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martedì 11 dicembre 2018

Gli zorro del Diritto Umanitario Mondiale


di Michel Raimbaud
Traduzione italiana per OraproSiria di Gb.P.
Presentata come imminente durante tutta l'estate, la battaglia di Idlib, che avrebbe segnato per l'esercito siriano la fase finale della lotta contro il terrorismo, non ha avuto luogo. Rifugio per migliaia di sopravvissuti del jihad e spazio consegnato agli imbrogli di Erdogan, questa città vicino ad Aleppo e alla Turchia ha fatto versare fiumi di inchiostro e di saliva, ma il bagno di sangue annunciato invece non c'è stato. Un accordo a sorpresa tra la Russia e l'Ottomano che rinvia ai loro studi gli indovini e gli esperti di orientologia e - insinuano le male lingue - a rinviarne la riconquista militare alle calende turche ...
Dunque, dimentichiamo Idlib per il momento e andiamo subito al fatto o alla nuova malefatta, che si chiama Deir Ezzor. Come sappiamo, a meno che non l'avessimo già dimenticato, questa città è stata liberata dall'esercito siriano nel novembre 2017 dallo “Stato islamico" che l'aveva occupata, ma essa si deve ancora confrontare con varie minacce, legate in particolare alla sua situazione geostrategica. Situata sulle rive dell'Eufrate, vicino a pozzi petroliferi e adiacente a ricchi terreni agricoli, è oggetto di molta cupidigia, motivo per cui Da'esh ha preso residenza lì. È anche il motivo per cui è il bersaglio dei Kurdi, che tendono a considerare il Kurdistan ovunque, ma anche l'oggetto della sollecitudine dei Turchi che hanno la nostalgia ottomana a fior di pelle e degli occidentali che la vedono come una terra da democratizzare al modo di Debeliou.  Le "forze democratiche della Siria", che si presentano come "arabo-curde" brandiscono una "priorità" che sarebbe quella di combattere contro il terrorismo, quello dei Turchi in particolare, ma Washington strumentalizza gli uni e gli altri, l'obiettivo comune è impedire il ritorno dello Stato siriano.
Circa la "coalizione internazionale", formatasi con la scusa di combattere Da'esh, è di fatto un ulteriore esercito per procura degli Stati Uniti e dei suoi alleati, che combatte e distrugge per conto dell'America. Giova ancora ripeterlo: la cosiddetta America in tutti i suoi travestimenti (forze speciali, consiglieri, NATO, "coalizione", vari eserciti e mercenari), è presente in Siria in totale illegalità, senza autorizzazione e contro la volontà del governo legale di Damasco . Lo stesso vale per i suoi alleati, senza offesa per tutti i guerrafondai occidentali. Il resto è semplicemente inverosimile, falso e ridicolo.
Tuttavia, sempre alla ricerca di progetti creativi, come il caos con lo stesso nome, la "coalizione" che imperversa in Siria, in scompiglio di fronte alle evoluzioni della situazione nella regione, ha intrapreso una nuova offensiva, violando ancora un po' di più il diritto internazionale, il diritto umanitario e le ipocrite "leggi di guerra" ...
La "coalizione" ha appena colpito di nuovo, portando avanti a tre o quattro riprese bombardamenti mortali su obiettivi civili nella zona di Deir Ezzor. In una settimana si contano più di 100 vittime, per lo più donne e bambini. Le armi usate - bombe a frammentazione, o al fosforo bianco, particolarmente crudeli e che lasciano tracce nell'ambiente, sono all'ordine del giorno per i nostri "Zorro" del Far West planetario. E perché no, di nascosto, delle bombe all'uranio impoverito per insegnare come vivere ai dannati della terra? I media occidentali glissano su queste stragi collaterali in silenzio o le citano senza emozioni apparenti. Guidata da motivazioni così nobili, la "coalizione" non può commettere crimini di guerra, per definizione ... Così, la città di Raqqa è stata rasa al suolo e i suoi abitanti sono stati massacrati, dopo che i leader terroristi erano stati accuratamente esfiltrati: su questo non è stato mai pubblicato un rapporto. Come diceva la signora Albright, amata collega dei nostri ministri e nonna di tutti i bambini mutilati delle guerre dell'Asse del Bene, "questo è il prezzo da pagare per la democratizzazione" (sic).
Avete detto "diritto umanitario"? Avete detto "ambiente"? Avete detto "diritto internazionale", "legalità delle Nazioni Unite"? Dove si andrebbe se i paesi che si arrogano "il diritto di dire il giusto" dovessero anche metterlo in pratica, o addirittura dare l'esempio? Non possono fare tutto, già che sono depositari del pesante "fardello dell'uomo bianco" ridenominato "responsabilità di proteggere". Da qui la suddivisione dei compiti, ad alcuni definire il diritto e agli altri il dovere di rispettarlo e il pericolo di essere puniti, anche a titolo di prevenzione: non tutti possono essere medici, ci vogliono pure i pazienti! E Dio sa che la povera umanità è paziente.
Per il dominante e sicuro Establishment, tutto questo è ovvio: "le nostre grandi democrazie occidentali", ammiraglie dell'Umanità, non si definiscono anzitutto come nazioni civili governate dallo Stato di diritto? Questo Stato di diritto con cui le nostre "élite" si riempiono la bocca fino ad averla secca, è quello in cui tutti possono, sembrerebbe, difendere il proprio diritto e cercare giustizia per i danni di cui si ritiene essere stati vittima, senza garanzie di risultato, tra l'altro; ma non è un diritto di competenza universale, perché riguarda solo le "persone civili", non i "fuori-legge": anzi, lo Stato di diritto è anche, e forse soprattutto, uno Stato che può fare la guerra sporca in casa d'altri senza mai chiedere la loro opinione ai propri cittadini o ai loro rappresentanti, costituzione o no ... Un conto è la teoria e un altro la pratica ... Il famoso villaggio globale a cui le nostre élite si riferiscono in modo naturale e senza ridere, questa torta alla crema con la quale le "élite" ci spalmano, è a immagine delle nostre grandi città "globalizzate". C'è il centro ricco e "civilizzato", piuttosto ad ovest, "l'umanità dall'alto" che conta e decide, la "comunità internazionale" auto-intronizzata. Sfortunatamente, non essendoci niente di perfetto a questo mondo, ci sono anche, nel sud e nell'est, tutti questi sobborghi di fuori-legge , dove si muove "l'umanità dal basso" o il piano mezzanino: sono il punto di riferimento dei manifestanti e dei resistenti, che si rifiutano di "unirsi alla comunità internazionale occidentale", osando opporsi ai suoi vari valori e ai suoi indicatori. Che questi malviventi siano "rinascenti" o "emergenti" non cambia il fatto, devono essere sanzionati, minacciati e circondati: non sono essi "preoccupanti" così come lo sono gli Stati falliti, canaglia, paria, con i quali si alleano e che essi proteggono?
In un articolo pubblicato il 4 ottobre 2015, intitolato « Etats voyous et grandes voyoucraties » , l'autore di queste righe ha ricordato la " teoria del pazzo", frutto del cervello di Richard (Dick) Nixon, già mezzo secolo fa: è auspicabile che l'America sia guidata da "pazzi con un comportamento imprevedibile, con un'enorme capacità di distruzione, per creare o rafforzare le paure degli avversari", pensava "Tricky Dicky" altrimenti detto "Dick il baro". Ponendo i "principi base della deterrenza nell'era post-guerra fredda", uno studio del 1995 per il Comando Strategico riaffermava questa idea principale: poiché gli Stati Uniti "hanno sostituito l'Unione Sovietica con i cosiddetti Stati canaglia", devono proiettare un'immagine "irrazionale e vendicativa di se stessi", "alcuni elementi" del governo che appaiono "potenzialmente folli, impossibili da controllare"? Eppure lo zio Donald era lontano dalla Casa Bianca. Ma venticinque anni dopo, la teoria del pazzo è più che mai attuale e Trump è al comando.
In ogni caso, questa prosa delirante spiega il perché di questo "mondo al contrario" concepito dall'Occidente, in cui ogni parola, ogni frase, ogni concetto significa il suo opposto, il diritto essendo così tradotto in non-diritto, la legalità in illegalità, il desiderio di giustizia nella sua sistematica negazione, la volontà di pace in follia bellicosa e la verità in menzogna. Questo è sufficiente per spiegare come le "grandi democrazie" autoproclamate vengano trasformate in "delinquentocrazie", seguendo -fingendo di ignorarli- i tre criteri che, secondo uno dei "nuovi storici" di Israele, Avraham Shlaim, professore emerito di Oxford, definiscono lo Stato canaglia, il "Rogue State" degli anglosassoni:
- Violare regolarmente la legalità internazionale,
- Possedere armi di distruzione di massa,
- Utilizzare il terrorismo per terrorizzare le popolazioni civili.
Su queste basi, il GPS non porta a Damasco, a Teheran o Mosca, ma a coloro che lo hanno progettato. Nel giugno 2000, Robert McNamara, ex Segretario alla Difesa degli Stati Uniti (dal 1961 al 1968), aveva già pensato (The International Herald Tribune) che gli Stati Uniti fossero diventati uno "stato canaglia". Dieci anni dopo, all'inizio delle disastrose "Primavere arabe", Noam Chomski constaterà che il suo paese "è al di sopra del diritto internazionale". Due coscienze americane tra tante altre. Resta comunque che, nel dizionario degli innamorati dell'America, si raccolgono più fioretti che in tutte le omelie di Papa Francesco. George W. Bush, noto studioso di questioni storiche ("Perché ci odiano così tanto quando siamo così bravi?") aveva già il talento di sfidarci. L'attuale inquilino dell'ufficio ovale, lo zio Donald, è anch'egli una sentinella che sa farci sapere, con il solido buon senso dei saloon e dei ranch, il frutto delle sue cogitazioni: "Il mondo è un posto molto pericoloso", ci dice nel novembre 2018. Non possiamo contraddire il Presidente degli Stati Uniti, per definizione provetto in termini di pericolosità.
Per il periodo dal 1945 ad oggi, l'Impero del Bene può iscrivere al proprio bilancio 20-30.000.000 uccisi, tra le guerre dirette (Corea, Vietnam, Iraq) o quelle per procura (in Afghanistan Angola, Congo, Sudan, Guatemala, Siria) guidate da forze e da milizie alleate, spesso guidate e controllate dagli Stati Uniti. Si potrebbe anche, senza temere smentite, contare centinaia di milioni di vittime in questi molteplici conflitti e centinaia di altre indiretti risultati delle ostilità (carestie, epidemie, migrazioni, schiavitù, distruzione dell'ambiente, delle infrastrutture, prelievo dalle spese vitali per le spese militari), o frutto delle sanzioni, blocchi o embargo che l'America ed i suoi fedeli alleati infliggono a più della metà degli Stati membri delle Nazioni Unite .... Questo è il bilancio delle azioni intraprese dal 1945 da parte della "potenza indispensabile" per creare "un ordine internazionale libero e aperto" e per "proteggere i popoli dall'aggressione e dalla tirannia" (2018 National Defense Strategy of the USA ). La "comunità internazionale" in salsa occidentale è una confraternita di "Zii pistoleri" facile da riconoscere, dal momento che li si trova in tutte le principali rotte per la pace, camminando impettiti a braccetto sugli Champs Elysees o sotto archi di trionfo, sotto lo sguardo tenero di telecamere che fissano per i posteri queste riunioni di famiglia.
Sembrano così felici di ritrovarsi insieme e sembrano così sinceri, che occorre guardarli almeno due volte per constatare o capire che la rete di alleanze a cui partecipano include alcuni famigerati criminali di guerra e molto ossessionati dal bombardamento umanitario. Certo, ma allora come possiamo spiegare che troviamo gli stessi nelle grandi cerimonie in cui si brandisce l'ambiente come trofeo e/o come simbolo di un ardente desiderio di pace? A cosa serve predicare la transizione ecologica, limpidi ruscelli e nuvole soffici nel paese dei nati fortunati, quando nel mucchio degli Stati colpiti dalle "guerre giuste" dell'Impero, l'atmosfera è resa mortale dalle bombe, da armi di distruzione di massa, dalla devastazione, dai miasmi di epidemie, quando l'acqua e la terra sono deliberatamente avvelenati da piani malvagi (vedere il piano degliStati Uniti in Iraq sul trattamento della vulnerabilità delle acque)? Si potrebbe pensare dal loro bell'aspetto che gli "zii pistoleri" sono anche degli zii buffoni. Ed è vero che spesso bisogna darsi un pizzicotto per assicurarsi che non si sogni. La beffa globale ha qualcosa di rimarchevole in quanto non è intenzionale per i suoi promotori e progettisti, che si prendono molto sul serio. Due o tre esempi saranno sufficienti qui per illustrare il punto.
Voi siete l'ambasciatore siriano presso le Nazioni Unite, ed ecco che si alza il rappresentante saudita venuto a perorare la libertà in Siria e le condizioni per un futuro democratico per questo paese che i wahhabiti hanno voluto distruggere. Il discorso è sorprendente e può essere considerato come uno scherzo, come dice quel gran signore che è Bachar al Jaafari, eccellente diplomatico. Ma questo è solo un episodio dello scherzo che ha permesso alla "comunità internazionale" di affidare all'Arabia Saudita la presidenza del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo e della donna, e all'Occidente di servirsene come portavoce sull'argomento, obbligati da Bin Salman. Dopotutto, chi aveva protestato quando gli "White Helmets of Syria", una creatura dei servizi inglesi e rappresentanti umanitari di Al Qaeda, erano stati nominati per il Nobel per la pace, ricevendo il Premio degli Stati Uniti per i diritti umani?
Al punto di decadimento in cui è arrivato il sistema delle Nazioni Unite, sballottato dalla "fine della Storia" e poi dalla globalizzazione, la vita internazionale è ormai surreale per chi vuole ancora fare riferimento agli usi, ai costumi e ai linguaggi della diplomazia, ai principi della Carta delle Nazioni Unite e ai semplici principii della morale naturale e/o della vita nella società. E il massimo del surrealismo è raggiunto quando tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza spiegano con gran furore che è un loro diritto e perfino un dovere violare sistematicamente i principii e le norme della Carta, di cui pretendono di essere custodi e i garanti, accusando i loro oppositori di minacciare la pace e l'ordine mondiale. Ormai si sarà capito, bisogna che la società internazionale sia caduta ben in basso perchè i padri fondatori delle Nazioni Unite abbiano come successori ed eredi dei volgari banditi. La diplomazia tradizionale aveva i suoi limiti e i suoi difetti, ma questa prendeva a cuore il suo lavoro, che è quello di mettere l'olio nelle ruote e non versare invece l'olio sul fuoco. Poteva avere uno certo spirito, ma non era una buffonata. Essa deve smettere di esserlo.
In un momento in cui il mondo sta flirtando con la guerra, dobbiamo rimettere l'etica nella vita internazionale. Il conflitto non è più tra un mondo "libero" e un mondo "totalitario", ma tra i sostenitori del diritto e quelli dell'egemonia. Ognuno deve scegliere da che parte stare, prima che suoni la mezzanotte, prima che la beffa generalizzata giochi brutti scherzi. La nostra umanità sta perdendo la pazienza.
Michel Raimbaud
Ex ambasciatore , professore e conferenziere
https://www.iveris.eu/list/tribunes_libres/389-tontons_flingueurs_tontons_blagueurs

martedì 27 febbraio 2018

La Siria è il cuore sanguinante di una guerra mondiale

Il Leone di Palmyra, risalente al 1° secolo a. Cristo,
è stato distrutto da Daech con le ruspe nel 2015.
Ora restaurato, il pezzo più importante del Museo
 di Palmyra è esposto nei giardini del museo di Damasco.

"Svegliamoci, sono impazziti!" 

19 febbraio 2018
Tribuna libera   di Michel Raimbaud



Da ormai sette anni, la Siria è in guerra. Questo paese amichevole, tollerante e altamente civilizzato, che nemmeno i suoi detrattori potrebbero negare essere bello e accattivante, sta già affrontando una sfida formidabile, quella del dopoguerra. Gli assalitori barbari di cento paesi, sia atlantisti che islamisti, hanno combattuto duramente per distruggere le sue ricchezze, le infrastrutture, le sue capacità, i monumenti e le bellezze naturali, al fine di cancellarle dalle mappe. Ma hanno anche e soprattutto cercato di schiacciare il popolo siriano, di cancellare la sua memoria e la sua identità per annientarlo.
Con la complicità di una sedicente "comunità internazionale" ingannatrice, ora stanno lavorando per privarlo, per quanto possibile, di ogni prospettiva del futuro, defraudandolo dei suoi diritti imprescrittibili: di disporre di se stesso, di decidere, senza interferenze straniere, il suo destino e il suo sistema politico. Senza pudore né vergogna, gli stessi invasori non nascondono le loro velleità di cambiarne il futuro, inclusa la costituzione, con una Siria sotto la "tutela delle Nazioni Unite", cioè sotto mandato, ossia sotto il giogo coloniale.
Per cancellare l'impronta geografica di una Siria madre della civiltà (compresa la nostra), può esserci un modo più efficace che disperdere un popolo e soprattutto di sbriciolare uno Stato che ha commesso il crimine di lesa maestà? In effetti, alla fine, l'impresa si propone di trasformare quella che una volta era una grande Siria in un arcipelago di mini-entità, e la sua gente in un mosaico tribalizzato destinato a essere vaporizzato in una vasta diaspora: a un primo approccio, questo crimine inqualificabile merita la doppia caratterizzazione di 'politicidio' (la dissoluzione di uno Stato che disturba) e di 'etnocidio' - l'annientamento di un popolo che resiste. Questo è ciò che è inscritto nel 'grande disegno' neoconservatore. Quest'ultimo, notiamo di sfuggita, equivarrebbe a infliggere alla Siria il destino riservato da 70 anni alla Palestina, pezzo di terra rubato sotto l'egida del colonialismo trionfante. Il destino dei Siriani potrebbe quindi assomigliare a quello dei Palestinesi, irrimediabilmente spogliati nel nome di una 'missione divina'. Il sinistro destino dei popoli amerindi, eliminati dalla storia, è lì per ricordare ciò di cui sono capaci i coloni venuti da fuori.
Le distruzioni sono immense, pari a centinaia di miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti - ma è un loro problema - i milioni, bilioni o trilioni spesi dalle 'potenze' assalitrici per condurre le loro battaglie 'per la democratizzazione' .
Non serve a nulla invocare i valori della moralità, naturale o religiosa, il diritto internazionale e la legalità delle Nazioni Unite, o addirittura la semplice decenza, di fronte ad aggressori senza legge e senza fede. Non possiamo aspettarci una qualsiasi logica da Stati che si erigono a gendarmi del pianeta mentre si comportano come regimi criminali. È paradossale, dopo tutto questo tempo, dopo questi orrori, questi massacri, questi atti da selvaggi, questa barbarie, che si trovino ancora nel grande Occidente 'democratico' così tanti difensori dell'indifendibile, così tanti ammiratori dei jihadisti presentati come democratici o 'moderati'.  Gli intellettuali sono intrappolati dalla loro iniziale cecità, i media sono sigillati dall'omertà, i politici sono ostaggi della loro doxa neoconservatrice, nell'Esagono (la Francia n.d.t.) come in tutto il mondo giudeo-cristiano.
Perché un tale accanimento, una tale ostinazione nel mentire? La Siria è stata a lungo nel mirino di America, Gran Bretagna e Israele. La Siria storica è il centro di gravità del Medio Oriente, il luogo di nascita delle tre religioni rivelate, il cuore pulsante dell'arabismo, simbolo dell'Islam moderno e tollerante, sede dei primi califfi: un'eredità molto pesante da portare ma che ha assicurato a questo 'faro dell'Oriente' un innegabile prestigio tra gli Arabi e un'aura di simpatia tra i Musulmani.
Tollerante, multiconfessionale, moderna, repubblicana, forte della sua identità e della sua consapevolezza storica, essa rappresenta ciò che gli estremisti di ogni versante aborriscono sopra ogni altra cosa.
Dalla sua indipendenza e dalla creazione di Israele, la Siria ha continuato a fornire un sostegno costante alla causa palestinese ed è sempre apparsa come uno Stato ribelle all'ordine israelo-atlantico. Di fronte alla rovina del mondo arabo, la Siria si è iscritta nell'asse della resistenza ed essa resiste. Il suo esercito nazionale ha combattuto da solo contro tutti per quattro anni, poi, aiutato dai suoi alleati, ha iniziato la riconquista, affermandosi come il principale artefice dell'eradicazione del Daesh (ISIS), malgrado le bugie e le pretese degli usurpatori fanfaroni. Lo Stato siriano controlla ormai i quattro quinti del territorio nazionale, avendo dato scacco, con la sua resilienza, ai piani degli aggressori.
Per questi, la Siria del 2018, dopo tante battaglie e così tanti progetti finiti male, costituisce una realtà impensabile e intollerabile. Bisogna dunque farla sparire dalle mappe, come se non fosse mai esistita. È necessario per questo delegittimare lo Stato sistematicamente presentandolo come un 'regime', le sue istituzioni, la sua costituzione, il suo governo, demonizzare il suo Presidente, ignorare la volontà del suo popolo, i successi del suo esercito attribuendoli ai suoi alleati, quando non ai suoi nemici.
Si deve negare al suo Presidente e al suo entourage ogni potere, qualsiasi ruolo futuro, ogni autonomia decisionale, e assicurare che non ci possa essere una soluzione politica 'siriana' risultante da un dialogo nazionale, sotto gli auspici dei suoi alleati e dei suoi amici. Al contrario, il suo destino deve essere deciso dai suoi nemici, dalla "comunità internazionale" in agguato, da tre Stati che rappresentano 470 milioni di persone ( il 6 - 7% dell'umanità) che protestano di non poter più imporre la loro legge in seno al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
Decisamente, il mondo è uscito di testa poiché non c'è più legalità internazionale, più nessun rispetto del diritto delle Nazioni Unite, che dovrebbe essere la bibbia dei diplomatici. I falsi gendarmi del mondo che ne sono i fautori di disordine, i ladri che gridano al furto, i violentatori della legalità che gridano al suo stupro, gli aggressori della Siria che si indignano per le aggressioni dell'esercito siriano, i maestri delle ingerenze illegali indignati per l'intervento legale degli alleati e dei partner dello Stato, tutto questo bel mondo si agita e manovra alla luce del giorno!
Uscite dallo schermo le comparse e le forze sicarie, ecco che i mandanti e i veri sponsor si sono tolti la maschera e stanno lavorando per realizzare apertamente ciò che non erano riusciti a fare per delega in sette anni.  Israele al sud, gli USA e i suoi fidati partners europei nel nord-est a sostegno delle forze curde messe a nudo, la Turchia nel nord-ovest contro i progetti dei Curdi, e tutti contro Bashar al-Assad. Il pretesto della lotta contro Daesh e il terrorismo ora appare per quello che era, un mega imbroglio che difende i nemici della Siria legale e al quale solo gli sciocchi credono ancora.
Jean-Yves Le Drian chiede (sic): "il ritiro di tutti quelli che non hanno niente a che fare con la Siria". Lui osa. Ma indovinate chi sono quelli che non hanno niente da fare in Siria?    Sì, avete indovinato: l'Iran il nuovo diavolo di moda, Hezbollah il terrore di Israele, la Russia, le forze 'sciite' dell'Iraq.
Per contro ora sapete quali paesi 'vi hanno a che fare': i tre ossessionati dai bombardamenti umanitari, quelli che possiedono armi di distruzione di massa, violano sistematicamente il diritto internazionale, quelli che sostengono il terrorismo quando non lo hanno creato, quelli che vogliono depredare tranquillamente le risorse di petrolio e gas della Siria e della regione: in altre parole, l'America e i suoi accoliti. Per buona misura, aggiungiamo Israele, amico delle 'rivoluzioni arabe' che distruggono gli Stati con lo stesso nome; l'Arabia Saudita, una grande democrazia davanti all'eterno e specialista in costituzioni, in diritti umani e delle donne, e nella tolleranza religiosa; la Turchia membro di spicco della NATO, nemica dei Turchi delle montagne, ma amica dei separatisti curdi della Siria o dell'Iraq e sponsor dei jihadisti; il Qatar, a condizione che continui a comprare di tutto e non importa cosa nel nostro Paese in difficoltà.
Per il resto, la Siria ha resistito per molti anni, il suo esercito è in grado di sostenere gli assalti di Israele e abbattere gli aerei che lo attaccano. È saldamente ancorata a un asse di resistenza risoluta e ben coordinata, sostenuta da alleati affidabili, a partire dalla Russia. La Siria non è una comparsa, è al CENTRO di una guerra globale. Quanti Stati avrebbero resistito come lei?
Signori 'amici della Siria', nemici del suo 'regime' e del suo Presidente, avete continuato a sostenere la fiction di una rivolta popolare contro un 'tiranno massacratore'. In cosa ciò vi preoccupa? Voi avete sbagliato tutto e lo sapete bene perché in realtà il Paese che vi ossessiona è principalmente vittima di una guerra di aggressione che mette in pericolo la sua esistenza.
Lo Stato siriano ha sicuramente il diritto di guidare i negoziati che decideranno il suo futuro e di respingere qualsiasi interferenza degli aggressori. Ha il diritto di rifiutare le vostre ingerenze, i vostri programmi di spartizione e i vostri progetti contorti. Le guerre di Siria sono state a lungo le componenti di una guerra universale in vista di diventare una guerra 'mondiale'. Se questa aggressione riguarda la "comunità internazionale" è secondo i criteri del diritto internazionale, codificati dalla Carta delle Nazioni Unite, che deve essere considerata! Allora, si capirà molto bene che questo approccio, l'unico possibile, vi pone un piccolo problema: questo problema non è quello del paese aggredito; ma degli aggressori che siete voi che trattate la Siria come un 'paese aperto' a tutte le avventure e a tutte le iniziative ostili.
Signori aggressori, non dimenticate mai che la vostra presenza in Siria è illegittima e illegale, compresi i vostri barbuti, i vostri consiglieri speciali o le vostre forze di terra. E se c'è una presenza legittima per eccellenza, non è la vostra: è quella dello Stato siriano, quella dei suoi alleati e dei partner del governo di Bashar al-Assad, del quale pretendete la partenza. Se c'è un ritiro imposto dal rispetto del diritto internazionale, è quello dei Paesi che non hanno niente a che fare con la Siria: i vostri Paesi!
  Michel Raimbaud
Ex ambasciatore. Professore e conferenziere.
 (traduzione dal francese di G.b. P.)
https://www.iveris.eu/list/tribunes_libres/312-reveillonsnous_ils_sont_devenus_fous_

martedì 18 luglio 2017

Siria, sei anni di guerra... (2°parte)

Seconda parte dell'intervento dell' Ambasciatore Michel Raimbaud alla Conferenza organizzata da «  Chrétiens d’Orient pour la paix »  
Traduzione dal francese di Gb.P. per OraproSiria

2/ La Siria vive in un'atmosfera di dopoguerra
Sul fronte delle operazioni militari: dopo la liberazione di Aleppo che è stata punto di riferimento e ha segnato gli spiriti nel mese di dicembre 2016, l'esercito siriano è ovunque all'offensiva sui fronti di Damasco, di Aleppo, a Homs, sul confine con la Giordania, nel deserto siriano. Nonostante le intimidazioni degli Stati Uniti, riconquista poco a poco il territorio nazionale. Anche se la guerra rischia di essere ancora lunga, l'evoluzione favorevole della "Battaglia del deserto" in corso, lascia presagire un'accelerazione dei progressi.
Ignorando le ingiunzioni e le minacce americane, l'esercito siriano ha fatto il suo congiungimento con le forze irachene di "Hachd Chaabi" al confine tra i due paesi, exploit che sembrava improbabile fino a pochi mesi fa. Questa ridefinizione dei confini Sykes-Picot tra Siria e Iraq è un fatto importantissimo, poiché significa la sconfitta ab initio dell' intesa ordita da Tel Aviv e presentata a Trump prima dei suoi viaggi in Arabia e in Israele , che proponeva una nuova base di cooperazione con gli Stati Uniti. Questo piano (defunto) ripreso tale e quale nei vertici di Riyad, prevedeva :
-Il riconoscimento da parte di Washington della sovranità di Israele sul Golan
-Il rifiuto di ogni presenza militare permanente dell'Iran in Syria
- l'inasprimento delle sanzioni contro Teheran a causa del suo "sostegno al terrorismo"
-L'aumento della pressione su Hezbollah
- Un impegno per impedire la creazione di un corridoio Iran - Iraq - Siria - Libano che possa dare all'Iran uno sbocco sul Mediterraneo.
Le molteplici provocazioni (un aereo, poi un drone siriano abbattuto dagli americani, bombardamenti qua e là, attacchi occasionali contro l'esercito siriano..) non cambieranno nulla, tanto che esse appaiono contro-producenti. Lungi dall'intimidire, questa lotta di retroguardia guidata da una potenza in declino (e quindi pericolosa) ha causato un irrigidimento di Mosca per quanto riguarda le condizioni future per la cooperazione tecnico-militare tra i russi e gli americani contro il terrorismo. Ed ha ispirato agli iraniani una grande "première" sotto forma di un missile sparato su Da'esh in Siria dal loro territorio.
Si potrebbe dire lo stesso delle "Forze Democratiche Siriane", che siano curde, o arabe e turkmene, che potrebbero fare un calcolo sbagliato cercando la creazione di un Kurdistan "introvabile" in Siria.
Sul piano politico-mediatico, la Siria sembra aver vinto. Le agenzie di propaganda e coloro che danno lezioni di morale hanno preteso e ancora rivendicano con l'aplomb dei truffatori, che un popolo unanime si erga in piedi contro il "dittatore" o il "tiranno assassino". Dal 2011, tuttavia, non è difficile da vedere, malgrado l'omertà, che la narrazione ufficiale semina ai quattro venti girandole di "false flag" (false bandiere) arma favorita dai terroristi democratici, dei cannibali moderati, dei rivoluzionari del circuito Elizabeth Arden e dei reverendi predicatori dell'Asse del Bene.
Le popolazioni votano sempre con i propri piedi quando ne hanno la possibilità, e questo tipo di scrutinio non necessita di un lungo spoglio. A poco a poco, mentre l'esercito riconquista il proprio territorio nazionale, coloro che ne hanno l'opportunità fuggono dalle zone ribelli e accolgono l'esercito siriano come liberatore.
Per anni era di moda in Francia, nella Navarra e altrove, ripetere come pappagalli che "Bashar se ne deve andare", che "Bashar non ha posto nel futuro della Siria": adesso, non si contano i pappagalli arroganti che sono scomparsi e che non hanno più alcun ruolo da svolgere nel futuro del proprio paese, mentre il loro capro espiatorio è sempre lì. E' che questo presidente, questo capro espiatorio è rimasto per molti, ed è diventato per molti altri, il simbolo della resistenza dello Stato e dell'attaccamento del popolo siriano al proprio modello di società tollerante.
3/ Diplomaticamente gli avvenimenti si stanno rimescolando
La solidità dell'alleanza tra la Siria e i suoi alleati (Hezbollah, Iran, Iraq, Russia, Cina) contrasta con lo sfaldamento della coalizione avversaria:
- Lo sfaldamento del blocco islamista (tra Arabia e la Turchia, tra Arabia e Qatar, la spaccatura all'interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo) è così evidente che parla da sé.
- Il ritiro graduale di Trump nel faccia a faccia con l'Arabia Saudita di Bin Salman e la sua preoccupazione di far pagare a caro prezzo a Riyadh (già centinaia di miliardi di dollari) il mantenimento di una finzione di alleanza per la vita o per la morte è abbastanza trasparente. Bisogna essere inesperti e approssimativi come Mohammed Bin Salman per non vedere che il contratto sicurezza in cambio di petrolio ha dato luogo ad un accordo armi contro dollaro. Allo stesso modo, le sue decisioni ambigue riguardo al Qatar, il suo comportamento ambiguo con i Curdi e la Turchia, non sono decisioni troppo rassicuranti per i diretti interessati. Possiamo usare a questo proposito le parole di qualche umorista : "è pericoloso avere gli Stati Uniti come nemici, ma è ancora due volte più pericoloso averli per amici”.
- La disaffezione tra l'Europa e gli Stati Uniti, evidenziata dal vertice NATO, ha già introdotto una forma di divisione atlantica, sulle stesse basi: "gli Europei vogliono la sicurezza a nostre spese; che ne paghino quindi il giusto prezzo".
- L'intervista accordata dal nuovo Presidente della Repubblica Macron a diversi giornali europei, e dedicata alla sua visione della futura politica della Francia, è stata descritta da molti come una inversione di 180 ° nel caso della Russia, della Siria e riguardo al presidente Bachar al Assad:
- Per Emmanuel Macron, la partenza di Bachar al Assad non sarebbe più un'ossessione. Non c'è un "successore legittimo " di Bachar al Assad. Il capo di stato siriano non è il nemico della Francia.
- L'unico nemico della Francia in Siria è Da'ech (ISIS): Abbiamo bisogno di una soluzione politica, con una tabella di marcia.
- Il Signor Macron ha rispetto per Vladimir Poutin e cerca di avviare una cooperazione con Mosca anche riguardo alla Siria.
- Il Presidente dice che vuole voltare pagina su un decennio di "logica neo-conservatrice" ...
III / Siria è ora a un bivio
1 / "La Siria Invicta" è il titolo di un sub-capitolo di "Tempesta sul Grande Medio Oriente", il mio libro di cui ho accennato sopra. Partecipando nel febbraio scorso a una conferenza a Damasco, avevo ipotizzato che se "la Siria vittoriosa" (questo era lo slogan scelto dagli organizzatori) non aveva ancora vinto, lo avrebbe fatto comunque. Essendo una mia ferma convinzione sin dall'inizio della crisi, sarebbe sbagliato che ci ripensassi, mentre si verificano cambiamenti radicali, in primo luogo militari e poi politici e diplomatici, dall'altro. I segnali ci sono tutti a indicare che la vittoria politica della Siria legale sembra acquisita. Questa prospettiva dovrebbe viaggiare di pari passo con la conferma del Presidente Assad al suo posto e con un "addio alle rivoluzioni arabe", la cui fiamma (si può esserne sicuri) sarà mantenuta ancora per un certo tempo nelle cancellerie occidentali e nei palazzi orientali.
Imbattuta, la Siria è tuttavia devastata. Lei sola conta circa 400.000 morti, senz'altro 15 milioni di rifugiati, sfollati ed esiliati, e 1,5 milioni di feriti con lesioni permanenti e altre gravi disabilità. Quasi due terzi del Paese sono in rovina, con danni stimati intorno a circa 1.300 miliardi di dollari, senza contare i perduranti effetti delle sanzioni, blocchi ed embarghi vari ...
Una questione s'impone: bisogna fermare la guerra? Secondo il parere di esperti russi, ben addentro alla discussione tenendo conto del coinvolgimento del loro Paese nel conflitto siriano, non esiste una soluzione militare alla crisi. Si dovrebbe garantire una soluzione politica attraverso il dialogo con i rappresentanti dell'opposizione, almeno con i più presentabili di loro. Secondo la direttrice delle ricerche del Centro Studi arabo islamico presso l'Accademia Russa delle Scienze, una de-escalation probabilmente consentirebbe il dispiegamento di forze di pace. Secondo Alexander Aksenyonok, membro del Consiglio russo per le Relazioni Estere, l'impegno "necessario" della Russia nelle questioni mediorientali ha avuto risultati positivi nel prevenire l'arrivo al potere a Damasco delle forze radicali. Ma ci potrebbero essere conseguenze negative, come ad esempio il rischio di una competizione militare tra Russia e Stati Uniti: da qui la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici e di accettare anche grandi compromessi, come sedersi al tavolo con alcune organizzazioni che lì non sono veramente al loro posto. (Valdai Club, 27 e 28 febbraio 2017 a Mosca).
Questa opzione diplomatica è discutibile e viene discussa, date le esperienze della guerra in Siria. È vero, la guerra non può porre fine alla guerra e solo la diplomazia potrà far terminare la tragedia. Tuttavia, è chiaro che lo Stato siriano deve poter negoziare in posizione di relativa forza: l'evoluzione attualmente osservata non è il risultato di buone intenzioni, ma il risultato della aumentata potenza dell'opzione militare contro le provocazioni .
Il Medio Oriente non sarà mai più lo stesso. E così sarà per la Siria. Prima ancora del dopo guerra, la fine della guerra rischia di essere lontana. Pertanto è tempo di pensare:
- Al perseguimento del difficile dialogo politico che verrà avviato in occasione dei colloqui di Ginevra o di Astana. Con ogni probabilità, non sarà facile per coloro che hanno difeso il loro paese contro l'aggressione accettare le condizioni per discutere "diplomaticamente" con interlocutori che hanno voluto e cercato costantemente l'intervento straniero al fine di distruggere la Siria.
- All'immensa opera della ricostruzione del paese, delle sue infrastrutture, della sua economia, che sono state regredite di diversi decenni per il caos. La scelta dei partner si annuncia delicata.
- Alla riconciliazione della sua società (seriamente scossa nei suoi valori o nelle sue fondamenta), al proseguimento del lavoro discreto ma impressionante guidato dal governo, in particolare il ministero della riconciliazione nazionale. Esperienze come quelle dell'Algeria, serviranno come ispirazione.
- Al riapprendere come vivere insieme di tutte le forze vive, con particolare attenzione per i giovani che sono cresciuti durante la guerra, e che costituiscono sia il futuro della Siria ma anche un bacino di reclutamento per i gruppi terroristici.
- All'incentivo per il ritorno e il reinsediamento di milioni di sfollati, rifugiati, esuli: una questione chiave per il futuro del Paese.
Ma, questa sarà la mia conclusione, sul piano politico e diplomatico, la Francia, all'origine di tante decisioni ostili e devastanti contro la Siria (sanzioni, supporto alla ribellione armata, rottura delle relazioni diplomatiche, sostegno ai regimi islamisti e agli "amici della Siria") e che ha portato l'Europa nella sua scia, dovrebbe ammettere che ha un dovere di riparazione. Come ex diplomatico, posso solo sperare nel ritorno alla grande tradizione della Francia gollista, questa politica di dialogo, di apertura, di riconciliazione nei confronti di tutti gli altri partner della comunità delle nazioni, che ci ha resi orgogliosi, ma che è affondata nelle acque dell'atlantismo.
La priorità delle priorità per la Francia, stante le sue responsabilità, sarebbe quella di decidere la revoca unilaterale delle sanzioni che sono state imposte, in gran parte per sua iniziativa e sotto la sua pressione, al popolo siriano. Ma lo farà? Speriamo, senza crederci troppo, che il signor Macron alle parole faccia seguire i fatti in conformità ai suoi annunci d' effetto; nutriamo la speranza che le sue azioni almeno non contraddicano i suoi discorsi. Nell'atmosfera avvelenata che regna da tanti anni per colpa della nostra diplomazia, per riparare i danni servirà molto più di una dichiarazione.
Michel Raimbaud | 27 giugno 2017

lunedì 17 luglio 2017

Siria, sei anni di guerra... dopo l'incubo, i sogni o la realtà? (1)


Vogliamo proporvi l'intervento dell' ex ambasciatore Michel Raimbaud al convegno organizzato da "Chrétiens d’Orient pour la paix" il 27 giugno 2017 : egli vi dipinge il risultato terrificante di questa guerra che dura dall'inizio del 2011. 
Ci pare che l'autorevole diplomatico francese colga l'orizzonte globale in cui si colloca il conflitto e ne illustri senza infingimenti dinamiche e responsabilità. 
Qui la prima parte del testo da noi tradotto dal francese, il seguito domani. 
Grazie per la vostra attenzione
   Gb. P.
I / Un conflitto universale
Un brutto giorno del mese di marzo del 2011, fu dato il "calcio d'inizio" a questa interminabile guerra siriana che oggi è l'oggetto delle nostre riflessioni. Chi avrebbe potuto immaginare che questa guerra si sarebbe installata nella pubblica opinione con l'etichetta della cosiddetta "guerra dimenticata" tra un movimento popolare "democratico e pacifico" e un "regime massacratore", una buona causa da difendere da parte delle élites (di destra o di sinistra) che da vent'anni hanno cementato un comune consenso attorno a tutte le certezze morbide ereditate da un "neoconservatorismo" all'americana. L'adesione, spontanea o calcolata, ai "valori" veicolati da questo consenso, firmando la loro fedeltà (o la loro appartenenza) allo "Stato profondo", dà loro il diritto (ma dovremmo dire il privilegio) di parlare dalle antenne, dagli schermi e nei notiziari.
E' grazie a questa fede ideologica sommaria che il nostro mainstream si polarizza rapidamente sull'urgenza di "abbattere Bashar" e rovesciare "il regime siriano" adoperandosi (con un certo successo) per far condividere questa ossessione ad ampi settori della popolazione.
Nel paesaggio audiovisivo, intellettuale e politico, nascerà come per incanto un fronte compatto e senza remore che contribuirà a rendere irrilevanti i dissidenti dalla narrazione ufficiale. Il conflitto siriano sarà catalogato immediatamente come un episodio delle "primavere arabe", in linea con quelle di Tunisi, dell'Egitto, dello Yemen, della Libia, e una volta per tutte si decreterà che uno scenario come quello libico è ineluttabile anche per la Siria.
Un tempo si credeva che il lavaggio del cervello fosse appannaggio dei regimi totalitari: adesso, il conflitto in Siria, come prima la Libia, ha dato alle "grandi democrazie", compresa la nostra, l'opportunità di mostrare le proprie competenze in materia. Oscurando totalmente la condanna a morte di un popolo abbarbicato alla sovranità, all'integrità e all'indipendenza del proprio Paese, tacendo sulle distruzioni di massa, falsificando la realtà, è la resistenza stoica del popolo siriano che viene deliberatamente ignorata, l'immagine eroica di un esercito nazionale che sarà sfigurata: la negazione e il colpevole silenzio amplificano di molto ogni sofferenza.
Bisogna ben dirlo: l'impegno a deporre Bachar al Assad (che "non merita di essere sulla terra", ma sarebbe meglio "un metro sotto terra"), la volontà di distruggere (Bashar forse non sarà deposto, ma avremo distrutto la sua Siria, come osò dire di recente un avversario democratico "moderato") e la volontà di uccidere (siamo pronti a sacrificare i due terzi del popolo siriano, al fine di salvare l'ultimo terzo) non hanno poi scioccato un granché molte persone di questa parte del mondo durante questi anni di devastazione della legalità e della moralità internazionale. Malgrado le contraddizioni, le prove, le rivelazioni, le testimonianze, ci sono ancora dei fanatici o degli ingenui senza speranza, che ostinatamente difendono la tesi che la guerra in Siria sarebbe niente più che la lotta di un popolo in rivolta contro un regime oppressivo. Un episodio della "primavera araba" che è andato storto, ma non è detta l'ultima parola...
Tuttavia, quando è troppo è troppo. I ranghi dei fochisti e dei carbonai della " rivoluzione" alla fine saranno chiari. Quando si ha il naso immerso nelle rovine del caos creatore, se non si hanno gli occhi colmi di spavento davanti alla ferocia e la coscienza rivoltata di fronte alla gestione della barbarie jihadista, significa che si è scelto di chiudere gli occhi. Bisogna essere ciechi ed accontentarsi di analisi preconfezionate o di idee ricevute per non vedere nella tragedia siriana altro che un evento banalizzato dentro la sequenza epidemica di "primavere arabe" sparse. Bisogna avere un cervello scadente o particolarmente sempliciotto per negare per principio di inserire questa tragedia nel SUO VERO CONTESTO, che evidentemente si riferisce alle crisi ed alle guerre degli ultimi decenni. È quello di un'impresa geopolitica e geostrategica globale di destabilizzazione e di distruzione, ispirata, pianificata, annunciata e condotta dall'Impero sotto direzione américano-israeliana, utilizzando sistematicamente dei regimi asserviti e dei complici di circostanza (islamisti nella fattispecie) la cui agenda, per differente che sia, è compatibile nel breve e medio termine con quella dei padroni atlantici.
Visto attraverso la lente dei neo-cons che lo ispirano ormai dall'ultimo quarto di secolo, l'Occidente (l'America, Israele ed alleati europei) mira come sua vocazione a competere con l'Eurasia russo-cinese la padronanza del pianeta, e la decostruzione del mondo arabo musulmano che separa questi due insiemi è una condizione imposta dalla geopolitica. Per le forze islamiste radicali, la decomposizione degli Stati di questa "cintura verde musulmana" in entità su base etnica o confessionale è il prerequisito per la creazione di una poltiglia di Emirati, tappe incerte verso la rifondazione di uno Stato islamico basato sulla Sharia (legge coranica) o il ripristino del Califfato, un secolo dopo la sua abolizione. Per motivi storici, culturali, religiosi, politici e geopolitici, la Siria è il centro e l'epicentro di questo confronto il cui esito sarà cruciale per l'istituzione del futuro ordine mondiale in divenire.
In ogni caso, è difficile negare che le guerre di Siria (o le guerre in Siria) sono degenerate in un conflitto universale tra due campi, uno che ha dimostrato la sua forza e il secondo che si trova in completa disarticolazione:
- il campo della Siria legale e i suoi alleati (Iran, Hezbollah, Russia e Cina, e per estensione i paesi BRICS), ma anche di paesi come l'Algeria e sempre di più l'Iraq, le sue forze armate, Hachd al Chaabi (raggruppamento popolare), lo Yemen "legale" del Presidente Ali Abdallah Saleh e altre forze resistenti all'egemonia.
- Il campo avversario: regimi islamici (Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati del Golfo Persico), i terroristi e jihadisti nonché gruppi di miliziani, finanziati, armati, supportati da Israele e, purtroppo, dagli occidentali. Tutti questi avversari della Siria"legale" si consulteranno regolarmente come parte del gruppo "amici della Siria".


Questo scontro universale, che ha conosciuto in più di sei anni numerosi sviluppi, si può riassumere (ho provato a farne una descrizione nel mio libro "Tempesta sul grande Medio Oriente" pubblicato nel febbraio 2015, e poi a febbraio 2017) in una buona dozzina di conflitti uno più spetato dell'altro, mescolando l'odore di santità con l'odore del gas, le illuminazioni messianiste e le ambizioni strategiche, i riferimenti ai valori morali e i valori dei mercato, la guerra santa a sfondo religioso e la lotta profana per il potere politico.
1/ Sulla questione siriana propriamente detta:
1/ E' inizialmente una guerra per il potere, condotta dalla cosiddetta opposizione "democratica e pacifica" contro l'oppressione di un "regime assassino"
2/ Questa lotta interna diverrà rapidamente militare, trasformata dalla penna degli analisti in una "guerra civile", che non lo è affatto in quanto viene importata ...
3/ Infatti, il conflitto sarà internazionalizzato dall'intervento massiccio dei regimi sunniti radicali e di combattenti stranieri a fianco dell'opposizione (pesantemente) armata, poi per l'ingerenza ed il sostegno aperto degli Occidentali, diventando chiaramente una guerra di aggressione, che è crimine internazionale per eccellenza, secondo il Tribunale di Norimberga.
4/ Questa guerra costituirà di fatto un politicidio (che è contro un Stato ciò che l'omicidio è contro un essere umano) mirando a provocare l'implosione dello Stato-nazione siriano in mini-entità a base confessionale o etnica, conformemente ai piani israelo-americani. È l'obiettivo del Protocollo di Doha adottato sotto l'egida del Qatar nel novembre 2012 dalla Coalizione Nazionale siriana delle Forze dell'opposizione e della Rivoluzione.
2/ Sotto l'aspetto religioso:
5/ E' una guerra in nome dell'islam contro un "regime empio", sotto la bandiera della Jihad, "gestita con la ferocia e la barbarie", che è la strategia ufficiale dello Stato Islamico (Da'ech).
6/ riciclata come guerra santa dagli islamisti, la guerra di aggressione, quindi, verrà ben presto ridefinita dalla comunità internazionale come una guerra terroristica.
7/ E quindi genererà una ripresa della guerra globale contro il tal terrorismo, considerato (almeno a parole) come il nemico numero uno di tutti i paesi, una guerra destinata a servire come una foglia di fico per la guerra di aggressione contro la Siria.
8/ Un attacco dei radicali sunniti wahabiti (e simili) contro "l'asse sciita" che va da Teheran fino al Libano attraverso la Siria e l'Iraq, presentato dai wahhabiti e dei loro alleati come componente della lotta anti-terrorismo.
9/ Un'accanita guerra tra i due campi del radicalismo sunnita (Turchia e Qatar contro Arabia Saudita, Fratelli Musulmani contro wahabiti) per la gestione dell'Islam sunnita e dell'Islam.
3/ Dal punto di vista geopolitico :
10/ Una guerra per procura (proxi-war) tra l'Eurasia e l'Occidente atlantista
11/ Una guerra per l'energia, nella fattispecie per il gas
12/ Una guerra per l'interesse superiore di Israele, onnipresente nelle preoccupazioni americane e occidentali
13/ A coronamento di tutto, un risiko planetario giocato sulla "grande scacchiera" che ha come obiettivo il controllo del "Grande Medio Oriente" riaggiornato, la leadership nel mondo.
Il tributo di vite umane, il costo materiale e finanziario delle sole guerre siriane è terrificante, come il bilancio generale della "democratizzazione del Grande Medio Oriente" che dobbiamo a George W. Bush e ai suoi scagnozzi.
II/ Per legittima difesa, la Siria sta facendo valorosamente fronte alla guerra di aggressione
1/ La legittimità dello Stato siriano.
Membro delle Nazioni Unite, la Siria è uno stato indipendente e sovrano. Il suo regime è repubblicano in stile laico. Parlando di "regime siriano" per descrivere il suo governo, ovviamente si cerca di delegittimarlo, a dispetto di un principio generalmente dimenticato: mentre noi volentieri ricordiamo il diritto dei popoli all'autodeterminazione, spesso ci dimentichiamo del diritto degli Stati di decidere il loro sistema politico, senza alcuna interferenza straniera.
Secondo il diritto internazionale, il governo detiene il monopolio dell'uso legale della forza: questo deve essere ricordato a tutti coloro che sognavano di distruggere uno Stato recalcitrante, a coloro che volevano "ucciderlo politicamente", perché ha resistito ai loro obiettivi neocoloniali.
L'Esercito Arabo Siriano non è "l'esercito del regime alawita", ma un esercito nazionale di coscritti con chiamata alle armi. Esso ha il diritto assoluto di riconquistare o liberare qualsiasi parte del proprio territorio senza chiedere il permesso a nessuno. Ripristinando la sovranità dello Stato sul suolo nazionale, non fa altro che consentire allo Stato, di cui esso è uno degli organi legali, di esercitare il suo diritto di controllo del territorio. Non fa che affermare il diritto della Siria a preservare la sua sovranità, la sua integrità, la sua indipendenza.
Da oltre sei anni, un paese che non ha aggredito nessuno deve resistere a una guerra di aggressione che coinvolge in un modo o nell'altro (abitanti, militari, governi ...) più di cento membri delle Nazioni Unite, scontrandosi inoltre con un apparato internazionale e un'ONU tutt'altro che neutrale. La resistenza del "regime siriano" e dei suoi alleati ha comunque bloccato l'impresa della compagnia dei "neocon" e dei takfiristi, tanto che anche i suoi detrattori e nemici ammettono ormai (come l'ex ambasciatore americano a Damasco Robert Ford) che la Siria ha potenzialmente vinto.
   prima parte....   Testo in francese:  
http://arretsurinfo.ch/syrie-six-ans-de-guerre-apres-le-cauchemar-les-reves-ou-la-realite/

venerdì 26 maggio 2017

Ex ambasciatore Raimbaud "La tragedia siriana: diritto internazionale o legge della Jungla?"

Segnaliamo questo scritto, rivolto al pubblico francese ma a nostro parere valido anche per la visione politica dei nostri governanti.


di : Michel Raimbaud*
  * Michel Raimbaud, ex ambasciatore di Francia in Mauritania, Sudan e Zimbabwe. Ex direttore dell'Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA). 
A lui si devono numerosi lavori, particolarmente sul Sudan. Ha appena pubblicato presso Ellipses una nuova edizione del suo libro intitolato "Tempesta sul Grande Medio Oriente."

La tragedia della Siria è entrata nel suo settimo anno. Incrostata nell'attualità, fa parte del paesaggio. Ma i suoi 400.000 morti, i suoi 2 milioni di feriti o di mutilati, i suoi 14 o 15 milioni di profughi, sfollati o esiliati, il suo territorio devastato per più del 60% e la sua economia rovinata dai saccheggi, dalle sanzioni e dall'embargo, non suscitano emozione permanente.
In effetti, visti dalle nostre "grandi democrazie" (le cui lingue sono mondiali, i valori universali, la vocazione planetaria ed i lutti sovranazionali, e che si considerano come l'essenza dell'umanità o il non plus ultra della sua coscienza), i conflitti dell'Oriente complicato sono stancanti, quando non francamente ermetici.
Per ravvivare la fiamma della compassione, occorre una di quelle enormi bugie di cui si ingozzano gli intellettuali, i media e le politiche dell'Occidente benpensante. Quindici anni dopo l'Iraq, il trucco delle armi chimiche fa ancora molta presa: Colin Powell, l'imbroglione del 2003, deve essere contento... I signori della guerra e i loro fiancheggiatori, tra cui i truffatori dell'umanitarismo sono comunque soddisfatti. Non c'è mai il due senza il tre: 2003, 2013, 2017. La manipolazione, i "false flag" sembrano ancora efficaci ...
Le nostre "élites" sbriciolate sono riuscite con questo tour de force a posizionare i nostri paesi in prima linea in Libia, poi in Siria, a fianco degli islamisti, dei terroristi e dei falchi atlantisti del partito della guerra, senza chiedere il parere dei Francesi, riuscendo anche, tramite un'intensa campagna pubblicitaria a raccogliere l'adesione di molti settori della pubblica opinione. La dolce Francia è ripartita bel bello nelle sue tristi epopee coloniali. Viva il Padre Bugeaud, viva François Georges Picot e i suoi accordi tra le quinte, viva Jules Ferry e la fottuta missione civilizzatrice...
I nostri intellettuali che sognano di combattere contro il legittimo governo siriano, questo Stato ribelle che osa tener testa all'Occidente, i nostri media che hanno la fissa dell'urgenza di bombardare Damasco o "Bashar", i nostri politici sospesi come dei disperati alle mammelle dell'atlantismo e delle sue succursali, possono rassicurarsi. Dandosi un Presidente "imprevedibile" che si diceva non interventista se non pacifista, il loro maître americano gli aveva fatto prendere uno spavento! Votato dal "Paese profondo", Trump non ha resistito a lungo alle pressioni dello "Stato profondo": ecco un presidente che bombarda come gli altri ... Ouf!
Questo atroce conflitto si inscriverà a caratteri cubitali rossi nel guinness della vergogna e i portabandiera della sedicente "comunità internazionale" di questo inizio millennio figureranno nella hit-parade dell'indegnità, tra due Nobel per la Pace. A queste persone senza fede, né legge, né vergogna che non hanno altro orizzonte che quello della loro improbabile elezione, non gliene può importare di meno, ma sarà solo nelle pattumiere della storia che si ritroverà traccia della loro memoria.
La tragedia siriana è l'epicentro dello scontro che minaccia la pace nel mondo. Invece di dissertare circa le sottigliezze della politica degli Stati Uniti, le angosce dell'Occidente ipocrita e le marziali dichiarazioni dei nostri miseri dirigenti, sarebbe saggio cercare le radici del male là dove sono con tutta evidenza: è la debacle del diritto internazionale sotto i torti prodigati da un quarto di secolo dall'Occidente arrogante, prepotente e sicuro di sé, che ha portato a questo mondo caotico, immorale e pericoloso in cui ormai viviamo, questo mondo che noi rischiamo di lasciare in eredità ai nostri figli.

Il momento unipolare americano (1991/2011) ha permesso al "più potente Impero che sia mai esistito sulla superficie della Terra" di distruggere le basi della legalità internazionale, stabilendo il nuovo ordine mondiale voluto dai falchi di Washington. Questo si tradurrà a tempo di record nell'abbandono dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite: sovranità, non ingerenza, diritto dei popoli all'autodeterminazione, diritto di ogni Stato a scegliere liberamente la propria forma statuale e politica non condizionato da interferenze straniere, obbligo di negoziare in caso di conflitto prima di ricorrere all'uso o alla minaccia dell'uso della forza. La "comunità internazionale" atlantica troverà la sua lampada di Aladino in un concetto miracoloso, la "responsabilità di proteggere" (R2P): la versione riveduta del diritto di interferire dalle connotazioni troppo colonialiste. Le Nazioni Unite (ONU) verranno strumentalizzate, o ignorate quando il motore unipolare sperimenterà i suoi primi fallimenti: si farà grancassa sulle deliberazioni del Consiglio di Sicurezza quando dice "sì, sì, sì", ma si farà finta di niente quando dirà di no.
Di fronte a Stati qualificati "canaglia", spesso arabi /musulmani, o percepiti come cripto-delinquenti come la Cina e la Russia, l'America e i suoi alleati si erigeranno a "comunità internazionale", centro "civile" del nuovo ordine mondiale. In realtà, sarà la legge della giungla che si installerà sulle rovine della legalità internazionale, il mondo extra-atlantico vedrà quindi il suo statuto ridotto a quello di una zona di senza-diritti. Sul loro vasto campo di avventura, i neocons giocheranno al "caos creativo" e si divertiranno a terrorizzare i "nemici" secondo le ricette della "teoria del folle" di Nixon: l'America deve veicolare l'impressione che i suoi dirigenti sono imprevedibili. I risultati saranno impressionanti, non certamente in termini di "democratizzazione", ma in ciò che riguarda la normalizzazione o addirittura la distruzione degli Stati repubblicani, sanamente laici e nazionalisti.
La guerra che infuria in Siria attualmente è ormai universale, tanto sono numerosi e diversi gli attori, le poste, i secondi fini, gli interessi. Tuttavia, non è un confronto classico: ufficialmente però non si può parlare di uno stato di guerra, poiché nessuno ha dichiarato guerra alla Siria, come lo vorrebbero le norme delle leggi del guerra e/o la consuetudine diplomatica.
A Mosca, si ripete "Gli Stati che si sono fuorviati nel sostegno al terrorismo, continuano a farlo e meritano di essere giudicati da un tribunale internazionale simile a quello che ha giudicato il nazismo." Ora la Siria è dalla primavera 2011 la vittima di una "guerra di aggressione", il tipo di guerra qualificata un'altra volta di notte e di nebbia dal Tribunale di Norimberga , come "crimine internazionale supremo": "Scatenare una guerra di aggressione non è solamente un crimine internazionale; è il crimine internazionale supremo, non differendo dagli altri crimini di guerra se non perché contiene sé il male accumulato di tutti gli altri" . E' il crimine per eccellenza. E nel caso specifico della Siria, un crimine con premeditazione, pianificato dagli "strateghi."
Come Iraq, Libia, Somalia, Palestina, ecc... la Siria è oggetto di un tentativo di "politicidio", (che nel caso di uno Stato è come si trattasse di un omicidio nei confronti di un essere umano) verso le istituzioni, il governo, la sovranità, l'integrità, le autorità politiche, i simboli emblematici, le forze armate, le risorse, le basi, le infrastrutture dell'economia, l'identità dello Stato, sono stati messi nel mirino singolarmente e nel loro insieme.
Le operazioni possono declinarsi in smantellamento, spartizione, smembramento dello Stato nazionale. Gli attacchi sono effettuati in tutte le direzioni: politica (la destabilizzazione, il cambio di regime), umanitarie (responsabilità di proteggere, progetti di zona di esclusione, corridoi), militari (bombardamenti, attentati, provocazioni, attacchi, raid), psicologico e mediatico (la menzogna, la manipolazione, l'intossicazione "false flag", il lavaggio dei cervelli). Nel frattempo, il popolo siriano è il bersaglio di un "etnocidio", un termine che descrive l'attività di decostruzione e disgregazione in atto. L'obiettivo generale è quello di rompere la sua coesione, che non è il prodotto di trent'anni di mandato francese e neanche di quattro secoli di impero ottomano, ma il risultato di una storia plurimillenaria, prima ancora dell'avvento del Cristianesimo e dell'Islam.
Le sanzioni sono armi di distruzione di massa finalizzate a minare una società civile e laboriosa. Tutti i mezzi del resto sono utilizzati: è necessario spingere i siriani a fuggire dal Paese, costringere le minoranze all'esodo, provocare l'emorragia delle élites, al fine di prevenire la successiva ricostruzione del tessuto sociale nazionale.
La "condanna a morte del popolo siriano" e la distruzione della Siria, "madre della nostra civiltà" e "seconda casa di ogni uomo civile" sono parte integrante del crimine per eccellenza.
Alla fine, è necessario chiamare le cose con il loro nome: gli aggressori della Siria legale, della Siria sovrana che agiscono in violazione del diritto internazionale sono delinquenti e criminali. Sono inoltre anche dei bugiardi impudenti indegni di governare o di pretendere di governare. I bombardamenti USA sulla base aerea di Al Shuairat non sono un "messaggio forte" di Washington, come dicono il tale o il tal altro esteta, ma un crimine aggiuntivo.
È tempo che la "Grande Nazione" si svegli e che i dirigenti più degni riprendano in mano il proprio destino politico, la propria indipendenza, che la Francia ritorni ad essere quell'eccezione che faceva la nostra fierezza. È tempo che i suoi intellettuali si ricolleghino con la tradizione dei loro grandi antenati. È tempo, ed è anche urgente raddrizzare la barra di questa imbarcazione pazza e disorientata che è diventata la Francia, tanto sono grandi e spietati i pericoli per questo nostro mondo. Volevo dire, è tempo che i diplomatici per i quali il diritto internazionale dovrebbe essere la Bibbia, e il cui il mestiere è di cercare la pace, espellano l'occupante abusivo come il cuculo nel nido dei falchi.
Dobbiamo dire no e no e no alla guerra che i piccoli e i grandi di questo mondo presentano come un'opzione banale, rannicchiati e nascosti nei loro privilegi, nelle loro certezze e la loro ordinaria arroganza. E' necessario che la Francia ritrovi il cammino della legalità internazionale e del diritto delle Nazioni Unite: La nostra Pace ha questo prezzo.
 (Trad dal francese di Gb.P)