Traduci

Visualizzazione post con etichetta Porte Aperte. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Porte Aperte. Mostra tutti i post

domenica 12 settembre 2021

Un sacerdote siriano: "Se anche un solo cristiano rimane in questa regione, io resterò".

La missione di Padre Tony: restare per quelli che restano - Reportage di Portes Ouvertes 

Padre Tony Botros è rimasto fedele alla sua vocazione. Nonostante la guerra e la persecuzione, questo prete cattolico è rimasto in Siria. E questo ha incoraggiato anche i membri della sua comunità ecclesiale a rimanere.

In un Paese che ha già vissuto più di 10 anni di guerra, Tony si è preso cura della sua chiesa e ha lavorato per soddisfare i bisogni della gente.

Come fa ad andare avanti? Nel rispondere a questa domanda, Tony Botros indica il cielo: "È da lì che prendo la mia forza”. Una forza che lui comunica ai suoi parrocchiani perché restino in Siria.

Aiutare i cristiani a rimanere

Tony è stato presentato a Open Doors da un pastore locale: "La vostra organizzazione distribuisce aiuti nei villaggi dove servo, per 147 famiglie cristiane", spiega prima di aggiungere:  "Finché continuerete a sostenerci, continueremo ad aiutarli spiritualmente e finanziariamente".

Padre Tony è nato e cresciuto in una famiglia povera. Ha sempre avuto un cuore per i meno fortunati: "So che tutti i cristiani qui sono contadini e hanno un estremo bisogno di aiuto. Ecco perché apprezziamo il vostro sostegno. Considero che lavoriamo tutti insieme sul campo e così serviamo Gesù".

Rafforzare gli altri che sono vicini alla morte

Tony ha avuto un'esperienza molto traumatica durante il suo ministero: "Una domenica di giugno 2015, mi sono svegliato con la sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere. Mentre ero in chiesa a Samma con la comunità, sei jihadisti di Jabhat Al Nusra sono entrati e hanno iniziato a sparare e a terrorizzarci". Poi hanno rapito Tony: "Sono stato tenuto prigioniero per 35 giorni, i giorni più difficili della mia vita".

L'ultimo giorno prima del suo rilascio, padre Tony stava pregando: "Ho visto una luce brillante nella mia stanza e una mano gentile mi ha toccato la spalla. Sono stato immediatamente confortato”.

Quella sera, i suoi rapitori gli dissero che lo avrebbero liberato il giorno dopo. La mattina dopo lo consegnarono a uno sceicco druso, amico di Tony, che lo riportò alla sua famiglia. Tony ha potuto continuare la sua missione: rafforzare il resto che è vicino alla morte (Apocalisse 3:2).

Quando tornò a Shahba, la gente gli diede un'accoglienza indimenticabile: "Non avrei mai immaginato che i fedeli mi amassero così tanto. Sono stato lasciato nella piazza del villaggio e mi sono incamminato verso la chiesa. Tutta la strada era piena di cristiani entusiasti che lodavano Dio e mi accoglievano con fiori e musica. Lo vedo come una grazia di Dio: se siamo impegnati con Lui, si vedrà attraverso i nostri frutti".

Tony parla dell'effetto distruttivo della guerra sulla comunità dei cristiani: "La nostra sfida principale oggi è la mancanza di giovani. Questa generazione è stata trascurata a causa della guerra. Sono fuggiti dal Paese appena hanno potuto, sfuggendo al servizio militare o cercando una vita migliore all'estero. Siamo molto carenti di giovani e ora sto prestando particolare attenzione ai bambini. Ma attenzione, questo non significa offrire loro qualsiasi cosa”.  Tony insiste: "Non dobbiamo solo intrattenerli, ma dobbiamo offrire loro prospettive spirituali: dobbiamo insegnare loro la Bibbia e i suoi valori.”

Finché ci sono cristiani...

La Covid-19 ha ostacolato parte di questo lavoro con i bambini: "Organizzavamo campi estivi dove studiavamo il Vangelo con i bambini più piccoli. Purtroppo ci siamo fermati a causa della pandemia. Prego che questi campi ricomincino e che diano loro la motivazione per rimanere qui e servire il Signore. Ad essere onesti, è difficile per un cristiano avere successo in una comunità non cristiana dove sperimenterà la competizione e la persecuzione. Incoraggio i giovani a seguire la loro vocazione. Non posso dire loro se andare o restare, ma so che io mi impegno a restare qui".

Padre Tony è determinato a portare avanti la missione che il Signore gli ha dato fino alla fine:  "Se anche un solo cristiano rimane in questa zona, io resterò per lui e lo servirò qui". 

Tony riesce a rimanere forte in mezzo alle difficoltà dei cristiani nel sud della Siria. A volte è difficile, ma Tony ama il suo Paese e spera che la situazione migliori. È un pastore che si occupa fedelmente delle pecore di Dio.

Tony è il prete 67enne della chiesa cattolica di Shahba-Suwayda. Ha una moglie, 3 figli, un figlio e 2 figlie, entrambe sposate e madri di famiglia.

mercoledì 27 novembre 2013

11.000 bambini sono stati uccisi in quasi tre anni di conflitto in Siria: testimonianze

Sono oltre 11 mila i bambini morti in Siria dall'inizio del conflitto, spesso uccisi da bombe, ma anche finiti nel mirino di cecchini e a volte torturati. L'allarmante dato arriva da un rapporto dell'Oxford Research di Londra, anticipato da alcuni media, che cita anche "esecuzioni sommarie": delle 11.420 vittime sotto i 17 anni, 2.223 sono morti nella zona di Aleppo; 389 sono stati uccisi da un cecchino, 764 "sommariamente giustiziati, e più di 100 sono stati "torturati", sottolinea il rapporto.  ansamed.ansa.it


Maria Saadeh: 

" Tenete la guerra lontana dai nostri bambini!"



«Se i ribelli avessero a cuore il popolo siriano, non permetterebbero ai terroristi di massacrarlo»

Tempi, 27 novembre 2013 
intervista di Leone Grotti


Maria Saadeh è architetto e deputata cristiana del Parlamento siriano eletta nel 2012 tra le fila di una lista indipendente e non all’interno del partito Baath del regime di Bashar Al Assad. Non ha mai risparmiato critiche al governo, affermando più volte che «fa acqua da tutte le parti», e anche davanti alla prospettiva di un cambio di regime si è preoccupata soprattutto che «venga preservata la natura laica della Repubblica siriana». In questi giorni però Saadeh è in Italia per «dare voce al mio popolo» e testimoniare che «quello che succede in Siria non è quello che raccontano i vostri media: i terroristi e i jihadisti stranieri stanno cercando di distruggere lo Stato siriano con la violenza». 

La guerra viene dipinta dalla maggior parte dei media occidentali come uno scontro tra il popolo siriano e il governo.  Non è così, non sta succedendo niente di tutto ciò. Io sono venuta in Italia per spiegare che in Siria è in atto una guerra contro lo Stato, non contro il governo. Per distruggerlo, paesi stranieri fomentano il conflitto sociale, etnico e religioso.

L’obiettivo dei ribelli non è cacciare Assad?  Bisogna capire che lo Stato siriano e il regime sono due cose diverse. Non essere d’accordo con il regime non significa smettere di sostenere lo Stato. Lo Stato siriano infatti garantisce l’esistenza e la sicurezza della società, dei cristiani, dei musulmani, del popolo. Se lo Stato viene distrutto, tutto piomberà nel caos. La comunità internazionale deve rispettare la nostra sovranità e il nostro diritto a scegliere da chi vogliamo essere rappresentati come popolo siriano. Non vogliamo interventi stranieri.

Perché parla di «interventi stranieri»?  Perché quello che sta succedendo ora in Siria è pilotato da Stati come Arabia Saudita, Qatar e Turchia che inviano nel nostro paese uomini, armi e soldi con cui finanziano jihadisti, terroristi e salafiti che imbracciano la religione come arma politica. A uccidere i civili e bombardare le nostre città non sono siriani ma soprattutto jihadisti stranieri. Nell’ultimo mese poi si è verificato un fenomeno inquietante.

Quale?  I ribelli per la prima volta hanno cominciato ad attaccare le scuole, soprattutto quelle dei quartieri cristiani. Io non so perché lo fanno ma noi chiediamo alla comunità internazionale, all’Onu e al mondo di tenere la guerra lontana dai nostri bambini. Lo Stato oggi ci protegge anche da questo. Io chiedo: se cade, piomberemo nel caos e che cosa succederà allora? I terroristi potranno liberamente attaccare tutti i civili.

coalizione-nazionale-siriana-ribelli

Il 22 gennaio dovrebbe cominciare la Conferenza di pace “Ginevra 2“. Che cosa vi aspettate?  Prima di tutto bisogna chiedersi qual è lo scopo. Se quello che vogliamo è fermare la guerra e porre fine alle violenze dei gruppi armati, perché i siriani vogliono questo oggi e non un cambio di governo, allora domandiamoci: chi deve sedersi al tavolo delle trattative? Chi è che controlla i gruppi armati, i terroristi, i jihadisti, i salafiti? Chi può fermarli?

L’opposizione rappresentata dalla Coalizione nazionale siriana?  Mi permetta di parlare liberamente: la guerra non finirà se l’Arabia Saudita non smette di inviare sul nostro territorio armi, soldi e guerriglieri. Per quanto riguarda il Cnr, è evidente a tutti che non fanno niente per il popolo siriano. Che cos’hanno mai fatto in questi anni? Stanno in paesi stranieri, vivono in hotel a cinque stelle, hanno i loro interessi e non si stanno muovendo per fermare la guerra. Se avessero a cuore il popolo, non permetterebbero che venisse massacrato. La verità è che non hanno alcun controllo dei gruppi armati in Siria, tantomeno vogliono la pace.

Lei è cristiana, qual è la vostra situazione?  Se i cristiani vengono attaccati è perché i terroristi vogliono sgretolare il tessuto connettivo della società siriana e distruggere lo Stato, non il governo. I cristiani sono sempre stati protetti dallo Stato. La Siria non solo è l’unico paese della regione che rispetta i cristiani, ma li considera anche la sua storia, la base della società e non permetterà che se ne vadano via. Per proteggere la società, e quindi garantire l’esistenza di noi cristiani, ora abbiamo bisogno di fermare i terroristi.

Come si può riconciliare la società?  Perché avvenga la riconciliazione del popolo, perché sia instaurato un clima di dialogo e di rispetto reciproco, per prima cosa abbiamo bisogno della stabilità. E per ottenerla c’è bisogno di collaborazione a livello internazionale.

Cosa chiede al governo italiano?  Il vostro governo deve capire che la nostra sovranità va rispettata. Voi siete sempre stati amici dei siriani, le relazioni tra i nostri due paesi sono ottime da sempre. È necessario che a livello istituzionale venga ristabilita la relazione tra i nostri due popoli. Serve dialogo.

http://www.tempi.it/se-i-ribelli-avessero-a-cuore-il-popolo-siriano-non-permetterebbero-ai-terroristi-di-massacrarlo#.UpXGx9LuI_o


"Dalle colline i ribelli bombardano ogni giorno le nostre scuole e chiese"



   Intervista a  Samaan Daoud

Dalle colline vicine i ribelli siriani lanciano ogni giorno i mortai sulle scuole e sulle chiese del quartiere cristiano di Damasco, chiamato Kassa. Samaan Douad, un cattolico che ha studiato in Italia e che vive nella Capitale siriana insieme alla famiglia, racconta che l’altro giorno una bomba è esplosa a quattro metri da uno dei suoi figli che stava uscendo dalla lezione. Douad, in questi giorni in Italia dove ha incontrato diverse personalità politiche e culturali, alla fine di questa breve “vacanza” ritornerà in Siria. Insieme alla parlamentare cristiana Maria Saadeh sta lavorando con cristiani e musulmani per ricostruire una possibilità di dialogo nel Paese sconvolto dalla guerra e prepararsi alle elezioni presidenziali del 2014.

Qual è la situazione nel quartiere di Kassaa?
Viviamo in una situazione di grande terrore legata al tiro di colpi di mortaio. Una settimana fa un ordigno ha colpito la piazza del quartiere, all’ora dell’uscita delle scuole. La bomba ha colpito a soli quattro metri dal punto in cui si trovava mio figlio. L’altro ieri una pioggia di colpi di mortaio ha raggiunto tre scuole, e mio figlio stava accanto a una di queste due scuole, quella di San Giovanni Damasceno. Tutti i bambini si sono dovuti nascondere nel seminterrato per salvarsi la vita.

In che modo i cristiani vivono questa fase del conflitto?
I cristiani stanno vivendo un momento molto difficile e in tanti stanno cercando di fuggire in Europa. C’è un piano programmatico per cacciare i cristiani dalla Siria. Hollande di recente ha parlato della sua preoccupazione verso i cristiani, ma la Francia dovrebbe impegnarsi in prima persona per calmare i fanatici tra le fila dei ribelli. I colpi di mortaio contro il quartiere cristiano arrivano infatti dalla zona periferica di Damasco dove sono accampati gli stessi ribelli.

Quali sono le sofferenze cui sono sottoposti i civili a Damasco?
Nella capitale non si vivono le stesse sofferenze che si registrano in altre città siriane, ma c’è comunque una situazione sempre instabile. Nel quartiere dove abitavo fino a pochi mesi fa, Jaramana, si sono verificati 18 attentati con autobombe e 2.600 colpi di mortaio. Ho visto con i miei occhi le sparatorie dei ribelli nella zona vicina all’aeroporto.

Chi c’è dietro al piano per cacciare i cristiani dalla Siria?
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda, sono solito rispondere che Gesù Cristo non ci ha insegnato la Guerra Santa. Nel Cristianesimo non c’è la cultura della Jihad, e in quanto cristiani non portiamo le armi né andiamo a combattere e aiutare un cristiano che ha bisogno. Questa cultura esiste invece nella teologia e nella cultura degli islamisti che si danno da fare per difendere un altro musulmano che vive in Serbia, in Pakistan, in Afghanistan o magari in Siria. Chi paga il conto di queste guerre assurde e di questo odio verso l’altro sono quindi i cristiani. Il cristiano è un uomo che non è nato per la Guerra Santa bensì per l’amore, come ci ha insegnato Cristo.

Lei sta collaborando con la parlamentare cristiana Maria Saadeh. Qual è il vostro progetto?
Maria Saadeh ha formato un gruppo di giovani, cristiani e musulmani, insieme ai quali cerchiamo di fondare una cultura del dialogo e dell’amore che si contrappone a quella della violenza. Accettiamo l’altro a prescindere dalla setta dalla quale proviene o dalla religione cui appartiene. Il nostro motto è “Crediamo, vogliamo, possiamo”. Se vogliamo una cosa e crediamo in essa, riusciremo a farla. Insieme a un gruppo di giovani laici, cerchiamo di creare una base di dialogo per il futuro del Paese.

Maria Saadeh è con o contro Assad?
Maria Saadeh sta dalla parte della Siria, e in questo momento Assad è il presidente e rappresenta il Paese. Nel 2014 ci saranno le elezioni presidenziali e si deciderà se Assad debba continuare a restare al potere o meno. La scelta spetterà al popolo, e noi non permetteremo a nessuno di imporci un presidente che non è voluto dai cittadini. E’ ciascun siriano con il suo voto che stabilirà chi deve essere il presidente della Repubblica. Ne va della nostra indipendenza.



da: Il Sussidiario ,  giovedì 14 novembre 2013

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2013/11/14/DIARIO-SIRIA-Dalle-colline-i-ribelli-bombardano-ogni-giorno-le-nostre-scuole-e-chiese-/443836/

Dal blog di Hana: a scuola sotto le bombe

Hana è una donna cristiana che vive a Damasco con suo marito. La coppia ha due bimbe piccole. Lavora in una scuola. Ci racconta com’è la vita nel mezzo del caos della guerra civile.



La situazione è in continuo peggioramento e la guerra pesa sempre di più. È stata una settimana terribile per le scuole che si trovano nell’area cristiana del paese. Lunedì era circa mezzogiorno quando mio marito ed io siamo usciti dalla scuola per tornare a casa. Si udivano più spari del solito. Mentre stavamo percorrendo la via di ritorno, in lontananza, abbiamo visto una folla che si dirigeva verso di noi. Quando siamo stati abbastanza vicini abbiamo capito che era composta da padri e madri che, piangendo, stavano correndo verso le scuole dei loro figli. Ho capito che qualche colpo di mortaio era caduto su una delle scuole cristiane. Io e mio marito siamo corsi verso casa perché non ci sentivamo al sicuro.
Ieri sono dovuta tornare nuovamente a scuola, ma i colpi di mortaio erano più vicini. I genitori ci telefonavano in preda al panico per sapere se i loro figli stavano bene. Quindi ho deciso di portare tutti i bambini nei locali della chiesa. Così tutta la scuola ha iniziato a pregare. Ai bambini piace molto una canzone speciale che parla della protezione divina su tutta la Siria. Abbiamo cantato soprattutto quella. Erano tutti sulle loro ginocchia e qualcuno ha iniziato a piangere. Mi sono accorta che la canzone li rendeva più sereni, meno ansiosi. La sera mi ha chiamato una delle madri dei bambini: non si trattava di una persona particolarmente religiosa, ma ha visto i suoi bambini pregare e ciò ha avuto su di lei un grande impatto. Mi ha confessato che sembrava che i suoi figli non volessero smettere di pregare e che questo ha trasmesso in casa qualcosa di molto speciale, una vera pace. Lei stessa aveva dunque constatato come la preghiera avesse cambiato i suoi figli.
Oggi è stata una giornata orribile. Diverse scuole sono state attaccate e alcuni bambini sono morti. La nostra scuola non ha subito attacchi, ma non potevamo, per questo motivo, vivere la giornata come un giorno qualsiasi. Quindi, invece di svolgere le nostre lezioni, abbiamo pregato. Un’ ex alunna, che ora va in un'altra scuola perché è più grande, è venuta a parlare ai bambini di ciò che è accaduto nella sua scuola. Un colpo di mortaio è caduto nella sua classe, ma non è esploso: “Questo perché stavamo pregando”, ha detto. Dopo aver pregato insieme abbiamo rimandato i bambini alle loro case e abbiamo detto loro di non venire a scuola per qualche giorno. Non sappiamo ciò che accadrà domani.

La vita quotidiana è particolarmente dura, ma ci sentiamo lo stesso benedetti perché Dio ci sta proteggendo e ci sta donando quello di cui abbiamo bisogno. Le persone che pregano per me sono sempre nella mia mente.  Quando mi sento scoraggiata, Dio mi mostra che non devo portare questo peso da sola, ma che posso condividerlo con le persone sparse in tutto il mondo che intercedono per me. Non sono sola. Quindi, per favore, continuate a pregare  per noi… abbiamo disperatamente bisogno delle vostre preghiere.

http://www.porteaperteitalia.org/persecuzione/notizie/2013/2803672/2830410/