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lunedì 21 gennaio 2013

Non dimenticate suor Rima e le centinaia di vittime di questa guerra


Mario Zenari: "Suor Rima è una delle tante vite spezzate da questa carneficina".



 - Suor Rima, 40 anni, siriana di Aleppo, era una religiosa delle Suore Maestre di S. Dorotea-Figlie dei Sacri Cuori. Insieme a un'altra consorella di origini italiane, portava avanti il lavoro di missione cristiana fra i giovani, gestendo un convitto per studentesse, situato a pochi metri dall'Università di Aleppo. Lo scorso 15 gennaio, la religiosa è rimasta vittima nell'attentato all'ateneo costato la vita a 87 persone e rivendicato dagli estremisti islamici. Fino ad ora il suo corpo non è stato ancora ritrovato. A confermare la sua scomparsa è mons. Mario Zenari, nunzio vaticano a Damasco.

Asia News 21/01/2013
 

Il prelato racconta che le due religiose erano ormai le uniche suore dorotee rimaste nel convento. Le altre quattro erano state richiamate in Italia alcuni mesi fa per ragioni di sicurezza. Insieme alla consorella, suor Rima condivideva le sofferenze di questa guerra. Nonostante la paura, il freddo e il rischio di morire sotto i bombardamenti, esse visitavano ogni giorno le famiglie del quartiere, cristiane e musulmane, offrendo ospitalità e aiuto spirituale agli sfollati della guerra, soprattutto alle giovani studentesse dell'università.
"La mattina dell'attentato - racconta mons. Zenari - suor Rima aveva meditato il passo in cui Gesù scaccia i demoni, confessando a Dio di essere disposta a offrire la sua vita se il suo sacrificio poteva alleviare le sofferenze della popolazione siriana. Dopo la preghiera, le due religiose sono uscite per la quotidiana visita alle famiglie e agli ammalati, dandosi appuntamento a casa per l'ora di pranzo". Il vescovo sottolinea che l'ultimo a veder viva suor Rima è stato il giardiniere del convento delle vicine suore carmelitane, anch'esso situato a poche decine di metri dall'università. Intorno alle 12, l'uomo stava conversando con la religiosa di ritorno dal lavoro mattutino, quando i due sono stati investiti da un muro di fuoco. Una volta riaperti gli occhi il giardiniere, rimasto ferito, ha visto intorno a sé solo macerie.
Mons. Zenari racconta commosso che i familiari e la consorella "hanno visitato tutti gli ospedali della città, sperando di trovare almeno il corpo della religiosa". Tuttavia "la maggior parte delle salme estratte dalle macerie sono irriconoscibili. Per avere un riscontro si dovrà procedere all'esame del Dna".
Il nunzio sottolinea che suor Rima è la prima religiosa cattolica vittima della guerra. "Purtroppo essa è una delle tante vite spezzate da questa carneficina, che sta devastando la vita di tutta la popolazione siriana senza distinzione di credo, etnia, appartenenza politica". "La situazione - aggiunge - è drammatica: chi non muore sotto le macerie dei bombardamenti o nelle sparatorie, sopravvive con difficoltà. Ad Aleppo, come in altre città della Siria, manca tutto: luce, gas, cibo, medicinali. Per scaldarsi, la gente taglia gli alberi dei giardini pubblici".
 "Il giorno dell'attentato all'Università di Aleppo - continua il nunzio - altre 120 persone sono morte in sparatorie, bombardamenti, omicidi sommari in altre province della Siria. In totale 216 vittime in un solo giorno. Queste cifre fanno ormai parte della nostra quotidianità. I media non si stupiscono più. Ma dietro ogni persona trucidata si celano storie di sofferenza e dolore, che non devono essere dimenticate".

http://www.asianews.it/notizie-it/Siria,-Nunzio-vaticano:-Non-dimenticate-suor-Rima-e-le-centinaia-di-vittime-di-questa-guerra-26920.html

sabato 22 dicembre 2012

Natale in Siria: cristiani e musulmani sfidano la guerra offrendo pasti caldi ai poveri

Mons. Mario Zenari, nunzio vaticano a Damasco, descrive l'attività delle parrocchie impegnate nella preparazione del Natale, nonostante le bombe e l'odio interconfessionale. In un istituto cattolico della periferia della capitale, decine di bambini ritagliano con gioia le figure del presepe. Nei saloni parrocchiali giovani cristiani e musulmani distribuiscono migliaia di pasti caldi senza distinzione di fede, fazione o etnia.


 
Asia News - 21/12/2012


 "Oltre 6.500 pasti caldi distribuiti ai poveri in un centro di aiuto a Damasco. La scarsità di viveri non ferma le parrocchie e gli istituti religiosi che ogni giorno sfornano pane fresco per migliaia di sfollati in fuga dalle bombe". È quanto racconta mons. Mario Zenari, nunzio cattolico a Damasco che descrive ad AsiaNews il miracolo della nascita di Gesù fra la popolazione siriana martoriata da 20 mesi di guerra civile.

"La gioia del Natale - afferma il prelato - si celebra anche in questo clima di conflitto e paura, ed è una sfida alle sofferenze e all'odio che ormai dilaga nel cuore della popolazione". Il nunzio sottolinea che diverse parrocchie a Damasco non hanno rinunciato a festeggiare il giorno più importante per la cristianità: "Lo scorso 16 dicembre ho visitato una piccola parrocchia nella periferia della capitale, dove da mesi si convive con le esplosioni dei mortai e gli spari di artiglieria pesante. Nel salone vi erano decine di bambini intenti a ritagliare nel cartone le figure del presepe. I più piccoli percepiscono più di noi adulti la gioia del Natale, anche attraverso questi gesti semplici. La loro letizia è il primo frutto del Natale in questo angolo di mondo martoriato dalla sofferenza, dove le famiglie cristiane vivono ogni giorno con fede profonda, andando alla radice del significato di questo Mistero: la solidarietà di Dio e di Gesù con noi. Egli stesso ha vissuto il dramma della fuga in Egitto per sfuggire alla strage degli innocenti. Tale episodio non è diverso da ciò che stanno vivendo oltre 500mila profughi che in questi mesi hanno attraversato il confine abbandonando tutto ciò che avevano".

Per mons. Zenari, lo spirito di questo Natale, non si ferma alle parrocchie, ma si diffonde fra i musulmani che insieme ai cristiani organizzano distribuzioni di viveri e beni di prima necessità agli sfollati. "Anche a Damasco - spiega - come nel resto del Paese, il pane è ormai una rarità, un bene di lusso, ed è per molti l'unico pasto quotidiano. Tuttavia, ho visitato decine di istituti religiosi che lavorano ogni giorno per donare alla popolazione il pane fresco o un pasto più sostanzioso se vi sono scorte". Il prelato indica in modo particolare l'attività di un centro di assistenza per i poveri della capitale, anonimo per motivi di sicurezza, dove si distribuiscono fino a 6500 pasti caldi al giorno. "Qui lavorano gratuitamente giovani cristiani e musulmani. Il cibo viene distribuito a chiunque ne fa richiesta, senza distinzioni di credo, fazione o etnia".

In questo clima di guerra, il nunzio nota che la carità e la condivisione si impongono in modo potente sull'odio e il risentimento che sono purtroppo le vere armi ad orologeria di questo conflitto. "Lo spirito del Natale - afferma - si mostra vivo in questi piccoli gesti".

Secondo un documento diffuso oggi dall'Onu il conflitto fra Free Syrian Army e il regime di Bashar al-Assad si è trasformato in una lotta interconfessionale fra sunniti e alawiti che ha ormai rotto ogni legame con la politica, e rischia di coinvolgere anche le minoranze cristiane e armene. Nei prossimi mesi si temono eccidi di massa, con la fuga oltre confine di intere comunità e minoranze etniche. Nel rapporto, si fa anche una nuova stima degli aiuti necessari per oltre 1 milione di sfollati, che ha raggiunto la cifra record di 1,5 miliardi dollari.

Invitando tutti i cattolici dell'occidente a pregare per la Siria, il prelato sottolinea che "una volta terminata la guerra i leader di tutte le fedi religiose avranno l'arduo compito di disinnescare queste 'bombe di risentimento e vendetta' annidate nei cuori della gente, testimoniando uno sguardo di amore e riconciliazione". (S.C.)
http://www.asianews.it/notizie-it/Natale-in-Siria:-cristiani-e-musulmani-sfidano-la-guerra-offrendo-pasti-caldi-ai-poveri-26695.html

martedì 27 novembre 2012

Una preghiera al giorno per la Siria

  Nunzio a Damasco: Non c'è "primavera araba" in Siria. Non dimenticate i siriani e pregate per loro

AsiaNews, 27/11/2012


 "Le violenze in Siria rischiano di diventare un conflitto dimenticato. All'inizio i morti facevano notizia. Ora le vittime aumentano di giorno in giorno, si parla anche di centinaia di uccisi, ma nessuno dice nulla, è ormai una routine. Come tutte le guerre anche per quella siriana ci sarà l'oblio".
Con questa drammatica confessione mons. Mario Zenari, nunzio vaticano in Siria, descrive ad AsiaNews il dramma della popolazione di Damasco, l'ultima città in ordine di tempo ad essere entrata ufficialmente in guerra. "A causa dell'embargo - spiega - è difficile far giungere aiuti umanitari, ma nell'imminente periodo di Avvento invito tutti a pregare per la Siria, a dedicare un momento della giornata alle sofferenze di questa gente. Non lasciamo che il dolore patito dai siriani venga dimenticato".

Il prelato racconta che dagli inizi di novembre "la situazione umanitaria è un inferno, che ha coinvolto anche la capitale, trasformatasi in una città blindata". Il dramma è acuto soprattutto nei quartieri periferici: Darayya, Qudssaya, Irbin. Qui si combatte giorno e notte, le bombe hanno polverizzato anche le poche case rimaste in piedi. Ieri, 76 persone sono morte sotto i bombardamenti. Fra essi anche 10 bambini colpiti da una bomba a grappolo mentre giocavano in un campo da calcio situato in un quartiere meridionale della capitale.

"Diversi miei impiegati - afferma mons. Zenari - vivono ormai nella sede della nunziatura, perché non possono rientrare nelle loro case, altri non hanno più un tetto e passano la notte negli scantinati, o in rifugi di fortuna. Le parrocchie si sono trasformate in dormitori. I conventi tentano di offrire a tutti ospitalità, anche in giardino". "Ma ora - continua il nunzio - con l'arrivo dell'inverno gli sfollati rischiano di morire di stenti e di freddo. Ogni giorno ricevo telefonate da parte di religiosi e sacerdoti che mi chiedono: Cosa possiamo fare per questa gente?. La Chiesa ha messo ogni suo spazio a disposizione, dalle stanze degli uffici, ai magazzini agli stessi luoghi di culto. Tuttavia senza aiuti esterni e l'ipotesi di un cessate il fuoco anche tali sforzi rischiano di essere una piccola goccia nel mare".

Mons. Zenari confessa che la domanda più ricorrente fra i siriani è: "Quanto durerà questa guerra?". Dagli ultimi tentativi in giugno di Kofi Annan per un cessate il fuoco, il conflitto non è un più un'emergenza temporanea; esso si è trasformato in una realtà quotidiana che appare senza fine. "Questa precarietà - sottolinea il nunzio - uccide la speranza di tornare alla normalità, che si somma al dolore per i propri cari uccisi".
Tornato di recente da un viaggio in Italia, il prelato ha assistito in poco tempo al peggioramento della guerra: "Ora la popolazione versa in condizioni ancora più drammatiche di qualche mese fa.
Al dolore per i bombardamenti, le vendette fra gruppi politici e religiosi, si è aggiunta anche la criminalità locale, che non sta con nessuno. Nel Paese, vi sono centinaia di rapimenti che falcidiano le famiglie, non solo quelle ricche, ma ormai anche quelle più povere. Questi delinquenti per loro stessa ammissione non sostengono nessuna fazione politica o militare. Essi sfruttano il clima di instabilità per fare i propri interessi. I media purtroppo non ne parlano, ma molte famiglie, anche qui a Damasco sono toccate da questa piaga, che ha reso ancora più dolorosa la loro vita".

Il diplomatico spiega che vi sono due tipi di sequestro. Il primo è politico e serve ai gruppi dei due schieramenti per chiedere la liberazione di prigionieri. Il secondo è invece a sfondo di riscatto.
Quest'ultimo è molto diffuso e costringe la popolazione a fare anche delle collette pubbliche per liberare i propri cari, che spesso rischiano comunque di essere uccisi nell'indifferenza generale. Il Nunzio racconta che la Chiesa è attiva anche in questo campo e in tutte le parrocchie dove avvengono questi casi sono stati creati dei comitati per mediare con i rapitori. "Essa - afferma - è l'unica vera istituzione rimasta integra nel Paese, dove qualsiasi organo statale e privato si sta sfaldando. Tutti si rivolgono a lei: cristiani, musulmani, alauiti e sunniti. Ecclesiastici, sacerdoti, religiosi e religiose tentano spesso a rischio della vita di portare riconciliazione e perdono anche dove sembra impossibile".

Secondo il prelato, bisogna evitare che questa guerra cada nell'oblio. L'Occidente ha il dovere di informarsi, di cercare di comprendere questa situazione, anche se i media e i governi sono inclini a facili risposte. Mons. Zenari precisa che in Siria non è in atto una Primavera araba come in altri Paesi del Medio oriente, ad esempio la Tunisia, l'Egitto, lo Yemen, la Libia. Dopo un anno di scontri e manifestazioni, in questa guerra sono entrati troppi fattori esterni. La popolazione non ha più voce ed ha un unico desiderio: ritornare a vivere.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-a-Damasco:-Non-dimenticate-i-siriani-e-pregate-per-loro-26463.html


27 novembre, memoria di San Giacomo il Mutilato: la commossa testimonianza dei Monaci di Mar Yacub

http://www.maryakub.org/vie.html
 
"Nel nostro piccolo monastero di San Giacomo vivono  monaci e monache provenienti da 8 nazioni - e non uno solo di noi è tornato a casa, ma abbiamo liberamente deciso di stare qui a rischio della nostra vita. Perché, credete che abbiamo la venerazione di Bashar Assad? No, amici, noi non abbiamo scelto questo conflitto, e non abbiamo neppure un grande amore per la politica, ma noi siamo qui in Siria a soffrire con il popolo siriano, per aiutarlo a raggiungere il dialogo, per portare quell'interna musallaha, riconciliazione - che è l'unica via per la pace. "Siate servitori della riconciliazione e di pace!" con queste e molte altre parole buone il nostro caro Papa ha incoraggiato tutti i popoli del Medio Oriente nel suo recente viaggio in Libano, e ancora ieri. Le potenze mondiali  vogliono fomentare la guerra in Siria, non c'è che dire - e noi dobbiamo fermarla! Nel nome adorabile di Gesù, imploriamo la pace per tutti!"

domenica 16 settembre 2012

"Ho saputo inoltre che ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria. Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica. Dite attorno a voi che il Papa è triste a causa delle vostre sofferenze e dei vostri lutti. Egli non dimentica la Siria nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni. Non dimentica i mediorientali che soffrono. E’ tempo che musulmani e cristiani si uniscano per mettere fine alla violenza e alle guerre."


La Siria nell'Angelus del Papa a Beirut,
16 settembre 2012

Cari fratelli e sorelle!
Rivolgiamoci ora a Maria, la Madre di Dio, Nostra Signora del Libano. A lei domandiamo di intercedere presso il suo Figlio divino per voi e, in modo particolare, per gli abitanti della Siria e dei Paesi vicini implorando il dono della pace. Voi conoscete bene la tragedia dei conflitti e della violenza che genera tante sofferenze. Purtroppo, il fragore delle armi continua a farsi sentire, come pure il grido delle vedove e degli orfani!
La violenza e l’odio invadono le strade la vita, e le donne e i bambini ne sono le prime vittime. Perché tanti orrori? Perché tanti morti? Faccio appello alla comunità internazionale! Faccio appello ai Paesi arabi affinché, come fratelli, propongano soluzioni praticabili che rispettino la dignità di ogni persona umana, i suoi diritti e la sua religione! Chi vuole costruire la pace deve smettere di vedere nell’altro un male da eliminare. Non è facile vedere nell’altro una persona da rispettare e da amare, eppure bisogna farlo, se si desidera costruire la pace, se si vuole la fraternità . Possa Dio concedere al vostro Paese, alla Siria e al Medio Oriente il dono della pace dei cuori, il silenzio delle armi e la cessazione di ogni violenza! Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli! Maria, che è nostra Madre, comprende la nostra preoccupazione e le nostre necessità. Con i Patriarchi e i Vescovi presenti, pongo il Medio Oriente sotto la sua materna protezione. Che possiamo, con l’aiuto di Dio, convertirci per lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa.
Ora preghiamo: Angelus Domini…


MONS. ZENARI: LE PAROLE DEL PAPA AI GIOVANI UN DONO PER I CRISTIANI
Forte l’emozione suscitata dalle parole di Benedetto XVI ai giovani siriani sulla drammatica situazione che il loro Paese sta vivendo. Lo conferma, al microfono del nostro inviato, Alessandro Gisotti, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria
R. - E’ stata una sorpresa emozionante, molto emozionante. Penso che abbia toccato il cuore dei giovani in Siria, dei cristiani, ma anche delle altre fedi; credo che abbia toccato anche le loro famiglie. Qui in Siria sto facendo l’esperienza di molti giovani, cristiani soprattutto, che si pongono l’interrogativo: “Qual è il nostro ruolo per uscire da questa crisi? Quale deve essere il nostro impegno?”. A livello parrocchiale ci sono anche begli esempi di impegno nel campo sociale con i profughi, così come anche a livello di associazioni varie. Credo che questo sia stata veramente - lo ripeto - una sorpresa molto, molto gradita e un dono del Santo Padre per i cristiani, i giovani in particolare, per le loro famiglie e per le loro parrocchie qui della Siria.
D. - Il Papa ha tenuto a sottolineare che è nel suo cuore, nelle sue preghiere e nelle sue preoccupazioni quello che succede in Siria e le sofferenze di tutti i siriani, cristiani e non cristiani…R. - Sì, sono nel cuore del Papa le persone di qualsiasi credo, che sono colpite da questa immane sofferenza, basta vedere le cifre dei rifugiati, degli sfollati; è gente che soffre così terribilmente in questi giorni e da un anno e mezzo in Siria. Credo che tutti loro abbiano un posto privilegiato nel cuore del Santo Padre. E’ stato bene che lo abbia anche espresso e detto, perché tutti lo sappiamo.

http://it.radiovaticana.va/news/2012/09/16/mons._zenari:_le_parole_del_papa_ai_giovani_un_dono_per_i_cristiani/it1-621605

lunedì 25 giugno 2012

Siria accanto a chi soffre

Pubblicato in data 25/giu/2012 da



Una popolazione immobilizzata, che vive nella paura per gli attacchi che si moltiplicano nel paese, quella della Siria, dove la comunità cristiana soffre accanto ai musulmani -per una situazione sempre più complessa. Anche oggi a Homs ed in altre città sono in corso bombardamenti delle forze governative. Solo ieri i morti sono stati 80, mentre da Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, giunge la notizia che la chiesa greco-cattolica di Sant'Elia è stata occupata da un gruppo di miliziani dell'opposizione siriana. Abbiamo raggiunto telefonicamente mons Mario Zenari, veronese, da oltre 3 anni nunzio a Damasco, in Siria.

Intervista a:

Mons. MARIO ZENARI
Nunzio Apostolico a Damasco - Siria

Intervista di Sara Fornari

giovedì 31 maggio 2012

Contro i tamburi di guerra....

Nunzio apostolico: L'Onu guardi i frutti del dialogo interreligioso non solo le cannonate
Damasco (AsiaNews) - "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". E' quanto afferma ad AsiaNews, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Il prelato invita ancora una volta i Paesi occidentali e i cosiddetti "amici della Siria" a sostenere le iniziative di dialogo che stanno avvenendo in modo spontaneo fra la popolazione che tenta di cambiare dal basso l'attuale situazione. "Le immagini delle violenze di Houla - spiega - hanno scioccato tutti e hanno spinto i siriani al dialogo, soprattutto nelle aree più colpite dalla guerra".
Oggi, a Homs più di 20 leader religiosi cattolici, ortodossi, sunniti e alawiti si sono incontrati insieme ai rappresentanti del governo locale e nazionale per discutere in modo pacifico i problemi che da oltre un anno affliggono il Paese. In attesa di un comunicato ufficiale, mons. Zenari spiega che i capi religiosi e politici hanno condannato i massacri, per evitare un conflitto fra fazioni religiose e politiche. Ogni delegato è consapevole che il Paese sta andando alla deriva. Alle violenze si aggiungono atti di banditismo, furti, omicidi, regolamenti di conti fra famiglie rivali. "Fra i problemi più gravi - continua - vi sono le continue sparizioni di persone, rapite per estorcere denaro e utilizzate come merce di scambio". Ieri, i leader si sono scambiati le liste dei rapiti, impegnandosi a fare di tutto per fermare questa piaga, che in più di un'occasione è sfociata in massacri con morti e feriti.
"I cattolici - aggiunge mons. Zenari - sostengono queste piccole iniziative positive e cercano di lavorare su tutti i fronti". Il prelato spiega che in ogni città vi sono gesti e iniziative di carità, per soccorrere intere famiglie rimaste senza casa e cibo con cui sfamarsi, la speranza è che tale positività prevalga sull'odio e la violenza.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-L%27Onu-guardi-i-frutti-del-dialogo-interreligioso-non-solo-le-cannonate-24891.html

I rifugiati siriani accolti dai Gesuiti nel convento di San Vartan
Famiglie di sfollati siriani, fuggite dal conflitto che infuri nell'Ovest del paese, hanno trovato accoglienza e ospitalità nel Convento di San Vartan, gestito dai gesuiti nel quartiere di Midan, nel cuore di Aleppo. Il convento, dedicato al Santo armeno, era un secolo fa una scuola armena, poi servita ad accoglier i rifugiati armeni. Nel novembre 2008 i gesuiti, tramite il “Jesuit Refugees Service”, dopo averlo restaurato, vi hanno aperto un Centro di accoglienza per rifugiati, con attività di dopo scuola per ragazzi e attività sociali. A beneficiarne sono stati rifugiati iracheni e bambini di famiglie povere siriane. Il Centro ha continuato ad accogliere fino al 2010 nuove famiglie dall’Iraq, che si sono gradualmente inserite nel tessuto sociale della città, stabilendosi n Siria. Oggi il Centro è aperto a sfollati e bisognosi, senza alcuna discriminazione di religione, gruppo etnico, provenienza. Data la violenza che prosegue in Siria, alcuni sfollati interni siriani sono arrivati al Centro e hanno trovato un'oasi di accoglienza e soldiarietà.
Il dramma dei rifugiati siriani continua: secondo l'ultimo rapporto Unicef, sono oltre 54.000 i rifugiati siriani in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Il 50% sono bambini che hanno lasciato le scuole, soffrono la povertà e traumi causati dalla fuga.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39200&lan=ita

Il Gesuita p. Paolo Dall'Oglio in preghiera a Qusayr per fermare il conflitto confessionale
Il minareto lo sveglia nel cuore della notte ma, in tal modo, “lo aiuta nella preghiera prima dell’alba, quella dei monaci orientali”. Un'oasi di preghiera “nel bel mezzo della lotta, in una città circondata; un’orazione costante, turbata da colpi di mitragliatrice”. E’ il Gesuita padre Paolo Dall'Oglio il prete cattolico che si è stabilito a Qusayr, città a Sud di Homs, martoriata dalla violenza, per fare un'esperienza prolungata di digiuno e preghiera per la pace. Come rivelato nei giorni scorsi dall'Agenzia Fides, il suo vuol’essere “un segnale contro corrente”, un modo non violento di vivere e testimoniare la fede in Cristo nel bel mezzo del conflitto. “Ho scelto Qusayr perchè, con la mia presenza, voglio cercare di sanare la polarizzazione confessionale che si è verificata in città. Ho ascoltato la supplica di alcune famiglie cristiane che hanno visto i propri cari rapiti e vorrei fare del mio meglio, con la preghiera e con il dialogo, per ricomporre le fratture”, spiega a Fides p. Dall'Oglio. Nella città vi è stata crescente conflittualità fra musulmani e cristiani, con una lunga scia di rapimenti, vendette, omicidi.
Bande armate di miliziani fuori controllo, riconducibili alla galassia dell’opposizione siriana, hanno compiuto violenze sui cristiani. Il cristiano André Arbache, padre di famiglia di 30 anni, nel gennaio scorso è stato rapito e poi trovato morto. Molti altri cristiani sono vittime di sequestri. Qusayr è una città dove viveva un comunità greco-cattolica fra le maggiori della Siria, di circa 10mila persone, accanto a 15mila musulmani sunniti. “I cristiani – spiega p. Dall’Oglio – sono quasi tutti fuggiti dalla città, ne sono rimasti pochissimi”.
Il Gesuita è ospite di un famiglia cattolica, dato che la casa parrocchiale a Qusayr non è un luogo sicuro. “La mia preghiera e la mia presenza vuol'essere anche un segno di speranza, perchè questa primavera siriana possa sbocciare, verso un futuro di unità e dialogo all'insegna del pluralismo”, rimarca. Intorno alla sua persona si sta ricostruendo un tessuto di relazioni strappato dalle dinamiche della violenza, che facilmente sconfina in una spirale di odio e vendetta fra persone, famiglie, comunità di diversa religione. Le parole chiave sono “riconciliazione e perdono, fratellanza nel nome di Dio”. Nella speranza di costruire, anche con la preghiera, una Siria più umana, rispettosa della dignità e dei diritti di tutti. (PA) (Agenzia Fides 30/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39199&lan=ita


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» ha dichiarato ad Avvenire in un’intervista dell’11 maggio l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. Intervista di Luca Geronico
Ex custode di Terra Santa, Giuseppe Nazzaro è vicario apostolico di Aleppo dopo una vita intera spesa in Medio Oriente. Nessuna tentazione di fuga, ora che la violenza sembra dilagare: «Noi restiamo qui», afferma irremovibile.

Eccellenza, dopo il duplice attentato di Damasco siamo sull'orlo di una guerra civile?
No no. Non siamo sull'orlo di una guerra civile. Qui in Siria stiamo rischiando un'altra cosa.

Quale, eccellenza? Faccia attenzione a quello che le dico. In Iraq ora a cosa siamo arrivati? Me lo dica lei. Forse a una situazione di ingovernabilità?
Esatto. E chi l'ha causata?

Prego.
Devo dirlo io? È l'Occidente che ha portato a questo. E qui stiamo, più o meno, arrivando alla stessa situazione. È l'Occidente che vuole questo. Ma veramente l'Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità? Queste domande me le pongo io, ma anche tanti altri qui ad Aleppo. È stato l'Occidente a ridurre l'Iraq così, mentre ci sono tante altre strade per arrivare a discutere. I kanirkaze dove sono nati? In Giappone e poi in Palestina. E a chi facevano comodo?

Mi vuole dire che ci sono infiltrazioni terroristiche dall'estero funzionali a creare uno stato di tensione che giustifichi un intervento internazionale? Sarebbe tremendo se si verificasse un intervento internazionale?
Una coalizione internazionale in Iraq a che cosa ha portato? Ieri il capo della missione Onu qui ad Aleppo ha detto che, se si vuole discutere, gli attacchi non fanno bene a nessuno, né all'interno né all'esterno. Quindi cerchiamo di darci una regolata dall'esterno per poter intervenire anche dall'interno.

Una «regolata dall'esterno»? Più precisamente? I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così.
L'Egitto, che il mondo ha tanto applaudito, ha ottenuto quello che voleva? Vediamo o non vediamo che gli interventi dell'Occidente, che con tutto il rispetto non capisce per nulla la psicologia di questi popoli, non portano a nulla? Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. Questo mi chiedo io, assieme a molta gente di buona volontà.

Per uscire da questa crisi sociale e politica, il piano Annan le sembra una buona possibilità o va contro il sentire profondo della Siria?  Ho già dichiarato che il piano Annan è buono, ma chi lo segue? L'Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi ha fatto questi 55 morti, il governo o l'esercito? E allora perché non si riesce a fare un discorso anche su chi ha provocato queste vittime? Chi li ha istigati, chi li sostiene? L'Occidente. E allora forti di questo appoggio si va avanti così. L'Occidente sta riducendo questo Paese come l'Iraq.

Quindi per lei bisogna dare credito al governo e alle riforme che Assad ha iniziato?
Certamente. Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall'esterno, l'effetto è controproducente. La minoranza cristiana teme che alla fine questo legittimi il fondamentalismo e riduca ulteriormente, la vostra libertà? Guardi, quanto a libertà qui io non ho alcuna restrizione. Qui nessuno ci costringe. Quale altro Paese vicino gode di tutta questa libertà? Invece c'è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato.


lunedì 28 maggio 2012

La vérité sur Houlé

VOX CLAMANTIS – 26 maggio 2012
Traduzione dal francese a cura della Fraternità Maria Gabriella
Domandiamo agli nostri lettori di non lasciarsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Houle. Contrariamente a quanto viene affermato dai media e dalle nostre prime informazioni raccolte, l’armata siriana regolare non si è posizionata e non ha bombardato Houlè.

Si tratta, da parte dei terroristi, di un colpo montato al quale l'opinione pubblica è già molto abituata e, da parte del governo di una dimissione inaccettabile, che lascia civili innocenti affidati alla sua protezione e forze dell'ordine in numero insignificante essere oggetto di impressionanti attacchi da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto ed armati fino ai denti, con la pura missione di “creare” le  vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue.

Questo coincide con l'annuncio della prossima visita di Kofi Annan e lo scopo è quello di screditare questa missione, gettandone tutto il biasimo sulle legittime  autorità siriane. Le notizie che noi forniamo vengono da testimoni oculari che vivono sui luoghi. Essi non hanno per finalità quella di “proteggere” il regime ma di “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e consegnata alla selvaggia furia dei terroristi.

La verità su Houle

Ecco ciò che noi abbiamo ricevuto da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Houle:

“Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le otto di sera. Hanno attaccato le barricate delle forze dell'ordine intorno all'ospedale e hanno ucciso e ferito circa 35 elementi tra le forze dell'ordine, poi sono penetrati nell'ospedale statale. All'interno dell'ospedale si trovavano i pazienti e le equipes sanitarie e alcuni familiari che accompagnavano i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poli hanno bruciato l'ospedale dopo aver trasportato i cadaveri. Sui canali video dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della salute”. Questo prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono in seguito dirette verso le case circostanti, hanno massacrato i loro abitanti, hanno bruciato cinque case dopo aver trasportato i cadaveri. Dei rinforzi sono arrivati da parte delle forze dell'ordine. Ci sono stati scambi di fuoco e nove terroristi sono stati uccisi.

Sulla via, essi si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo di aver venduto dei medicinali a un membro del servizio dell'ordine ed hanno bruciato la sua farmacia.

Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tel Do. Hanno investito il quartiere sud e hanno massacrato famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato fuoco dopo aver trasportato i cadaveri.
I cadaveri raccolti sono stati ammassati  in una moschea per mostrarli agli osservatori dell'ONU come se fosse stato un massacro perpetuato dall'armata regolare.

Diverse notizie dalla regione di Homs e di Hama

A Salamiyeh, grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti di cui un gran numero sono oppositori ( comunisti e houranis) c'era un funerale e le persone venivano a presentare le loro condoglianze, bande armate vestite con degli “schmakhs”, copricapi dei beduini del deserto, senza dubbio per incitare gli abitanti di Salamiyeh a credere che questi fossero i loro vicini i beduini del deserto “badiyat” e fomentare la guerra civile. Le bande armate di PKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti, uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.

Nel villaggio di Siphonyeh, presso Kattineh, a 15 km a nord di Homs, bande armate si sono introdotte in gran numero e hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi  6 bambini e anche il suo vicino e suo figlio. Hanno anche bruciato le case prima di ritirarsi,
Tutta la campagna di Kusayr è a ferro e  fuoco, in un vuoto di sicurezza spaventoso. Da due settimane  la guerra civile è cominciata tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti. E sunniti del villaggio di Saargi, contrabbandieri e banditi, hanno cominciato a uccidere e rapire civili dei villaggi sciiti di Safsafè, Zeytè, Hawik . Per proteggersi gli sciiti hanno dovuto prendere le armi perché i sunniti attaccavano con fucili, mitragliatrici e mortai e RPG. Gli sciiti sono stati presi di sorpresa perché essi non erano armati ma alcuni possedevano armi personali. Gli sciiti hanno rapito due sunniti della famiglia Hseykeh e fino ad oggi l'atmosfera è molto tesa. Un antico contenzioso opponeva questi due villaggi ma essi avevano celebrato una grande riconciliazione con la presenza dello Cheikh Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Erano stati invitati villaggi all'intorno e i notabili cristiani di Kusayr  erano stati invitati. Purtroppo la consegna delle bande armate è di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell'assenza di forze dell'ordine o davanti alla loro impotenza, non c'è altra alternativa per gli abitanti che proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.

Come abbiamo spiegato nel nostro articolo di ieri, le città e villaggi si organizzano verso un'autonomia di sicurezza a partire dalle alleanze e dagli equilibri tribali sottili e inimmaginabili, per esempio ,come noi dicevamo, l'accordo realizzato tra Nebek e Flitta: “non rapite più i nostri sennò noi interdiremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nabek.”

Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione della sua presenza rispetto alla sicurezza, in virtù della quale il mosaico siriano si fratturi in una logica di affinità confessionali tribali o politiche, in base ad alleanze, a rifiuti, a tradimenti , per un riallineamento alla maniera libanese? Sinistra prospettiva….
Vox Clamantis
Vox Clamantis est un centre d’information du diocèse grec melkite catholique de Homs, Hama et Yabroud

AGGIORNAMENTO DA VOX CLAMANTIS 
31 maggio 2012 – Redatto da Frére Jean

 Il generale Suleiman, Presidente del tribunale militare, capo dell'investigazione sul massacro di Houlé (del 26 maggio 2012) ha dato questa sera i risultati preliminari, basati su dichiarazioni di testimoni oculari presenti sulla scena, ed anche sullo studio dei rilievi militari e penali:
Il Generale ha detto che dopo la preghiera del venerdì, 600-800 uomini armati hanno attaccato di sorpresa le 5 postazioni di controllo tenute dalle forze di sicurezza siriane nella regione di Taldo. Tutte le armi furono utilizzate in questo attacco, compresi cannoni di mortaio. Le forze di sicurezza hanno cercato di respingere questi attacchi. Allo stesso tempo delle bande armate si sono sparpagliate intorno alle posizioni del national hospital di Taldo e della piazza dell'orologio. Hanno massacrato famiglie parenti del Deputato Abdel Karim di Taldo che ha sfidato l'embargo dell'opposizione nelle ultime elezioni parlamentari. Le famiglie massacrate sono note per essere pacifiche e vicine al regime. I cadaveri sono stati trasportati su veicoli dei terroristi per essere riuniti nella moschea. Un altro gruppo armato si è diretto su Shumariyeh a pochi chilometri di distanza e ha massacrato famiglie appartenenti alla confessione di Sciita, anch’esse vicino al regime. Anche questi cadaveri sono stati anche ammassati nella moschea.
Il Generale Suleiman ha assicurato che l'osservazione dei morti mostra che essi furono tutti uccisi da vicino, o da arma da fuoco o da un strumento tagliente. Nessuno porta traccia di obus o schegge metalliche. Nessuno sembra essere stato colpito da un oggetto provocato da un bombardamento. Al momento del massacro di forze siriane stavano respingendo vari attacchi e non potevano disperdersi per un'altra missione. Più quartieri dove i massacri siano stati commessi sono sotto l'autorità dei miliziani ribelli ed è praticamente impossibile alle forze di ordine entrarvi.
 Mr Jihad Makdessi, portavoce del Ministero degli affari esteri ha segnalato che appena al  corrente degli eventi drammatici di Hula, le autorità siriane hanno contattato il Generale Mood, capo osservatore della Nazioni Unite, per chiedergli di recarsi sulla scena. I miliziani ribelli lo attendevano con i corpi delle vittime raccolte da loro.
 Mr Jihad Makdessi, dopo questo atto criminale gravemente condannato dal suo governo, sta cercando di dimostrare che la Siria soccombe a una guerra settaria.
 Anche Vox Clamantis i.D.D. ha saputo da un testimone oculare che il 29 maggio, h 5 del mattino, bande armate attaccarono la stazione di polizia nel villaggio di Dmeineh, sulla strada per Qusayr. Questo villaggio è interamente cristiano e conta circa 400 famiglie greco-cattoliche. Gli scontri sono durati più di due ore e due case hanno ricevuto tutta la forza di proiettili lanciati dai terroristi. La stazione di polizia ha respinto l'attacco in cui un ufficiale di polizia ha perso la vita, e molti sono rimasti feriti. Si sono registrati sette morti tra i miliziani.
 La città di Dmeineh, tagliata fuori come Kusayr del mondo esterno, vive difficili giorni e si prepara a sua volta a evacuare, come è avvenuto per Kusayr e i quartieri cristian di Homs.
 Vox Clamantis in Deserto Damasci è il centro di informazione delle diocesi greco-cattolica di Homs, Hama e Yabroud.


Syrien Eine Auslöschung
13.06.2012 · Das Massaker von Hula ist ein Wendepunkt im syrischen Konflikt. Die westliche Öffentlichkeit beschuldigt, gestützt auf die UN-Beobachter, die syrische Armee. Diese Version kann auf Grundlage von Augenzeugenberichten bezweifelt werden. Demnach wurden die Zivilisten von sunnitischen Aufständischen getötet.
Von Rainer Hermann
http://www.faz.net/aktuell/politik/arabische-welt/syrien-eine-ausloeschung-11784434.html


Ascolta il Messaggio del Nunzio Mons Zenari a Radio Vaticana
http://212.77.9.15/audiomp3/00317947.MP3
"Il massacro di bambini innocenti è un crimine insopportabile, che getta una nuova ombra su questa orribile guerra. Tuttavia, le reazioni indignate degli organi internazionali non bastano. L'Onu deve sostenere e dare voce alle iniziative delle comunità siriane, che tentano di reagire alle violenze in modo costruttivo e non con la vendetta". "Non importa chi sia l'autore di queste stragi - continua il prelato - la spirale di sangue e violenza deve cessare". "Gli osservatori Onu non stanno facendo molto - racconta mons. Zenari - e vi è poca fiducia fra la popolazione sui risultati concreti del piano di Kofi Annan. La popolazione sta tentando di organizzarsi da sola per trovare soluzioni alternative". In questi giorni a Homs, una delle città simbolo della rivolta contro il regime, i leader cristiani cattolici e ortodossi, alawiti, sunniti e rappresentanti della società civile, hanno organizzato una serie di incontri per cercare una soluzione non violente al conflitto. "L'idea - aggiunge il nunzio - è quella di dare un segno di speranza ai siriani e invitarli a mettersi in gioco e a reagire in modo costruttivo e pacifico, contro chi vuole distruggere il Paese". Tali iniziative continueranno nei prossimi giorni e saranno proposte anche in altre città della Siria.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-contro-il-massacro-di-innocenti,-non-basta-la-condanna-dell'Onu-24866.html


Preghiera e digiuno nell’inferno della lotta: l’esperienza di un prete cattolico
Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’Agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che per ora preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione.
Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”.
Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (PA) (Agenzia Fides 28/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39191&lan=ita


PATRIARCA GREGORIO III LAHAM, “FERMARE STRAGI, PIENO APPOGGIO AL PIANO ANNAN
“Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan”: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. In una dichiarazione rilasciata al Sir il presule, commentando le ultime stragi a Hula, Hama, con molti bambini tra le vittime, torna ad invocare “la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo. La comunità internazionale, l’Europa in testa, sappiano aiutare la Siria ad uscire da questa grave situazione. Il mondo aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza - papa Benedetto XVI lo ricorda sempre - non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte ed oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=240632


DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A PROPOSITO DELLA STRAGE DI HULA
La recente strage di Hula, dove ha perso la vita un centinaio di persone, tra cui numerosi bambini, addolora e preoccupa profondamente il Santo Padre e l’intera comunità cattolica, nonché la comunità internazionale, che ha condannato unanimemente l’accaduto.
Nel rinnovare il suo appello alla cessazione di ogni forma di violenza, la Santa Sede esorta le parti interessate e tutta la comunità internazionale a non risparmiare alcuno sforzo per risolvere la crisi attraverso il dialogo e la riconciliazione. Anche i leaders e i credenti delle diverse religioni, con la preghiera e la collaborazione vicendevole, sono chiamati a promuovere con grande impegno l’auspicata pace, per il bene di tutta la popolazione.
http://www.news.va/it/news/71656

venerdì 11 maggio 2012

Attentati a Damasco: la nostra Rassegna Stampa

Da diversi organi di Stampa la lettura dei tragici attentati
( 60 morti, 395 feriti)

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A RIGUARDO DEGLI ATTENTATI DI IERI IN SIRIA
Davanti ai tragici attentati che ieri hanno insanguinato le strade di Damasco non si può che esprimere una ferma condanna e la commossa vicinanza del Santo Padre e della comunità cattolica alle famiglie delle vittime. Questi attentati dovrebbero spingere tutti ad operare una svolta per un rafforzato impegno nel dare attuazione al Piano Annan, che è stato accettato dalle parti in conflitto. Gli attentati di ieri attestano inoltre che la situazione in Siria richiede un impegno congiunto e deciso da parte di tutta la comunità internazionale perché si ponga in atto quel Piano e al più presto siano inviati altri Osservatori. È sempre più attuale l’appello formulato dal Santo Padre il giorno di Pasqua: Occorre intraprendere senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione.
http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29175.php?index=29175&lang=it


SIRIA/ Khalil Samir: dopo le bombe si avvicina l’incubo della guerra religiosa
.....  Come uscire da questa spirale di violenza?
Le possibilità sono due: o si continua a combattere e il più forte vincerà, o si passa alla diplomazia. La prima soluzione significa che la guerra continuerà senza tregua, dal momento che il Governo, forte dei suoi armamenti, continuerà a combattere. Questo incita l’opposizione a richiedere l’aiuto di Governi contrari al regime di Bashr Al Assad, in particolare l’Arabia Saudita o il Qatar che sono pronte ad intervenire. Il risultato però non cambia e vuol dire migliaia di persone morte per le strade. E’ un’assurdità e va contro lo stesso popolo siriano.
Se i ribelli, continuando a combattere, dovessero far cadere l’attuale dittatura?
Non c’è garanzia che un nuovo governo sia sinonimo di democrazia, poiché chi ha accettato il principio di difendersi con la violenza finirà per usarla e accettarla anche in futuro.

Strage a Damasco: diluvio di menzogne parlare ancora di rivolta popolare contro l'oppressione della dittatura, perchè l'ha superata
......
Che grande responsabilità è dei nostri paesi, che non sanno più che cos’è la moralità, la pietà ed il bene comune. Mi domando come qualcuno può ancora affermare che la pace si costruisce così.
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, alla valorizzazione. E’ evidente che la stragrande maggioranza del popolo siriano, è considerata dall’opposizione armata come insignificante perché non usa le armi , per questo è al di fuori della storia che conta, della storia in cui si raccontano soprattutto le guerre. Così in Siria chi non è a favore della lotta armata è contro la democrazia e quindi non è degno di vivere: non si è solo contro Assad ma anche contro idee diverse dalle proprie, contro appartenenze politiche o religiose differenti, ostili ad un diverso modo di concepire il perseguimento della democrazia.
Chi ragiona ed agisce in questo modo violento non può essere ancora legittimato a dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Non c’è nulla di vero e di sostanziale in in una simile affermazione! Perché se è l’uomo la prima cosa che i diritti devono salvaguardare, perché mai si può trattare l’uomo come carne da macello, sacrificabile? Non si può dire ancora che ‘ la colpa è del cattivo’, non si può essere così ipocriti!
... La domanda è semplice : come si può dire di voler arrivare ad una soluzione pacifica e riempire la Siria di armi ?


Nunzio Apostolico Zenari: impegno internazionale contro le forze ostili alla pace
... L’impressione è che gli attentati compiuti ieri siano strumento di una forza che intende compromettere gli sforzi di pace portati avanti in questo momento e su cui tanta speranza è stata riposta dalla popolazione... Tutti noi dovremmo però ricordare che in discussione non c’è soltanto la pace in Siria, e che quanto avviene in questo paese può avere effetti e conseguenze sull’intera regione”....
http://www.misna.org/copertina/nunzio-apostolico-alla-misna-impegno-internazionale-contro-forze-ostili-a-pace-11-05-2012-813.html
...
D. – Sappiamo che in Siria continuano ad arrivare armi. Fermare questo commercio potrebbe già portare a qualche risultato...
R. – Anche qui la comunità internazionale deve sentirsi impegnata a fermare un eventuale traffico di armi, perché è chiaro che se arrivano le armi, arriva la violenza e quindi arriva il sangue. Bisogna cercare quindi una soluzione negoziata di questo conflitto. Vorrei anche chiudere, per non finire sotto questa cappa di piombo sotto la quale viviamo in questi giorni, dicendo che bisogna cercare la speranza cristiana. Siamo nella città di Damasco, la città dove il giovane Saulo è stato convertito dalla luce di Dio. Dobbiamo avere fiducia in un’arma che è molto potente e che è l’arma della preghiera, l’arma della grazia di Dio: che possa toccare il cuore di tanta gente, di tanti persecutori dell’immagine di Cristo, perché ogni uomo porta in sé l’immagine di Dio. Quindi, che con quest’arma della preghiera, la comunità cristiana possa ottenere questa grazia del Signore: la conversione di coloro che trafficano armi, che hanno progetti di sterminio, di persecuzione e che possano sentire questa voce di Dio “Perché mi perseguiti?” In fondo, ogni uomo, ogni donna, ogni bambino porta questa immagine di Dio, che deve essere rispettata al massimo.

http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=587226


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» dichiara ad Avvenire l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. «ma veramente l’Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità?».
Ribelli e governo siriano si sono accusati a vicenda sulla responsabilità degli attentati ma il vicario afferma accusando ancora l’Occidente: «I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così. Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. L’Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi li ha fatti, il governo o l’esercito?».
Bruce Riedel, analista della Cia per trent’anni, in un’intervista a Repubblica conferma che «la Siria sta per diventare un nuovo Iraq. Il responsabile dell’attacco è Al Qaeda, con ogni probabilità. La sua specialità è infiltrarsi all’interno di società indebolite, vicine al fallimento, cioè quello che la Siria è diventata oggi. Ed è credibile ritenere che questa strategia sia in atto grazie ad elementi qaedisti arrivati dall’Iraq». Se l’analista della Cia però ritiene che per risolvere la situazione ci voglia un intervento esterno, Nazzaro è categorico: «Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall’esterno, l’effetto è controproducente. Noi non siamo sull’orlo di una guerra civile, ma rischiamo di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente. C’è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato». ..
http://www.tempi.it/la-siria-rischia-di-diventare-come-liraq-per-colpa-delloccidente

SIRIA: Riflessioni dal vicino Libano
di LUCA PAOLO CIRILLO
Continuano le esplosioni, continuano le morti. Il gioco si ripete: il governo accusa gli insorti, gli insorti accusano il governo. Ma cosa accade in Siria? Di chi è questa rivoluzione? Una possibile risposta arriva dal Libano

Come finirà in Siria?
Continuano le violenze nelle città, ma a fare paura è l'aumento del numero degli stranieri arrivati in Siria per combattere per la democrazia.

 SIRIA - Report del viaggio di Joe Fallisi


Gregorios III: «Voi, complici dell’orrore in Siria»
Maurizio Blondet 12 Maggio 2012
«Ma quale rivoluzione, non c’è più rivoluzione, non ci sono più manifestazioni; c’è solo criminalità e il mondo intero rifiuta di riconoscerla». Davanti all’immane strage nel centro di Damasco, con oltre cinquantacinque morti e 400 straziati, fra cui bambini che andavano a scuola, Gregorios III – il patriarca greco-cattolico di rito melchita, la cui sede è Damasco – lancia il suo grido esasperato, e solitario.
Non è solo l’atrocità inaudita dell’eccidio, l’evidenza di una mano straniera (non è certo facile, di questi giorni, far arrivare mille chili di esplosivo nel centro della capitale), ma l’evidente malafede dei governi e dei media occidentali a disgustare l’alto prelato. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha «condannato il gesto», invitando «entrambe le parti» a rispettare il cessate il fuoco. Ovviamente le fonti dei cosiddetti ribelli e il regime si scambiano accuse: questo accusa «terroristi pagati dall’estero», secondo i primi è stato il regime a farsi da sè l’attentato, quando è evidente che il bersaglio era l’edificio di dieci piani dove ha sede una parte dell’intelligence militare. Il fatto disgustoso è che i media riportano equanimi le due versioni, come se avessero ugual peso. ....
http://effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=135&aid=82251