Traduci

Visualizzazione post con etichetta Greater Israel. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Greater Israel. Mostra tutti i post

domenica 13 ottobre 2024

Secondo il 'piano decisivo' di Smotrich, la terra d'Israele sarà veramente dal mare al fiume

 

Ha destato scalpore in questi giorni la dichiarazione del ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich che in una intervista afferma “è scritto che il futuro di Gerusalemme è espandersi fino a Damasco” e di volere uno 'stato ebraico che si estenda alla Palestina, alla Siria, all'Iraq, al Libano, alla Giordania, all'Egitto e all'Arabia Saudita'. Per documentare che tali affermazioni sono veritieri intenti e non pour-parler usciti in una intervista, alleghiamo qui sotto una prima parte della meritevole traduzione fatta dalla Rivista Terrasanta del cosiddetto «piano decisivo per Israele», intitolato Una speranza, reso pubblico nel 2017 dall'attuale ministro Bezalel Smotrich, esponente dell'estrema destra religiosa sionista. Non c'è spazio alcuno per uno Stato di Palestina, dicono chiaro e tondo Smotrich e i suoi. Per la traduzione completa del testo, rimandiamo alla rivista Terrasanta stessa che si è assunta l'incarico di tradurre e pubblicare il testo completo del 'Piano'.

Da parte della nostra amica Maria Antonietta Carta, profonda conoscitrice della realtà del Medio Oriente che ha vissuto per oltre tre decenni in Siria, questa è la considerazione suscitata dalla lettura del testo:

L’apogeo dell’ipocrisia anglosionista o soltanto la soluzione finale perfetta per il popolo palestinese? Oppure l’arroganza e la prepotenza di un ‘’Piccolo Israele’’ dall’appetito pantagruelico, giunto al suo cupo crepuscolo senza poter diventare ‘’il Grande Israele’’?

Il piano Una speranza del ministro Bezalel Smotrich, condito con il perverso uso politico della religione ebraica, può di primo acchito suscitare una risata ironica, considerazioni sull’impiego distorto del pensiero di figure degne come Einstein o del mito di Sisifo, sulle interpretazioni menzognere della storia o su quale alta meta può raggiungere la stupidità umana. In realtà, riflettendoci anche soltanto un po’, il ‘’piano’’ di questo figuro balordo risulta pericoloso nella sua esagerazione, proprio perché a una lettura ingenua, magari pilotata da giornalisti e analisti occidentali diciamo, eufemisticamente, confusi, potrebbe apparire soltanto la visione di un fanatico sconsiderato e non quel disegno sionista che si persegue da oltre un secolo. Purtroppo, per anni abbiamo assistito o ancora assistiamo alle guerre devastatrici e spietate, e all’assedio economico, contro le popolazioni dei Paesi arabi resistenti alle mire espansionistiche di Israele e condotte dai suoi patrocinatori, interessati a disgregare e razziare quell’immensa regione omogenea dal punto di vista geografico e culturale, importantissima via terrestre di comunicazione e dei commerci tra Oriente e Occidente, ricchissima di fonti energetiche e di altre preziose materie prime. Tutti i drammatici eventi che hanno interessato o interessano Afghanistan, Gaza, Iran, Libano, Siria, Libia etc. ne sono testimonianza. 

Maria Antonietta Carta

 

DA TERRASANTA 5/2024 - DOCUMENTI 

Il piano Una speranza, di Bezalel Smotrich

Nel settembre 2017, quando presentò questo suo «piano decisivo per Israele», intitolato Una speranza [anche traducibile con: Un’unica speranza], l’avvocato Bezalel Smotrich era già parlamentare e ricopriva la carica di vicepresidente della Knesset. Allora come oggi militava nell’area del sionismo religioso (all’estrema destra dell’agone politico israeliano). Nel sesto governo Netanyahu, insediatosi a fine 2022, è ministro delle Finanze (con un piede anche nel ministero della Difesa), oltre che leader di una delle forze della coalizione di maggioranza: il Partito religioso nazionale – Sionismo religioso, che nel 2023 ha raccolto il testimone di una precedente formazione politica.
Traduciamo il piano Smotrich a titolo di documentazione per i nostri lettori. Come si vedrà, all’epoca della sua stesura l’uomo politico non dedicava molta attenzione alla Striscia di Gaza. Dopo gli eccidi del 7 ottobre 2023 e il loro tragico seguito non pochi nel suo campo politico sono per un ritorno stabile degli ebrei israeliani in quel territorio. Lui si tiene sul vago, ma carezza l’idea di un’emigrazione massiccia dei gazesi.


Ecco il testo del Piano: 

«La follia», recita una famosa citazione, spesso attribuita ad Albert Einstein, «è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi». Nella realtà politica odierna, sembra che la follia sia all’ordine del giorno. La sinistra israeliana ripete continuamente soluzioni «semplici e sicure» per porre fine al conflitto arabo-israeliano; e sempre più spesso assistiamo al fallimento di queste soluzioni e alla loro inutilità. Non fare nulla garantisce semplicemente l’eterna continuazione di questi tentativi, pieni di false speranze e illusioni. I tempi sono maturi per dire «basta», per rompere il paradigma e per trovare una via d’uscita adeguata a questo ciclo apparentemente senza fine.

La base della mia proposta è un cambiamento di centottanta gradi rispetto al modus operandi a cui ci siamo abituati negli ultimi decenni. Ripensare richiede coraggio, ma pare che non abbiamo scelta. La maggior parte, se non tutti i piani politici avanzati negli ultimi anni, sia da sinistra che da destra, forniscono “soluzioni” che perpetuano il conflitto, condannandoci tutti a continuare la sua miserabile gestione per i prossimi cent’anni. Il piano decisivo qui proposto, invece, prevede una soluzione reale, e soprattutto possibile e pratica, per porre fine al conflitto e portare una vera pace.

Ciò che distingue questo piano dagli altri è che «prende il toro per le corna», affrontando la radice del conflitto e il fallimento, passato e presente (e futuro), delle “soluzioni politiche”. Non fa differenza dove i pianificatori traccino i confini proposti, anche se provengono dalla cosiddetta destra (Sharon e Olmert avevano le loro mappe; forse anche Bibi ne ha una). La pace non sorgerà finché manterremo la nostra posizione di partenza secondo cui questa terra è destinata a contenere due collettività con aspirazioni nazionali contrastanti. Se così fosse, i nostri nipoti e i nostri pronipoti saranno inevitabilmente destinati a vivere di spada.

Nelle pagine che seguono, delineerò il mio “piano decisivo”, che ho chiamato Una speranza. Si tratta di una soluzione globale, ottimista senza essere ingenua, di quelle che non ignorano le difficoltà ma che sono accompagnate da una vera fede. Fede nel Dio d’Israele, nella giustezza della nostra causa e nella nostra esclusiva appartenenza alla Terra d’Israele; fede nella nostra forza di resistere agli argomenti che potrebbero minare la nostra convinzione; fede nella nostra capacità di mettere in campo l’eroismo necessario per vincere questa lotta epocale.

***

All’inizio è necessario fare un po’ di attenzione.

Sono un credente. Credo nel Santo, Benedetto Egli sia, nel Suo amore per il Popolo ebraico e nella Sua Provvidenza su di esso. Credo nella Torah che ha predetto l’esilio e promesso la redenzione. Credo nelle parole dei profeti che hanno assistito alla distruzione e, non di meno, nella nuova costruzione che ha preso forma sotto i nostri occhi. Credo che lo Stato di Israele sia l’inizio della nostra redenzione, il compimento delle profezie della Torah e delle visioni dei Profeti.

Credo nel legame vivo tra il Popolo d’Israele e la Terra d’Israele; nel destino e nella missione del Popolo ebraico per il mondo intero e nella importanza vitale della Terra d’Israele nel rendere certa la realizzazione di questa causa. Credo che non sia un caso che la Terra d’Israele stia fiorendo sulla scia del ritorno degli ebrei, dopo tante generazioni di totale abbandono.

Credo che l’anelito di generazioni per questa terra e la fiducia nel nostro ritorno finale siano le forze trainanti più profonde del percorso del Ritorno a Sion che ha portato alla creazione dello Stato di Israele.

Tuttavia, il documento che vi viene presentato non contiene nulla che sia basato sulla fede. Non si tratta di un manifesto religioso, ma di un documento realistico, geopolitico e strategico. Si basa su un’analisi della realtà e delle sue cause profonde, e si fonda su presupposti fattuali, storici, democratici, di sicurezza e politici. Elementi che ci conducono a una soluzione che, a mio giudizio, ha le più realistiche possibilità di successo, sicuramente maggiori delle altre soluzioni proposte quotidianamente.

Questo documento è un documento pragmatico, ma si colloca agevolmente entro la mia visione del mondo basata sulla fede. Coloro che lo desiderano possono considerarlo nient’altro che una soluzione pratica e politica; gli altri sono invitati a vederlo come un incontro tra fede e realismo, visione e realtà.

Il contesto (Background) ....

lunedì 14 maggio 2018

Israele e i suoi progetti

Per esercitare la nostra mente e il nostro spirito critico...


Un grande intellettuale ebreo israeliano, acceso oppositore del sionismo.
  Israel Shahak nacque a Varsavia il 28 Aprile 1933. Nel 1943 i nazisti lo deportarono insieme alla madre nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Scampati alla shoah, nel 1945 emigrarono in Palestina. Fece il servizio di leva presso una unità di élite dell'esercito israeliano. Frequentò la Hebrow University a Gerusalemme dove si laureò in chimica nel 1961.
Sin da giovane fu critico verso numerosi aspetti deleteri dell’ebraismo classico (compreso il razzismo), verso la natura reazionaria del sionismo e l'oppressivo carattere sionista dello stato di Israele.
Era apprezzato in Israele e nel resto del mondo. Anche presso gli Arabi. Morì il 2 luglio 2001.
Per più di trenta anni denunciò strenuamente la negazione dei diritti umani in Israele e l'oppressione del popolo palestinese, sostenendo, in quanto sopravvissuto alla shoah, che gli oppressi possono divenire a loro volta oppressori. Per Edward Said era "un uomo coraggioso che dovrebbe essere onorato per i servizi che ha reso all'umanità" e per Gore Vidal "l'ultimo, ma non l'ultimo dei grandi profeti’’
Shahak non amava le organizzazioni ebraiche negli USA e criticava il loro cieco allineamento alla politica del governo israeliano nei confronti degli Arabi e in particolare dei Palestinesi. Li accusava di esercitare pressioni per soffocare il dissenso e di servirsi dell'olocausto per ottenere finanziamenti e sostegno politico. A causa di ciò fu anche minacciato di morte.
Pubblicò tre libri tra il 1994 ed il 1999.
In "Jewish fondamentalism in Israel" metteva in evidenza l'influenza e il potere del fondamentalismo ebraico in Israele, prendendo soprattutto in esame la sua natura antidemocratica, il suo sviluppo e le sue diverse correnti.
La natura antidemocratica del fondamentalismo ebraico è sottolineata dall’analisi sulle connessioni tra alcuni degli aspetti negativi del sionismo e i filoni del giudaismo ortodosso classico.
In Open Secrets: Israeli Nuclear and Foreign Policies (Pluto, 1997), Shahak analizzava la politica estera israeliana - tra il 1992 ed il 1995 - tesa a condurre una pratica segreta di espansionismo su molti fronti per conseguire il controllo della Palestina e dell'intero Medio Oriente. Con effetti devastanti non soltanto per l’area mediorientale, come possiamo vedere oggi noi Europei colpiti dal problema-alibi del terrorismo, che giustifica la brama dei guerrafondai e dagli effetti sociali e politici conseguenti all'arrivo straordinario di centinaia di migliaia di profughi costretti dalla brutalità di una guerra pluridecennale ad abbandonare i loro Paesi. O dalle ricadute negative sui rapporti commerciali e culturali con la sponda sud del Mediterraneo, che contribuiscono ad impoverirci.
A Israel Shahak si deve la traduzione dall’ebraico all’ inglese del Piano sionista per il Medio Oriente. Da Oded Yinon "Una strategia per Israele negli anni Ottanta"
Yinon è un ex alto funzionario del ministero degli Esteri israeliano.
Ne pubblichiamo di seguito alcuni paragrafi legati alla stretta attualità.

       Maria Antonietta Carta

Risultati immagini per oded yinon biography
" § 22 Il fronte occidentale, che in superficie appare più problematico, è di fatto meno complicato del fronte orientale, dove la maggior parte degli eventi che dettano i titoli ai giornali hanno avuto luogo di recente. La dissoluzione totale del Libano in cinque province, serve da precedente per tutto il mondo arabo, inclusi Egitto, Siria, Iraq e penisola arabica, e sta già seguendo quell’orientamento. La dissoluzione di Siria e Iraq in aree etnicamente o religiosamente e uniche come in Libano, è l'obiettivo primario di Israele sul fronte orientale nel lungo periodo, mentre la dissoluzione del potere militare di questi stati costituisce l'obiettivo primario a breve termine. La Siria cadrà a pezzi, in conformità con la sua struttura etnica e religiosa, divisa in diversi stati, come in oggi il Libano, in modo che ci sarà uno stato sciita alawita lungo la sua costa, uno stato sunnita nella zona di Aleppo, un altro stato sunnita a Damasco ostile al suo vicino del nord, e i drusi che si insedieranno in uno stato forse anche nel nostro Golan, e certamente nel’Hauran e nel nord della Giordania. Questo stato di cose sarà la garanzia per la pace e la sicurezza nella zona, nel lungo periodo, e questo obiettivo è già alla nostra portata oggi.
§ 23 ’Iraq, ricco di petrolio da una parte e lacerato internamente dall'altra, è un candidato garantito per gli obiettivi di Israele. La sua dissoluzione è ancora più importante per noi di quella della Siria. L'Iraq è più forte della Siria. Nel breve periodo è il potere iracheno che costituisce la più grande minaccia per Israele. Una guerra Iraq-Iran ridurrà in pezzi l'Iraq e provocherà la sua caduta, anche prima che sia in grado di organizzare un ampio fronte di lotta contro di noi. Ogni tipo di confronto inter-arabo ci aiuterà nel breve periodo e accorcerà la strada verso l'obiettivo più importante, dividere l'Iraq come in Siria e in Libano. In Iraq, una divisione in province lungo linee etnico-religiose, come in Siria durante il periodo ottomano è possibile. Così, tre o più stati esisteranno attorno alle tre principali città: Bassora, Baghdad e Mosul. Le zone sciite nel sud separate da quelle sunnita e curda del nord. E' possibile che l'attuale scontro iraniano-iracheno approfondisca questa polarizzazione.
§ 31 La nostra esistenza in questo paese è certa, e non vi è alcuna forza che potrebbe mandarci via da qui né con la forza né con l’inganno (come ha fatto Sadat). Nonostante le difficoltà dell’errata politica di pace, del problema degli arabi israeliani e di quelli dei territori, siamo in grado di affrontare efficacemente questi problemi nel prossimo futuro."

Per chi volesse conoscere il Piano Yinon nella sua interezza ecco il link:

Rimandiamo anche a un precedente articolo sul tema :