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Il 23 dicembre scorso al convento di San Salvatore a Gerusalemme, sede centrale della Custodia di Terra Santa, giungeva la notizia del probabile rapimento di fra Dhiya Azziz, un frate quarantenne di nazionalità irachena parroco nel villaggio siriano di Yacoubieh (provincia di Idlib, distretto di Jisr al-Chougour). I suoi confratelli avevano perso i contatti con lui la mattina di quello stesso giorno, mentre il religioso stava rientrando in parrocchia dopo essersi recato in Turchia per incontrare i suoi familiari, profughi dall’Iraq. Fra Azziz era già stato vittima di un rapimento nel luglio del 2015, ma in breve era riuscito a sfuggire ai sequestratori. Stavolta è stato trattenuto più a lungo (12 giorni) e la notizia dell’avvenuta liberazione è stata diffusa da Gerusalemme, senza molti dettagli, la mattina del 4 gennaio 2016. Poche settimane più tardi il frate è giunto a Roma per un periodo di riposo lontano dalle tensioni della guerra. La sua vicenda ha riproposto ancora una volta a tutti i suoi confratelli un interrogativo cruciale: è bene ed opportuno restare nelle parrocchie dei villaggi siriani sotto il controllo delle forze islamiste avversarie del governo di Damasco anche se il numero dei cristiani locali continua a scemare perché molti se ne vanno? O è meglio ripiegare in attesa di tempi migliori?
Il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, ha invitato tutti i frati a pregare e riflettere insieme, per aiutare lui e il suo consiglio a decidere se restare a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, tre paesini della Valle dell’Oronte.
Molti frati hanno risposto al Custode per iscritto o a voce. Fra Pizzaballa ha voluto ringraziarli coralmente a fine gennaio con un messaggio che recita tra l’altro: «Ho letto con attenzione e meditato su tutte le vostre osservazioni, riflessioni e preoccupazioni. Le vostre opinioni sono state di grande aiuto e hanno reso meno faticosa la decisione da prendere. Di nuovo, grazie! Nella quasi totalità avete espresso con chiarezza il parere che sia doveroso restare nei villaggi, senza considerazione per il numero dei parrocchiani (circa 400 complessivamente nei tre villaggi) e nonostante il pericolo».
«La Custodia – soggiunge il padre Custode – non ha mai abbandonato i luoghi e la popolazione che la Chiesa le ha affidato, anche a rischio di pericolo. Non pochi tra i nostri martiri, anche nel periodo recente, sono morti in circostanze non troppo dissimili dalla situazione attuale. Un pastore non abbandona il suo gregge e non si chiede se le sue pecore valgano molto o poco, se siano numerose o giovani. Per un pastore tutte le pecore sono importanti e le ama tutte allo stesso modo».
A prendere il posto di fra Dhiya a Yacoubieh andrà, da Betlemme, un religioso ancora più giovane, fra Louay Bhsarat, che fin dall’inizio della guerra aveva dato la sua disponibilità ai responsabili della Custodia.
Lettera inviata da fr. Samhar, frate della Custodia di Terra Santa che vive ad Aleppo in Siria, in cui chiede preghiere:
Ciao
fra Matteo,
Stiamo
qui proprio male, ogni giorno cadono su di noi una pioggia di bombe
da parte degli gruppi armati, ci sono stati diversi morti e purtroppo
sono giovani di età 13_ 19_ 21_ 40_ 60 oltre ai feriti che stanno
malissimo, e le case distrutte... la gente qui in questi giorni sono
di più disperati...
Vi chiedo di pregare di più per loro,
noi, e tutta la Siria.
Fr.
Samhar
Come
vedete cari amici, la città di Aleppo in questi giorni è oggetto di
forti scontri tra i gruppi armati dei ribelli e l'esercito siriano
che sta cercando di liberarla con l'aiuto dei bombardieri russi.
Vi
chiediamo di pregare e di far pregare la gente per la pace in Siria e
perché il Signore dia forza ai nostri frati di custodire con
coraggio il gregge loro affidato. Anche in queste ore drammatiche.
Si
possono organizzare momenti di adorazione, preghiera o semplicemente
legare questa intenzione a ciò che già fate. Rimaniamo in comunione
con loro, non lasciamoli soli.Pace
e bene.
Fr. Matteo Brena Commissario di terra Santa per la
Toscana
Ad
Aleppo succede qualcosa di terribile, ma si ignora o non si vuole
vedere
(ANS
– Aleppo) – La situazione ad Aleppo? “Qui tutto è confusione,
la morte è ovunque, nessuno riesce a capire cosa sta succedendo e
non si sa di chi fidarsi. Stavamo preparando con i giovani un’opera
di teatro per festeggiare Don Bosco e ci siamo dovuti fermare perché
diversi di loro sono morti durante i bombardamenti” , racconta con la
voce spezzata don Luciano Buratti, uno dei tre salesiani che abita
nella casa salesiana di Aleppo, in Siria.
Da
tre anni si combatte costantemente nella città. “Ogni notte cadono
le bombe in tutto il vicinato e ogni giorno veniamo a conoscenza di
qualcuno che ha perso un familiare o una persona cara” continua don
Buratti, mentre sullo sfondo si sente il brusio dei ragazzi che
giocano nel cortile dell’oratorio.
Quando
gli si chiede riguardo la situazione concreta della casa salesiana,
dice:
“la nostra comunità ha scelto di continuare le sue attività
come se nulla fosse; cerchiamo di offrire alle famiglie un luogo dove
si respirino anche nel bel mezzo del caos la stabilità e l’armonia,
di conseguenza, le attività della parrocchia e l’oratorio seguono
il loro corso normale, come facevamo prima dei combattimenti; questa
è una delle poche strutture che operano ancora con una certa
normalità”.
La
condizione dei cristiani è particolarmente difficile, si cerca di
fuggire e chi ha soldi e può lasciare la Siria lo ha già fatto; gli
altri cercano rifugio nelle città più sicure, ma molte persone, che
non hanno possibilità, rimangono ad Aleppo.
“Abbiamo
un sacco di lavoro; è aumentato il flusso di persone che arrivano
alla nostra parrocchia chiedendo servizi religiosi, cercano Dio e un
po’ di conforto – prosegue il salesiano –.
Grazie a Dio, noi
Salesiani stiamo ben e riceviamo qualche aiuto da distribuire tra
circa 200 famiglie della nostra parrocchia che hanno perso tutto”.
Attualmente
si stima che rimangono circa due milioni di abitanti in questa città,
antico simbolo della convivenza pacifica tra Cristiani e Musulmani;
adesso si spera solo di sopravvivere.
I
Salesiani di Aleppo animano due opere: quella di Aleppo, dedicata a
san Giorgio, e quella di Kafroun, dedicata a Don Bosco, con i loro
rispettivi oratori, una casa di accoglienza e una parrocchia; tutto
funziona regolarmente, al servizio della gente.