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mercoledì 31 agosto 2016

Ritorno ad Aleppo

Lieta, umilmente al servizio e certa del Dio della Vita: così suor A. ( il nome oscurato per i tanti controlli da superare al prossimo rientro attraverso territorio talvolta ostile) ha raccontato ieri ai ragazzi del Sermig di che consiste la resistenza dei cristiani nel quotidiano martirio del popolo di Aleppo



"Sono semplicemente uno strumento di Dio che si è servito della mia povertà per mandarmi in questa città. Lavoro in un ospedale fin dall'inizio della mia vocazione religiosa, sono rimasta ad Aleppo quindi per 45 anni, non tornavo da sette anni in Italia ed ora riparto con il cuore greve per le notizie che mi giungono ogni giorno.  Questa guerra iniziata sei anni fa come una promessa di primavera araba si è rivelata un inverno, e questo inferno continua ancora oggi: non siamo stati davanti a un benessere come ci era stato promesso, anzi il benessere che cominciava ad esserci è stato tolto alla popolazione da questa guerra. Penso che questa guerra ha avuto un solo scopo: un piano politico, e commercio delle armi, interessi economici, avidità di denaro e di potere, Forse è stato un piano meditato da tanto tempo: per rovinare, paralizzare .. Vi posso confermare, per tutti gli anni che ho vissuto là, che nessuno voleva questa guerra, in Siria: nessuno voleva la morte di 400.000 persone, la distruzione del paese, ... e sapete che dietro ad ogni fratello che muore c'è una famiglia che soffre. Ci dicono le statistiche: 1 milione di feriti, 100.000 mutilati, oltre ai disabili, agli sfollati e 12 milioni di bisognosi di aiuto... e in più tengo a dirvi che in questi anni di guerra ci sono stati 3 milioni di bambini che non sono andati a scuola.
La città di Aleppo è la più martoriata, la si chiama giustamente la città dei martiri perché ci sono stati tanti civili che sono stati martirizzati per non avere rinnegato la loro fede, per essere restati fedeli al Vangelo. La città oggi è divisa in due: la parte dell'est occupata dai ribelli mercenari e la parte dell'ovest governata dall'esercito governativo, è in questa parte che noi viviamo. Aleppo aveva 3 milioni di abitanti, oggi ne ha 1 milione e mezzo, tutti cercano di fuggire con le loro famiglie; quelli che rimangono sono le persone anziane, sono i poveri che non possono intraprendere il viaggio della speranza che poi talvolta diventa un viaggio di morte. La città è rimasta più volte sotto assedio e questo ci ha provocato grandi difficoltà; in più le sanzioni, che ci hanno imposto oltre a questa guerra, hanno portato la gente alla miseria, alla epidemia, pensate che l'80% della popolazione vive oggi con pacchi alimentari perché i viveri di prima necessità sono talmente aumentati che chi ha perso il lavoro, chi ha perso la casa, chi ha perso tutto, oggi non ha più risorse: tutto finito, non ha di che vivere. La povertà c'è dappertutto, anche in Italia, ma adesso là in Siria non c'è più povertà, c'è miseria; e oltre a questo il popolo di Aleppo sta vivendo da tre anni senza acqua, senza elettricità... Pensate che la popolazione si è dissetata con acque inquinate tratte dai pozzi che si trovano nelle moschee e nelle chiese e per ottenere quest'acqua bisogna fare  file per delle ore, voi vedete bambini in coda con delle bottiglie, con dei secchi, e mentre stanno facendo la fila c'è il pericolo di ricevere pure qualche bomba o missile... Quanti ne abbiamo ricevuti in Ospedale! Pensate alla mancanza di elettricità quando ci sono 42° senza un ventilatore, senza un frigo, e d'inverno quando la gente per riscaldarsi va nei giardini pubblici per tagliare alberi, rami, ed altri prendono dei cartoni, della plastica per accendere il fuoco, ho visto bambini che si riscaldavano con una candela!
I cristiani sono stati perseguitati fin dall'inizio, da subito ci sono stati rapimenti, perfino di sacerdoti e di vescovi; i quartieri cristiani sono stati i più presi di mira da quella gente, e di tanti cristiani sappiamo che gli hanno tagliato la gola e gettati in fosse comuni ma ancora non sappiamo individuare il luogo … Diversi villaggi cristiani sono stati rasi al suolo, sacerdoti hanno dato la loro vita.
Il Papa ha fatto molti appelli per salvare Aleppo, ma chi doveva ascoltarlo non ha ascoltato e nel frattempo assistiamo a partenze, tutti se ne vanno; noi come suore in un Ospedale,  unanimi abbiamo deciso di restare, di rimanere per essere solidali con coloro che non possono partire, con coloro che non vogliono partire e hanno deciso di rimanere malgrado le difficoltà e i sacrifici, malgrado il rischio perché più volte anche noi siamo state minacciate, più volte abbiamo anche noi ricevuto sulla terrazza del nostro ospedale dei colpi di mortaio, bombe che non sono esplose per grazia di Dio. Resistiamo e perseveriamo, sapete perchè? Perchè amiamo questo popolo e Gesù ci ha detto: “non c'è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo”: è vero, siamo dei servi inutili e abbiamo fatto quello che dovevamo, ma se resistiamo è per coloro che non possono partire e che oggi più di ieri hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra presenza, una presenza silenziosa e discreta. Con tutto quello che riceviamo cerchiamo di fare tutto il bene che ci è possibile e vi posso dire che la Provvidenza non ci è mai mancata, anche nei momenti più duri la Provvidenza si è alzata prima di noi.
Oso ora dire la parola 'benedizione': in ogni guerra c'è sempre qualcosa che fa rinascere, qualcosa che fa rivivere la persona stessa se veramente si crede, e vi confesso che per me personalmente questa guerra è stata una crescita umana e spirituale. Umana, perché è cresciuta in me questa misericordia, questa compassione, questa solidarietà; e spirituale, perché ho toccato con mano la protezione di Dio che è venuta a salvarci, ci ha preservato in ogni pericolo, è sempre venuta in nostro aiuto, ed ho visto una straordinaria solidarietà che è nata non solo per la nostra comunità, che ha ricevuto dalla congregazione e dagli amici, ma la solidarietà del mondo intero. Se non ci fosse stato questo aiuto, e gli organismi che ci sono venuti in soccorso, oggi non ci saremmo più.
A voi giovani chiedo: dobbiamo farci operatori di pace, non è difficile essere operatori di pace, è alla nostra portata di ogni giorno … un sorriso, una parola, un gesto di perdono, è con questo che costruiamo la pace.

E infine, al pubblico che le chiede: “ma chi te lo fa fare di tornare ad Aleppo?” con semplicità questa piccola suora solida come una roccia, risponde: 
 la mia vita è donata a Dio e quando siamo sicuri che tutto è donato, che sia qui o che sia là per me è la stessa cosa. Tutto è donato a Dio nei miei fratelli siriani, in questo popolo che soffre. Sono stata con loro nei momenti belli quando Aleppo era una città meravigliosa, fiorente, che non mancava di niente, era un paradiso; ora che Aleppo è un inferno è con loro che devo sperare, essere testimone con la vita: non c'è bisogno di parole, basta essere una presenza, testimone di riconciliazione e di perdono. Non c'è giorno in cui musulmani e cristiani non mi chiedano la stessa cosa: ma perché non vai via, perché rimani qui? Ma oggi mi vengono a dire anche: meno male che siete rimaste, senza di voi che cosa saremmo stati, grazie per essere rimaste, non ci abbandonate come fanno tanti altri , oggi il popolo ha bisogno di voi, di persone come voi che danno tutta la loro vita agli altri. 
 Ma in realtà non è niente, è Lui che opera in noi, è Lui che ci dà la forza di continuare: io mi alzo alle cinque del mattino e lavoro fino alle nove di sera, perché nel nostro Ospedale avevamo 100 medici di tutte le specialità, oggi ne rimangono appena 20; avevamo molte infermiere su cui potevamo contare professionalmente e oggi una dopo l'altra se ne vanno... Nella nostra comunità siamo 6 religiose, ciò che ci ha dato la forza di rimanere è stata la preghiera, se non ci fosse stata questa forza interiore non avremmo potuto sopportare quello che abbiamo sopportato, per me la preghiera è l'arma più potente e si può affrontare tutto con essa... Tenere lo sguardo fisso su Gesù ... è da Lui che riceviamo la forza, da Lui riceviamo tutto quello di cui abbiamo bisogno.
 Restare e ridonare questa speranza a coloro che l'hanno perduta: se la guerra finisce ci sarà un'altra guerra molto più esigente che questa, ed è la guerra di ricostruire i cuori, di rimarginare le ferite, di fare punti di pace.
 Pregate per me, perchè ritorni dove il Signore ha voluto che piantassi la Sua tenda, per rendere felici quelli che mi stanno accanto, e a voi auguro lo stesso: spendere la vita per rendere felici quelli che vi sono stati dati accanto."

giovedì 18 agosto 2016

Di video indignati, bombe su Aleppo e dolore dei bambini


Viviamo tempi difficili e sappiamo che in guerra la prima cosa a morire è sempre la verità.  Quando non è palese disinformazione si tratta di servizi o articoli orientati a carpire la benevolenza o l'orrore di chi ascolta, vede, legge.. 

Anche questo video dei bimbi estratti (vivi per fortuna) da un luogo bombardato, non sfugge a questa logica.  In questo caso lo scopo è semplice: fermare la liberazione di Aleppo dai ribelli jihadisti.  Quando la battaglia infuria e l'alleanza Siriani, Russi, Iraniani fa progressi diventa necessario demonizzarli e additarli come gli assassini che colpiscono deliberatamente i civili o gli ospedali.  Nessuno dice che questi civili, quando non sono le famiglie stesse dei jihadisti, sono usati da costoro deliberatamente come scudi umani.  Purtroppo è così: i civili pagano sempre il fatto di essere in mezzo a una battaglia, sia che parteggino per l'una o l'altra parte. 


Ma la cosa peggiore è quando queste vittime non sono accidentali ma deliberatamente volute.
Per fare un esempio basta vedere la differenza di trattamento riservata all'odierno video girato dai ribelli e un altro dove il bambino sgozzato non è certo una morte accidentale.  

Così oggi si invoca la cessazione dei bombardamenti e l'ONU minaccia il fermo dei soccorsi umanitari, dando molto risalto all'operato degli Elmetti Bianchi (finanziati dal Qatar) per i quali magari si proporrà anche la candidatura al Nobel per la pace. Poco importa se loro stessi sono una delle parti belligeranti (ci sono immagini che li ritraggono armati di kalashnikov e con la bandiera di alNusra). 
 Troviamo solo uno stigma verso questo gruppo di bestie feroci, senza però attardarsi a chiedere che siano messi TUTTI in condizioni di non nuocere: anzi, si minimizza dicendo che si tratta di qualche caso isolato che non rappresenta la totalità dei ribelli.  
Credo che in casi come questi, senza abdicare alla nostra umanità, dovremmo fermarci un momento a riflettere su QUALE Siria, quale Iraq, quale Medio Oriente, quale mondo vogliamo e cercare di capire quali sono le forze che in questo frangente lo perseguono.  Non è un lavoro da poco: richiede un'attenzione quotidiana ma non possiamo esimerci dal farlo. 
  Gb.P,  Ora pro Siria 

Mette in guardia il Patriarca Gregorios Laham : nuovo fronte della 'guerra dell'informazione'

Asia News, 18-08-2016

Una "guerra dell’informazione” fatta di bugie, proclami, presunte rivelazioni e che scorre parallela ai “combattimenti con le armi” per distrarre e pilotare l’opinione pubblica internazionale e la popolazione locale. È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, commentando la notizia secondo cui almeno 18mila persone sarebbero morte per torture e privazioni nelle carceri del governo siriano dall’inizio del conflitto nel marzo 2011. “Come si può credere a questa cifra, alla correttezza dei dati - si chiede il prelato - se non vi è accesso alle carceri e ci si basa solo su alcune testimonianze parziali”.  
In queste ore Amnesty International ha diffuso un rapporto in base al quale emerge che fra il 2011 e il dicembre 2015 si sono registrate “almeno 18mila” vittime nelle prigioni siriane. La denuncia è frutto dei racconti di 65 “sopravvissuti alle torture”, secondo cui vi sarebbe “un uso sistematico” della tortura, dello stupro e di maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie.   Il governo siriano ha già respinto con forza il rapporto, negando le accuse di torture e la stima dei morti in cella, pari a 300 vittime al mese.   Il documento di AI parla inoltre di abusi sessuali durante le operazioni di controllo, perpetrati il più delle volte da secondini maschi ai danni di detenute femmine. Inoltre, ai detenuti sono negate cure mediche e non possono lavarsi in modo adeguato per prevenire la diffusione di malattie. 
Per il capo della Chiesa greco-melchita “non è possibile provare” queste cifre e verificare la veridicità di queste informazioni. Inoltre la fonte Amnesty International “non è così indipendente” e nel contesto del conflitto siriano “si sono spesso verificate manipolazioni di notizie”. “Dietro queste [presunte] rivelazioni - aggiunge il patriarca - vi è un colore politico, nel contesto di una guerra di informazione, come è avvenuto in passato per la vicenda delle armi chimiche”. 
Gregorio III parla di una “manovra” in atto per screditare “il governo siriano e la Russia” nel momento in cui sta nascendo un nuovo asse - Mosca, Teheran, Pechino - in grado di contrastare le ambizioni statunitensi nell’area. “Questa è un’altra partita - riferisce - nel contesto della ‘guerra’ fra Stati Uniti e Russia”. 
Una valutazione, racconta il prelato, che è condivisa da gran parte della popolazione siriana che si sente vittima “di una guerra sporca” che, in cinque anni, ha causato 250mila morti e 11 milioni di sfollati. “Noi patriarchi - afferma Gregorio III - da tempo diciamo che una vera alleanza internazionale può vincere il terrorismo, ma vi sono interessi contrapposti”. L’unica “voce di verità” è quella di papa Francesco che non si stanca “di lanciare appelli per l’amata Siria”, che denuncia l’ipocrisia di una comunità internazionale “che parla di pace e poi vende armi” alle parti in lotta. 
“In realtà - prosegue il patriarca - la situazione in alcune aree della Siria sotto il controllo governativo, come Damasco e Homs, è di relativa calma e dal mese di febbraio non si registrano gravi episodi di violenza. I problemi maggiori sono al confine con la Turchia e ad Aleppo, metropoli vittima di distruzioni, bombe, devastazioni. Il 50% della popolazione è fuggito e la città di prepara a vivere la madre di tutte le battaglie”. Criticità, aggiunge, si registrano anche a Madaya, dove vi sarebbero almeno 40mila abitanti bisognosi di cure mediche. “L’area è sotto l’assedio di Daesh  e dei governativi - spiega - e gli aiuti non arrivano anche perché i terroristi si mescolano fra la cittadinanza e usano i civili come scudi umani come successo a Palmira e Homs in passato”. 

Il dottor Nabil Antaki da Aleppo scrive:
Attenzione: non cadete nella trappola!
Un'amica francese mi ha appena consultato su una petizione che circola nel Web a proposito delle distruzioni causate dall'Esercito siriano e dagli aerei russi sugli ospedali di Aleppo: petizione che si chiede alle persone oneste di firmare. Essa verrebbe poi inviata come ''Lettera aperta '' a Obama e Merkel. Non firmatela credendo di aiutarci! Non firmatela per esprimerci la vostra solidarietà! Ecco quello che ho risposto alla mia amica:
Approfittando della simpatia delle persone per le giuste cause e della loro solidarietà con i sofferenti, le usano per i loro scopi politici.
Questa lettera è uno strumento di propaganda molto abile.
Esattamente come:
1. L' OSDH (Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo) che, sotto un nome che ispira fiducia, nasconde un ufficio con sede a Londra, creato dalla CIA per fare disinformazione nel conflitto siriano. I suoi dispacci sono, purtroppo, utilizzati da tutti i Media occidentali e presentati come Vangelo.
2. La macabra barzelletta sull' ''ultimo pediatra di Aleppo'' di qualche mese fa. Questa lettera ad Obama è firmata da personaggi fittizi tranne uno o due: 15 nomi inventati. Come al solito, vogliono fare l'amalgama tra le poche zone in mano ai terroristi e il resto di Aleppo.
In essa si raccontano menzogne.
Vi si dice, ad esempio, che 15 ospedali di Aleppo sarebbero stati bombardati in un mese!!! Se dovessimo contare tutti gli ospedali e le strutture sanitarie che, secondo i comunicati dei terroristi o di Medici senza Frontiere (MSF) sarebbero stati bombardati dall'Esercito siriano, significherebbe che la Siria ha più ospedali della Francia!''.
  ( trad. M.A. Carta)

giovedì 30 giugno 2016

Commosso abbraccio a un pastore che ha dato la sua vita per il popolo affidatogli: padre Giuseppe Nazzaro


Con viva commozione, ieri 29 giugno 2016, abbiamo partecipato alla traslazione,  svolta in forma privata, di Mons Giuseppe Nazzaro ofm, dal cimitero locale alla chiesa madre di San Potito Ultra (AV).
Alla sera presso la Chiesa madre di S. Potito Ultra si è tenuta una Celebrazione Eucaristica ufficiata  da numerosi sacerdoti e confratelli, con la nutrita presenza dei devoti abitanti  del paese che ha dato i natali a padre Giuseppe.

Geppino Nazzaro era nato il 22 dicembre 1937 ed era entrato a 13 anni nel seminario minore della Custodia di Terra Santa, a Roma. Vestì il saio francescano nel 1956 ed emise la professione solenne nel ‘60. Ad Aleppo giunse per la prima volta nel 1966, un anno dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta a Gerusalemme proprio 51 anni fa, il 29 giugno 1965. Vari incarichi in seno alla Custodia lo condussero a Roma (1968), ad Alessandria d’Egitto (1971) e al Cairo (1977).  Nel 1994 fondò, negli Stati Uniti d’America, la "Holy Land Foundation", per sensibilizzare i cattolici di quel Paese a sostenere la causa dei cristiani palestinesi.
Nel corso del Capitolo custodiale del 1986 venne nominato segretario della Custodia. È del 1992 la sua nomina a Custode di Terra Santa.  Al termine del mandato, nel 1998, fu trasferito in Italia, ma nel 2001 venne nuovamente inviato in Siria come Guardiano e Parroco del convento di S Antonio a Damasco (Salhieh). Un anno dopo venne scelto come vicario apostolico d’Aleppo da san Giovanni Paolo II e ordinato vescovo il 6 gennaio 2003 dal Papa stesso nella basilica di San Pietro. 
Indimenticabile ed indomito Pastore dei cattolici latini di Aleppo, mite eppure rigoroso difensore della Verità, continuò la sua opera pastorale e di aiuto alla popolazione, incurante dei pericoli, vivendo totalmente la propria responsabilità paterna verso la comunità cristiana della sua amata Siria.
Monsignor Nazzaro lasciò l’incarico nel 2013, al compimento dei 75 anni.  Tornato in Italia, spese le ultime energie della sua vita viaggiando, pronunciando discorsi e rilasciando interviste, con coraggio e senza cedimenti a opinioni 'politicamente corrette', per sensibilizzare l’opinione pubblica, i media e i politici sulla tragedia del popolo siriano, fino alla morte avvenuta il 26-10-2015.
Tutta la Siria gli resta profondamente grata, per essere stato egli l'ispiratore del gesto provvidenziale di Papa Francesco che il 7 settembre 2013, indicendo la veglia mondiale di preghiera per la pace in Siria, contribuì a fermare l'attacco annunciato da Obama.
Infinita è la riconoscenza affettuosa, e grande la nostalgia, che il nostro sito 'Ora pro Siria'  ha verso questo Padre che ci ha incoraggiato, corretto, illuminato nell'opera di informazione che, umilmente alla sua sequela, cerchiamo di svolgere; insieme alla certezza che egli continua dal Paradiso a vegliare e a intercedere per la sua cara Terra Santa e per la martoriata Aleppo in particolare.
Al Ciel! … nostro padre Giuseppe carissimo!
   la redazione di OpS





 Potete trovare qui i numerosi interventi di Mons Nazzaro  riportati sul nostri  sito :
http://oraprosiria.blogspot.it/search/label/Mons%20Nazzaro

 Inoltre qui una delle ultime conferenze pubbliche :
http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/15_aprile_17/a-lezione-isis-vescovo-aleppo-normale-racconta-siria-oggi-92c4c458-e529-11e4-b285-48e62c192a8b.shtml?refresh_ce-cp

martedì 24 maggio 2016

Partecipiamo al dolore di tutto il popolo siriano


Osservando quel che sta accadendo in Siria in queste ore, sarebbe legittimo aspettarsi un'indignazione almeno pari a quella degli attentati di Parigi e di Bruxelles, ma gli almeno 148 morti degli attentati perpetrati ad Aleppo, Latakia, Jableh, Tartous (che non sono 'roccaforti del regime' ma città plurietniche e recentemente rifugio di sfollati interni da luoghi invivibili), come pure il massacro della scorsa settimana degli inermi cittadini di al-Zara, non toccano le nostre coscienze allo stesso modo.

Del resto, perché aspettarselo?  Questo Occidente così attento ad occuparsi di pseudodiritti e a fare astratti proclami sulla pace e sulla fratellanza, non si accorge che tanta gente muore proprio per i propri errori e la propria insipienza nella gestione di questa guerra tra i Siriani e il resto del mondo.
Si ribadisce, anche nel documento  emesso ieri dal Consiglio Europeo, che si tratta di 'guerra civile' e che c'è un regime “che perpetra attacchi contro il suo stesso popolo”, ma quello che è sotto gli occhi di tutti è altro: c' è il Male che ormai è incontenibile, basti pensare al martellamento costante dei mortai dei terroristi sui quartieri cristiani di Aleppo, ai due missili jihadisti sulla casa di riposo per anziani nel Collegio di Terra Santa dei Francescani, alle 7 autobombe detonate da suicidi assassini, alla donna che fingendosi incinta ricorre al pronto soccorso e si fa esplodere.... 

Questo Male in ogni caso non nasce per una guerra di liberazione e aneliti di giustizia da parte di un popolo vessato e schiacciato da 'un regime criminale'. 
Come sovente denunciato da Patriarchi e Vescovi siriani, nasce per disegni geopolitici che sono altrove, calcoli e progetti che hanno favorito la nascita di Daesh e dei mille altri gruppi più o meno 'moderati', ma accomunati nel loro progetto di conquista e sottomissione e la conseguente estromissione dei Cristiani dalla Siria e dall'Iraq.

Davanti a tutto questo ci si aspetterebbe da parte della UE un soprassalto di coscienza che lenisca le sofferenze della popolazione siriana, abolendo le sanzioni comminate alla Siria già da 5 anni. Lo vorremmo con tutto il cuore ma non ci speriamo. La politica UE semplicemente non esiste, e la UE ed i suoi "governanti" forse si limitano ad eseguire ordini...
  In questo quadro tragico e oscuro, i cristiani continuano a ribadire cosa ci si aspetta dall'Occidente.  Questi pastori continuano a restare tra la propria gente adoperandosi in ogni modo per costruire un Medio Oriente più umano, più giusto, rispettoso e comprensivo delle identità.

Un lavoro incessante che ci verrà testimoniato anche in questi giorni da Fra  Ibrahim Alsabagh, Parroco nella parrocchia di San Francesco ad Aleppo, nel suo giro di testimonianze in Italia ( calendario in aggiornamento alla pagina Appuntamenti e Incontri ..... )
la Redazione di Ora pro Siria 

Fra Ibrahim: L’attacco al Collegio francescano per colpire civili, seminare caos e terrore

L’obiettivo dei missili “era proprio quello di centrare la zona in cui sorge” il Collegio di Terra Santa, nei pressi del quale vi è anche “una caserma per giovani reclute” dell’esercito governativo. I gruppi jihadisti “vogliono colpire la popolazione e seminare il panico fra la gente”. Così p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della parrocchia latina di san Francesco ad Aleppo, la “capitale del Nord” della Siria da settimane teatro di violenti combattimenti, descrive ad AsiaNews l’attacco al Collegio di Terra Santa ad Aleppo. È un messaggio in puro “stile terroristico”, avverte il sacerdote, in cui si vuole “colpire gli innocenti per lanciare un messaggio: o con noi jihadisti, altrimenti è la morte”. È evidente il proposito di alimentare “caos e terrore” fra la popolazione, “terrorizzando la gente: o con noi, oppure facciamo fuori tutti. E colpiscono gli innocenti prima dei militari”. 
La sera del 21 maggio scorso due missili lanciati dai jihadisti hanno colpito il Collegio di Terra Santa dei francescani ad Aleppo, causando un morto e due feriti gravi tra gli anziani che si erano rifugiati in questo luogo. La vittima, racconta il sacerdote, “è una donna di 94 anni che aveva cercato accoglienza” nel centro, per “sfuggire alle violenze della guerra”. Anche le altre due persone ferite “sono due donne, di circa 80 anni, ospiti” della Casa di riposo del Collegio dopo aver abbandonato nell’aprile 2015 il Centro di San Vincenzo de Paoli “quando è finito sotto attacco”. “Le anziane pensavano di essere al sicuro - commenta p. Ibrahim - e di morire in pace all’interno della Custodia, ma non è stato così”. 
Finora il centro, la scuola e il grande parco che la circonda erano stati uno dei luoghi più sicuri della città, risparmiati almeno in parte dalla violenza cieca di una guerra che ha causato in cinque anni 280mila morti. Nel Collegio vivevano una ventina di persone anziane che avevano le loro case bombardate. Era considerata “la zona quasi più sicura di Aleppo”, dove in cinque anni “erano caduti solo due o tre” razzi, prosegue p. Ibrahim, su un terreno “molto grande che prima fungeva da scuola” ed era “la più prestigiosa” di tutta la città. Nel tempo i militari governativi hanno requisito una parte per “costruire una caserma per giovani reclute”; tuttavia la zona “continuava a essere considerata tranquilla”, una sorta di “polmone verde di Aleppo”, l’unico spazio in cui le famiglie “potevano riunirsi e far respirare aria buona ai bambini”.  Un posto, aggiunge il sacerdote, dove andare per fare un campeggio, in cui “avevamo avviato lavori di restauro” per “accogliere” altre famiglie della città. Ad Aleppo i francescani hanno tre centri: la parrocchia san Francesco d’Assisi, colpita una volta, il convento di Er Ram, colpito già cinque volte, e il collegio di Terra Santa. “Ora - racconta p. Ibrahim - non vi è un solo centro ad essere stato risparmiato dalle bombe e dai missili”.
Nell’ultimo attacco i jihadisti hanno usato “un missile di un metro e mezzo”, non un semplice colpo di cannone, a conferma “della crescita del potenziale bellico” a disposizione dei movimenti estremisti filo-islamici. Il loro obiettivo, avverte il sacerdote, è colpire “le aree di Aleppo ovest” [sotto il controllo governativo], dove “si trovano le comunità cristiane”. 
Oggi, intanto, due città costiere siriane, Tartus e Jableh, nella provincia di Latakia, sulla costa mediterranea, roccaforte del governo di Damasco, sono state teatro oggi di una serie di attentati in simultanea, che hanno provocato almeno 100 morti, e oltre 120 feriti. Dietro gli attacchi vi sarebbero i miliziani dello Stato islamico (SI), che hanno rivendicato la carneficina attraverso l’agenzia di stampa Amaq, vicina al movimento jihadista. Obiettivo delle violenze gli “assembramenti di alawiti” delle due città; si tratta della stessa confessione islamica, minoritaria nel Paese, di cui fa parte anche lo stesso presidente siriano Bashar al-Assad.
La zona colpita, racconta p. Ibrahim, non vi sono solo alawiti ma pure cristiani, sunniti, sciiti. E poi vi è anche “la base russa sul Mediterraneo”, ecco perché questi attacchi sembrano più “un messaggio a Mosca che a Damasco”. I miliziani vogliono far capire che “possono arrivare dappertutto e seminare il caos”, grazie anche ad armi “sempre più sofisticate” a disposizione. Il dramma, conclude il sacerdote, è che “a pagare il prezzo”, degli attacchi bomba come dell’embargo e delle sanzioni, è sempre “la povera gente innocente”. 

domenica 17 aprile 2016

Lesbo: il realismo della DICHIARAZIONE CONGIUNTA ... e qualche sbavatura nella organizzazione


"Noi, Papa Francesco, Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia Ieronymos, ci siamo incontrati sull’isola greca di Lesbo per manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza. L’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria, che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.

La tragedia della migrazione e del dislocamento forzati si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse. Da Lesbo facciamo appello alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa.
Come capi delle nostre rispettive Chiese, siamo uniti nel desiderio della pace e nella sollecitudine per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Mentre riconosciamo gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo, ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza. Sono urgentemente necessari un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono. In particolare, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo greco che, nonostante le proprie difficoltà economiche, ha risposto con generosità a questa crisi.

Insieme imploriamo solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Chiediamo alle comunità religiose di aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi e affinché i servizi di soccorso, religiosi e civili, operino per coordinare le loro iniziative. Esortiamo tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso.
L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida, facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo, perché si ricordino delle parole del Signore, sulle quali un giorno saremo giudicati: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. […] In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). 

Da parte nostra, in obbedienza alla volontà di nostro Signore Gesù Cristo, decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani. Riaffermiamo con convinzione che «riconciliazione [per i cristiani] significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli […]. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa» (Charta Oecumenica, 2001). Difendendo i diritti umani fondamentali dei rifugiati, di coloro che cercano asilo, dei migranti e di molte persone che vivono ai margini nelle nostre società, intendiamo compiere la missione di servizio delle Chiese nel mondo.
Il nostro incontrarci oggi si propone di contribuire a infondere coraggio e speranza a coloro che cercano rifugio e a tutti coloro che li accolgono e li assistono. Esortiamo la comunità internazionale a fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall’attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera.
Lesbo, 16 aprile 2016
Ieronymos II   Francesco  Bartolomeo I




La 'negligenza' degli organizzatori ha consentito una gravissima falla nella sicurezza e un reale attentato alla libertà di culto dei cristiani e delle minoranze in Siria e in Iraq , in quella che doveva essere una visita « di natura umanitaria ed ecumenica ».
Chi gli ha messo in fila quei 150 ragazzi inquadrati con l'opposizione ? 
Nella penosa parata   qualcuno saluta il Papa addirittura militarmente . Eppure quella bandiera 'simbolo dei ribelli' rappresenta anche persone che si sono macchiate del sangue dei cristiani.  A queste persone si dà perfino l'opportunità di usare come passerella l'incontro con il Papa ?

sabato 27 febbraio 2016

Il Vescovo di Aleppo ci comunica: "Qui siamo chiusi fuori dal mondo e presto senza risorse per sopravvivere"


MONSIGNOR ABOU KHAZEN , Vicario apostolico di Aleppo, era atteso in Italia il 1° marzo per il quaresimale di una Parrocchia di Imola e per la Conferenza  Stampa in Roma il 3 marzo.  
Oggi ha annullato gli impegni , comunicandoci per telefono questo messaggio:




"Aleppo non ha vie di uscita percorribili in questo momento. Alcuni villaggi lungo l'unica strada che collega Aleppo al sud sono stati liberati dall'esercito siriano, ma altri sono ancora in mano alle milizie armate.  
Aleppo è tagliata fuori dai rifornimenti : ciò significa che non possiamo ricevere cibo, soccorsi e soprattutto gasolio, il che ci priva della possibilità di far funzionare i generatori... Non potremo riscaldarci, attingere acqua ai pozzi che abbiamo scavato in alternativa al taglio dell'acqua cui siamo sottoposti da mesi dai ribelli,  e che non avremo energia elettrica di alcun tipo e resteremo al buio..  
 Vi prego di annullare gli appuntamenti, di scusarmi e di pregare per noi! Per noi la vostra preghiera è molto importante! Sapere che non siamo dimenticati!  
Grazie per la vostra solidarietà e per tutto ciò che fate per noi. A rivederci quando Dio vorrà!"

mercoledì 17 febbraio 2016

AIUTATECI A RESTARE. Concluso il Progetto 'Fabbrica di Cioccolato'

la "Fabbrica di cioccolato"
.... Poi Fiorenza ha detto che l’Isis non può uccidere noi perché noi amiamo la vita, loro amano la morte, ma se noi amiamo la vita allora vogliamo viverla fino in fondo.”
“ Mi ha colpito quando Fiorenza ha raccontato che in Siria l’Isis sta distruggendo tutte le opere sante e per questo i cristiani devono fuggire. Ma i cristiani scappano anche perché l’Isis vuole far convertire le persone dalla vita alla morte e distruggere tutte le loro case. I cristiani riusciranno a respingere l’Isis così: credendo in Dio, pregando e cercando di convertire la morte alla vita.”


Questi sono due brani tratti dai testi scritti dagli alunni di una scuola di Lecco che ha invitato Fiorenza a parlare del suo viaggio in Siria e ha poi promosso una raccolta di fondi, in occasione delle feste natalizie, per questo scopo.

All'appello per sostenere il progetto di micro-credito ideato a partire dall'incontro con l'ingegner Joni Ghezzi , cooperatore salesiano aleppino oggi rifugiato a Kafroun (nella Valle dei Cristiani), hanno risposto moltissimi privati, Parrocchie, gruppi e Associazioni: nel giro di due mesi siamo riusciti a raccogliere 9.098 euro  tramite il supporto di AIULAS-Aiutiamo la Siria e la campagna promossa da Piccole Note attraverso San Callisto ONLUS.  

Abbiamo così potuto rispondere pienamente ai bisogni indicati da Joni, che aveva ricevuto un primo acconto con cui ha fatto le spese iniziali ed ora potrà completare gli acquisti necessari ad avviare il lavoro.





Joni il 7 febbraio ci scrive :
Grazie per la vostra generosità per questa piccola nostra intrapresa. Dio vi dia la salute, pace e gioia. Per l'avanzamento del progetto ho avuto qualche difficoltà nel garantire il reperimento del cioccolato e trovare i materiali dalla fabbrica, quindi mi dispiace per il ritardo, però oggi ho ricevuto la prima quantità di cioccolato. Ho comprato tutti gli stampi per cioccolatini di cui avremo bisogno, sono 163 in varie forme.  Ho anche ho comprato un primo frigorifero.  Ecco i costi: 
163 Kg di cioccolato: 1073 €  
          165 modelli : 1304 euro
          Frigo: 488 €   
Dopo queste prime spese, comprerò: .un secondo frigo.carta per imballaggio cioccolatini.attrezzature per il lavoro.generatore di energia elettrica, necessario a causa della carenza e dei frequenti tagli di corrente elettrica fornita dallo Stato.Inoltre l'affitto di un paio di locali per il lavoro.
State sicuri che i preparativi vanno avanti bene, nonostante le difficoltà con i materiali e l'elettricità, ed ho già fatto un buon cioccolato. 
Quindi grazie e pregate sempre per la Siria!




A tutti voi amici sostenitori, grazie di cuore!
Che il Signore nella sua generosità vi renda il centuplo e che questo piccolo seme di speranza sia l'inizio di un futuro migliore per la nostra coraggiosa 'amata Siria'

da Fiorenza e staff Ora pro Siria



giovedì 17 dicembre 2015

Il Diritto Internazionale, il grande ignorato dai bombardieri e dalle Coalizioni contro il terrorismo

Le forze del caos e il diritto internazionale 


Piccole Note, 10 dicembre

La guerra in Siria diventa sempre più intricata. L’aeronautica russa, intenta a bombardare l’Isis, deve fare i conti con quella britannica (e francese) che agisce senza cercare coordinamento con Mosca. Cosa che già avviene tre le forze russe e quelle statunitensi, che in questi giorni, secondo fonti siriane e russe smentite da Washington, avrebbero bombardato l’esercito siriano a  Deir Ezzor (quattro morti, dodici feriti, alcuni blindati distrutti), favorendo un contrattacco dell’Isis in zona.
Complicazioni alle quali si somma la crescente assertività della Turchia che ha inviato truppe in Iraq, provocando reazioni sdegnate nelle autorità irachene, e ripreso i bombardamenti contro il Pkk (forza che si oppone sul campo all’Isis).
Sono tutte azioni alquanto bizzarre per una campagna militare che a parole è diretta contro l’Isis. In realtà il loro risultato è, oggettivamente, quello di complicare, e non poco, la campagna militare anti-Isis condotta finora da siriani, russi, hezbollah e iracheni. Proprio nel momento in cui l’Isis sembrava essere stato messo alle corde.
Complicazioni, tra l’altro, alquanto pericolose per la pace mondiale, dal momento che senza coordinamento si rischiano incidenti ben più gravi di quello che ha visto un caccia turco abbattere un bombardiere di Mosca.
Ma quel che più interessa sottolineare in questa sede è altro: la decisione di entrare in guerra da parte britannica segue un copione già scritto dai suoi alleati Nato in loco, che prevede il disprezzo del diritto internazionale.
Per bombardare un obiettivo all’interno di un Paese sovrano senza mandato Onu, sia esso l’Iraq o la Siria, si deve ottenere l’autorizzazione delle autorità locali, quanto ottenuto dalla Russia.
Una norma ignorata. E una palese contraddizione con quanto sostenuto dalle cancellerie occidentali in occasione dell’abbattimento del bombardiere russo da parte di Ankara, alla quale invece è stato riconosciuto il diritto di tutelare i propri cieli da intrusioni altrui.
Questa erosione del diritto internazionale non è cosa nuova: è prassi normale, anzi dottrina teorizzata in Occidente nel post 11 settembre.
Una prassi che vorrebbe trovare la sua giustificazione nella nefanda efferatezza del nemico contro il quale sono dirette tali azioni: allora al Qaeda e oggi l’Isis. Più il nemico da combattere compie illegalità estreme e perverse, più illegali, estreme e perverse sembra possano, anzi debbano, essere le risposte.
In realtà in questi anni abbiamo visto come risposte illegali, estreme e perverse quali ad esempio la guerra in Iraq e in Libia, oltre alle follie insite nella guerra afghana (dove i droni Usa hanno fatto strage di innocenti), non hanno sanato affatto il mondo dal terrorismo. Hanno prodotto solo più illegalità, estremismo e perversione.
Non è solo una questione di un metodo errato che produce l’esatto contrario di quanto si propone di ottenere, ma anche di principio. Demolire il diritto internazionale non può che produrre caos.
In questo modo Londra, Washington e i loro più o meno estemporanei alleati si trovano dalla stessa parte di quanti in teoria affermano di voler contrastare, dal momento che il terrorismo vive per creare caos e destabilizzazione.
In questo scontro globale, che non è tra terrorismo e anti-terrorismo come da narrativa corrente, ma tra le forze del caos e quelle del diritto e dell’equilibrio internazionale, tra i due supposti antagonisti sembra si siano così stabilite, anche qui nella prassi, delle convergenze parallele che rischiano di disgregare il mondo intero.
Una destabilizzazione mondiale che in Occidente è prodotta, meglio propagandata, in nome della sicurezza globale. «La guerra è pace» era uno slogan del Grande Fratello di orwelliana memoria.

http://piccolenote.ilgiornale.it/26212/le-forze-del-caos-e-il-diritto-internazionale


NOSTRA SELEZIONE DI  COMMENTI (UNANIMI) ALLA ALLEANZA MILITARE ISLAMICA CONTRO IL TERRORISMO  GUIDATA DA ARABIA SAUDITA:

Sceicchi in guerra contro l'Isis. Ma la posta è la Siria
di Gianandrea GaianiLa Nuova Bussola quotidiana, 16-12-2015
La notizia che l’Arabia Saudita si è posta alla testa di una Coalizione araba tesa a distruggere lo Stato Islamico fa sorridere quasi quanto le dichiarazioni di Barack Obama sulla “durezza” delle operazioni aeree condotte contro il Califfato.... 
LEGGI QUI L'ARTICOLO:   http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sceicchi-in-guerra-contro-lisis-ma-la-posta-e-la-siria-14698.htm



Una coalizione islamica anti-terrorismo per “salvare la faccia” a Riyadh
Asia News 16 dicembre , di Paul Dakiki


Vi partecipano 35 nazioni a maggioranza musulmana. Sono esclusi Siria, Iraq, Iran e Afghanistan. Dubbi che la lotta al terrorismo sia usata per soffocare i diritti umani delle popolazioni di questi Paesi. L’approvazione di Al-Azhar, che chiede da tempo un impegno a correggere le interpretazioni letteraliste del Corano. Le critiche di Hezbollah.....



I «blocchi» della guerra contro il Daesh
Avvenire, 16 dicembre 2015, di Riccardo Redaelli
Un’alleanza islamica per combattere il terrorismo. Evviva, si potrebbe dire. Quale miglior risposta a chi semina il terrore abusando del nome della religione islamica che una coalizione di Stati islamici? Peccato che dietro la patina della retorica di questa nuova "Santa Alleanza" sunnita la realtà sia ben diversa.....
LEGGI  QUI L'ARTICOLO   : http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Daesh-i-blocchi-della-guerra.aspx


Summit in Arabia Saudita. La “pace” in Siria fa così: 

«Via Assad, ma niente democrazia»

Tempi, 11 dicembre, di Leone Grotti

Le fazioni più forti che compongono la nuova coalizione di opposizione, tutta sunnita, vogliono uno Stato islamico governato dalla sharia. Estremamente divisa al suo interno, comprende anche gruppi terroristici vicini ad Al-Qaeda, come l’Esercito di conquista e l’Esercito dell’islam, finanziati e armati da Turchia e Arabia Saudita, che hanno come scopo esplicito quello di instaurare uno Stato islamico governato dalla sharia. Inoltre, i delegati islamisti, in maggioranza alla conferenza, si sono rifiutati di inserire nel documento finale il termine “democrazia”. I rappresentanti “laici” non si sono opposti ma hanno almeno fatto inserire nel testo il rispetto di non meglio precisati “meccanismi democratici”.

LEGGI QUI L'ARTICOLO:  http://www.tempi.it/summit-arabia-saudita-pace-siria-assad-democrazia#.VnHkOvnhCM9  

venerdì 13 novembre 2015

Viaggio in Siria (3): «Aiutateci a rimanere nella nostra terra»



 Lo scopo principale del mio viaggio era quello di individuare modalità per rispondere alla domanda del Papa, dei Vescovi e Patriarchi siriani: "aiutiamo i cristiani a restare nella loro terra".
In realtà non è stato facile, lo sconcerto davanti alla frenesia di fuga dalla Siria mi ha interrogato molto, per comprenderne le ragioni.
   Ne parlo con suor Marta , la superiora del monastero di Azeir:
 “Fra tutte queste vicende alterne che senza soluzione di continuità accompagnano il conflitto siriano da anni, c’è speranza, non c’è speranza, c’è accordo , non c’è accordo, sono buoni gli uni e cattivi gli altri, cattivi gli uni e buoni gli altri, gli aerei cadono per gli incidenti, oppure per l’Isis, oppure per il lavoro dei servizi segreti… in tutto questo, durante questa estate è accaduto qualcosa di molto importante, e di molto triste. Più triste del solito, perché colpisce la Siria al cuore: si sta ammalando la speranza. Non diciamo che è morta, non è vero, e poi…c’è sempre speranza. Ma il colpo è stato forte. Noi, che cerchiamo sì di essere informate per come si può, ma cerchiamo soprattutto di stare con la nostra gente, di sentire quello che loro sentono, semplicemente con loro, in tutti questi anni ci siamo incontrate sempre con questo sentimento di base: siamo colpiti, magari umiliati, certamente violati, abbiamo tutto il mondo contro… ma resistiamo. Resisteremo. Ecco, da questa estate, da quei giorni in cui si sono spalancate le porte dell’Europa e le immagini ci hanno mostrato migliaia di siriani (e non solo) percorrere i campi e le strade europei, cioè non quando le avete viste voi ma quando queste immagini sono state viste QUI, in Siria… per la prima volta dall’inizio della guerra abbiamo sentito attorno a noi lo sconforto, la desolazione. La solitudine della gente rimasta.  Prima –e dopo- c’era tanto dolore, tragico, orribile, devastante… ma con un’anima di vita dentro, nonostante tutto. Ma dopo queste immagini, abbiamo sentito attorno a noi un vero e proprio sgomento.
Ma soeur, hai visto ? non è rimasto più nessuno… Se ne sono andati tutti"..”ya haram! Cosa restiamo a fare qui ?” “Ma soeur, in Università da me non ho più compagni, sono rimasto solo io, sono tutte ragazze… Voglio andarmene anch’io..”. “I miei amici mi mandano messaggi, da là…mi chiedono cosa aspetto a partire”...
Qui da noi non cadono bombe e non piovono missili, come ad Aleppo; eppure vogliono partire. Non è solo emotività: ci sono delle ragioni molto concrete e valide per volersene andare, come il costo sempre più insostenibile della vita, il problema delle sanzioni che abbiamo cercato di segnalare  già altre volte, sanzioni che pesano come una spada di Damocle su qualunque iniziativa si possa prendere, il non vedere la prospettiva di una fine ( solo ora, dopo l’intervento della Russia, qualcuno riprende un po’ di coraggio…). Per qualcuno anche la prospettiva del servizio militare è una motivazione in più...  Questo desiderio irrefrenabile di partire è una desolazione. Una cosa tristissima. Più della morte, non sappiamo come spiegarvelo. 
Però, va bene, a cosa serve rattristarsi? Cosa facciamo? Ci piangiamo addosso? No. Ci sono comunque ancora tanti, abbastanza almeno, che scelgono di restare. Non diremmo “ non hanno scelta”. Qualcuno sì, e partirebbe subito. Ma altri scelgono di restare. Bene, senza giudicare chi fa altre scelte, costruiamo con chi resta.
Questo è quello che si può fare oggi...     Ed è importante, più di quel che sembri.  Non è solo questione di non darsi per vinti, di volere a tutti i costi portare avanti i propri progetti. E’ in gioco qualcosa di più importante, una vera e propria visione dell’uomo. Perché quello che ha colpito tutti è stato vedere che non sono solo quelli sotto le bombe a partire, quelli che hanno perso la casa, quelli che sono a rischio di qualche persecuzione, da una parte o dall’altra della barricata..., sono anche tanti che “cercano un futuro migliore”.   Non giudichiamo e capiamo bene: in Europa c’è povertà, sì, ma insomma un giovane magari comunque all’Expo riesce ad andare, occasioni di esperienze ne ha molte, sarà forse uno strazio e organizzato male, ma l’università è di buon livello, in giro per le strade di una città come Milano può anche sentire un concerto, o vedere una mostra a Firenze, o in qualunque paesino di provincia può imparare a fare l’elettricista con altri mezzi e altre tecnologie… a installare un fotovoltaico.. anche semplicemente avere una buona connessione internet gratis o quasi.. 
E a noi sembra proprio qui la sfida: tutte queste cose buone, utili in se stesse, che noi stesse apprezziamo quando ne abbiamo l’occasione, sono indispensabili per essere uomini e donne veri, pieni, completi, oggi ? E’ vero, questa società siriana è impoverita, distrutta, messa in ginocchio.. Ma questo significa che abbiamo perduto l’opportunità di “completare” il nostro percorso umano, di arricchirlo oggi e qui ? Cosa è veramente nelle nostre mani ? Quale potere abbiamo veramente nella nostra vita ? Non esiste davvero un’alternativa di sviluppo a quella che i paesi dell’Occidente hanno percorso ? E se qualcosa veramente ci manca, non possiamo cercare come ottenerlo, lavorare per ricrearlo, magari trovando il “ nostro” modo ? Anche in questa rovina concreta che abbiamo sotto gli occhi? 
Concretamente. Per aiutare a restare, occorre aiutare a vedere delle possibilità buone, possibilità vere... Aiutare per cibo, acqua , gasolio è fondamentale, soprattutto là dove le condizioni sono veramente inumane, e siano benedette le tante persone che spesso, anche a rischio della vita, si prodigano per il loro fratelli. E che lo stanno facendo instancabilmente da anni.  Ma aldilà della sopravvivenza, bisogna pensare anche a ricostruire l’oggi e il domani secondo criteri di vita, di crescita, persino di bellezza.. altrimenti la speranza si ammala. L’uomo non è fatto solo per mangiare, scaldarsi, sopravvivere, e il suo cuore lo sa.  Occorre sostenere l’impresa locale, tutte le piccole iniziative possibili sul posto. Tutti i segni di attività, di ingegno, di creatività.. Di collaborazione fra le forze. Sostenere e aiutare a creare il nuovo, là dove se ne intravvede la possibilità. In gioco c’è l’uomo, c’è la nostra piena umanità.  E questo raggiunge, riguarda , non solo i cristiani, ma tutti i siriani, senza differenze, perché è solo in uno sforzo della comune umanità rinnovata che potranno ricostruire insieme una nuova Siria. 
Da parte nostra, come monastero, sentiamo sempre di più l’invito ad essere, anche se semplicemente, un punto in cui si possa attingere una e-ducazione, cioè un essere condotti innanzi, fuori, fatti crescere prima di tutto dallo Spirito Santo, in un percorso di presa di coscienza della propria dignità e del valore della nostra esistenza comune come figli di un unico Padre."

S.O.S. : si sta ammalando la speranza… teniamola viva!

  Ci sono siriani disposti a restare e a custodire la speranza e aiutarsi reciprocamente per sperare, li abbiamo incontrati!  

  I religiosi, come suor Lydia del Giardino d'Infanzia di Marmarita ( "noi restiamo con la nostra gente, e se dovremo andarcene perchè vince Daesh saremo gli ultimi a lasciare il Paese") che si prende cura di 270 bimbi dai 6 mesi ai 6 anni, in gran parte sfollati;  
  il gruppo Foi et Lumiere della Valle dei Cristiani, che sulle orme di Jean Vanier continua ad accompagnare gli handicappati;   
  le nostre sorelle trappiste che vogliono offrire lo spazio perchè le donne del villaggio creino un laboratorio di cucito utile alle loro famiglie e in seguito aperto a ricevere ordinazioni di lavoro sartoriale; 
 il padre di famiglia amico dei Salesiani che produce candele, e Joni , sfollato da Aleppo, che ha inventato una macchina per fare i cioccolatini e si illumina alla mia proposta di sostenere il ricrearsi della sua micro-impresa qui in Kafroun , dando lavoro a un gruppo di famiglie cristiane.

E poi , mano a mano, si affacciano altre timide proposte: sostenere l'iniziativa di creare una sala a disposizione dei ragazzi per incontrarsi e per studiare, con qualche PC, un generatore per la luce , dei buoni testi i lettura;  
aiutare le iniziative di promozione della donna, come piccolo artigianato e una stamperia... 

  Non smettiamo di pregare perchè cessi l'instabilità politica e venga finalmente la pace nella 'amata Siria': soltanto  questo potrà veramente ridestare la speranza. 
E neppure smettiamo di operare presso gli organismi occidentali perchè vengano tolte le sanzioni che in Siria colpiscono non i governanti ma il popolo ( senza sanzioni si abbasserebbero i prezzi e le mafie non avrebbero tanto potere) .

  Vi propongo quindi di sostenere il primo piccolo progetto individuato : 
'scalda il Natale di un bimbo sfollato' : a Marmarita in inverno fa abbastanza freddo,  un completo 'berretto, sciarpa, guantini' , fatti a mano in modo da dare anche  lavoro a un gruppo di donne. Bastano 10 euro per bimbo. Sarà suor Lydia (Suore del Perpetuo Soccorso) a ricevere e provvedere alla distribuzione. 
Scrivendo all'indirizzo mail:  oraprosiria@gmail.com  vi daremo ogni riferimento.

  In seguito, nello spazio "Aiutateci a restare": progetti, sulla pagina principale del Blog, vi proporremo le iniziative che implementeremo con i coraggiosi che là resistono.

   Diamo una alternativa ragionevole alla disperazione dei nostri fratelli siriani, ma  in fin dei conti diamo a noi stessi le ragioni in cui si radica la speranza del nostro futuro e la nostra libertà.
Grazie, e buon Avvento!

   Fiorenza