John X Yazigi, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente della Chiesa greco-ortodossa, si è rivolto ai leader siriani durante il funerale delle vittime dell'attentato suicida nella chiesa di Sant'Elia a Damasco, martedì.
Il Patriarca ha criticato apertamente il governo per non aver adempiuto alle proprie responsabilità di proteggere i cittadini, sostenendo che l'attacco non ha precedenti dal massacro di Tusha al-Sham del 1860.
Di
seguito riportiamo l'intero comunicato stampa dei Patriarchi Ortodossi, pubblicato il 22
aprile, anniversario del loro rapimento.
Trad. Gb.P. per OraproSiria
Amati
fratelli e figli spirituali,
Cristo
è risorto! In verità, è risorto!
Fratelli
miei, vi inviamo il saluto di Pasqua, condividendo le vostre
preghiere nelle vostre case piegando con voi le ginocchia del cuore
davanti a Cristo, che è stato crocifisso per noi, che è risorto dai
morti e ci ha portato alla vita con la sua luce divina, asciugando la
polvere dei tempi amari, le ceneri della desolazione e della
disperazione delle nostre anime.
Tuttavia,
la luminosità della Pasqua rimane imperfetta a causa in particolare
della scomparsa dei nostri due fratelli, i vescovi di Aleppo, il
metropolita Paul Yazigi e Youhanna Ibrahim, rapiti il 22 aprile 2013.
Oggi ci stiamo rivolgendo a voi con tutto il cuore e al mondo intero,
per dirvi che i cristiani di questo Medio Oriente, così come di
altre comunità, continuano a pagare il pedaggio del terrorismo e
della violenza con le loro vite e le loro persone: sfollamenti,
rapimenti, omicidi e molte altre avversità. Nonostante tutto ciò,
rimangono fedeli alla loro promessa d'amore per Gesù Cristo, come il
Signore che li ha redenti sulla Croce e li ha stabiliti in questa
regione dell'Est duemila anni fa, al fine di trasmettere la luce del
suo Vangelo.
Dal
loro rapimento fino ad oggi, le migliaia di tentativi e gli
innumerevoli sforzi fatti per ottenere informazioni sul destino dei
due vescovi sono stati vani. Tutto questo in mezzo a masse di dati,
indizi, analisi e sondaggi che spesso complicano e scompigliano tutte
le prospettive.
Da
allora sono trascorsi 2.557 giorni e non abbiamo risparmiato alcuno
sforzo per portare a buon fine la questione e, in definitiva,
raggiungere la tanto desiderata liberazione dei due vescovi, che
speriamo possano essere presto di nuovo tra noi. Non abbiamo
risparmiato percorsi locali, regionali o addirittura internazionali
per chiedere a governi, organizzazioni, figure influenti e poteri
politici di portare all'attenzione questa vicenda su più forum
globali. Questo, tra gli altri sforzi. Ringraziamo sinceramente tutti
coloro che hanno dato il loro aiuto e contribuito a livello
umanitario, mediatico, diplomatico, di sicurezza o politico, sia
ufficiale che personale. Queste persone hanno portato una luce di
speranza in questa notte buia e dolorosa quando la negligenza e il
silenzio della comunità internazionale hanno affossato questa
importante ed essenziale causa umanitaria, minando ogni tentativo di
trovare soluzioni.
Oggi,
dopo aver posto davanti ai nostri occhi l'immagine dei due vescovi, i
nostri fratelli che sono in costante preghiera per tutti noi,
chiediamo a tutti i fedeli, ovunque si trovino, di pregare per loro
in questa settimana speciale. Chiediamo loro di pregare per i due
vescovi e per ogni persona rapita, scomparsa e sfollata, per chiunque
sia stato intrappolato in una situazione drammatica, ma che ha
trovato speranza e consolazione nella Croce di Cristo, ed è stato
fortificato dalla sua Risurrezione gloriosa e vittoriosa.
Il
valore dell'essere umano in questo Oriente non è inferiore a quello
degli altri umani. Questa pandemia che sta devastando il mondo -
possa Dio preservarci da essa - è una chiara prova che in tutte le
circostanze, al di là di ogni considerazione di razza, religione o
nazione, siamo tutti fratelli nell'umanità, tutti sulla stessa barca
in questo Oriente e nel mondo intero.
Se
solo gli uomini potessero esserne consapevoli! Se solo i politici e
coloro che si occupano di affari mondiali potessero rendersi conto
che gli esseri umani sono della stessa natura e condividono la stessa
dignità, indipendentemente dalle loro differenze di Paese, di
patria, di lingua, di civiltà e di religione! Nonostante la sua
amarezza, l'epidemia è arrivata a dirci che condividiamo
un'esistenza comune e la stessa fraternità umana in questo vasto
mondo. Se solo fosse chiaro agli occhi e alla coscienza di coloro
che violano la dignità del loro fratello, senza sapere che questa
follia si ribellerà contro di loro e che alla fine la loro stessa
dignità sarà sminuita! Soprattutto, dobbiamo tutti difendere la
vera dignità umana; dobbiamo essere consapevoli che la dignità, la
vita e l'esistenza dei nostri simili fanno parte del nostro cuore,
della nostra stessa esistenza e del nostro essere.
Come
cristiani del Levante, siamo profondamente radicati qui fin dai tempi
antichi. Le nostre radici non appassiranno mai. Da queste radici
scaturisce la vasta oasi che è la presenza cristiana di Antiochia in
Oriente e in tutto il mondo, un'oasi fiorente profumata dalla
testimonianza della fede cristiana verso il glorioso Signore Gesù
Cristo e dall'amore per il prossimo proveniente da ogni punto
dell'orizzonte. La storia ha insegnato a tutti noi che non abbiamo
bisogno della protezione di nessuno e che non cerchiamo la protezione
di nessuno. Siamo una componente essenziale di questo Oriente con
tutti i suoi meandri e ramificazioni. Dato il nostro ruolo, la logica
della minoranza in opposizione alla maggioranza scompare e viene
sostituita dalla logica dell'incontro e del dialogo, nonché dal
ruolo pionieristico guidato da cristiani e da altri. Non siamo e non
saremo mai una carta da giocare per gli scopi di nessuno. Piuttosto,
costituiamo una testimonianza di esistenza e autenticità, un ponte
di dialogo e incontro tra Oriente e Occidente, tra il Cristianesimo e
altre religioni.
Preghiamo
oggi per i nostri due fratelli vescovi e per tutti coloro che sono
stati rapiti, ricordando che non risparmieremo alcuno sforzo per
difendere questa causa e condurla al risultato desiderato, tanto
atteso da tutte le anime cristiane, da tutto il popolo del Levante e
da tutte le persone di buona volontà. Dicendo questo, attestiamo che
la Via Crucis si è conclusa con un'alba di Risurrezione.
Oggi
preghiamo Gesù Cristo, il Signore della Risurrezione e il sovrano
della vita, che rotoli la pietra tombale con la sua Croce e faccia
gioire i nostri occhi della luce della Risurrezione. Preghiamo per la
pace nel mondo che sta soffrendo l'epidemia. Preghiamo per questo
Oriente che in tutti i suoi territori cerca l'alba della risurrezione
dal Golgota e dalla Croce. Preghiamo per i nostri figli di Aleppo, ai
quali in particolare trasmettiamo la pace di Pasqua, chiedendo al
Signore della Resurrezione di far rinascere la speranza nei loro
cuori e nei nostri.
Con
voi, fratelli, le nostre anime si inchinano in preghiera, i nostri
cuori sono accesi come tante lampade ad olio negli angoli delle
nostre case davanti al Signore Gesù Cristo che è risorto dalla
tomba. Preghiamo per la pace nel mondo e per il ritorno di tutti gli
ostaggi, mentre illuminiamo i nostri cuori e le nostre anime con la
speranza pasquale, cantando: "Cristo è risorto dai morti, con
la morte Egli ha fatto cadere la morte, a quelli che sono nelle tombe
Egli ha dato la vita ”.
Damasco,
22 aprile 2020
Sua
Santità Mor Ignatius Aphrem II°, Patriarca di Antiochia e di tutto
l'Oriente e Capo supremo della Chiesa siro-ortodossa
Sua
Beatitudine Giovanni X°, Patriarca di Antiochia e dell'intero
Oriente della Chiesa greco-ortodossa
La
speranza in Siria non muore. Nonostante la violenza sanguinosa che si
è abbattuta sul Paese. Nonostante il silenzio indifferente e
l’inerzia colpevole della comunità internazionale. E sperare qui
significa rimanere radicati come cristiani su questa terra, fedeli a
una storia che affonda le sue radici ai tempi degli Apostoli. Tutto
questo si legge negli occhi di Sua Beatitudine Giovanni
X,
patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente...
Sono
4 anni che il patriarca Giovanni X non ha più notizie di suo
fratello, il vescovo Paul Yazigi.È
stato rapito il 22 aprile 2013 insieme al metropolita di Aleppo della
Chiesa siro-ortodossa Mor Gregorious Yohanna Ibrahim, mentre si
trovavano a bordo di un’auto proveniente dal confine turco. Erano
diretti ad Aleppo, ma sono stati fermati da uomini armati che hanno
intimato a loro e all’autista di scendere dall’auto. Dopo aver
ucciso l’autista sul posto si sono dileguati portando con sé i due
vescovi in un luogo sconosciuto. Da allora si sono susseguite solo notizie contraddittorie, intercalate da lunghissimi silenzi. E niente
più.
"In the beginning of year 2011, some people started what was called the Arabic Spring. I can assure you that, as Christians of the Levant, all that we ever saw of that “spring” was the anemone red of our son’s, our elderly’s, and our martyrs’ blood. From its first moments, they only saw the desperation of wars: violence, displacement, kidnapping, dying on sea coasts, terrorism, extremist movements, destroying churches, targeting people living safely, and dismantling states and systems.
All this, and the world boasts, or simply ignores what is happening, knowingly or unknowingly. All this and the world either falls down or compromises. It blockades food and bountifully dispenses weapons. Sometimes it really cries, and sometimes it turns on the waterworks....
I am here in the heart of Europe to share the sighs of my people with those who hear me from every kind of culture and nation, and to make with all of you, dear brothers and sisters, a sincere call for peace, a call which I place in the ears of this world’s politicians and great powers. Syria has had enough of the wars on its land! Syria has had enough of everyone getting dim and ignoring the facts, satisfied with enthralling false information from the media.
I am here to put forth and whisper into the ears of Christian Europe a handful of the Levantine Christian’s agony, together with their brothers of other communities. Among the killing and displacement that these have suffered because of the present atrocious times is the case of our brothers the Bishops of Aleppo John Ibrahim and Paul Yazigi of the Syrian and Greek Orthodox communities, who have been kidnapped more than four years now in the absence of any information and an international suspicious silence.
Today we call for the peace in Syria and for the stability in Lebanon, in the Middle East and in the whole world, who are paying a very high price, unfortunately, for a restless and wiggly terrorism.
Lord, grant us the spirit of Your righteousness peace, to descend on us as a balm for the long-awaited and sought earthly peace."
Beatitudine,
come si vive con un dolore così forte, nella sospensione di non
avere più notizie di suo fratello? Questo
rapimento è una cosa molto dolorosa per noi e rappresenta anche un
fatto molto pericoloso perché loro sono messaggeri di pace.
Purtroppo, sembra che tutto il mondo stia guardando a quanto sta
accedendo in Siria con un indifferente silenzio internazionale.
Secondo
lei, i due vescovi sono morti o nutre ancora la speranza che siano
vivi? Noi
siamo sempre in una preghiera continua per loro. Abbiamo sempre la
speranza. Oltre
a questi due vescovi, sono stati rapiti tanti preti e laici. Abbiamo
pagato un prezzo molto pesante per quello che sta succedendo nel
mondo ma rimaniamo fissi nella speranza.
Che
cosa significa per lei e per il suo popolo non perdere la speranza? Significa
rimanere fedeli alla nostra Chiesa e radicati nella nostra terra.
Come cristiani d’Antiochia, abbiamo plasmato il nostro
cristianesimo sulle parole degli Apostoli. Abbiamo succhiato la fede
con il latte delle nostre madri e siamo stati iniziati alla vita
cristiana insieme
a un amore appassionato per la nostra patria. Siamo
radicati qui, in tutto l’Oriente, da duemila anni! Siamo nati qui,
abbiamo vissuto qui e qui moriremo.
Come
vivono i cristiani in Siria? Vivono
la loro fede ed esprimono il loro culto religioso. La nostra terra è
ricca di monasteri, tenuti vivi da monaci e monache. Le Chiese sono
vive. Accogliamo questa opportunità per chiedere al mondo il dono
della pace. Non basta parlare della presenza cristiana in Medio
Oriente. Il
mondo deve fare tutto il possibile per costruire la pace in queste
terre. Abbiamo
sentito in passato e sentiamo ogni giorno tante dichiarazioni che
arrivano da tutto il mondo, contro il terrorismo, contro il
radicalismo, la guerra e lo spargimento di sangue che colpisce gli
innocenti. Ma siamo stanchi delle dichiarazioni, vogliamo vedere
qualcosa di concreto. Sono venuto qui nel cuore dell’Europa proprio
per questo.
Che
cosa chiede alla comunità internazionale? Innanzitutto
sono venuto per condividere il dolore del mio popolo. Il nostro
appello è: fermate questo terrorismo e ridateci la possibilità di
continuare a vivere nella nostra terra e nel nostro Paese e di
poterlo fare in pace.
Secondo
lei, Papa Francesco può fare qualcosa di concreto per la Siria? Papa
Francesco sta svolgendo un grande ruolo. Abbiamo fatto tante cose
insieme per aiutare la pace. Sì, lui può fare tanto.
Se
da un lato siamo costernati al leggere in questo comunicato di FIDES il numero di
Cristiani che si stima siano rimasti in Aleppo, paragonandolo col
fatto che prima della crisi erano più del 10% della popolazione,
apprendiamo pure con gratitudine la notizia della visita in Siria di
alcuni parlamentari russi, in vista degli aiuti che la Russia
garantirà ai Siriani per l'opera di ricostruzione e di ripresa delle
attività produttive.
Il fatto che Sergei Gavrilov che in patria è
capo del comitato della Duma per lo sviluppo della società civile,
le questioni sociali e le associazioni religiose, ricevuto dal
Patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X° abbia
sottolineato che la Siria non potrà essere lasciata sola in questo
momento così tragico, è sintomatico di come l'amicizia tra i due
popoli sia molto più di un'alleanza puramente strategica. Conforta
che questi politici non si siano limitati a incontri con le autorità
civili siriane ma abbiano visitato anche le comunità religiose,
intendendo in questo modo testimoniare la premura verso i Cristiani e
il valore della loro presenza nella società siriana.
Lo
paragoniamo alla denuncia fortissima trasmessa proprio ieri sera in
TV nella trasmissione Matrix da Gian Micalessin, che vi invitiamo caldamente a visionare e di cui indichiamo il link :
“La
persecuzione dei Cristiani in Siria. Così l'Europa è rimasta a
guardare. Quando non ha parteggiato per i jihadisti.”
Come
non comprendere alla luce della accorata preoccupazione per la sorte
dei cristiani siriani le parole rivolte dall'igumena Febronia (Madre
superiora del monastero ortodosso della Madre di Dio, a Saydnaya),
con le quali invita il Patriarca di Mosca Kirill a visitare la Siria,
assicurandogli al tempo stesso le preghiere di tutta la comunità
monastica “per la prosperità della Russia e per la salute del
Presidente russo Vladimir Putin”?
Quanto alle accennate
accuse che Amnesty International ha portato per denunciare 'innumerevoli esecuzioni extragiudiziali che gli apparati siriani
avrebbero compiuto all’interno della prigione di Saydnaya', esiste
già un'ampia confutazione, sia dei fatti in sè che sulla
credibilità delle fonti, a cui rimandiamo per una più approfondita
e accreditata smentita:
Patriarca Ortodosso di Antiochia: 35mila cristiani rimasti ad Aleppo. Le monache di Saydnaya pregano per Putin
Agenzia Fides 9/2/2017 I cristiani di tutte le confessioni presenti oggi a Aleppo non superano il numero di 35mila. Lo ha riferito il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X, incontrando la delegazione di parlamentari russi che da lunedì 6 febbraio stanno visitando la Repubblica araba di Siria. Secondo quanto riportato dai media russi, il Primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, nell'incontro con la delegazione di politici russi - comprendente tra gli altri il capo del comitato della Duma per lo sviluppo della società civile, le questioni sociali e le associazioni religiose, Sergei Gavrilov – ha sottolineato la necessità di non lasciare sola la Siria nell'opera di ricostruzione dopo la guerra, che passa anche attraverso il lungo cammino necessario a risanare le ferite interiori. Il giorno 7 febbraio, la delegazione di parlamentari russi aveva visitato il Monastero ortodosso della Madre di Dio, a Saydnaya. L'Igumena Febronia, ricevendo la delegazione, ha rivolto attraverso di essa un invito al Patriarca di Mosca Kirill a visitare la Siria, e ha fatto sapere che le monache della comunità pregano “per la prosperità della Russia e per la salute del Presidente russo Vladimir Putin”. Nei giorni scorsi, Amnesty International ha diffuso un rapporto per denunciare innumerevoli esecuzioni extragiudiziali che gli apparati siriani avrebbero compiuto all’interno della prigione di Saydnaya durante gli anni della guerra civile. http://www.fides.org/it/news/61700-ASIA_SIRIA_Patriarca_ortodosso_di_Antiochia_35mila_i_cristiani_rimasti_a_Aleppo_Le_monache_di_Saydnaya_pregano_per_Putin#.WJyjQW_hCM8
S.B. Youhanna Yazigi: “Come fanno i politici a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane?”
S.I.R. 7 settembre 2016
“Salvate i nostri Paesi dalle grinfie del terrorismo, fermate il commercio sfrenato delle armi e richiamate nei porti le vostre navi da guerra! Non ci sentiremo al sicuro né con navi da guerra né con navi da emigrazione! Ci sentiremo protetti soltanto se nelle nostre terre verrà seminata la pace. Noi siamo piantati qui da duemila anni, qui siamo nati, qui viviamo, qui anche moriremo”. È l’accorato appello di Sua Beatitudine Youhanna X (Yazigi), patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, lanciato questa mattina in apertura del XXIV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa su “Martirio e Comunione”, promosso dal Monastero di Bose dal 7 al 10 settembre, in collaborazione con le Chiese ortodosse. Il Patriarca Youhanna X che è fratello di uno dei due metropoliti rapiti in Siria nel 2013, Bulus Yaziji, ha affidato la sua relazione al decano della facoltà teologica dell’Università di Balamand, Porphyrois Georgi. “I nostri cristiani d’Oriente – ha scritto il Patriarca ai partecipanti del convegno di Bose – cercano oggi qualcuno che porga attenzione al loro grido ma non lo trovano”. “Non andiamo in cerca della pietà dei forti di questo mondo ma, a voce alta, urliamo loro in faccia: ‘Smettetela di affibbiarci l’etichetta di miscredenti, basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie, di adottare slogan insensati!”. “Non è giunta l’ora che il mondo si svegli? – ha quindi chiesto il patriarca siriano -. Non è giunta ancora l’ora in cui l’umanità si renda conto che terrorismo e intolleranza religiosa (takfir), che ora prendono di mira i nostri popoli e le nostre chiese, raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta? Non è giunta ancora l’ora in cui la politica internazionale si interessi al caso dei due metropoliti, Yuhanna Ibrahim e Bulus Yaziji, e dei presbiteri rapiti da più di tre anni? Non è giunta ancora l’ora per la società internazionale di domandarsi, per una volta, perché impone un embargo a un popolo affamato chiudendogli le porte dei suoi mercati mentre gli spalanca quelle del mercato delle armi?”. Ed ha concluso: “Non riesco a capire come facciano i politici della terra a stare con le mani in mano, a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane”. http://agensir.it/quotidiano/2016/9/7/monastero-di-bose-appello-del-patriarca-youhanna-x-basta-terrorismo-e-menzogne-richiamate-nei-porti-le-navi-da-guerra/
Intervento di Sua Beatitudine Yuhanna X Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente
Il sangue dei martiri, seme di comunione
Dalla Chiesa apostolica di Antiochia dove “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26), invio a voi la benedizione apostolica con amore sincero e l’abbraccio fraterno in Cristo Gesù nostro Signore.
“Dio ha messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo…” (1Cor 4,9-13).
Forse in queste parole dell’Apostolo Paolo si trova l’espressione migliore dell’attuale situazione della Chiesa di Antiochia e la sua continua lotta per rendere testimonianza, nel corso dei secoli, al suo Signore e alla sua fede viva. ........
Summit delle Chiese del Medio Oriente: “lottiamo non contro forze umane, ma contro i signori delle tenebre”
Agenzia Fides , 7/9/2016 La lotta che coinvolge i cristiani del Medio Oriente, in questo tragica fase della loro storia, “non è contro forze umane, non è contro carne e sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i signori delle tenebre di questo tempo, contro le schiere del male in luoghi che sono legati al cielo”. Con queste parole il Patriarca greco ortodosso Theophilos III di Gerusalemme ha delineato lo scenario dai tratti escatologici in cui si collocano anche le emergenze e i drammi vissuti dalle comunità cristiane nella regione stravolta da guerre e fanatismi feroci. Lo ha fatto ieri, martedì 6 settembre, aprendo ad Amman l'XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches), a cui prendono parte ben 22 Capi e rappresentanti ufficiali di Chiese e comunità cristiane diffuse nell'area. Il titolo del summit, tratto dal salmo 118 (“Celebrate il Signore perchè è buono, la sua misericordia dura in eterno”) ripropone la vocazione dei cristiani ad essere strumenti di misericordia in quella parte del mondo devastata da violenze, ingiustizie, cospirazioni e scontri di potere. “Data la situazione attuale e le dure condizioni della regione” ha aggiunto il Patriarca Theophilos nel suo discorso d'apertura, “è d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane” e su quella di “proteggere la presenza cristiana. Questa - ha sottolineato il Capo della Chiesa greco ortodossa di Gerusalemme - è la nostra responsabilità, e noi non possiamo e non dobbiamo aspettare che altri se ne facciano carico al posto nostro”.
Molti interventi dei capi e dei rappresentanti delle Chiese – dal Patriarca copto ortodosso Tawadros al Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II, dal Catholicos armeno Aram I al Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X – hanno affrontato nel dettaglio le tante emergenze delle comunità cristiane mediorientali in questo momento storico. Molti hanno sottolineato la necessità di trovare nuovi cammini efficaci per vivere la comunione tra i battezzati e l'urgenza di alimentare la tradizione di convivenza e dialogo tra cristiani e musulmani, per affrontare insieme la malattia dei settarismi fanatici e trovare le vie per affermare anche nei Paesi mediorientali i principi di cittadinanza e di piena uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge. http://www.fides.org/it/news/60697-ASIA_GIORDANIA_Iniziato_il_summit_delle_Chiese_del_Medio_Oriente_lottiamo_non_contro_forze_umane_ma_contro_i_signori_delle_tenebre#.V9Bs6vmLSM8
Appello comune alla Conferenza internazionale di Ginevra II
sulla Siria da Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X di Antiochia e di
tutto l'Oriente e da Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia
Il 26 gennaio 2014, Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X
di Antiochia e di tutto l'Oriente e Sua Santità il Patriarca di Mosca e di
tutta la Russia hanno fatto una dichiarazione
congiunta indirizzata ai partecipanti alla Conferenza Internazionale di Ginevra
II sulla Siria. I partecipanti alla Conferenza sono i rappresentanti delle
parti in conflitto e la comunità mondiale . Il testo della dichiarazione è
riportata qui sotto .
Noi Primati delle Chiese ortodosse fraterne , la Chiesa di
Antiochia e la Chiesa russa , ci siamo incontrati a Mosca per portare ancora
una volta testimonianza dell'amore in Cristo, amore che le nostre Chiese hanno
conservato intatto attraverso i secoli e che si rivolge a tutte le persone ,
indipendentemente dalle loro nazionalità , religione o opinioni politiche .
Oggi le nostre comuni preghiere vanno al popolo siriano a lungo
sofferente sottoposto a prove senza precedenti . La terra , in cui musulmani e cristiani hanno
convissuto per secoli , è stata riempita dalle lacrime di coloro che lamentano
la morte dei loro parenti e amici e che sono stati portati lontano dalle loro case
. La calamità che è piombata su una terra precedentemente pacifica non
risparmia né i vecchi né i bambini , né musulmani né cristiani . Nessun cuore
può rimanere indifferente alla tragedia orribile in Siria .
In questi giorni , la Svizzera ospita una conferenza
internazionale che ha riunito i rappresentanti al tavolo negoziale delle parti
in conflitto e la world community . Rivolgiamo il nostro ardente appello ai partecipanti alla riunione , chiedendo loro di
esercitare ogni sforzo possibile per porre fine allo spargimento di sangue e
riportare la pace nel benedetto paese siriano.
Chiediamo ai partecipanti alla Conferenza internazionale di
Ginevra II Siria di opporsi a qualsiasi manifestazione di estremismo per porre
fine alla intolleranza e alla politica degli ultimatum . E ' solo il dialogo fraterno
e libero all'interno della società siriana che può aprire la strada a una
soluzione pacifica .
Ancora una volta , facciamo appello per l'immediato rilascio
dei Cristiani che sono stati presi in ostaggio nel conflitto armato . I Metropoliti
Paolo e Youhanna Ibrahim , gerarchi cristiani di Aleppo , sono tenuti prigionieri da molti mesi . Da oltre un
mese , le suore del Convento di S. Tecla nell'antica Maaloula sono pure tenute
in ostaggio . Facciamo appello a tutte le parti di mostrare umanità e
misericordia come prova della loro intenzione di seguire la via del ristabilire
pace e prosperità in Siria .
L’entità del disastro spinge noi , Primati delle due Chiese ortodosse , all’appello a tutte le persone
di buona volontà e a chiedere loro di aiutare coloro che soffrono nei campi
profughi o di fronte alla miseria dopo aver perso le loro case e mezzi di sussistenza
.
E ' necessario fermare la distruzione di inestimabili siti
culturali e religiosi del patrimonio di cui la terra siriana è così ricca. La loro distruzione è un crimine contro le
generazioni future .
Noi crediamo che il Misericordioso Signore mostrerà la sua
misericordia al popolo della Siria e rafforzerà e benedirà coloro che si
sforzano di riportare la pace e la prosperità in questa terra antica e santa .
Nella sua lettera di Natale pubblicata Martedì , il Patriarca greco ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente Giovanni X Yazigi ha detto che " non ci sarà silenzio sul rapimento del nostro Vescovi Giovanni Ibrhaim e Paolo Yazigi ... noi ci alzeremo contro coloro che imprigionano la voce della nostra pace , e con questo voglio dire le suore e orfani di Maaloula ".
"Noi siamo ambasciatori di pace', ha detto il Patriarca, 'ma la pace non è sinonimo di capitolazione. Noi non ci arrenderemo a chi profana la nostra sacra eredità. Non rimarremo muti dopo il sequestro dei nostri vescovi, così come dei nostri sacerdoti e tutto il popolo innocente di questa terra. Siamo invitati a parlare alto e forte, in Oriente e all'estero, per denunciare coloro che hanno turbato la nostra pace (...).
"Le nostre radici crescono in profondità nella storia e nella geografia della regione ... e mentre noi siamo ambasciatori di amore e di pace , noi non saremo un sacco da boxe, le campane continueranno a suonare in Siria, accada quel che accada ."
"Amare Dio e gli altri significa che non si deve sprecare l'unità per motivi personali : Dio è dove la tranquillità regna e nei cuori pieni di amore , e vi chiedo di risolvere i problemi attraverso l'amore e la collaborazione, che è la logica della Bibbia .
Prego per i siriani in patria e all'estero , pregando per le lacrime di coloro che soffrono per essere stati spazzati via , per i senzatetto di essere consolati , per i defunti di avere la pace , e i rapiti di essere rilasciati
Prego Dio di proteggere la Siria, il Libano , Il Medio Oriente e Il mondo intero . »
La sorgente del cristianesimo si svuota dei cristiani
Dall'inizio di questo millennio, rivoluzioni e guerre sconvolgono i paesi del Medio Oriente in nome della democrazia, uccidendo l'uomo e distruggendo e profanando le Chiese
Il cristianesimo ha vissuto una storia piena di amore, di accoglienza, di testimonianza, di donazione, di martirio e di santità… Anche oggi, attraversa una fase importante nella sua storia moderna, in particolare in Medio Oriente, dove testimonia la sua fede nella Trinità unico Dio e dove dà la sua vita per quello che ci ha dato la Sua Vita.
Dall’Oriente, infatti, Dio fece spuntare nel mondo la luce della verità. Dall’Oriente Dio si è incarnato in Suo Figlio Gesù Cristo. Dall’Oriente il mondo conobbe la salvezza del mondo tramite il Salvatore che nacque per darci la vita.
Dall’inizio di questo millennio, rivoluzioni e guerre stanno sconvolgendo i paesi arabi nel nome della democrazia, uccidendo l’uomo, cioè l’immagine di Dio sulla terra, distruggendo le chiese, cioè le case di Dio, profanando le cose sante in nome del Dio dell’Islam.
In Egitto, il paese in cui la Sacra Famiglia ha trovato rifugio durante l’infanzia di Gesù, i cristiani copti stanno offrendo a Dio sacrifici quotidiani tra martiri e vittime a causa della loro professione di fede e della loro fedeltà a Cristo. In Iraq, nella terra di Abramo, non mancano le auto-bombe davanti le Chiese e nei quartieri cristiani.
Da Damasco, la città di S. Paolo, la voce della Chiesa locale - il Patriarca della Chiesa Greco Cattolica Melchita, Gregorio III Laham – ha confermato in più occasioni la sofferenza e la lunga Via Crucis dei cristiani in Siria. Durante questi ultimi due anni, infatti, sono state danneggiate circa 60 Chiese e si contano oltre 120.000 vittime, di cui la maggior parte cristiani. Intanto continuano a svuotarsi diversi paesi di antica cristianità, come Maalula e Saydanaya, e non si possono dimenticare i 6 milioni di rifugiati in Libano.
Tutte le Chiese Cattoliche e Ortodosse di vari riti stanno soffrendo e partecipano a questo martirio e questa croce contro i cristiani. I due vescovi ortodossi rapiti da mesi e le 13 suore sequestrate 15 giorni fa in Siria, di cui ancora non si hanno notizie, mettono alla prova la fede dei cristiani siriani, che tuttavia non si scoraggia.
Dicono che i cristiani del Medio Oriente siano una minoranza. È giusto questo a livello numerico, perché i cristiani sono 15 milioni sui 523 milioni di arabi. Nessuno, però, può negare che essi risiedano in quelle terre da 600 anni prima dei musulmani e che convivano da quasi 1600 anni insieme. Nonostante tutto.
È vero che tantissimi cristiani hanno lasciato i loro paesi cercando una vita migliore e degna della loro dignità umana, ma è anche vero che in quei luoghi ci sono ancora tantissime persone che rifiutano di lasciare la loro terra, preferendo testimoniare e morire là dove sono nati. Il popolo di Dio, la Sua Chiesa, è sempre una, nonostante la sofferenza che vive in Medio Oriente. Una sofferenza che non è solo di una parte della Chiesa, ma della Chiesa intera.
La Chiesa d’Occidente, infatti, non può osservare la Chiesa d’Oriente salire sulla via del Golgota e restare ferma, senza darle una mano a portare la croce come Nicodemo. I cristiani orientali sperano tanto nelle voci dei cristiani occidentali, finora purtroppo silenziose.
Gregorio III: Cristiani del Medio Oriente, non emigrate!
Damasco (AsiaNews) "Restate qui! Non emigrate!"; malgrado tutte le difficoltà, le chiese distrutte, le parrocchie abbandonate, le emarginazioni, i cristiani del Medio Oriente devono "rimanere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o quartiere": è l'appello acuto e commosso che Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico d'Antiochia e di tutto il Medio Oriente, rivolge ai cristiani della regione, nella lettera che egli indirizza loro per la solennità di Natale e Capodanno. La lettera, dal titolo "Rallegrati Maria, perché hai mostrato il Cristo Signore, amante degli uomini", spiega i motivi per cui i cristiani sono necessari al Medio Oriente, anche se devono spesso soffrire di emarginazioni e violenze da parte del mondo islamico fondamentalista, proprio mentre la loro presenza è sempre più apprezzata proprio da rappresentanti musulmani. Allo stesso tempo, il lungo messaggio (17 pagine nella traduzione inglese e altrettante in quella francese), invita i musulmani a lavorare perché sia garantita ai cristiani una piena cittadinanza e uguaglianza nei diritti e nei doveri in Siria, Egitto, Iraq, Palestina e Libano. Nelle prime pagine di sapore teologico e spirituale, il patriarca mostra il mistero della Chiesa adombrato in Maria, che offre al mondo il Cristo uomo-Dio, che testimonia la sua fede "attraverso l'amore, le opere di misericordia e i progetti di beneficenza... Così è apparsa la Chiesa nel nostro mondo arabo: essa è apparsa attraverso il suo amore, il suo servizio, le sue istituzioni e i suoi progetti". "Questo mondo arabo e musulmano - afferma poi Gregorio - ha bisogno di noi" e addirittura "senza di noi, non vi è arabità". Egli cita un "grande uomo d'affari musulmano [il quale] ha affermato in una conferenza pubblica che il mondo arabo musulmano ha bisogno della presenza cristiana per essere arabo e musulmano, perché si realizzi la convivialità, la democrazia, la giustizia sociale, l'apertura". Ancora oltre cita lo scrittore egiziano Mohammed Hassanein Heikal, che in una conferenza del 2002, parlava a proposito dei cristiani d'Oriente: "Si nota il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani. Non si può togliere l'attenzione a questo fenomeno, né dimenticare o ignorare le sue ragioni o cause, anche se queste ragioni sono psicologiche, in relazione al clima predominante, più che a delle realtà veritiere. Sento che l'intero panorama arabo sarà differente dal punto di vista umano, dal punto di vista della civiltà. Esso sarà senz'altro più povero, meno ricco, se questa emigrazione dei cristiani è ignorata, negletta e diviene oggetto di timori, anche ingiustificati. Quale perdita se i cristiani d'Oriente sentono, a ragione o no, che non vi è avvenire per loro e i loro figli in questo Oriente ! Allora l'Islam resterà solo, solitario in questo oriente dove nulla potrà mitigare la sua solitudine, se non la presenza ebraica, sionista e più precisamente Israele". Il patriarca elenca poi una lunga lista di "sfide" che i cristiani della regione devono affrontare, alcune comuni a tutti gli arabi, altre specifiche per i cristiani. Fra le prime vi sono il desiderio di sicurezza ; le fatiche per la divisione del mondo arabo ; la rinascita del mondo arabo e la collaborazione con i musulmani. Fra le seconde vi sono il desiderio di non essere considerati cittadini di seconda classe; di poter diffondere il messaggio cristiano in libertà ; di garantire ai propri figli studio, lavoro, impiego senza emarginazioni; di separare religione e politica; di fermare la crescita di movimenti islamisti fondamentalisti che eliminano lo spazio per l'altro. Per Gregorio III queste sfide vanno affrontate insieme, da cristiani e musulmani. Soprattutto "la lotta contro l'estremismo il fondamentalismo e il Takfir [la condanna a morte per apostasia-ndr]" è anche nell'interesse del mondo musulmano. Per il patriarca, tutti questi sommovimenti del mondo arabo, che portano l'islam all'estremismo, sono causati da un'altra grande sfida che va affrontata: il conflitto israelo-palestinese, "grande causa dell'emigrazione dei cristiani, ma anche dei musulmani" e "radice della serie di crisi che continuano a diffondersi sugli arabi, musulmani e cristiani, in Palestina e altrove, dal 1948". Con toni molto espliciti, Gregorio afferma che questo conflitto non è risolto anche a causa delle divisioni del mondo arabo e dei suoi governanti, che danno la priorità "agli interessi propri di ogni Paese, di ogni partito". Il mondo arabo ha bisogno dei cristiani che contribuiscano alla sua evoluzione nella giustizia, manifestando "i valori del Vangelo", rendendo presente il Cristo "nella loro vita, condotta, presenza, testimonianza, impegno... con la loro azione politica, il servizio nei differenti settori della vita sociale". "Per questo - si dice nell'appello a restare - noi esortiamo i nostri fedeli e li chiamiamo alla pazienza nelle tribolazioni, soprattutto in questo tsunami di crisi soffocanti, distruttrici, sanguinose e tragiche del nostro mondo arabo, soprattutto in Siria, come pure in Egitto, in Iraq, in Palestina e in Libano, in gradi differenti. Noi li esortiamo a non emigrare, a essere fermi sulla loro terra, nel loro villaggio o nel loro quartiere, malgrado le difficoltà che tutti conosciamo. Noi preghiamo per le numerose vittime, il cui numero cresce di giorno in giorno. Noi siamo colpiti dal dolore e dalle sofferenze dei feriti nei nostri ospedali e con coloro che portano degli handicap. Facciamo tutti gli sforzi possibili per alleviare questa pena acuta di milioni di nostri concittadini, sfollati e destabilizzati all'interno o all'esterno della Siria, e per ottenere la liberazione di coloro che sono stati rapiti, come i due Metropoliti di Aleppo, e altri sacerdoti e fedeli nostri concittadini. Sì, noi vogliamo ad ogni costo preservare questa presenza cristiana forte, credente, convinta, resistente, profonda, aperta, interattiva, dialogante, attiva, influente, calma, capace di portare la testimonianza e il vessillo dei valori cristiani, della vera visione cristiana, nel nostro mondo a maggioranza musulmana, perché vi si manifesti il Cristo Gesù, Dio amico degli uomini". Il patriarca greco-cattolico ricorda poi alcune delle violenze accadute a Tripoli, Saida e Beirut in Libano; a Baghdad, a Maaloula e in altre parti della Siria e in Egitto, e avvicina la situazione dei cristiani a quella delle madri dei santi Innocenti e di "Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più" (Geremia 31,15; Matteo 2,18). Ma nonostante ciò, egli ribadisce la sua contrarietà all'emigrazione dei cristiani. Nel fare gli auguri per Natale e il nuovo anno, egli fa notare come nella comunità internazionale vi è più attenzione verso la situazione siriana, soprattutto grazie all'interesse e alla preghiera di papa Francesco, ed esprime una discreta speranza nella futura conferenza di pace (Ginevra II). "Come papa Francesco è stato vicino a noi per portare la croce della Siria - conclude - così io chiedo a tutti di portare con noi questa croce, aiutandoci a giungere all'alba della resurrezione". http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III:-Cristiani-del-Medio-Oriente,-non-emigrate!-29907.html
Conferenza stampa tenutasi oggi , 5 Dicembre 2013 , da Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X di Antiochia Primate della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e di tutto l'Oriente per discutere le ultime vicende legate al rapimento di alcune monache ortodosse e orfanelle del convento patriarcale greco-ortodosso di Santa Tecla Maaloula , che si è verificato il Lunedi 2 dicembre 2013
"Nel mezzo delle tragedie , ha detto il Patriarca, che avvolgono la Siria e dell'emorragia umana che colpisce il nostro popolo , ma anche dell'ambiguità che continua ad aleggiare sul destino dei nostri due vescovi di Aleppo , Jean ( IBRAHIM ) e Paul ( Yazigi ) , il nostro Patriarcato di Antiochia e di tutto l'Oriente ha accolto con grandissimo dolore la notizia della detenzione dei nostri figli , le suore e le orfanelle del monastero di Santa Tecla in Maaloula, lunedi 2 dicembre 2013 e del loro trasferimento fuori del loro monastero, in Yabroud . Dato che i primi tentativi di far liberare i nostri figli prigionieri non hanno portato al risultato desiderato , il Patriarcato Greco Ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente lancia un appello urgente e rivolto alla comunità internazionale e a tutti i governi per intervenire e compiere gli sforzi necessari per fare liberare le nostre sorelle , illese . Allo stesso modo , ha proseguito il Patriarca Giovanni , ci appelliamo alla coscienza di tutta l'umanità e ad ogni coscienza vivente che il Creatore ha posto nel cuore dei suoi figli , compresi quelli responsabili del rapimento , per far liberare le nostre suore e i nostri orfani . Facciamo appello alla comunità internazionale e, pur ringraziando tutte le espressioni di solidarietà , diciamo che non abbiamo più bisogno di disapprovazione , condanna o espressioni di preoccupazione per quanto riguarda gli eventi attuali che minano la dignità della persona umana , in quanto questo è radicato nella coscienza di ognuno di noi : ma abbiamo bisogno oggi piuttosto di azioni concrete ed effettive e non di parole . Noi non sollecitiamo i responsabili , sia a livello regionale o internazionale , in modo che innalzino la voce per condannare e disapprovare , ma chiediamo i loro sforzi , le pressioni e le azioni che portino al rilascio di coloro , le suore , che non hanno avuto altro torto che volersi aggrappare al loro monastero e non volerlo lasciare .
Ribadiamo di nuovo il nostro invito per la cessazione della logica della lotta in Siria e sostituirla con la logica del dialogo pacifico e a non tergiversare per ritardare l' avvio del dialogo al solo fine di ottenere bottini sul terreno, perché la Siria sanguina e del suo sanguinamento è sanguinante il nostro cuore . Bisogna che il mondo intero sappia che una goccia del sangue di un innocente versato su questa terra è più sacra e più preziosa di tutti gli slogan del mondo . Che il mondo intero capisca anche che le campane delle nostre chiese , noi cristiani d'Oriente , che sono state poste sulle nostre chiese e che hanno rintoccato fin dagli albori del tempo , continueranno a suonare e a far sentire al mondo intero la voce il nostro amore e della nostra pace per l'altro , qualunque sia la sua religione . La durezza del tempo presente non ci strapperà dalla nostra terra , perché essa costituisce il nostro essere , il nostro rifugio e un pezzo del nostro cuore .
"A causa di queste circostanze , dunque - ha continuato il Patriarca Giovanni - in merito alla detenzione delle nostre sorelle , suore e orfanelle di Maaloula , dichiariamo con rammarico che abbiamo deciso di sospendere la visita patriarcale, ufficiale e pastorale , ai nostri figli e alle nostre parrocchie nei paesi arabi del Golfo , che era stato programmato avesse luogo tra il 6 e il 17 dicembre 2013 , e abbiamo deciso di andare a Damasco per monitorare tutti gli sforzi e i contatti relativi a questo ultimo evento ( rapimento delle nostre sorelle ) .
Da questo luogo , saluto tutti i fedeli nella regione del Golfo arabo e tutti e tutte coloro che hanno dato tanto e indefessamente per preparare il programma della visita menzionata, nella speranza che la mia visita presso di loro possa essere realizzata alla prima occasione al più presto . E a voi , i nostri figli nella regione del Golfo arabo , posso dire che avevo un desiderio ardente di ritrovare domani i vostri visi buoni e generosi e cari al mio cuore , ma vi prego di accettare le mie scuse per la sospensione della visita per la quale avevate già preparato tutte le disposizioni per avere successo. Io vi invio in ogni caso la mia benedizione e il mio augurio per una buona salute e successo .
Possa Dio proteggere la Siria e il Libano e l'Oriente , e la persona umana di questo Oriente .
Molte grazie ai media per aver fatto ascoltare il dolore di Antiochia , ma anche la sua speranza nel mondo . "
«Stati influenti non vogliono la pace in Medio Oriente»
Avvenire - 25 novembre
2013
intervista di Salvatore Mazza
«Purtroppo niente e cambiato». I cristiani «continuano a
lasciare la loro terra», sotto la pressione della guerra e degli «attacchi non
giustificati» rivolti contro di loro. Tutto questo perché «gli Stati influenti
non vogliono la pace», mentre «si acuisce il conflitto tra sunniti e sciiti». È
un quadro della situazione molto preoccupato quello che il cardinale libanese
Bechara Rai, patriarca di Antiochia dei Maroniti, traccia della situazione
attuale in Medio Oriente, all’indomani dell’incontro di tutti i Patriarchi
orientali col Papa.
A poco più di un anno dalla visita di
Benedetto XVI in Libano, la realtà in tutto il Medio Oriente sembra ancora più
difficile. E pochi giorni fa, tra l’altro, la "novità" di un attentato diretto
contro l’Iran. Che cosa è cambiato in questi mesi?
La visita di
Benedetto XVI ha tracciato un cammino, e ha dato un impulso di fede e di
speranza per il nostro popolo, sia in Libano, sia in altri Paesi del Medio
Oriente. Tuttavia, se guardiamo agli avvenimenti in Siria, Iraq ed Egitto, come
anche al conflitto politico tra sunniti e sciiti in Libano, legato a quello in
corso nel Medio Oriente, particolarmente in Iraq e in Siria, purtroppo niente è
cambiato.
Come mai?
La causa è che la comunità
internazionale, gli Stati influenti, non hanno l’intenzione di stabilire la pace
e la giustizia. Noi vediamo che gli interessi politici ed economici stanno
acutizzando i conflitti armati, sanguinosi e politici tra i musulmani sunniti e
sciiti, come tra moderati e fondamentalisti. Comunque noi confidiamo nella forza
della preghiera come la vera arma per stabilire pace, giustizia e concordia tra
i popoli e le nazioni.
Papa Francesco ha lanciato un forte
appello perché i cristiani non lascino la vostra terra. Il fenomeno sta
rallentando o è in crescita? E lo si può arrestare?
Finché
persistono la guerra, gli attacchi e le minacce non giustificati contro i
cristiani, questi ultimi sono costretti a lasciare i loro Paesi. Noi invece li
incoraggiamo a rimanere nelle loro terre con le parole, e le iniziative che
offrono loro le possibilità di lavoro e di sostentamento, ricordando loro che
noi cristiani siamo cittadini nei nostri Paesi d’Oriente già da 2000 anni e che
vi abbiamo seminato i valori del Vangelo e del cristianesimo, contribuendo molto
allo sviluppo culturale, economico, sociale, commerciale e politico delle nostre
nazioni. Però, bisogna che la comunità internazionale metta più sforzi per far
cessare le guerre e dare soluzione politica ai conflitti in corso, a cominciare
dal conflitto di base israelo-palestinese, diventato anche israelo-arabo, e
arrivare a una intesa tra gli stati Sunniti e gli stati Sciiti. Non è
ammissibile che gli interessi economici degli Stati e il commercio delle armi
soppiantino i valori della pace e della giustizia tra i popoli e le nazioni, che
le nostre Chiese continuano a promuovere.
Il Papa ha ripetuto che
"non è possibile rassegnarsi a un Medio Oriente senza cristiani", qual è
l’impegno delle vostre comunità?
Noi, tutte le Chiese Orientali,
operiamo collettivamente e singolarmente per la pace, per lo sviluppo, per il
consolidamento della fede cristiana, per la formazione dei giovani, per la
perseveranza e la pazienza dei cristiani e per l’unità della famiglia e la
pastorale del matrimonio e della famiglia. Nello stesso tempo, le Chiese
d’Oriente operano anche presso i responsabili politici per creare ponti di
intesa, di dialogo e di riconciliazione, e sollecitano anche l’intervento del
Santo Padre e la mediazione della Santa Sede, tenendoli informati oggettivamente
su tutto quello che sta succedendo nella nostra regione.
Xavier Sartre ha intervistato il Patriarca siriano greco-cattolico di Antiochia, Gregorio III Laham:
R. - Con il Santo Padre abbiamo avuto una conversazione molto semplice, diretta, chiara, aperta, franca. Il Santo Padre ascoltava e ha detto: “non posso immaginare il mondo arabo senza la presenza cristiana”. I cristiani debbono avere un ruolo in questo mondo ed è per questo che noi vogliamo aiutare i cristiani a rimanere, ad essere presenti in Medio Oriente, in Terra Santa, dove l’islam, il cristianesimo e il giudaismo sono a casa e sono nel loro luogo di nascita. I cristiani hanno una presenza e un ruolo. L’altro aspetto affrontato è stato quello dell’apporto degli orientali in Vaticano e come questa attività si possa continuare oggi.
D. – Cosa ha caratterizzato questa plenaria?
R. – E’ stata proprio l’apertura totale: si poteva dire tutto, con franchezza, con fratellanza, con amicizia, con affetto. E questo è importante! Possiamo dire che tutti gli aspetti della vita della Chiesa, come l’abbiamo vista proprio in questi giorni, è già impregnata dallo spirito di Papa Francesco. Perciò ringraziamo per questo affetto e per questa cura e attenzione del Santo Padre per la Siria e per la pace in Medio Oriente specialmente. Sentiamo che c’è veramente una reale comprensione delle problematiche vissute in questa regione. Purtroppo alcuni Paesi d’Europa non hanno la nostra visione cristiana e non vogliono ascoltare quello che noi diciamo come cristiani, come capi delle Chiese di Terra Santa, Libano, Siria: non vogliono ascoltarci e vedere come noi capiamo questa crisi e quale possa esserne la soluzione.
D. – Qual è la vostra posizione al riguardo?
R. - Noi siamo per la riconciliazione: siamo una Chiesa che deve avere il ministero della riconciliazione. Questa è la garanzia della nostra presenza attuale e anche per il futuro. Quando finirà la crisi e la guerra saremo presenti perché abbiamo lavorato affinché tutti i siriani e tutti gli altri in Medio Oriente siano più aperti gli uni con gli altri.
D. – Qual è il senso della presenza dei cristiani in Medio Oriente oggi?
R. - La presenza cristiana in Medio Oriente è una presenza che ha un ruolo e una missione: una presenza cristiana senza missione non ha alcun valore; ma, al contrario, una presenza cristiana con una missione e con un ruolo speciale rappresenta il futuro della presenza stessa di questo gregge piccolo che ha una missione grande per essere luce, sale e lievito nella società del mondo arabo, a maggioranza musulmana, in cui noi abbiamo questo ruolo di essere una presenza cristiana con il mondo arabo e per il mondo arabo, affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Benedetto XVI: "Prego tutti i giorni per l'Iraq, la Siria e i cristiani d'Oriente"
Lo ha detto lo stesso papa emerito ai capi delle Chiese, che dopo la plenaria della Congregazione per le Chiese orientali sono andati a trovarlo al monastero Mater Ecclesiae. Il patriarca Sako ha invitato in Iraq papa Francesco, che "ha sorriso e ha promesso una visita".
(AsiaNews) - Dopo la plenaria della Congregazione per le Chiese orientali, i Patriarchi presenti a Roma hanno fatto visita al Papa emerito Benedetto XVI "come dei pellegrini sotto la pioggia". Lo ha raccontato Raphael Louis Sako I, patriarca caldeo e arcivescovo di Baghdad, al sito della sua arcidiocesi: "Abbiamo avuto un incontro amichevole, gli abbiamo chiesto della sua salute e lui ci ha chiesto del Medio Oriente e della situazione dei cristiani orientali".
L'incontro è avvenuto nel pomeriggio del 23 novembre presso il monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano, dove il Papa emerito ha scelto di passare il suo periodo di ritiro dal mondo.
Sua Beatitudine Sako ha detto a Benedetto XVI: "Santità, siamo venuti dal nostro hotel sotto la pioggia come pellegrini, e quindi meritiamo una benedizione speciale e una preghiera speciale per l'Iraq". In risposta, il Papa emerito ha detto: "Prego tutti i giorni per l'Iraq, la Siria e per il resto dell'Oriente".
Poi Mar Sako ha chiesto: "Siete in pensione, ma non c'è la possibilità di venire in Iraq?". E Benedetto XVI ha risposto concludendo l'incontro: "Sto invecchiando, e sono un monaco che ha deciso di passare il resto del suo tempo nella preghiera e nel riposo".
Subito dopo la messa solenne del 24 novembre, che ha chiuso l'Anno della Fede, il patriarca caldeo ha proposto anche a papa Francesco di visitare l'Iraq: "Gli ho detto che è arrivato il momento di venire a trovarci. Lui ha sorriso e ha promesso una visita".