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martedì 24 dicembre 2013

"La forza e la violenza di cui facciamo esperienza in questo tempo ci potranno togliere tutto, ma non la vita che nasce da quell’amore."

Icona di Mikhail Damasceno , 1740, nella Chiesa di Costantino in Yabrud


“Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, 
lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” 
(Lc 2,7)

Il lungo anno che sta per concludersi ha visto un crescendo di violenze. Abbiamo sofferto per il coinvolgimento di tanti innocenti: bambini, vecchi, donne, poveri di tanti Paesi; per tanti fratelli e sorelle cristiani, vittime di discriminazione, persecuzione e di martirio in Medio Oriente e in varie parti del mondo. Un lungo tempo in cui la nostra speranza è stata sostenuta dalla preghiera e dall’urgenza di prestare aiuto. Abbiamo sentito fortemente la necessità e il dovere di tenere alta la nostra speranza, di difenderla quasi, dall’assalto ripetuto di una violenza che sembra inarrestabile. E abbiamo toccato con mano l’eterna verità che il Natale racchiude e il Vangelo rivela.
La via della vita non passa attraverso le strade del dominio e del potere, ma percorre i sentieri nascosti di un amore che si fa debole, che sceglie di non imporsi.
Dio non ci salva con un gesto di forza, ma con l’umile segno di un’infinita disponibilità, che si offre a tutti. Avevamo bisogno che l’Onnipotenza si facesse Bambino. “Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto” (1Cor 1,27). Perché “ci basta la Sua grazia; e la forza si manifesta pienamente nella debolezza” (1Cor 12,9)
Solo così ci ha salvati davvero, fin dentro le radici più profonde, nascoste, oscure del nostro cuore. Perché se a salvarci fosse stata solamente la Sua potenza, anche la potenza benefica di un miracolo, certo saremmo stati guariti dal male, ma non trasformati nel cuore.
Avremmo avuto la conferma - ma questo lo sappiamo già, da sempre -, che il potere conosce questa ambiguità: cioè il potere di fare il male e il potere di fare il bene. Ma sempre con potenza. E il nostro cuore avrebbe continuato a confidare nella potenza, augurandosi che fosse una potenza benefica e non malefica.
Dio, invece, ci ha salvati dal male non con la potenza, ma con la debolezza dell’amore. E allora siamo davvero guariti. Perché abbiamo fatto esperienza che l’amore, quando è autentico e radicale, ci salva. Ci salva perfino da noi stessi, dalla nostra brama di potere, dal nostro confidare nella forza, dall’illusione di possedere la vita attraverso la forza. 


E questa è la salvezza: fidarsi, infine, dell’amore.
Fidarsi che nient’altro trasforma il cuore, nient’altro cambia il mondo. La violenza che ultimamente ci circonda e che sembra essere l’unico linguaggio in uso diventa dunque impotente di fronte all’amore che salva.
Avevamo bisogno che qualcuno, prima di noi e per noi (Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme, 1Pt 2, 21), percorresse questa strada, questi umili sentieri, per dirci che questa strada è vera, l’unica strada vera. E su questa strada camminasse fino alla fine, fino a quella croce dove l’amore - l’amore debole e sconfitto - dona tutto se stesso, per rinascere vivo per sempre.
La forza e la violenza di cui facciamo esperienza in questo tempo, dunque, ci potranno togliere tutto, ma non la vita che nasce da quell’amore. Essa è donata per sempre. 


Questo è il Natale. Che questo Bambino ci prenda per mano e ci conduca su questa stessa strada, quella che Dio ha scelto; lì dove solo all’amore consegniamo il nostro cuore, lì dove siamo salvati davvero.
Posiamo allora lo sguardo sulla grotta di Betlemme, per vedere che Dio ha scelto quanto c’è di più lontano dalla forza, di più diverso dalla potenza: Dio ha scelto la carne di un bambino.

Fra Pierbattista Pizzaballa, OFM
Custode di Terra Santa


http://it.custodia.org/default.asp?id=4&id_n=24060

           Buon Natale a tutti!


Il Natale, quest’anno, parla ai nostri cuori in questo martoriato Oriente, essendo la festa della pace annunciata dal coro degli angeli nel cielo di Betlemme: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. 
Nel nostro Oriente e dalla nostra terra è stata annunciata la pace al mondo, con la nascita del Principe della pace, il Cristo Salvatore, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. 
Ci rincresce e ci duole che questa stessa terra sia trasformata dagli interessi politici, economici e distruttivi in una terra di guerra, di violenza e di terrorismo. 
Però, essendo la pace un dono di Dio e Cristo stesso nostra pace, la pace è possibile ed è affidata a ciascuno di noi, secondo il suo stato, la sua posizione e la sua responsabilità. La pace è anche necessaria perché gli uomini e le donne, i piccoli e i grandi possano vivere nella verità, nella giustizia, in amore e libertà. Cristo è nato: Alleluja!

Patriarca Béchara Raï

giovedì 5 dicembre 2013

Conferenza stampa Patriarca Yazigi: 'sospendiamo la nostra visita nel Golfo dopo il sequestro delle Suore di Maloula'.



Conferenza stampa tenutasi oggi , 5 Dicembre 2013 , da Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X di Antiochia  Primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente per discutere le ultime vicende legate al rapimento di alcune monache ortodosse e orfanelle del convento patriarcale greco-ortodosso  di Santa Tecla  Maaloula  , che si è verificato il Lunedi 2 dicembre 2013

 "Nel mezzo delle tragedie , ha detto il Patriarca,  che avvolgono la Siria e dell'emorragia umana che colpisce il nostro popolo , ma anche dell'ambiguità che continua ad aleggiare sul destino dei nostri due vescovi di Aleppo , Jean ( IBRAHIM ) e Paul ( Yazigi ) , il nostro Patriarcato di Antiochia e di tutto l'Oriente ha accolto con grandissimo dolore la notizia della detenzione dei nostri figli , le suore e le orfanelle del monastero di Santa Tecla in Maaloula, lunedi 2 dicembre 2013 e del loro trasferimento fuori del loro monastero, in Yabroud . Dato che i primi tentativi di far liberare i nostri figli  prigionieri non hanno portato al risultato desiderato , il Patriarcato Greco Ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente lancia un appello urgente e rivolto  alla comunità internazionale e a tutti i governi per intervenire e compiere gli sforzi necessari per fare liberare le nostre sorelle , illese . Allo stesso modo , ha proseguito il Patriarca Giovanni , ci appelliamo alla coscienza di tutta l'umanità e ad ogni coscienza vivente che il Creatore ha posto nel cuore dei suoi figli , compresi quelli responsabili del rapimento , per far liberare le nostre suore e i nostri orfani . Facciamo appello alla comunità internazionale e, pur ringraziando tutte le espressioni di solidarietà , diciamo che non abbiamo più bisogno di disapprovazione , condanna o espressioni di preoccupazione per quanto riguarda gli eventi attuali che minano la dignità della persona umana , in quanto questo è radicato nella coscienza di ognuno di noi :  ma abbiamo bisogno oggi   piuttosto di azioni concrete ed effettive e non di parole . Noi  non sollecitiamo i responsabili , sia a livello regionale o internazionale , in modo che innalzino la voce per condannare e disapprovare , ma chiediamo  i loro sforzi , le pressioni e le azioni che portino al rilascio di coloro , le suore , che non hanno avuto altro torto che volersi aggrappare al loro monastero e non volerlo lasciare .

 Ribadiamo di nuovo il nostro invito  per la cessazione della logica della lotta in Siria e sostituirla con la logica del dialogo pacifico e a non tergiversare per ritardare l' avvio del dialogo al solo fine di ottenere bottini sul  terreno,  perché la Siria sanguina e del suo sanguinamento è sanguinante il nostro cuore . Bisogna che il  mondo intero sappia che una goccia del sangue di un innocente versato su questa terra è più sacra e più preziosa di tutti gli slogan del mondo . Che il mondo intero  capisca anche che le campane delle nostre chiese , noi cristiani d'Oriente , che sono state poste sulle nostre chiese e che hanno rintoccato fin dagli albori del tempo , continueranno a suonare e a far sentire al mondo intero la voce il nostro amore e della nostra pace per l'altro , qualunque sia la sua religione . La durezza del tempo presente  non ci strapperà dalla nostra terra , perché essa costituisce il nostro essere , il nostro rifugio e un pezzo del nostro cuore .

 "A causa di queste circostanze , dunque - ha continuato il Patriarca Giovanni - in merito alla detenzione delle nostre sorelle , suore e  orfanelle di Maaloula , dichiariamo con rammarico che abbiamo deciso di sospendere la visita  patriarcale, ufficiale e pastorale , ai nostri figli e alle nostre parrocchie nei paesi arabi del Golfo , che era stato programmato  avesse luogo tra il 6 e il 17 dicembre 2013 , e abbiamo deciso di andare a Damasco per monitorare tutti gli sforzi e i contatti relativi a questo ultimo evento ( rapimento delle nostre sorelle ) .

 Da questo luogo , saluto tutti i fedeli nella regione del Golfo arabo e  tutti e tutte coloro che hanno dato tanto e indefessamente per preparare il programma della visita menzionata, nella speranza che la mia visita presso di loro possa essere realizzata  alla prima occasione al più presto . E a voi , i nostri figli nella regione del Golfo arabo , posso dire che avevo un desiderio ardente di ritrovare domani i vostri visi  buoni e generosi e cari al mio cuore  , ma vi prego di accettare le mie scuse per la sospensione della visita per la quale avevate già preparato tutte le disposizioni per avere successo. Io vi invio in ogni caso la mia benedizione e il mio augurio per una buona salute e successo .

 Possa Dio proteggere la Siria e il Libano e l'Oriente , e la persona umana di questo Oriente .
Molte grazie ai media per aver fatto ascoltare il dolore di Antiochia , ma anche la sua speranza nel mondo . "

     ( traduzione FMG)
Antiochpatriarchate.org


«Stati influenti  non vogliono la pace in Medio Oriente»



Avvenire - 25 novembre 2013
intervista di Salvatore Mazza

«Purtroppo niente e cambiato». I cristiani «continuano a lasciare la loro terra», sotto la pressione della guerra e degli «attacchi non giustificati» rivolti contro di loro. Tutto questo perché «gli Stati influenti non vogliono la pace», mentre «si acuisce il conflitto tra sunniti e sciiti». È un quadro della situazione molto preoccupato quello che il cardinale libanese Bechara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, traccia della situazione attuale in Medio Oriente, all’indomani dell’incontro di tutti i Patriarchi orientali col Papa.

A poco più di un anno dalla visita di Benedetto XVI in Libano, la realtà in tutto il Medio Oriente sembra ancora più difficile. E pochi giorni fa, tra l’altro, la "novità" di un attentato diretto contro l’Iran. Che cosa è cambiato in questi mesi?
La visita di Benedetto XVI ha tracciato un cammino, e ha dato un impulso di fede e di speranza per il nostro popolo, sia in Libano, sia in altri Paesi del Medio Oriente. Tuttavia, se guardiamo agli avvenimenti in Siria, Iraq ed Egitto, come anche al conflitto politico tra sunniti e sciiti in Libano, legato a quello in corso nel Medio Oriente, particolarmente in Iraq e in Siria, purtroppo niente è cambiato.

Come mai?
La causa è che la comunità internazionale, gli Stati influenti, non hanno l’intenzione di stabilire la pace e la giustizia. Noi vediamo che gli interessi politici ed economici stanno acutizzando i conflitti armati, sanguinosi e politici tra i musulmani sunniti e sciiti, come tra moderati e fondamentalisti. Comunque noi confidiamo nella forza della preghiera come la vera arma per stabilire pace, giustizia e concordia tra i popoli e le nazioni.

Papa Francesco ha lanciato un forte appello perché i cristiani non lascino la vostra terra. Il fenomeno sta rallentando o è in crescita? E lo si può arrestare?
Finché persistono la guerra, gli attacchi e le minacce non giustificati contro i cristiani, questi ultimi sono costretti a lasciare i loro Paesi. Noi invece li incoraggiamo a rimanere nelle loro terre con le parole, e le iniziative che offrono loro le possibilità di lavoro e di sostentamento, ricordando loro che noi cristiani siamo cittadini nei nostri Paesi d’Oriente già da 2000 anni e che vi abbiamo seminato i valori del Vangelo e del cristianesimo, contribuendo molto allo sviluppo culturale, economico, sociale, commerciale e politico delle nostre nazioni. Però, bisogna che la comunità internazionale metta più sforzi per far cessare le guerre e dare soluzione politica ai conflitti in corso, a cominciare dal conflitto di base israelo-palestinese, diventato anche israelo-arabo, e arrivare a una intesa tra gli stati Sunniti e gli stati Sciiti. Non è ammissibile che gli interessi economici degli Stati e il commercio delle armi soppiantino i valori della pace e della giustizia tra i popoli e le nazioni, che le nostre Chiese continuano a promuovere.

Il Papa ha ripetuto che "non è possibile rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani", qual è l’impegno delle vostre comunità?
Noi, tutte le Chiese Orientali, operiamo collettivamente e singolarmente per la pace, per lo sviluppo, per il consolidamento della fede cristiana, per la formazione dei giovani, per la perseveranza e la pazienza dei cristiani e per l’unità della famiglia e la pastorale del matrimonio e della famiglia. Nello stesso tempo, le Chiese d’Oriente operano anche presso i responsabili politici per creare ponti di intesa, di dialogo e di riconciliazione, e sollecitano anche l’intervento del Santo Padre e la mediazione della Santa Sede, tenendoli informati oggettivamente su tutto quello che sta succedendo nella nostra regione.

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/intervista-a-patriarca-libanese.aspx


Radio Vaticana intervista il Patriarca Gregorios 


23 Novembre
Xavier Sartre ha intervistato il Patriarca siriano greco-cattolico di Antiochia, Gregorio III Laham:

R. - Con il Santo Padre abbiamo avuto una conversazione molto semplice, diretta, chiara, aperta, franca. Il Santo Padre ascoltava e ha detto: “non posso immaginare il mondo arabo senza la presenza cristiana”. I cristiani debbono avere un ruolo in questo mondo ed è per questo che noi vogliamo aiutare i cristiani a rimanere, ad essere presenti in Medio Oriente, in Terra Santa, dove l’islam, il cristianesimo e il giudaismo sono a casa e sono nel loro luogo di nascita. I cristiani hanno una presenza e un ruolo. L’altro aspetto affrontato è stato quello dell’apporto degli orientali in Vaticano e come questa attività si possa continuare oggi.

D. – Cosa ha caratterizzato questa plenaria?

R. – E’ stata proprio l’apertura totale: si poteva dire tutto, con franchezza, con fratellanza, con amicizia, con affetto. E questo è importante! Possiamo dire che tutti gli aspetti della vita della Chiesa, come l’abbiamo vista proprio in questi giorni, è già impregnata dallo spirito di Papa Francesco. Perciò ringraziamo per questo affetto e per questa cura e attenzione del Santo Padre per la Siria e per la pace in Medio Oriente specialmente. Sentiamo che c’è veramente una reale comprensione delle problematiche vissute in questa regione. Purtroppo alcuni Paesi d’Europa non hanno la nostra visione cristiana e non vogliono ascoltare quello che noi diciamo come cristiani, come capi delle Chiese di Terra Santa, Libano, Siria: non vogliono ascoltarci e vedere come noi capiamo questa crisi e quale possa esserne la soluzione.

D. – Qual è la vostra posizione al riguardo?

R. - Noi siamo per la riconciliazione: siamo una Chiesa che deve avere il ministero della riconciliazione. Questa è la garanzia della nostra presenza attuale e anche per il futuro. Quando finirà la crisi e la guerra saremo presenti perché abbiamo lavorato affinché tutti i siriani e tutti gli altri in Medio Oriente siano più aperti gli uni con gli altri.

D. – Qual è il senso della presenza dei cristiani in Medio Oriente oggi?

R. - La presenza cristiana in Medio Oriente è una presenza che ha un ruolo e una missione: una presenza cristiana senza missione non ha alcun valore; ma, al contrario, una presenza cristiana con una missione e con un ruolo speciale rappresenta il futuro della presenza stessa di questo gregge piccolo che ha una missione grande per essere luce, sale e lievito nella società del mondo arabo, a maggioranza musulmana, in cui noi abbiamo questo ruolo di essere una presenza cristiana con il mondo arabo e per il mondo arabo, affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.


Benedetto XVI: "Prego tutti i giorni per l'Iraq, la Siria e i cristiani d'Oriente"




Lo ha detto lo stesso papa emerito ai capi delle Chiese, che dopo la plenaria della Congregazione per le Chiese orientali sono andati a trovarlo al monastero Mater Ecclesiae. Il patriarca Sako ha invitato in Iraq papa Francesco, che "ha sorriso e ha promesso una visita".

(AsiaNews) - Dopo la plenaria della Congregazione per le Chiese orientali, i Patriarchi presenti a Roma hanno fatto visita al Papa emerito Benedetto XVI  "come dei pellegrini sotto la pioggia". Lo ha raccontato Raphael Louis Sako I, patriarca caldeo e arcivescovo di Baghdad, al sito della sua arcidiocesi: "Abbiamo avuto un incontro amichevole, gli abbiamo chiesto della sua salute e lui ci ha chiesto del Medio Oriente e della situazione dei cristiani orientali".

L'incontro è avvenuto nel pomeriggio del 23 novembre presso il monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, dove il Papa emerito ha scelto di passare il suo periodo di ritiro dal mondo.
Sua Beatitudine Sako ha detto a Benedetto XVI: "Santità, siamo venuti dal nostro hotel sotto la pioggia come pellegrini, e quindi meritiamo una benedizione speciale e una preghiera speciale per l'Iraq". In risposta, il Papa emerito ha detto: "Prego tutti i giorni per l'Iraq, la Siria e per il resto dell'Oriente".
Poi Mar Sako ha chiesto: "Siete in pensione, ma non c'è la possibilità di venire in Iraq?". E Benedetto XVI ha risposto concludendo l'incontro: "Sto invecchiando, e sono un monaco che ha deciso di passare il resto del suo tempo nella preghiera e nel riposo".
Subito dopo la messa solenne del 24 novembre, che ha chiuso l'Anno della Fede, il patriarca caldeo ha proposto anche a papa Francesco di visitare l'Iraq: "Gli ho detto che è arrivato il momento di venire a trovarci. Lui ha sorriso e ha promesso una visita".

http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarchi-orientali-da-Benedetto-XVI:-Prego-tutti-i-giorni-per-l'Iraq,-la-Siria-e-i-cristiani-d'Oriente-29673.html

venerdì 18 ottobre 2013

Verso una Terra Santa svuotata dei Cristiani?


Patriarca Raï:  "l'obiettivo ipocrita" della guerra in Siria:

“Svuotare il Mashrek (il Medio Oriente) della sua civiltà cristiano-islamica” e “mantenere uno stato di guerra permanente nella regione per fini politici ed economici”. 
Il Patriarca maronita Bechara Raï - riferisce la Radio Vaticana - ha espresso la sua dura denuncia durante una udienza con una delegazione di rappresentanti di undici associazioni cristiane e musulmane francesi, giunta in Libano per esprimere solidarietà al Paese, da mesi in prima linea nell'emergenza umanitaria causata dal conflitto siriano. Secondo il cardinale, questa tragica situazione rischia di peggiorare con l’approssimarsi dell’inverno, fino a diventare "una catastrofe umanitaria".

Attualmente, infatti, oltre un milione e mezzo di profughi siriani sono senza un alloggio decente, senza scuole e assistenza sanitaria. Si sprecano ormai le invocazioni di aiuto: la comunità internazionale ha lanciato un appello a non risparmiare alcuno sforzo per aiutare queste persone in difficoltà. La delegazione, prima di rientrare in Francia, si è rivolta a tutte le organizzazioni religiose e Ong francesi affinché si uniscano "per portare al popolo siriano un messaggio di solidarietà e speranza”.
Infine il patriarca Rai ha fatto sentire la sua voce sul quotidiano libanese "L'Orient-le-jour", dove si è rivolto in particolare ai Paesi occidentali dicendo: “L’Occidente che fino a poco tempo fa invocava l’invio di armi in Siria deve levare la sua voce e chiedere adesso che la pace venga ristabilita”. 
"Sappiamo che alcuni paesi hanno deciso di ospitare sul loro suolo 10.000 sfollati ciascuno. Protestiamo con forza contro una decisione del genere. Si sta sradicando un popolo, si distrugge una civiltà cristiano-musulmana costruita insieme lungo tredici o quattordici secoli di convivenza. Questo è in realtà lo scopo di questa guerra ipocrita: svuotare il Mashreq della sua civiltà e mantenere uno stato di guerra permanente a fini politici ed economici. Noi attribuiamo grande importanza alla convivenza con i nostri concittadini musulmani. Abbiamo costruito una preziosa civiltà comune a cui teniamo".


L'Arcivescovo Marayati: le politiche della comunità internazionale incentivano la fuga dei cristiani



Agenzia Fides 16/10/2013

Aleppo  - “Negli ultimi tempi tra la gente è girata la voce che 17 Paesi hanno aperto le porte ai profughi siriani. Questa notizia ha riacceso con più forza anche tra i cristiani l'impulso a lasciare la Siria”. Lo dichiara all'Agenzia Fides l'arcivescovo armeno cattolico di Aleppo Boutros Marayati, aggiungendo che “per ora non si tratta di un esodo di massa, ma il fenomeno coinvolge un numero crescente di famiglie”.
L'arcivescovo armeno cattolico conferma che i cristiani più ricchi sono già partiti, mentre per gli altri “rimane pericoloso e anche molto costoso ogni tentativo di uscire dal Paese, perchè servono tanti soldi. Ma quelli che hanno già raggiunto il Libano adesso sottoporranno agli organismi dell'Onu le loro richieste di espatrio, confidando che siano accolte con prontezza”.
Secondo l'arcivescovo Marayati “la situazione siriana diventa sempre più complicata, e ogni sua banalizzazione appare fuoviante”. Ad esempio, accanto ai cristiani che fuggono ce ne sono altri che ritornano a Aleppo dopo essersi rifugiati nell'area costiera di Lattakia, perché “non avevano soldi per pagare l'affitto dell'alloggio e qui possono mandare anche i figli alle scuole, che hanno riaperto”.

Anche l'idea di un fronte unico delle milizie d'opposizione che combattono contro il regime appare ormai da accantonare in via definitiva, perchè tra i ribelli “ci sono tante fazioni che sul campo si combattono tra loro”.

Nei giorni scorsi l'esercito di Assad ha riaperto la strada che univa Aleppo a Homs. L'allentamento dell'assedio ha consentito di far arrivare in città derrate alimentari che mancavano da mesi. Ma l'Arcivescovo Marayati assicura che il sollievo concreto percepito dalla popolazione è stato finora minimo: “Il cibo diventa sempre più caro, mancano corrente e acqua in molti quartieri. Passiamo il tempo a distribuire aiuti alimentari e beni di prima necessità, e le famiglie che li chiedono aumentano sempre. Nei quartieri periferici e nei sobborghi le esplosioni e i bombardamenti continuano. Anche ieri, nel giorno della festa musulmana del Sacrificio, hanno segnato l'intera giornata, senza alcuna tregua”.

http://www.fides.org/it/news/53764-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Marayati_le_politiche_della_comunita_internazionale_incentivano_la_fuga_dei_cristiani#.Ul58cm1H4id


Migliaia di cristiani siriani chiedono la cittadinanza russa

Il ministero degli Esteri di Mosca pubblica l'appello dei cristiani della regione di Qalamoun: l'Occidente appoggia i terroristi, la Russia è fattore di pace. "Per la prima volta dalla nascita di Cristo rischiano di essere banditi dalle loro terre".




AsiaNews - 17/10/2013

Mosca - Circa 50mila cristiani siriani hanno chiesto la cittadinanza russa, col timore di "essere banditi dalle proprie terre, per la prima volta dalla nascita di Cristo". Lo ha reso noto il ministero degli Esteri russo, pubblicando sul suo sito internet l'appello collettivo del gruppo di siriani di Qalamoun, dove si concentrano i villaggi a maggioranza cristiana, come quello di Maaloula, vittima di violenze mirate, da parte di Al-Nusra, gruppo legato ad al-Qaeda. I firmatari puntano il dito contro l'Occidente, che appoggia "l'attacco da parte dei terroristi" contro la Siria: la Federazione russa è di conseguenza definita "un potente fattore di pace e stabilità".
"Visto che la legge siriana permette la doppia cittadinanza, abbiamo deciso di chiedere quella della Federazione russa, un onore per ogni cristiano siriano che desiderasse ottenerla", si legge nella lettera.  "Il nostro appello non significa che non ci fidiamo dell'esercito siriano o del governo - scrivono - ma siamo spaventati dal complotto dell'Occidente e dai fanatici pieni d'odio che stanno intraprendendo una guerra brutale contro il nostro Paese".



Patrimonio dell'Unesco, Maaloula dista 40 km a nord di Damasco. Il villaggio è famoso in tutto il mondo come uno dei luoghi simbolo della cristianità in Medio Oriente ed è l'unico luogo al mondo, dove è ancora parlato l'aramaico, il villaggio è considerato un simbolo della convivenza interreligiosa.
"E' la prima volta dalla nascita di Cristo che noi cristiani della zona di Qalamoun, che viviamo nei villaggi di Saidnaya, Maara Saidnaya, Maaloula e Maaroun, siamo sotto la minaccia di essere banditi dalla nostra terra - denuncia l'appello - preferiamo la morte all'esilio e alla vita in campi profughi e così difenderemo la nostra terra, il nostro onore e la nostra fede e non lasceremo la terra su cui ha camminato Cristo".
"I cristiani di Qalamoun crediamo che lo scopo dei terroristi appoggiati dall'Occidente sia quello di eliminare la loro presenza da quella che è la loro terra natia e con i metodi più disgustosi, compresa l'uccisione selvaggia di gente comune", continua la lettera. "Vediamo la Federazione russa come un potente fattore di pace e stabilità - concludono - la Russia persegue una posizione ferma nella difesa della Siria, della sua gente e della sua integrità territoriale".

L'attacco degli estremisti islamici a Maaloula è diventato un simbolo delle sofferenze dei cristiani nel Paese mediorientale. L' Osservatorio siriano per i diritti umani, legato alla ribellione, ha confermato la presenza di battaglioni affiliati ad al-Qaeda fra le milizie che hanno invaso la cittadina e  hanno profanato i monasteri di Santa Tecla e San Sergio, distruggendo le croci sulle loro cupole e gli antichi arredi sacri. 

http://www.asianews.it/notizie-it/Migliaia-di-cristiani-siriani-chiedono-la-cittadinanza-russa-29303.html

L'appello del Custode di Terra Santa 


sabato 24 agosto 2013

Due appelli a Papa Francesco

  Il patriarca Bechara Raï: guerre in Medio Oriente, i cristiani pagano il prezzo più alto

 "Papa Francesco è il solo uomo a parlare di Pace. Solo la Santa Sede può mettere fine a una tale tragedia"




Radio Vaticana - 23-08-13

La situazione in Medio Oriente sta di giorno in giorno diventando sempre più critica: il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti,  nell'intervista rilasciata a Manuella Affejee  http://media01.radiovaticana.va/audio/ra/00387136.RM

R. –  Vede, tutto quello che succede in Medio Oriente – sia in Egitto, sia in Siria, sia in Iraq – è una guerra che ha due dimensioni. In Iraq e in Siria, la guerra è tra sunniti e sciiti; in Egitto la guerra è tra fondamentalisti, tra cui i Fratelli musulmani, e i moderati. Sono guerre senza fine ma – mi dispiace di doverlo dire – ci sono dei Paesi, soprattutto occidentali, ma anche dell’Oriente, che stanno fomentando tutti questi conflitti. Bisogna trovare una soluzione a tutti questi problemi. Noi cristiani, da 1400 anni stiamo vivendo insieme ai musulmani, e abbiamo veicolato in queste terre valori umani, morali, i valori della multi-confessionalità, della pluralità, della modernità … Grazie alla presenza di noi cristiani, nella nostra vita quotidiana in tutti questi Paesi arabi abbiamo creato una certa moderazione nel mondo musulmano. Oggi assistiamo alla distruzione totale di tutto quello che i cristiani hanno costruito nel corso di 1400 anni. E, al contempo, i cristiani pagano per queste guerre tra sunniti e sciiti e tra moderati e fondamentalisti, per quanto riguarda l’Egitto.

D. – La minoranza cristiana in Egitto sta pagando un prezzo alto nell’attuale situazione …

R. –  Come sempre, quando si verifica il caos o quando c’è una guerra, in generale i musulmani si scatenano contro i cristiani, come se i cristiani fossero sempre il capro espiatorio. Mi dispiace, ma in Egitto sono stati i Fratelli musulmani che hanno attaccato le chiese dei copti e i copti stessi … Purtroppo, questa è la mentalità di certi musulmani: ogni volta che c’è una situazione di caos, si attaccano i cristiani senza nemmeno sapere perché! La stessa cosa è successa anche in Iraq, e sta succedendo in Siria e ora in Egitto. Loro non sanno perché attaccano i cristiani, ma è così. Quello che i cristiani chiedono, nel mondo arabo, è la sicurezza e la stabilità: tutto qui.

D. – I Fratelli musulmani giustificano le loro aggressioni nei riguardi dei cristiani accusandoli di avere sostenuto apertamente il rovesciamento di Morsi …

R. –  In tutto il mondo arabo, i cristiani sono dalla parte delle istituzioni, rispettano il Paese in cui vivono, le autorità e la Costituzione. E’ risaputo che in Egitto i Fratelli musulmani in un anno hanno fatto un passo indietro con l’intenzione di applicare la Sharìa, mentre il popolo egiziano reclamava riforme in campo politico. Tutte le manifestazioni popolari avevano come scopo la richiesta di riforme politiche, il che significava muoversi nella direzione della democrazia. E come al solito l’Occidente – non ho il titolo per fare il nome delle Nazioni specifiche – ha dato il suo contributo sotto forma di miliardi di dollari ai Fratelli musulmani, perché arrivassero al potere. Una volta ottenuto il potere, hanno iniziato ad applicare la Sharìa, la legge islamica, cioè hanno fatto marcia indietro. Certamente, i cristiani sono contrari a questo: i cristiani vogliono un Egitto riformato, democratico, un Egitto che sappia rispettare i diritti umani. Sono sempre leali con lo Stato e le istituzioni …

D. – Quali sono le sue previsioni per il futuro del Medio Oriente?

R. – Secondo la comprensione dei fatti del giorno, che noi viviamo, c’è un determinato progetto di distruzione del mondo arabo per interessi politici ed economici. C’è anche il progetto di acuire quanto più possibile i conflitti inter-confessionali nel mondo musulmano, tra sunniti e sciiti. Quindi, il progetto c’è, ed è un progetto di distruzione del Medio Oriente. Purtroppo, questa politica viene dall’esterno. Io ho scritto già due volte al Santo Padre per spiegargli quello che sta succedendo e gli ho raccontato tutta la verità oggettiva. Purtroppo, lo scopo è la distruzione del mondo arabo, e chi paga sono i cristiani. In Iraq su un milione e mezzo di cristiani ne abbiamo perso un milione, nel silenzio totale della comunità internazionale.

Il Gran Muftì al Papa: "Vieni in Siria a portare la pace"

«Vorrei tanto parlare con Papa Francesco perché lui è un uomo del popolo e non un uomo di potere. Vorrei esortarlo a venire qui in Siria. Ed anche in Egitto, Giordania e Palestina. Vorrei chiedergli d'incontrare i mufti musulmani, le autorità cristiane e quelle ebraiche per cercare una soluzione alle guerra che ci divide. Noi musulmani e voi cristiani abbiamo costruito moschee e chiese. Ma ora bisogna uscire da moschee e chiese per ascoltare la voce del popolo. Per questo Papa Francesco potrebbe aiutarci a metter fine alle guerre».



È la massima autorità religiosa del Paese, gli hanno ucciso un figlio. E a Papa Francesco dice: "Facciamo finire le guerre"

Il Giornale, 05/08/2013 
di Gian Micalessin



Il gran Muftì di Siria Ahmad Badreddin Hassoun la guerra la conosce bene. Ha 64 anni, da 13 è il gran Muftì di Siria. Due anni fa - dopo aver dichiarato di appoggiare il regime - ha sopportato l'uccisione del figlio 22enne freddato per vendetta alle porte di Aleppo. Eppure non ha mai esortato all'odio o alla vendetta. «Ho sempre spiegato - racconta in questa intervista a Il Giornale – che se Maometto avesse chiesto di uccidere non sarebbe stato un Profeta del Signore. Sono stato criticato da molti intellettuali musulmani, ma la verità è questa. Il Profeta a chi gli chiedeva di punire con la morte gli assassini ha sempre risposto che sarà Dio a condannarli per le sue colpe. Per questo ho perdonato chi ha ucciso mio figlio. E chiedo a tutti quelli che subiscono la stessa tragedia di fare lo stesso».
Lei però appoggia un governo accusato di massacrare il suo popolo...
«Se la Siria avesse fatto pace con Israele oggi sarebbe considerata il miglior paese del medio Oriente. Ho sempre ripetuto ad America e Israele fate la pace invece di raccontare bugie».
Le accuse arrivano anche dall'Europa..
«Nel 2008 il Parlamento europeo mi invitò a Bruxelles. Quando ho chiesto di mandare una delegazione a vedere quel che succede in Siria mi hanno risposto che verranno solo quando andrà via Assad. Com'è possibile accettare questi diktat da chi sta lontano e rifiuta di vedere la verità? Sono pronto a venire da voi e incontrare tutti i membri dell'opposizione. Il grande crimine dell'Europa è tagliare i canali diplomatici con la Siria, nascondere la vera immagine di questa guerra. L'ambasciatore francese all'inizio del caos cercò di farlo, ma Parigi gli ricordò che era l'ambasciatore di Francia non della Siria».
Perché credervi?
«Avete visto cos'è successo in Iraq? C'era un Saddam Hussein e adesso ne avete trenta. In Tunisia c'era un presidente e ora c'è il caos. In Libia avete fatto fuori Gheddafi e ve ne ritrovate altri cento. L'Egitto è ormai fuori controllo. Volete succeda anche in Siria? Se qui sorge uno stato islamico la guerra arriverà al cuore dell'Europa».
In Medio Oriente si temono nuovi attacchi di Al Qaida. Perché tanto odio per l'Occidente.
«Il problema è l'America. Guardate le manifestazioni a favore dei Fratelli Musulmani e dei militari in Egitto. Il punto comune è l'odio di entrambi per gli Usa. Al Qaida e queste minacce sono figlie degli stessi errori. L'America ha creato i talebani e loro hanno creato Al Qaida».
Tra le grinfie di Al Qaida è finito anche Paolo Dall'Oglio un prete italiano molto conosciuto qui in Siria….
«Mi auguro torni in Italia vivo. Paolo lo conosco bene, si è messo nei guai perché si è spinto in una terra senza legge. Dio insegna ad entrare nelle case dalla porta. Lui ci è entrato da dietro. Quando è arrivato in Siria l'ho accolto come un fratello, non come uno straniero. L'ho difeso dalle accuse della stessa chiesa cattolica siriana. Ma quando l'ho visto camminare con i ribelli ho capito che lui non aveva una vera vocazione di pace. Provo molta più angoscia per la sorte del vescovo siriaco Yohanna Ibrahim e di quello greco ortodosso Boulos Yazij rapiti da Al Qaida ad aprile. Loro cercavano veramente la riconciliazione».
In Siria è scomparso anche il giornalista Domenico Quirico entrato nel paese con i ribelli….
«Queste cose succedono perché i vostri mezzi d'informazione si fanno suggestionare dalla propaganda».
Dall'Europa sono partiti 600 volontari musulmani venuti a combattere contro il regime che lei difende….
«Lo so. E so che tra loro c'era anche un giovane italiano è morto da queste parti. A tutti questi musulmani vorrei dire di non svendere il proprio cervello. La nostra religione insegna la pace, non la guerra. A questi giovani chiedo di studiare bene il Corano e di non credere a chi li esorta a combattere all'estero. Un buon musulmano viaggia per costruire la pace non per combattere».
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Il Gran Muftì è la massima autorità religiosa dei sunniti di Siria. Emette pareri legali ed editti, fatwa ed interpretazioni della legge islamica se richiesto dai privati o dai giudici nell'ambito di un contenzioso. Le opinioni raccolte dal Gran Mufti servono come fonte d'informazione sull'applicazione pratica della legge islamica. Ahmad Badreddin Hassoun ricopre la carica dal luglio 2005. Invitato prima della guerra civile a numerosi incontri interreligiosi ha sempre sostenuto la necessità del dialogo tra le fedi. Ha sempre difeso il regime e sconfessato come musulmani appoggiati e pagati dall'estero i ribelli che combattono contro il governo.

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/gran-muft-papa-vieni-siria-portare-pace-chi-ha-sconfessato-i-941258.html

Gran Muftì di Siria: il Profeta condanna chi uccide. 

Intervista a Ahmad Badreddin Hassoun, esclusiva Rainews24

venerdì 19 aprile 2013

“Lancio un grido alla coscienza internazionale: interrompete la guerra!”




 Il patriarca maronita cardinale Béchara Raï rifiuta di schierarsi da una parte o dall'altra nel conflitto siriano, e invita i governi stranieri ad impegnarsi per una soluzione diplomatica. Esprime il suo auspicio di rafforzare i rapporti tra le diverse Chiese, ma anche con i musulmani, per opporsi al fondamentalismo.

Intervista al cardinale Béchara Raï*, a cura di François-Xavier Maigre

in “La Croix” del 15 aprile 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Lei afferma che la primavera araba deve diventare una “primavera dell'uomo”. Che cosa
intende dire?
Noi viviamo con i musulmani in Medio Oriente da millequattrocento anni. Insieme abbiamo saputo trovare un modus vivendi. Abbiamo attraversato gioie e dolori, ma abbiamo portato avanti insieme questa società, con una certa complementarietà. I cristiani hanno esercitato una grande influenza sulla cultura e sulla vita sociale all'interno del mondo arabo, veicolando i valori della modernità.
Questo equilibrio oggi è minacciato: osserviamo un'ingerenza esterna che vorrebbe fomentare ad ogni costo la guerra, col pretesto di istituire la democrazia. Le riforme politiche, economiche e sociali sono una necessità in Siria e in tutto il mondo arabo. Ma non possono essere imposte
dall'esterno. La situazione attuale in Siria è disastrosa. Gruppi fondamentalisti uccidono e
distruggono, sostenuti dall'Oriente e dall'Occidente con le armi, il denaro, il sostegno politico.

Quale ruolo può svolgere l'Occidente nei confronti dei cristiani orientali?
Occorre sostenere moralmente e politicamente la presenza cristiana per arginare questa continua crescita verso l'integralismo. Se la “primavera araba”, la “primavera dell'uomo” perde influenza, aumenta la minaccia di vedere la maggioranza moderata dei musulmani passare dalla parte opposta.
I musulmani constatano che vi sono stati che sostengono i fondamentalisti. E poiché vogliono
vivere, per vivere rischiano di radicalizzarsi a loro volta. Questo rischio minaccia la pace mondiale.
Più precisamente rispetto alla Siria: chi parla di pace, viene accusato di sostenere il regime, come se non si volesse sentir parlare di dialogo. Le parole sono vaghe: alcuni parlano di soluzione politica, ma mai di negoziati! Lancio un grido alla coscienza internazionale: interrompete la guerra! Basta col commercio delle armi!

Il presidente Hollande le è sembrato più sensibile alla sua analisi di quanto non lo fosse stato
Nicolas Sarkozy?
Tendo a precisare che entrambe le visite sono state magnifiche. Purtroppo, sono state turbate. Anche questa volta, pur evitando di moltiplicare le dichiarazioni, qualcuno ha scritto cose false (1). Lo ripeto: i miei incontri con i due presidenti sono stati dello stesso livello, con la stessa chiarezza, la stessa preoccupazione e lo stesso linguaggio. Nicolas Sarkozy mi aveva ringraziato per la mia lettura geopolitica. Quanto a François Hollande, dopo l'incontro ufficiale, ha voluto che restassimo un quarto d'ora a quattr'occhi. Dopo otto secoli, l'amicizia tra la Francia e il Libano è sempre viva.

Quali sono i punti fondamentali del vertice dei responsabili religiosi del Medio Oriente di cui
lei ha annunciato la preparazione?
In due anni, abbiamo tenuto in Libano quattro vertici cristiano-islamici con i patriarchi, i vescovi cattolici, ortodossi, protestanti, e i capi sunniti, sciiti, drusi e alawiti. Il nostro obiettivo è di parlare ad una voce e di condannare la guerra. Si tratta anche di offrire un supporto morale ai cristiani e ai musulmani, di far sentire una lingua diversa da quella degli integralisti. Per questi motivi lavoriamo anche per organizzare un vertice dei capi di tutte le chiese d'Oriente. Ma la guerra complica questi preparativi.

Sette mesi dopo il viaggio di Benedetto XVI in Libano, l'esortazione apostolica ha portato dei
frutti nelle vostre comunità?
La sua visita ha dato molto coraggio sia ai cristiani che ai musulmani. Quanto all'esortazione
apostolica, ci siamo ritrovati con i patriarchi e i vescovi cattolici, ortodossi e protestanti della
regione per riflettere sulla sua applicazione. In seguito a quella visita, il papa ha avuto due iniziative forti: ha voluto che il patriarca maronita diventasse cardinale, e ha chiesto che fossero dei giovani libanesi a preparare le meditazioni per la Via crucis a Roma.

L'insistenza di papa Francesco a favore dei più poveri le sembra un segno positivo per i
cristiani d'Oriente?
Tutte le povertà sono nel cuore di papa Francesco. Gli ho inviato una lunga lettera che descrive la situazione in Medio Oriente, chiedendogli di intervenire, e lo ha già fatto per ben due volte. Il
nostro dovere, in quanto chiesa locale, è di informarlo. Sensibile alla miseria umana, che sia
materiale, spirituale, culturale, politica o sociale, è molto aperto nei confronti della nostra
situazione.

(1) Il patriarca ritiene che una giornalista aveva nuovamente deformato le sue affermazioni,
come nel 2011, dando l'impressione che egli sostenga il regime siriano, e creando una
polemica.
*Béchara Raï, un cardinale nella tormenta del mondo arabo
Nato nel 1940 a Hemlaya, a nord ovest di Beirut, Béchara Raï è ordinato prete della chiesa maronita nel 1967. Dal 1962 al 1975, il futuro cardinale studia a Roma, dove dirige per un certo periodo la sezione araba di Radio vaticana. Consacrato vescovo a 46 anni, diventa vicario patriarcale generale, prima di essere nominato, nel 1990, alla sede episcopale di Byblos, sulla costa mediterranea. Eletto 77° patriarca maronita nel marzo 2011, il successore del cardinale Sfeir assume le sue funzioni proprio nel momento in cui un vento di rivolta attraversa il mondo arabo. Sette mesi dopo la sua elezione, il patriarca Raï suscita una viva polemica in occasione della sua visita in Francia.
Interrogato sulla crisi siriana, non nasconde i suoi timori per il futuro dei cristiani in caso di caduta
del regime di Assad, provocando suo malgrado la reazione della maggior parte dei media. Creato
cardinale il 24 novembre 2012, si è imposto come personalità fondamentale in Libano e sulla scena
politica del Medio Oriente, dove la sua voce è ascoltata.

http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201304/130415raimaigre.pdf

giovedì 11 aprile 2013

Diamo ai cristiani del Medio Oriente una speranza nella loro terra





La visita di Papa Benedetto XVI in Libano, aveva a suo tempo attirato i riflettori dell’attenzione internazionale sulla situazione dei cristiani che vivono nella regione medio orientale, il cui numero si è ridotto considerevolmente in questi ultimi anni, ma l’impatto è durato poco . Certo uno dei fattori della diminuzione dei cristiani in questa parte del mondo è dato dal fatto che la radicalizzazione dei musulmani, guidata dalla proliferazione delle moschee wahabite, li ha resi incapaci di convivere con persone di altre religioni. Tuttavia, sebbene sia vero che i cristiani subiscono discriminazioni in alcuni paesi musulmani, sono più spesso la violenza e le guerre, come oggi in Siria e in Iraq, e le crisi economiche, non l’oppressione, che li spingono a rimpolpare i ranghi della diaspora. E pur tuttavia il silenzio sulle loro condizioni sui media occidentali è, per usare un facile ossimoro, assordante.

Ciò anche oggi mentre le drammatiche vicende della Siria, in primis, ma anche l’onda integralista che cresce in Egitto li vede in prima linea come candidati all’esodo dalle loro terre natali che, non dimentichiamolo, sono state le terre dove la fede cristiana ha visto le sue origini, dall’Egitto che ha dato rifugio a Cristo bambino, alla Palestina e al Libano che ne hanno visto la predicazione e la resurrezione, alla Siria che vide la conversione di S. Paolo, all’Armenia che vide la prima conversione di una intera nazione.

Come altre minoranze nel mondo, i cristiani mediorientali sono stati i primi a soffrire ogniqualvolta i loro paesi sono stati invasi da forze straniere o devastati da conflitti interni, e sono fra coloro che sono più colpiti in tempi di crisi economica.

Più della metà degli 800.000 cristiani che risiedevano in Iraq prima dell’invasione americana del 2003 è fuggita. Tantissimi cristiani palestinesi, come i loro concittadini musulmani, sono stati cacciati dalla loro patria, e coloro che sono rimasti sono costretti a sopportare le difficoltà fisiche ed economiche della vita sotto l’occupazione israeliana. Decine di migliaia di cristiani libanesi sono fuggiti dai molteplici conflitti del loro paese, o hanno lasciato la loro patria per inseguire migliori opportunità economiche. Allo stesso modo,la Giordania ha perso circa il 20% dei suoi cristiani, sebbene la comunità cristiana giordana goda dei pieni diritti e dell’appoggio ufficiale delle autorità. E oggi tocca alle variegate comunità cristiane della Siria, ivi compresa quella caldea già profuga, valutare, nella disperazione, la dolorosa ipotesi di fuggire dalle propria terra.

Le conseguenze di questo massiccio esodo di esseri umani dalla regione si estendono molto al di là dell’ambito religioso. Tra le fila di questi rifugiati figurano alcuni tra i professionisti più istruiti del Medio Oriente, e la loro assenza ha contribuito al declino economico dei paesi che hanno abbandonato. Inoltre, l’emigrazione dei talenti accresce le possibilità di futura instabilità, rendendo il problema della fuga dei cervelli e dei conflitti una questione ciclica e ricorrente.

Un osservatorio sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente per rompere la congiura del silenzio.
         La Chiesa da sempre con le parole del Papa, dei patriarchi, dei presuli e dei pastori orientali, incoraggia i cristiani rimasti a perseverare, a dispetto delle continue difficoltà che essi devono affrontare. Ma, ciò per cui più soffrono i nostri fratelli del Levante è l’impressione che noi cristiani d’occidente ci siamo dimenticati di loro, che anzi siamo solidali coi loro persecutori e con coloro che ne rendono drammatica l’esistenza. Questo traspare dagli accorati appelli che ci vengono dai nostri fratelli orientali per bocca dei loro patriarchi,tanto che sua Eminenza Bechara Boutrus Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti,ha ritenuto di farne oggetto di discussione, con un documento distribuito ai cardinali elettori, nelle congregazioni per il Conclave.

Perciò dal nostro circolo è partita l’idea (subito raccolta da realtà cattoliche di varie regioni italiane) di costituire un Osservatorio sulle condizioni dei Cristiani nel Medio Oriente, per cercare di rompere la congiura del silenzio e promuovere, nei cristiani e negli uomini di buona volontà del nostro paese, la consapevolezza che le soluzioni richieste per far sì che questa comunità minoritaria non abbandoni i propri paesi di origine sono rimedi che andrebbero a beneficio di tutti i popoli della regione: la risoluzione dei conflitti, il raggiungimento della pace, e lo sviluppo economico.

di Massimo Granata


La presenza cristiana in un ambiente teocratico 


Conferenza del Card. Béchara Boutros RAI all' Institut Catholique Paris - 10 aprile 2013, all'interno del Convegno : « Christ et César, quelle parole publique des Eglises ? »

"Da un lato, la primavera araba è una rivolta reale contro sistemi totalitari. Pertanto, dei gruppi che sono stati precedentemente emarginati o perseguitati hanno potuto emergere a favore di un certo pluralismo democratico e cercano di lavorare in modo più efficace per una libertà di cittadinanza equa e rispettosa, e il diritto alla differenza. Il diritto dei popoli di decidere da soli il proprio destino trova così la sua prospettiva.. D'altro lato, più oscuro, il crollo dei sistemi totalitari ha aperto la strada all'estremismo islamico a volte con la scusa di adozione della democrazia e riforme politiche. Ma in realtà è l'anarchia, il caos, la violenza, il terrorismo e la guerra. In Siria non si riesce più a comprendere lo scopo della violenza e della guerra tra i belligeranti. Noi vediamo solo le stragi, la distruzione e l'emigrazione dei cittadini. Gli Stati di Oriente e Occidente non fanno che fomentare la guerra senza alcun appello alle parti in conflitto a favore della pace, del dialogo e dei negoziati. Noi sosteniamo che la riforma politica e la democrazia deve essere opera delle popolazioni interessate, secondo le loro aspirazioni. In questi paesi, la maggioranza cosiddetta "silenziosa" deve essere in grado di esprimersi liberamente. La moderazione è una necessità

I cristiani , come in passato, in cui sono stati i pionieri della rinascita arabaparte integrante della vita culturale, economica e scientifica delle diverse civiltà della regione, vogliono oggi, ancora e sempre, condividere con i musulmani le loro esperienze apportando il proprio contributo specifico. E' a causa di Gesù che il cristiano è sensibile alla dignità della persona umana e alla libertà religiosa che ne deriva. E' per l'amore per Dio e per l'umanità, glorificando così la doppia natura di Cristo e l'amore per la vita eterna, che i cristiani hanno costruito scuole, ospedali e istituti di tutti i tipi in cui vengono ricevuti tutti, senza discriminazioni  (cfr Mt 25, 31ss.). E' per queste ragioni che i cristiani prestano particolare attenzione ai diritti fondamentali della persona umana. Affermare pertanto che questi diritti sono i diritti dell'uomo cristiano non è giusto. Sono semplicemente i diritti esigiti dalla dignità di ogni persona umana e tutti i cittadini, indipendentemente dalle origini, le credenze religiose e le scelte politiche "(Ecclesia in Medio Oriente, n. 25).

http://www.bkerkelb.org/french/index.php?option=com_content&view=article&id=409:conference-du-card-bechara-boutros-rai-institut-catholique-colloque-iseo-avril-2013-&catid=46:homilies&Itemid=71


domenica 10 febbraio 2013

Damasco: la comunità cristiana in festa con i suoi Pastori

I Patriarchi confortano la speranza dei cristiani siriani



La gioia del quartiere cristiano di Bab Touma per l'arrivo del Patriarca Maronita Cardinale BÉCHARA BOUTROS RAÏ.



Il patriarca maronita, il cardinale Mar Béchara Boutros Raï, in visita a Damasco  per due giorni: il sabato ha presieduto la Messa di celebrazione in occasione della festa di San Maroun.  


Il Cardinale Rai ha dichiarato che in Siria nessun cambiamento dell'assetto politico può essere raggiunto se non attraverso gli sviluppi interni, il dialogo e la dialettica democratica e che tentativi di forzare la situazione dall'esterno e con mezzi violenti non porteranno a nessun risultato. Il Cardinale ha aggiunto di pregare ogni giorno per la fine delle violenze e delle sofferenze che hanno punteggiato gli ultimi mesi, vedendo ogni giorno qualche nuovo motivo di ottimismo e speranza.

Il patriarca Raï partecipa oggi, domenica, alla cerimonia di insediamento ufficiale del nuovo patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna X Yazigi come successore del defunto Patriarca Ignazio IV Hazim.




Nel suo discorso, il Patriarca Giovanni X ha detto che "la Siria troverà la via della salvezza attraverso il dialogo e ritroverà il suo antico volto." Ha continuato: "Dio non accetta che si spezzi la vita che condividiamo con i non cristiani per motivi politici e perché tra noi come tra loro ci sono persone che aderiscono a tendenze fondamentaliste che non hanno nulla a che fare con la religione. " . Affermando di voler pregare e lavorare per l'unità in Siria, il nuovo Patriarca ha pregato Dio perchè accompagni  la sua responsabilità. Giovanni X ha infine assicurato che non dimentica il Libano, lodando la sua gente e il suo presidente.
 Il capo della Chiesa maronita ha a sua volta tenuto un discorso in cui si è rivolto al nuovo Patriarca:. "Lei assume le sue funzioni in un contesto difficile per la Siria ferita e  sofferente.  Abbiamo vissuto in Libano questa lacerante ferita causata da guerre senza senso. " Il Cardinale Rai  ha continuato: "Siamo venuti oggi (in Siria) per esprimere la nostra solidarietà con il nostro popolo che soffre ed è ferito, portando il Vangelo della pace, il Vangelo della fraternità, il Vangelo della dignità umana ". Per il Patriarca maronita, "ogni sangue innocente versato su questa terra buona è una lacrima di Gesù Cristo."
Il nuovo Patriarca Yazigi è stato eletto il 17 dicembre al Monastero Balamand situato a nord di Beirut. Nato 57 anni fa a Latakia (Siria nord-ovest), era nato a Mar Marita, la più grande valle cristiana della Siria. Era il Metropolita Greco-Ortodosso dell'Europa occidentale e centrale.

traduzione da: http://www.lorientlejour.com/category/%C3%80+La+Une/article/800139/Intronisation_du_patriarche_grec-orthodoxe%2C_en_presence_du_patriarche_maronite.html

mercoledì 6 febbraio 2013

“BASTA CON LE ARMI, ABBIAMO BISOGNO DELLA PACE”

Il razzo contro l'Università di Aleppo





PADRE HADDAD: “È necessario far tacere le armi e imboccare la strada del dialogo e della riconciliazione"




S.I.R.- 1 febbraio 13

“Non c’è altro che la riconciliazione. Non è mai troppo tardi. Alziamo la voce per mandare un messaggio: basta con le armi, abbiamo bisogno della pace. Datevi un bacio di pace, come Pietro e Paolo”. 



Sono le parole pronunciate oggi pomeriggio dall’archimandrita Mtanios Haddad, patriarca della Chiesa greco-cattolico melkita e rettore della basilica romana di Santa Maria in Cosmedin, nell’omelia di una liturgia bizantina per invocare la pace in Siria e in Medio Oriente.

 “La Siria chiama e Roma risponde. Non armi, né terrorismo: alla Siria, orgogliosa culla dei cristiani in Medio Oriente - ha detto padre Haddad - dobbiamo mandare un messaggio di pace”. Il Paese “ha sempre vissuto nella pace, diventando un modello di convivenza e dialogo interreligioso. Vero, ci sono stati alti e bassi, come in ogni famiglia, ma sempre in pace. Non bisogna permettere che in questi alti e bassi si infiltrino razzismo, estremismo religioso, cristiano o musulmano che sia. In Siria, così come in Iraq, Palestina, Libano e tutto il Medio Oriente, non si può lasciare nel peccato colui che non ama suo fratello”. 

“È necessario - ha proseguito il sacerdote melkita - far tacere le armi e imboccare la strada del dialogo e della riconciliazione, smettendo di sostenere gli aiuti economici che finanziano questa guerra. Armi e uomini che danneggiano la Siria - ha spiegato - vengono dall’esterno, dagli interessi dei paesi stranieri. Con l’arrivo dell’Islam non siamo mai stati perseguitati, la convivenza è stata possibile”. Ora governanti, militari e civili, ha auspicato, “devono agire”. 

I mezzi di comunicazione di massa, poi, “ci dicono ogni giorno delle grandi bugie. Siamo lì da duemila anni, non vogliamo essere protetti ma vivere la nostra fede e la nostra dignità ognuno nel suo paese. Non dobbiamo più essere ingannati da questa politica internazionale che parla ma non sa niente”. L’amore e Dio “sono gli stessi” e noi tutti, ha concluso, “siamo nati per vivere e amare e anche di più: per la pace, la giustizia e la riconciliazione.




Il Patriarca Rai: gli Stati che armano regime e opposizione si assumono la responsabilità criminale della tragedia siriana 


 Agenzia Fides 29/1/2013

Bkerké– I leader degli Stati “che fanno la guerra in Siria fornendo denaro, armi e mezzi sia per il regime, sia per l'opposizione”, con la loro “malvagia opera di istigazione” sono responsabili davanti al tribunale della coscienza e della storia dei “crimini di assassinio, distruzione, aggressione e deportazione di cittadini innocenti” che stanno martoriando da quasi due anni il popolo siriano. La vibrante denuncia – raccolta dall'Agenzia Fides - viene dal Cardinale Bechara Boutros Rai, Patriarca di Antiochia dei Maroniti. Nell'omelia pronunciata nella sede patriarcale di Bkerké durante la Messa domenicale, in occasione della Giornata di solidarietà indetta dalla Chiesa maronita a favore dei rifugiati siriani accolti in Libano (vedi Fides 26/1/2013), il Patriarca Rai ha attribuito alle colpe e alle omissioni della comunità internazionale, un peso decisivo nel devastante perpetuarsi del conflitto siriano. Citando l'enciclica di Papa Giovanni XXIII Pacem in Terris, S. B. Rai ha chiamato in causa anche l'Onu e la sua “responsabilità di organizzazione sorta dopo la seconda guerra mondiale con il fine essenziale di mantenere e consolidare la pace tra i popoli”.
Il capo della Chiesa maronita ha stigmatizzato anche gli effetti destabilizzanti che il conflitto siriano minaccia di avere sullo scenario libanese. Il Patriarca Rai ha richiamato i diversi Partiti libanesi a “non puntare gli uni sul regime e gli altri sull'opposizione in Siria”, perchè con le loro opzioni divergenti “creano intralci alla vita pubblica del Libano e paralizzano le decisioni nazionali, compresa la ratifica di una nuova legge elettorale”. In questo modo - ha stigmatizzato S.B. Rai – si incentivano i timori di una tracimazione del conflitto siriano in territorio libanese, e si fomenta la tendenza dei libanesi a emigrare all'estero.
Rivolgendosi ai rifugiati siriani, il Patriarca maronita li ha invitati a essere riconoscenti nei confronti dello Stato e del popolo che li hanno accolti, chiamandoli a conformarsi alla “cultura libanese fondata sull'apertura, l'ospitalità e l'unità nella varietà” e ad astenersi da ogni comportamento lesivo della pace civile. Lo Stato libanese, a giudizio del porporato, è tenuto a “controllare le frontiere, registrare i rifugiati e prendere tutte le misure necessarie a impedire l'infiltrazione di armi in Libano”. Secondo il Patriarca, occorre “sventare ogni eventuale complotto ordito sia all'interno che all'esterno, e evitare ogni strumentalizzazione religiosa, comunitaria o politica dei rifugiati”. Anche il flusso dei profughi va monitorato: a detta del Patriarca Rai, occorre coordinarsi con l'Onu e con gli altri Stati per non sovraccaricare il Libano con un numero di rifugiati che il Paese dei Cedri non sarebbe in grado di sopportare, economicamente e socialmente.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40887&lan=ita


Palmyra Due terroristi suicidi , mercoledì 6, si sono fatti esplodere con autobombe nel quartiere residenziale di al-al-Gharbi Jam'yeh causando il martirio di diversi cittadini e il ferimento di altre decine di abitanti.
Gli attentati hanno anche causato ingenti danni materiali nella zona.


giovedì 13 settembre 2012

Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione

Patriarca Rai: Il Papa chiede la pace per la Siria.
Il film anti-Islam offende tutti noi.
 
Asia News 13/09/2012
Il capo della Chiesa maronita spiega che Benedetto XVI viene come testimone di pace per il Medio oriente e domanda a Stati, parti interessate e mercenari di fermare il commercio e l'uso delle armi. Cristiani e musulmani insieme per una reale Primavera araba. Il film che denigra Maometto è un'offesa per tutte le religioni.
Bkerke (AsiaNews) - Durante la sua visita in Libano, Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione. È quanto affermato dal patriarca Bechara Rai, in una conferenza stampa tenuta stamane. Il capo della Chiesa maronita ha anche definito "vergognoso" il film anti-islam che ha provocato manifestazioni, violenze e morti in Libia. "Questo film - ha aggiunto - ci offende tutti".

Il viaggio che il papa sta per compiere dal 14 al 16 settembre vuole "fermare la spirale di violenza e di odio in Siria", ha spiegato il patriarca, ma anche chiedere "che coloro che vendono armi all'uno o all'altro gruppo" si fermino. Iniziate come un prolungamento della Primavera araba, le tensioni in Siria sono giunte a una vera e propria guerra civile, che ha causato la morte di decine di migliaia di persone. Governi occidentali, insieme ad Arabia saudita e Qatar sostengono i ribelli, con denaro e armi. La Siria, la Cina e l'Iran sostengono invece Bachar Assad e il suo governo.

"La guerra - ha precisato Rai - non è combattuta in nome dell'islam o del cristianesimo, ma da Stati, da parti interessate, da mercenari".

"Cristiani e musulmani - ha poi proseguito - devono unirsi attorno ad alcuni valori per gettare le fondamenta di una reale Primavera araba". Il papa viene in Libano per firmare e diffondere l'Esortazione apostolica seguita al Sinodo sul Medio oriente, celebrato a Roma nell'ottobre 2010, in cui si sono discussi molti aspetti e valori presenti nei movimenti che stanno cambiando il mondo arabo. "La visita del papa - ha aggiunto il patriarca - è un appello alla pace in Medio oriente, alla separazione della religione dallo Stato, all'accettazione dell'altro e della diversità nell'unità".
http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-Rai:-Il-Papa-chiede-la-pace-per-la-Siria.-Il-film-anti-Islam-offende-tutti-noi-25809.html



Gregorio III Laham

"Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e a intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo."


P A T R I A R C A T O
GRECO – MELKITA- CATTOLICO
Aïn Traz, 30/8/2012

Ai nostri figli e figlie in Siria e ai figli e figlie della Chiesa nel mondo

A tutti gli uomini di buona volontà

 Per la Siria, la riconciliazione è l’unica  ancora di salvezza

“Venite dobbiamo avere una parola in comune”
(Sura Al Omran, 64)
“Beati gli operatori di Pace”
(San Matteo 5,9)

Introduzione

I nostri occhi e i nostri cuori versano lacrime oggi perché il linguaggio della violenza ha superato ogni altro linguaggio. Le lacrime fluiscono da ogni parte e su tutte le arene, in tutte le mani, nelle case e nei singoli … Le vittime umane, delle diverse appartenenze cadono, lasciando dietro di loro la desolazione e le tragedie sociali, familiari e nazionali. Dio abbia misericordia delle vittime, curi le ferite, guarisca i malati e consoli gli afflitti. Di fronte a queste prove, gli ostacoli per trovare aiuti umanitari e farli pervenire ai bisognosi e ai sinistrati, si moltiplicano.
Quale dinamica trovare per una via d'uscita alla crisi? Con questa lettera vogliamo di nuovo chiamare tutti al dialogo... affinché possiamo superare le nostre ferite, le nostre sofferenze e il sangue versato …  e affinché noi siamo fra coloro che credono nel dialogo, nella riconciliazione, nell'incontro e nel faccia a faccia...
Questo cammino è più difficile ma è l'unico cammino ragionevole perché costituisce l'unica garanzia per l'avvenire. È un cammino ineluttabile perché nessuna fazione può eliminare l'altra in alcun modo. La violenza accresce la violenza, mentre il dialogo aggiunge al dialogo forza e frutto. Quanto alla riconciliazione, essa prepara i cuori e gli animi a un maggiore dialogo e una maggiore riconciliazione.

 La Chiesa siriana e la Riconciliazione
 
Riconciliatevi con Dio! Riconciliatevi gli uni con gli altri! È il ministero della riconciliazione!
La Chiesa che è in Siria è chiamata al ministero della Riconciliazione, Musalaha, con ogni mezzo possibile perché la riconciliazione è nel cuore dell'insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo nel Santo Vangelo. È il nostro Bene ed è il Bene dell'umanità … con Dio.
Noi consideriamo che il ruolo della Chiesa in Siria oggi sia questo santo ministero, vale a dire operare in favore della riconciliazione. Beati gli operatori di pace! Noi consideriamo che questo ministero sarà la garanzia dei cristiani di fronte ai giorni cupi che si annunciano nel cielo della Siria. È così che i cristiani adempiranno la loro più grande missione per il paese, come storicamente si impegnarono per la sua prosperità a tutti i livelli.
Oggi la loro missione è di rimanere fra e con tutti i protagonisti, ovunque, su ogni fronte del paese… chiamandoli tutti alla riconciliazione civile e sociale … Poiché il ruolo della Chiesa è di essere l'araldo della riconciliazione e suo artefice a tutti i livelli. Noi consideriamo che in quanto cristiani del Levante e come arabi presenti e operanti nella storia del nostro paese, in tutte le sue tappe e in tutte le sue crisi, nel suo progresso e nel suo sviluppo, nella pace e nella guerra, noi siamo stati e resteremo la garanzia della diversità e coloro che la fondano e la promuovono. Sì, noi troviamo il nostro ruolo in questa via storica.

Appello alle Chiese del mondo
Con San Paolo noi diciamo: "Gesù è la nostra Pace, Colui che ha fatto dei due uno solo e che ha distrutto il muro dell'inimicizia tra gli uomini". Questa è la sorgente del presente appello che noi rivolgiamo a tutte le Chiese del mondo, ai nostri fratelli cattolici, ortodossi e protestanti. Noi chiamiamo i responsabili spirituali a unire la loro voce a quella della Chiesa che è in Siria per lanciare con tutti i mezzi, un appello alla riconciliazione in Siria. Che lo facciano ai dirigenti e alle diverse istituzioni del loro paese, verso i loro fedeli, i loro religiosi e religiose e i loro sacerdoti... E' necessaria una campagna per realizzare la Riconciliazione in Siria. Poiché se il mondo invocasse a una sola voce e ogni giorno il dialogo e la riconciliazione … allora sì tutto cambierebbe.

Appello ai cristiani siriani
In mezzo a questo fiume di sangue che, continuamente scorre in tutte le contrade della Siria, noi diciamo ai nostri figli beneamati: Pazienza! Se siete sfollati all'interno della Siria o in un paese limitrofo, rimanete vicino alle vostre case e ai vostri beni nel vostro paese. Diciamo grazie a coloro che ospitano gli sfollati. Ma se partite fuori dalla regione, il vostro ritorno sarà più difficile e la vostra situazione non sarà facile malgrado le facilità offerte dai paesi che vi accolgono, facilità che potrebbero non durare. Per questo vi dico: "Non emigrate!". Noi continueremo a fare tutti i nostri sforzi per aiutare con tutti i nostri mezzi, i bisognosi e gli sfollati.

Appello ai siriani

Grande è la mia speranza che noi siriani, cristiani e musulmani, che subiamo, tutti, il peso di questa situazione tragica e sanguinosa che dura da più di un anno e mezzo, troveremo insieme - e dobbiamo farlo - un'altra via della violenza, delle armi, delle uccisioni e della distruzione perché in questa via nessuno esce vincitore ma tutti sono dei vinti. La distruzione si estende e l'uomo è ucciso, le calamità si moltiplicano e colpiscono tutti i cittadini.
Per questo rivolgo il mio appello con il venerabile versetto del Corano: "Venite dobbiamo avere una parola in comune!" e con il versetto del Santo Vangelo: "Beati gli operatori di pace"… Ecco lo slogan che eleviamo con questa lettera. La riconciliazione è l'unica ancora di salvezza per la Siria.

Appello al mondo
Abbiamo la ferma speranza che il nostro messaggio sarà ricevuto dai Re, dagli Emiri e dai presidenti arabi, e dai capi delle nazioni del mondo intero, in America del nord e del sud, in Europa occidentale e orientale, in Asia, in Africa e in Australia. Così come speriamo sia ricevuto nelle Chiese e nelle comunità cristiane, in Oriente e in Occidente, nelle organizzazioni non governative, dai pensatori, dagli operatori di pace, soprattutto coloro il cui lavoro è stato coronato da un premio Nobel. Sul posto vi è il ministero della riconciliazione che è attivo ed efficiente. Su un altro piano, vi sono gruppi in azione, formati da capi tribù, da persone influenti, che hanno riportato grandi successi nella soluzione dei problemi in diverse località, e che hanno permesso di evitare grandi calamità e ristabilito la pace tra diverse fazioni religiose e altre. Noi chiediamo ai nostri amici di sostenere il lavoro di questi gruppi e della Chiesa in Siria che si consacra a questo ministero della riconciliazione, per garantirne il proseguimento.
Fine
Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e di intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo.
Portiamo questo messaggio, messaggio "di pace e di riconciliazione" ai santuari delle nostre Chiese e dei nostri monasteri affinché tutti eleviamo le nostre mani supplicanti per la sicurezza, la tranquillità e la stabilità, frutto del dialogo della riconciliazione e della solidarietà, per il coordinamento di tutte le potenzialità, in vista di un avvenire migliore per la Siria, con tutti i suoi figli, le sue confessioni, i suoi partiti e le sue ambizioni.
Sì, noi speriamo che tutti insieme possiamo realizzare la beatitudine evangelica: "Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati Figli di Dio".

Con il mio amore, le mie preghiere e la mia benedizione

   Gregorio III Laham
 

Gregorios III :
« N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre où sont morts vos aïeux »
 
I.MEDIA: Quelle est l’atmosphère au Liban à l’approche du voyage de Benoît XVI? Y a-t-il aussi une attente de la part des musulmans?
Gregorios III: L’atmosphère est telle que vous pouvez la vivre dans les rues de Beyrouth ou du Liban, si vous avez le temps de vous y promener. Dans le moindre des petits villages comme dans les grandes villes, les panneaux saluant le pape s’affichent partout. Souvent en français, en anglais ou en arabe, ils sont le fait des municipalités, des entreprises et même de particuliers. Cette attente est aussi celle de nos frères musulmans. Au Liban comme d’ailleurs en Syrie et ailleurs au Proche-Orient, les villages et les villes sont mixtes. Ils sont chrétiens et sunnites, chrétiens et chiites, chrétiens et druzes. Ils sont le symbole du vivre ensemble, le symbole concret et vivant de ce Liban « pays message », comme l’a dit le bienheureux Jean Paul II. Nous attendons le pape et son message ensemble, en famille. Benoît XVI est notre père et nos frères musulmans l’attendent avec nous.
I.MEDIA: Si la visite de Benoît XVI est avant tout pastorale, on ne peut faire abstraction de sa dimension politique. S’attend-on à un message du pape en ce sens?
Gregorios III: Le message du Saint-Père va venir nous renforcer, augmenter nos forces et notre volonté de vivre sur nos terres, là où Notre-Seigneur nous a placés. Vivre comme nos pères ont vécu depuis plus de 2000 ans. Benoît XVI va venir dire à nos jeunes, à nos familles, ce que je ne cesse de répéter depuis mon élection au siège d’Antioche: n’émigrez pas. N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre de vos aïeux qui ont vécu et qui sont morts pour que cette terre reste et demeure ce qu’elle est: une terre de chrétienté, la terre du berceau du christianisme, la terre du message, la terre de la paix. Le pape va nous donner la direction, les manières pour ne pas flancher dans les crises et les tourments. Il va nous donner la force de ne pas avoir peur face à cet avenir incertain qui est le nôtre.
I.MEDIA: Le voyage du pape s’adresse à tout le Moyen-Orient, donc aussi à la Syrie. Comment les Syriens vivent-ils l’attente? Certains seront-ils présents lors des rencontres avec Benoît XVI?
Gregorios III: Bien évidemment, cette visite de Benoît XVI est une visite à toutes les Eglises d’Orient sur la terre du Liban, pays d’accueil par excellence. Elle est la conclusion de l’Assemblée spéciale du Synode des évêques pour le Moyen-Orient, qui s’est tenue à Rome en octobre 2010. Nos fidèles de Syrie, sous le patronage de Notre-Dame du Liban et de saint Paul, vivent cette attente dans la prière et l’espoir de pouvoir être nombreux autour de Benoît XVI. Le pourront-ils? Nos paroisses ont redoublé d’efforts pour cela. Plaise à Dieu que les chrétiens de Syrie, les chrétiens du berceau du christianisme, les chrétiens de saint Paul soient nombreux avec et autour du pape, pour prier pour la paix et la réconciliation dans leur pays. Nous sommes à deux jours de la visite du pape et le Moyen-Orient retient son souffle pour que cette visite s’accomplisse en paix et dans la prière. Au Liban, pays d’accueil, toutes les forces politiques, civiles et religieuses s’activent pour que cette visite soit une réussite tant spirituelle que matérielle.
I.MEDIA: La visite du pape suffira-t-elle à stopper, ou du moins freiner, l’exode des chrétiens du Moyen-Orient?
Gregorios III: C’est mon souhait et mon vœu le plus cher. Mes premières paroles en tant que patriarche au lendemain de mon élection en novembre 2000 ont été: n’émigrez pas! A nous, chefs des Eglises, Benoît XVI donnera la force de consolider la foi de nos fidèles. Il viendra leur dire pourquoi ils doivent continuer à vivre et à mourir sur la terre de leurs ancêtres, cette terre bénie de Dieu, cette terre choisie par Dieu pour Se faire homme.
I.MEDIA: La crise syrienne risque-t-elle de s’étendre durablement au Liban?
Gregorios III: Mon vœu et ma prière sont pour que la crise arrête de s’étendre en Syrie. Que les armes se taisent et que la Syrie trouve le chemin du dialogue et de la réconciliation. Et pour cela, je suis prêt à donner ma vie! J’ai lancé au début du mois un appel à Benoît XVI, aux cardinaux, aux conférences épiscopales, aux rois et aux chefs d’Etat et à tous les hommes de bonne volonté, pour soutenir la réconciliation en Syrie. Quant au Liban, ma prière quotidienne est que Dieu le préserve de tout mal. Il se redresse à peine d’années de guerre et de conflit. Plaise à Dieu, par l’intercession de Notre-Dame du Liban, que ce « pays message » soit préservé de tout mal. (apic/imedia/cp/ggc)
Propos recueillis par Charles de Pechpeyrou, I.MEDIA
http://www.aed-france.org/actualite/voyage-du-pape-au-liban-nemigrez-pas-et-restez-enracines-dans-la-terre-ou-sont-morts-vos-aieux/