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giovedì 17 ottobre 2024

"Israele vuole spargere la paura tra i libanesi per minarne l’unità"

Sono 24 le vittime del raid israeliano del 14 ottobre scorso su una palazzina nel villaggio di Aitou, vicino a Zgharta, nel nord del Libano, un’area a maggioranza cristiana fino all’altro giorno risparmiata dalla furia dei combattimenti tra Israele ed Hezbollah

 SIR 17 ottobre

Le vittime sono salite a 24: l’ultima è una bambina ritrovata dentro un’auto. Era talmente piccola che all’inizio si pensava fosse una bambola e invece, ad una verifica, ci si è accorti che era un’altra vittima innocente”. Padre William Makari aggiorna al Sir il tragico bilancio dei morti del raid israeliano del 14 ottobre scorso su una palazzina nel villaggio di Aitou, vicino a Zgharta, nel nord del Libano, un’area a maggioranza cristiana fino all’altro giorno risparmiata dalla furia dei combattimenti tra Israele ed Hezbollah. 

Il nostro è un villaggio a larga maggioranza cristiana, che è stato tra i primi ad accogliere i rifugiati provenienti da sud, dal confine con Israele, dove si combatte con più violenza – racconta il sacerdote maronita, sposato e con due figli, che fa parte del Vicariato di Ehden-Zgharta .Tutti qui hanno aperto le porte delle proprie abitazioni, hanno dato in affitto le case, sono state messe a disposizione anche le scuole per dare rifugio a quante più persone possibile. La Chiesa locale ha fatto la sua parte mettendo a disposizione locali e ambienti necessari a immagazzinare aiuti e a preparare la consegna”.  

Padre Makari prova a ricostruire l’attacco israeliano del 14 ottobre: “la persona che aveva affittato la palazzina di tre piani, distrutta nel raid, poco prima era stato a visitare i rifugiati alloggiati, in larga parte tutti donne e bambini rimasti poi uccisi dalle bombe. Nei paraggi c’era anche una persona legata ad Hezbollah, non armata, che stava consegnando degli aiuti in denaro alle persone che erano all’interno. Quando questa persona è entrata nel palazzo è avvenuto l’attacco”. Secondo notizie raccolte dall’Agenzia Fides da fonti locali, l’edificio colpito era probabilmente già noto agli israeliani perché era stato affittato fin dal 2006, al tempo della precedente guerra tra Israele ed Hezbollah, alla televisione Al-Manar, legata al movimento sciita filo iraniano. Una conferma in tal senso arriva anche dal sacerdote maronita: “quella del 14 ottobre non è stata la prima volta che Israele attaccava il villaggio di Aitou. Era già accaduto nel 2006 ma quella volta l’obiettivo era una sede di comunicazione dove c’era una radio e altri media e non un palazzo abitato da rifugiati. Oggi bombardano le case e i palazzi”.

Paura per il futuro del Libano. Poi una riflessione che rivela anche una paura per il futuro: “seguendo i notiziari abbiamo modo di ascoltare quanto dicono tanti politici e ministri di Israele e le loro intenzioni di conquistare il territorio libanese per costruire altre colonie. Sentiamo dire che attaccano il Libano per la presenza di attivisti e leader di Hezbollah e che vogliono fare esplodere una guerra civile nel nostro Paese.
Israele crede che il terreno sia già pronto per le divisioni politiche interne al Libano. Il premier israeliano Bibi Netanyahu dice che vuole liberare il popolo libanese dai terroristi. Ma con un atto terroristico non si elimina il terrorismo”. 

La risposta a Israele. “La nostra risposta, come popolo, come Chiesa, a questi tentativi di sovvertire il Libano è la solidarietà e l’unità – ribadisce padre Makari – Le porte delle chiese sono aperte a tutti, non solo ai cristiani. 
Ci sono cristiani anche nel sud del Paese. La nostra è una popolazione abituata a convivere, nel rispetto delle convinzioni politiche e religiose di ciascuno. Siamo tutti libanesi e ci teniamo alla nostra sovranità”. Un modo chiaro per dire che il Libano non può essere solo cristiano o solo musulmano, perché non sarebbe il Libano. 

L’appello e il monito. Da qui l’appello alla comunità internazionale e un monito al mondo della politica libanese: “Chiediamo aiuto per tutto il Libano, e non solo per i cristiani. Siamo critici verso chiunque tenti di insidiare l’unità del Libano per interessi di parte” sottolinea il sacerdote, facendo sue posizioni analoghe espresse più volte in passato dal patriarca maronita, card. Boutros Bechara Rai. Nell’ultima loro assemblea, presieduta dallo stesso patriarca, i vescovi maroniti hanno insistito sull’urgente necessità che il Parlamento libanese “faccia il proprio dovere affinché, dopo una lunga attesa e tanta sofferenza, venga eletto un nuovo Presidente della Repubblica che completi il quadro delle istituzioni costituzionali”. Presidente la cui priorità sarà quella di mantenere unito il popolo libanese. 

https://www.agensir.it/mondo/2024/10/17/libano-testimonianza-dal-villaggio-cristiano-di-aitou-colpito-da-israele-p-makari-maronita-vogliono-far-esplodere-una-nuova-guerra-civile/ 

Le stesse considerazioni sono espresse da Mons. Alwan. Il vicario patriarcale maronita sull’attacco israeliano a un villaggio cristiano del nord libanese: “Un vero e proprio crimine di guerra” 
di Giuseppe Rusconi- Rossoporpora.org

Mons. Alwan, che cosa ha provato quando ha saputo della strage di Aitou?

Aitou è il mio villaggio natale e si trova in una zona del nord del Libano abitata solo da cristiani maroniti. Il palazzo abbattuto è vicino a casa mia. Quando è giunta la notizia mi sono spaventato, perché non immaginavo chi potesse essere ricercato da Israele in questo piccolo villaggio di montagna. Poi ho saputo che il villaggio ospitava persone musulmane sciite sfollate dal sud del Libano. Ho capito allora che tra loro ci doveva essere qualcuno nel mirino dell’esercito israeliano. L’intero palazzo è crollato sui suoi abitanti: bambini, donne, anziani… 24 i morti, 5 i feriti. Non erano tutti ricercati, solo uno o due di loro: gli altri abitanti sono stati sacrificati. E’ un comportamento ingiusto, illegale, vietato anche in guerra, perché non si può uccidere civili inermi. E’ un vero e proprio crimine di guerra. 

Perché Israele continua a colpire de facto tanti civili per distruggere Hezbollah?

I responsabili militari in Israele avevano dichiarato all’inizio che le loro operazioni militari erano limitate e miravano solo a combattere i miliziani di Hezbollah e a distruggere i loro depositi di armi. Però de facto accade che ogni volta che colpiscono un miliziano uccidono decine e centinaia di civili inermi nello stesso palazzo, spesso tra gli sfollati. Questi attacchi cosiddetti limitati in effetti si sono trasformati in una vera e propria guerra in territorio libanese. 

Come vede il futuro prossimo del Libano? Continuerà ad esistere come Stato indipendente?

Il Libano è una Repubblica indipendente, membro fondatore dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Deve rimanere tale anche se è un piccolo Paese indifeso. Questo deve essere il compito delle grandi potenze e dell’ONU. E’ la nostra speranza e noi lottiamo per concretizzarla. Oggi insistiamo sul cessate il fuoco, sull’elezione di un presidente della Repubblica (NdR: vacante dall’ottobre del 2022) e sull’applicazione della risoluzione n. 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I punti citati sono contenuti nel comunicato ufficiale dell’incontro di oggi, mercoledì 16 ottobre, tra capi religiosi diversi convenuti nel nostro Patriarcato maronita di Bkerké su invito del patriarca cardinale Béchara Boutros Raï.


Appello dei Capi religiosi: Dio doni ai libanesi la speranza di resistere alla catastrofe

FIDES, 16 ottobre 2024

La Patria libanese è ferita, “e la ferita sta infettando ognuno di noi”. Ha iniziato così il suo discorso il Patriarca maronita Béchara Boutros Raï, aprendo il Summit straordinario di capi religiosi convocato presso la Sede patriarcale di Bkerké per farsi carico insieme della “responsabilità spirituale, morale e nazionale”, davanti al perpetuarsi delle offensive militari messe in atto dalle forze armate israeliane in territorio libanese. 

Davanti al nuovo tempo di tribolazione attraversato dal Paese dei Cedri, le tessere del composito mosaico confessionale libanese hanno messo da parte diffidenze e controversie, ricompattandosi. Al molto partecipato summit di Bkerké (vedi foto) c’erano i rappresentanti di tutte le comunità di credenti presenti in Libano. Tra gli altri, hanno partecipato al Vertice spirituale il Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X Yazigi, lo sheikh druso Akl Sami Abi el-Mona, il Mufti della Repubblica, il sunnita Abdul Latif Daryan, il vicepresidente del Consiglio superiore islamico sciita Ali el-Khatib, il Presidente del Consiglio Islamico Alawita Ali Qaddour, il Presidente del Sinodo Supremo della comunità evangelica in Libano e Siria, Joseph Kassab. L’incontro ha registrato anche la presenza dell’Arcivescovo Paolo Borgia, Nunzio apostolico in Libano.
I partecipanti al summit – riferisce il comunicato finale dell’incontro – hanno discusso a lungo “della barbara e brutale aggressione che Israele ha compiuto e sta compiendo contro il Libano, ignorando i trattati e le leggi internazionali, in particolare la Carta dei Diritti Umani, le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e le loro risoluzioni, persistendo nell'uso della violenza, della distruzione, dell'uccisione, del genocidio e della demolizione di strutture, istituzioni e case sopra i loro abitanti, tutto questo dopo aver completamente distrutto Gaza, uccidendo bambini, donne e disabili, e distruggendo ospedali, moschee e chiese”. 

Capi e rappresentanti cristiani e musulmani hanno espresso insieme il loro cordoglio per “i martiri della Patria che hanno sacrificato la loro vita in difesa del Libano, e per le vittime innocenti tra i civili, le donne, i bambini, i disabili e gli anziani”, chiedendo “a Dio Onnipotente di guarire i feriti e di concedere loro una rapida guarigione”.
La “barbara aggressione israeliana contro il Libano” sottolinea il comunicato finale del summit “colpisce tutto il Libano e mina la dignità e l'orgoglio di tutti i libanesi, e che i libanesi”, che “grazie alla loro unità” sono in grado di “resistere e respingere il nemico”: le soluzioni per il Libano insistono i capi delle comunità di credenti libanesi “non possono e non devono essere altro che soluzioni nazionali inclusive fondate sull'adesione alla Costituzione libanese, all'Accordo di Taif, all'autorità unica dello Stato libanese, alla sua libera decisione e al suo ruolo responsabile nella protezione del Paese, alla sovranità nazionale”. 

La seconda parte del comunicato raccoglie in 9 punti richieste, esortazioni e auspici condivisi dai Capi religiosi libanesi, che per prima cosa invitano il “Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a riunirsi immediatamente e senza indugio per prendere la decisione di imporre il cessate il fuoco e fermare questo massacro umanitario perpetrato contro il Libano”.
I cittadini libanesi vengono invitati a mettere da parte scontri e controversie, perché questo “non è tempo di sterili discussioni” ma è il momento di accettare sacrifici e unirsi “per salvare il Libano”. Viene rinnovato l’appello a uscire dalla paralisi politico istituzionale favorendo “l'elezione immediata da parte della Camera dei Rappresentanti di un Presidente della Repubblica che goda della fiducia di tutti i libanesi”, nello “spirito del Patto nazionale”. Si richiama l’urgenza di rafforzare le capacità di difesa dell’esercito libanese.

Si rende grazie al popolo per la generosa accoglienza offerta agli sfollati, mentre si ringraziano “i Paesi arabi fratelli e i Paesi amici per le loro gentili iniziative nei confronti del Libano e per il loro sostegno politico e gli aiuti materiali, medici e alimentari”.

Si rende grazie anche ai contingenti militari delle Nazioni Unite (Unifil) che operano nel Libano meridionale “per gli sforzi e i sacrifici che stanno compiendo per salvaguardare i confini meridionali del Libano e la popolazione di quella regione”, apprezzando “il loro impegno a rimanere nelle loro posizioni nonostante le ingiustificate vessazioni e gli avvertimenti israeliani volti a cancellare tutti i testimoni dei brutali massacri che stanno commettendo contro la nostra Patria”. Infine, si ribadisce che “la questione centrale attorno alla quale ruotano la maggior parte delle questioni nella regione araba è la giusta causa palestinese”. 

Nella conclusione del loro messaggio condiviso, i Capi religiosi libanesi (cristiani, musulmani, drusi) chiedono insieme “a Dio, il Dio della pace, di benedirci con una pace giusta, duratura e globale e di renderci costruttori di pace”. Pregano l’Onnipotente “di proteggere il Libano e i libanesi da ogni male e di concedere al nostro popolo la capacità e la speranza di resistere a questa catastrofe”.