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lunedì 7 settembre 2020

Anche il patrimonio boschivo della Siria va in fiamme

Di Maria Antonietta Carta

Per oltre trent’anni, viaggiando attraverso la Siria ho assistito con emozione all'opera paziente e costante di rimboschimento. Una volta, un compagno di viaggio siriano mi raccontò che il suo Paese era stato ampiamente deforestato durante l’occupazione ottomana, per ottenere il legno necessario alla costruzione della ferrovia transnazionale Baghdad-Istanbul.

Anche durante la guerra, i Siriani hanno seguitato a piantare alberi, con tenacia e perseveranza, ed è per me un supplizio vedere le immagini dei roghi che inceneriscono le lussureggianti montagne costiere dell'amata Siria, ricche anche di alberi secolari: cedri, querce, pini altissimi… un’infinità di erbe aromatiche e medicinali e un sottobosco lussureggiante che per molti mesi diventava una affascinante tavolozza di colori.

Esse fanno parte anche della mia storia personale per averle frequentate durante decenni, sempre accolta con cuore generoso dai suoi abitanti ora desolatamente soli poiché nessun Paese li ha soccorsi.

Nel link sottostante, potete vedere i miei carissimi amici di suq al-Dayaa durante la campagna di forestazione (con moringhe oleifere) della stagione scorsa nelle montagne di Latakia e ammirarne la splendida vegetazione.

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.2703035976400256&type=3

mercoledì 10 giugno 2020

L’impiego arbitrario delle sanzioni contro un popolo innocente e fiero.


Opera dello scultore siriano: Nizar Ali Badr





Di Maria Antonietta Carta
Il popolo siriano, che patisce indicibili tormenti da oltre nove anni a causa di una guerra iniqua ed efferata, è anche vittima di una vile e crudele coercizione morale e fisica. Utilizzando il ricatto delle sanzioni, disonorevole arma di una Civiltà incivilissima, l'Occidente ne oltraggia la dignità e la fierezza e lo condanna all'annientamento con la deprivazione del soddisfacimento dei bisogni essenziali: salute, istruzione, e nutrimento.
Dopo l'usurpazione dei campi petroliferi, gli incendi di campi di grano, il furto dei raccolti e dei tesori archeologici a opera dei complici turchi, ecco in arrivo, per completare l'opera, il cinico ''Caesar Syria Civilian Protection Act'', sadicamente elaborato e inflitto dai nostri governanti criminali alla Siria.

Maen, commentando queste mie parole in un post contro le sanzioni alla Siria, mi ha offerto la sua preziosa testimonianza. Egli vive e patisce in una zona che i terroristi occupano devastandola, saccheggiandola, esercitando ogni genere di abusi, ma soprattutto distruggendo l'armonia e l'unicità del tessuto sociale frutto di una preziosa cultura plurimillenaria. Tutto ciò per le mire neocolonialiste ed espansionistiche di un Occidente cinico, avido, prepotente al guinzaglio del Sionismo. Un Occidente che pretende ipocritamente di voler offrire ai Siriani libertà e democrazia mentre li condanna a morte con le bombe e con sanzioni inique e illegali. Il “Caos costruttivo''!
Maen scrive:  ''Per pochi mesi di chiusura [a causa del COVID19] il mondo intero ha sofferto. Noi, in Siria, oltre alla distruzione della guerra da dieci lunghi anni, dobbiamo affrontare l'odio occidentale che sta accrescendo la miseria, le malattie, la fame. Tutti ci domandiamo: Quando questo Occidente sarà finalmente sazio del nostro sangue? Perché tanto odio? Cosa abbiamo fatto di male all'Occidente per essere ripagati con tutta questa brutalità? Popoli cosiddetti civili, che parlano di libertà, democrazia e diritti umani, impongono al mondo intero di applicare le più severe sanzioni contro pochi milioni di pacifici abitanti. Feriti, ammalati, affamati, sfollati in nome dei ‘diritti umani’ e 'per aiutare il popolo siriano’! Ci chiediamo anche: Non è ora che i popoli occidentali si sveglino e si liberino da queste menzogne americano-sioniste e tornino a essere liberi di praticare la loro umanità?''.

Nel 2011, Nibal era un ragazzo gentile con tanti sogni da realizzare, ma da anni fa il soldato e non vede crescere le sue due splendide bambine che adora e che anche quando giocano o ridono hanno gli occhi tremendamente tristi per l’assenza del loro papà e per il timore di perderlo. Sono stata insieme a loro l’estate scorsa e con l’emozione per il dono della loro tenerezza affettuosa, perché mi hanno adottata come nonna, conservo il ricordo lancinante dell’angustia profonda celata dietro i loro sorrisi.
Nibal in un commento allo stesso post scrive: ''La guerra economica è più crudele della guerra militare. La gente muore di fame e di miseria. Cosa vogliono da noi? Noi non ci arrenderemo mai.''
Due giorni dopo, in un altro messaggio mi confida: ‘’Pensavo che questa guerra fosse quasi finita, ma adesso ho capito che sta ricominciando. Questa guerra tocca il popolo direttamente’’.

Certo, caro Nibal. Questa guerra è contro l'anima della Siria, e l'anima della Siria che resiste è il suo popolo. Se ha resistito tanto, si deve molto alla vostra forza di carattere. Coloro che intendono distruggerla e frammentarla temono ormai la vostra resilienza civile e morale forse più della resistenza armata. Ecco perché sono disposti a immolarvi.

La situazione è oggi più tragica che mai. Mentre sto terminando questo articolo, ricevo una telefonata da Latakia. È una cara amica: ‘’ Maria, non ho avuto mai paura e poche speranze quanto ora – mi dice – In alcune zone sono riprese le proteste pilotate, come nel 2011, in altre la popolazione è davvero ridotta alla fame, i prezzi continuano a salire follemente e in pochi giorni si sono moltiplicati anche per cinque. Molti negozi ormai restano chiusi. Sono tutti coalizzati contro di noi. Non vogliono che la Siria continui a esistere’’.

In Europa, si crede che la Siria sia lontana, invece è vicinissima. La sua immane tragedia colpisce anche noi (pensiamo per esempio al blocco degli scambi commerciali) e ci colpirà sempre più, anche se ci illudiamo di esserne immuni. Non possiamo permetterci di essere indifferenti.

Tra sanzioni, pandemia e guerra, la lotta dei siriani per la sopravvivenza

Continua l'agonia del popolo siriano segnato da una guerra lunga ormai 10 anni, piegato dalla crisi economica e da sanzioni internazionali di cui paga gli effetti devastanti. Non è la pandemia a preoccupare ma la priorità oggi è: "sopravvivere".
Testimonianze da Damasco e Aleppo. L'appello: "rimuovete le sanzioni"

di Daniele Rocchi,  S.I.R. 10 giugno 2020
Siamo entrati nell’oblio. Chiediamo alla comunità internazionale di rimuovere le sanzioni che impoveriscono ogni giorno di più i siriani. Sono contro i diritti umani, sono disumane perché penalizzano tutta la popolazione. Qui la gente sta morendo di fame. Non ci sono medicine. Non c’è lavoro”. 
È il monito di mons. George Abou Khazen, vicario apostolico latino di Aleppo, città martire della guerra siriana, entrata ormai nel suo decimo anno. 
Non è solo il conflitto a preoccupare l’arcivescovo, e nemmeno il Covid-19. A strangolare progressivamente la popolazione siriana, dice, sono “le sanzioni internazionali e i suoi effetti”. L’Ue ha prorogato, il 28 maggio scorso, le misure restrittive contro il regime siriano per un altro anno, fino al 1 giugno 2021. Dal 17 giugno, invece, dovrebbero entrare in vigore quelle decise dal presidente Usa, Donald Trump, contenute nel “Caesar Syria Civilian Protection Act”.  Le sanzioni Ue, introdotte nel 2011 “in risposta alla repressione del regime siriano della popolazione civile”, colpiscono aziende e imprenditori che hanno rapporti commerciali con il regime e con l’economia di guerra. Le sanzioni, tra le altre cose, vietano l’importazione di petrolio, impongono restrizioni su determinati investimenti e su attrezzature e tecnologia che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna. Il “Caesar”, dal canto suo, imporrà sanzioni sui leader siriani, società, Stati e individui che appoggiano militarmente, finanziariamente e tecnicamente il governo di Assad e i suoi alleati Russia e Iran. Altre sanzioni Usa sono in vigore già da prima dell’insurrezione del 2011.
La comunità internazionale si faccia un esame di coscienza: per noi le sanzioni sono un crimine” rimarca il Vicario - “Siamo molto delusi dall’Ue. Chissà cosa accadrà con l’entrata in vigore del Caesar Act di Trump. Abbiamo bisogno della pace, ma adesso la priorità è sopravvivere”.
La vera paura e la crisi del Libano.  A confermare al Sir la gravità della situazione in Siria sono alcune fonti locali che vogliono restare anonime:
Ad oggi la vera paura dei siriani non è la pandemia ma la povertà generata da anni di guerra, di sanzioni e di crisi economica”.
Il termometro della crisi oggi è la svalutazione della moneta locale che sta provocando un’impennata dei prezzi per tutti i beni compresi cibo e medicine. A giocare un ruolo determinante nella svalutazione della lira siriana è la crisi finanziaria libanese. Per la Siria, infatti, il Paese dei Cedri è sempre stato una strada aperta verso il mondo esterno, soprattutto dopo l’imposizione delle sanzioni occidentali. In Libano sono depositati i conti e i risparmi di tantissimi siriani e le banche libanesi hanno favorito i commercianti e imprenditori siriani nei loro affari. Almeno fino a pochi mesi, quando le avvisaglie della crisi che avrebbe portato il Libano al default nel marzo di quest’anno, hanno di fatto provocato restrizioni bancarie nella vendita di dollari, nel ritiro dei risparmi e causato il blocco dei depositi siriani nelle banche libanesi. Al crollo della sterlina libanese ha fatto seguito anche quello della valuta siriana.
Così ogni giorno assistiamo ad un calo della nostra moneta con conseguente salita dei prezzi – dichiarano le fonti -. La gente non ce la fa a comprare da mangiare. Nelle ultime sei settimane la lira siriana ha perso circa il 65% del suo potere di acquisto. Se prima un dollaro era scambiato a 1000 lire siriane, adesso ce ne vogliono oltre 3000. All’inizio della guerra (2011) per un dollaro servivano 50 lire”.
E chi sperava che con la fine del lockdown i locali e negozi delle città siriane tornassero a riempirsi si è dovuto ricredere. Per il rilancio dell’economia bisognerà attendere ancora: “Con i prezzi è cresciuta anche la disperazione e la rabbia della gente”.
Mancano medicine e chiudono le farmacie. Gravi le ripercussioni anche sul sistema sanitario, già disastrato dalla guerra:  “Le industrie farmaceutiche siriane hanno smesso di produrre per mancanza di materie prime molto costose da reperire. Il prezzo di produzione è più alto di quello fissato dal Governo per la vendita. Dunque produrre medicine significa perdere denaro. Ne deriva una carenza di medicinali e la corsa all’accaparramento specie di quelli per le malattie croniche. Molte farmacie hanno chiuso per mancanza di forniture. Ci sono ospedali che faticano a rifornirsi anche di carta igienica e di presidi medici di uso comune”. 
In questo quadro a tinte fosche, chi continua a curare gratuitamente i più vulnerabili di Damasco e Aleppo sono i tre nosocomi cattolici del progetto “Ospedali Aperti”, ideato dal card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che ne ha affidato la gestione ad Avsi, organizzazione internazionale che opera su più fronti per dare sostegno alla popolazione siriana. Nell’Ospedale Italiano e Francese di Damasco, e in quello di St. Louis ad Aleppo, spiegano da Avsi, “si continua a curare la popolazione. L’impegno è cercare di accogliere un numero sempre più alto di malati e salvare più vite possibile. In questi anni sono cresciute patologie gravi come i tumori, specie tra i giovani”.
Contro le sanzioni. Chi si sta battendo contro le sanzioni alla Siria è l’ong New Humanity, con la sua associata Amu – Azione per un Mondo Unito, che ha lanciato un appello per chiederne l’immediata sospensione “almeno per le forniture sanitarie e i materiali destinati alle cure mediche e per i fondi necessari per pagarle”. I destinatari dell’appello, firmato fino ad oggi da oltre 17 mila persone, sono tra gli altri António Guterres, Segretario Generale Nazioni Unite; Donald J. Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America e David M. Sassoli, Presidente Parlamento europeo.
Un’iniziativa, spiegano al Sir le ong promotrici che fanno capo al movimento dei Focolari, “al di sopra di qualsiasi orientamento politico o ideologico con l’obiettivo di salvaguardare la popolazione civile siriana”. “Le sanzioni – dicono le ong – bloccano investimenti e transazioni finanziarie rendendo difficili i commerci, importazioni e esportazioni. I siriani che sono all’estero non riescono più a far arrivare soldi ai loro parenti”. Le ong non mancano di segnalare “un velo di ipocrisia sul tema delle sanzioni:
hanno posto l’embargo all’acquisto del ferro perché potrebbe essere usato a fini bellici e poi fanno arrivare qui in Siria armi da ogni dove. Piuttosto che impoverire il popolo siriano con le sanzioni, Ue e Usa dovrebbero trovare strade di dialogo per una soluzione negoziata del conflitto. In Siria prima d’ora non abbiamo mai visto gente che cerca cibo nell’immondizia e persone che vendono reni per avere soldi”.
Anche l’Associazione pro Terra Sancta, che fa riferimento alla Custodia di Terra Santa, invoca lo stop all’embargo alla Siria, così come le Trappiste siriane. In una lettera le religiose chiedono la fine delle sanzioni che pure, affermano, “non sono l’unica causa di tutti i problemi in Siria. Ci sono tante responsabilità, anche interne. Ora c’è una guerra economica in corso, una guerra di spartizione di aree di potere, di privilegi economici, di influenze sul territorio”. Per questo il sistema politico-economico interno è chiamato a combattere la corruzione e a promuovere la crescita, facendosi carico dell’interesse del paese aiutando tutti i cittadini”.

sabato 21 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria: Qalb Loze

Qalb Loze. Facciate ovest e sud.

                                                       LETTURE PER CAPIRE (3° PARTE)
(1° PARTE: Le Città Morte QUI)
(2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI)

di Maria Antonietta Carta

Nel suo libro sulle Città morte, Joseph Mattern scrive: ‘’Qalb Loze è attualmente più difficile da raggiungere di quando ci siamo stati nell’agosto 1928. Allora, partendo da Aleppo verso Antiochia, oltrepassata ‘Ain Delfe si svoltava a sinistra in direzione di Harim1. Dopo la cessione del Sangiaccato di Alessandretta alla Turchia [1939] e la rettifica delle frontiere, ‘Ain Delfe e il tratto della strada che portava a Harim sono in territorio turco. Si sta studiando un nuovo percorso per Idlib… Quindi, posso raccontare quel che vidi nella precedente escursione archeologica, avvenuta in condizioni eccellenti con la guida del vecchio sheikh druzo di Qalb Loze che ci attendeva a Harim’’. (J. Mattern, Villes Mortes de Haute Syrie, pag 105, Beirouth 1944). 
  Com’era dolce percorrere la Siria prima della guerra!
Io, invece, per arrivare a Qalb Loze partendo da Latakia, percorrevo la strada che conduce a Jisr al-Shughur. Da lì, svoltando a sinistra per Qnaye e, lungo l’antico percorso della via Apamea-Antiochia verso Derkush, dove facendosi strada in una profonda gola del Gebel Wastani, che Strabone chiamò Cariddi, si riversa il fiume Oronte. Derkush: un’oasi di pace e di memorie antiche. I bei campi di melograni coloravano di smeraldo le acque del fiume.
Derkush. Il fiume Oronte
A ridosso del villaggio, tagliate nel fianco della montagna, le cave di epoca romana che avevano fornito i blocchi di calcare per edificare gli edifici monumentali pubblici e privati della grande metropoli di Antiochia, allora capitale della Siria Prima. Ora, invece, in certi tratti, sull’altra sponda dell’Oronte si è praticamente già in Turchia. Grazie ai Francesi. I ragazzini giocavano lieti a tuffarsi da un vecchio ponte nel fiume dove in primavera si rispecchiavano i melograni in fiore, e in autunno centinaia e centinaia di cassette di frutti rossi rubino affiancavano la strada in attesa di essere trasportati altrove… E le grotte oracolari e il sepolcro di un giovane soldato romano con una lapide che recita: ‘’Mamma non piangere. Gli uomini sono mortali’’.
Quante migliaia di giovani vite si sta portando via oggi il rovinoso uragano di un’altra guerra insensata e crudele che da nove anni travolge la mia amata Siria!
 Armanaz, antico centro si pensa fondato da vetrai fenici e famosa per la lavorazione della ceramica tradizionale. Harim, fortezza bizantina edificata da Niceforo Focas e teatro di una famosa battaglia tra l’esercito crociato e Norandino che lì ebbe la meglio e catturò Raymondo III di Tripoli, Boemondo III di Antiochia, Ugo VIII di Lusignano e Joscelin III di Edessa. Paesaggi verdeggianti o gialli assolati o color dell’ocra e grigi calcari con macchie color della ruggine: una indimenticabile tavolozza. Uliveti strappati alle rocce coltivati con sapienza. E continui richiami al passato di una terra antica ricca di tante vicissitudini e di grande civiltà. Con me sempre accogliente. Poco più in basso, che mi sembrava di poterla toccare, la fertile piana di Antiochia e ogni volta a quella vista mi arrabbiavo per la prepotenza feroce e i cinici soprusi del colonialismo.
L’archeologo P. Pasquale Castellana e sullo sfondo la Piana di Antiochia
I ricordi si affollano e vogliono essere rievocati. Mi accade sempre quando inizio a raccontare i miei giorni siriani, di cui ho profonda nostalgia. È difficile smettere, anche se con essi si rinnova lo strazio insopportabile per le vicende terribili che insanguinano, distruggono, saccheggiano e tentano con ogni genere di nefandezze di smembrare quello splendido Paese, fino a dieci anni fa in pace e ora vittima della guerra imposta dal nostro incivile Occidente. Rabbrividisco ogni volta al pensiero di questa incessante persecuzione cruenta e dell’ingordigia dei Turchi che si vogliono impadronire di un’altra parte della sua terra e della sua anima.  

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Qalb Loze (il Cuore del Mandorlo in arabo) - situato sulla sommità di un colle tra due altri borghi antichi, Qirq Bize e Behio - fa parte di un gruppo di villaggi drusi del Jebel el-A’la, nati a partire dal X secolo e lontani dalle principali concentrazioni del sud della Siria. Fino a metà degli anni 50 del secolo scorso, i Druzi vivevano nelle abitazioni antiche. La regione del Jebel el-A’la fa parte della provincia di Idlib. Quella provincia che la Turchia sogna di annettersi con la complicità dell’Occidente, come accadde 80 anni fa grazie ai colonizzatori francesi, che per averla dalla loro parte contro la Germania durante la seconda guerra mondiale le  regalarono una parte della Siria. La turpe abitudine di spartirsi i territori altrui continua cinicamente a procurare sofferenze indicibili in questa parte del mondo.
Dopo le rovine di Benabil - con le sue ville antiche ornate di cornici, capitelli dorici e corinzi, timpani, porte e finestre scolpite, sopra il villaggio su un piedistallo l’unica colonna alta 10 metri di un sepolcro romano che un tempo era distilo – e oltrepassati i siti antichi di Khirbet Barish e Kirk Bize, si arriva alla Basilica di Qalb Loze: capolavoro architettonico della seconda metà del V secolo.
 In cima a un colle solenne e imponente, nonostante la semplicità della pietra calcare scolpita con sobria eleganza, essa ci ricorda la maestria degli antichi artigiani. I grossi blocchi di calcare sono perfettamente lavorati e uniti senza alcun elemento coesivo. Il suo interno, che misura m. 25 x 15, è diviso in tre ampie navate separate da due file di tre larghe arcate poggianti su eleganti capitelli corinzi di possenti pilastri e decorate con motivi floreali e geometrici. La navata centrale termina in una grande abside semicircolare di blocchi di pietra ben lavorati. L’archivolto scolpito dell’abside con una colonnetta a ogni lato è veramente di grande effetto. Sulla chiave di volta, era rappresentato il Cristo sostenuto da due angeli. Nei muri sopra gli archi, si apre il claristorio con finestre rettangolari separate da mensole e colonnette che sopportavano l’armatura del tetto sopra la navata centrale. Una cornice regge i beccatelli su cui posano le sottili colonne che alleggeriscono la grande parete. Il coro, sopraelevato, si estende oltre l’abside e vi si accede da cinque gradini. Dietro i muri che racchiudono il coro, a sinistra la prothesis e a destra il diaconicon. Il diaconicon era riservato al clero; la prothesis era invece aperta ai fedeli che vi portavano le loro offerte. Sopra questi due locali si alzavano le camere che attraverso una porta conducevano a un balcone nel coro. La copertura della grande navata era in legno, mentre le navate laterali avevano il tetto a terrazza, con lastroni lunghi 5 m circa, che permetteva una illuminazione migliore dalle finestre del claristorio, L’abside semicircolare conserva intatta la sua cupola e il presbiterio sopraelevato.
Nelle proporzioni e nei motivi scolpiti (archi, acanti, intrecci, simboli cristologici e floreali etc.) gli elementi greco-romani si incontrano armoniosamente con le innovazioni degli architetti e artigiani-scultori siriani. Infatti, al piano basilicale classico si uniscono i pilastri e i grandi archi che rappresentano una novità.
La sostituzione delle colonne con pilastri sarebbe diventato un elemento caratteristico delle chiese siriane posteriori quali la basilica di S. Sergio a Resafe (480-500) e quella di Bizos del VI secolo a Ruweiha, dove saranno ancora più massicci.
Le innovazioni più notevoli si riscontrano però all’esterno. Le basiliche edificate nello stesso periodo in Italia, a Costantinopoli o altrove in Europa, normalmente molto ricche all’interno, a parte la facciata principale non presentano rilievi e ornamenti; invece i Siriani le abbelliscono con simboli e motivi vegetali scolpiti, con colonnette e modanature in rilievo che incoronano le finestre. 
Basilica di Qalb Loze. Sezione della navata centrale, (de Vogüé)

Qalb Loze. Particolare interno della Navata laterale sud

Di particolare interesse è la facciata Ovest, con due torri laterali su tre piani che incorniciavano un vasto portico con arco a tutto tondo sormontato da una terrazza. Oggi, di essa resta soltanto la base del lato sinistro dell’arcata, oltre la quale si apre un portale, dove l’arco di scarico sostiene il peso del muro sopra la porta. A Qalb Loze, questo elemento caratteristico dell’architettura siriana, già presente a Palmira e nel tempio di Giove a Damasco, raggiunge la sua piena realizzazione. Tra le volute delle finestre delle torri, al piano terra, sono scolpite colonnette di stilita. 

Basilica di Qalb Loze. Facciata ovest
Nella facciata sud, si aprono tre porte, di cui una destinata agli uomini e una, la più lontana dal santuario, alle donne: entrambe decorate finemente1, e numerose finestre coronate con modanature, altro tratto originale, che si prolungano ad avvolgere l’edificio.  
Basilica di Qalb Loze. Facciata sud
Basilica di Qalb Loze. chiave di volta dell’arco dell’abside. (Tchalenko)  
A est, dietro il presbiterio, l’abside semicircolare sporge dal muro dritto: ancora un elemento nuovo. Nella maggior parte delle chiese siriane precedenti, essa era incassata nel muro dritto e ciò necessitava un lavoro complesso e una muratura massiccia. L’esterno dell’abside, simile a quella della basilica di S. Simeone, è abbellito da un doppio ordine di sei colonnine addossate e incoronato da una cornice classica. Le colonne dell’ordine superiore poggiavano direttamente sul capitello di quelle inferiori. 
Basilica di Qalb Loze. Abside (de Vogüé)
Basilica di Qalb Loze. Abside. 
Qalb Loze è indubbiamente una delle più belle chiese paleocristiane che gli antichi Siriani abbiano edificato. Come abbiamo già visto, qui alla classica pianta basilicale si uniscono innovazioni importanti dell’arte architettonica e decorativa autoctona quali lo spettacolare arco del nartece e le torri laterali, che troveranno compimento secoli dopo nell’arte romanica in Europa. Speriamo che la barbarie la risparmi.
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(1) La Harenc dei Crociati, che l’occuparono nel febbraio del 1098 dopo la vittoria di Boemondo sui Turchi a Jisr el Hadid. Essi vi stabilirono una sede vescovile.

mercoledì 4 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria : Città Morte del Massiccio Calcare

LETTURE PER CAPIRE (2° PARTE)
(1° PARTE QUI)

2. Le chiese paleocristiane
Di Maria Antonietta Carta

Il Massiccio Calcare
Da li, in epoca romano-protobizantina, si esportava nel resto della Siria e in altre parti dell’impero l’olio di oliva, prodotto di grande valore commerciale per il suo vasto impiego: saponi, lubrificanti, cosmetici, unguenti, base dell’alimentazione popolare, illuminazione pubblica e privata. Anche i suoi vini erano conosciuti a Roma e in Gallia.

Nel IV secolo, vi si stabilirono i primi monaci cristiani e, a partire dal V secolo, i pellegrini cominciarono a giungere da Oriente e Occidente per venerare Simeone stilita. Conserva più di settecento siti con migliaia di edifici, tra cui vestigia di 1200 chiese, una ogni 3 km2 e, visitandolo si assiste all’ininterrotto sviluppo, dal I VI secolo, di un’architettura nata dall’occupazione romana, ma più vicina a quella apparsa tra il Mediterraneo e l’Altipiano iranico e con originali apporti dell’arte della costruzione locale, soprattutto nell’impiego delle pietre di grosso taglio senza alcun elemento coesivo. Questa regione della Siria, (lunga 140 Km circa in direzione Nord-Sud e larga dai 20 ai 40) compresa tra Antiochia, terza metropoli dell’Impero Romano, Aleppo antichissimo emporio internazionale, Chalcis ed Apamea centri carovanieri e strategici, ricca di vestigia storiche è oggi vittima della bramosia di conquista di uno degli arroganti governanti dei nostri giorni oscuri: il presidente della Turchia Erdogan. Ho frequentato e studiato per lunghi anni questi luoghi ora devastati dalla guerra e voglio raccontarveli così come sono scolpiti nella mia memoria.

Lasciando Aleppo, la confusione, i rumori, le mille atmosfere di quella vivace città mediorientale e dirigendosi a Nord-Ovest verso la via che, anticamente, portava ad Antiochia o verso Sud-Ovest alla volta di Apamea, si iniziava un viaggio in luoghi formati per lo più da altipiani e colli di gruppi montagnosi situati tra le steppe dell’Est e il Mediterraneo: i Gebel (montagna in arabo) Sim’an a Nord, Barisha-A’la-Wastani al centro e a Sud il Gebel Zawiye che, nella parte orientale degrada verso la steppa. Si tratta di territori quasi privi di risorse idriche: un deserto petreo spesso mitigato soltanto da radi e stentati lazzeruoli, allori e pistacchi selvatici, forse fantasmi di boschi un tempo lussureggianti, macchie di terra rossa sottratta da tenaci contadini alle rocce per coltivarvi l’ulivo e da due fertili piane interne, Sarmada e Rouj. Ma, guardando con attenzione, dal confuso magma del calcare ecco che si delineava il contorno di edifici solitari o di interi paesi con strade ingombre di massi squadrati, muri bordati di portici a pilastri o colonne, porte o finestre con architravi scolpiti, parapetti di balconi, capitelli. Non mi sono mai stancata di quei panorami e di quelle vestigia tante volte incontrati, dei silenzi e delle atmosfere di luoghi dove il tempo sembrava essersi fermato per oltre settecento anni.

Il Massiccio Calcare fu tra le prime regioni della Siria colonizzate dai Romani: l’Antiochene e l’Apamene. Traiano l’aveva assegnata a veterani emeriti e funzionari indigeni che vi avevano edificato le prime ville e introdotto la coltivazione intensiva dell’ulivo e della vite. A partire dal I secolo, furono edificati borghi, villaggi e, nelle alture, templi. Dal III secolo, vi si stabilì una popolazione semitica e i latifondi lasciarono il posto a medie e piccole proprietà. Lungo le piste carovaniere e la via Antiochia-Chalcis, fino alla conquista araba ponte tra Ctesifonte, Bisanzio, l’Asia e il Mediterraneo, si incrociavano soldati, pellegrini e mercanti. Nella seconda metà del VI secolo, ebbe inizio il declino. Le cause furono molteplici: invasioni di cavallette, peste, siccità, terremoti, incursioni dei Persiani e, dopo la conquista araba, il blocco del Mediterraneo da parte dei Bizantini, che secondo alcuni storici causò la fine dei commerci tra Occidente e Siria. Dal X secolo, chiusero anche i grandi complessi monastici, tra cui il famoso convento di Teleda, quando i monaci si schierarono a fianco dei principi musulmani contro Costantinopoli intenzionata a riconquistare la Siria. Il Massiccio fu terra di frontiera nel periodo delle Crociate: si costruirono cittadelle, si fortificarono numerosi monasteri e chiese e vi si svolsero battaglie cruente come quella dell’Ager Sanguinis presso Sarmada (28 giugno 1119) tra l’esercito di Ruggero principe di Antiochia e le truppe di al-Ghazi. Steli funerarie e vestigia di moschee attestano un parziale ripopolamento e una certa rinascita economica durante il regno Ayyubide (1169-1291). Con l’occupazione mamelucca (1291) e ottomana (1515) fu decadenza totale. La regione rimase quasi isolata dal resto del Paese fino agli ultimi decenni del XIX secolo, epoca in cui ricominciò lentamente a popolarsi. Durante la prima metà del XX secolo, i nuovi abitanti continuavano a stabilirsi negli antichi edifici.

Chiese paleocristiane del Massiccio Calcare
Scrive lo storico di arte paleocristiana, bizantina e altomedievale André Grabar in: L’age d’or de Justinien: ‘’Il numero di chiese in Siria durante i secoli V e VI è superiore a quello di altre provincie dell’impero di quella medesima epoca.’’ La Siria è dunque un luogo privilegiato per la storia dell’architettura cristiana e il Massiccio Calcare, essendo rimasto disabitato in gran parte per centinaia di anni, custodisce numerosissimi edifici sacri paleocristiani nelle loro forme originali; un numero maggiore di quanto, forse, possa contarne qualsiasi altra regione della terra.
Anche piccolissimi villaggi ne possedevano due o tre, e alcuni siti conservano vestigia di quattro, cinque, sei e persino otto chiese. Il fiorire di edifici sacri presso quelle comunità rurali non dipendeva dal numero degli abitanti, ma dalla sua composizione etnico-religiosa: popolazione semitica ed ellenistica, dispute cristologiche, soprattutto tra Calcedonesi e Monofisiti, all’interno dello stesso villaggio, come mi insegnò il P. Pasquale Castellana durante le nostre escursioni in quei luoghi straordinari, ’’Se i fedeli che aderivano al Concilio di Calcedonia avevano la loro chiesa a Sud, quelli anticalcedonesi ne costruivano una a Nord; se la prima era situata a Ovest, un’altra era costruita dagli antagonisti a Est.’’ Già dal IV secolo, si veneravano le reliquie dei martiri. Le loro ossa, distribuite alle chiese, erano collocate dentro urne di pietra (reliquiari) posti accanto all’altare del presbiterio.
reliquiario


I fedeli versavano l’olio in un foro a imbuto, praticato nel coperchio, e lo raccoglievano con panni e fiale da una nicchia sotto la fossetta che conteneva le reliquie. Nella prima metà del secolo V, la cappella della navata a Sud, prothesis, diventò Martyrium.

La chiesa di Qirq Bize, nel Gebel A’la, è particolarmente interessante per la storia dell’architettura sacra in Siria. Appena anteriore o di poco successiva all’Editto di Costantino (313 d.C.), segna il passaggio dalla Domus-ecclesiae precostantiniana ai luoghi espressamente di culto. Fu concepita in funzione delle case e di un edificio pubblico, l’andron, tipico di quella regione. Dell’architettura domestica riprende la posizione Est-Ovest, il cortile con porticato (che sostituiva il temenos dei templi politeisti) e le due porte nel lato sud. Aveva un’unica navata rettangolare (di m. 14,75 x 6,40) con il bema (lungo m. 3,77) e il santuario, o presbiterio, che occupava l’estremità est. Il santuario, profondo 3 m. circa, era rialzato rispetto al resto della sala e vi si accedeva per mezzo di due gradini. Ai lati del primo gradino, erano collocati due reliquiari, (e altri tre stavano accanto alla parete sud del santuario). Il secondo gradino, l’arco trionfale, il martyrion e una balaustra decorata da simboli scolpiti furono aggiunti in tempi successivi. Il porticato, a colonne, poggiava su una piattaforma rocciosa. Nel cortile, come nelle case, una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana: coperta da cinque lastre di pietra e con un’apertura quadrata. L’ingresso del cortile era monumentale.
Le chiese di Ishroq e Ma’ramaya (Gebel Barisha) sono quasi contemporanee e simili a Qirq Bize per le dimensioni e le caratteristiche architettoniche. A Nouriye (Gebel Barisha) si conserva la prima chiesa con abside sporgente e a Banqousa (Gebel Barisha) la prima basilica. Della stessa epoca, sono le basiliche di Sinhar, Borj Heidar, Kharab Shams, nel Gebel Sim’an, tutte con le arcate della navata centrale sostenute da colonne.
Borj Heidar
Kharab Shams
 Dopo il concilio di Efeso (431 d.C.), a Sheikh Souleiman (nel Gebel Sim’an) fu edificata una basilica in onore della Madonna.
I templi cristiani non nascono isolati e dominanti sulle alture come i templi politeisti ma, a eccezione delle cappelle monastiche, fanno parte del centro abitato. Le chiese del IV secolo sono piccole, allungate e massicce, hanno stretti colonnati, l’abside affiancata da due locali laterali e quasi sempre chiusa all’esterno da un muro dritto. Gli elementi decorativi sono pochi, semplici e limitati a capitelli, architravi, che recano scolpiti i primi simboli cristiani (croci greche e di Malta, monogrammatiche, a sei bracci inscritte in cerchio) e al marthyrium. Verso la fine del secolo, acquista risalto la facciata ovest. Dal V secolo, che vede operare uno tra i pochi architetti di cui è conosciuto il nome, Markianos Kyris, lo stile architettonico e quello decorativo si affinano sempre piu e acquistano tratti originali. La scultura di Lintelli, pareti, archivolti, cornici diventa esuberante e artisticamente notevole. I motivi essenziali: croci a sei o otto bracci, chrismon, rosette a sei petali, elici, si sviluppano in innumerevoli varianti stilistiche, sono scolpite in rilievo e talvolta racchiuse o anche costituite da nastri perlati, motivi accordellati e, con termine improprio, arabescati, provvisti di borchie all’esterno o di perle o globuli all’interno (motivi che si trovano anche nella decorazione degli edifici civili). Le finestre, talvolta, si fanno geminate con la separazione di una colonnetta.


 








Alcuni elementi sembrano anticipare il romanico. Ricordiamo, tra le tante di questo periodo: le basiliche di Babisqa, Kseijbe, Dar Qita, Qasr el-Banat, Sarfoud, Taqle e Mouchabbak.



Baqirha



Alla fine del V secolo, con le basiliche di Qalb Loze e S. Simeone Stilita che racconterò in seguito) e durante tutto il VI, l’architettura sacra raggiunge il suo pieno sviluppo. Si costruiscono una quantità straordinaria di chiese, battisteri, cappelle monastiche. Le absidi diventano profonde, escono sempre più frequentemente dal perimetro dell’edificio e in alcuni casi sono circondate da due ordini di colonne. Le arcate si allargano e le colonne della navata centrale, ormai più alta, ampia e luminosa, sono anche sostituite da robusti pilastri, elemento originale, come a Qalb Loze, o Roweiha, dove compare per la prima volta l’idea dell’arco trasversale. Archi trionfali e capitelli sono superbamente scolpiti, porte finestre sottolineate da modanature che possono prolungarsi fino ad avvolgere l’intero edificio. L’esterno diventa monumentale. I cortili, più vasti, ospitano battisteri e mausolei, e le facciate si arricchiscono di finestre o torri laterali unite da un arco che forma vestibolo e atri, come a S. Simeone, Qalb Loze, Tourmanin, Rouweiha. In casi eccezionali, la basilica è situata al centro di un temenos, ma continuano a costruirsi le semplici chiese a una sola navata e le basiliche a tre navate tipiche della regione.
Sitti el Roum
Deir Sim'an

Le fotografie sono dell'autore dell'articolo 

giovedì 6 febbraio 2020

Aggiornamento di vita siriana

I lavori di manutenzione dopo l'attacco sono ancora in corso nella stazione Al-Rayyan, negli impianti di gas a sud della regione centrale e di Ebla, e nella raffineria di Homs

La mia cara amica Lilly Martin Sahiounie scrive da Latakia:
6 febbraio 2019: "Soffriamo per la scarsezza dell'elettricità. Erogazione dalle 6 alle 8 am; dalle 12alle 2 pm; dalle 6alle 8 pm. 6 ore al giorno non sono sufficienti per svolgere le faccende domestiche e lavorative ...
Non è disponibile gas di cucina. La Siria ha il suo gas vicino a Homs e la sicurezza è buona lì, senza terroristi. Ma i pozzi di gas sono stati ripetutamente attaccati dai droni che arrivano dal mare e sono di origine straniera. Non provengono da alcun gruppo terroristico, ma da un Paese.
 Produciamo elettricità in Siria, dal gas naturale che è un prodotto locale, ma quando gli impianti a gas vengono attaccati, significa che non c'è gas da cucina e meno elettricità. I due sono interdipendenti. 
Si annuncia un'ennesima carenza di benzina per le auto, poiché non ci è permesso importare benzina, petrolio, gas naturale o altri prodotti petroliferi. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno imposto sanzioni alla Siria che ci impediscono di vivere, cucinare e conseguire i materiali necessari per riedificare le case.
 Abbiamo ancora soldi, ma gli Stati Uniti e l'Europa ci vietano di importare gli articoli di cui abbiamo bisogno per ricostruire la Siria. 
L'esercito siriano sta compiendo enormi progressi nella sconfitta dei terroristi di al Qaeda a Idlib, ma il Segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato di condannare la Siria per aver attaccato i terroristi e riguadagnato la propria terra. ... È molto difficile sentire un ufficiale americano che difende apertamente al-Qaeda. Sembra la fine di ogni decenza nel governo degli Stati Uniti."
   Maria Antonietta Carta