Traduci

martedì 2 luglio 2013

Il Patriarca caldeo Sako: nel caos siriano si muovono ormai forze e interessi che non mirano certo a instaurare la libertà.



Agenzia Fides - 20/6/2013

 – Per uscire dal conflitto che dilania la Siria “l'unica soluzione da cercare è quella politica”, mentre la prospettiva di fornire armi ai ribelli – caldeggiata da alcuni Paesi occidentali - porta in un vicolo cieco, perché “il sangue chiama altro sangue, la vendetta chiama vendetta”.
Così il Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako, contattato dall'Agenzia Fides, si esprime sulla questione che divide la comunità internazionale su come por fine alla tragedia vissuta dal popolo siriano. S. B. Sako, che in Iraq continua a ispirare e sostenere con forza le iniziative messe in campo per la riconciliazione nazionale, conferma che gli scontri settari esplosi in Siria stanno contagiando tutta l'area mediorientale: “Il conflitto siriano” riferisce a Fides il Patriarca caldeo “sta lentamente destabilizzando tutto il Medio Oriente. E' una lotta tra gruppi confessionali, e l'Occidente sembra spesso favorire le derive peggiori. La democrazia non si impone dall'alto o con mezzi violenti. E nel caos siriano si muovono ormai forze e interessi che non mirano certo a instaurare la libertà”.
 Il Capo della Chiesa caldea registra ogni giorno nel suo ministero pastorale gli effetti di lunga durata sofferti anche dai cristiani iracheni in seguito agli interventi militari occidentali in Iraq: “Ho visitato una ventina di parrocchie a Baghdad” racconta S. B. Sako a Fides “e mi sono accorto che in tante comunità non sono rimasti che i poveri. I ricchi, i professionisti, gli intellettuali, sono tutti espatriati in Occidente. Rimane solo chi non ha i mezzi per andar via. I poveri. Sempre più stanchi. Sempre più poveri”.
http://www.fides.org/it/news/53024-ASIA_IRAQ_Il_Patriarca_caldeo_Sako_in_Siria_l_unica_soluzione_e_quella_politica#.UcNRIm1H45s

La politica “cerca petrolio”, la Chiesa “le persone”


AsiaNews - 19/06/2013 



 La popolazione civile vuole "pace e stabilità", la comunità musulmana "teme tensioni e violenze", ma la frattura fra "sunniti e sciiti", le divisioni fra gruppi ed etnie e l'influenza esterna sono un muro invalicabile nella prospettiva di una vera riconciliazione. È quanto afferma ad AsiaNews sua Beatitudine Mar Louis Raphael I Sako, Patriarca caldeo circa  la drammatica situazione in Siria e la crescente insicurezza nell'area mediorientale. Un elemento, conferma il Patriarca, che desta "paura e preoccupazione soprattutto dopo il sequestro dei due vescovi", sulla cui sorte "non si sa nulla da molto tempo" e "anche il Patriarca siro-ortodosso è all'oscuro".

Uno degli elementi di fondo delle società mediorientali è la "mancanza di una prospettiva di laicità", spiega sua Beatitudine, che sancisca una netta "separazione fra Stato, politica e religione". L'identità islamica a livello politico e istituzionale "resta molto forte" ed emerge anche "un sentimento di paura verso la cultura occidentale, vista come troppo liberale e amorale". Il Patriarca caldeo chiarisce un pensiero diffuso in Iraq e non solo: che "il cristianesimo ha fallito" sul piano morale e spirituale, cui si affianca la percezione di "un attacco all'islam". Per questo egli invita Chiesa e fedeli a mostrarne il volto positivo, perché "tocca ai cristiani parlare di una laicità positiva, rispettosa della religione e che si distacchi dal secolarismo occidentale che lotta contro la religione".

In merito alle continue violenze nel Paese, che solo nei giorni scorsi hanno causato oltre 30 morti in un attacco kamikaze contro una sala di preghiera sciita nella zona a nord di Baghdad, il Patriarca Sako parla di "lotta per il potere" acuita dalle "divisioni nel governo". La frammentazione e i conflitti si estendono poi a tutta l'area, dove "la situazione attuale in Sira comporta pesanti ripercussioni e ulteriori complicazioni anche per l'Iraq".
Sua Beatitudine registra un progressivo avanzamento del "piano di divisione del Paese presentato dagli americani", che prende corpo fondando lo scontro sull'elemento "etnico e religioso". "Emerge sempre più - continua - la priorità del singolo sul gruppo, ciascuno con la propria causa. Ci vuole una forza che unisca verso un obiettivo comune, che sia la nazione irakena, la cittadinanza irakena, la persona umana con tutti i suoi diritti". A livello popolare, fra le famiglie, aggiunge mar Sako, "la convivenza c'è, esiste... ma la politica è più forte, riesce a creare di continuo divisioni e muri".

Per il futuro, sua Beatitudine auspica un maggiore sostegno della Santa Sede e della comunità internazionale in un'ottica di riconciliazione, incoraggiando al contempo "i cristiani a rimanere, creare progetti, migliorando villaggi e infrastrutture".
"Anche la Chiesa deve fare di più - aggiunge il Patriarca caldeo - e non solo a parole, ma con una vera solidarietà umana, spirituale e morale. I musulmani si aspettano molto da noi: la politica occidentale cerca il petrolio e gli interessi, la Chiesa è e deve essere attenta alle persone". Per questo egli rilancia l'invito a Papa Francesco per una visita in Medio oriente e in Iraq: deve muoversi dove c'è bisogno, dove i cristiani sono perseguitati e in difficoltà come Gesù ha fatto. Il Vaticano prima che uno Stato è Chiesa, e il papa è il nostro pastore. E lui, Papa Francesco, è ben cosciente di questo".

http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-caldeo:-divisioni-fra-sunniti-e-sciiti-e-influenze-straniere-ostacolo-alla-pace-28246.html

lunedì 1 luglio 2013

Siria spaccata, i cristiani pagano




da: La Bussola Quotidiana  29-06-2013
- di Giorgio Bernardelli

Non erano probabilmente frati francescani gli uomini decapitati mostrati in un video che ieri mattina – rilanciato da Radio France International – aveva subito fatto il giro del mondo. A smentire la circostanza è stato il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa (riconfermato proprio ieri dal Papa nel suo incarico per altri tre anni) che ha spiegato come dai contatti quotidiani che la Custodia tiene con i frati che si trovano in Siria nessuno manca all'appello. Ed è stato proprio padre Pizzaballa a dare la spiegazione più plausibile di quanto accaduto: il video è stato associato all'assalto compiuto domenica scorsa dalle milizie islamiste nel villaggio di Ghassanieh, sulle montagne dell'Oronte nei pressi di Idlib. Assalto durante il quale – come purtroppo già noto – è stato ucciso un monaco siriaco che da alcuni mesi viveva insieme ai francescani, padre Francois Mourad.
Non ci sarebbero dunque nuovi religiosi cristiani morti da piangere in Siria. Ma le notizie rassicuranti finiscono subito qui. Perché l'assalto al convento di Sant'Antonio da Padova a Gassanieh – dove i francescani assistevano i profughi fuggiti da Aleppo, in una zona controllata dai ribelli – è un fatto che resta. E da questo villaggio cristiano delle montagne dell'Oronte i frati se ne sono dovuti andare a Latakia, che si trova sulla costa. Il loro convento è stato devastato e occupato dalle milizie di Jabat al Nusra, il movimento islamista che è sempre più padrone sul terreno nelle aree controllate dai ribelli.
Come se non bastasse - poi - giovedì a Damasco c'è stato l'attentato nel quartiere di Bab Tuma che ha preso di mira la cattedrale greco-ortodossa, una delle chiese più antiche della capitale siriana. Un attacco reso ancora più ignobile dal fatto che a essere colpiti sono stati quanti erano lì in coda per ricevere dei pacchi di assistenza distribuiti dai religiosi alle persone più in difficoltà. Il bilancio è stato di quattro morti e numerosi feriti.

A tutto questo si aggiunge il silenzio sulla sorte dei due vescovi di Aleppo – il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi – da più di due mesi ormai nelle mani dei rapitori. Anche su di loro si era diffuso l'allarme nei giorni scorsi per via di un video in cui pareva si vedesse la decapitazione di uno dei due presuli. Ma anche in quel caso si è poi scoperto che si trattava di un filmato legato a un assassinio precedente.
Tutto questo dà il clima della situazione che si respira in Siria. Con i cristiani di Aleppo costretti a fuggire anche da quelle montagne dove avevano trovato rifugio dopo aver abbandonato la loro città. Con conventi e chiese storiche che vengono assaltati. Con video di persone sgozzate che vengono fatti circolare per aumentare ancora di più la paura. Il tutto mentre sul campo l'esercito di Bashar al Assad – fiancheggiato dai miliziani libanesi di Hezbollah e dagli iraniani – recupera posizioni nell'asse strategico che congiunge Damasco a Beirut. Con lo scenario sempre più dietro l'angolo di una Siria spaccata in due: la parte costiera con le città in mano alle forze lealiste, quella più occidentale come roccaforte dei ribelli. Ieri persino i russi – grandi alleati di Assad - hanno deciso di evacuare il personale militare da Tartus, la loro grande base navale sul Mediterraneo.

In un contesto di questo genere si capisce perché i cristiani della Siria vedano come un incubo l'invio di nuove armi ai ribelli, opzione per la quale premono oggi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (oltre ovviamente ai Paesi del Golfo, che in questi due anni non hanno mai smesso questo genere di invii). Hanno fin troppo chiaro chi sarebbero i primi contro cui verrebbero rivolte.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-spaccatai-cristiani-pagano-6771.htm


L’editoriale di Marc Fromager( direttore di 'Aiuto alla Chiesa che soffre'- edizione francese): 

« Syrie ça suffit ! »

AED - Le 24 juin 2013


Depuis deux ans, la Syrie est exposée à la vindicte internationale et nous sommes priés d’assister silencieusement à l’anéantissement d’un des plus anciens pays au monde. Le dossier étant complexe et l’unanimité imposée, il est vrai que les voix discordantes étaient forcément mal vues. Or aujourd’hui, avec la décision américaine d’armer les rebelles et le suivisme européen et notamment français en la matière, le temps est venu de mettre fin à cette mascarade.
Au nom de la population syrienne, toutes confessions confondues, cette opération de destruction doit s’arrêter. Oui, ça suffit !


Certes, le dossier est complexe, le régime est autoritaire, mais depuis quand cela autorise-t-il la communauté internationale à décider de la destruction d’un pays ? La Syrie est-elle la seule dictature de la région ? Ne devrait-on pas également s’en prendre à l’Arabie Saoudite et au Qatar pour ne citer que ceux-là ? Et en quoi la pulvérisation du pays peut-elle le rendre plus épanoui ?
Il y a deux ans, la Syrie avait un taux de croissance économique de plus de 8 % et c’était, hormis le Liban, le pays le moins contraignant du Moyen-Orient pour les chrétiens. Aujourd’hui, avec plus de 90 000 morts et des centaines de milliers de réfugiés à l’intérieur et à l’extérieur du pays, l’évidente amélioration du sort de la population syrienne saute aux yeux, un peu comme l’ineffable service que nous avons rendu à la population irakienne depuis 10 ans…

Beaucoup de pays ont un intérêt dans la dislocation de la Syrie, à commencer par les Américains – pour des raisons énergétiques (contrôle de la production et/ou du transit du pétrole et du gaz et aussi manœuvre hostile contre les Russes) – ou les Qataris (lutte anti-chiite et compétition pour la primauté sunnite), mais la France ?
La politique étrangère française sur le dossier syrien est difficilement compréhensible. Quels intérêts y poursuivons-nous ? Ou est-ce simplement pour faire plaisir à nos parrains américain et qatari ? Là encore, il faut croire que la France a définitivement abandonné toute idée de souveraineté. Pourtant, la France, de par ses liens historiques avec la Syrie et les chrétiens d’Orient, avait une double responsabilité et donc des devoirs particuliers sur ce dossier.


Comment imaginer qu’on puisse armer les rebelles alors que tout le monde connaît la porosité de la rébellion syrienne avec les milieux islamistes liés à Al Qaïda ? Qui pourra expliquer l’absurdité qu’il y a à armer en Syrie ceux que la France combat au Mali ? Et après la Syrie, comment ne pas déjà entrevoir la dislocation du Liban ? Là aussi, est-ce la disparition des chrétiens que l’on cherche?

Quid de la population syrienne ? Cela semble le dernier souci de nos stratèges. Aujourd’hui, du point de vue de l’ensemble de la population syrienne et à fortiori des chrétiens syriens, ce chaos instauré, alimenté et financé en grande partie depuis l’étranger relève purement et simplement du crime. Il est temps que cela s’arrête et qu’une solution politique soit trouvée au plus vite, pour épargner la population civile plongée au fond de l’enfer. Oui, vraiment, cela suffit !

Marc Fromager
http://www.aed-france.org/actualite/leditorial-de-marc-fromager-syrie-ca-suffit/