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giovedì 9 agosto 2018

La devozione sincera e visibile dei Siriani alla Vergine Maria


 di Nadine Zelhof - Aleteia- maggio 2018
Traduzione: Gb.P.
Maggio non è un mese come gli altri nelle chiese Orientali. La devozione a Maria è più visibile del solito sia nella preghiera che nella vita quotidiana. In Siria, tutte le sere di maggio, alle ore 17,45, si sentono le campane delle chiese cattoliche di Damasco, Aleppo, Homs e in molte altre città, chiamare alla preghiera mariana. Nelle chiese, gli altari sono adornati con tovaglie bianche e blu e con fiori naturali rinnovati ogni giorno. Le icone di Maria sono rivestite di blu. La fragranza di molte varietà di fiori si diffonde nei santuari decorati con mazzi di gelsomino, rosa damascena e persino gladioli. Si tratta di abbellire la casa e offrire ciò che è più bello alla Vergine Maria. Nelle parrocchie, la preghiera mariana inizia con la meditazione del Rosario. Segue l'acclamazione della Vergine Maria con molte canzoni che le sono dedicate. Qui, Maria è il modello della fede e i fedeli accorrono numerosi a mettersi nelle sue dolci mani. Padre Raafat, pastore della Chiesa di Nostra Signora di Damasco, lo conferma: "La Vergine è la madre di Dio. Lei è per noi uomini più che un'amica, una che ci comprende e comprende la nostra situazione umana, i nostri mali e i nostri problemi. Le nostre lotte tra il bene e il male. Lei è la luce nell'oscurità di questo mondo. In Lei, Dio ha scelto di mettere in moto un nuovo mondo, siamo tutti suoi figli. Così Lei veglia su di noi, come fa ogni madre ".
Padre George, della Chiesa di San Cirillo, aggiunge: "In tutte le preghiere e le messe, la Vergine Maria ha un posto speciale, specialmente nel rito bizantino, adottato dalle chiese cattoliche orientali. Ella trasmette immediatamente le nostre preghiere a Cristo. E sant' Efrem lo espresse bene nell'anno 373, quando disse: "Il giorno in cui Maria accettò la volontà di Dio, Ella divenne il Cielo che porta Dio. In lei si sono compiute tutte le parole dei profeti e dei giusti. Lei è la vite che ha portato il grappolo. ". A maggio, in Siria, l'afflusso nei santuari mariani è considerevole. Molti siti di pellegrinaggio attestano l'antica devozione alla Vergine del popolo siriano.
 Molte cattedrali e chiese sono intitolate alla Vergine Madre di Dio, come la Madonna di Soufanieh a Damasco o di Sednaya, santuario nella regione di Damasco...   Camminando nella città vecchia di Damasco, il passante troverà molte piccole cappellette dedicate a Maria nei vicoli o all'ingresso delle case.
 "La nostra arma per l'unione delle famiglie"
A riprova dell'importanza della Vergine Maria per i cristiani orientali, è frequente vedere un rosario attaccato allo specchietto retrovisore delle macchine o all'ingresso di un appartamento. Molte madri orientali, credenti, recitano il rosario in gruppi. Pregando il Rosario, con la sua semplicità e profondità, i cristiani di Damasco non intendono altro che contemplare con Maria il volto di Cristo. Padre Raafat lo dice ogni giorno nei suoi sermoni: "Chi meglio di Maria può trasmettere le nostre preghiere a Dio?”. Certamente, il rosario è una preghiera ripetitiva. Ma è anche molto popolare.
L'immagine può contenere: 15 persone, persone che sorridono, persone in piedi e spazio al chiuso
 Come padre Amer, parroco della Chiesa siro cattolica di Fatima, sottolinea: "Tutte le azioni ripetute diventano tradizionali. In tutte le liturgie, anche per la Messa, bisogna fare attenzione a non cadere nella routine, e questo è il compito del parroco, dei fedeli, dei parrocchiani, della loro spiritualità, del coro, e di tutto il fervore che si crea durante la preghiera". Nella preghiera del rosario c'è una resistenza e una perseveranza che danno tutta la forza ai fedeli. "Il rosario è un'arma potente per ottenere la pace, è menzionato in tutti i messaggi di Nostra Signora di Fatima", insiste padre Amer, "quindi tanto più in Siria dove i cristiani hanno sofferto per il terrorismo islamico radicale da più di sette anni. È la nostra arma per l'unione delle famiglie, di ogni famiglia siriana che rifiuta lo sradicamento, che vuole rimanere in questo paese, culla di civiltà e luogo di nascita del cristianesimo. È il nostro combustibile spirituale per poter trasformare la nostra anima e il nostro corpo, per cambiare il corso della vita degli uomini, la vita di ogni famiglia che vuol mettere Dio al centro della sua casa".
 Maria ci protegge
In Siria si incontrano molte Myriam, Mariam, Maria, Madonna, Marie, Mariana, Marla e molti altri, tanti nomi con una sola origine: il nome di Maria, madre e santa. Ella rappresenta tutta la maternità, l'amore e l'affetto di cui gli uomini hanno tanto bisogno. Piena di purezza, diventa madre generando alla fede i figli di Dio. È situata in una dimensione che va anche oltre la santità poiché Ella è la più vicina a Dio. Lei veglia sui suoi figli. Li protegge, e dove la Vergine è di casa il diavolo non entra. Ed è in questo spirito che sempre più donne, di qualsiasi età, scelgono di indossare il vestito di Maria nel mese di maggio. Appena la persona interessata lo decide, prenota il suo abito presso la parrocchia alla quale appartiene e l'affitta per un periodo determinato, oppure lo fa confezionare da un sarto. È un abito color celeste, chiaro come il blu del cielo, questo cielo puro e santo lontano dalle tentazioni del mondo terrestre, con una corda bianca in vita, che simboleggia le colombe della pace. Prima di essere indossato, l'abito deve ricevere la benedizione del sacerdote. Marine, 2 mesi, è come un angelo in questo minuscolo vestito, confezionato della sua taglia. Lo indossa affinchè le grazie di Maria la riparino e la proteggano da ogni male. Proprio come Julie, ragazzina di 6 anni. Durante la gravidanza, le rispettive madri videro la Vergine in sogno e le promisero che da allora avrebbero fatto loro indossare il vestito ogni maggio fino a raggiungere la maggiore età. Maria divenne la loro patrona, la loro protettrice.  Per quanto riguarda Nisrine, una signora di cinquant'anni, ha promesso di indossare questo abito per cinque anni per proteggere se stessa e i propri figli, proteggere il suo paese: "La Vergine Maria è la madre di tutti noi, è un onore indossare questo vestito azzurro per essere a sua immagine. È un voto che ho fatto da quando ho recuperato da una lunga malattia. Ella intercede per noi e, come dice la tradizione, il Figlio non rifiuta nulla a sua madre. E contrariamente a quello che si potrebbe pensare, con questo vestito non ho alcun problema. Lo indosso quando esco, quando vado a fare shopping, quando vado a lavorare: io vivo la mia vita normalmente e in più recito il rosario. E nonostante tutti questi anni di guerra, cosiddetta confessionale, ho percepito molta simpatia e comprensione da parte dei miei colleghi di lavoro, sia musulmani che cristiani. Io vengo dalla regione di Hassakeh del nord della Siria, e lì c'erano anche musulmane che hanno fatto questo voto e indossavano "l'abito di Mariam", come lo chiamano loro. Perché bisogna sapere che Maria occupa un posto di rilievo nell'Islam, un'intera sura è dedicata a lei (la Surat di Maryam), perché Maria è il modello perfetto del credente con una serena accettazione del decreto divino, una delle principali virtù di un buon musulmano".
Due passi più in là, all'uscita della chiesa, compaiono due ragazze di 13 anni, Maya e Farah, con lo stesso vestito per aver compiuto il loro voto. Per una era il successo del suo esame di ammissione al collegio, e per l'altra, di aver guarito sua nonna paterna. "Abbiamo visto la nostra amica che indossava il vestito azzurro l'anno scorso e abbiamo parlato molto con lei; lei ci ha spiegato quanto le fosse piaciuta questa esperienza, quindi abbiamo voluto fare lo stesso anche noi quest'anno. In effetti, proviamo un sentimento molto speciale, una soddisfazione difficile da descrivere, una sorta di serenità, una pace interiore e molto meno stress e paura, specialmente con tutte le sofferenze e le lacerazioni che il Paese sta vivendo. Abbiamo intenzione di rifarlo negli anni a venire. I giovani della nostra età adorano imitare il loro idolo, i vestiti, la pettinatura, i tatuaggi; e noi abbiamo scelto il nostro "idolo", abbiamo voluto assomigliare a nostra madre, alla Vergine Maria ". Per tutte queste diverse "marie", la Vergine è il loro riferimento, il loro modello. Per Maha, una madre di 45 anni che ha perso il figlio al fronte, Maria è la madre, sottomessa e paziente: "Ha un posto intermediario tra il Cielo e la terra. Lei ci capisce perché ha dato la vita, lei è di carne. Ha vissuto il parto e la sofferenza, come noi umani. Tutti conoscono la relazione tra madri e figli nelle famiglie orientali. Molto di più quando la loro madre è la Vergine Maria. Quindi se dimentichiamo di pregarla, perdiamo la nostra identità di figli. Inoltre, Ella ha sofferto, come madre, ha accettato di perdere Cristo, suo figlio, accettando la volontà di Dio. Indossare questo vestito mi dà forza e serenità. Mi sento molto più vicina a mio figlio, là dove Gesù e Maria vegliano su di lui. "
Più di sette anni di guerra. Una guerra sanguinosa e assassina, con bombe che non hanno risparmiato il quartiere cristiano di città come Damasco, Aleppo, Homs e tante altre. E, nonostante tutto ciò, l'affluenza dei fedeli alle varie cerimonie religiose è cresciuta costantemente. Molti erano convinti che Dio non li avrebbe abbandonati. Ha solo testato la loro capacità di sopportare la sofferenza. Ha messo alla prova la loro fede.
https://fr.aleteia.org/2018/05/23/la-devotion-sincere-et-visible-des-syriens-a-la-vierge-marie/

domenica 18 dicembre 2016

Mhardeh, città cristiana alla mercé di Al-Nusra

Sulle tracce dei martiri cristiani del Medio Oriente

Aleteia, dicembre 2016
di Alexandre Meyer

I visi sono gravi, i tratti accusano la disperazione, l'affaticamento, l'irritazione. "Otteneteci dei visti per partire tutti da qui", sbotta il dottor Zahlouk Abdullah. Parlando a nome degli uomini intorno a noi, il cardiochirurgo laureatosi in Francia, ha vissuto a Lione dove è nata sua figlia, poi a Tolosa e Nizza per più di cinque anni. Suo figlio, educato in Francia, ha conseguito il baccalaureato lo scorso anno. Negli ultimi anni, ha dovuto imparare a operare sui marciapiedi, ai piedi delle case devastate dalle bombe che colpivano continuamente il villaggio di Mhardeh fin dall'inizio di questi tragici avvenimenti.
Alexander, capo missione di SOS Cristiani d'Oriente in Siria, alza le mani impotente: "Quello che mi chiedete, non siamo in grado di farlo. In ogni caso vi chiedo di compilare per me un elenco di ciò che è necessario per sopravvivere qui, farò del mio meglio per procurarvelo."
Nel cortile della piccola casa parrocchiale adiacente alla Chiesa greco-ortodossa di Notre-Dame, la più antica della città, costruita nell' VIII° secolo attorno alle grandi colonne con capitelli corinzi di un antico tempio pagano, caschi rossi scaricano un piccolo furgone. Estintori, barelle, sedie a rotelle, kit di pronto soccorso che l'associazione umanitaria ha portato, si accumulano lungo le pareti.

Caschi rossi
130 volontari, di età compresa tra i 22 e i 52 anni che indossano un giubbotto fluorescente e un casco rosso da soccorritore volontario. Formate quattro anni fa, le squadre di questi volontari di soccorso accorrono nei luoghi bombardati.
La maggior parte dei giovani sa maneggiare il piccone e l'estintore per liberare le vittime o spegnere un incendio. Per la maggior parte sono studenti universitari che danno manforte all'ospedale o alla banca del sangue. Ma mancano di tutto.

Un boato rimbomba in lontananza. Un volontario prende il binocolo appeso al muro e corre sul tetto per verificare il luogo in cui la bomba è caduta. Un altro boato. Si sta avvicinando. Il fumo sale nei pressi del villaggio. Con uno sguardo stanco il dottore conta mentalmente il numero degli obici artigianali che i volontari hanno collezionato qui, come i pezzi di un museo dell'orrore: schegge acuminate come lame di rasoio, obici aperti come funghi, bombole di gas squarciate, pinne dei razzi, chiodi, bulloni ...
Da un pezzo di proiettile dipinto d'oro (vedi presentazione), uno dei residenti ha fatto un piccolo vaso e ce lo mostra adornato con un mazzo di fiori artificiali, "No, noi cristiani di Mhardeh non abbiamo paura della morte. Diamo forma ai loro strumenti di morte per disegnare la pace e la gioia." "Non siamo favorevoli alla dittatura, continua il medico, afferrandomi il braccio, ma la vita con queste persone è impossibile. Questa è la democrazia?! Smettete di sostenere i nostri nemici vi prego! Tutti intorno a noi, Al-Nosra, FSA [Free Syrian Army, ndr], Fatah al-Sham, chiamateli come volete, ci lanciano razzi fatti in Francia! "

Un simbolo che Al-Nosra vuole vedere scomparire.
La cittadina paga un prezzo pesante per la sua ostinata resistenza. Nel mese di ottobre, si è beccata 150 razzi che hanno provocato 8 morti e 67 feriti. L'ultima vittima, una madre di famiglia squarciata in due da un missile Grad che ha perforato il tetto della sua camera da letto, è morta lasciando quattro figli e un marito distrutto e inconsolabile. Egli ci mostra la sua casa polverizzata senza dire una parola, forte e dignitoso. Due giorni dopo la nostra partenza, una donna e la sua figlia di 8 anni saranno ferite sulla via principale, un ragazzo e sua zia non sopravviveranno all'esplosione.

Mhardeh si trova al centro dell'asse nord-sud che collega Aleppo a Damasco, a circa 260 chilometri dalla capitale siriana. Testa di ponte fedele al governo accampato a 100 chilometri a nord di Homs, è bagnata a nord dal fiume Oronte, arginato con una diga per la fornitura di energia elettrica, tramite una moderna centrale idroelettrica. Dipende amministrativamente dal Governatorato di Hama, nei pressi della piana di Ghab.

La città ha sofferto gli attacchi incessanti dei ribelli islamici che vorrebbero ridurre al nulla questo simbolo. Infatti, con i suoi 25.000 abitanti prevalentemente cristiani, Mhardeh ha cinque chiese: (greco-ortodosse) e una chiesa protestante (il 10% dei residenti sono presbiteriani). Abbarbicata su un promontorio roccioso, è circondata da zone con popolazioni sunnite le cui angherie ci sono imposte alla luce del sole. La località più vicina, Halfaya, che si trova a 200 metri ad est delle prime case, è regolarmente sotto i tiri di un cecchino. E' in prossimità di questo villaggio che è situata la centrale elettrica caduta in mano ai terroristi lo scorso agosto. Da allora, gli abitanti vivono nel buio; vengono usati i generatori a benzina per l'illuminazione e il mazout (un olio minerale) per cucinare e scaldare il salotto della casa con una stufetta a olio.

L'asilo nido
Alla piccola scuola di Mhardeh, i bambini sogliono raccogliere le olive e seminare grano nei dintorni. La direttrice si lascia sfuggire un sospiro, ci consegna dei piccoli croissant farciti con olive e spezie, una specialità di questo breve periodo di avvento prima di Natale. Dopo il giro coi magri e sostanziosi dolci si conclude la riunione. Il sacerdote greco ortodosso del Patriarcato di Antiochia riflette per noi il pensiero di tutti qui: "Incomprensioni, rammarico, tristezza, stanchezza. Nessuno può accettare il destino a noi riservato. Né il vedovo che ha perso la moglie e le figlie, né la madre che ha perso un figlio ".
I bambini in grembiulino rosa cantano allegramente ogni volta che noi varchiamo la porta di un'aula. Le loro facce tonde sono illuminate con un grande sorriso, ma nei loro occhi, si riflette una tristezza indicibile.
Resistere o morire
"Tutti vogliono la pace e la democrazia, ma i takfiri [islamisti, n.d.r.] derubano, rapiscono e umiliano i cristiani." Simon Alwakil ha preso bene in mano la difesa della sua città. Generale Nazionale delle Forze di Difesa, egli è il capo delle operazioni per l'area di Mhardeh. Amato dai suoi uomini e dagli abitanti dei villaggi, il vecchio capo d'impresa dal fiorente business ha messo i suoi mezzi e le sue risorse a disposizione per il bene della sua città natale. Ci riceve nel suo ufficio e ci espone i problemi complessi che deve risolvere.
La minaccia è permanente: 18 donne e bambini sono stati rapiti dall'inizio del conflitto. Simon ha messo in gioco le sue conoscenze ed ha ottenuto il loro rilascio. Suo fratello è stato rapito. Suo figlio è stato tenuto in ostaggio per diversi mesi ad Aleppo.
I tradimenti sono molto comuni: per quello di un medico musulmano di Mhardeh si stabilì il riscatto. Attratto dal guadagno, il figlio del medico era uno dei suoi rapitori ad Aleppo. Quello dei vicini sfollati dalle manovre militari, che dormivano da lui in nome della carità e dell'ospitalità. Vicini che hanno visto che i suoi uomini sparavano razzi sul villaggio. "La ribellione non è motivata dal rovesciamento del governo per il bene della gente, ma per servire i propri interessi" ha aggiunto il generale. "Anche la Russia non agisce solo gratuitamente, ma anche nel proprio interesse. L'esercito russo si è diffuso in tutta la Siria e gli uomini che rimangono qui non mi ispirano molta fiducia. ".

Allora il generale ha reclutato 150 uomini tra gli abitanti per creare la sua brigata. Ha alzato barricate intorno alla città, ha acquistato un carro armato sovietico e delle autoblindo armate. Le sue armi leggere vengono dall'Iran. I suoi uomini vengono addestrati e formati in Libano o presso il "grande fratello" persiano. Si può contare solo sul sostegno della forza aerea siriana per respingere ondate di attaccanti. Dal momento in cui in estate, quando la milizia ha fermato l'azione di 4000 fanti, sostenuto dai MiG-21, l'uomo è diventato una vera leggenda. Gli abitanti sono demoralizzati e senza fiato, ma il generale ha fatto loro una promessa: «Noi ci saremo!"

venerdì 20 maggio 2016

Younan: "Dovete alzare la voce per dire ai vostri governi: si partecipa a un genocidio delle minoranze"


"L'Occidente sta alimentando le tragedie catastrofiche che si svolgono davanti ai nostri occhi. Abbiamo ripetuto molte volte che incitare alla violenza in Siria porta solo il caos; e il caos porta alla guerra civile, o viceversa. Il caos è il più grande nemico delle minoranze, in particolare della minoranza cristiana in Siria e in Iraq ".
Queste sono le dure parole che il Patriarca di Antiochia e della Chiesa siro-cattolica, Ignace Youssef III Younan, ha pronunciato in una recente intervista con  Aleteia.

Da:   L'Antidiplomatico

- Patriarca Younan, qual è la situazione attuale in Siria? Qual è l'esperienza della Chiesa in questa fase del conflitto?
- Il conflitto continua. Tutte le parti coinvolte hanno le loro armi e il loro sostegno.
 
Ma c'è una grande differenza tra le forze governative, che non sono del "regime", dal momento che la Siria ha un governo riconosciuto ed è membro delle Nazioni Unite, che vogliono difendere la loro gente, e le altre forze di opposizione, ribelli o rivoluzionari -come vogliamo fare riferimento a loro, che, purtroppo, stanno distruggendo il paese.

Pochi giorni fa, ho trascorso qualche tempo in Al-Qaryatain e Palmira e ho visto con i miei occhi la distruzione che si stava svolgendo in queste due città.
 
Sono andato a Al-Qaryatain perché lì ci sono due comunità, uno siro-ortodossa e la  parrocchia cattolica. Avevamo anche il monastero di San Elian, ora completamente distrutto. Entrambe le chiese, soprattutto quella ortodossa, sono state praticamente rase al suolo.
Poi sono andato a Palmyra, dove abbiamo avevamo una piccola chiesa che è stata distrutta insieme con la canonica.
 
Ora la comunità internazionale è preoccupata per i monumenti archeologici di Palmira, che sono famosi in tutto il mondo, ma per più di cinque anni, l'interesse per le vittime innocenti è stato piuttosto limitato.
Soprattutto ora, visto quello che sta accadendo ad Aleppo, è un fatto che ci rattrista molto.

 
- L'esodo che si sta sviluppando rappresenta una situazione molto difficile. La vostra comunità vede alcuna possibilità di rimanere lì o ...?
  - 
Questa è una ingiustizia non solo per la mia comunità, ma per tutti i siriani. È vero che i cristiani sono una minoranza. Abbiamo sofferto persecuzioni, abusi e le morti, come gli altri, ma siamo i più deboli e non abbiamo nemici, né nello Stato né fra i ribelli. Non simpatizziamo con coloro che stanno distruggendo il Paese e uccidendo il suo popolo.
 
Allo stesso tempo, consideriamo loro complici tutti coloro che hanno incitato queste bande terroristiche e i presunti ribelli , dal momento che, secondo la legge penale, chiunque incita all'omicidio deve essere incriminato, e subire la punizione.
 
E così ho detto di recente durante un incontro a Torino, dove ho parlato della complicità dei politici occidentali.
 
Chiaramente sapevano che incitare alla violenza per i benefici derivanti dalla vendita di petrolio e di armi avrebbe comportato la distruzione del paese.
  Presto mi recherò a Homs [ovest della Siria] per l'ordinazione del nostro nuovo vescovo. La situazione è stabile lì e si può andare perché la zona è sotto il controllo del governo, ma più ci si avvicina ad Aleppo, più le cose diventano difficili.
E noi non sappiamo che cosa accadrà nel prossimo futuro.

 
- Di fronte a questa tragedia, i nostri lettori ci chiedono cosa possono fare.
Se i vostri cari lettori in Occidente credono che i Paesi in cui vivono sono paesi democratici, allora dovete alzare la voce per dire ai vostri governi: state partecipando a un genocidio delle minoranze, in particolare la minoranza cristiana.
 
Perché il genocidio non significa solo l'uccisione di tutti i membri di una comunità, ma anche costringerli a fuggire dal loro Paese in altre parti del mondo, sradicandoli dalla patria dei loro antenati e distruggendo una cultura, una società e una tradizione religiosa.
 
Siamo Chiese sui iuris, cioè, radicate con una nostra storia, anche se non siamo molto grandi. La situazione è orrenda.
 
Quindi, i vostri lettori devono capire che non dovrebbero accettare ciò che dicono i mass media o i politici che abusano del loro potere.
Non è più accettabile o ammissibile che si chiudano gli occhi davanti alle  atrocità che vengono consentite nel XXI secolo. Perché l'indifferenza ci rattrista e ci fa soffrire ancora di più.

-
Bisogna riconoscere l'intervento di Putin?
 
- I russi hanno preso molto più seriamente l'aiuto alla Siria, in difficoltà e divisa da molto tempo. Quando sono stato a Palmira, erano i russi che difendevano i siti archeologici.
 C
iò che ha fatto la Russia nel mese di settembre vale molto di più di quello che l'Occidente ha fatto negli ultimi due anni.
 
Abbiamo un altro esempio di ciò in Iraq, che, secondo gli USA e gli altri occidentali, è un paese che si sta muovendo verso la democrazia. Ma allora, perché non aiutare veramente a sconfiggere il sedicente Stato Islamico?
 
Essi hanno parlato di fermare o eliminare questo califfato del  terrore. In effetti, l'opportunismo dilagante esistente è ora palese. E solo noi cristiani indifesi, siamo intrappolati nel mezzo tra Daesh e l'opportunismo occidentale.

 
- I nostri lettori, soprattutto perché la nostra edizione è in arabo, ponevano questa domanda:  Molte persone non hanno capito il gesto di Papa Francesco di portare 12 musulmani a Roma il suo volo di ritorno dalla Grecia. Molti dei nostri lettori ci hanno detto: "Siamo cristiani e nessuno ci aiuta" ... Come rispondiamo?
 
- Capisco la posizione di queste persone e la loro ansia, e capisco che ci sono momenti in cui la carità cristiana non si comprende del tutto.
 
Per me, Papa Francesco è il successore di Pietro, il capo della Chiesa cattolica universale e, sollecitato dalla carità del Vangelo, ha voluto mostrare al mondo che il cristianesimo non discrimina a causa della  religione, razza o colore della pelle.
 
D'altra parte, posso capire perfettamente coloro che si chiedono circa i motivi di quanto accaduto, e se incontrassi  il Papa gli direi: "Santo Padre, tirar fuori 12 siriani tra tutti quelli che annegano nella sofferenza non risolve il problema. Preferiamo che Sua Santità prenda una decisione vera e propria".
 
Credo che il Papa abbia incontrato il Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Il Papa deve dire chiaramente che le politiche adottate dai politici occidentali sono assolutamente ingiuste e vanno contro la carità e la giustizia.

Avrebbero potuto gradualmente riformare i sistemi di governo. Non è possibile esportare quelle che sono chiamate "democrazie occidentali" in Paesi in cui c'è ancora un amalgama di religione e Stato.
Questa fusione esiste in tutti i paesi del Medio Oriente, ad eccezione del Libano, e significa che non si avrà mai una vera democrazia, continuando questa fusione di religione e Stato, perché sappiamo che nell'Islam il Corano viene letto e interpretato letteralmente.
Pertanto, alcuni dicono "questa è la nostra religione", ma non dimenticate che ci sono versi intrisi di violenza e di incitamento alla violenza.  E in aggiunta, ogni gruppo comprende questi versi come ritiene, perché non c'è nessuna autorità religiosa definitiva per impedirlo.
Qui ci troviamo di fronte un problema di esegesi, e ci sono alcune cose che devono essere comprese correttamente.
E così, un risultato è che ci troviamo di fronte un autonominato Stato Islamico che continua a commettere atrocità nel nome dell'Islam. Interpretano la religione come vogliono.

Non tutti i musulmani sono terroristi, ma per disgrazia, finora i terroristi del XXI secolo sono musulmani. Dobbiamo dirlo con chiarezza, chiediamo ai nostri fratelli musulmani di essere vigili. Personalmente, ho sempre detto che i discorsi nelle moschee dovrebbero essere appelli per la coesistenza e la pace, e non accuse di infedeltà rivolte alle altre religioni.
...
  è possibile continuare la lettura dell'intervista (in spagnolo)  qui: 

martedì 23 giugno 2015

Tre segni di speranza di Maria per i cristiani d'Oriente

Un Paese intero, una città storica e perfino una moschea rendono omaggio alla Vergine Madre di Gesù

Alateia

Il 13 giugno 2013, il Libano si è consacrato al Cuore Immacolato di Maria. Questa settimana, oltre a celebrare i due anni di questo atto di consacrazione, il patriarca maronita Bechara Boutros Raï lo ha esteso a tutto il Medio Oriente.

In un'omelia coraggiosa e incisiva pronunciata alla presenza di più di 5.000 fedeli nella basilica libanese di Harissa, il patriarca ha denunciato i “mercenari che ricevono sostegno finanziario, politico e militare da Paesi orientali e occidentali”.

Come risposta ai “poteri del terrore”, Raï ha affermato: “Rinnoviamo la consacrazione del nostro popolo e della nostra patria libanese, come di tutti i Paesi del Medio Oriente, al Cuore Immacolato della Vergine Maria, pieno di tenerezza e di amore per gli uomini, fratelli del suo unico Figlio”.

Raccomandando che tutti i fedeli “recitino quotidianamente il rosario per ottenere la pace nel mondo”, il cardinale ha ricordato che da 1.400 anni i cristiani cercano di costruire insieme ai musulmani “una civiltà modello per tutte le società multiculturali e plurireligiose”, e ha chiesto che questo sforzo per la concordia non venga abbandonato tra i conflitti che insanguinano attualmente la regione.

Dopo Beirut, l'immagine pellegrina di Nostra Signora di Fatima passerà anche per il Patriarcato greco-cattolico, per un monastero siro-cattolico e per la sede del Patriarcato armeno-cattolico.


Nel frattempo, anche nella vicina Siria Maria ha dato un segno di speranza ai cristiani: la statua mariana sulla sommità di una collina della località di Maaloula è appena stata ricollocata dopo che l'originale era stata distrutta nel 2013 dagli jihadisti del Fronte Nusra.

Maaloula è una piccola città di 4.000 abitanti, per la maggior parte cristiani, che parlano ancora aramaico, la lingua che parlava Gesù. Si tratta di una delle pochissime comunità del Medio Oriente che mantengono questa lingua destinata all'estinzione. Oltre all'aramaico, Maaloula ha anche conservato per secoli alcuni monasteri e alcune chiese costruiti nei primi tempi della storia del cristianesimo.

Il 6 giugno in Siria è stato inaugurato anche qualcosa di inedito nel mondo islamico: una moschea nella città litoranea di Tartous dedicata alla Vergine Maria, madre di Gesù (cfr. Aleteia). Maria è riconosciuta dall'islam come la madre del profeta Gesù.

Maria interceda per tutti i cristiani provati da un'infinità di sofferenze e persecuzioni in quelle terre in cui il cristianesimo è nato e ha iniziato a diffondersi tra i popoli!

http://www.aleteia.org/it/religione/articolo/tre-segni-di-speranza-di-maria-per-i-cristiani-doriente-5251715037134848



Piccole Note, 18 giugno 2015 

«Una nuova statua della Vergine Maria è stata inaugurata sulla montagna che domina Maalula, l’antica cittadina cristiana nell’ovest della Siria, andando a sostituire quella distrutta dai ribelli nel 2013. Le forze del regime di Assad hanno portato la statua su una macchina e diffuso le immagini su Twitter». Così sul sito del Corriere della sera.

La nota del Corriere stigmatizza come propaganda il gesto compiuto dalle autorità di Damasco. Un’aggiunta alquanto inane: al di là delle intenzioni, di fatto una statua della Madonna torna dopo anni in uno dei pochissimi luoghi al mondo dove ancora si parla l’aramaico, la lingua di Gesù. E non si può che registrare con gratitudine il dato. 
Detto questo, mentre Damasco ha compiuto tale gesto, al di là degli scopi più o meno presunti, non si registra dalla parte opposta, ovvero le varie nazioni che sostengono le forze anti-Assad (dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita), una vaga idea similare, nonostante la situazione di Maalula sia ben nota da tempo.
Anzi esse continuano a sostenere con armi, soldi e altro i vari tagliagole che insanguinano la regione, siano essi appartenenti alle presunte forze ribelli o alle varie formazioni jihadiste, che poi sono la stessa cosa.
Questo episodio, tra l’altro, avviene pochi giorni dopo l’erezione di una moschea dedicata alla Vergine Maria a Tartus, segno che non si tratta di gesto estemporaneo ma che risponde a una sollecitazione specifica.
Al di là della propaganda (siriana o nostrana), le autorità di Damasco vogliono riaffermare di fronte al mondo quanto ripetuto dall’inizio della guerra da tutta la comunità cristiana locale e dai loro vescovi e patriarchi: in Siria la convivenza tra cristianesimo e islam diverse appartiene alla storia.
Una storia di destini incrociati che lo tsunami del radicalismo islamico (grazie ai suoi sponsor esterni) vuole e rischia di sommergere.
Possibile anche che il motivo del gesto sia da ricercare nel fatto le forze scatenate in Siria contro Assad (Isis, al Nusra etc.) abbiano chiari riferimenti satanici – tanti i simboli di tal segno usati da questi movimenti -, e che la spiritualità cristiana (o, meglio, anche la spiritualità cristiana) sia vista come un argine, anche a livello simbolico, da quanti vi si oppongono.
Propaganda o meno, resta che la Madonna non è usa a rimanere indifferente a gesti compiuti in suo onore…. Vuoi vedere che fa il miracolo? Almeno è questo quello che si augura e per cui prega il martoriato popolo siriano e quanti, di lontano, partecipano del loro dramma senza fine. 
http://piccolenote.ilgiornale.it/23928/la-madonna-torna-a-maalula

IN MEMORIAM : due anni fa a Ghassaniè padre François Murad veniva ucciso in odium fidei