diventato una ricchezza. Prima di questi ultimi 32 mesi, “maledetti” (mi scuso del termine, ma è così), la Siria era un esempio della convivenza e convivialità tra cristiani (cattolici, ortodossi, protestanti), musulmani e comunità ebraiche. Come prova di quanto affermo, ricordo che, da tanti anni, il governo ha cancellato la voce “religione” dalla carta d’identità, cosa impensabile negli altri paesi arabi. Così, al momento di iscriversi all’Università, nessuno ti chiederà quale sia la tua fede. Ma c’è di più. Nelle scuole pubbliche, che sono gratuite, pure le differenze sociali tra ricchi e poveri sono state azzerate introducendo per ogni studente la stessa uniforme. Anche in questo modo il governo ha aiutato tutti noi a essere semplicemente cittadini siriani. Io sono orgoglioso di essere siriano».

Secondo il prelato siriano, quella siriana è una guerra importata...”Per abbattere il governo sono arrivati in Siria combattenti jihadisti da 17 paesi! Si parla di 80-100 mila uomini armati stranieri nel paese. Sono mercenari, jihadisti per vocazione o fanatici. Un esempio. Sono arrivati nella bellissima Aleppo, città di cultura e commerci, e si sono impossessati di un quartiere. Ebbene, questi personaggi hanno imposto la sharia nella zona conquistata. Hanno usato le persone come scudi umani, hanno ucciso bambini davanti ai familiari”. Haddad ricorda l’attacco a Maalula, una piccola città cristiana, uno dei pochi luoghi al mondo in cui si parli ancora l’aramaico. E dove i fondamentalisti islamici  hanno rapito un gruppo di suore ortodosse, della cui sorte non si sa nulla.

Secondo Haddad “la quasi totalità dei combattenti non sono siriani. Poi ci sono alcune persone che hanno lasciato la Siria perché avevano problemi con il governo”, fuori dal Paese da oltre 20 anni. I loro figli neppure sanno dove sia la Siria! “Io rispetto l’opposizione siriana che dialoga con il governo per cambiare le cose, ma non quella che chiede l’intervento di eserciti stranieri per colpire il paese. Questo è un tradimento. Questi personaggi (che spesso vivono in hotel a 5 stelle) non mi rappresentano. Adesso sono stati chiamati a partecipare alla conferenza di ‘Ginevra 2’, ma non ci vogliono andare perché pretendono di imporre le loro condizioni. Il governo al contrario non ne ha poste. A Obama hanno dato il premio Nobel della pace prima che facesse qualcosa. Vediamo se adesso saprà meritarselo”.

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/siria-syria-siria-30600/

venerdì 6 dicembre 2013

Monache di Maaloula: perchè colpire la presenza di religiose inermi?

Le Monache di Santa Tecla in "confortevole ospitalità" ....


Siria: brigate ribelli Qalamoon rivendicano rapimento 12 suore Maalula
Beirut, 6 dic. - (Adnkronos/Aki) - Un gruppo ribelle siriano che si fa chiamare Brigate Qalamoun Libero ha rivendicato il rapimento delle 12 suore prelevate lunedi' scorso dal villaggio cristiano di Maalula. Al quotidiano pan-arabo Asharq al-Awsat, il portavoce del gruppo, Mohannad Abu al-Fidaa, ha detto che "le suore sono in un luogo sicuro, ma non saranno rilasciate finche' non saranno accolte alcune richieste, prima tra tutte il rilascio di mille donne siriane rinchiuse nelle prigioni del paese".






Le prime immagini delle Monache "ospiti " dei miliziani ribelli nell'intervista realizzata dalla TV  'al Jazeera' 

Perchè proprio il canale al Jazeera trasmette questa intervista con le suore rapite?
Perchè in essa le suore dicono che non sono state rapite, ma sono ospiti, e vengono trattate bene? perchè dicono che loro hanno voluto andare via?
secondo voi le suore non sono costrette a dire tutto questo, sapendo che a nessun costo loro non hanno mai voluto lasciare il monastero? E  perchè questi armati hanno portato le suore a Yabrud? cosa vuole dire ospiti? Se fossero ospiti perchè allora chiedono al governo siriano di liberare 1000 donne che si trovano nelle prigioni del regime? l'ospite non ha il diritto di andare quando vuole? 
Perchè le suore non indossano la croce nell'incontro, forse perchè i ribelli non sopportano vedere la croce? insomma che intervista falsa é questa? 
Perchè i ribelli usano i nostri religiosi in questa guerra? che colpa hanno fatto i religiosi cristiani, forse perchè chiamano alla pace, riconciliazione, amore, perdono, e dialogo, che sono parole non vanno bene per lo scopo che i ribelli fanatici sono venuti a realizzare.
 Non e' giusto rapire  suore che non hanno niente in questa faccenda, per chiedere riscatto di qualsiasi tipo. E non sappiamo quali donne stanno chiedendo in cambio, ci sono pure delle donne che hanno usato mortai contro la nostra zona cristiana, ci sono pure donne che portano armi e combattono contro il popolo siriano.
Ora che capisca il mondo, soprattutto l'occidente, che in Siria c'è una vera guerra contro il terrorismo e contro il fanatismo.
Ora che capisca il mondo quali Paesi aiutano e finanziano questi fanatici Waaabiti, Salafiti, e Qaidisti!
 
Samaan Daoud 

Terroristi e jihadisti stranieri stanno cercando di distruggere lo Stato siriano con la violenza. 

La testimonianza di una parlamentare siriana



Radio Vaticana, 8 dicembre 2013 
( a cura di Luca Collodi) 

  ascolta l' intervista audio :


La guerra dipinta dalla maggior parte dei media occidentali come uno scontro tra il popolo siriano e il governo non esiste. Non è così, non sta succedendo niente di tutto ciò". A parlare è Maria Saadeh, architetto, deputata cristiana del Parlamento siriano eletta come indipendente nel Parlamento siriano nel 2012. 
"Sono venuta in Italia per spiegare che in Siria è in atto una guerra contro lo Stato, non contro il governo. Per distruggerlo, paesi stranieri fomentano il conflitto sociale, etnico e religioso". 
"Bisogna capire che lo Stato siriano e il regime sono due cose diverse. Non essere d’accordo con il regime non significa smettere di sostenere lo Stato. Lo Stato siriano infatti garantisce l’esistenza e la sicurezza della società, dei cristiani, dei musulmani, del popolo. Se lo Stato viene distrutto, tutto piomberà nel caos. La comunità internazionale deve rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a scegliere da chi vogliamo essere rappresentati come popolo siriano. Non vogliamo interventi stranieri". 
"Perché quello che sta succedendo ora in Siria è pilotato da Stati come Qatar, Arabia Saudita e Turchia che inviano nel nostro paese uomini, armi e soldi con cui finanziano terroristi che imbracciano la religione come arma politica". 
"I ribelli per la prima volta hanno cominciato ad attaccare le scuole, soprattutto quelle dei quartieri cristiani. Io non so perché lo fanno ma noi chiediamo alla comunità internazionale, all’Onu e al mondo di tenere la guerra lontana dai nostri bambini. Lo Stato oggi ci protegge anche da questo". 
"Se i cristiani sono attaccati è perché i terroristi vogliono sgretolare il tessuto connettivo della società siriana e distruggere lo Stato, non il governo. I cristiani sono sempre stati protetti dallo Stato. La Siria non solo è l’unico paese della regione che rispetta i cristiani, ma li considera anche la base della società e della sua storia e non permetterà che se ne vadano via. Per proteggere la società, e quindi garantire l’esistenza di noi cristiani, ora abbiamo bisogno di fermare i terroristi". 

Fermare il massacro  di Maalula  priorità internazionale


Messo a ferro e fuoco dai terroristi islamici il villaggio dove sono state rapite le religiose greco ortodosse del monastero di Santa Tecla.

Maria Saadeh, deputata cristiana di Damasco: "Le forze internazionali prima devono fermare le violenze terroristiche. Al resto penserà il popolo siriano".
 E ancora: "Il rispetto della sovranità siriana è la linea rossa oltre cui non si può andare"


“Maalula è un patrimonio e un simbolo mondiale della cristianità. È l’unico posto al mondo dove si parla l’aramaico, la lingua di Gesù. La città è stata messa a ferro e fuoco e 160 abitazioni completamente distrutte dai terroristi islamici che hanno rapito alcune monache. È in atto un vero massacro. Tutto il popolo siriano leva oggi la sua voce per chiedere di salvare questo patrimonio mondiale e di essere liberato dai terroristi”. 
Le prime parole di Maria Saadeh, trentanove anni, deputata cristiana di Damasco, sono tutte per il villaggio cristiano di Maalula, a 60 chilometri a nord della capitale e per il dramma delle religiose greco-ortodosse del monastero di Santa Tecla. Per loro Papa Francesco ha chiesto la preghiera delle migliaia di persone che ieri hanno partecipato all’udienza del mercoledì. 
Eletta lo scorso anno come indipendente al Parlamento, Saadeh spiega al Sir la sua “terza via” per uscire dalla guerra che ha provocato oltre 100mila morti e milioni tra sfollati e rifugiati. Si tratta, cioè, di superare lo schema della politica internazionale che non lascia alternative: o l’appoggio incondizionato ai ribelli o la delegittimazione di Bashar al Assad. Per la deputata cristiana è giunto il momento del dialogo, a patto che la comunità internazionale riesca a ottenere un cessate-il-fuoco tra le parti.



Il Nunzio Zenari: LA GENTE NON VUOLE QUESTA GUERRA 


D. - In questo momento un po’ tutte le Chiese della regione si sono espresse sulla vicenda delle suore. In generale qual è la speranza della Chiesa per il futuro della Siria?

R. - Il fatto che queste monache siano state obbligate con la forza, con le armi in pugno, ad uscire dal monastero, nel quale avevano deciso di rimanere per dare una testimonianza in questo antico villaggio cristiano, che è una perla per tutti i siriani e non solo per i cristiani, naturalmente è stato appreso con tanta tristezza. Se questo poi si mette anche nel contesto di certi altri gesti compiuti nelle ultime settimane, in cui sembra che i cristiani siano stati presi particolarmente di mira da certi gruppi estremisti, fa aumentare ancora l’inquietudine e il dolore e non solo per la comunità cristiana: da quello che vedo, c’è una forte reazione da parte di tutti i siriani, a qualsiasi religione e a qualsiasi credo appartengano, e da parte delle autorità. I siriani non pensavano che questo conflitto potesse arrivare a questo punto. Devo anche precisare che in Siria c’è sempre stata una coabitazione esemplare fra le diverse fedi, i diversi credi. Generalmente, da quello che si sa, sono elementi esterni alla Siria quelli che compiono gesti di profanazione di luoghi sacri, di chiese…

D. - Questa reazione così forte anche dei siriani che significato ha?

R. - Direi che questa guerra non la vuole - io credo - nessuno in Siria. Almeno così come è andata via via mostrandosi. Perché i siriani sono per una nuova Siria, più democratica, più rispettosa delle libertà fondamentali e dei diritti umani e non per una Siria che alcuni gruppi estremisti vorrebbero proporre. Direi che fa presa vedere questa reazione, di persone che dicono: da questa strada, con questi metodi non si va nessuna parte.

Testo proveniente dalla pagina

http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/05/monache_rapite_in_siria,_mons._zenari:_tristezza_in_tutti,_la_gente/it1-752987  

mercoledì 27 novembre 2013

11.000 bambini sono stati uccisi in quasi tre anni di conflitto in Siria: testimonianze

Sono oltre 11 mila i bambini morti in Siria dall'inizio del conflitto, spesso uccisi da bombe, ma anche finiti nel mirino di cecchini e a volte torturati. L'allarmante dato arriva da un rapporto dell'Oxford Research di Londra, anticipato da alcuni media, che cita anche "esecuzioni sommarie": delle 11.420 vittime sotto i 17 anni, 2.223 sono morti nella zona di Aleppo; 389 sono stati uccisi da un cecchino, 764 "sommariamente giustiziati, e più di 100 sono stati "torturati", sottolinea il rapporto.  ansamed.ansa.it


Maria Saadeh: 

" Tenete la guerra lontana dai nostri bambini!"



«Se i ribelli avessero a cuore il popolo siriano, non permetterebbero ai terroristi di massacrarlo»

Tempi, 27 novembre 2013 
intervista di Leone Grotti


Maria Saadeh è architetto e deputata cristiana del Parlamento siriano eletta nel 2012 tra le fila di una lista indipendente e non all’interno del partito Baath del regime di Bashar Al Assad. Non ha mai risparmiato critiche al governo, affermando più volte che «fa acqua da tutte le parti», e anche davanti alla prospettiva di un cambio di regime si è preoccupata soprattutto che «venga preservata la natura laica della Repubblica siriana». In questi giorni però Saadeh è in Italia per «dare voce al mio popolo» e testimoniare che «quello che succede in Siria non è quello che raccontano i vostri media: i terroristi e i jihadisti stranieri stanno cercando di distruggere lo Stato siriano con la violenza». 

La guerra viene dipinta dalla maggior parte dei media occidentali come uno scontro tra il popolo siriano e il governo.  Non è così, non sta succedendo niente di tutto ciò. Io sono venuta in Italia per spiegare che in Siria è in atto una guerra contro lo Stato, non contro il governo. Per distruggerlo, paesi stranieri fomentano il conflitto sociale, etnico e religioso.

L’obiettivo dei ribelli non è cacciare Assad?  Bisogna capire che lo Stato siriano e il regime sono due cose diverse. Non essere d’accordo con il regime non significa smettere di sostenere lo Stato. Lo Stato siriano infatti garantisce l’esistenza e la sicurezza della società, dei cristiani, dei musulmani, del popolo. Se lo Stato viene distrutto, tutto piomberà nel caos. La comunità internazionale deve rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a scegliere da chi vogliamo essere rappresentati come popolo siriano. Non vogliamo interventi stranieri.

Perché parla di «interventi stranieri»?  Perché quello che sta succedendo ora in Siria è pilotato da Stati come Arabia Saudita, Qatar e Turchia che inviano nel nostro paese uomini, armi e soldi con cui finanziano jihadisti, terroristi e salafiti che imbracciano la religione come arma politica. A uccidere i civili e bombardare le nostre città non sono siriani ma soprattutto jihadisti stranieri. Nell’ultimo mese poi si è verificato un fenomeno inquietante.

Quale?  I ribelli per la prima volta hanno cominciato ad attaccare le scuole, soprattutto quelle dei quartieri cristiani. Io non so perché lo fanno ma noi chiediamo alla comunità internazionale, all’Onu e al mondo di tenere la guerra lontana dai nostri bambini. Lo Stato oggi ci protegge anche da questo. Io chiedo: se cade, piomberemo nel caos e che cosa succederà allora? I terroristi potranno liberamente attaccare tutti i civili.

coalizione-nazionale-siriana-ribelli

Il 22 gennaio dovrebbe cominciare la Conferenza di pace “Ginevra 2“. Che cosa vi aspettate?  Prima di tutto bisogna chiedersi qual è lo scopo. Se quello che vogliamo è fermare la guerra e porre fine alle violenze dei gruppi armati, perché i siriani vogliono questo oggi e non un cambio di governo, allora domandiamoci: chi deve sedersi al tavolo delle trattative? Chi è che controlla i gruppi armati, i terroristi, i jihadisti, i salafiti? Chi può fermarli?

L’opposizione rappresentata dalla Coalizione nazionale siriana?  Mi permetta di parlare liberamente: la guerra non finirà se l’Arabia Saudita non smette di inviare sul nostro territorio armi, soldi e guerriglieri. Per quanto riguarda il Cnr, è evidente a tutti che non fanno niente per il popolo siriano. Che cos’hanno mai fatto in questi anni? Stanno in paesi stranieri, vivono in hotel a cinque stelle, hanno i loro interessi e non si stanno muovendo per fermare la guerra. Se avessero a cuore il popolo, non permetterebbero che venisse massacrato. La verità è che non hanno alcun controllo dei gruppi armati in Siria, tantomeno vogliono la pace.

Lei è cristiana, qual è la vostra situazione?  Se i cristiani vengono attaccati è perché i terroristi vogliono sgretolare il tessuto connettivo della società siriana e distruggere lo Stato, non il governo. I cristiani sono sempre stati protetti dallo Stato. La Siria non solo è l’unico paese della regione che rispetta i cristiani, ma li considera anche la sua storia, la base della società e non permetterà che se ne vadano via. Per proteggere la società, e quindi garantire l’esistenza di noi cristiani, ora abbiamo bisogno di fermare i terroristi.

Come si può riconciliare la società?  Perché avvenga la riconciliazione del popolo, perché sia instaurato un clima di dialogo e di rispetto reciproco, per prima cosa abbiamo bisogno della stabilità. E per ottenerla c’è bisogno di collaborazione a livello internazionale.

Cosa chiede al governo italiano?  Il vostro governo deve capire che la nostra sovranità va rispettata. Voi siete sempre stati amici dei siriani, le relazioni tra i nostri due paesi sono ottime da sempre. È necessario che a livello istituzionale venga ristabilita la relazione tra i nostri due popoli. Serve dialogo.

http://www.tempi.it/se-i-ribelli-avessero-a-cuore-il-popolo-siriano-non-permetterebbero-ai-terroristi-di-massacrarlo#.UpXGx9LuI_o


"Dalle colline i ribelli bombardano ogni giorno le nostre scuole e chiese"



   Intervista a  Samaan Daoud

Dalle colline vicine i ribelli siriani lanciano ogni giorno i mortai sulle scuole e sulle chiese del quartiere cristiano di Damasco, chiamato Kassa. Samaan Douad, un cattolico che ha studiato in Italia e che vive nella Capitale siriana insieme alla famiglia, racconta che l’altro giorno una bomba è esplosa a quattro metri da uno dei suoi figli che stava uscendo dalla lezione. Douad, in questi giorni in Italia dove ha incontrato diverse personalità politiche e culturali, alla fine di questa breve “vacanza” ritornerà in Siria. Insieme alla parlamentare cristiana Maria Saadeh sta lavorando con cristiani e musulmani per ricostruire una possibilità di dialogo nel Paese sconvolto dalla guerra e prepararsi alle elezioni presidenziali del 2014.

Qual è la situazione nel quartiere di Kassaa?
Viviamo in una situazione di grande terrore legata al tiro di colpi di mortaio. Una settimana fa un ordigno ha colpito la piazza del quartiere, all’ora dell’uscita delle scuole. La bomba ha colpito a soli quattro metri dal punto in cui si trovava mio figlio. L’altro ieri una pioggia di colpi di mortaio ha raggiunto tre scuole, e mio figlio stava accanto a una di queste due scuole, quella di San Giovanni Damasceno. Tutti i bambini si sono dovuti nascondere nel seminterrato per salvarsi la vita.

In che modo i cristiani vivono questa fase del conflitto?
I cristiani stanno vivendo un momento molto difficile e in tanti stanno cercando di fuggire in Europa. C’è un piano programmatico per cacciare i cristiani dalla Siria. Hollande di recente ha parlato della sua preoccupazione verso i cristiani, ma la Francia dovrebbe impegnarsi in prima persona per calmare i fanatici tra le fila dei ribelli. I colpi di mortaio contro il quartiere cristiano arrivano infatti dalla zona periferica di Damasco dove sono accampati gli stessi ribelli.

Quali sono le sofferenze cui sono sottoposti i civili a Damasco?
Nella capitale non si vivono le stesse sofferenze che si registrano in altre città siriane, ma c’è comunque una situazione sempre instabile. Nel quartiere dove abitavo fino a pochi mesi fa, Jaramana, si sono verificati 18 attentati con autobombe e 2.600 colpi di mortaio. Ho visto con i miei occhi le sparatorie dei ribelli nella zona vicina all’aeroporto.

Chi c’è dietro al piano per cacciare i cristiani dalla Siria?
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda, sono solito rispondere che Gesù Cristo non ci ha insegnato la Guerra Santa. Nel Cristianesimo non c’è la cultura della Jihad, e in quanto cristiani non portiamo le armi né andiamo a combattere e aiutare un cristiano che ha bisogno. Questa cultura esiste invece nella teologia e nella cultura degli islamisti che si danno da fare per difendere un altro musulmano che vive in Serbia, in Pakistan, in Afghanistan o magari in Siria. Chi paga il conto di queste guerre assurde e di questo odio verso l’altro sono quindi i cristiani. Il cristiano è un uomo che non è nato per la Guerra Santa bensì per l’amore, come ci ha insegnato Cristo.

Lei sta collaborando con la parlamentare cristiana Maria Saadeh. Qual è il vostro progetto?
Maria Saadeh ha formato un gruppo di giovani, cristiani e musulmani, insieme ai quali cerchiamo di fondare una cultura del dialogo e dell’amore che si contrappone a quella della violenza. Accettiamo l’altro a prescindere dalla setta dalla quale proviene o dalla religione cui appartiene. Il nostro motto è “Crediamo, vogliamo, possiamo”. Se vogliamo una cosa e crediamo in essa, riusciremo a farla. Insieme a un gruppo di giovani laici, cerchiamo di creare una base di dialogo per il futuro del Paese.

Maria Saadeh è con o contro Assad?
Maria Saadeh sta dalla parte della Siria, e in questo momento Assad è il presidente e rappresenta il Paese. Nel 2014 ci saranno le elezioni presidenziali e si deciderà se Assad debba continuare a restare al potere o meno. La scelta spetterà al popolo, e noi non permetteremo a nessuno di imporci un presidente che non è voluto dai cittadini. E’ ciascun siriano con il suo voto che stabilirà chi deve essere il presidente della Repubblica. Ne va della nostra indipendenza.



da: Il Sussidiario ,  giovedì 14 novembre 2013

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2013/11/14/DIARIO-SIRIA-Dalle-colline-i-ribelli-bombardano-ogni-giorno-le-nostre-scuole-e-chiese-/443836/

Dal blog di Hana: a scuola sotto le bombe

Hana è una donna cristiana che vive a Damasco con suo marito. La coppia ha due bimbe piccole. Lavora in una scuola. Ci racconta com’è la vita nel mezzo del caos della guerra civile.



La situazione è in continuo peggioramento e la guerra pesa sempre di più. È stata una settimana terribile per le scuole che si trovano nell’area cristiana del paese. Lunedì era circa mezzogiorno quando mio marito ed io siamo usciti dalla scuola per tornare a casa. Si udivano più spari del solito. Mentre stavamo percorrendo la via di ritorno, in lontananza, abbiamo visto una folla che si dirigeva verso di noi. Quando siamo stati abbastanza vicini abbiamo capito che era composta da padri e madri che, piangendo, stavano correndo verso le scuole dei loro figli. Ho capito che qualche colpo di mortaio era caduto su una delle scuole cristiane. Io e mio marito siamo corsi verso casa perché non ci sentivamo al sicuro.
Ieri sono dovuta tornare nuovamente a scuola, ma i colpi di mortaio erano più vicini. I genitori ci telefonavano in preda al panico per sapere se i loro figli stavano bene. Quindi ho deciso di portare tutti i bambini nei locali della chiesa. Così tutta la scuola ha iniziato a pregare. Ai bambini piace molto una canzone speciale che parla della protezione divina su tutta la Siria. Abbiamo cantato soprattutto quella. Erano tutti sulle loro ginocchia e qualcuno ha iniziato a piangere. Mi sono accorta che la canzone li rendeva più sereni, meno ansiosi. La sera mi ha chiamato una delle madri dei bambini: non si trattava di una persona particolarmente religiosa, ma ha visto i suoi bambini pregare e ciò ha avuto su di lei un grande impatto. Mi ha confessato che sembrava che i suoi figli non volessero smettere di pregare e che questo ha trasmesso in casa qualcosa di molto speciale, una vera pace. Lei stessa aveva dunque constatato come la preghiera avesse cambiato i suoi figli.
Oggi è stata una giornata orribile. Diverse scuole sono state attaccate e alcuni bambini sono morti. La nostra scuola non ha subito attacchi, ma non potevamo, per questo motivo, vivere la giornata come un giorno qualsiasi. Quindi, invece di svolgere le nostre lezioni, abbiamo pregato. Un’ ex alunna, che ora va in un'altra scuola perché è più grande, è venuta a parlare ai bambini di ciò che è accaduto nella sua scuola. Un colpo di mortaio è caduto nella sua classe, ma non è esploso: “Questo perché stavamo pregando”, ha detto. Dopo aver pregato insieme abbiamo rimandato i bambini alle loro case e abbiamo detto loro di non venire a scuola per qualche giorno. Non sappiamo ciò che accadrà domani.

La vita quotidiana è particolarmente dura, ma ci sentiamo lo stesso benedetti perché Dio ci sta proteggendo e ci sta donando quello di cui abbiamo bisogno. Le persone che pregano per me sono sempre nella mia mente.  Quando mi sento scoraggiata, Dio mi mostra che non devo portare questo peso da sola, ma che posso condividerlo con le persone sparse in tutto il mondo che intercedono per me. Non sono sola. Quindi, per favore, continuate a pregare  per noi… abbiamo disperatamente bisogno delle vostre preghiere.

http://www.porteaperteitalia.org/persecuzione/notizie/2013/2803672/2830410/

lunedì 18 novembre 2013

Qui Damasco: anche oggi il dolore ci ha visitato



Carissimi,


oggi e' una giornata molto brutta.
Da quando sono rientrato in patria, la tragedia sulla zona Cristiana di Damasco continua, ed i colpi di mortaio non hanno pietà di nessuno.    

Da quando e’ stato colpito il bus della scuola una settimana fa causando la morte di 5 bambini e ferimento di altri 20, le mamme dei ragazzi delle scuole hanno deciso che non mandano più i loro figli a scuola.

I colpi di mortaio arrivano tutti i giorni, al mattino presto all’ora dell'entrata in scuola ed al pomeriggio all’ora di uscire.

In questa settimana la zona nostra (Kassa-Bab Tuma) ha avuto più di 50 colpi di mortaio. Solo oggi sono arrivati più di 15 colpi.

Dove colpiscono? Colpiscono soprattutto i luoghi di raduno (piazze – scuole – fermate di bus- mercato- chiese).

Lynn, una delle maestre vittime di oggi
Stamattina e’ morto un mio caro vicino della casa dove sono nato. Siamo stati vicini di casa per più di 20 anni. Lui stava andando a scuola perchè fa l’insegnante ed il colpo del mortaio ha colpito la sua macchina causando la sua morte e ferendo altri due insegnanti che erano dentro la macchina con lui, e non si sa ancora se vivranno o no. 

Mentre stavo scrivendo queste parole sono stati colpiti altri due bus della scuola che portavano gli insegnanti, e non sappiamo quanti sono i feriti o i morti.

Noi non mandiamo i nostri figli a scuola, ma gli insegnanti devono andarci.    


Ieri la deputata Maria Saadeh ha parlato nel parlamento siriano dicendo:

“ Perche gli studenti delle scuole sono diventati un obiettivo?

Come facciamo a proteggere i nostri figli?

Noi stiamo affrontando una grande guerra e vivere come martiri fa parte del nostro destino e del nostro dovere. Ma quando la Guerra tocca i nostri figli nelle loro scuole ed in modo ben studiato, questo va oltre le leggi delle guerre, questo si chiama Crimine contro l’umanita’, e tutti devono assumere la responsabilita’ sia all’interno del paese che all’esterno. 
Percio’ chiedo a tutti voi parlamentari di scrivere una lettera e mandarla a tutti i parlamentari di tutto il mondo ed agli organi internazionali. In questa lettera chiediamo loro di muoversi e di assumere le loro responsabilita’ davanti a quello che si sta succedendo ai nostri figli.

Perchè i bambini fanno parte sia della nostra responsabilita’ che di quelli che si  occupano dei diritti dei minori…”


Ormai noi siriani  cristiani sappiamo benissimo che siamo nel mirino di questi fanatici Whaabiti aiutati dai paesi di Qatar e Arabia Saudita e Turchia. 
Ma l’Europa sa questo? La chiesa cattolica lo sa?
 Sanno che Saydnaia è in questi giorni sotto l’attacco dei gruppi fanatici? 
Sanno che Aleppo sta soffrendo la totale mancanza dei viveri (acqua-luce-benzina-cibo…)? Sanno che il fanatismo sta arrivando a casa loro?



La domanda che faccio a voi in Italia è questa:

Perchè la Rai non ha parlato e non parla degli scolari  che ogni giorno stanno morendo per colpa di mortai?… ha parlato di una manifestazione a Milano fatta ieri per il compleanno di padre Paolo ma niente dei bambini che muoiono in Siria: loro non hanno nessun valore?   

Basta sangue...

Ricordatevi di noi, 

Samaan 

Damasco, 18 novembre 2013

giovedì 7 novembre 2013

Samaan, in Italia per dare un contributo alla pace


Una guida turistica per la guerra siriana 


Piccole Note - 6 novembre 2013

Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore:
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore:
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore: fonti russe hanno fatto filtrare la notizia che l’attesa conferenza di Pace per la Siria, che doveva tenersi nel mese di novembre a Ginevra, sarebbe stata procrastinata a data da destinarsi.
Un colpo di mortaio ha centrato la nunziatura vaticana a Damasco. Gli organi ufficiali del governo parlano di attacco mirato, ma monsignor Mario Zenari non conferma, spiegando che si tratta, probabilmente, di un errore di mira. Nessuna vittima, ma certo è un segnale inquietante che si somma a un altro segnale dello stesso tenore: fonti russe hanno fatto filtrare la notizia che l’attesa conferenza di Pace per la Siria, che doveva tenersi nel mese di novembre a Ginevra, sarebbe stata procrastinata a data da destinarsi.
La conferenza di Ginevra 2, che ha il compito di trovare vie di pace per la Siria, stenta a decollare (è di oggi la notizia di uno slittamento della data di inizio), con Obama costretto sulla difensiva dalla vicenda Datagate, i vari spezzoni delle forze anti-Assad che dichiarano la loro indisponibilità a dialogare con la controparte e tanti altri fattori ostativi. E la guerra continua a imperversare in Siria.

Samaan Daoud, siriano cattolico, era guida turistica un tempo. Oggi, con la guerra, di turisti se ne vedono pochi per le vie di Damasco una delle quali universalmente nota per la conversione di san Paolo. Da quando è iniziato il conflitto Samaan vive come tutti i suoi connazionali, sospeso ad accadimenti più grandi di lui. Ma non rinuncia alla speranza: per questo partecipa a un movimento che intende creare luoghi di riconciliazione, associando cristiani e musulmani. «Il tentativo è quello di rilanciare un dialogo dal basso, creare ambiti nei quali persone di idee diverse possono dialogare, nonostante le divergenze politiche e religiose». Idea semplice, che nell’inferno in cui è precipitata la sua terra è rivoluzionaria.
Samaan è in Italia, per cercare di portare la sua testimonianza su quanto sta avvenendo nel suo Paese. Per dare, nel suo piccolo, un contributo alla pace. Sa che serve a poco, che i giochi si fanno altrove, ma lo sente come un dovere: verso i suoi compatrioti e verso il mondo che guarda quel conflitto lontano con gli occhiali della propaganda occidentale.

Non è un estimatore del regime, Samaan. Ha i limiti propri di un sistema mono-partitico, spiega. Che, per sua natura, deprime le forze vive della società. Anche sul piano economico non è stato incisivo, dal momento che non è riuscito a favorire una seria programmazione di sviluppo, come accadeva con il padre di Assad del quale però ricorda la durezza. Ma rammenta con orgoglio quando, prima che il conflitto iniziasse, la terra dava grano e il cotone veniva prodotto in abbondanza.
Insomma, Samaan non è  "un fan di Assad"  e rifugge la propaganda: quella occidentale, ma anche quella del regime. «Quando in televisione ci sono i comunicati ufficiali cambio canale», confida. 
Data la premessa, quello che racconta ha ancora più valore. Di questo conflitto parla alle Tv e alle radio, in questo tour italiano, ne parla a noi davanti a un caffè. Questa rivoluzione è nata sull’onda della Primavera araba, dice, dopo l’ascesa al potere dei Fratelli musulmani in Egitto. Un’onda lunga che aveva nella Turchia il punto di riferimento e in Erdogan, vicino ai Fratelli musulmani, uno dei più autorevoli strateghi.
«Anche da noi c’era malcontento – ricorda -, da qui le rivolte di piazza, alle quali, occorre dire, Assad ha dato delle risposte rapide, raddoppiando i salari e perseguendo la corruzione interna». Una sorta di «tangentopoli» in salsa damascena, spiega usando un termine alquanto noto in Italia.

Questo all’inizio, aggiunge, ma poi tutto è cambiato. Racconta delle manifestazioni di piazza pilotate. Di soldi cash distribuiti ai manifestanti. C’era anche un tariffario, spiega: in città erano mille lire per manifestante, in campagna cinquecento; soldi che un normale cittadino  siriano deve sudare, e tanto, per guadagnarli. Venivano distribuiti da imam, e lui dice di aver visto con i suoi occhi il pagamento. 
«Che ci fosse qualcosa di strano lo abbiamo capito subito. Al Jazeera martellava sulle manifestazioni di piazza, con filmati che riprendevano folle di manifestanti in varie località del Paese. Ma noi non ci accorgevamo di nulla. Guardavamo le immagini e non capivamo dove le avessero prese: fossero state vere, quelle proteste di piazza, ne avremmo avuto almeno un eco, ma niente». E racconta con ironia che le manifestazioni avvenivano ogni venerdì, giorno festivo dei musulmani, con una ripetitività seriale, televisiva.
Un giorno l’ha pure vista da vicino una di queste manifestazioni: mentre portava il figlio alle prove del coro in chiesa (piazza Al Abassyin), vede un gruppo di gente raggruppata vicino all’edificio di culto: alcuni di loro tenevano in mano un rotolo di fibre di vetro, racconta, quelle usate per la vetroresina; poi un agitarsi di uomini, il rotolo incendiato a simulare scontri di piazza e subito gli scatti di telefonini e telecamere: la fiction da mandare in Tv era pronta. «In tutto è avvenuto in una manciata di secondi, poi sono spariti tutti», racconta; pochi secondi, quanto basta per una foto opportunity o un corto per You Tube o Al Jazeera, ambiti nei quali si vincono e si perdono le guerre moderne. «Anche le inquadrature di queste manifestazioni erano studiate con cura, così da far immaginare folle oceaniche dove invece era un manipolo di esagitati».

Tutte cose che fanno insospettire i siriani, che a poco a poco hanno preso coscienza che qualcosa di grosso stava accadendo. Poi sono arrivate le milizie armate e tutto è precipitato nell’abisso. Accenna soltanto agli orrori che si susseguono con ripetitività ferale; cose che appartengono al quotidiano e che le Tv occidentali rimandano con dovizia di particolari. Non ci soffermeremo su questo, ché tanto ormai basta un computer per sprofondare nella costernazione.
All’inizio era il Qatar a finanziare i cosiddetti ribelli, poi, dopo la caduta dell’emiro, è la volta dell’Arabia Saudita. Principi e re legati ad Assad da antica consuetudine, ma pronti a denunciare ora le sue nefandezze, vere e presunte. Adesso, a complicare le cose, anche la guerra tra bande: milizie filo saudite che combattono quelle legate al Quatar, con queste ultime ad avere la peggio. E le altre lotte intestine che si scatenano ogni giorno tra bande diverse e che avviluppano il Paese in una spirale di caos.
Ma parla anche dell’esperienza minuta, Samaan, quella che sfugge al circolo mediatico: di come ormai nelle zone occupate dalle forze anti-Assad il greggio si compra a prezzi d’accatto, ché nessuno degli improvvisati conquistatori conosce il prezzo al barile e svende a due lire. Un modo come un altro per alimentare la macchina bellica, lucrando sulla tragedia altrui.
Ma la cosa più interessante, dal punto di vista dell’originalità, la racconta alla fine, quando parla di intere fabbriche smantellate e portate in Turchia. Una di queste era di un suo amico ad Aleppo: gli era arrivata una lettera che chiedeva soldi in cambio di protezione. Metodi mafiosi, come si usa in questa temperie da tempo. L’imprenditore rifiuta: non ha i soldi richiesti né intende pagare. Poi in città arrivano le milizie islamiche e deve scappare. Evidentemente il mittente della missiva sapeva bene quel che si preparava in quella zona. Seguono le alterne vicende della guerra, infine la fabbrica è riconquistata dalle truppe di Damasco. Il suo amico torna alla fabbrica lasciata in fretta e furia. E trova il deserto. Avevano portato via tutto, anche macchinari grandi come case. «C’erano delle telecamere», racconta Samaan, «che evidentemente sono sfuggite agli occhi dei ladri e che hanno ripreso quanto accaduto. Ho visto i filmati e sono rimasto di sasso: in una notte hanno portato via tutto, con gru e camion: un’intera squadra al lavoro, ben organizzata, che svitava bulloni, agganciava cavi, smantellava pezzo a pezzo quella che un tempo era una delle più importanti fabbriche della città».
Gli orrori, quelli che abitano gli occhi di Samaan, sono sotto gli occhi di tutti. Questa spoliazione sistematica di una terra che un tempo era una delle più ricche del Medio Oriente, è solo un ulteriore tassello.

Il caffè è finito ed è il momento dei saluti. Samaan deve continuare il suo tour italiano, nonostante qualcuno, amici, gli accennino di segnali minacciosi nei suoi confronti. Sbuffa, alza le spalle, come di cosa scontata: «Se deve essere, sarà», e allude alla morte. E sorride, con un sorriso che tocca il cuore e che appartiene a una sorta di grazia di stato, quella di vivere in un luogo in cui la testimonianza del martirio – la più grande testimonianza cristiana – è quotidiano accadere. Presto il suo viaggio italiano avrà termine e deve tornare nella sua terra. Dove le minacce hanno volti più definiti. Il terrore appartiene alle guerre moderne, dove non solo serve uccidere, ma anche spargere paura all’intorno. Ci sono specialisti che studiano queste cose. E non abitano solo in Medio Oriente.
Con la sua visita italiana, Samaan ha dato testimonianza di speranza: indice che nonostante il terrore vinca ogni giorno le sue battaglie quotidiane, non ha ancora trionfato.

http://www.piccolenote.it/15179/una-guida-turistica-per-la-guerra-siriana


Nella pagina di questo Blog "VIDEO-testimonianze" è possibile visionare alcuni interventi pubblici del tour di Samaan Daoud in Italia