A
Damasco siamo ospiti dei Salesiani, una piccola comunità traboccante
della vitalità dei giovani che affollano allegramente l'oratorio. Il
direttore Don Mounir da mattina a sera ascolta, incoraggia i ragazzi
a vivere con serenità i momenti di gioco, li corregge e li guida a
prendere sul serio il proprio desiderio di amicizia con Gesù ed
essere veri nella vita quotidiana in mezzo ai compagni di altre
confessioni.
Lo
coadiuvano, un giovane dinamico neo-sacerdote indiano inviato da
poche settimane in Siria “in missione” e padre George Fattal che
tra i vari altri incarichi ha pure quello di cappellano nel carcere
di Adra, dove viene ricevuto con rispetto e stima.
Attende
di tornare nella natia Aleppo il fratello Giuseppe Musciati, che ha
trascorso la maggior parte dei suoi 82 anni in Egitto e in Venezuela
come coadiutore nelle scuole di formazione professionale salesiane:
“Gesù è il grande amore della mia vita, tutto ciò che Dio mi ha
dato e mi darà di salute e vita, è per i giovani” , ripete con lo
sguardo affettuoso e sereno di chi ne ha viste tante sentendosi
sempre prediletto dal Signore.
La
presenza amorevole delle Suore Salesiane nell'Ospedale Italiano,
molte delle quali anziane che non hanno voluto assolutamente lasciare
il paese in guerra, continua ad offrire un luogo di assistenza
sanitaria qualificata, grazie anche al progetto 'Ospedali Aperti'
della Nunziatura e di AVSI che sta permettendo alla struttura
privata di continuare a dare cure ai meno abbienti. Resta presso di
loro la nostra Maria Da Conceiçao, infermiera che ha scelto di
offrire due mesi di missione al popolo siriano sofferente, di cui
riporteremo la testimonianza nel prossimo articolo.
In
licenza dal servizio militare Deeb Haraqa passa a salutare abuna
Mounir: è un bel ragazzo di 27 anni, da oltre sei anni presta
servizio di leva nell'Esercito, perché così è questa guerra... Più
volte si è trovato in pericolo sui fronti di Aleppo, di Daraa, a
Qaboun... soprattutto quando è stato assegnato al corpo di guardia
di un generale. Ci spiega che l'Armata è assolutamente laica, non è
permessa alcuna manifestazione religiosa, neppure gesti di preghiera
né musulmani né cristiani. Tuttavia il suo comandante, musulmano,
ha sempre espresso una fiducia particolare in lui, cristiano, e don
Mounir sorridendo cita il detto popolare “mangia da un druso e
dormi da un cristiano”.
La paga
dei militari siriani è misera, il cibo frugale (pane patate e
pomodori) li fa guardare con invidia al ricco caldo rancio dei
commilitoni russi o Hezbollah.
Come
tanti altri figli della Siria, Deeb ha risposto alla chiamata alle
armi con la convinzione che si tratta di difendere il proprio Paese
dal Califfato, da un progetto di cancellazione della civiltà della
Siria: “Questa guerra non è contro una minoranza, e non è per
colpire i cristiani, ma per colpire la Siria tutta”, afferma
pacatamente. Certo, dopo sei anni è stanco: non può permettersi di
farsi una famiglia, sa che dovrà ancora aspettare a prendere la
responsabilità di una moglie e di figli, “meglio non lasciare una
vedova” scherza.
“ So
che tra di voi corre una brutta fama dei soldati siriani come di
prepotenti che usano violenza alla popolazione, ma è del tutto
immeritata: cerchiamo di proteggere i civili, di difendere il nostro
popolo. Quando mi sono trovato faccia a faccia col nemico nella
trincea di fronte a me, mi sono accorto di avere davanti volti
allucinati, gente impasticcata resa come automi e cervelli lavati
senza cognizione della realtà”.
La
riconciliazioni con le milizie locali?: “Se sono siriani e
depongono le armi, sono d'accordo che sia offerta a loro la
possibilità del perdono”.
Sfidando
il traffico frenetico di Damasco, tra ingorghi mostruosi e clacson
che strombazzano all'impazzata, ci accolgono con delicata attenzione
i Francescani di Bab Touma nel consueto momento del “caffè di
Gesù” che raduna i fedeli dopo la Messa festiva, e le bellissime
dolci ragazze del Patriarcato Greco Melkita: e si stringe il cuore al
racconto discreto nei mesi di terrore per i missili dalla Ghouta sui
quartieri cristiani, della povertà di tante famiglie sfollate, della
fatica di avere oggi i mezzi di sussistenza per chi prima della
guerra viveva con agio.
Si
rendono conto che la guerra si trascina, ma la gente punta
semplicemente a destreggiarsi nel quotidiano; la Siria è veramente
massacrata e le ferite più profonde sono quelle dei morti che ogni
famiglia conta, della insicurezza, della corruzione che la povertà
ha amplificato, eppure i siriani restano un popolo non schiacciato,
che vuole ricostruire il paese e la coesione sociale.
Tutti ci
testimoniano la necessità di un lavoro educativo, in ogni ambito: i
cristiani, per sostenere le ragioni per restare ed aiutare i giovani
che nell'animo sono fragili ed insicuri; i musulmani stessi per
salvaguardare un Islam non politicizzato e fuori dall'influenza dei
religiosi. A tal proposito, l'amico (sunnita) Said guarda con un
certo malcontento al controverso decreto 16 dell'Awkaf , che a suo
parere rischia di riportare surrettiziamente elementi religiosi
all'interno dell'ordinamento sociale siriano, che egli come tanti
altri pensatori fedeli all'islam spirituale vuole assolutamente laico
, senza alcun appiglio all'introdursi di elementi oscurantisti di
quell'islam fondamentalista che ha causato la funesta crisi siriana.
E cita, suo malgrado, le parole del Ministro degli esteri francese
Le Drian "Assad ha vinto la guerra, ma non
ha ancora vinto la pace”. Non perchè Said creda poi molto
alla efficacia della sbandierata 'soluzione politica', ma perchè
comprende la necessità vitale della riconciliazione affinchè tanti
morti e tanta devastazione non siano stati invano. “I
problemi dell'Islam radicale si combatteranno con la educazione e il
dialogo.., basta che se ne vadano i non-siriani”, ci viene ribadito
con convinzione.
Chi ha
detto che i siriani non discutono di politica? In caffè avvolti da
nuvole di fumo di arghile e sigarette fumate forsennatamente (del
resto un pacchetto costa l'equivalente di 50 centesimi nostri) ognuno
degli amici ci vuol dare la sua lettura e spiegare cosa è questa
guerra e le prospettive.
Riportiamo qui i loro pensieri, con il
rispetto e la consapevolezza di non avere competenze per giudicare,
ma solamente le nostre preghiere da innalzare al Cielo per questo
popolo che merita finalmente la Pace:
1 Qui si
gioca un conflitto assai più ampio che quello tra sunniti e sciiti
(che scuote l'Oriente ma non ha rilevanza primaria nella Siria dove
si conviveva), che coinvolge molti attori internazionali e progetti
mondiali di potere geopolitico, economico, energetico. L'interesse ai
giacimenti di petrolio e gas (si parla anche di silicio nella zona
desertica tra Palmyra e Homs) è uno dei moventi, assieme alla lotta
intestina all'interno del mondo sunnita. I Paesi occidentali,
Israele, Nato e satelliti del Golfo hanno provveduto con le solite
procedure alla destabilizzazione della Siria, manovrando le truppe
dei tagliagole jihadisti, attizzando il fuoco dello 'scontro
confessionale' e finanziando le operazioni di indottrinamento
all'islam fondamentalista attraverso predicatori e opere caritative.
2 Non
molti credono nella 'soluzione politica' e considerano assai più
decisiva la 'soluzione militare' .
3 Circa
preoccupazioni e prospettive: sperano che i loro governanti conducano
la fase post guerra con la stessa determinazione mostrata durante la
guerra (si temono gli opportunisti che non mancano mai). Credono che
la pace in Siria produrrà cambiamenti forti negli altri paesi arabi
vicini, quindi la tranquillità non è garantita nell'immediato.
Comunque la speranza è forte specialmente contando sulla presenza
amichevole politica di Russia e Iran ed economica della Cina... Non
hanno alcuna fiducia nei governi colonialisti occidentali e sono
delusi dagli europei che li hanno abbandonati nonostante i legami
storici. Ci domandano di lavorare per un' Italia cosciente e per un'
Europa più libera..
4 Infine ammettono che le condizioni di una vera pace ancora non ci
sono... essendo una delle ragioni fondamentali della guerra la
sicurezza di Israele e l'applicare la "pace israeliana",
con la complicità di molti governi arabi fantocci, finchè non
succedano questi cambiamenti non ci sarà pace.
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