Traduci

Visualizzazione post con etichetta Siriapax. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Siriapax. Mostra tutti i post

venerdì 12 dicembre 2014

Un piccolo gregge. Maaloula. Siria.


Piccolo gregge ... questa la condizione che il Signore ha scelto per la presenza cristiana nei Paesi arabi. Da secoli piccolo gregge. In Siria questa condizione è più chiara che mai, oggi che quel piccolo gregge è attaccato da lupi feroci. Così quella piccola realtà cristiana, così lontana e diversa da quelle che frequentiamo di solito, appare più cara e più prossima di altre. A questa realtà appartiene Maloula, uno sperduto villaggio arroccato su remote pendici nel quale, dolce memoria, si parla ancora l'aramaico, la lingua di Gesù. 

  Di questo remoto villaggio abbiamo accennato spesso. Di come sia diventato bersaglio della follia sanguinaria che abita in Siria solo perché abitato da gente che recita il Padre Nostro usando le stesse parole di Gesù. Di come alcuni dei loro abitanti abbiano reso testimonianza al Signore e al mondo facendo dono della loro povera vita. Una testimonianza di grazia stupenda, che riempie il cuore di commozione e gratitudine.
Ed è anche in questa gratitudine che nasce la piccola iniziativa accennata in precedenza sul sito, volta a dare un qualche aiuto alla comunità cristiana di Maloula, tornata numerosa al proprio villaggio dopo che le truppe di Damasco l'hanno liberata dai feroci tagliagole che l'affliggevano. Si era pensato di offrire alle singole famiglie del paesino una pecora, così da alleviare la loro indigenza e aiutare il ritorno a una vita normale (per quanto possibile in un teatro di guerra continua).  Ci è stato suggerito dal sacerdote responsabile di Mar Sarkis di fare altrimenti, per evitare possibili equivoci o disparità (nel caso non fossimo riusciti a trovare una pecora per ogni famiglia), ovvero regalare un gregge che, gestito dalla cooperativa locale, distribuisca i ricavati e i benefici (latte, formaggio, lana) gratuitamente a tutti gli abitanti del villaggio.


Piace l'idea di questo piccolo gregge e speriamo che i lettori di queste righe possano aiutarci allo scopo, sostenendo economicamente e con le loro preghiera questa iniziativa. Confortano, in questo senso, alcune prime adesioni: una guida turistica della Sagrada Familia, a Barcellona, che ha subito donato di cuore appena ha saputo;  la vivace risposta di una parrocchia di Firenze e dell'amico Berlicche; come la pronta adesione da diversi lettori del nostro sito. Ma forse la cosa più commovente è l'iniziativa di alcuni bambini, che hanno pensato di realizzare e vendere dei loro lavoretti per poter contribuire....

L'iniziativa, quella dei bambini di una scuola di Lecco, si chiama "Per Natale, un agnello per Gesù". Già, per Gesù. «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me», dice il Signore nel suo Vangelo. In aramaico, la lingua di Maloula.
Ringraziamo di cuore quanti vorranno aderire a questa proposta.
Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria

http://www.siriapax.org/

giovedì 4 dicembre 2014

L'Italia va alla guerra?




COMUNICATO DEL COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA PACE IN SIRIA
Il governo italiano ha deciso di aderire alla coalizione contro l’Isis creata dagli Stati Uniti. Con questo atto, il nostro paese, dopo aver sanzionato pesantemente la Siria (con esiti devastanti sulla popolazione civile) ed aver rotto i rapporti diplomatici, accetta senza problemi di far parte di una coalizione nella quale sono presenti proprio quei paesi che hanno supportato Isis.
La decisione è stata presa quasi in sordina, con scarso rilievo da parte dei media ma meritava maggiore attenzione: si tratta infatti di un atto preso in spregio alla Costituzione italiana, che recita che l’Italia ripudia la guerra, e senza passare per il Parlamento, in spregio ai principi fondanti della democrazia.
Si inizia con alcuni Tornado, partono con un 'asset bellico' limitato, come 'ricognitori': vedremo come andrà a finire, dal momento che la guerra, metteva in guardia Giovanni Paolo II, è 'avventura senza ritorno'.
E' una decisione grave, dal momento che, oltre al vulnus inferto allo Stato di diritto, trascina l’Italia in un’avventura militare dai contorni ambigui, dal momento che il Califfato è nato ed è cresciuto fino a diventare l’attuale mostro che minaccia il mondo nell’ambito di un progetto di rovesciamento del governo siriano, che segue quello analogo avvenuto in Libia, altro Paese divenuto fucina dello jihadismo internazionale. Armi e soldi provenienti dai Paesi del Golfo e dagli Stati Uniti sono affluiti copiosi in questi anni nella regione tra Iraq e Siria, finanziando il reclutamento di quelle milizie mercenarie che stanno portando il terrore nella regione e minacciano il mondo occidentale.
Ancora oggi è impossibile che il Califfato possa reggersi con mezzi propri: se è vero che ha conquistato risorse energetiche irachene e siriane e le vende di contrabbando grazie alla connivenza di alcuni degli Stati che compongono l’attuale coalizione contro l’Is (vedi Turchia e la cosiddetta regione autonoma curda irachena), è pur vero che le guerre costano tanto (ne sanno qualcosa gli Stati Uniti che stanno dissanguando il loro bilancio), ben più di quanto l’Is incassa con il contrabbando del petrolio. L’accusa mossa ai Paesi del Golfo di continuare a sostenere il Califfato in funzione anti-sciita e anti-Iran, nonostante l’adesione alla coalizione internazionale voluta da Obama, rimbalza su tutti i media, si arricchisce di dettagli e informazioni di giorno in giorno, senza che le autorità di questi Paesi siano mai state chiamate a renderne ragione.
Né si capisce, o forse si capisce fin troppo bene, il ribadito sostegno degli Stati Uniti ai cosiddetti ribelli siriani in funzione anti-Assad: a questi continuano ad affluire armi e soldi Usa nonostante sia cosa risaputa la loro convergenza con l’Is e con Al Nusra (altra funesta banda di tagliagole che insanguina la Siria, legata ad al Qaeda e sostenuta anche dalla Turchia), sia sul piano politico che militare.
Si è già provato a risolvere asseriti problemi internazionali a suon di bombe: lo si è fatto in Iraq, per contrastare la fantomatica minaccia delle armi di distruzione di massa di Saddam; lo si è fatto in Libia, per deporre il Colonnello Gheddafi, prima ospite di riguardo delle cancellerie internazionali poi accusato di essere un tiranno sanguinario. Il risultato è stato la nascita dell’attuale follia jihadista.
Questo approccio si sta ripetendo in Siria e Iraq: senza prendere in considerazione i tragici errori del recente passato. In realtà sarebbe facile eliminare le fonti di sostentamento del Califfato: anzitutto contrastando il traffico illegale di petrolio, ma soprattutto eliminando altre munifiche forme di finanziamento che sembra davvero impossibile possano sfuggire a servizi segreti tanto efficienti quali quelli americani e occidentali in genere (e di Israele)..Il fatto che l’Onu non sia stato minimamente coinvolto in questa opera di contrasto del Califfato getta un’ulteriore ombra sulla vicenda e pone domande sui suoi reali obiettivi.
Tante domande, insomma, su questa spedizione militare. E, purtroppo, tante certezze. La nostra voce è poca cosa, ma si unisce (e ci conforta) alle tante, molto più autorevoli, provenienti dai Paesi martoriati dalla follia del Califfato che più volte hanno messo in guardia l’Occidente dal proseguire su questa tragica strada. Nondimeno non possiamo restare in silenzio, né possiamo accettare che il Parlamento italiano, che dovrebbe quantomeno interrogarsi sulla vicenda, abbia più a cuore i disegni geopolitici altrui che le sorti di interi popoli (e quella dei cittadini italiani).
http://www.siriapax.org/?p=2178


4 dicembre, la festa del patrono di Damasco:
Giovanni damasceno, il consigliere del Califfo,
si fece monaco a San Sabba;
 viene considerato il 'San Tommaso d'Oriente' 

lunedì 3 novembre 2014

La Siria é ancora viva. Aiutiamola...

E' l'appello di Naman Tarcha, giornalista siriano e Segretario del Coordinamento per la Pace in Siria. Il neonato Coordinamento, costituito a luglio di quest'anno, nasce dalla volontà di ridare voce ai siriani.


 Quali sono gli obiettivi del Coordinamento per la pace in Siria?
Vogliamo ritornare a fare luce sulla Siria: per anni la situazione nel Paese è stata raccontata secondo il punto di vista di una sola parte, quella degli interessi dell'Occidente. Vogliamo creare uno spazio alternativo di informazione che attraverso tutti i canali sostenga i siriani ridando loro voce.

Come è possibile, al di là di un'informazione alternativa, sostenere il popolo siriano?
Partendo da progetti, anche piccoli, ma concreti. Purtroppo accade spesso che i fondi destinati a popoli sofferenti non arrivino mai: in guerra, forse più che in pace, c'è sempre qualcuno che cerca di lucrare sulle sofferenze altrui. Il Coordinamento per la pace in Siria non crea progetti ad hoc bensì segue e sostiene i progetti siriani che già esistono. La Siria infatti, a differenza di quanto credono in molti, non è affatto un Paese morto: certo, una parte del Paese è stata completamente distrutta ma ve ne è un'altra che sta lottando con tutte le forze per rialzarsi, per tornare a vivere. A noi piace molto la definizione della Siria come La Fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Il Coordinamento per la pace in Siria vuole fare da ponte tra i numerosi enti, associazioni siriani impegnati in progetti di ricostruzione ed enti, associazioni italiani che si occupano di aiutare il prossimo in diversi campi.
Per esempio, in Siria un interlocutore importante è rappresentato dai frati francescani nella figura del vicario apostolico di Aleppo George Abu Khazen. Per questo cerchiamo di promuovere anche gemellaggi tra diocesi siriane e diocesi italiane, o tra quanti in Siria cercano di valorizzare i beni culturali e quanti lo fanno in Italia. Scopo del Coordinamento è di individuare partner italiani che entrino in contatto con realtà siriane che stanno concretamente cercando di ricostruire il Paese. Inoltre, prima c'era una cooperazione con l'Italia molto significativa nel campo medico che vogliamo ripristinare, ma anche nei settori industria e commercio, essendo la Siria da sempre primo partner con l'Italia, attraverso piccoli progetti per creare occupazione. Vogliamo essere un vero e proprio call center, una voce per quelle associazioni della società civile che vogliono aiutare dando così vita ad un circolo virtuoso per ridare speranza al popolo siriano.

Può farci qualche esempio di questi progetti?
Crediamo che per ricostruire un Paese provato come la Siria, è fondamentale il ruolo della scuola. Solo educando le generazioni più giovani si può restituire speranza al Paese tutto. Per questo il Coordinamento fa da ponte tra scuole siriane che a causa della guerra sono state trasformate in centri di accoglienza e scuole italiane che vogliono aiutarle a tornare a essere centri di educazione.

 Inoltre, Le accennavo prima alla promozione del patrimonio artistico: la Siria ha un patrimonio culturale e architettonico ricchissimo che è stato in parte distrutto dalla guerra ma che i siriani stanno tenacemente cercando di ricostruire, come i resti romani vicino ad Aleppo o quelli di Damasco.
I segnali della volontà del popolo siriano di tornare a vivere sono numerosi: a Homs i muri della città sono stati ripuliti e ridisegnati con immagini di fiori, sole, insomma di vita.
 A Latakia i cittadini si sono organizzati per ridipingere i muri delle scuole, a Tartus un gruppo di volontari ha ridato vita ad un parco giochi, a Damasco sono stati rimessi in ordine numerosi spazi verdi, ad Aleppo, che, molti non sanno è una città di 4 milioni di abitanti, giovani volontari si sono organizzati per pulire le strade.
Una parte della città, quella a nord, è in mano ai terroristi, ma ve ne è un'altra che vuole risollevarsi e sta usando tutte le sue forze per farlo.

 Oltre alla cura del patrimonio e dell'ambiente, i siriani hanno anche dato vita a progetti di occupazione femminile e stanno rimettendo in piedi imprese storiche che sono state costrette a chiudere a causa della guerra.
Non mancano poi iniziative curiose come il flashmob promosso da giovani musicisti siriani del Conservatorio di Musica nelle strade di Damasco. 
Tutti segnali questi di come la Siria non sia affatto un Paese morto: sotto le ceneri della guerra, c'è una fiamma che attende solo di riaccendersi. Per farlo ha bisogno del sostegno di enti e associazioni che per loro stessa vocazione aiutano il prossimo. 

Il Coordinamento fa appello alla società civile. Crede che la politica debba fare pubblica ammenda rispetto a scelte sbagliate nei confronti del popolo siriano?
Credo che ci sia una indubbia responsabilità politica che va denunciata, sia che questa responsabilità sia causata da ignoranza o da malafede. Ora, per esempio, si parla tanto dei profughi siriani: benissimo purché si parli anche della popolazione siriana che deve convivere a fianco dei terroristi e che, come dicevo sopra, sta lottando per rimettersi in piedi. Dal momento poi che i canali politici tra la Siria e l'Italia sono chiusi a causa dell'embargo e delle sanzioni europee che colpiscono i siriani, non ci resta che fare appello alla società civile.


Crede che il governo italiano debba riaprire il dialogo con il governo siriano?
E' necessario riaprire i canali ufficiali altrimenti ci troviamo di fronte alla classica situazione del cane che si morde la coda. Le faccio un esempio: il più grande ospedale della Siria per la cura dei tumori si trovava ad Aleppo. E' stato completamente distrutto. Il Coordinamento sta cercando di portare dei medici ad Aleppo dal momento che la città è stata letteralmente abbandonata dai medici che non possono più lavorare ma a causa dell'embargo non ci sono né medicinali né attrezzature. Come le dicevo, fin quando i canali ufficiali rimarranno chiusi, l'unica strada percorribile è quella della società civile.

Come si può aiutare il Coordinamento per la Pace in Siria?
Chi volesse aiutare può dare un sostegno diretto al Coordinamento attraverso una donazione sul nostro sito www.siriapax.org o può segnalarci enti o associazioni che hanno voglia di aiutare indicando il campo di azione di tali realtà. Sarà poi nostro compito mettere in comunicazione queste realtà italiane con quelle siriane.

domenica 2 novembre 2014

Costruire, non distruggere ...


Coordinamento Nazionale per la pace in Siria Editoriale, 16 ottobre 2014

Sempre e comunque distruzione. Questa sembra la sola azione, la sola risposta ai problemi che la nostra civiltà democratica riesce a trovare di fronte a situazioni fuori controllo. E chissà, poi, se sono veramente fuori controllo. C’è perlomeno il sospetto che forse questa distruzione qualcuno l’ha anche voluta e la vuole, sospetto più che lecito dato il giro di milioni e milioni di dollari che ruota da anni attorno a questa guerra.
Ma non tutti, noi no, questo abominio non lo vogliamo! Certamente no, se intendiamo per “noi” tutti coloro che si mettono di fronte alle notizie sulla 'guerra siriana' con il desiderio di capire cosa stia succedendo e cosa si possa fare.
Ma allora perché, perché mai accettiamo senza, letteralmente, insorgere di fronte a tutto questo? perché ci sentiamo rassicurati , o almeno convinti della necessità di rispondere alla violenza con altra violenza? perché riescono così facilmente a farci credere che armarsi, armare e intervenire è la soluzione giusta, l’unica possibile ?
Sembra che oggi l’unico motivo per alzare gli occhi al cielo sia per ricercarvi aerei e droni, i nuovi feticci dell’uomo tecnologico, gli ambasciatori della nostra democrazia, pronti a riaggiustare le ingiustizie, a portare libertà e sicurezza al mondo a suon di missili.

Si potrebbe obiettare che persino i cristiani- o almeno una parte di essi- gravemente minacciati in Iraq e altrove, hanno invocato l’intervento militare. Certo, si può capire: voi cosa avreste fatto, se vi foste trovati con una milizia di jihadisti all’entrata della vostra città? E’ normale chiedere l’intervento della forza, quando ci si trova con un coltello alla gola, i figli trucidati, le figlie minacciate nella dignità e nella vita…
Quello che non è normale è che in tutti questi anni, tanti ormai, non si è saputa trovare altra soluzione, altro intervento che 'fornire armi non letali ai ribelli moderati', e che tale rimanga tuttora la scelta reiterata: posizione del tutto assurda, anzi si dovrebbe dire ridicola, se non avesse portato con sé conseguenze così tragiche.
Non è normale che non siamo riusciti a creare nessuna vera possibilità di dialogo ( non le pagliacciate di assemblee che non rappresentavano nessuno, se non gli interessi privati di tante componenti),  non siamo riusciti a far sedere allo stesso tavolo le parti in causa. Non è normale aver contribuito ad attizzare l’odio confessionale, la divisione cruenta e la persecuzione, in un paese che volevamo liberare…Abbiamo distribuito armi e cellulari, “il meglio della nostra vita” !!
Riusciremo almeno ad ammettere che abbiamo sbagliato tutto, che non abbiamo capito nulla ?

Molte voci, anche nella chiesa, si sono alzate contro un intervento militare esterno ai paesi coinvolti (ed è da capire bene, non si tratta di stolido pacifismo, ma di rispetto delle popolazioni coinvolte, che hanno il diritto di decidere del loro destino).
Ma eccoli là, i cacciabombardieri dell’ultima coalizione. Da tre anni almeno aspettavano di potersi alzare sui cieli del Medio Oriente. Eccoli, pronti a intervenire, e a difendere anche noi dalla minaccia, perché -adesso le cose ci toccano più da vicino…rischiamo anche noi qualcosa- la jihad arriva in Europa!- meglio darsi da fare…
Credete davvero che si alzino per difendere le popolazioni locali del martoriato MedioOriente ? o per proteggere noi ? Molto più probabile che altri siano i veri motivi… Magari impedire all’Europa di acquistare gasolio a basso costo, diminuendo il vantaggio acquisito con lo shale gas. L’Europa se lo meriterebbe anche, perché piangere sui crimini dell’Isis e acquistarne il petrolio è peggio dello sciacallaggio. Ma il problema non è l’Europa, è quello che accade sui territori devastati. E sulle speranze devastate della gente locale .
Centinaia di raid senza ottenere granché, ed anzi permettendo all’Isis di avanzare verso la Turchia.. Non è un po’ strano ?
E, già che ci siamo, perché non terminare di distruggere le poche infrastrutture siriane ancora rimaste, colpendo qualche centrale elettrica, i silos del grano…
E si potrebbe continuare..,

Ma su questa strada sembra non si arrivi a nulla. Tante cose sono state dette, tante cose dimostrate, e non cambia nulla, chi dovrebbe ascoltare non ascolta, chi vuole capire viene depistato da una nuova falsa informazione.
Allora, lasciamo perdere tutto questo.
Ma facciamo qualcosa. Cosa? Procediamo ragionando.
 
  • Il contrario di distruggere è costruire. Ci sono già in atto progetti di ricostruzione, di scolarizzazione, di aiuto professionale o medico, altri ce ne saranno. Se decidiamo di aiutare, aiutiamo in questo senso. Contattiamo le persone e le iniziative giuste. Quelle che vogliamo, ma per favore verifichiamole di persona, informiamoci, rendiamoci conto di dove vanno a finire i nostri contributi e i nostri sforzi ! Non accontentiamoci di essere genericamente “buoni”, la posta in palio è grossa. E ci stanno usando per fini che non sono i nostri.
     
  •  Il contrario di sfruttare, è creare occasioni, opportunità. Creiamo un movimento internazionale di pressione perché si tolgano le sanzioni al popolo siriano. E’ inutile lamentarsi della corruzione, della quantità di giovani che aderiscono all’Isis, o di quelli che fuggono dalla Siria e dai paesi in guerra. Se non ci sono opportunità per il futuro, se non si può lavorare perché non ci sono le materie prime, se non si può vivere perché i prezzi imposti dalle varie mafie di guerra sono altissimi, come si fa a chiedere di restare in un paese, e restarci senza violenza e corruzione? #togliamolesanzionialpopolosiriano ? si potrebbe fare…
     
  • Il contrario di essere indifferenti è essere responsabili. Boicottiamo in qualche modo l’acquisto del petrolio dai violenti, e il traffico di armi. E che dire dei proventi dal narcotraffico jihadista, dalla rapina dei tesori archeologici , dai sequestri anche di occidentali? Occorre dire di più ? No, ma facciamolo. Almeno, chiediamolo a gran voce. Chiediamo conto alle nazioni dei loro interventi di politica estera.
     
  • Il contrario di manipolare è rendere libere le menti. Creiamo possibilità di scambi, di cultura, di crescita. “E’ impossibile, è un mondo in cui è difficilissimo entrare con progetti educativi..”. Ah, questa è proprio bella: forse era anche vero, prima, ma adesso sono entrati in Siria in modo clandestino milioni di dollari per la guerra, tonnellate di esplosivi, missili antiaerei, migliaia di jihadisti…E non riusciremo a trovare il modo di chiedere legittimamente al governo di far entrare progetti educativi ??
     
  • Il contrario di avere pregiudizi è conoscere, conoscersi. Si possono sprecare fiumi di inchiostro per dire se l’Islam è o no è violento alla sua radice. Ma il punto non è questo. Il punto è che ci sono musulmani non violenti. E’ mai possibile che non ci siano mezze misure : o una incredibile ingenuità di fronte al progetto di un islam politico (che altroché se esiste!) ,  o la paura irrazionale del diverso di fronte al credente musulmano o di un’altra fede? Ma la realtà è molto più sfumata, la vita è più ampia, la natura umana è più ricca..
Occorre avere gli occhi aperti, essere consapevoli che il potere, l'istigazione alla rivendicazione rabbiosa ( e la paura del nulla) spingono la vita di molti nostri contemporanei a compiere violenze e soprusi. Ma non dobbiamo diventare cinici, col cuore indurito di fronte alla vita: ci sono anche uomini e donne di tutte le fedi che vogliono convivere in pace, cercare il bene comune, costruire il loro futuro con speranza e non in perenne guerra gli uni con gli altri.
 Donne e uomini così ci sono. E fra questi possiamo sempre esserci anche noi. Se scegliamo di essere informati al di là delle apparenze e dei pregiudizi, impegnati nella ricerca del bene per tutti, veri nelle nostre convinzioni morali e religiose, disposti a chiederci sempre il senso di quello che pensiamo e viviamo. Insomma se non svendiamo il nostro essere uomini.
 
- Coordinamento Nazionale per la pace in Siria -

http://www.siriapax.org/?p=1790

venerdì 24 ottobre 2014

“RICOSTRUIAMO LA SIRIA IMPARANDO DA PADRE FRANS”

Padre Frans era rimasto ad Homs per custodire il monastero ed il suo gregge, (ma il suo servizio era soprattutto all'uomo, ospitava nel monastero sia musulmani che cristiani).
E’ quello che lui stesso ha detto in più occasioni “Il popolo di Siria mi ha dato così tanto, tanta gentilezza“. Tanta mitezza era ripagata con l’affetto, la gente semplice lo stimava ed è dalla stima e non dalla paura che viene la vera autorevolezza.
 
In sua memoria riproponiamo un estratto di un'intervista a padre Ziad Hilal apparsa sulla rivista TRACCE  "RICOSTRUIAMO LA SIRIA IMPARANDO DA PADRE FRANS"
di Luca Fiore  ( servizio a pag 13 ''Guerra e Pace'' del numero di ottobre)


Il gesuita Ziad Hilal racconta la vita a Homs: "I bombardamenti cambiano molte cose, ma non toccano l'essenziale della fede".



"All'inizio non capiva perché noi aiutassimo anche musulmani. Era pieno d'odio perché era stato costretto a fuggire da casa sua. Poi dopo due settimane che lavorava con noi, è cambiato. Ora neanche lui fa più distinzioni tra cristiani e musulmani".
Padre Ziad Hilal, direttore del Jesuit Refugee Service (Jrs) a Homs, Siria, racconta uno dei tanti segni di speranza che vede dentro il dramma della guerra. Perché la pace non si costruisce solo al palazzo di vetro o al G20, ma anche e soprattutto dove le bombe cadono davvero. "Qui la guerra ha portato una tensione settaria che prima non c'era", spiega il gesuita: " ma é proprio per questo che raccogliamo i bambini per far giocare insieme: così anche gli adulti possono tornare a incontrarsi".
Oggi la città vecchia di Homs non è più controllata dai ribelli, ma in alcuni quartieri si combatte ancora. Mancano cibo, medicine, vestiti caldi per l'inverno. Padre Hilal ne ha di lavoro, eccome. Basti pensare agli 11 centri di supporto psicologico dove giocano centinaia di ragazzini. Le tre case di accoglienza che ospitano 65 bambini portatori di handicap mentale.

Almukales Center Homs
 Il punto di distribuzione di aiuti umanitari che serve 3000 famiglie della città e altrettante della regione. Un'opera imponente, che padre Hilal ha raccontato al meeting di Rimini e che, racconta, negli ultimi mesi ha avuto una svolta. Un cambiamento di metodo. Ispirato da padre Frans van der Lugt, il suo confratello ucciso il 7 aprile.

Che cosa l'ha più segnata in questi anni di guerra?
Innanzitutto vedere che il mio paese viene distrutto. Non mi sarei mai potuto immaginare la violenza che vedo oggi. E poi l'essere stato tanti mesi ad attendere di rivedere padre Frans. Lui abitava nel centro storico, io a meno di un km di distanza. Ma era impossibile incontrarsi. Eravamo vicinissimi, ma per due anni siamo stati divisi dalla guerra. Poi quella mattina ho ricevuto una chiamata…

Se l'aspettava?
Ogni tanto qualcuno ci chiamava dicendo che era morto. Ma le notizie erano sempre state smentite. Quella mattina, però, qualcuno mi ha fatto pensare che fosse vero. Ho chiamato per verificare: "Dov'è padre Frans"? La voce dell'altra parte ha risposto: "È tra le mie braccia, è morto assassinato".

Da quel giorno è cambiato il suo modo di stare a Homs?
Per me c'è un prima e un dopo la morte di Frans. Prima il nostro obiettivo era entrare nella città vecchia per poterlo vedere e aiutare. Oggi cerchiamo di seguire la sua lezione: lui ha sempre lavorato più sull'ascolto che sulla urgenza umanitaria.

Cosa fate di diverso?
Abbiamo una casa di ritiri in una zona di montagna. Abbiamo iniziato a usarla per invitare i giovani, la gente comune e nostri collaboratori. Abbiamo pensato che occorresse prendersi delle pause dal lavoro umanitario. Io stesso l'ho proposto alla mia équipe. Siamo tornati a guardare il fatto che la vita è una cosa bella, non è soltanto un continuo lavorare. Occorre prendersi un po' di riposo, trovare il tempo per pregare. Era quello che faceva, lì nella città vecchia padre Frans: passava il suo tempo a pregare per la Siria e per noi. Oggi la sua tomba è diventata meta di pellegrinaggio: 20 o 30 persone ogni giorno. Cristiani e musulmani..

È strano che un gesto di violenza come questa uccisione produca, anziché odio, desiderio di pace e riconciliazione.
Padre Frans ha pagato con la vita la fine della tragedia nella città vecchia. Ha donato se stesso e questo ha permesso che la gente potesse tornare a vivere in quella parte di Homs. Qualche giorno prima che morisse gli abbiamo di nuovo chiesto se volesse spostarsi in un luogo più sicuro. Lui ha risposto di no: "Io qui sono l'unico sacerdote del quartiere, sono l'ultimo custode dello Spirito Santo". Ha testimoniato che l'odio non può vincere.

È' cambiato il suo modo di vivere la fede in questi anni?
La guerra cambia molte cose della vita, ma non può toccare l'essenziale della fede. Continuiamo a celebrare messa, a pregare e radunarci anche sotto i bombardamenti. Una volta sono cadute delle bombe a pochi metri dalla nostra Chiesa mentre dicevo l'omelia. Ci siamo fermati per un momento, poi ho continuato con la messa.

Quando dice "l'essenziale della fede" che cosa pensa?
Il nostro credere in Dio, a Gesù Cristo e alla nostra Chiesa. Nessuno può toccare questo. Perché, come dice Papa Francesco, la vita dell'uomo è un legame con il Destino.
L'uomo è sempre sotto la protezione di Dio e né la guerra, nè l'odio, nè la violenza possono cambiare il nostro modo di credere in Lui. I credenti a Homs sono rimasti credenti. Certo, possono esserci momenti di dubbio. Ci si può chiedere dove sia Dio dentro la violenza. Ma la gente vede che la guerra non è prodotta da Lui, ma dagli uomini.

Ha avuto paura? Ha paura oggi ad Homs?
Sì, c'è la paura di tutti giorni, è per tutti così: la paura di essere cacciati, di essere uccisi da una pallottola o da una bomba. Ma alla fine abbiamo la certezza che Dio ci protegge.

martedì 22 luglio 2014

NASCE IL COORDINAMENTO NAZIONALE PER LA PACE IN SIRIA





Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, nasce come gruppo di lavoro e di cooperazione umanitaria, laica e indipendente. Vuole aiutare e sostenere il popolo siriano a risorgere dalla guerra. Il Coordinamento è formato da un gruppo di persone unite dal senso di responsabilità e dalla passione per questo paese. Si impegna ad aiutare chi desidera aiutare la Siria e i siriani. La nostra missione consiste nel contribuire in modo concreto e fattivo a creare un ponte diretto tra l’Italia e la Siria, assieme alle altre nazioni e organizzazioni amiche, avendo i civili al centro del nostro interesse. Siamo disponibili ad intervenire nelle emergenze e nella fase di ricostruzione e sviluppo nelle aree urbane e rurali devastate da quattro anni di guerra e terrorismo. 
La Siria culla delle civiltà orientali e occidentali, è un paese di antica tradizione culturale e religiosa. Da secoli vi convivono pacificamente insieme popoli, lingue e fedi, diventando per i paesi vicini un esempio da imitare. Da alcuni anni nel paese è in atto un piano di distruzione presentato sotto forma di lotta armata, la quale viene spacciata dai media e dalla propaganda antisirana come ribellione contro il potere costituito. Molto presto la guerriglia "contro Damasco" si è trasformata in uno scontro a base etnico-religiosa, per mano dei mercenari e jihadisti di vari gruppi armati provenienti da campi di addestramento, sostenuti e finanziati da forze regionali e internazionali, con l'obiettivo di creare caos e disordine. Una vera e propria invasione integralista che ha messo in serio pericolo tutto il Medio Oriente, in modo particolare le diverse comunità religiose, compiendo stragi di innocenti e provocando pesanti perdite di vite umane. Una delle finalità principali del Coordinamento sarà sostenere i civili siriani appartenenti alle varie comunità religiose, facendoci voce delle loro necessità e bisogni. Tutti si riconoscono cittadini siriani anche se appartengono a religioni diverse, perchè innanzitutto sono siriani.
Cercheremo tramite l'informazione e i contatti di presentare all'opinione pubblica il vero volto confessionale della Siria, che fino ad oggi è stato garantito dalla laicità dello Stato. Una laicità che non ha nulla in comune con quella propagandata in occidente. Una Siria laica è l'unica garanzia nei confronti dei cittadini, intendendo per laicità una forma politica in cui sono ritenuti tutti uguali davanti alla legge al di là delle loro personali appartenenze politiche e religiose. 
Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria è e resterà accanto ai siriani, rispettando le diverse appartenenze politiche e religiose, nella lotta per difendere il loro Stato libero, sovrano, laico e indipendente, senza interferire nelle scelte politiche volute dal popolo tramite le elezioni. 
Progetti per la Siria: non saranno precostituiti a pacchetto dall’Italia. Pertanto cercheremo di appoggiare le tante attività di soccorso e ricostruzione già presenti, dando spazio alle iniziative locali attraverso il contatto diretto con il territorio. Sarà compito del Coordinamento verificare l’attendibilità dei progetti, con trasparenza e correttezza, verso chi aiuta e chi riceve aiuto. 
I progetti di ricostruzione hanno come obiettivi:
a) Il sostegno ai bambini, giovani e famiglie, e la promozione di attività lavorative con l’istituzione di micro-imprese. Uno degli intenti prioritari è sostenere chi lavora positivamente nell'educazione, perché la vera rinascita della Siria sarà possibile solamente se si saranno ricostruiti ponti di riconciliazione tra i cuori e rispetto reciproco, al contrario di chi sta lacerando le giovani generazioni crescendole nell'odio e addestrandole alla barbarie.
b) Il recupero del patrimonio storico-archeologico, e le infrastrutture delle città distrutte, sostenendo il processo di ricostruzione già avviato in alcune zone.
c) La guerra produce distruzione e morte, perciò vogliamo sostenere l’invio di volontari medici e personale sanitario, con i quali tenteremo di essere presenti nelle zone più disagiate per soccorrere i deboli e gli indifesi.
 
Il Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, servirà a chiarire i tanti equivoci sulla crisi siriana. Purtroppo gli interessi dei potenti, appoggiati dai mezzi di comunicazione, sono tantissimi. Ognuno cerca di presentare i propri, camuffati da opere di solidarietà e di bene, facendo cadere nel tranello l’opinione pubblica.
Pertanto saranno segnalate le varie iniziative per vagliarne la veridicità. Sarà cura del Coordinamento incoraggiare una informazione alternativa corretta e verificata attraverso fonti attendibili.
 
Il Coordinamento proporrà importanti iniziative per far luce sulla Siria e far conoscere il dramma che vive ogni giorno la gente, spossata da quattro anni di guerra e dalle sanzioni internazionali che ne hanno devastato economia, infrastrutture, lavoro e ridotta alla penuria di ogni mezzo di sussistenza: 
la giornata di preghiera per la pace in Siria in continuità con quella convocata da Papa Francesco alla vigilia dell’attacco USA, flash mob davanti alle ambasciate con annesse manifestazioni pacifiche organizzate, diffusione di newsletter, incontri pubblici, articoli, sostegno all’attività dei siriani in Italia, in Europa e nel mondo, sensibilizzazione dei giornalisti, tavole rotonde, testimonianze, creazione di piccoli circoli locali per la Siria e tanto altro. 

Se ti riconosci nel programma esposto, contattaci all’indirizzo e.mail:
syriapax@hotmail.com
 
Saremo felici di collaborare insieme per il bene della Siria!

VISITA IL PORTALE DEL COORDINAMENTO  : http://www.siriapax.org/